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Cosa si intende per Dottrina Cattolica

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2017 12:10
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12/04/2016 23:41
 
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§ 2. - II domma e le conoscenze umane.

a) I misteri non contraddicono la ragione. - Concordi fra loro, le dottrine della Chiesa si accordano pure con le conoscenze umane incontestabili. Possiamo qui ripetere ciò che si disse coesione interna di queste dottrine. a Se per un punto qualsiasi ci fosse una contraddizione manifesta, provata, acquisita, sarebbe ben conosciuta e ripetuta dappertutto. Ma non è cosi. Furono fatti e si fanno tuttora sforzi per stabilire qualche contraddizione di tal genere, senza però accertarne alcuna " (H. de Tourville, Lumière et vie, p. 21). Si obietterà che nella dottrina cattolica vi sono i misteri e, col pretesto che sono superiori alla ragione, si cercherà di metterli in contraddizione con essa. Lo si fece spesso, ma a torto.

Altro è ciò che supera la ragione, altro ciò che la contraddice. Dire a un bambino che splende il sole nel cuore della notte, significa dirgli un assurdo, che ha il diritto di respingere sdegnato;' invece formulargli una delle innumerevoli verità scientifiche, di cui non ha il minimo sentore, è parlargli di cosa che non è alla portata della sua intelligenza, ma che egli non potrebbe ragionevolmente accusare di errore. Sarebbe ridicolo che un cieco negasse l'esistenza della luce solo perché non la percepisce.

I misteri non sono contro la ragione. Il Credo quia obsurdum, che viene attribuito alla Chiesa, è estraneo al suo pensiero. È una battuta, se non in questa forma almeno in espressioni equivalenti, di Tertulliano; la quale impegna la responsabilità di questo scrittore, non quella della Chiesa. E poi tale espressione posta nel contesto di Tertulliano, è una di quelle figure retoriche che sono suscettibili d'un senso accettabile. Nulla è più infondato del pregiudizio che, sulla base del pretesto Credo quia absurdum, si rappresentano i misteri come certe assurdità ben definite e proposte ai fedeli per provarne la fede, per distruggerne l'indipendenza di spirito, per sottometterli alla Chiesa legati mani e piedi; i misteri sarebbero fatti, anziché per soddisfare lo spirito, per affrontarlo, combatterlo e spegnerlo. La Chiesa sostenne sempre i diritti della ragione nel campo che le è proprio, e il Concilio Vaticano ha proclamato l'impossibilità d'un conflitto tra fede e ragione, perché lo stesso Dio che rivelò i misteri, diede all'anima umana il lume della ragione (cf. Denzinger, 1797).

Certo, non comprendiamo interamente il mistero, ma esso non è immerso nell'oscurità assoluta. Infatti, scrive Brunhes (La foi et sa justification ratio-^ nelle, p. 130), " è lapalissiano che Dio non ha parlato all'uomo per non dirgli nulla e presentare al suo spirito un puro inintelligibile. Nella Trinità comprendiamo molto bene che in Dio vi sono tre persone e una sola natura; quello che ci sfugge è il possesso di quest'unica natura da parte di tre persone ". Così negli altri misteri afferriamo le idee, senza cogliere il legame che le unisce, pur sapendo che c'è questo legame. Perfino la psicologia umana è almeno parzialmente impenetrabile; che meraviglia che non si possa percepire a fondo la psicologia divina? Per poter comprendere Dio come si comprende Egli stesso, o anche solo come l'uomo, che pur comprendiamo imperfettamente, dovremmo essere: come Dio o Dio dovrebbe essere come noi. Forse che le ricchezze divine non devono superare la capacità delle nostre concezioni terrene e limitate? a Lungi dall'essere un'obiezione contro i nostri dommi, dice il Bainvel (D A.F.C, t. II, col. 72), la trascendenza degli oggetti della nostra fede, diviene anzi una presunzione in, favore della fede stessa, quando si comprende che tale trascendenza non è mai in contraddizione con la ragione e che, all'opposto, ha armonie mirabili e convenienze con la natura e le verità naturali ".

b) I misteri richiamano verità dimenticate. - Ispirandosi a San Tommaso (C. Gentes, I, e IV), il Concilio Vaticano dichiara: "Grazie alla divina rivelazione, le verità religiose che per sé non sono inaccessibili alla ragione, nel presente stato dell'umanità possono venir conosciute da tutti facilmente, con ferma certezza e senza errori; tuttavia non si deve dire per questo che la rivelazione sia assolutamente necessaria " (Denzinger, 1786).

Difatti la storia dimostra che le verità fondamentali della religione naturale, quali l'unità di Dio e i suoi principali attributi, la creazione, la Provvidenza, la spiritualità e l'immortalità dell'anima, i doveri essenziali verso Dio, il prossimo e noi stessi, nel loro insieme furono disgraziatamente ignorati tra i popoli privi della rivelazione. Perfino i dotti, i più illustri e migliori filosofi, come un Aristotele, un Platone, un Seneca, un Marco Aurelio, gustarono la loro dottrina religiosa e morale con i peggiori errori.

