Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.

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LETTERE di Santa Caterina da Siena dalla 72 alla 152 (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2022 11:51
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   LETTERE di Santa Caterina da Siena dalla 1 alla 71 (1)



 Libro Secondo  -  numerate da 72 a 152



                                                                                                                               







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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LXXII  (72) - A Romano linaiuolo alla compagnia del Bigallo in Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti che tu non volla il capo addietro a mirare l'aratro, ma perseverante nella virtù; perocchè tu sai che sola la perseveranzia è quella cosa che è coronata. Tu se' chiamato e invitato da Cristo alle nozze di vita eterna: ma non vi dee andare chi non è vestito. Vuolsi adunque esser vestito del vestimento nuziale, acció che non sia cacciato dalle nozze, come servo iniquo. Parmi che la prima dolce Verità t'abbia mandati i messi ad annunziare le nozze, e a recarti il vestimento: e questi messi sono le sante e buone spirazioni e dolci desiderii che ti sono dati dalla clemenzia dello Spirito Santo. Queste sono quelle sante cogitazioni che ti fanno fuggire il vizio e spregiare il mondo con tutte ledelizie sue, e fannoti giungere alle nozze delle vere e reali virtù. Vestesi l'anima d'amore, col quale amore entra alla vita durabile. Sicchè vedi che le spirazioni sante di Dio ti recano il vestimento della virtù, fannotelo amare (e però ti vesti); ed invitati alle nozze di vita eterna. Perocchè dopo il vestimento della virtù e della ardentissima carità séguita la Grazia, e dopo la Grazia la visione di Dio, dove sta la nostra beatitudine.

E però io ti prego per l'amore di Cristo crocifisso che tu risponda virilmente senza negligenzia. Pensa che non è niente il cominciare e il metter mano all'aratro, come detto è. I santi pensieri sono quelli che cominciano ad arare, e la perseveranzia delle virtù finisce. Colui che ara, rivolta la terra: così lo Spirito Santo rivolta la terradella perversa volontà sensitiva. E spesse volte l'uomo innamorato di sì dolce invito e reale vestimento, per fender meglio la terra sua, cerca se trovasi un vomero bene tagliente per poterla meglio rivoltare: e vede e trova che neuno ne trova sì perfetto a rompere e tagliare e divellere la nostra volontà qui, quanto il ferro e il giogo della santa obbedienzia. E poichè l'ha trovato, impara dall'obbediente Verbo Figliuolo di Dio; e per lo suo amore vuol essere obbediente infino alla morte. E non ci fa punto resistenza. E egli fa come savio, che vuole navigare colle braccia d'altrui, cioè dell'Ordine, e non sopra le sue.

Ricordomi, che tu con santo desiderio e proponimento ti partisti da me, di voler rispondere a Dio che ti chiamava, e di volere essere alla santa obbedienzia. Non so come tu tel fai. Pregoti che quello che non è fatto, che tu'l facci bene e diligentemente con buona sollecitudine; e sappiatene spacciare e tagliare dal mondo. E non aspettare tempo, chè tu non sei sicuro d'averlo. Grande stoltizia e mattezza è dell'uomo che egli perda quello che ha per quello che non ha. Bagnati nel sangue di Cristo crocifisso, nasconditi nel costato suo, nel quale vederai il segreto del cuore. Mostra la prima dolce verità che l'operazione sua fatta in noi è fatta con amore di cuore; e tu con amore gli rispondi. Egli è il dolce Dio nostro che non vuole altro che amore. E colui che ama, non offenderà mai la cosa amata. Orsù, figliuolo mio, non dormire più nel sonno della negligenzia. Vattene tosto al tuo padre messer l'abbate con volontà morta e non viva: che se tu andassi con volontà viva, direi che tu non vi mettessi piede; chè non si farebbe nè per te nè per lui. Spero per la bontà di Dio, che tu seguiterai le vestigie di Cristo crocifisso. E non ti porre a sciogliere e' legami delmondo, ma tira fuori il coltello dell'odio e dell'amore, e taglia spacciatamente. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


LXXIII - A suora Costanza monaca del monasterio di San Abundio appresso Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te, e confortoti nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti bagnata e annegata nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio. Considerando me, che nella memoria del sangue si trova il fuoco dell'ardentissima carità, nella carità non cade tristizia nè confusione: e però io voglio chel'affetto tuo sia posto nel sangue. Ine t'inebria e ardi e consuma ogni amore proprio che fusse in te: sicchè col fuoco d'esso amore spenga il fuoco del timore e amor proprio di te.

Perchè si trova il fuoco nel sangue? perchè il sangue fu sparto con ardentissimo fuoco d'amore. O glorioso e prezioso sangue, tu se' fatto a noi bagno, e unguento posto sopra le ferite nostre. Veramente, figliuola mia, egli èbagno; chè nel bagno tu trovi il caldo e l'acqua, e il luogo dove egli sta. Così ti dico che in questo glorioso bagno tu ci trovi il caldo della divina carità, che per amorel'ha dato; trovi il luogo, cioè Dio eterno, dove è il Verbo,ed era nel principio; trovi l'acqua nel sangue, cioè che del sangue esce l'acqua della Grazia: ed evvi il muro che vela l'occhio. O inestimabile dolcissima carità, che tu hai preso il muro della nostra umanità, la quale ha ricoperto la somma ed eterna ed alta Deità, Dio-e-uomo! Ed è tanto perfetta questa unione che nè per morte nè per veruna cosa si può separare. E però si trova tanto diletto e refrigerio e consolazione nel sangue. Chè nel sangue si trova il fuoco della divina carità e la virtù della somma, alta ed eterna deità. Sai che per virtù della Divina Essenzia vale il sangue dell'Agnello. Sappi che se fusse stato puro uomo senza Dio, non voleva il sangue; ma per l'unione che fece Dio nell'uomo, accettò il sacrifizio del sangue suo.

Bene è adunque glorioso questo sangue; è uno unguento odorifero che spegne la puzza della nostra iniquità. Egli è uno lume che tolle la tenebra, e non tanto latenebra grossa, di fuora, del peccato mortale, ma la tenebra della disordinata confusione, che viene spesse volte nell'anima sotto colore e specie d'una stolta umilità. La confusione, intende, quando le cogitazioni vengono nel cuore, dicendo: «Cosa che tu facci, non è piacevole nè accetta a Dio: tu se' in stato di dannazione». A mano a mano, poichè egli ha data la confusione, gl'infonde, e mostragli la via colorata col colore dell'umilità, dicendo:«Vedi che per li tuoi peccati non se' degna di molte grazie e doni»; e così si ritrae spesse volte dalla comunione e dagli altri doni ed esercizi spirituali.

Questo si è l'inganno e la tenebra che il dimonio fa. Dico che se tu, o a cui toccasse, sarai annegata nel sangue dello Agnello immacolato, che queste illusioni non albergheranno in te. Chè, poniamochè elle venissero, non vi permarranno dentro; anco, saranno cacciate dalla viva fede e speranza, la quale ha posta in questo sangue. Fassene beffe, e dice: «per Cristo crocifisso ogni cosa potrò, che è in me, che mi conforta. E se pure io dovessi aver l'inferno, io non voglio però perdere l'esercizio mio». Grande stoltizia sarebbe a farsi degno della confusione dello inferno, prima che venisse il tempo.

Or ti leva con un fuoco d'amore, carissima figliuola: e non ti confondere; ma rispondi a te medesima, e di': «Or che comparazione è dalla mia iniquità alla abondanzia del sangue sparto con tanto fuoco d'amore?» Io voglio bene che tu vegga, te non essere, e la tua negligenzia e ignoranzia tua: ma non voglio che tu la vegga per tenebre di confusione, ma con lume dell'infinita bontà di Dio, la quale tu trovi in te. Sappi che il dimonionon vorrebbe altro, se non che tu ti recassi solo a cognoscimento delle miserie tue, senza altro condimento. Ma egli vuole essere condito col condimento della speranza nella misericordia di Dio.

Sai come ti conviene fare? come quando tu entri in cella la notte per andare a dormire: la prima andata Sì trovi la cella, e dentro vedi che v'è il letto: la prima, vedi che t'è necessaria; e questo non fai solo per la cella, ma volli l'occhio e l'affetto al letto, ove tu trovi il riposo.Cosi de' tu fare: giugnere all'abitazione della cella del cognoscimento di te; nella quale io voglio che tu apra l'occhio del cognoscimento con affettuoso amore: trapassi nella cella, e vattene a letto, nel quale letto è la dolce bontà di Dio che trovi in te, cella. Bene vedi tu che l'essere tuo t'è dato per grazia, e non per debito.

Vedi, figliuola, che questo letto è coperto d'uno copertoio vermiglio tutto nel sangue dello svenato e consumato Agnello. Or qui ti riposa, e non ti partire mai. Vedi che non hai cella senza letto, nè letto senza cella; ingrassi l'anima tua in questa bontà di Dio, perocchè ella può ingrassare. Che in questo letto sta il cibo, la mensa, il servitore. Il Padre t'è mensa, il Figliuolo t'è cibo, lo SpiritoSanto ti serve, e esso Spirito Santo fa letto di sè. Sappi che se tu volessi pure stare a vedere te medesima con grande confusione, perchè tu vedessi la mensa, il letto apparecchiato, e in esso cognoscimento nol participeresti, nè riceveresti il frutto della pace e quiete sua; ma rimarresti senza, e sterile senza neuno frutto. Adunque io ti prego per l'amore di Cristo crocifisso, che tu permanga in questo dolce e glorioso letto di riposo. Son certa che se tu t'annegherai nel sangue, che tu il farai.

E però dissi ch'io desideravo di vederti bagnata e annegata nel sangue del Figliuolo di Dio. Non dico più. Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Ponti in su la croce con Cristo crocifisso; nasconditi nelle piaghe di Cristo crocifisso. Seguitalo per la via della croce: conformati con Cristo crocifisso; dilettati degli obbrobrii, pene, strazii, tormenti, scherni e villanie per l'amore di Cristo crocifisso; sostenendo infino all'ultimo della vita tua, gustando sempre il sangue che versa giù per la croce. Gesù dolce, Gesù amore.



LXXIV - A frate Niccolo da Monte Alcino dell'ordine de' frati predicatori

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo figliuolo mio in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi posto in su la mensa della santissima croce, dove si trova l'Agnello immacolato che s'è fatto a noi cibo, mensa e servitore. Considerando me che d'altro cibo non si può dilettare nè saziare l'anima, dico che ci conviene andare per la via: egli è essa via. Qual fu la via sua? fu quello che egli mangiò in essa via; pene, obbrobrii, e strazii,villanie, e infino l'obbrobriosa morte della croce.
Convienci salire, poichè siamo giunti all'obietto nostro. Veramente così fa l'anima, poichè ha veduta la via che ha fatta il Maestro suo. Oh che è a vedere tanto consumato amore, che di sè medesimo, cioè del corpo suo, ha fatto scala per levarci della via delle pene; e ponerci in riposo!O figliuolo carissimo, chi dubita che nel principio della via gli pare fadigoso; ma poich'eli è giunto a' piei dell'affetto, dell'odio e dell'amore, ogni cosa amara gli doventa dolce. Sicchè il primo scalone nel corpo di Cristo sono i piei. Questa fu la regola ch'egli insegnò una volta a una sua serva, dicendo: «Lèvati su, figliuola, lèvati sopradi te, e sali in me. E acciocchè tu possa salire, io t'ho fatta la scala, essendo chiavellato in croce.
Fa', che prima tu sagli a' piei, cioè l'affetto e il desiderio tuo; perocchècome i piei portano il corpo così l'affetto porta l'anima. A questo primo, cognoscerai te medesima. Poi giugnerai al lato del costato aperto, per la quale apritura ti mostroil segreto mio: chè quello che io ho fatto, ho fatto per amore cordiale. Ine si inebria l'anima tua». In tanta pace gusterete Dio-e-Uomo. Ine si troverà il caldo della divina carità: cognoscerete la infinita bontà di Dio. Poichè abbiamo cognosciuto noi e cognosciuto la bontà sua, e noi giugneremo alla pace della bocca. Ine gusta tanta pace e quiete, che, come cosa levata in alto, neuna amaritudine che vegna, gli può aggiugnere. Egli è quello letto pacifico dove si riposa l'anima. E però dissi ch'io desideravo di vedervi posto in' su la mensa della santissima croce.

Orsù, figliuolo, non stiamo più in negligenzia; chè il tempo de' fiori ne viene. Abbiate buona sollecitudine delle pecorelle vostre. Fate che, se l'obbedienzia non ve ne manda, che voi non vi partiate. Dite a coteste donne che si riposino in su la croce collo sposo loro Cristo crocifisso. Dite a Frate Giovanni che si sveni e aprasi in su la croce per Cristo. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




LXXV  (75)  - Al monasterio di San Gaggio in Firenze, e alla badessa e monache del monasterio, che e in Monte Sansovino

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre e figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi nascose e serrate nel costato di Cristo crocifisso; perocchè altrimenti non varrebbe l'essere serrato dentro delle mura, ma più tosto sarebbe a giudizio. E però come il corpo è rinchiuso, così vuole essere chiuso e serrato l'affetto e il desiderio vostro, levato dallo stato e dalle delizie del mondo, e seguitare lo sposo Cristo dolce Gesù. Non dubito che se sarete amatrici dello sposo Eterno, voi seguiterete le vestigie d'esso sposo. E sapete quale fula vita di questo sposo? Povertà volontaria, obedienzia. Per umiltà la somma altezza discese alla bassezza della natura umana; e per umilità e amore ineffabile che Egli ebbe a noi, si diè l'umanità sua all'obbrobriosa morte della croce, eleggendo la via de' tormenti, de' flagelli, strazii e vituperii. Or questa umilità dovete seguitare: e sappiate che essa non si può avere se non con perfetto e vero cognoscimento di sè, ed in vedere la profonda umilità e mansuetudine dell'Agnello svenato con tanto fuoco d'amore. Dico che egli seguitò la via della vera povertà; onde Egli fu tanto povero che non ebbe dove riposare il capo suo; e nella sua natività, Maria dolce appena ebbe tanto pannicello che ella potesse invollere il Figliuolo suo. E però voi, spose, dovete seguitare la via di quella povertà. E così sapete che voi avete promesso e io così vi prego per amor di Cristo crocifisso, che osserviate infino alla morte; perocchè altrimenti non sareste spose, ma sareste come adultere, amando alcuna cosa fuora di Dio.
Chè in tanto è detta adultera la sposa, in quanto ella ama un altro più che lo sposo. E quale è il segno dell'amore? che ella sia obediente a lui. E però dopo la povertà e umilità, sèguita l'obedienzia. Che quanto la sposa è più povera per spirito volontariamente, e più ha renunziata alla ricchezza e stati del mondo; tanto più è umile; e quanto più è umile, tanto più è obediente. Perocchè 'l superbo non è mai obediente, però che la sua superbia non si vuole inchinare a essere suddito nè soggetto a neuna creatura. Voglio dunque che siate umili, e che voi spogliate il cuore e l'affetto infinoalla morte. Voi, abadessa, obediente all'Ordine; e voi suddite, obedienti all'Ordine, e alla abadessa vostra. Imparate, imparate dallo Sposo Eterno, dolce e buono Gesù, che fu obediente infino alla morte. Sapete che senza obedienzia voi non potreste participare il sangue dell'Agnello. Ora che è la Religiosa senza il giogo dell'obedienzia?
E' morta; e drittamente è uno dimonio incarnato. Non è osservatrice dell'Ordine, ma trapassatrice dell'Ordine. Ella è condotta nel bando della morte, avendo trapassati i comandamenti santi di Dio: e oltre ai comandamenti, ha trapassata la promissione e il voto che ella fece nella Professione. O dilettissime suore e figliuole in Cristo dolce Gesù, io non voglio che caggiate in questo inconveniente: ma voglio che siate sollecite, e non trapassarla d'uno punto. Volete voi dilettarvi dello sposo vostro? Or uccidete la vostra perversa volontà, e non ribellate mai alla vera obedienzia. Sapete che il vero obediente non va mai investigando la volontà del prelato suo, ma subito china il capo, e mandala in effetto. Innamoratevi dunque di questa vera e reale virtù. Volete voi avere pace e quiete? tolletevi la volontà; perocchè ogni pena procede dalla propria volontà. Vestitevi dunque della dolce ed eterna volontà di Dio; e a questo modo gusterete vita eterna, e sarete chiamati angeli terrestriin questa vita.

