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LETTERE di Santa Caterina da Siena dalla 1 alla 71 (1)

Ultimo Aggiornamento: 10/01/2021 21:40
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22/04/2016 09:55
 
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Libro Primo

                                                                                                   
 




I - A monna Lapa, sua madre

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Dal conoscimento di sè, cioè delle proprie debolezze e de' doni divini, viene la gratitudine a Dio; dalla gratitudine, quella pazienza meditata che discerne i piccoli dolori e piaceri dai grandi, e però sa sostenere e astenersi.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi con vero cognoscimento di voi medesima, e della bontà di Dio in voi; perocchè senza questo vero cognoscimento non potreste participare la vita della Grazia. E però dovete con vera e santa sollecitudine studiare di cognoscere, voi non essere, e l'esser vostro ricognoscerlo da Dio, e tanti doni e grazie quante avete ricevute da lui, e ricevete tutto dì. A questo modo sarete grata e cognoscente; e verrete a vera e santa pazienzia; e non vedrete le picciole cose per le grandi; ma le grandi vi parranno pieciole a sostenere per Cristo crocifisso. Non è buono il cavaliero se non si prova sul campo della battaglia: così l'anima vostra si debbe provare alla battaglia delle molte tribulazioni; e quando allora si vede fare prova buona di pazienzia, e non volta il capo in dietro per impazienzia scandalizzandosi di quello che Dio permette, può godere e esultare, e con perfetta allegrezza aspettare la vita durabile.

Perocchè s'è riposata nella croce, e confortasi con le pene e con gli obbrobrii di Cristo crocifisso; e ragionevolmente può aspettare l'eterna visione di Dio; perocchè Cristo la promette a loro. Perocchè coloro che sono perseguitati e tribolati in questa vita, sono poi saziati e consolati e illuminati nell'eterna visione di Dio, gustando pienamente e senza mezzo la dolcezza sua. Eziandio in questa vita comincia a consolare coloro che s'affadigano per lui. Ma senza il cognoscimento di noi e di Dio, non potremo venire a tanto bene. Adunque vi prego quanto so e posso, che v'ingegniate d'averlo, acciocchè noi non perdiamo il frutto delle nostre fadighe. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




II - A Prete Andrea de' Vitroni.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Alto ministero de' sacerdoti, avvilito. Nobilitarlo col conoscimento di sè al lume dell'intelletto, il quale desti e scorga la coscienza a discernere non solo il male evidente, ma quel che si cela sotto le ispirazioni del bene. Alle lodi altrui risponde modesta, e così aggiunge potenza ai consigli severi.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e padre per reverenzia del dolcissimo sacramento in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi alluminato divero e perfettissimo lume, acciocchè cognosciate la dignità nella quale Dio v'ha posto. Perocchè senza lume non la potreste cognoscere; non cognoscendola, non rendereste loda e gloria alla somma Bontà che ve l'ha data, e non notrichereste la fonte della pietà per gratitudine, ma diseccherestela nell'anima vostra, con molta ignoranzia, e ingratitudine. Perocchè la cosa che non si vede, non si può cognoscere: non cognoscendola, non l'ama; non amandola, non può esser grata nè cognoscente al suo Creatore. Adunque ci è bisogno il lume.
O carissimo fratello, egli ci è di tanta necessità, che se l'anima il considerasse quanto gli è di bisogno, ella eleggerebbe innanzi la morte, che amare o cercare quella cosa che le toglie questo dolce e dritto lume. E se voi mi diceste (vogliendo fuggirla): «qual è quella cosa che mel toglie?» io vi risponderei, secondo il mio basso intendimento, che solo la nuvola dell'amore proprio sensitivo di noi medesimi è quello che cel toglie. Questo è un arbore di morte, che tiene la radice sua entro la superbia. Onde dalla superbia nasce l'amore proprio, e dall'amore proprio la superbia; perchè subito che l'uomo s'ama di cosifatto amore, presume di sè medesimo, e li frutti suoi generano tutti morte, togliendo la vita della Grazia nell'anima che li possiede. E li mangia col gusto della propria volontà; cioè, che olontariamente caggia nella colpa del peccato mortale, che germina l'amore proprio. Oh quanto è pericoloso! sapete quanto? Che egli priva l'uomo del cognoscimento di sè, onde acquisterebbe la virtù dell'umilità; nella quale umiltà sta piantato l'amore e l'affetto dell'anima, che è ordinata in carità. E privalo del cognoscimento di Dio, dal quale cognoscimento trae questo dolce fuoco della divina carità.
Perocchè, di suo principio gli tolse il lume con che cognosceva: e però si trova spogliata della carità, perocchè non cognobbe. Senza il cognoscimento è fatta simile all'animale; siccome per lo cognoscere col lume di ragione, l'uomo diventa un angelo terrestre in questa vita. Specialmente i ministri, i quali la somma Bontà chiama i cristi suoi, questi debbono essere angeli, e non uomini: e veramente così sono, se non si tolgono questo lume; e dirittamente hanno l'officio dell'angelo. L'angelo ministra a ognuno in diversi modi, secondo che Dio l'ha posto; e sono in nostra guardia dati a noi per la sua bontà: così li sacerdoti posti nel corpo mistico della santa Chiesa a ministrare a noi il sangue e il corpo di Cristo crocifisso, tutto Dio e tutto uomo per la natura divina unita colla natura nostra umana, l'anima unita nel corpo e il corpo e l'anima unita con la deità, natura divina del Padre eterno. Il quale dee essere ed è ministrato da quelli che hanno vero lume, con fuoco dolce di carità, con fame dell'onore di Dio e salute dell'anime, le quali Dio v'ha date in guardia, acciocchè il lupo infernale non le divori.