La qual cosa è continuata anche dopo la comparsa del cristianesimo. Gli spiriti colti, estranei alla fede cristiana, pur vivendo un'atmosfera tutta impregnata di cristianesimo e beneficiando, senza accorgetene, delle luci del loro atavismo cristiano, caddero negli stessi errori. L'irriverente frase di Montaigne (Essais, II, e. XII) : " Chi affastellasse un mucchio d'asinerie della sapienza umana, direbbe meraviglie ", si applica a tutto ciò che fu scritto nei secoli sulla verità e i precetti della religione naturale. La dottrina cattolica fu la costante salvaguardia della loro conoscenza proporzionandola a tutte le capacità.

c) La trascendenza dei misteri è una perpetua fonte di luce per la mente. - Essa da all'uomo un'idea di Dio, che stupisce per l'ardimento e insieme per l'adattamento alla nostra condizione umana; idea che, inquadrando la nozione puramente razionale di Dio, la supera sotto tutti gli aspetti, come un gigante che si erge dietro un bambino.

La Trinità. - Alla concezione razionale di Dio mancava la conoscenza della sua vita intima. Il domma della Trinità colma la lacuna e lascia intravedere la psicologia di Dio rivelando una simpatica e inimmaginabile analogia tra la vita intima di Dio e la vita intima dell'anima umana.

Grazie a questa conoscenza sovreminente, dice il Card. Pie (Oeuvres, 1873, t. V., p. 83), " noi non siamo più nella condizione di doverci rifugiare nel pirronismo religioso, per la deplorevole alternativa o d'ammettere la pluralità degli dèi (quindi la pluralità degl'infiniti il che è assurdo) o di credere a un Dio indolente e addormentato, schiacciato dal peso d'una natura infinita, eternamente impotente a produrre altro che non sia il finito ". Noi evitiamo il duplice pericolo di vedere in Dio solo un ideale, o di confonderlo con l'universo. L'assoluta trascendenza di Dio viene quindi mantenuta al riparo da tutte le forme del panteismo. Un filosofo oculato come G. Dumesnil, era colpito dall'impeccabile coerenza logica della dottrina della Chiesa, dalla sintesi che essa ne presenta, e specialmente dal domma trinitario, che viene in aiuto della ragione per spiegare la vita intima di Dio e premunire contro i sistemi che, non distinguendo la vita intima di Dio e i suoi atti esterni, conducono alle affermazioni più irrazionali e immorali.

Anche solo per questo il domma della Trinità serve alla ragione e, per giustificarlo è troppo poco dire che non le è contrario. C'è di più. Conosciuta con la fede la Trinità, la ragione può trovare nelle sue concezioni " qualcosa che la incammina, per quanto sia grande la distanza, alla conclusione che le ha dato la rivelazione ". Non tutto ciò che è stato detto a questo riguardo ha lo stesso valore. In particolare non vorremmo avere un eccessivo attaccamento alla ricerca delle vestigie trinitarie nella creazione, anche se Keplero trovò qui il punto di partenza per la scoperta delle leggi dell'astronomia. Non possiamo tuttavia non essere impressionati dalla comparsa costante del numero ternario nel mondo esterno e specialmente nell'anima; seguendo Sant'Agostino, San Tommaso, Bossuet, Gratry, l'abate de Tourville, ecc, siamo condotti a far convergere sul mistero fondamentale impenetrabile dell'unità della natura nella trinità delle persone, questo riflesso di luce divina percepito nell'anima umana, " creata a immagine di Dio e che è pure essa verbo interiore, pensiero, e anche volere e amore ".

Gli altri misteri sono egualmente fonti inesauribili di spiegazioni... Considerati nel loro rapporto e coerenza con tutto il resto, cioè immersi nell'esperienza, i misteri operano come un lievito che fa fermentare tutta la massa-Appartenendo essi all'inesplicabile, i misteri non sono direttamente dimostrabili. Però dice J. Rivière (A la trace de Dieu, 1925, pag. 43), a essi sono provati da tutto ciò che spiegano. Una volta che li abbiamo accolti come veri, ci sentiamo presto schiacciati dalle prove, che ci vengono da ogni parte ". J. Rivière adduce l'esempio del mistero del peccato originale, e a la straordinaria messe di prove che fa crescere e ci fa raccogliere dopo che abbiamo anche solo acconsentito a riceverlo e a camminare nella sua luce ".