Confortatevi con la prima dolce Verità. Ma a questo non potreste mai venire, se non aprite l'occhio del cognoscimento a riguardare il fuoco della divina carità, la quale Dio ha adoperata nella sua creatura razionale. Pensate, madre e figliuole, che voi sete obbligate più che molte altre creature, in quanto Dio oltre a quello amore ch'Egli ha donato alla creatura, Egli ha donato più a voi in particolare, traendovi dalla bruttura e dalla tenebrosa vita fetida, piena di puzza e di vituperio, e avvi collocateed elette per sè. E però non dovete mai essere negligenti; ma cercare tutte quelle cose, luoghi e modi, per li quali più potete piacere a lui. E se voi mi diceste: «qualeè la via?» dicovelo: è quella che fece Egli, cioè la via degli obbrobrii, pene, tormenti e flagelli. E con che modo? col modo della vera umilità e dell'ardentissima carità; amore ineffabile, col quale amore si renunzia alle ricchezze e stati del mondo. E dall'umilità viene all'obedienzia, come detto è. Alla quale obedienzia sèguita la pace: perocchè la obedienzia tolle ogni pena, e dà ogni diletto; però che è tolta via la volontà che dà pena drittamente.

Acciocchè ella possa salire a questa perfezione, il nostro Salvatore ha fatto del corpo suo scala, e su v'ha fattigli scaloni. Se ragguardate i piei, essi sono confitti e chiavellati in croce, posti per lo primo scalone; perocchè in prima dee essere l'affetto dell'anima spogliato d'ogni volontà propria. Perocchè come i piei portano el corpo, cosi l'affetto porta l'anima. Sappiate che l'anima giammai non ha alcuna virtù se non sale questo primo scalone. Salito che tu l'hai, giugni alla vera e profonda umilità. Ma sagli poi all'alto, e non tardare più: e ciò fatto, etu giugni al costato aperto del Figliuolo di Dio; e ine troverete il fuoco o l'abisso della divina carità. In questo scalone del costato aperto vi troverete una bottega piena di specie odorifere. Ine troverete Dioed-Uomo; ine si sazia ed inebria l'anima per sì fatto modo che non vede sè medesima. Siccome l'ebbro inebbriato di vino, cosi l'anima allora non può vedere altro che sangue sparto con tanto fuoco d'amore. Onde allora si leva con ardentissimo desiderio, e giugne all'altro scalone, cioè alla bocca, e ine si riposa in pace e in quiete, e gustavi la pace dell'obbedienzia. E fa come l'uomo che è bene inebbriato; che quando è bene pieno, si dà a dormire; e quando dorme, non sente prosperità nè avversità.
Cosi la sposa di Cristo piena d'amore s'addormenta nella pace dello Sposo suo. Addormentati sono i sentimenti suoi; perocchè, se tutte le tribolazioni venissero sopra dilei, punto non se ne cura; se ella è in prosperità del mondo, non la sente per diletto disordinato, perocchè già se ne spogliò per lo primo affetto. Or questo è il luogo dove ella si trova conformata con l'unione di Cristo crocifisso.

Correte adunque virilmente, poichè avete la via, il luogo, dove potete trovare il letto nel quale vi riposiate,e la mensa dove prendiate diletto, e il cibo del quale vi saziate; perocchè egli è fatto a noi mensa, cibo e servitore. Assai sareste degne di reprensione, se per vostra negligenzia non cercaste il riposo, e, come stolte, vi dilungaste dal cibo. Voglio dunque, e così vi prego da parte di Cristo crocifisso, che voi vi riscaldiate e bagniate nelsangue di Cristo crocifisso. E acciocchè siate fatte una cosa con lui, non schifate fadiga, ma dilettatevi in esse fadighe; perocchè la fadiga è poca, e il frutto è grande. Non dico più a questo.

Parmi che la vostra carissima madre e mia, monna Nera sia posta alla mensa della vita durabile, dove si gusta il cibo della vita, e ha trovato l'Agnello immacolato per frutto. Chè, come di sopra dissi ch'egli era mensa e cibo e servitore, così dico che ella, come vera sposa di Cristo crocifisso, ha trovato il Padre eterno, che gli è mensa e letto, perocchè nel Padre Eterno trova a pieno tutta la sua necessità. In ciò, carissime, che l'uomo s'affadiga, o partesi dall'uno luogo all'altro, si è per dare ilcibo, e 'l vestimento alla creatura, e luogo di riposo. Dico dunque che ella ha trovata la somma ed eterna bontà di Dio eterno, d'onde non bisogna che l'anima si parta per verune di queste cose, e andare in diversi luoghi; perocchè quello è luogo fermo e stabile, dove si trova il letto, per riposo, della somma ed eterna deità. Il Padre è mensa, il Figliuolo è cibo: chè per mezzo del Verbo incarnato del Figliuolo di Dio giungiamo tutti, se vogliamo, a porto di salute. Lo Spirito Santo la serve. Perocchè per amore il Padre ci donò questo cibo del suo Figliuolo, e per amore il Figliuolo ci donò la vita, e a sèdiè la morte; sicchè con la morte sua participammo la vita durabile.

Noi che siamo peregrini e viandanti in questa vita, riceviamo questo frutto imperfettamente; ma ella l'ha ricevuto perfettissimamente, e non è veruna cosa che il possa tôrre. Voi dunque, come vere figliuole, dovete esser contente del bene e dell'utilità della vostra madre; e però dovete stare in vera e santa pazienzia sì per rispetto di Colui che l'ha fatto, di tollere la presenziasua d'inanzi a voi, che non dovete scordare dall'eterna volontà di Dio; e sì per la propria sua utilità, che è uscitadi fadiga e di molta pena, nella quale è stata, già è moltotempo; e è ita a luogo di riposo. Ma voi, come vere figliuole, vi prego che seguitiate le vestigie e la dottrina sua, ed i santi costumi, nei quali ella vi ha notricate. E non temete perchè vi paia essere rimase orfane, o come pecore senza pastore: perocchè non sarete rimase orfane, perchè Dio vi provederà, e le sue sante e buone orazioni, le quali ella offera nel cospetto di Dio per voi. Evvi rimasa monna Ghita. Pregovi che voi gli siate obbedienti in tutte quelle cose che sono ordinate secondo Dio e la santa religione. E voi prego, monna Ghita, quanto io so e posso, che abbiate buona cura di cotesta famiglia, in conservarla, e accrescere in buona operazione. E non ci commettete negligenzia; perocchè vi sarebbe richiesto da Dio. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





LXXVI - A frate Giovanni di Bindo di Doccio de'frati di Monte Oliveto

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. lo Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi costante, perseverante alla virtù; acciocchè non volliate il capo in dietro a mirare l'aratro; ma con perseveranzia seguitare la via della verità. Perocchè la perseveranzia è quella cosa che è coronata; e senza la perseveranzia non potremo essere piacevoli nè accetti a Dio. Ella è quella virtù che porta, con l'abbondanzia della carità, il frutto d'ogni nostra fadiga dentro nell'anima nostra. Oh quanto è beata l'anima che corre e consuma la vita sua in vera e santa virtù! perocchè in questa vita gusta l'arra di vita eterna.Ma non potremo giugnere a questa perfezione senza il molto sostenere; perocchè questa vita non passa senza fadiga: e chi volesse fuggire la fadiga, fuggirebbe il frutto, e non avrebbe però fuggita la fadiga; perocchè portare ce la conviene in qualunque stato noi siamo.

E' vero che elleno si portano con merito e senza merito, secondochè la volontà è ordinata secondo Dio. E gli uomini del mondo, perchè il loro principio dell'affetto e dell'amore è corrotto, ogni loro operazione è guasta e corrotta: onde costoro portano le fadighe senza alcuno merito. Quante sono le fadighe e le pene che essi sostengono in servizio del dimonio! che spesse volte per commettere il peccato mortale sostengono molte pene, e mettonsene alla morte del corpo loro. Questi cotali sono i martiri del dimonio e figliuioli delle tenebre; e insegnano a'figliuoli della luce, e dannoci grande materia di vergogna e di confusione dinanzi a Dio. O figliuolo carissimo, quanta ignoranzia e miseria è la nostra, a parerci tanto duro e incomportabile a sostenere per Cristo crocifisso, e per avere la vita della Grazia; e non pare malagevole agli uomini del mondo a sostenere pena in servizio del dimonio! Tutto questo procede, perchè noi non siamo fondati in verità, e con vero cognoscimento di noi, e non siamo posti sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù. Perocchè chi non cognosce sè, non può cognoscere Dio; e non cognoscendo Dio, non può amare; non amandolo, non viene a perfetta carità, nè ad odio di sè medesimo. Il quale odio fa portare con vera pazienzia ogni pena, fadiga e tribolazione dagli uomini e dal dimonio. Perocchè alcuna volta siamo perseguitati dagli uomini con ingiurie, con parole e con fatti (e questo permette Dio, perchè sia provata in noi la virtù); e alcuna volta dalle dimonia con molte e diverse cogitazioni, per farci privare della grazia, e per condurci nella morte.

Le battaglie sono diverse: onde alcuna volta ci tenterà contra il prelato nostro, facendoci parere indiscrete le obedienzie imposte da lui: e cosi si concepe uno dispiacimento verso di loro e dell'ordine nostro. E questo fa per privarci dell'obedienzia. E entrando il dimonio per questa porta della disobedienzia, non ce ne avvedremo, che ci trarrebbe fuore dell'ordine, dicendo il dimonio dentro nella mente: «poichè essi sono tanto indiscreti, e tu se' giovane; non poteresti sostenere tanta pena. Meglio t'è dunque che tu te ne parta. Qualche modo troverai, che tu resterai esente con qualche licenzia». Con la quale fa vedere che si possa stare lecitamente.

Queste sono battaglie che vengono; le quali non fanno però danno nell'anima; nè queste nè altre molte miserabili e dissolute battaglie, se la propria volontà non consente. Perocchè Dio non le dà per nostra morte, ma per vita; non perchè noi siamo vinti, ma perchè noi vinciamo,e perchè sia provata in noi la virtù. Ma noi, virili, con lume della santissima fede apriamo l'occhio dell'intelletto a ragguardare il sangue di Cristo crocifisso, acciocchè si fortifichi la nostra debilezza, e cognosciamo lavirtù e la perseveranzia in questo glorioso e prezioso sangue.

Nel sangue di Cristo si trova la gravezza e il dispiacimento della colpa: ine si manifesta la giustizia, e ine si manifesta la misericordia. Noi sappiamo bene che se a Dio non fusse molto dispiaciuta la colpa, e non fusse stata di grandissimo danno alla salute nostra; non ci averebbe dato il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, del quale volse fare una ancudine; puniendo le colpe nostre sopra del corpo suo; e così volse che si facesse giustizia della colpa commessa. E 'l Figliuolo non ci averebbe data la vita, dandoci il prezzo del sangue con tanto fuoco d'amore, facendocene bagno, e lavando la lebbra delle colpe nostre: e questo fece per grazia e per misericordia, e non per debito. Bene è dunque vero che nel sangue troviamo il dispiacimento e la gravezza della colpa, la giustizia e l'abbondanzia della misericordia, con obedienzia pronta, correndo con vera umilità infino all'obbrobriosa morte della croce.

Dico dunque, che questo è il modo di venire a perseveranzia e resistere contra gli uomini e contra le battaglie del dimonio, cioè col lume della fede come detto è, e con vero cognoscimento di noi, onde ci umilieremo. Dal quale cognoscimento verremo al perfettissimo odio della propria sensualità, e l'odio sarà quello che farà giustizia della colpa sua. E porterà con vera pazienzia ogni ingiuria, strazii, scherni e villanie, e l'obedienzia indiscreta, e le fadighe dell'Ordine, e ogni altra battaglia, daqualunque altro lato elle vengono. E per questo modo gusterà il frutto della divina misericordia, il quale ha trovato per affetto d'amore, e veduto con l'occhio dell'intelletto.

Adunque non voglio, figliuolo carissimo, che cadiate in negligenzia: nè manchi in voi il santo cognoscimento, nè serrate l'occhio dell'intelletto a ragguardare questo glorioso e prezioso sangue. Perocchè, se, voi ne lo levaste, cadereste in molta ignoranzia; e non cognoscereste la verità; ma, con occhio pieno di nebbia, sarete abbagliato, cercando il diletto e il piacere colà dove egli nonè, ponendosi ad amare le cose create più che 'l Creatore, e pigliare diletto e piacere delle creature. E alcuna voltasi comincia ad amare le creature sotto colore di spirituale amore. E se egli non s'ha cura, e non esercita le virtù;non cognosce la verità, e non tiene l'occhio nel sangue di Cristo crocifisso: onde l'amore diventa tutto sensuale.
E poichè il dimonio l'ha condotto colà dove egli voleva, cioè d'avergli fatta pigliare quella conversazione delle creature sotto colore di spirito, e lassare l'esercizio dellasanta orazione e il desiderio delle virtù e il cognoscimento della verità; subito gli mette uno tedio e una tristizianella mente con una disperazione, in tanto che si vuole partire dal giogo dell'obedienzia, e abbandonare il giardino dell'ordine, dove ha gustato cotanti soavi e dolci frutti prima che egli perdesse il gusto del santo desiderio, a quello tempo dolce che le fadighe e i pesi dell'ordine gli pareva di grande suavità. Sicchè vedete quanto male per questo ne potrebbe venire.

E però voglio che voi vi studiate, giusta al vostro potere di portarvi sì e con sì vero desiderio, che questo nonaddivenga mai a voi per neuno caso che venisse. Non venga mai la mente vostra a neuna confusione; ma levate l'occhio nel sangue, e pigliate una larga e dolce speranza; ponendo il rimedio di levarsi da tutte quelle cose che gli impediscono la verità: e allora riceverà grandissima grazia da Dio, e comincerà a ricevere il frutto delle sue fadighe, ricevendo l'abbondanzia della carità nell'anima. Or fuggite, figliuolo carissimo, nella cella del cognoscimento di voi, abbracciando il legno della santissima croce; bagnandovi nel sangue dell'umile e immacolato Agnello; fuggendo ogni conversazione che vi fusse nociva alla salute vostra. E non mirate a dire: «che parrà, se io mi levo da queste creature? Io lor dispiacerò, e averannolo per male». Non lassate però: chè noi siamo posti per piacere al Creatore, e non alle creature.
Sapete che dinanzi al sommo Giudice neuno risponderà per voi nell'ultima estremità della morte; ma solo la virtù sarà quella, con la misericordia, che risponderà. Quanto c'è necessaria la virtù! senza la virtù non possiamo vivere di vita di grazia. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervicostante e perseverante alla virtù infino alla morte. Sicchè non vollete il capo indietro per alcuna cosa che sia. Spero nella bontà di Dio, che 'l farete; siccome debbe fare il vero figliuolo. E così farete quello che sete tenutodi fare, e adempirete il desiderio mio. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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LXXVII (77) - Al venerabile religioso frate Guglielino d'Inghilterra, il quale era baccelliere dell'ordine de' frati eremitani di Santo Agostino, a Selva di Lago


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A voi, reverendissimo e carissimo padre in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi del Figliuolo di Dio, vi conforto e raccomando nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi uniti e trasformati nella sua inestimabile carità; sicchè noi che siamo arbori sterili e infruttuosi senza neuno frutto, siamo innestati nell'arbore della vita. Così rapportiamo uno saporoso e dolce frutto, non per noi, ma per lo maestro della grazia che è in noi. Siccome il corpo vive per l'anima, così l'anima vive per Dio. Questa Parola incarnata non ci poteva, in quanto Uomo, restituire la vita della grazia; ma, in quanto Dio, per amare, la divina Essenzia volse, e puotelo fare. Oh fuoco, abisso di carità, perchè non siamo separati da te, hai voluto fare un innesto di te in me. Questo fu quando seminasti la Parola tua nel campo di Maria. Adunque bene è vero che l'anima vive per te; e 'l prezzo dell'abbondantissimo sangue, sparto per me, valse per l'amore della divina Essenzia. Non mi maraviglio, carissimo padre, se la sapienzia di Dio, Parola incarnata, dice: «Se io sarò levato in alto, ogni cosa trarrò a me». Oh cuori indurati, e stolti figliuoli di Adam! Bene è misero miserabile cuore, se non si lassa trare a sì dolce padre. Dice: Se io sarò levato, egli: perchè? solo perchè noi corriamo. Non ci veggo, carissimo padre, altro peso, se non l'amore e la ignoranza che noi abbiamo a noi medesimi, e poco lume e cognoscimento di Dio. Chi non cognosce, non può amare; e chi cognosce, sì ama. Non voglio che stiamo più in questa ignoranzia; chè non saremo innestati nella vita: ma voglio che l'occhio dell'intelletto sialevato sopra di noi a vedere e cognoscere quella somma e eterna vita. Non ne può altro volere, che la nostra santificazione: ogni luogo e ogni tempo, o per morte o per vita, o per persecuzioni, o per gli uomini o per li dimonii, ci dà solo a questo fine, perchè abbiamo la nostra santificazione. Dicovi che subito che l'anima ha aperto lo intendimento, diventa amatore dell'onore di Dio e delle creature: diventa amatore di pene; e non si diletta altro che in croce con lui. Non è grande fatto: chè già ha veduto che la bontà di Dio non può volere altro che bene, e ogni cosa viene da lui; già è privato dell'amore proprio (che gli dà tenebre, e però non vede lume).


