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Cosa si intende per Dottrina Cattolica

Ultimo Aggiornamento: 17/11/2017 12:10
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12/04/2016 23:49
 
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Proudhon e la religione della Giustizia.


- " Proudhon non è ateo; è un nemico di Dio a, diceva il Cardinal Matthieu, arcivescovo di Besanc,on, nella lettera ad Eugenio de Mirecourt, che è all'origine de La Justice dans la Révolution et dans l'Eglise. Proudhon accetta la definizione in quanto sottolinea realmente la sua posizione personale.


Per dirsi ateo, bisognerebbe che egli considerasse in realtà il problema di Dio come risolto metafisicamente; ma non è così, poiché dell'esistenza e della natura di Dio " noi ne sappiamo positivamente nulla ".


Il filosofo Proudhon non sa nulla di Dio; ma il sociologo Proudhon nell'idea religiosa vede il prodotto e anche il mezzo di due cose che egli detesta: da una parte l'affermazione categorica dell'assoluto, mentre lo spirito critico e il senso del relativo gli sembrano condizionare ogni sforzo di pensiero fecondo; d'altra parte, l'esaltazione dell'autorità e della costrizione, mentre l'autonomia umana gli sembra condizionare ogni progresso sociale e ogni vita morale.


Perciò, ai dommi della Chiesa, erede dell'assoluto e complico dei poteri, egli opporrà i principi della Rivoluzione e le esigenze della Giustizia.


La Giustizia — " facoltà di sentire e di affermare la nostra dignità, e quindi, di volerla e difenderla tanto nella persona altrui come nella nostra " — è la salvaguardia dell'onore e il vero legame sociale; e solo la Giustizia può " equilibrare ", dal punto di vista economico, la proprietà e la a comunità "; dal punto di vista politico, la libertà e l'autorità; dal punto di vista familiare, l'amore e la disciplina dei sensi; solo la Giustizia, con l'educazione e la cultura veramente umana, ci assicura l'affetto e il rispetto altrui, il godimento pacifico della natura e del mondo, la serenità di fronte al dolore e alla morte; solo alla Giustizia appartiene sanzionare interiormente e intrinsecamente la regola che essa decreta.


Ma come potrebbe la Giustizia essere capace di tutto questo, se fosse soltanto una costruzione mentale e un sogno soggettivo? Onde permetterle di reggere l'enorme fardello che le impone, Proudhon vede come non potrà mai dare troppa realtà concreta e solidità ontologica alla Giustizia, che considera come ideale nello stesso tempo che reale, norma e fatto, facoltà spirituale e forza cosmica che regge tutte le cose: la morale col nome di diritto e di dovere, la logica e la matematica col nome di eguaglianza, l'immaginazione e l'arte col nome di armonia, la natura col nome di equilibrio. " L'Universo è stabilito conforme alle leggi della Giustizia che è organizzata conforme alle leggi dell'Universo ". La Giustizia non ha nulla che l'uomo non possa trovare in se stesso: a essa è umana, nient'altro che umana, tutta umana"; i filosofi la riconobbero e la celebrarono con i nomi di Idea, di Assoluto, di Dio. Essa è il sostegno di ogni esistenza autentica, la sorgente di tutte le forze, il principio di qualsiasi valore; ad essa sola appartiene, pienamente, dire : Egp sum qui sum. E che cosa significa questo, se non che Proudhon non le rifiutò nessuno dei nomi di Dio?


Dopo ciò, egli potrà opporre quanto vuole immanenza e trascendenza come termini d'un'antinomia irriducibile, l'unica che, apparentemente, non a si bilancia ". Anche Proudhon pone nell'immanenza della vita umana sinceramente vissuta una trascendenza irriducibile; anch'egli apporta la sua pietra all'edificio pascaliano e cristiano: a Noi siamo pieni di cose che ci gettano al di fuori... Il bene universale è in noi, è noi stessi, e non è noi " (Pensées, ed. Br., 464 e 485).


Nietzsche e l'orgoglio della vita.


- Nietzsche, ecco un altro nemico di Dio, e cosi violento, che mai nessuno spinse così avanti la negazione. Sotto i colpi della " volontà di potenza ", crolla l'idea del vero insieme con quella del bene; aldilà di ogni Chiesa, Nietzsche colpisce lo stesso Vangelo. L'ingiuria non si era mai spinta così lontano, e alla fine, è pura frenesia, " Schiacciate l'infame! Mi avete capito? Dioniso contro il Crocefisso! "


Ma, prima di tutto, bisognerebbe sapere se Nietzsche non appartiene alla razza di quegli uomini nei quali la violenza stessa è un'oscura questua di amore: così almeno pensano quelli che l'hanno meglio conosciuto, come Mine Lou Salomé: " Ogni volta che Nietzsche perseguita o demolisce con un odio particolare, è perché questa cosa è profondamente ancorata nel cuore della sua filosofìa e della sua vita. E questo è vero non soltanto riguardo alle teorie e agli esseri umani " (Frèdéric Nietzsche, Trad. Benoist-Méchin, 1932, p. 240).