J. Rivière si unisce così a Sant'Agostino, Origene, San Giustino e a tutti gli antichi apologisti, i quali illuminavano i pagani che volevano confutare o convenire, sulle convenienze dei misteri, e sulle loro analogie con il miglior pensiero antico. Gli apologisti moderni hanno forse insistito troppo sulle ragioni di credere all'esistenza della rivelazione. Ma l'esperienza dimostra che ancora oggi l'oggetto da credere fa eguale e talvolta maggior presa sulle intelligenze che non le ragioni di credere, e che è sempre opportuno sottolineare le sublimi soddisfazioni che la ragione può trovare nel concatenamento delle dottrine offerte dalla nostra fede, nella loro armonia con i bisogni e le aspirazioni dell'anima umana, nell'accrescimento di luce con cui la fede arricchisce la ragione.

L'Incarnazione. - II mistero di Cristo, centro della dottrina della Chiesa, ci offre un esempio sintetico di quanto riguarda l'accordo di questa dottrina con le conoscenze umane.

Anzitutto nel mistero dell'Incarnazione non v'è nulla che contraddica la ragione. Ci sarebbe contraddizione se natura e persona fossero sinonimi sotto ogni aspetto, ma non lo sono. La persona è il principio che agisce, l'io responsabile; la natura è quello per cui agisce; la persona è individuale, la natura umana è di tutti gli uomini; la natura è comunicabile a più, la persona incomunicabile. Io ho una natura e sono una persona.

 

Troviamo un paragone (imperfetto ma utile) nel simbolo Atanasiano: " Come l'anima ragionevole e la carne sono un solo uomo, cosi Dio e l'uomo sono un solo Cristo ". L'unità della persona umana, fatta di corpo e anima, due elementi tanto dissimili, sussiste nello stesso io. lo penso, io sono immortale per la mia anima; io mangio, io muoio per il mio corpo. La mia anima, impadronendosi del corpo, se lo unisce così bene da elevarlo con sé all'onore della personalità. Che misterol E perché la potenza di Dio non può, fare alcunché di analogo in Cristo? Perché una persona divina non può far sussistere in sé la natura umana? Il nostro corpo, invece di sussistere come animale, riceve la sussistenza d'un'anima intelligente e dice un io ragionevole. Perché la natura umana, invece di trovare il suo complemento in una personalità umana, non lo potrebbe trovare in una persona divina, con la quale direbbe il suo io divinamente piuttosto che dirlo solo umanamente? La natura umana sarebbe una persona umana se non fosse comunicata affatto a una persona superiore, se non fosse presa dal Verbo. Perché questa persona superiore, divina, infinitamente potente e sapiente, non potrebbe fare in questa natura umana quello che fa la persona umana? Se lo fa, che guadagno per la natura umana, la quale lungi dall'essere privata della perfezione che poteva ricevere dalla persona umana, riceve in meglio la stessa perfezione della persona divinai

Di qui s'intrawede come la persona di Cristo, vero Dio e vero uomo, possa produrre atti divini e atti umani, e questi ultimi d'un valore illimitato per l'unione della natura umana con la persona divina. Un albero, per esempio un melo che produce mele bianche, non può ricevere in uno dei suoi rami un innesto di melo che produce mele rosse e così produrre mele bianche coi rami nati dal suo tronco, e mele rosse col ramo innestato? Abbiamo così mele diverse da un solo e identico melo.

Quindi, pur restando impenetrabile alla ragione, il mistero di Cristo non d urta; anzi quando lo possediamo proietta una luce meravigliosa su Dio e sull'uomo!

Nella nostra conoscenza di Dio viene colmata un'enorme e dolorosissima lacuna. Una concezione solo metafisica di Dio potrebbe mostrarcelo troppo superiore all'uomo e lontano dalle nostre simpatie. L'Uomo Dio pone Dio alla nostra portata e ormai sappiamo essere possibili intimi rapporti tra il Creatore e noi.

Storicamente constatiamo che l'omaggio dovuto a Dio per la religione naturale è raro e povero finché viene ignorato il mistero di Cristo. Dio è conosciuto, servito, amato in quanto si conosce e si ama Cristo. Giustamente fu detto " che la religione naturale attende ancora il suo San Vincenzo de' Paolil " E quali conseguenze per l'uomo! che sicurezza, che forza, che dolcezza nel sapere e sentire che Dio s'è reso così prossimo, così familiare! che invito a rispondere con l'amore all'amore del nostro Dio! Sic nos amantem quis non redamaret! Quale insegnamento nella vita e nella morte del Cristo! E come non ricordare, senza parlare del resto, gli splendori del domma dell'incorporazione a Cristo, della Chiesa corpo mistico di Cristo e della comunione dei santi? Non viene forse definitivamente garantita la fraternità di tutti gli uomini? Infatti per essere fratelli gli uomini devono avere un Padre comune, che può solo essere colui che Sant'Agostino (Confess., 9, 12) chiamava Patrem omnium fratrum Christi tui.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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