Questi gusta li frutti delle virtù, che danno vita di grazia, che escono dell'arbore del vero e perfetto amore. Il contrario, siccome ora dicemmo di sopra, fanno quelli che tengono l'arbore dell'amore dell'anima loro, cioè dell'amore proprio. Tutta la vita loro è corrotta, perchè è corrotta la principale radice dell'affetto dell'anima. Onde se sono secolari, essi sono cattivi nello stato loro, commettendo le molte ingiustizie, non vivendo come uomini, ma come l'animale che si volge nel loro, vivendo senza veruna ragione: così questi tali non degni d'esser chiamati uomini, perchè si hanno tolta la dignità del lume della ragione; ma animali, che s'involgono nel loto della immondizia, andando dietro a ogni miseria, secondo che l'appetito loro bestiale li guida. Se egli è religioso, o clerico, la vita sua non la guida non tanto come angelo nè come uomo, ma come bestia, molto più miserabilmente che spesse volte non farà uno secolare. Oh di quanta ruina e reprensione saranno degni questi tali! La lingua non sarebbe sufficiente a narrarlo: ma bene il proverà la tapinella anima, quando sarà messa alla prova.
Preso hanno questi tali l'officio delle dimonia. Le dimonia, tutto il loro studio ed esercizio è di privare l'anime di Dio, per conducerli a quello riposo che ha in sè medesimo: così questi tali si sono privati della buona e santa vita, perchè hanno perduto il lume, e vivono tanto scelleratamente. Questo, e voi e gli altri che hanno cognoscimento, possono vedere. Essi sono fatti crudeli a loro medesimi, essendosi fatti compagni delle dimonia, abitando con loro innanzi al tempo. Questa medesima crudelità hanno verso le creature, perchè sono privati della dilezione della carità del prossimo. Elli non sono guardatori d'anime, ma divoratori: chè essi medesimi le mettono nelle mani del lupo infernale. O miserabile uomo, quando ti sarà richiesto dal sommo giudice ragione, non la potrai rendere: e non rendendola, tu ne cadi nella morte etemale. Ma tu non vedi la pena tua, perchè tu ti se' privato del lume, e non cognosci lo stato nel quale Dio t'ha posto per sua bontà.

Oimè, carissimo fratello! egli l'ha posto come angelo, e perchè sia angelo, a ministrare il corpo dell'umile e immacolato Agnello: e egli è dirittamente uno dimonio incarnato. Non tiene vita di religioso, chè in sè non ha veruno ordine di ragione: nè vive come clerico, che debbe vivere umilmente con la sposa del breviario allato, rendendo il debito delle orazioni a ogni creatura che ha in sè ragione, e la sustanzia temporale a' poverelli e in utilità della Chiesa. Anzi vuole vivere come signore, e stare in stato e in delizie con grandi adornamenti, con molte vivande, con enfiata superbia, presumendo di sè medesimo. Non pare che si possa saziare: avendo uno beneficio, ne cerca due; avendone due, egli ne cerca tre: e così non si può saziare. In scambio del breviario sono molti sciagurati (così non fusse egli!), che tengono le femmine immonde, e l'arme, come soldati, e il coltello a lato, come se si volessero difendere da Dio, con cui hanno fatto la grande guerra. Ma duro gli sarà al misero a ricalcitrare a lui, quando distenderà la verga della divina giustizia. Della sostanzia ne nutrica li figliuoli, e quelli che sono dimoni incarnati con lui insieme. Tutto questo gli è nato dall'amore proprio di sè, il quale ponemmo che era uno arbore di morte. Li frutti sui menano puzzo di peccati mortali: il quale dà la morte nell'anima, perchè ci ha tolta la Grazia, essendo privati del lume. Ora aviamo veduto che sola la nuvola dell'amore proprio è quella che ce lo toglie. Poichè è tanto pericoloso; è da fuggirlo, e da fare buona guardia, acciocchè non entri nell'anima nostra: e se egli ci è entrato, pigliare il rimedio.