Bisognerebbe pure sapere se del cristianesimo Nietzsche non detesti meno gli autentici insegnamenti che non certe limitazioni e anche deformazioni che essi hanno subito, come la facilità nell'obbedienza, una certa paura del rischio nell'umiltà, un certo orrore della vita nell'ascetismo, il sentimentalismo nella pietà.


Bisognerebbe infine sapere se, facendo l'analisi del preteso amoralismo di Nietzsche, in definitiva non si riduca — come d'altronde pare ridursi ogni amoralismo sistematico — a un moralismo capovolto o invertito, in cui il superuomo ritrova i suoi imperativi categorici, cioè la durezza invece della pietà, il rifiuto del limite invece dell'accettazione. " Tutte le passioni finiranno col divenire tutte le virtù ". Lo stesso autore di Cosi parlò Zarathustra presenta la sua opera ora come una sovversione, ora come una trasvalutazione dei valori. I posteri hanno preso soprattutto questo secondo aspetto, vedendo in Nietzsche colui che a su nuove tavole scolpì nuovi valori ". a Ed è veramente un nuovo Bene e un nuovo Male ".


Ammettiamo che le interpretazioni benigne del pensiero di Nietzsche, che oggi tendono a prevalere (anche tra cristiani come Carlo Du Bos), hanno molte cose che si devono ribattere. Non dimentichiamo con che insistenza e forza questo pensiero in rivolta ci riconduce al te senso della terra ", e guardiamoci dal prendere alla leggera, nel senso stesso che qui è posta, l'opposizione dell'" io voglio " e del " tu devi ".


Ma, tutto ben ponderato, Nietzsche resta nella zona d'attrazione dello spirituale e del divino sia per la fede ostinata, sempre vinta e sempre rinascente, in una possibile " redenzione ", sia per il bisogno di "superamento ".


Nietzsche prima, nel periodo romantico e wagneriano, che più tardi rinnegherà con violenza, attese questa redenzione dall'arte; poi, fu affascinato dal Sapere, dal Sapere esatto, lucido, critico, implacabile tanto al bisogno e alle esigenze dell'azione quanto a quelle della sensibilità. Il vero vale tutti i sacrifici: Fiat Veritas, pereat Vita. Poi, sopraggiunge un dubbio: Che cos'è il vero, se non una creazione della vita anch'esso? e con che diritto il creato può rivoltarsi contro il suo creatore? Anche la legge del vero è illusione e schiavitù, e solo la vita può essere legge a se stessa: Fiat Vita, pereat Ventasi Ormai, Nietz-sche non modificherà più la sua posizione, e dirà si alla vita e a tutto ciò che la l'appoggia e l'esalta; dirà no a tutto ciò che la nega o la limita, e quindi, al bene e al vero, perché ormai ne vede solo più le costrizioni. E se qualche destino spaventoso lo accascia, se qualche atroce visione lo incalza (come l'idea del " ritorno eterno " al quale credette doversi collegare, ma non poteva parlarne senza spavento), proprio da essi trarrà forza e gioia. Nella storia delle idee, non c'è nulla più patetico di questo inno alla gioia di un malato, di un miserabile, che si sentiva oscurare nella follia, e che raccoglieva le sue ultime forze per poter dire ancora una volta: " Vale la pena di vivere sulla terra ".


Ma la vita merita quest'onore, è capace di reggere questa fiducia, permette di sfidare cosi il dolore e la morte se sopportasse solo se stessa, i suoi rischi, le sue metamorfosi? D'accordo che qui bisogna guardarsi da facili controsensi; ma è un fatto che egli ha scritto: " Io v'insegno il sovrumano. L'uomo è qualcosa che dev'essere superato "; e questo fatto è tale, che ha ben poco senso fuori d'una concezione religiosa del mondo e della vita, e non ci sorprende più questa dichiarazione rapitale della signora Lou Salomé: " La vita e il pensiero di Nietzsche furono sempre guidati da un istinto religioso; le sue diverse teorie non sono altro che tentativi per sostituire Dio, palliativi con cui spera di sopportare l'assenza dell'ideale divino " (O. e, p. 170).


Si può quindi sostenere la tesi clic Nietzsche teina più i falsi dèi di quanto rifiuti Dio. D'altronde, qualsiasi cristiano 6 pronto a firmare questa formula commovente: " Nel mondo, non c'è abbastanza amore e bellezza, perché noi abbiamo il diritto di sviarne la minima particella per donarla ad esseri immaginar! " (Umano, troppo umano, i, 129).


Marx e il messianismo proletario.