O padre, non stiamo più; ed innestiamoci nell'arbore fruttuoso, acciocchè il maestro non si levi senza noi. Tolliamo il legame, il vincolo dell'ardentissima sua carità, la quale il tenne confitto e chiavellato in sul legnodella santissima croce. Percotiamo, percotiamo con affetto; perocchè lo infinito bene vuole infinito desiderio. Questa è la condizione dell'anima: perchè ella ha infinito essere, e però ella infinitamente desidera, e non si sazia mai, se non si congiugne con lo infinito. Levisi adunque il cuore con ogni suo movimento ad amare colui che ama senza essere amato. Oh amore inestimabile! Per fabricare le nostre anime facesti ancudine del corpo tuo: sicchè il corpo satisfa alla pena, e l'anima di Cristo ha dispiacimento del peccato: e la natura divina colla potenzia sua... Guardate come fedelmente siamo ricomperati! E perchè? perchè fu levato in alto. Sottomettiamo adunque la nostra volontà perversa sotto il giogo della volontà di Dio, che non vuole altro che il nostro bene; ricevendo con riverenzia ogni fatiga: chè noi non siamo degni di tanto bene.


Dicovi da parte di Cristo crocifisso, che non tanto che alcuna volta la settimana il priore volesse che voi dicestela Messa in convento, ma voglio che se vedete la sua volontà, ogni dì voi la diciate. Perchè voi perdiate le consolazioni, non perdete però lo stato della Grazia; anco, l'acquistate, quando voi perdete la vostra volontà. Voglio che, acciocchè noi mostriamo d'essere mangiatori dell'anime e gustatori de' prossimi, noi non attendiamo pure alle nostre consolazioni; ma dobbiamo attendere e udire e aver compassione alle fadighe de' prossimi, e specialmente a coloro che sono uniti a una medesima carità. E se non faceste così, sarebbe grandissimo difetto. E però voglio che alle fadighe e necessità di frate Antonio voi prestiate l'orecchie ad udirle: e frate Antonio voglio e prego che egli oda voi. E così vi prego da parte di Cristo, e mia, che facciate. A questo modo conserverete in voi la vera carità. E se non faceste così, dareste luogoal dimonio a seminare discordia. Altro non dico; se non che io vi prego e stringo che siate unito e trasformato in questo arbore di Cristo crocifisso. Gesù dolce, Gesù amore.



LXXVIII - A Niccolo povero, di Romagna, romito a Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi tutto rimesso nella divina providenzia, spogliato d'ogni affetto terreno, e di voi medesimo, acciocchè siate vestito di Cristo crocifisso; perocchè in altro modo non giugnereste al termine vostro, se non seguitaste la vita e dottrinadi questo amoroso Verbo. Così ci ammaestrò egli, quando disse: «neuno può venire al Padre, se non per me». Ma non veggo che in lui vi poteste bene rimettere, nè in tutto spogliarvi di voi, se prima non cognosceste la somma ed eterna bontà sua, e la nostra miseria.

Dove cognosceremo lui e noi? dentro nell'anima nostra. Onde c'è bisogno d'intrare nella cella del cognoscimento di noi, e aprire l'occhio dell'intelletto, levandone ogni nuvila d'amore proprio. E cognosceremo, noi non esser niente, e specialmente nel tempo delle molte battaglie e tentazioni; perocchè, se fussimo alcuna cosa, ci leveremmo quelle battaglie che noi non volessimo. Bene abbiamo adunque materia di umiliarci, e spogliarci di noi; perchè non è da sperare in quella cosa che non è. La bontà di Dio cognosceremo in noi, vedendoci creati all'imagine e similitudine sua affine che partiipiamo il suo infinito ed eterno bene:e essendo privati della Grazia per lo peccato del primo uomo, ci ha creati a Grazia nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo. O Amore inestimabile!per ricomperare il servo hai dato il figliuolo proprio;per renderci la vita, désti a te la morte. Bene adunque vediamo che egli è somma ed eterna bontà, e che ineffabilmente ci ama: che se non ci amasse, non ci avrebbe dato sì fatto ricomperatore. Il sangue ci manifesta questo amore. Adunque in lui voglio che speriate e confidiatevi tutto; e in lui ponete ogni vostro affetto e desiderio.

Ma attendete che a lui non potiamo fare alcuna utilità, imperocchè egli è lo Dio nostro che non ha bisogno di noi. In che adunque dimostreremo l'amore che avremo a lui? In quello mezzo che egli ci ha dato posto per provare in noi la virtù, cioè il prossimo nostro, il quale dobbiamo amare come noi medesimi, sovvenendolo di ciò che vediamo che gli sia necessità, secondo le grazie che Dio ci ha date, o desse a ministrare; e offerirelagrime umili, e continue orazioni dinanzi a Dio per salute di tutto quanto il mondo, e specialmente per lo corpo mistico della santa Chiesa, la quale vediamo venuta in tanta ruina, se la divina bontà non provede. Allora seguiterete la dottrina di Cristo crocifisso, il quale per onore del Padre e salute nostra diè la vita, correndo come innamorato all'obbrobriosa morte della croce. E siccome egli non si trasse nè per pena, nè per rimproverio, nè per ingratitudine nostra, che non compisse la nostra salute;così dobbiamo fare noi, che per veruna cagione ci dobbiamo ritrare di sovvenire alla necessità del prossimo nostro, spirituale e temporale, senza rispetto d'alcuna utilità o consolazione riceverne quaggiù; solo amarlo e sovvenirlo, perchè Dio l'ama. Così adempirete la dilezione del prossimo, secondo il comandamento di Dio e il mio desiderio. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


LXXIX - All'abadessa e monache di San Pietro, in Monticelli a Lignaia in Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava di Gesù Cristo scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vere serve e spose di Cristo crocifisso; e per siffatto modo seguitiate le vestigie sue, che innanzi eleggiate la morte, che trapassare icomandamenti dolci suoi ed i consigli, i quali voi avete promessi. Oh quanto è dolce e soave alla sposa consecrata a Cristo seguitare la via e la dottrina dello SpiritoSanto! Quale è la vita e dottrina sua? non è altro che amore. Perocchè tutte le altre virtù sono virtù per esso amore. La dottrina sua non è superbia nè disobedienzia nè amore proprio nè ricchezza nè onore nè stato del mondo; non piacimento nè diletto di corpo. Non ha amore d'amare il prossimo per sè, (ma... per utilità nostra ci ha amati e data la vita per noi con tanto fuoco d'amore): anco, è profonda e vera umiltà. Or fu mai veduta tanta umiltà, quanta è vedere Dio umiliato all'uomo? la somma altezza discesa a tanta bassezza, quanta è la nostra umanità? Egli è obbediente infino all'obbrobriosa morte della croce, egli è paziente, in tanta mansuetudine che non è udito il grido suo per veruna mormorazione: egli elesse povertà volontaria, quello che era somma ed eterna ricchezza; intanto che Maria dolce non ebbe panno dove invollerlo; e nell'ultimo, morendo nudo in su la croce, non ebbe luogo dove appoggiare il capo suo. Questo dolce e innamorato Verbo fu saziato di pene e vestito d'obbrobrii, dilettandosi delle ingiurie, delli scherni e villanie; sostenendo fame e sete, colui chesazia ogni affamato con tanto fuoco e diletto d'amore. Egli è il dolce Dio nostro che non ha bisogno di noi. E non ha allentato d'adoperare la nostra salute; anco, ha perseverato non lassando per la nostra ignoranzia e ingratitudine, nè per lo grido de'Giudei che gridano che egli discenda dalla croce; non lassù però, che non compisse la nostra salute.

Or questa è la dottrina e la via, la quale egli ha fatta: enoi miseri miserabili, pieni di difetti, non spose vere, maadultere, facciamo tutto il contrario; perocchè noi cerchiamo diletto, delizie, piaceri, amore sensitivo; uno amore proprio; del quale amore nasce discordia, disobedienzia. La cella si fa nemico: la conversazione de' secolari e di coloro che vivono secolarescamente, si fa amico. Vuole abondare e non mancare nella sustanzia temporale, parendogli, se non abonda sempre, avere necessità. Egli,si dilunga dall'amore del suo creatore; lassa la madre dell'orazione. Anco facendo l'orazione debita, alla quale voi sete obbligate, spesse volte viene a tedio; perocchè colui che non ama, ogni piccola fadiga gli pare grande a sostenere; la cosa possibile gli pare impossibile a potere adoperare. E tutto questo procede dall'amore proprio, il quale nasce da superbia, e la superbia nasce da lui, fondata in molta ingratitudine e ignoranzia e negligenzia nelle sante e buone operazioni.

Non voglio dunque, dilettissime figliuole, che questo divenga a voi: ma come spose vere, seguitate le vestigie dello sposo vostro; perocchè, altrimenti, non potreste osservare quello che voi avete promesso e fatto voto, cioè, povertà, obedienzia e continenzia. Sapete bene che nella professione voi deste per dota il libero arbitrio vostro allo sposo eterno; perocchè con libertà di cuore faceste la detta professione. Che sono tre colonne che tengono la città dell'anima nostra, e non lassano cadere in ruina; e non avendone, subito viene meno. Debbe dunque la sposa esser povera volontariamente per amore di Cristo crocifisso che gli ha insegnata la via.

La povertà è ricchezza e gloria delle religiose: e grande confusione è, ch'el si trova che elle abbiano che dare. Sapete quanto male n'esce? Che se passa questo, tutti gli altri passerà; perocchè colei che pone l'affetto suo in possedere, e non s'unisce con le suore (come voi dovete vivere, che dovete vivere a comune e avere tanto la grande quanto la piccola, e la piccola quanto la grande); se nol fa, ne viene in questo difetto, che ella caderà nella incontinenzia o mentale o attuale. E cade nella disobedienzia, perocchè è disobediente all'ordine suo e non vuole essere corretta dal prelato. E trapassa quello che aveva promesso. Onde vengono le conversazioni di coloro che vivono disordinatamente; vuoli secolari, vuoli religiosi, vuoli uomo, vuoli donna. Che la conversazione non sia fondata in Dio, non procede da altro, se non per alcuno dono o diletto o piacere che trovassero. E tanto basta quello amore e amistà, quanto basta il dono e il diletto. E però dico che colei che non possiede, e che non ha che donare, dico che, non avendo che donare, sarà tolto da lei ogni disordinata conversazione.

Levata la conversazione, non ha materia di svagolare la mente, nè di cadere nella immondizia corporalmente nè spiritualmente; ma trova, e vorrà, la conversazione di Cristo crocifisso, e de' servi dolcissimi suoi, i quali amano per Cristo e per amore della virtù, e non per propria utilità. Concepe uno desiderio e una fame della virtù, che non pare che se ne possa saziare. E perchè vede che della madre e della fontana dell'orazione trae la vita della grazia e il tesoro delle virtù, partesi dalla conversazione degli uomini, e fugge e ricovera in cella, cercando lo sposo suo, e abbracciandosi con esso in sul legno della santissima croce. Ine si bagna di lagrime e di sudori, ed inebriasi del sangue del consumato ed innamorato Agnello: pascesi de' sospiri, i quali gitta per dolci e affocati desiderii. Or questa è vera e reale sposa e che realmente séguita lo sposo suo. E come Cristo benedetto (come detto è) non lassa per veruna pena d'adoperare la salute nostra; così la sposa non lassa nè debbe lassare per veruna pena nè fadiga, nè per fame nè per sete, nè per alcuna necessità, che non adoperi continuamente l'onore di Dio. Anco, risponda alla tenerezza propria del corpo suo, e dolcemente dica: «Confòrtati, anima mia, chè ciò che ti manca quaggiù, t'avanza a vita eterna». E non lassi la buona operazione con santi desiderii, nè per tentazione del dimonio, nè per fragilità della carne, nè per li perversi consiglieri del dimonio, che sono peggio che Giudei, che dicono spesse volte «discendi dalla croce della penitenzia e della vita ordinata». E non debbe lassare il servire al prossimo suo, nè di cercare la salute sua, per ingratitudine nè per ignoranzia, che non cognoscesse il servizio. Non debbe lassare; perocchè, se lassasse, parrebbe che cercasse d'essere retribuito da loro, e non da Dio: la quale cosa non si debbe fare, ma prima eleggere la morte.

Con pazienzia portate, carissime figliuole, i difetti l'una dell'altra portando con pazienzia e sopportando con amore i difetti l'una dell'altra. E così sarete legate edunite nel legame della carità, il quale è di tanta fortezza, che nè dimonio nè creatura vi potrà separare se voi non vorrete. Siate obedienti infino alla morte; acciocchè siatespose vere; sicchè, quando lo sposo vi richiederà nell'ultima stremità della morte, voi abbiate la lampana piena e non vota, siccome vergini savie, e non matte. Drittamente il cuore vostro debbe essere una lampana, la quale debbe essere piena d'olio, e dentrovi il lume del cognoscimento di voi e della bontà di Dio in voi; che è lume e fuoco della carità, notricato e acceso nell'olio della verae profonda umilità. Perocchè chi non ha lume di cognoscimento di sè, non si può umiliare; chè con la superbia mai non si umilia. Poichè la lampana è fornita, debbesi tenere in mano con una santa e vera intenzione in Dio; cioè la mano del santo timore, il quale ha a regolare l'affetto e il desiderio nostro. Non dico, timore servile, ma timore santo, che per veruna cosa voglia offendere la somma ed eterna bontà di Dio. Ogni creatura che ha in sè ragione, ha questa lampana; perocchè il cuore dell'uomo è una lampana: onde se la mano del timore santo la tiene ritta, e ella è fornita, sta bene; ma se ella èin mano di timore servile, egli la rivolta sottosopra, perocchè serve e ama d'amore proprio per proprio diletto e non per amore di Dio. Costui affoga il lume e versane l'olio; perocchè non v'è lume di carità, e non v'è olio di vera umilità. E queste sono quelle cotali di cui disse il nostro Salvatore: «Io non vi cognosco, e non so chi voi vi sete». Adunque io voglio che siate forti e prudenti. Tenete il cuore vostro, e fate che sia lampana dritta. E come la lampana è stretta da piedi e larga da capo, così ilcuore e l'affetto si debbe restringere al mondo e ogni diletto e vanità e delizie e piacere e contento suo. E debbe essere larga da capo; cioè che il cuore, l'anima e l'affettosia tutto riposato e posto in Cristo crocifisso. Vestitevi di pene e d'obbrobrii per lui: unitevi e amatevi insieme.

E voi, madonna l'abbadessa, siate madre e pastore, che poniate la vita per le vostre figliuole, s'el bisogna. Ritraetele dal vivere in particolare e dalla conversazione;le quali cose sono la morte dell'anime loro e disfacimento di perfezione. Nella conversazione fate che voi gli siate uno specchio di virtù, acciocchè la virtù ammonisca più che le parole. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




LXXX (80) - A maestro Giovanni Terzo dell'ordine de'frati eremitani di Santo Agostino

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. lo Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnato nel sangue dello svenato Agnello, il quale sangue lava e annega, cioè uccide, la propria perversa volontà. Dico che lava la faccia della coscienzia, e uccide il vermine d'essa coscienzia; perocchè 'l sangue c'è fatto bagno. E perchè il sangue non è senza fuoco, anco è intriso col fuoco della divina carità (perocchè fu sparto per amore); sicchè il fuoco col sangue lava e consuma la ruggine nella colpa, che è nella coscienzia: la quale colpa è uno vermine che rode in essa coscienzia. Onde, morto che è questo vermine, e lavata che è la faccia dell'anima, è privata del proprio e disordinato amore. Perocchè, mentre che l'amor proprio è nell'anima, questo vermine non muore mai nè si leva la lebbra della faccia dell'anima. Poniamochè 'l sangue e il fuoco del divino amore ci sia dato (e a tutti è dato questo sangue e fuoco per nostra redenzione); e nondimeno da tutti non è participato: e questo non è per difetto del sangue, nè del fuoco, nè della prima dolce Verità che ce l'ha donato; ma è difetto di chi non vota il vasello per poterlo empire d'esso sangue. Onde il vasello del cuore, mentre che egli è pieno del proprio amore, o spiritualmente o temporalmente non può empire il divino amore, nè participare la virtù del sangue: e però non si lava la faccia, e non s'uccide ilvermine. Dunque c'è bisogno di trovare modo di votarsi e d'empirsi, acciocchè noi giugnamo a quella perfezione d'uccidere la propria volontà: perocchè, uccisa la volontà, è ucciso il vermine.