Il rimedio è questo: che noi stiamo nella cella del cognoscimento di noi; cognoscendo, noi per noi non essere, e la bontà di Dio in noi; ricognoscendo l'essere, e ogni grazia che è posta sopra l'essere, da lui. E vedere li difetti nostri, acciocchè veniamo ad odio e dispiacimento della sensualità. E con l'odio, fuggiremo questo amore proprio; troverenci vestiti del vestimento nuziale della divina carità, del quale l'anima debba esser vestita per andare alle nozze di vita eterna.

All'uscio della cella porrà la guardia del cane della coscienzia, il quale abbaia subito che sente venire li nimici delle molte e diverse cogitazioni nel cuore. E non tanto, che abbai a' nimici, ma essendo amici, si abbaierà venendo alcuna volta li santi e buoni pensieri di voler fare alcuna buona operazione: si desterà questa dolce guardia, la ragione col lume dell'intelletto, perchè veda se egli è da Dio, o no. E per questo modo la città dell'anima nostra sta sicura, posta in tanta fortezza, che nè dimonio nè creatura glie le può torre. Sempre cresce di virtù in virtù, infino che giunge alla vita durabile; conservata e cresciuta la bellezza dell'anima sua col lume della ragione, perchè non c'è stata la nuvola dell'amore proprio: che se l'avesse avuta, già non l'arebbe conrservata. Considerando questo l'anima mia, dissi ch'io desideravo di vedervi alluminato di vero e perfetto lume.
Adunque voglio che ci destiamo dal sonno della negligenzia, esercitando la vita nostra in virtù del lume; acciocchè in questa vita viviamo come angeli terrestri, annegandoci nel sangue di Cristo crocifisso, nascondendoci nelle piaghe dolcissime sue. Altro non vi dico: permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Ricevetti la vostra lettera, intesi ciò che dice. Sappiate che di me non si può vedere nè contare altro che somma miseria; ignorante, e di basso intendimento. Ogni altra cosa si è della somma ed eterna Verità: a lui la riputate, e non a me. Teneramente mi raccomando alle vostre orazioni. Gesù dolce, Gesù amore.





III - Al Preposto di Casole, e a Giacomo di Manzi, di detto luogo.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Chi odia il prossimo, odia sè. Odiare l'odio proprio non si può senza amore di Dio. Gesù è via e norma d'amore. L'odio è arra d'inferno. Raccomanda pace al prete, e a quell' altro o nemico del prete, o ambedue insieme cospiranti in odiare.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi padri e fratelli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi seguitare l'agnello svenato per noi in su 'l legno della santissima croce. Il quale fu nostra pace e nostro tramezzatore: perocchè intrò in mezzo tra Dio e l'uomo, e della grande guerra fece la grandissima pace; e non ragguardò alle nostre iniquitadi; ma ragguardando alla inestimabile bontà sua. Voi dunque membri, e schiavi ricomprati di così prezioso e glorioso sangue, dovete seguitare le vestigie sue. Bene vedete che la prima dolce Verità s'è fatta regola e via. Cosi dice egli: ego sum via, veritas et vita.