- Più di tutte le filosofie di cui abbiamo parlato, il marxismo sembra a prima vista chiuso a ogni preoccupazione religiosa. " La religione è la coscienza e il sentimento dell'uomo che non si è ancora trovato o che si è già riperduto... È l'oppio dei popoli... Qualsiasi critica dev'essere preceduta dalla critica della religione... La critica della religione conduce alla dottrina che l'uomo è l'essere supremo per l'uomo e ha l'imperativo di rovesciare tutte le relazioni sociali in cui egli è un essere degradato, asservito, abbandonato, miserabile ". Questo il punto di vista di Marx (La Sacra Famiglia, 1845; cf. Morceaux choisis de Nizan et Duret, pp. 222-223); e gli sembra rosi naturale e inevitabile, che non si da pensiero di giustificarlo.


Però, non ci fermiamo a queste enunciazioni astratte, e consideriamo i loro commentar! e gli sviluppi concreti. Altro sono le formule e altro le appli-zioni che se ne fanno; altro il sistema, altra cosa gli uomini che lo vivono; altra la volontà voluta e altra la volontà volente. Infatti, visto da questo punto di vista, il marxismo vivo non ha cessato di manifestare contraddizioni intime notate con forza specialmente da Berdiaeff (2).


(2) Vedute analoghe, in Giacomo Maritain, Humanisme integra!, pp. 43 ss. trad. it. pp. 40 e 58. " La fede nella rivoluzione comunista in roaltà presuppone un universo totale di fede e di religione in seno al quale essa si edifica ". Perché questa religione ha preso una forma antireligiosa e atea? Prima di tutto, per colpa di un mondo cristiano infedele ai suoi principi, fenomeno di " risentimento " che determina un processo di " sostituzione". Processo in tre tempi: la causaliià materiale diventa la causalità puramente e semplicemente primaria ; viene attribuito alla materia il dinamismo della dialettica hege-liana; il proletariato assume la missione redentrice. In tutto questo appare ancora una volta che l'ateismo non può « essere vissuto n. Inoltre, 0 il rifiuto pratico d'ordinare la propria vita a quel medesimo Dio del quale non conoscono più il nome... Sotto nomi qualunque, che non sono quello di Dio. può darsi (e Dio solo lo sa) che l'atto intcriore di adesione volontaria prodotto da un'anima conduca su una realtà che di %tto sia vera-mcnie Dio ».



Il marxismo che è e si lascia chiamare materialista, dal lato dello spirito vede solo riflesso e inerzia, soprastruttura ideologica di un'infrastruttura economica, ti emanazione di un certo comportamento materiale "; e tuttavia esso è nato, e agisce solo grazie a uno sforzo di pensiero costantemente rinnovato, la cui originalità non è mai stata più visibile .

Il marxismo si crede ateo e parla realmente da ateo, dichiarando che la " radice " e " l'essenza " dell'uomo è l'uomo stesso, e intanto parla ora dell'uomo ora della collettività umana come d'un valore incondizionato e incommensurabile a ogni nitro; e questo, in un naturalismo puro, è almeno un'affermazione audace.

Il marxismo professa il determinismo e " considera il movimento sociale come una catena naturale di fatti storici... sottomesso a leggi che non solo sono indipendenti dalla volontà, dalla coscienza e dai suoi disegni, ma che anzi ne determina la volontà, la coscienza e i disegni "; ma da quando volle e nella misura in cui volle attuare il movimento sociale, si appellò all'energia della libera volontà, ora distruttive e ora creatrice; e oggi, in Russia, insegna che, per trasformare il mondo, bisogna trasformare l'uomo.

Considerando le idee come semplici " epifenomeni " e riflessi d'interessi e di bisogni contingenti, esso comporta una concezione completamente relativistica della verità; e intanto, parla e agisce come se risultasse da una verità prima di esso sconosciuta, nata con esso, che gli da un fondamento e dev'essere accettata senza discussione.

Il marxista, molto logicamente, non lascia nessun posto all'apprezzamento morale, al giudizio del valore etico; ma intanto, e spesso più di chiunque altro, s'indigna contro il disordine e l'ingiustizia dell'alienazione e dello sfruttamento umano e si appella a una giustizia riparatrice e salvatrice.

Non c'è nulla di più pessimistico della concezione che il marxismo si fa della storia; e tuttavia esso dalla storia attende la vittoria della ragione insieme con la vittoria del proletariato; questa vittoria sarà definitiva, perché metterà fine alla dominazione delle cose sull'uomo e assicurerà il dominio dell'uomo sulle cose.

Il marxismo arrossirebbe se dovesse discutere superstizioni come il domma del peccato originale o quello della redenzione; e intanto, anch'esso è compenetrato di elementi escatologici come il peccato radicale del capitalismo, il messianismo del proletariato, l'avvento di una terra nuova sotto cieli nuovi.

Concludiamo: questa dottrina tanto severa contro tutte le religioni è virtualmente essa stessa una religione e agisce sugli uomini e sulla storia solo' in quanto viene accettata questa legge del suo destino. Perfino la propaganda dei " Senza-Dio ", con le sue violenze e con le sue oltranze, prova a suo modo che, di fronte a Dio, è impossibile restare indifferenti ed estranei.

   


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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