Che modo ci è dunque, carissimo figliuolo? dicovelo. Che noi ci apriamo l'occhio dell'intelletto a cognoscere uno sommo bene e uno miserabile male. Il sommo bene è Dio, il quale ci ama d'ineffabile amore: il quale amore ci è manifestato col mezzo del Verbo unigenito suo Figliolo, e il Figliuolo ce l'ha manifestato col mezzo del sangue suo. Onde nel sangue cognosce l'uomo l'amore che Dio gli porta, e il suo proprio miserabile male. Perocchè la colpa è quella che conduce l'anima alle miserabili pene eternali. E però è solo il peccato quello che è male, il quale procede dal proprio amore: perocchè veruna altra cosa è che sia male, se non questa. E questo fu cagione della morte di Cristo. E però dico che nel sangue cognosciamo il sommo bene dell'amore che Dio ci ha, e il miserabile nostro male; perocchè altre cose non sono male, se non solo la colpa, come detto è. Onde nè tribolazioni nè persecuzioni del mondo non sono male; nè ingiurie, nè strazii, nè scherni, nè villanie, nè tentazioni del dimonio, nè tentazioni degli uomini, le quali tentano i servi di Dio; nè le tentazioni, nè le molestie chedà l'uno servo di Dio all'altro: le quali Dio tutte permette per tentare, e per cercare se trova in noi fortezza e pazienzia e perseveranzia infino all'ultimo; anco, conducono l'anima a gustare il sommo ed eterno Bene. Questo vediamo noi manifestamente nel Figliuolo di Dio, il quale essendo Dio e uomo, e non potendo volere veruno male, non le averebbe elette per sè; chè tutta la vita sua non fu altro che pene e tormenti e strazii e rimprovèrii, enell'ultimo l'obbrobriosa morte della croce: e questo volse sostenere, perchè era bene, e per punire la colpa nostra, che è quella cosa ch'è male.

Poi, dunque, che l'occhio dell'intelletto ha così ben veduto e discernuto chi gli è cagione del bene, e chi gli ècagione del male, e quale è quello che è bene, e quello che è miserabile male; l'affetto, perchè va dietro all'intelletto, corre di subito e ama il suo Creatore, cognoscendo nel sangue l'amore suo ineffabile; e ama tutto quello che vede che 'l faccia più piacere e unire con lui. Onde allora si diletta delle molte tribolazioni, e priva sèmedesimo delle consolazioni proprie per affetto e amore della virtù. E non elegge lo strumento delle tribolazioni, che provano le virtù, a suo modo, ma a modo di colui che gli 'l dà, cioè Dio; il quale non vuole altro, se non che siamo santificati in lui; e però gli 'l concede. Così egli ha tratto l'amore dell'amore. E perchè l'occhio dell'intelletto in esso amore ha veduto il suo male, cioè la sua colpa, odialo, in tanto che desidera vendetta di quella cosa che n'è stata cagione. La cagione del peccato è il proprio amore, il quale notrica la perversa volontà, che ribella alla ragione. E mai non resta di crescere e di multiplicare l'odio dell'amore sensitivo infino che l'ha morto. E però diventa subito paziente; e non si scandalizza in Dio, nè in sè, nè nel prossimo suo; ma ha presa l'arme a uccidere questo perverso sentimento, il quale conduce l'anima a tanto miserabile male, che gli tolle l'essere della grazia, e dàgli la morte, tornando a non cavelle, perchè è privata di Colui che è. Tolle dunque il coltello, che è l'arme con che sì difende da'nemici suoi; e con quello uccide la propria sensualità. Il qule, coltelloha due tagli, cioè odio e amore. E menalo con la mano del libero arbitrio, il quale, cognosce che Dio gli ha datoper grazia, e non per debito; e con esso coltello taglia, euccide.

Or a questo modo, figliuolo, partecipiamo la virtù del sangue e il calore del fuoco: il quale sangue lava, e il fuoco consuma la ruggine della colpa, e uccide il vermine della coscienzia: non uccide propriamente la coscìenzia, la quale è guardia dell'anima, ma il vermine della colpa, che v'è dentro. In altro modo nè per altra via non potremo giugnere a pace e a quiete, nè gustare il sangue dell'immacolato Agnello. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crocifisso.

Dunque levatevi su e destatevi dal sonno della negligenzia, e annegate la propria perversa volontà in questo glorioso prezzo. E non vi ritragga timore servile, nè amore proprio, nè detto delle creature, nè mormorazione, nè scandalo del mondo: ma perseverate con virile cuore. E guardate che voi non facciate come i matti; e se voi l'avete fatto, si ve ne dolete, di scandalizzarvi nei servi di Dio, o mormorare delle loro operazioni: perocchè questo è uno de' segni che la volontà non è morta: e se ella è morta nelle cose temporali, non è anco morta nelle spirituali. Vogliate dunque che in tutto muoia ad ogni suo parere, e viva in voi, la dolce eterna volontà di Dio: edi questa siate giudice, siccome dice la nostra lezione. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Scrivestemi che il figliuolo non poteva stare senza il latte e il fuoco della mamma. Onde se ne averete volontà, non tardate a venire per esso. Dite, che non vorreste, offendere l'obedienzia. Venite per la licenzia, e non l'offenderete. E ecci di bisogno; perchè Nanni s'è partito per buona necessità; sicchè se potete venire, l'averò molto caro Gesù dolce, Gesù amore.

Raccomandateci al baccelliere, e a Frate Antonio, e a misser Matteo, e all'Abbate, e a tutti gli altri.








Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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01/01/2017 10:53
 
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LXXXI - A Francesca di Francesco di Tolomei vestita dell'abito di San Domenico, inferma


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti con vera e santa pazienzia, acciocchè virilmente porti e la infermità e qualunque altra cosa Dio ti permettesse, siccome vera serva e sposa di Cristo crocifisso. E così debbi fare; perocchè la sposa non si debbe mai scordare della volontà dello sposo suo.


Ma attendi, carissima figliuola, che a questa volontà, cosi accordata e sottoposta a quella di Dio non verresti mai se tu col lume della santissima fede non ragguardassi quanto tu se' amata da lui: perocchè, vedendoti amare, non potrai fare che tu non ami: amando, odierai la propria sensualità, la quale fa impaziente l'anima che l'ama. Onde subito che tu odierai sarai fatta paziente. Sicchè col lume ti vedrai. Ma dove troverai questo amore? Nel sangue dell'umile e immacolato Agnello, il quale per lavare la faccia della sposa sua, corse all'obbrobriosamorte della croce; onde col fuoco della sua carità la purificò della colpa, lavandola nell'acqua del santo battesimo, il quale battesimo vale a noi in virtù del sangue: e ilsangue gli fu colore, che fece la faccia dell'anima vermiglia, la quale era tutta impallidita per la colpa di Adam. Tutto questo fu fatto per amore. Adunque vedi che 'l sangue ti manifesta l'amore che Dio t'ha. Egli è quello eterno sposo che non muore mai: egli è somma sapienzia, somma potenzia, somma clemenzia e somma bellezza, in tanto che 'l sole si maraviglia della bellezza sua. Egli è somma purità, in tanto che, quanto più l'anima che è sua sposa, s'accosta a lui, tanto più diventa pura e monda d'ogni peccato, e più sente l'odore della virginità. E però la sposa che vede che egli si diletta della purità, studia d'accostarsi a lui con quello mezzo che più perfettamente la possa unire. Quale è questo mezzo? è l'orazione umile, fedele e continua. Umile, dico; fatta nel cognoscimento di te: continua, per continuo santo desiderio; e fedele, per lo cognoscimento che hai avuto di Dio, vedendo che egli è fedele e potente a darti quello che domandi; ed è somma sapienzia, che sa; ed è somma clemenzia, che ti vuole dare più che non sai addimandare.


Or con questo verrai a perfettissima pazienzia in ogni luogo, in ogni tempo e stato che tu se' e sarai; e nella infermità e nella sanità, con battaglie e senza battaglie. Laquali battaglie non vorrei, però, che tu credessi che faccino l'anima immonda, se non in quanto la volontà le ricevesse per dilettazione, di qualunque battaglia si fusse. E però l'anima che sente la volontà averne dispiacimento, e non piacere, si debbe confortare, e non venire a veruna confusione o tedio di mente; ma debbe vedere che Dio gli 'l permette per farla venire ad umilità, e per conservarla e crescerla in essa. Cosi voglio che facci tu. Godi, figlíuola, che Dio per sua misericordia, ti fa degna diportare per lui; e rèputatene indegna: e facendo così, ti conformerai in ogni cosa con la volontà del tuo dolce sposo. Compirassi a questo modo in te la volontà di Dio e il desiderio dell'anima mia, il quale dissi che era di vederti con vera e santa pazienzia. E così ti prego e voglio che sia, in ciò che piace al tuo dolcissimo sposo di concederti per lo poco tempo. Non dico più. Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



LXXXII - A tre donne di Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù, perchè la divina bontà v'ha tratto dal loto del mondo, non vogliate vollere il capo addietro e mirare l'arato: ma sempre mirate quello che vi bisogna di fare per conservare in voi ilsanto principio, e proponimento che avete fatto. Quale è quella cosa che ci conviene vedere e fare per conservare la buona volontà? dicovelo. Che sempre siate nella cella del cognoscimento di voi; e cognoscendo, voi non essere e l'essere vostro avere da Dio; e di cognoscere li difetti vostri, e la brevità del tempo. il quale è tanto caroa noi. Però che nel tempo si può acquistare la vita durabile, e perderla, secondo che piace a noi: e, passato il tempo, neuno bene possiamo adoperare.

E dovete cognoscere in voi la grande bontà di Dio, e lo ineffabile amore che a voi porta; il quale amore v'ha manifestato col mezzo del Verbo dell'unigenito suo Figliuolo: e questo dolce e amoroso Verbo lo ha mostrato col mezzo del sangue suo. Onde noi siamo quello vassello che abbiamo ricevuto il sangue; e siamo quella pietra dove è fitto il gonfalone della santissima croce. Però che nè croce nè chiovi nè terra erano sufficenti a tenere questo umile e amoroso Verbo confitto e chiavellato, se lo amore non lo avesse tenuto; ma lo amore che ebbe a noi, il tenne, e fecelo stare in sull'arbolo della croce. E peròconviene a noi che 'l cuore e l'affetto nostro sia meschiato in lui per amore se vogliamo participare il frutto del sangue suo. Allora l'anima, che sì dolcemente cognosce Dio, ama quello che cognosce della sua bontà, e odia quello che cognosce di sè nella parte sensitiva. Onde trae la vera umiltà: la quale è balia e nutrice della carità.

E per questo va innanzi, e non torna indietro; crescendo di virtù in virtù; esercitandosi con la vigilia e conla umile e continua orazione, con lo continuo e santo desiderio, e con buone e sante operazioni: le quali sono quella orazione continua, che ogni persona che ha in sè ragione, debbe avere, oltre all'orazione particolare, che si fa alle ore debite e ordinate. Le quali in neuno modo si debbono lassare, se non fusse già per caso di obedienzia o per carità; ma per altro modo no, nè per battaglia nè per sonnolenzia di mente nè di corpo. Ma debbesi destare il corpo con lo esercizio corporale, o in venie o in altri esercizi che abbiano a stirpare il sonno quand'egli ha avuto il debito suo. La sonnolenzia della mente si vuole destare coll'odio e dispiacimento di sè: e con una impugnazione santa salire la sedia della coscienzia vostra, riprendendo sè stessa, e dicendo: «che dormi tu, anima mia? dormi, e la divina bontà veglia sopra a te: e 'l tempo passa e non ti aspetta. Vuo'tu esser trovata a dormire dal Giudice, quando ti richiederà che tu rendi ragione del tempo tuo, come tu l'hai speso, e come sei stata grata al benefizio del sangue suo?» Allora si desterà la mente: e poniamochè sopra di quello destare non sentisse, ella s'è pure desta, e stirpa lo amore proprio dell'anima sua. E per questo modo va innanzi, e vassi dalla imperfezione alla perfezione; alla quale pare che vogliate venire. Perocchè l'amore non sta ozioso, ma sempre adopera grandi cose.

Facendo così, vi vestirete del Mirollo della virtù della pazienzia, che è la mirolla della carità; e goderete delle pene, purchè voi vi possiate conformare con Cristo crocifisso; e a portare le pene e obbrobrii suoi, vi parrà godere. E fuggirete le conversazioni, e diletteretevi della solitudine; e non presumerete di voi; ma confiderete in Cristo crocifisso. E non s'empirà la mente vostra di fantasie, ma di vere e reali virtù: amando con il cuore schietto e non finto, libero e non doppio; ma in verità amerete lui sopra ogni cosa, e il prossimo come voi medesime. Nè per molestie del demonio, che vi desse laidi e malvagi pensieri, nè per fragilità della carne, nè per molestie delle creature, non verrete a tedio nè a confusione di mente; ma con fede viva direte con Paolo Apostolo: «per Cristo crocifisso ogni cosa porterò, che è in me, che mi conforta». Riputatevi degne delle pene, e indegne del frutto, per umiltà. Amatevi, amatevi insieme con una carità fraterna in Cristo dolce Gesù, tratta dall'abisso della sua carità. Altro non vi dico. Dio vi riempia della sua santissima grazia.

Di una cosa vi prego: che voi non andiate per molti consigli; ma pigliate uno consigliero il quale vi consigli schiettamente, e quello seguitate. Però che andare per molti è cosa pericolosa. Non che ogni consiglio, che è fondato in carità, non sia buono: ma come e' servi di Dio sono differenti nei modi, poniamochè tutti siano nell'affetto della carità; così differente danno la dottrina. Onde se le genti assai cercano, con tutti si vorriano confromare: e quando veniste a vedere, trovereste vedova l'anima d'ognuno. E però è il meglio ed è di bisogno, che l'anima si fondi in uno, e in quello s'ingegni d'essereperfetta; e nondimeno gli piaccia la dottrina di ciascuno. Non, che li vada cercando per sè; ma debbegli piacere li differenti e diversi modi che Dio tiene con le sue creature, ed averli in riverenzia, vedendo che nella casa del Padre nostro sono tante mansioni.

Or bagnatevi e annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso dolce amore. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



LXXXIII - A Conte di Conte da Firenze, spirituale

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere in te il lume della santissima fede, il quale lume ci mostra la via della verità; e senz'esso neuno nostro esercizio, desiderio, operazione verrebbe a frutto, nè a perfezione, nè a quel fine per lo quale avessimo cominciato; ma ogni cosa verrebbe imperfetta, e lenti saremmo nella carità di Dio e del prossimo. La cagione è questa: che pare che tanto sia la fede quanto l'amore, e tanto l'amore quanto la fede. Chi ama, sempre è fedele a colui cui egli ama, e fedelmente il serve infino alla morte. O carissimo figliuolo, questo è quel lume che conduce l'anima a porto di salute, tràla dal loto della miseria, e dissolve in lei ogni tenebra di proprio amore: perocchè in esso cognosce quanto è spiacevole a Dio e nocivo alla sua salute; e però si leva con odio e caccialo fuore di sè. Con fede viva cognobbe che ogni colpa è punita, e ogni bene è remunerato; e però abbraccia la virtù, e spregia il vizio. Con grande sollecitudine diventa costante e perseverante in fino alla morte; in tanto che nè dimonio nè creatura nè la fragile carne il fanno vollere il capo addietro, quando questo lume perfettamente è nell'anima. Alla quale perfezione si viene con molto esercizio, con ansietato desiderio, e con profonda umiltà. La quale umiltà l'anima acquista nella casa del cognoscimento di sè, col mezzo della continua, umile, e fedele orazione, con molte battaglie dal dimonio, e molestie dalle creatre, e da se medesimo, cioè dalla perversa volontà, e dalla fragile carne che sempre impugna contra lo spirito. A tutte resiste col lume della santissima fede; col quale lume, nelladottrina del Verbo, s'innamorò del sostenere pene e fadighe per qualunque modo Dio gliele permettesse; non eleggendo tempo nè luogo nè fadighe a modo suo, ma secondo che vuole la Verità Eterna, che non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione.

Ma perchè ci permette queste fadighe e tante ribellioni? Perchè si provi in noi la virtù: e acciò che col lume cognosciamo la nostra imperfezione, e l'adiutorio che l'anima riceve da Dio nella battaglia e fadighe; e acciò che cognosciamo il fuoco della sua carità nella buona volontà che egli ha riservata nell'anima nel tempo della tenebra e delle molestie e delle molte fadighe.