Egli è quella via, che è di tanta dolcezza e di tanto lume, che colui che la sèguita non cade in tenebre. E noi ignoranti, miseri miserabili, sempre ci partiamo dalla via della luce e andiamo per la via delle tenebre, dove è morte perpetua. Onde, carissimi padri e fratelli, io non voglio che facciamo più cosi; ma voglio che seguitiate la via dell'Agnello svenato con tanto fuoco d'amore come abbiamo detto, che egli si fece tramezzatore a fare pace tra Dio e l'uomo. E però questa è dunque la via che io voglio che seguitiate; cioè tra la parte sensitiva e la ragione, cacciando l'odio per l'odio, e l'amore per l'amore. Cioè che abbiate odio e dispiacimento del peccato mortale, e dell'offesa fatta al nostro creatore, e odiate la parte sensitiva, legge perversa che sempre vuole ribellare a Dio; e odio e dispiacimento dell'odio che avete col prossimo vostro. Perocchè l'odio del prossimo non è altro che di offesa di Dio; onde più dobbiamo odiare che noi non odiamo (perchè se ne offende la propria Verità); chè non abbiamo odiare i nemici nostri che ci fanno ingiuria, e debbono avere quest'odio verso di me; però che colui che sta in odio mortale, odia più sè che il suo nemico. Onde voi sapete che tanto è maggiore l'odio, quanto è maggiore la cosa che è offesa, e però rnaggiore odio ha colui che è offeso nella persona, che colui ch'è offeso in parole o in avere: perocchè veruna cosa è che sia tanto tenuta cara, quanto la vita.

E però l'uomo s'arreca a maggiore ingiuria l'essere offeso nella persona, e concepe più odio. Or pensate dunque voi, che non è comparazione dall'offesa ch'è ad alcuno per la creatura a quella che si fa esso medesimo. Che comparazione si fa dalla cosa finita alla infinita? non veruna. Onde se io sono offeso nel corpo, e io sto in odio per l'offesa che m'è fatta: sèguita che io offendo l'anima mia, e accidola tollendole la vita della Grazia, e dandole la morte eternale, se la morte gli mena nel tempo dell'odio; chenon è sicuro. Adunque io debbo avere maggiore odio di me che uccido l'anima, che è infinita (perocchè non finisce mai quanto che ad essere; perocchè benchè finisca a Grazia, non finisce ad essere), che verso di colui, che vi uccide il corpo, che è cosa finita, perocchè o per uno modo o per un altro ha a finire; però ch'ell'è cosa corruttibile e che non dura lo verdura sua; ma tanto si conserva e vale, quanto il tesoro dell'anima v'è dentro. Or che è egli a vedere quando n'è fuora la pietra preziosa? è uno sacco pieno di sterco, cibo di morte, e cibo di vermini.
Adunque io non voglio che per questa ingiuria che è fatta contra a questo corpo finito, e è tanto vile, che voi offendiate Dio e l'anima vostra, che è infinita, stando in odio e in rancore. Avete dunque materia di concepire maggiore odio verso di voi che in verso di loro: e a questo modo caccerete l'odio con l'odio: perocchè con l'odio di voi caccerete l'odio del prossimo: gitterete un colpo, e satisfarete a Dio e al prossimo: perchè levando l'odio dell'anima vostra, voi farete pace con Dio, e farete pace col prossimo.

Adunque vedete, fratelli carissimi, che a questo modo voi seguirete l'Agnello che v'è via e regola; la quale tenendo, vi conduce a porto di salute. Questo Agnello fu quello mezzo che in su la croce satisfece alla ingiuria del Padre, e a noi dette la vita della Grazia; e della grande guerra si fece grandissima pace, solo per questo mezzo. Levasi questo dolce Agnello con odio della colpa commessa per l'uomo; e della ingiuria ch'è fatta al Padre per l'offesa fatta; e piglia questa offesa e fanne vendetta sopra sè medesimo, il quale non contrasse mai veleno di peccato. Tutto questo ha fatto l'odio e l'amore. Amore di virtù, e odio del peccato mortale. Or dirò: a questa regola dovete tenere voi. Voi sapete che per li molti peccati mortali siamo in odio e in dispiacere di Dio; fatta è la guerra con lui.
Ma è vero che, poichè questo Agnello ci diede il sangue, noi possiamo fare questa pace: onde se ogni dì cadessimo in guerra, ogni dì possiamo fare la pace; ma con modo; chè senza modo non si farebbe mai. Questo è il modo a partecipare il sangue di Cristo crocifisso; di levarsi con odio e con amore, e ponersi per obbietto l'obbrobrio, le pene e vituperio, e i flagelli e la morte di Cristo crocifisso; pensando che noi siamo coloro che l'abbiamo morto, e ogni dì l'uccidiamo, peccando mortalmente. Perocchè non è morto per le sue colpe, ma per le nostre. Allora l'anima concepirà questo perfettissimo odio verso la colpa sua, come detto abbiamo; il quale odio spegnerà il veleno del peccato mortale. E non vorrà fare vendetta del prossimo; anzi l'amerà come sè medesimo, e cercherà pure in che modo egli possa punire le colpe sue. E la ingiuria che gli è fatta dalla creatura, non la piglierà in quanto fatta da creatura; ma penserà che il Creatore permetta quella ingiuria o per li peccati presenti, o per li peccati suoi passati; onde non se la recherà ad ingiuria, ma pareragli, come egli è, che Dio gli l'abbia permesso per grande misericordia, volendo piuttosto punire li suoi difetti in questo tempo finito, che servargli a punire nel tempo infinito, dove è penasenza veruna verecundia.