Per questo cognoscimento che ha nel tempo delle fadighe, leva da sè la imperfezione della Fede, e viene a perfettissima Fede, per la molta esperienza che n'ha avuta e provata, essendo ancora nel camino della imperfezione. Questo lume tolle via in tutto la confusione della mente; non tanto che nel tempo delle battaglie, ma eziandio se l'uomo attualmente fosse caduto in colpa del peccato mortale, di qualunque peccato si sia, la fede il rileva. Perchè col lume ragguarda nella clemenzia, fuoco ed abisso della carità di Dio, distendendo le braccia della speranza, e con esse riceve e stringe il frutto del sangue, nel quale ha trovato questo dolce e amoroso fuoco; con una contrizione perfetta, umiliandosi a Dio, e al prossimo per lui, e reputasi il minimo, il più vile di tuttigli altri. E così spegne la colpa dentro nell'anima sua percontrizione e speranza del sangue; il qual sangue fu introdotto dal lume della fede. Per questo modo viene a tanta perfezione e a tanto amore del divino e amoroso fuoco, che egli può dire insieme col dolce Gregorio: o felice e avventurata colpa, che meritasti avere così fatto Redentore! Fu felice la colpa di Adam?

No, ma il frutto che per essa ricevemmo, fu felice, vestendo Dio il suo Figliuolo della nostra Umanità, e ponondogli la grande obbedienzia, che restituisce a grazia l'umana generazione; ed egli come innamorato, corse a pagare il prezzo del sangue suo. Così dico dell'anima. La colpa sua non è felice, ma il frutto che riceve nell'affettodella carità, per la grande e perfetta emendazione che ha fatta col lume della fede, come detto è, e perchè cresce in cognoscimento e umiltà. Ella se ne va tutta gioiosa all'obbedienzia de' comandamenti di Dio ricevendo con odio e amore questo giogo sopra le spalle sue; e subito corre, come innamorata, a dare la vita, se bisogna, per salute dell'anime. Perchè col lume ha veduto che l'amore e le grazie, che ha trovato in Dio, a lui non può rendere. Puogli bene rendere amore, ma debito di utilità, no, per grazia che egli riceva da Dio; però che egli non ha bisogno di noi: ma ben può rendere al prossimo, facendo utilità a lui, poichè a Dio non la può fare. E veramente egli è così; che servendo al prossimo caritativamente, noi dimostriamo in lui l'amore che abbiamo alla somma Eterna verità. In questa carità si pruova se le virtù in verità sono nell'anima, o no. Sicchè l'anima corre, come obediente, e ha legata la sua volontà a compire la volontà di Dio nel prossimo suo; non lassando per pena nè per veruna cosa, in fino alla morte.

Con questo lume gusta l'arra di vita eterna, nutricandosi per affetto d'amore al petto di Cristo crocifisso, dilettandosi di furare le virtù, e la vita e maturità, che ebbero i veri gustatori cittadini della vita beata, mentre chefurono peregrini e viandanti in questa vita. Con questa fede si porta la chiave del sangue, con la quale si disserravita eterna. La fede non presume di sè, ma del suo Creatore; perchè non v'è il vento della superbia con la propria reputazione; la quale reputazione, e superbia, immondizia, e ogni altro difetto e miseria sono i frutti dellainfedelità che aviamo verso di Dio, e della presunzione di fidarci in noi medesimi. Il quale è uno vermine che sta nascosto sotto la radice dell'arbore dell'anima nostra; e se l'uomo noll'uccide col coltello dell'odio, rode tanto, che o egli fa torcere l'arbore, o egli il manda a terra, se con grande diligenzia e umiltà l'anima non si procura. Spesse volte sarà l'uomo sì ignorante per l'amore proprio di sè, che egli non s'avvedrà che questo vermine vi sia nascosto. E però Dio permette le molte battaglie e persecuzioni, e che l'arbore si torca, e alcuna volta che caggia. Non permette la mala volontà, ma permettegli il tempo, e lassalo guidare al libero arbitrio suo, solo perchè egli ritorni a sè medesimo; e con questo lume, umiliato, cerchi questo vermine, e metta mano al coltello dell'odio, ed uccidalo. E non ha materia quell'anima di rallegrarsi, e ricognoscere la grazia che Dio gli ha fatta d'avere veduto e trovato in sè quello che non cognosceva? Sì bene. Sicchè per ogni modo, carissimo figliuolo, in ogni stato che l'uomo è, o giusto o peccatore, o che sia caduto e poi si rilevi, gli è necessario questo lume.

Quanti sono gl'inconvenienti che ne vengono per non averlo! Non mi pongo a narrarlo, nè a dirne più; chè troppo sarebbe lungo. Basti per ora quello che ne ho detto. Quanto gli è utile e dilettevole a darvelo, non tel so esprimere con lingua nè con inchiostro; ma Dio tel faccia provare per sua infinita misericordia. Così voglio che sia. E però dissi che io desideravo di vedere in te il lume della santissima fede.

Sòmmi molto meravigliata delle lettere che hai mandate a Barduccio. Per neuna cagione voglio che ti parti dalla Congregazione de' tuoi fratelli (guarda già, che tu non andassi al luogo perfetto della religione); nè che tu venga mai a confusione di mente; ma tutto umiliato ti facci suddito al più minimo che ve n'è. Nè, per questo, lassare che tu non porga a loro quella verità che Dio ti facesse cognoscere. Or cominciamo testè di nuovo a pigliare i rimedi sopradetti, acciò chè il dimonio della tristizia e confusione non assalisca l'anima nostra: chè peggio sarebbe l'ultima, che le prime; e sarebbe grande offesa di Dio. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



LXXXIV (84) - A frate Filippo di Vannuccio, e a frate Niccolo di Pietro di Firenze, dell'ordine di Monte Oliveto

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondati in vera e perfetta pazienzia; perocchè senza la pazienzia non sareste piacevoli a Dio, e non portereste il giogo della santa obedienzia, ma con impazienzia ricalcitrereste al prelato e all'ordine vostro. E pazienzia non è mai se non in colui che sta in perfetta carità: onde colui che ama, perde la malagevolezza che pare che sia in portare i costumi dell'ordine, e le gravi obedienzie, e alcuna volta indiscrete. Ma poichè per l'amore la malagevolezza si parte, e con pazienzia porta; è fatto subitamente suddito e vero obediente. Ed è umile; chè per superbia non leva mai il capo contra'l prelato suo. E tanto sarà umile quanto obediente; e tanto obediente quanto umile. Oh quanto è dolce, figliuoli carissimi, questa dolce virtù della propria obedienzia! La quale obedienzia tolle ogni fadiga, perocchè è fondata in carità; e carità non è senza pazienzia nè senza umilità. Perocchè l'umilità è baglia e nutrice della carità. Ma vediamo un poco il frutto di questa virtù dell'obedienzia, e se elli è frutto di vita o no;e quello che esce dal disobediente.

Ogni creatura, figliuoli carissimi, che ha in sè ragione,debbe essere obediente a'comandamenti di Dio. La quale obedienzia leva via la colpa del peccato mortale, e riceve la vita della Grazia. Perocchè con altro strumento non si leva la colpa, e non si fa la colpa. Nella obedienziasi leva la colpa, perocchè osserva i comandamenti della legge; e nella disobedienzia offende, perchè trapassa quello che gli fu comandato, e fa quello che gli è vietato;onde ne gli nasce la morte e elegge subito quello che Cristo fuggì, e fugge quello che egli elesse. Cristo fuggì le delizie e li stati del mondo; egli lo cerca, mettendo l'anima sua nelle mani delle dimonia per potere avere e compire i suoi disordinati desiderii; fuggendo quello che 'l Figliuolo di Dio abbracciò, cioè scherni, strazii, vituperii, i quali con pazienzia portò infino all'obbrobriosa morte della croce, e umilmente, e tanto che non è udito il suo grido per veruna mormorazione; ma sostenne infino alla morte per compire l'obedienzia del Padre e la salute nostra. Ma colui che è obediente, sèguita le vestigie di questo dolce e amoroso Verbo, e cerca l'onore di Dio e la salute dell'anime. Sicchè vedete che ogni creatura che ha in sè ragione, se vuole la vita della Grazia, siconviene che passi col giogo dell'obedienzia.

Ma attendete, che questa è una obedienzia generale, alla quale generalmente ciascuno è tenuto e obbligato. Ed è un'altra obedienzia, che è particolare, la quale hanno coloro che, osservati i comandamenti, seguitano i consigli, volendo andare attualmente e mentalmente per la via della perfezione. Questi sono coloro che entrano nel giardino della santa religione. Ma agevole cosa gli sarà ad obedire all'ordine e al prelato suo, a colui che haosservata l'obedienzia generale, e dalla generale è ito allaparticolare. Onde se elli è ito con la volontà morta, come debbe, egli gode, e stando nell'amaritudine sente la dolcezza, e nel tempo della guerra gusta la pace, e nel mare tempestoso fortemente naviga; perocchè il vento dell'obedienzia tanto forte mena l'anima nella navicella dell'ordine, che neuno altro vento contrario che venisse, la può impedire. Non il vento della superbia; perocchè egli è umile, che altrimenti non sarebbe obediente; non la impazienzia, perocchè egli ama, e per amore s'è sottoposto all'Ordine e al prelato, e non tanto al prelato, ma aogni creatura per Dio: e la pazienzia è il midollo della carità. Onde nol può percuotere il vento della infedelità, nè il vento della ingiustizia; perocchè giustamente rende il debito suo: onde a sè rende odio e dispiacimento della propria sensualità, la quale, se la ragione non tenesse il freno in mano, ricalcitrerebbe all'obedienzia; e a Dio rende gloria, e loda al nome suo, e al prossimo la benevolenzia, portando e sopportando i difetti suoi. Allora con fede viva (perchè alla Fede sono seguitate le opere) aspetta, nell'ultimo della vita sua, di tornare al fine suonella vita durabile, siccome il prelato gli promise nella sua professione. Perchè gli promette di dargli vita eterna, se in verità osserva i tre voti principali, cioè obedienzia, continenzia e povertà volontaria; le quali cose tutte il vero obediente osserva. Questa navicella va sì diritta verso il porto di vita eterna col vento dell'obedienzia, che in veruno scoglio si percuote mai.

Molti scogli si trovano nel mare di questa tempestosa vita, ne' quali ci percuoteremmo, se il vento prospero dell'obedienzia non ci fusse. Or che duro scoglio è quello delle impugnazioni delle dimonia, le quali non dormono mai, volendo assediare l'anima di molte varie, diverse e laide cogitazioni; e più nel tempo che l'anima si vuole stringere e serrare, con questo vento dell'obedienzia, con umile orazione (la quale orazione è uno petto dove si notricano i figliuoli delle virtù, solo per impedirla! Perocchè la malizia del dimonio il fa solamente per farci venire a tedio l'orazione e la santa obedienzia, quasi volendo metterci ne' cuori una impossibilità di non potere perseverare in quello che è cominciato, nè portare le fadighe dell'ordine; e la paglia gli fa parere una trave; e una parola che gli sia detta nel tempo delle battaglie, gli farà parere uno coltello, dicendogli: «che fai tuin tante pene? meglio t'è di tenere altra via». Ma questa è una battaglia grossa a chi ha punto d'intelletto; perocchè l'uomo vede bene che meglio è per l'anima sua che sia perseverante e costante nella virtù cominciata. Ma un'altra ne pone, colorata col colore dell'odio e del cognoscimento del difetto suo, e dello schietto e puro servire che gli pare che debba fare al suo Creatore, dicendo nella mente sua: «O misero, tu debbi fare le tue operazioni e orazioni schiette con purità di mente e semplicità di cuore, senz'altri pensieri; e tu fai tutto il contrario:onde, perchè tu non le fai come tu debbi, elle non sono piacevoli a Dio. Meglio t'è dunque di lassare stare». Questa, figliuoli carissimi, è una battaglia occulta, mostrandoci prima la verità di quello che è, e facendocela cognoscere; ma poi di dietro v'attacca la bugia, la quale germina il veleno della confusione. Onde, giunta la confusione, perde l'esercizio; e perduto l'esercizio, è atto acadere in ogni miseria, e nell'ultimo nella disperazione. E però si fa tanto dinanzi, e tanto da lunga con sottili arti, cioè per giungerlo qui, non perchè egli creda che di primo colpo egli cadesse in quelle cogitazioni, cioè che vi consentisse. Chi è colui che campa e non percuote in questo scoglio? Solo l'obediente, perocchè egli è umile; e l'umile passa e rompe tutti i laccioli del dimonio. Sicchè vedete che all'obediente non bisogna di temere di timore servile per alcuna cogitazione o molestia del dimonio. Tenga pur ferma la volontà, che non consenta, annegandola nel sangue di Cristo crocifisso, e legandola, col lume della vera obedienzia, per amore e reverenzia del Verbo Unigenito Figliuolo di Dio.

E trovasi ancora lo scoglio della fragile e miserabile carne che vuole impugnare contra allo Spirito; la quale è vestita d'amore sensitivo, il quale amore sarebbe offendere, perocchè la carne ha sempre in sè ribellione, e alcuna volta si corrompe. Ma non sarebbe offesa, se non inquanto la volontà legata col proprio amore sensitivo, consentisse alla fragile carne, e dilettasi nel suo corrompere. Ma se la volontà è morta nell'amore sensitivo e nel proprio diletto, e legata nella obedienzia, come detto è; con tutte le sue ribellioni non gli può nuocere, nè impedire la navicella; anco, è uno agumentare e dare vigore al vento, che più velocemente corra verso il termine suo. Perocchè l'anima che si sente impugnare, si leva talora dal sonno della negligenzia con odio e cognoscimento di sè e con vera umilità. Che se così non fusse, dormirebbe nella negligenzia con molta ignoranzia e presunzione; la quale presunzione notricherebbe la superbia: e presumendo di sè medesimo alcuna cosa. Onde per le impugne diventa più umile. E perciò dissemo, che tanto è obediente quanto umile. Se dunque cresce la virtù dell'umilità, cresce anco la virtù dell'obedienzia. Sicchè vedete che corre più velocemente.

Ecci anco lo scoglio del mondo; il quale, come ingannatore, si mostra con molte delizie, stati e grandezze, tutto fiorito; e nondimeno egli ha in sè continua amaritudine, ed è senza alcuna fermezza o stabilità. Ma ogni suo diletto e piacere viene tosto meno: siccome la bellezza del fiore, il quale, quando è tolto dal campo, pare, a vederlo, bello e odorifero; e, colto, subito è passata la bellezza e l'odore suo, ed è tornato a non cavelle. Così labellezza e gli stati del mondo paiono uno fiore; ma subitochè l'affetto dell'anima gli piglia con disordinato amore, si trova voto e senza bellezza alcuna, perduto quell'odore che avevano in loro. Odore hanno in quanto sono escite dalla santa mente di Dio; ma subito l'odore è partito in colui che l'ha colte e possiede con disordinato amore; nè per difetto loro nè del Creatore che le ha date, ma per difetto di colui che le ha tolte, il quale non leha lassate nel luogo dove elle debbono stare, cioè amarle per la gloria e loda del nome di Dio. Chi 'l passa questo scoglio? l'obediente, osservando il voto della povertà volontaria.

Sicchè dunque vedete che non bisogna di temere di veruno scoglio che sia, avendo voi il vento della vera obedienzia. L'obediente gode, perocchè non naviga sopra le braccia sue, ma sopra le braccia dell'Ordine. Egli è privato della pena affliggitiva, perocchè ha morta la propria volontà che gli dava pena; perocchè tanto c'è fadiga ogni fadiga, quanto la volontà gli pare fadiga. Ma all'obediente, che non ha volontà, la fadiga gli è diletto,e i sospiri gli sono uno cibo, e le lagrime beveraggio. E ponendosi alle mammelle della divina Carità, trae a sè il latte della divina dolcezza per lo mezzo di Cristo crocifisso, seguitando in verità le vestigie e la dottrina sua. Oobedienzia, che sempre stai unita nella pace e nella obedienzia del Verbo, tu se' una reina coronata di fortezza; tu porti la verga della lunga perseveranzia; tu tieni nel grembo tuo i fiori delle vere e reali virtù; ed essendo l'uomo mortale, tu gli fai gustare il bene immortale; ed essendo umano, il fai diventare angelico, e d'uomo, angelo terrestre. Tu pacifichi e unisci i disordinati; e chi t'ha, sempre è suddito alli più minimi; e quanto più si fa suddito, più è signore; perocchè signoreggia la propria sensualità, e ha spento il fuoco con la divina carità, perocchè per amore è obediente. E della cella s'è fatto uno cielo; perocchè non esce della cella del cognoscimento di sè, ma in su la mensa della croce con l'obediente Agnello mangia l'onore di Dio e la salute dell'anime. In te, obedienzia, non cade giudicio verso alcuna creatura, e singolarmente nel prelato tuo; perocchè tu se' fatta giudice della dolce volontà di Dio, giudicando che Dio non vuole altro che la tua santificazione; e ciò che dà e permette, dà per questo fine. Pigli la compassione del prossimo, ma non giudicio nè mormorazione. Tu non vuoli investigare la volontà di chi ti comanda; ma semplicemente, con semplicità di cuore, condita con prudenzia, obedisci in quelle cose dove non è colpa di peccato; e di neuna cosa ristolli mai. Bene è dunque, che nell'amaritudine gusti la dolcezza, e nel tempo della morte la vita della Grazia. O carissimi figliuoli, chi saràcolui che non s'innamori di così dolci e soavi frutti, quanti riceve l'anima nella virtù dell'obedienzia? Sapete chi li riceverà? Quegli che coll'occhio dell'intelletto, e con la pupilla della santissima Fede si specola nella Verità; cognoscendo in essa Verità se è la bontà di Dio in sè, nella quale bontà truova l'eccellenzia di questa dolce e reale Virtù.

Chi è colui che non la vede? Chi non ha il lume, e però non la cognosce; e non cognoscendola, non l'ama; e non amandola, non è vestito, ma è spogliato dell'obedienzia, e vestito della disobedienzia. La quale disobedienzia dà frutto di morte, ed è uno vento traverso, che fende la navicella, percuotendola nelli scogli detti: onde l'anima affoga nel mare con molta amaritudine, per la privazione della Grazia, trovandosi nella colpa del peccato mortale. Egli è fatto incomportabile a sè medesimo; privato della carità fraterna: egli trapassa il voto promesso, e non l'osserva. Non osserva l'obedienzia, e non osserva la continenzia: perocchè impossibile gli sarebbe al disobediente essere continente; e se fusse attualmente, non sarebbe mentalmente. E non osserva il voto della povertà volontaria; perocchè quegli che è nel proprio amore, appetisce i diletti del mondo, e viengli a tedio l'orazione e la cella, dilettandosi della conversazione. Oh quanta miseria n'esce! Egli è fatto perditore del tempo; egli volle il capo indietro a mirare l'aratro, e non persevera: egli è fatto debile, perocchè ogni piccola cosa il dà a terra: egli si priva d'ogni virtù: e sempre, come superbo, vuole investigare la volontà d'altrui, e massimamente quella del suo prelato. La lingua, figliuoli carissimi, non sarebbe sufficiente a narrare il male che esce della disobedienzia. Egli è impaziente, che non può sostenere una parola. Ed è attorniato da molti laccioli, e neuno ne passa: ma gusta in questa vita l'arra dell'inferno. Che dunque diremo? Diremo che ogni male esce dalla disobedienzia; perocchè è privata della carità e della virtù dell'umilità, le quali sono due ale che ci fanno volare a vita eterna: ed è privata della pazienzia, che è ilmidollo della carità, per la quale carità l'anima viene ad obedienzia.

Onde, considerando me, che per altra via non potiamo fuggire tanti mali e venire a tanto bene quanto ci dà la virtù dell'obedienzia; dissi ch'io desideravo di vedervifondati in vera e santa pazienzia: perocchè obedienzia non si può avere senza pazienzia, e la pazienzia procede dalla carità; perocchè per amore è fatto paziente e obediente, unto di vera e perfetta umilità. Orsù, figliuoli miei, poichè sete intrati nella navicella della santa Religione, correte col vento prospero della vera obedienzia infino alla morte, acciocchè senza pericolo giungiate al termine vostro di vita eterna. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Raccomandateci strettamente al priore, e a tutti cotesti figliuoli. E voi siate specchio dell'obedienzia. Gesù dolce, Gesù amore.






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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13/03/2022 10:22
 
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LXXXV (85)- A Pietro di Tommaso de' Bardi da Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi illuminato del lume della santissima fede, e vestito di perfettissima speranza. Perocchè in altro modo non potreste esser piacevole al nostro Creatore, nè partecipare la vita della Grazia; perocchè fede viva non è mai senza opera. Che se fede fusse senz'opera, sarebbe morta, e partorirebbe e' figliuoli suoi delle virtù morti, e non vivi. Però che colui che è senza il lume della fede, è privato della virtù della carità; e senza la carità neuno bene che faccia, o atto di virtù, gli vale e vita eterna; benchè neuno bene si debba lassare, che non si faccia, però che ogni bene è remunerato, e ogni colpa è punita. Poniamochè quello bene che è fatto in colpa di peccato mortale (che è privato allora del lume della santissima fede),non gli vale quanto a vita eterna: ma valgli a molte altre cose, ricevendo grazia da Dio. Cioè, che non volendo la divina bontà che quel bene che adopera l'uomo, passi inremunerato, egli il remunera, alcuna volta prestandoci 'l tempo, nel qual tempo abbiamo spazio di poterci correggere; o egli ci mette nei cuori de' servi suoi, costringendoli a desiderio della salute nostra; onde per quel desiderio e orazioni che fanno per noi, esciamo dalla tenebra del peccato mortale, e ridurrenci allo stato della grazia. O egli il remunera in cose temporali, se egli non si dispone per suo difetto a ricevere le spirituali. Sicchèdunque vedete che ogni bene è remunerato. E però non si debbe lassare il bene; ma bene doviamo ingegnarci di farlo in Grazia, acciò che sia fatto col lume della fede, nel qual lume della fede si partoriscono i figliuoli delle virtù vivi, cioè che danno nell'anima vita di Grazia.

O glorioso lume, che privi l'anima delle tenebre, e spoglila della speranza di sè e del mondo e de' figliuoli ed'ogni creatura, e vestila della vera speranza la quale ha posto in Cristo crocifisso! E però non teme mai che gli manchi alcuna cosa, però che col lume della fede ha cognosciuta la divina bontà in sè; onde cognosce che Dio è potente a poterlo sovvenire: e è sapientissimo, che sa sovvenire; e è clementissimo, che vuole sovvenire la sua creatura che ha in sè ragione. Chi spera in lui, non gli manca mai; ma a misura tanto ci provede, quanto noi speriamo nella sua larghezza. Onde tanto saremo proveduti, quanto noi spereremo. E però, se l'uomo cognosce sè con lume della fede, egli non si confida in sè, nè in suo sperare. Però che cognosce, sè per sè non essere manifestamente: che se alcuna cosa fusse da sè, egli potrebbe possedere di quelle cose ch'egli ama, a suo modo. La qual cosa non è. Anco, quando vuole essere ricco, spesse volte gli conviene essere povero; vorrebbe la sanità e la lunga vita, ed egli conviene essere infermo, e viengli meno 'l tempo. E però è stolto e maladetto colui che si confida nell'uomo; vedendo egli, che alcuna cosa non è da sè, vedendo che il mondo e l'uomo nol serve se non per propria utilità. Chi dunque si vorrà confidare in loro, sempre ne rimarrà ingannato; però che a neuna cosa gli tiene fede. Chè, volendo arricchire, egli impoverisce l'anima sua e sè, e' figliuoli, della sustanzia temporale. Egli diventa disordinato e incomportabile a sé medesimo; desiderando quello che non debbe desiderare. E l'animo che è disordinato a volere quello che non ha, sempre pena; però che è privato del sommo Bene, 'l quale pacifica, quieta e sazia l'anima.

O fratello e figliuolo carissimo, aprite l'occhio dell'intelletto col lume della santissima fede, acciocchè cognosciate la poca fermezza e stabilità del mondo, e la grande bontà di Dio, fermo e stabile, che non si muove mai, 'l quale sazia e nutrica l'anima nell'affettuosa carità, e vestela di speranza; sperando nel suo dolce Creatore. E sa bene che la divina Bontà vede di quello, che ha bisogno; e però offera il desiderio e 'l bisogno a lui, servendolo con tutto il cuore e con tutto l'affetto suo. E la fadiga delcorpo dà alla famiglia, sovvenendogli e aiutandogli di quello che può. Con buona e santa coscienzia fa quello che può; e l'avanzo lassa fare alla divina Bontà, in cui egli ha posto la speranza sua, perché cognobbe col lume della fede la sua bontà e providenzia. In altro modo non veggo che potreste campare dal loto del mondo senza il lume della fede, onde trasse la speranza e l'affettuosa carità, gustando in questa vita l'arra di vita eterna, perché la volontà sua è vestita della dolce volontà di Dio.

E però io vi dissi che desideravo di vedervi alluminato del lume della santissima fede, e vestito di perfettissima speranza. Così vi prego per l'amore di Cristo crocifisso, che facciate voi e la donna vostra, acciò che non stiate instato di dannazione. E quello che non fusse stato fatto per lo tempo passato, io voglio che si faccia per lo presente. E non aspettate il tempo a cercare la salute vostra, però che il tempo non aspetta voi; e però non dovete aspettar lui, facendo come 'l corvo, che dice cra cra. Così e' perditori del tempo sempre dicono: domane farò. E così si trovano giunti alla morte, e non se n'avveggono. E allora vuole il tempo, e non lo può avere, quando ha speso il tempo suo miserabilmente, con avarizia e cupidità e guadagni illeciti e con molta immondizia della mente e del corpo suo, contaminando il sacramento del Matrimonio; fassi Dio de' figliuoli suoi; e, come cieco, pone la speranza dove non la dee ponere. E così va di cecità in cecità; in tanto che, se non si corregge e non punisce la colpa con la contrizione del cuore, e con la confessione e satisfazione, giusta al suo potere e la sua possibilità, dico (e non la impossibilità, chè non la richiede Dio), giunge all'eterna dannazione. Voglio dunque, che vi destiate del sonno prima che venga la morte; e quello desiderio e lume che Dio v'ha dato, non sia tolto da voi, ma con perseveranzia lo esercitiate col tesoro delle virtù, e col lume della fede, e colla perfettissima speranza. E non pensate che la divina Providenzia vi venga meno: ma sempre vi sovverrà, sperando voi in lui in ogni vostro bisogno. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



LXXXVI - All'abadessa del monastero di Santa Maria delli scalzi in Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondata in vera carità, acciocchè siate vera nutrice e governatrice delle vostre pecorelle. Bene è vero, che non potremmo nutricare altrui se prima non nutricassimo l'anima nostra di vere e reali virtù: e di virtù non si può notricare se non s'attacca al petto della divina carità, dal qual petto si trae il latte della divina dolcezza. A noi, carissima madre, conviene fare come fa il fanciullo, il quale volendo prendere il latte, prende la mammella della madre, e mettesela in bocca; onde col mezzo della carne trae a sè il latte: e così dobbiamo fare noi, se vogliamo notricare l'anima nostra. Perocchè ci dobbiamo attaccare al petto di Cristo crocifisso, in cui è la madre della carità; e colmezzo della carne sua trarremo il latte che notrica l'anima nostra, e' figliuoli delle virtù: cioè, per mezzo dell'umanità di Cristo; perocchè nell'umanità cadde, e sostenne, la pena, ma non nella deità.

E noi non potiamo notricarci di questo latte che traiamo dalla madre della carità, senza pena. E differenti sono le pene. Onde spesse volte sono pene di grandi battaglie o dal dimonio, o dalle creature, con molte persecuzioni, infamie, strazi e rimproverii. Queste sono pene in loro, ma non sono pene all'anima che s'è posta a notricare a questo dolce e glorioso petto, onde ha tratto l'amore, vedendo in Cristo crocifisso l'amore ineffabile che ci ha mostrato col mezzo di questo dolce e amoroso Verbo. E nell'amore ha trovato l'odio della propria colpa, e della legge perversa sua, che sempre impugna contra allo spirito. Ma sopra l'altre pene che porta l'anima, che è venuta a fame e desiderio di Dio, sì sono i crociati e amorosi desiderii che ha per la salute di tutto quanto ilmondo. Perocchè la carità fa questo, che ella s'inferma con quelli che sono infermi, e è sana con quelli che sono sani: ella piagne con coloro che piangono, e gode con coloro che godono; cioè, che piagne con coloro che sono nel tempo del pianto nel peccato mortale, e gode con quelli che godono che sono nello stato della Grazia. Allora ha presa la carne di Cristo crocifisso, portando con pene la croce con lui; non pena affliggitiva che disecchi l'anima, ma pena che la ingrassa, dilettandosi di seguitare le vestigie di Cristo crocifisiso. E allora gusta il lattedella divina dolcezza. E con che l'ha preso? con la bocca del santo desiderio; in tanto che, se possibile gli fusse d'avere questo latte senza pena, e con esso dare vita alle virtù (perocchè le virtù hanno vita dal latte dell'affocatacarità), nol vorrebbe. Ma piuttosto elegge di volerlo con pena per l'amore di Cristo crocifisso; perocchè non gli pare che sotto il capo spinato debbano stare i membri delicati, ma piuttosto portare la spina insieme con lui; non eleggendo portare a suo modo, ma a modo del capo suo. E facendo così, non porta, ma il capo suo Cristo crocifisso n'è fatto portatore.

Oh quanto è dolce questa dolce madre della Carità! la quale non cerca le cose sue, cioè che non cerca sè per sè, ma sè per Dio; e ciò che ella ama e desidera ama e desidera in lui; e fore di lui nulla vuole possedere; e in ognistato ch'ella è, spende il tempo suo secondo la volontà di Dio. Onde s'ella è secolare, ella vuole essere perfetta nello stato suo; se ella è religiosa suddita, ella è perfettaangela terrestre in questa vita; e non appetisce nè pone l'amore suo nel secolo, nè nella ricchezza, volendo possedere in particolare, perocchè ella vede che ella farebbe contra il voto della povertà volontaria, la quale promesse d'osservare nella sua professione. E non si diletta nè vuole la conversazione di coloro che gli volessero impedire il voto della castità: anco, li fugge come serpenti velenosi; e mettesi in bando delle grate e del parlatorio; e sbandisce la dimestichezza de' devoti, e ribandiscesi alla patria della cella, siccome vera e legittima sposa. E ine acquista al petto di Cristo crocifisso la vigilia, e l'umile econtinua orazione; e non solamente l'occhio del corpo, ma l'occhio dell'anima veglia in cognoscere sè medesima, la fragilità, e la miseria sua passata, e la dolce bontà di Dio in sè, vedendosi essere amata ineffabilmente dal suo Creatore.

Onde allora gli sèguita a mano a mano la virtù dell'umilità, e il santo e affocato desiderio, il quale è quella continua orazione della quale Paolo ci manifesta, dicendo, che sempre dobbiamo orare senza intermissione. E al desiderio santo seguitano le sante e buone operazioni. E quella non cessa d'orare, che non cessa di bene adoperare. In cella fa mansione con lo sposo eterno, abbracciando le vergogne e le pene per qualunque modo gli concede; spregiando le delizie, lo stato e l'onore del mondo; annegando la propria e miserabile volontà; ponendosi dinanzi l'obedienzia di Cristo crocifisso, il quale per l'obedienzia del Padre e per la salute nostra corse all'obbrobriosa morte della croce. Sicchè, con l'obedienzìa sua è fatta obediente; e così osserva il terzovoto dell'obedienzia, e mai non recalcitra all'obedienzia sua; nè vuole investigare la volontà di colui che comanda, ma specialmente osserva l'obedienzia. Or così fa il vero obediente; ma il disobediente sempre vuole sapere la cagione e il perché gli è comandato. Onde questa cotale non è mai osservatrice dell'ordine, ma trapassatrice. Ma quella che è obediente, sel pone dinanzi come specchio; e innanzi elegge la morte, che volerlo trapassare; sicchè questa cotale è perfetta suddita.