Or questo è dunque il modo: e pensate che non c'è altra via; ma ogni altra via ci conduce a morte, eccetto che questa. In questa via di Cristo dolce Gesù non ci può stare morte (ma tolleci la morte), non fame (perocchè ci ha perfetta sazietà); perocchè egli c'è Dio e uomo. Egli è via sicura; che non teme de' nemici, e non teme dimonia nè uomini: ma quelli che vanno per essa sono fermi e dicono col dolce innamorato di Paolo: se Dio è per noi, chi sarà contra noi? E voi sapete bene che se voi non sete contra a voi medesimi stando nelle miserie de' peccati mortali, che Dio non sarà mai contra voi; ma sempre vi torrà in sè con misericordia e con benignità. Per l'amore dunque di Cristo crocifisso, non ischifate più la via, nè fuggite la regola che n'è data per lo vostro capo Cristo crocefisso, dolce e buono Gesù; ma levatevi su virilmente e non aspettate il tempo, però che il tempo non aspetta voi. Perocchè noi siamo pur mortali; dobbiamo morire, non sappiamo quando. é vero che senza la guida non potreste andare: e però la guida è questa: odio e amore, siccome dicemmo.
Perocchè con l'odio e con l'amore Cristo satisfece e punì le nostre iniquitadi sopra di sè. Orsù dunque, virilmente! E non dormite più nel letto della morte; ma cacciate l'odio con l'odio e l'amore con l'amore. Perocchè con l'amore di Dio, il quale sete tenuti e obbligati d'amare per dovere e per comandamento; e con amore della salute dell'anima vostra (la quale sta in stato di dannazione, stando in odio col prossimo suo); con esso amore, dico che caccerete l'amore sensitivo, il quale dà sempre pena e morte e tribulazione a colui che 'l seguita, e in questa vita gusta l'arra dello inferno. Or non è questa una grande ciechità e oscurità a vedere, che, potendo in questa vita gustare vita eterna, cominciando l'abitazione in questa vita, conversando per affetto e amore con Dio, egli si voglia fare degno dello inferno, cominciando per odio e per rancore la conversazione con le dimonia? Non è creatura che potesse imaginare quanta è questa stoltizia di questi cotali. Non si potrebbe fare vendetta...

E non pare che vogliano aspettare il sommo giudice che lor dà la sentenzia nella compagnia delle dimonia, perocchè essi medesimi se la dànno: e prima che essi abbiano separata l'anima dal corpo, la pigliano in questa vita, mentre che sono viandanti e peregrini, vedendosi correre come il vento verso il termine della morte, e non se ne curano: onde come pazzi e frenetici fanno. Oimè, oimè, aprite l'occhio del cognoscimento e non aspettate la forza e la potenzia del sommo giudice. Chè altro è il giudice umano e altro è il giudice divino. Dinanzi a lui non si può appellare, nè avere avvocati nè procuratori; perocchè il giudice vero ha fatto suo avvocato la coscienzia che sè medesima in quella estremità condanna, giudica sè essere degna della morte. Or giudichianci in questa vita, per l'amore di Cristo crocifisso. Giudicando noi peccatori, e confessando d'avere offeso Dio, dimandiamo misericordia a lui, ed egli ce la farà, non volendo noi giudicare nè fare vendetta del prossimo nostro. Perocchè, quella misericordia che io voglio per me, mi conviene donare ad altrui. Facendo così, gusterete Dio in verità, permarrete nella via sicura, e sarete veri tramezzatori tra voi e Dio; e nell'ultimo riceverete l'eterna visione di Dio. E però considerando me e avendo compassione all'anime vostre, non volendo che stiate più in tante tenebre, mi son mossa a invitarvi a queste dolci e gloriose nozze. Perocchè non sete creati nè fatti per altro fine.
E perchè mi pare che la via della verità sia chiusa in voi, per l'odio che avete, e quella della bugia e del dimonio padre delle bugie sia molto larga e aperta in voi; voglio che al tutto esciate di questa via tenebrosa, facendo pace con Dio e col prossimo vostro, e riduciatevi nella via che vi dà vita. E di questo


[Modificato da Caterina63 10/01/2021 21:40]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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