E se ella ha a governare, ella è perfetta nello stato delreggimento, se ella ha notricata prima l'anima sua in virtù al petto di Cristo crocifisso. Allora, se ella è statabuona suddita, essendo poi posta a reggere, è buona nutrice delle sue figliuole; e riluce in lei la margarita dellagiustizia; e gitta odore d'onestà, dando esemplo a loro di santa e buona vita. E perché carità non è senza giustizia (anco, è giusta l'anima che la possiede giustamente); rende a ciascuno il debito suo. Onde rende a sè odio e dispiacimento di sè; a Dio rende per affetto d'amore gloria e loda al nome suo; e al prossimo rende la benivolenzia, amandolo e servendolo in ciò che può. A' sudditi suoi rende a ciascuno secondo il suo stato: onde al perfetto, gli aita ad aumentare la virtù; allo imperfetto e a quelli che commette difetto, la correzione e punizione, poco e assai secondo la gravezza della colpa, e secondo che il vede atto a portare. Ma non lassa mai passare il difetto impunito: e con carità, e non con animo, il vuole punire piuttosto in questa vita che poi lo' sia punita nell'altra. Ma pensate, che se ella non avesse notricata l'anima sua, come detto è, e non porterebbe la margarita della Giustizia, ma con molta ingiustizia menerebbe la vita sua; e, come ladra, furerebbe quello che è di Dio, e darebbelo a sè. E così quello del prossimo; e non l'amerebbe se non per propria utilità. E le figliuole sue non governerebbe se non a piacimento di sè o delle creature; e per non dispiacer loro, farebbe vista di non vedere i difetti loro. O se correggesse con la parola, piglierebbe poco luogo, perché nol farebbe con ardire e sicurtà di cuore: però che, perché la vita sua non è ordinata, germina paura e timore servile: e però non ha luogo il suo correggere. Non ci veggo dunque altro modo, se non di ponerci al petto di Cristo crocifisso; se per questo mezzo (per lo modo detto, che gustiamo il latte della divina carità), e qui fare il fondamento.

Onde considerando me, che neuno altro rimedio nè via c'è, dissi che io desideravo di vedervi fondata in verae perfetta carità; e così vi prego per l'amor di Cristo crocifisso, che v'ingegniate d'essere, acciocchè le pecorelle vostre sieno governate da voi con esemplo di buona e santa vita; e acciocchè le pecorelle che sono fuore dell'ovile della virtù, ritornino all'ovile loro. Ritraeteledalle conversazioni, e animatele alla cella, e fatele sollecite al coro, e al refettorio in comune, e non in particolare. E se voi nol farete giusta il vostro potere, vi sarannorichieste da Dio; e sopra alla ragione de' pesi vostri, averete a rendere la loro. Adunque, carissima madre, non dormite più, ma destatevi dal sonno della negligenzia. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


LXXXVII - A monna Giovanna pazza

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi portare realmente ciò che il nostro dolce Salvatore vi permette. E a questo cognoscerà la Vita eterna, che tu l'ami; però che altro segno non gli possiamo dare del nostro amore, se non di amare caritativamente ogni creatura che ha in sè ragione, e di portare con vera e reale pazienzia infino alla morte; non eleggendo luogo nè tempo a modo nostro, ma a modo di Dio, che non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione. Troppo sarebbe grande ignoranzia, che noi infermi addimandassimo la medicina al nostro medico Cristo, ce la desse secondo el nostro piacere, e non secondo la sua volontà; che vede e cognosce quello che ci bisogna. Onde io voglio che tu sappi, figliuola mia, che ciò che Dio ci dà e permette in questa vita, il fa o per necessità della salute nostra, o per accrescimento di perfezione: e però dobbiamo umilmente e con pazienzia portare, e con riverenzia ricevere, aprendo l'occhio dell'intelletto a ragguardare con quanta carità e fuoco d'amore egli cel dà. E vedendo ch'egli dà per amore, e non per odio; per amore le riceveremo. E tanto c'è di necessità questa virtù della pazienzia, che cela conviene procacciare acciò che non perdiamo il frutto delle nostre fadighe. E dovianci levare dalla negligenzia, e con sollicitudine andare colà dove ella si trova.

E dove si trova? In Cristo crocifisso. Perocchè tanta fu la pazienzia sua, che il grido suo non fu udito per alcuna mormorazione. E' Giudei gridavano: Crucifige; ed egli gridava: «Padre, perdona a costoro che mi crocifiggono, perché non sanno che si fanno». Oh pazienzia che ci desti vita, cioè, che portando le nostre iniquitadi con pazienzia, le ponesti in sul legno della croce sopra el corpo tuo! Col sangue suo lavò la faccia dell'anima nostra; nel sangue sparto con tanto fuoco d'amore, e con vera pazienzia, ci creò a Grazia; il sangue ricoperse la nostra nudità, perocchè ci rivestì di Grazia; nel caldo delsangue distrusse il ghiaccio, e riscaldò la tepidezza dell'uomo; nel sangue cadde la tenebra, e donocci la luce, nel sangue si consumò l'amore proprio, cioè, che l'anima che ragguarda sè essere amata nel sangue, ha materia di levarsi dal miserabile amore proprio di sè, e amare il suo Redentore che con tanto fuoco d'amore ha data la vita, e corso, come innamorato, alla obbrobriosa morte della croce. Il sangue c'è fatto beveraggio a chi 'l vuole, e la carne cibo: però che in ne uno modo si può saziare l'appetito dell'uomo, nè tollersi la fame e la setese non nel sangue. Chè, perché l'uomo possedesse tutto quanto il mondo, non si può saziare: però che le cose del mondo sono meno di lui: onde di cosa meno di sè saziare non si potrebbe. Ma solo nel sangue si può saziare, però che 'l sangue è intriso e impastato con la Deità eterna, Natura infinita, maggiore che l'uomo. E però l'uomo ne sazia il desiderio suo, e col fuoco della divina Carità: però che per amore fu sparto. Questo sangue fu dato a noi abbondevolmente: onde l'ottavo dì dopo la sua natività fu spillata la botticella del corpo suo, quando fu circonciso; ma era sì poco, che anco non saziava la creatura; ma al tempo della croce si mise la canna nel costato suo, e Longino ne fu strumento, quando gli aperse il cuore. Votata questa botte della vita del corpo suo, separandosi l'anima da esso corpo; il sangue fu messo a mano, e bandito con la tromba della misericordia e col trombatore del fuoco dello Spirito Santo; chè chiunque vuole di questo sangue, vada per esso. Dove? A questa botte medesima, Cristo, crocifisso; seguitando la dottrina e la via sua. Quale è la sua dottrina? Amare l'onore di Dio e la salute dell'anime; e con pene, forza, eviolenzia della propria sensualità acquistare la virtù.

Che via ha a tenere chi vuole giugnere al luogo e alla dottrina per avere il sangue? E che vasello e lume li conviene avere? Dico il lume della santissima fede, la quale fede è la pupilla che sta nell'occhio dell'intelletto. Peròche se l'anima non avesse questo glorioso lume, smarrirebbe la via, siccome fanno gli uomini del mondo, che hanno accecato l'occhio dell'intelletto dalla nuvola del proprio amore e tenerezza di se, e però vanno per la tenebra come abacinati. Costoro spregiano e schifano il sangue, non tanto che vadano per esso. Convienci dunque avere el lume, come detto è, e tenere per la via del vero cognoscimento di noi medesimi, e del cognoscimento della bontà di Dio in noi, con odio del vizio e amore della virtù. Questa è una via, ed è una, casa, dove l'anima cognosce ed impara la dottrina di Cristo crocifisso. In questa casa del cognoscimento di noi e di Dio, troviamo il sangue, dove noi troviamo lavata la faccia dell'anima nostra.

Che vasello ci conviene portare? Dico che 'l vasello del cuore: acciocchè, come spugna, mettendo l'affetto del cuore nel sangue, tragga a sè il sangue, e l'ardore della carità con che fu sparto. E allora l'anima s'inebria. Poiche ha avuto il lume, ed è andata per la via, seguitando la dottrina di Cristo crocifisso; è giunta al luogo, ed empito el vasello, gusta uno cibo di pazienzia, uno odore di virtù, uno desiderio di sostenere, che non pare che si possa saziare di portare croce per Cristo crocifisso. E fa come l'ebrio, che quanto più breve, più vorrebbe bere; e così quest'anima quanto più porta, più vorrebbe portare. E il suo refrigerio le sono le pene; e le lagrime che hatratte per la memoria del sangue le sono beveraggio; ed e' sospiri le sono cibo.

Questa è dunque la via e 'l modo di potere giugnere alla Grazia, e acquistare questa reina della pazienzia. Della quale io ti dissi, che io ho desiderato di vederti portare realmente ciò che la divina Bontà ti permette, con vera e santa pazienzia.

Or su, carissime figliuole, non stiamo più a dormire nel sonno della negligenzia, ma entriamo nella bottiga aperta del costato di Cristo crocifisso (dove noi troviamo el sangue) con ansietato dolore e pianto dell'offesa di Dio. Non ci ha veramente luogo dove riposare il capo, se non nel sangue e capo spinato di Cristo crocifisso. Ine dunque gittate saette d'affocato desiderio, e di umili e continue orazioni per onore di Dio e salute dell'anime. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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13/03/2022 10:26
 
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LXXXVIII (88)- Ad Angelo da Ricasoli vescovo di Fiorenza

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi reverendissimo e carissimo padre in Cristo Gesù. Io Catarina serva e schiava di Dio e vostra, e di tuttili servi di Dio, scrivo, e confortovi nel prezioso sangue sparto con tanto ardentissimo amore per noi. E benchè presunzione sia, voi mi perdonerete, e porretelo all'amore e al desiderio che io misera miserabile ho della salute vostra e d'ogni creatura; ma singolarmente di voi che sete padre di molte pecorelle. E però vi prego dolcissimamente che vi destiate, e leviate dal sonno della negligenzia, imparando dal dolce Maestro della carità, che, ha posto la vita come pastore per le pecorelle, che volontariamente udiranno la voce sua, cioè coloro che saranno osservatori de' comandamenti suoi. E Se ci cadesse cogitazione nel cuore: «Io non posso seguitare questa perfezione, perocchè mi sento debole e fragile ed imperfetto; e per la illusione del dimonio, e per la fragilità della carne, e per le lusinghe e inganni del mondo sono indebolito»; e veramente, reverendo padre, è così, perocchè colui che sèguita questo, diventa debile, e sì pauroso e timoroso di timore servile, che, come fanciullo, teme dell'ombra sua, e più l'ombra della creatura, che l'ombra sua: ed intanto abonda in lui questo timore, che non si cura, per non dispiacere alle creature, e per non perdere lo stato suo, che il suo Creatore sia offeso, ed'offenderlo. Ma se egli è prudente e savio fugge alla madre, e nel suo grembo diventa sicuro e perde ogni timore. Onde la inestimabile Bontà ha posto rimedio contra ogni nostra debilezza con la sua ineffabile carità. Perocchè ella è quella dolcissima madre, che ha per nutrice la profonda umiltà, e nutrica tutti i figliuoli delle virtù; eneuna virtù può avere vita se non è conceputa e parturita da questa madre della carità. Così dice quello innamorato di Paolo, raccontando molte virtù: che nulla gli vale senza la carità.

Adunque seguitate quelli veri pastori che seguitaro Cristo Crocifisso: perocchè furono uomini come voi; e potente è Dio, come allora, perocchè egli è incommutabile. Ma se essi tenevano le vestigie sue; e cognoscendo la debilezza loro, fuggivano umili, abbattuta la superbia dell'onore e amore proprio di sè; e fuggivano alla madre della vera carità, e ivi perdevano ogni timore servile. E non temevano di correggere li sudditi loro, perché tenevano a mente la parola di Cristo; cioè: «Non temete colui che può uccidere il corpo, ma me». E non me ne meraviglio: perocchè l'occhio loro e il gusto non si pasceva di terra, ma dell'onore di Dio e della salute delle creature: volendo servire, e ministrare le grazie spirituali e temporali. E come di grazia avevano ricevuto, di grazia davano; non vendendo per pecunia nè per simonia. Ma facevano come buoni ortolani e lavoratori posti nel giardino della santa Chiesa. E non attendevano nè a giuochi nè a grossi cavalli nè alla molta ricchezza, nè a spender quello della Chiesa nel disordinato vivere, nè quello che dee essere de' poveri . Ma stavano come fortificati da questa madre, al vento e all'acque delle molte battaglie; a divellere li vizii, e piantare le virtù: perdevano sè, e ragguardavano il frutto che portavano a Dio. Ed erano privati dell'amore proprio: onde amavano Dio per Dio, e perché è somma bontà e degno d'amore; e sè amavano per Dio, donando l'onore a Dio e la fadiga al prossimo; e il prossimo per Dio, non ragguardando ad utilità che da lui potessero ricevere, ma solo che egli possa avere e gustare Dio.

Oimè, oimè, oimè, disavventurata l'anima mia! Non fanno oggi così. Ma perché amano d'amore mercennaio, amano loro per loro, e Dio per loro, e il prossimo per loro. E tanto abonda questo perverso amore, il quale più tosto si debbe chiamare odio mortale, perché ne nasce la morte! Oimè, piangendo il dico, che non si curano delle immondizie, nè di mercantare e vendere la grazia dello Spirito Santo. Vengono li ladri, che furano l'onore di Dio, e dannolo a loro. Oimè, e non lo impiccano per correggimento. Vede il lupo infernale portarne la pecora, e chiude gli occhi per non vederla. E questa è la cagione perché non vede e non corregge; cioè per amore proprio di sè; onde nasce il disordinato timore: perché egli si sente in quelli medesimi vizi, li quali gli legano lalingua e le mani; e nol lassa correggere nè castigare il vizio.

Non vorrei dunque, carissimo e reverendissimo e dolcissimo padre in Cristo Gesù, che questo addivenisse a voi ma pregovi che siate pastore vero, a ponere la vita per loro. E però dissi, che io pregavo e desideravo con grande desiderio che vi levaste dal sonno della negligenzia: perocchè chi dorme, non vede e non sente. E egli è bisogno di molto vedere, molto sentire; perocchè avete a rendere ragione di loro, e sete in mezzo de' nemici, cioè del corpo, del dimonio, e delle delizie del mondo. La necessità della vostra salute m'invita a destarvi, e con lume seguitare la vita e li santi modi de' veri pastori. Accostatevi adunque a questa dolce madre della carità, la quale vi torrà ogni timore servile e ogni freddezza di cuore, e daravvi fortezza e larghezza e libertà di cuore. Perocchè Dio è carità: e chi sta in carità, sta in Dio e Dioin lui. Adunque, padre, poichè abbiamo veduto che la carità fortifica e tolleci la debilezza, e li nemici sono molti e ci assediano; non è da indugiarsi a intrare in questa fortezza, seguitando la via della verità, e degli altripastori. Non aspettate il dì di domane; ma pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, che vi rechiate innanzi la brevità del tempo, perocchè non sapete se averete il dì di domane. Ricordovi, che voi dovete morire, e non sapete quando. Non dico più, padre, se non che perdoniate a me misera miserabile.

E poichè sete padre de' poveri, e perché mi pregaste e facestemi promettere che la prima limosina che fosse da fare, che mi venisse alle mani, io vi richiedessi; e però ardisco e richieggo voi, come padre de' poveri, e per adempire la promessa che io vi feci. Onde sappiate che io ho per le mani da fare una grandissima limosina, cioè al monastero di santa Agnesa, del quale altra volta vi scrissi; e sono buone donne, e santissima familia; ed è in grande bisogno. Ma tra gli altri è questo, che essendo il monastero di fuore, si è ordinato che torni dentro per cagione delle brighe e delle guerre: ma volsi per loro comincio cinquanta fiorini d'oro, per la parte del monastero; e li altri mette il Comune. E però io vi scrivo la necessità loro. Pregovi ed istringovi, che isforziate il potere. Dio sia nell'anima vostra. Permanete nella santa carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



LXXXIX - A Bartolo Usimbardi, e Francesco di Pipino da Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi grati e cognoscenti de' beneficii ricevuti dal nostro Creatore; acciò che in voi si nutrichi la fonte della pietà. Questa gratitudine vi farà solleciti ad esercitarvi alla virtù; perocchè come la ingratitudine fa l'anima pigra e negligente, così questa dolce gratitudine le dà fame del tempo, in tanto che non passa nè ora nè punto, che ella non lavori. Da questa gratitudine procede ogni vera virtù. Chi ci dà carità? Chi ci fa umili e pazienti? Solo la gratitudine. E perché vede il gran debito che ha con Dio, s'ingegna di vivere virtuosamente; però che cognosce che Dio non ci richiede altro. E però, figliuoli miei dolci, recatevi con grande sollecitudine a memoria li molti beneficii ricevuti da lui, acciocchè perfettamente acquistiate questa madre delle virtù. Altro non dico. Permanente nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XC (90)- A madonna Laudomia, donna di Carlo delli Strozzi da Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima suoro in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vera serva di Cristo crocifisso. Il quale servire non è servire, ma è regnare, efa l'anima libera, traendola della servitudine del peccato; tolleci la cecità, e dacci perfetto lume; tolleci la morte, e dacci la vita della Grazia: dacci pace e quiete, privandoci d'ogni guerra; e vesteci e saziaci del vestimento della carità e del cibo dell'Agnello (il quale Agnello fu cotto e arrostito in sul legno della santissima croce col fuoco dell'amore dell'onore del Padre e della salute nostra); e fa l'uomo sicuro, tollendogli ogni timore servile. Adunque bene è grande dolcezza e inestimabile dignità di questo dolce servire a Dio. Bene dobbiamo dunque con vera e perfetta sollicitudine servirgli con tutto il cuore e con tutto l'affetto.

Ma attendete, chè questo signore non vuole compagnia, nè vuole essere servito a mezzo, ma tutto; però che impossibile sarebbe a servire a Dio e al mondo. E così disse Cristo bedetto: «Neuno può servire a due signori; però che servendo l'uno,egli è in contente all'altro». Perché non hanno conformità insieme. Il mondo dà tutto il contrario che quello che noi abbiamo detto; però che chi serve alla propria sensualità, delizie, stati e ricchezze, onori e diletti sensitivi, o figliuoli o marito, o alcuna creatura, d'amore sensuale, cioè d'amarli per propria sensualità fuore di Dio; egli gli dà la morte, cecità,nudità; però che fa privare del vestimento della carità, e dàgli vergogna, perdendo la sua dignità. E ha venduto il suo libero arbitrio al mondo, al dimonio, e legatolo alla servitudine del peccato, ponendo l'affetto e l'amore suo in cosa che è meno di sè. E però pecca offendendo Dio; però che tutte le cose create sono fatte perché servano a noi, e noi per servire a Dio. Dandomi dunque a servire a loro fuore di Dio, offendendo, divento servo e schiavo del peccato, che non è; e divento non cavelle, però che son privato di Dio, che è Colui che è.

Convienci dunque al tutto renunziare al mondo, e servire a Dio. Ma perché è tanto contrario il mondo a Dio? Perché Cristo benedetto c'invita e c'insegna a servirlo con povertà volontaria; però che se l'uomo possiede le ricchezze attualmente, non le debbe possedere mentalmente, cioè col desiderio, ma debbesi spogliare l'affetto d'ogni cosa terrena. Il mondo ama superbia, e Dio umiltà; e tanto gli piacque questa virtù, che noi vediamo che Dio s'è umiliato a noi, il Figliuolo suo con grande umiltà e pazienzia è corso infino all'obbrobriosa morte della Croce per noi. Egli c'invita, e richiede la virtù della vera pazienzia con speranza e fede viva; paziente, dico, a portare ciò che Dio ci concede, e per l'amore suo perdonare a chi ci offende. Il mondo vuole tutto il contrario; però che si vuole vendicare, e stare coll'odio e col raucore verso il prossimo suo. La speranza e la fede debbe essere posta in Dio, che è cosa ferma e stabile, no nelle creature ma fidarsi, ed esser fedele a Cristo crocifisso, e non alla propria sensualità. Ed averà fede viva quando parturirà e' figliuoli vivi delle virtù disante e buone operazioni. Dio, ancora, ama giustizia, e 'l mondo ingiustizia. Facciamo dunque, facciamo una santa giustizia di noi medesimi; quando il sentimento nostro sensitivo vuole ribellare al suo Creatore, levisi con affetto d'amore e col lume della coscienzia, e accusilo al signore, cioè al libero arbitrio, e leghilo col legame dell'odio, e col coltello del divino amore l'uccida. Or così facciamo, carissima suoro; però che facendo così, saremo servi fedeli: e essendo servi, saremo signori.

Avete veduto in quanta eccellenzia e utilità ne viene l'anima di questo santo servire; e senz'esso non possiamo avere il fine per lo quale noi fummo creati. E anco abbiamo veduto quanto è pericoloso e a quanta viltà e miseria si conduce l'anima che serve al mondo e alle delizie e diletti suoi. Abbiamo ancora veduto per che cagione non hanno conformità insieme, cioè perché sono molto di lunga l'uno da l'altro. Cristo ama la virtù, e odia il peccato: e tanto l'amò e odiò, che, per vestircene noi, spogliò sè della vita, fabbricando le iniquitadi nostre sopra il corpo suo, con molti flagelli e pene, e vergogna e vituperio e nell'ultimo la penosa morte della croce. Poi, dunque, che tanto gli dispiace il peccato, dobbianlo fuggire e odiarlo infino alla morte; però che in altro modo non offende l'anima, se non in amare quello che Dio odia, e in odiare quello ch'egli ama.

Or leviamo dunque il santo desiderio, e con affetto d'amore serviamo a Dio, spogliando il cuore d'ogni vanità e d'ogni amore disordinato di figliuoli, di marito, e di ricchezze. E possedetele e amatele come cose prestate a noi; però che ogni cosa n'è dato in presto e per uso; e tanto ne bastino quanto piace a Dio che ve l'ha date. Cosa sconvenevole è a possedere la cosa che non è sua per sua; ma la divina Grazia è nostra, e dobbianla possedere per nostra. Bene è veramente nostra la cosa che nè dimonio nè creatura ci può tollere se noi non vogliamo; e bene è ignorante colui che esso medesimo si priva di così grande tesoro. Or non ce ne facciamo caro, poìchè nè così grande dovizia. E acciò che meglio 'l possiate avere e conservare, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, e bagnatevi nel prezioso sangue suo. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

 

XCI - A monna Agnesa moglie di Pipino sarto

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti crescere in uno desiderio santo e in una pazienzia vera, per siffatto modo, che mai non ti scordi della dolce volontà di Dio; ma con una allegrezza ti sappi conformare in ogni tempo che Dio ti dà, e con allegrezza annegarti nel sangue di Cristo crocifisso, e ine fare il tuo riposo, e ogni tua abitazione. In questo glorioso sangue riceverai il lume; però che nel sangue si consuma la tenebra. Riceverai nel sangue la vita della Grazia; però che nel sangue ci tolse la morte: e gusterai nel sangue il frutto della ardentissima carità. Perocchè per amore fu sparto; e anco, l'amore fu quello, che 'l tenne confitto e chiavellato in croce; però che non erano sufficienti e' chiovi, se l'amore non l'avesse tenuto; ma l'amore il tenne. Or di questo amore voglio che tu ti vesta. E volendotene vestire, ti conviene bagnare nel sangue di Cristo crocifisso: e così voglio che tu faccia. Si sollecita all'orazione santa, al luogo e al tempo suo, quando tu puoi; però ch'ella è quella madre che nutrica i figliuoli delle virtù. Altro non ti dico. Permaninella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


XCII - A uno spirituale in Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dilettissimo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva inutile di Gesù Cristo, mi vi raccomando: con desiderio di vederci uniti e trasformati in quella dolce, eterna e pura Verità, la quale Verità tolle da noi ogni falsità e bugia. Io, carissimo Padre, cordialmente vi ringrazio del santo zelo e gelosia che avete all'anima mia; in ciò che mi pare, che siate molto sospeso, udendo la vita mia. Son certa che non vi move altro, il desiderio dell'onore di Dio e della mia salute, temendo voi l'assedio e l'illusione delle dimonia. Di questo timore, padre, che voi avete singolarmente nell'atto del mangiare, io non mi maraviglio: chè io vi prometto, che non tanto che ne temiate voi, ma io stessa tremo per timore dell'inganno delle dimonia. Se non che io mi confido nella bontà di Dio; e sconfidomi di me, sapendo che di me io non mi posso fidare. Perché mi mandaste domandando, se io credeva potere essere ingannata, ovvero se io credeva non potere essere ingannata, dicendo che, se io nol credo, che questo è inganno di dimonio. E io vi rispondo, che non tanto di questo, che è sopra la natura del corpo, ma di queste e di tutte l'altre mie operazioni, per la mia fragilità e per l'astuzia del dimonio iosempre temo, pensando di potere essere ingannata; però ch'io cognosco e veggo che 'l dimonio perdette la beatitudine, ma no la sapienzia, colla quale sapienzia, come dissi, cognosco che mi potrebbe ingannare. Ma io mi rivolgo, poi, e appoggiomi all'arbore della santissima croce di Cristo crocifisso, e ine mi voglio conficcare; e non dubito che s'io sarò confitta e chiavellata con lui per amore e con profonda umiltà, che le dimonia non potranno contro di me, non per mia virtù, ma per la virtù di Cristo crocifisso.

Mandastemi dicendo, che singolarmente io pregassi Dio ch'io mangiassi. E io vi dico, padre mio, e dicovelo nel cospetto di Dio, che in tutti quanti e' modi che io ho potuto, sempre mi sono sforzata, una volta e due il dì, di prendere il cibo; e ho pregato continuamente, e prego Dio e pregherò che mi dia grazia che in quest'atto del mangiare io viva come le altre creature, se egli è sua volontà, perocchè la mia c'è. Dicovi, che assai volte, quand'io ho fatto ciò ch'io ho potuto, e io entro dentro da me a cognoscere la mia infirmità, e Dio che per singolarissima grazia m'abbia fatto correggere il vizio della gola; dogliomi molto, ch'io la mia miseria non l'ho corretta per amore. Io per me non so che altro rimedio ponermici, se non ch'io prego voi che preghiate quella somma eterna Verità che mi dia grazia, se gli è più suo onore e salute dell'anima mia, che mi faccia prendere il cibo, se gli piace. E io son certa, che la bontà di Dio nonspregierà le vostre orazioni. Pregovi che quello rimedio che, voi ci vedete, che voi me lo scriviate; e pur che sia onore di Dio, io il farò volentieri. E anco vi prego che voi non siate leggiero a giudicare, se voi non sete bene dichiarato nel cospetto di Dio. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XCIII - A monna Orsa donna di Bartolo Usimbardi, e a monna Agnesa donna di Francesco di Pipino sarto di Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo: con desiderio di vedervi perseverare nel santo desiderio acciò che mai non volliate il capo addietro: perciocchè non ricevereste il frutto, e trapassereste la parola del nostro Salvatore, che dice che noi non volliamo il capo addietro a mirare l'arato. Adunque state perseveranti; e ragguardate non a quello che è fatto, ma a quello che avete a fare. E che abbiamo a fare? A rivollere continuamente l'affetto nostro verso Dio, spregiando il mondo con tutte le sue delizie, e amando la virtù; portando con vera pazienzia ciò che la divina Bontà permette a noi: considerando, che ciò che dà, dà per nostro bene, acciò che siamo santificati in lui. E nel sangue troveremo che gli è così la verità. Onde di questo glorioso sangue, che ci manifesta tanto dolce verità, ce ne dobbiamo empire la memoria, acciò che non stiamo mai senza il suo ricordamento. E così voglio che facciate voi, carissime figliuole; però che in questo mondo persevererete infino alla morte, e nell'ultimo della vita vostrariceverete la eterna visione di Dio. Non dico più qui.

Io ti riprendo, carissima figliuola mia dolce, però che tu non hai tenuto a mente quello ch'io ti dissi, cioè di non rispondere a persona che di me ti dicesse neuna cosa che ti paresse meno che buona. Onde io non voglio che tu faccia più così; ma voglio che l'una e l'altra di voirisponda in questo modo a chi vi narrasse e' difetti miei: che non ne narrano tanti quanti molti più ne potrebbono narrare. Dite a loro, che si muovano a compassione dentro nei cuori loro dinanzi a Dio, come essi il mostrano con la lingua; pregando tanto la divina Bontà per me, che corregga la vita mia. Poi dite a loro che il sommo Giudice è quello che punirà ogni mio difetto, e remunererà ogni fadiga che per lo suo amor si porterà. Verso di monna Paula non voglio che tu pigli sdegno neuno; ma pensa che ella faccia come la buona madre, che vuole provare la figliuola, se ella ha virtù o no. Confesso veramente, che in me poca fortuna ha trovata; ma ho speranza nel mio Creatore, che mi farà correggere e mutare modo. Confortatevi, e non vi date più pena; però che ci troveremo unite nel fuoco della divina Carità, la quale unione non ci sarà tolta nè da demonio nè da creatura. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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13/03/2022 10:27
 
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XCIV (94)- A frate Matteo di Francesco Tolomei dell'ordine de' predicatori

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo Figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi cercare Dio in verità, senza alcuno mezzo della propria sensualità o d'alcuna altra creatura: perocchè col mezzo non potremo piacere a Dio. Dio ci diè il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, senza rispetto di propria utilità. Questoè vero, che in lui non potiamo fare utilità alcuna: ma non addiviene così di noi; perocchè, perché noi non serviamo a Dio per propria utilità, nondimeno l'utilità è pure nostra. A lui ne torna il fiore, cioè l'onore; e a noi il frutto della utilità. Egli ci ha amati senza essere amato; e noiamiamo perché noi siamo amati: egli ci ama di grazia, e noi amiamo lui di debito, perocchè siamo tenuti d'amarlo. Sicchè così addiviene dell'utilità, che noi non potiamo fare a Dio, come di non poterlo amare di grazia senza debito. Però che noi siamo obligati a lui, e non egli a noi: perocchè prima che fusse amato, ci amò; e però ci creò alla immagine e similitudine sua. Ecco dunque, che non potiamo fare utilità a lui, nè amarlo di questo primo amore. E io dico che Dio ci richiede, che come egli ci ha amati senza alcuno rispetto, così vuole essere amato da noi. In che modo dunque il potremo avere, poichè egli cel richiede, e noi nol potiamo fare a lui? Dicovelo: collomezzo che egli ha posto, onde doviamo amare lui liberalmente, e senza alcuno rispetto d'alcuna propria nostra utilità: cioè doviamo essere utili, non a lui, che nonpotiamo, ma al prossimo nostro. Or con questo mezzo potiamo osservare quello che egli ci richiede per gloria e loda del nome suo: e per mostrare l'amore che noi gli abbiamo, doviamo servire e amare ogni creatura che ha in sè ragione, e distendere la carità nostra a buoni e cattivi, e ad ogni generazione di gente, così a chi ci disservee sono scandalizzati in noi, come a chi ci serve. Perocchè Dio non è accettatore delle creature, ma de' santi desiderii; e la carità sua si distende a giusti ed a peccatori.

E' vero che alcuno ama come figliuolo, alcuno come amico, alcuno come servo e alcuno come persona che è partita da lui e ha desiderio che torni; e questi sono gl'iniqui peccatori che sono privati della Grazia. Ma in che lor mostra l'amore questo sommo Padre? In prestargli il tempo; e nel tempo gli pone molti mezzi, o in pentimento del peccato, tollendogli il luogo e il potere che non possono fare tanto male quanto vogliono; e in molti altri modi, per fargli odiare il vizio, e amare la virtù, il quale amore della virtù gli tolle la volontà del peccato. E così per lo tempo che Dio gli diè per amore, di nemici sono fatti amici, e hanno la grazia e sono atti ad avere la eredità del padre.

Amore di figliuoli ha a coloro che in verità lo servono senza alcuno timore servile, i quali hanno annegata e morta la loro propria volontà, e sono obedienti per Dio infino alla morte, a ogni creatura che ha in sè ragione; e non sono mercennai che 'l servano per propria utilità, ma sono figliuoli; e le consolazioni dispregiano, e delle tribolazioni si dilettano, e cercano pure in che modo si possano conformare con Cristo crocifisso, e notricarsi degli obbrobri e delle fadighe e pene sue. Costoro non cercano nè servano Dio per dolcezza nè consolazione spirituale nè temporale che ricevano da Dio o dalla creatura; perocchè, non cercando Dio per loro nè il prossimo per loro, ma Dio per Dio inquanto è degno d'essere amato, e loro per Dio per gloria e loda del nome suo; e il prossimo servono per Dio, facendogli quella utilità che gli è possibile. Costoro seguitano le vestigie del Padre, dilettandosi tutti nella carità del prossimo, amando i servi di Dio per amore che amano il loro Creatore; e amano gl'imperfetti per amore che vengano a perfezione, dandogli il santo desiderio e continue orazioni. Amano gli iniqui che giacciono nella morte del peccato mortale, perché sono creature ragionevoli create da Dio, e ricomperate d'uno medesimo Sangue, che il loro: onde gli duole la loro dannazione; e per camparli si darebbero alla morte corporale. E' persecutori, e' mormoratori, e' giudicatori, che sono scandalizzati in loro, amano sì perché sono creature di Dio, come detto è, e si perché sono strumento e cagione di ponere le virtù in oro, e farli venire a perfezione; e specialmente in quella reale virtù della pazienzia, virtù dolce, che non si scandalizza nè si turba, nè dà a terra per alcuno vento contrario nè per alcuna molestia d'uomini. Costoro sono coloro che cercano senza mezzo, e l'amano in verità come legittimi e cari figliuoli; ed egli ama loro come vero padre, e manifesta loro il segreto della sua carità, per fargli avere la eredità eterna: onde corrono come ebbri del sangue di Cristo, arsi nel fuoco della divina Carità, dalla quale sono illuminati perfettamente. Costoro non corrono per la via delle virtù a loro modo; anzi a modo di Cristo crocifisso, seguitando le vestigie sue. E se gli fusse possibile servire Dio ed acquistare le virtù senza fadiga, non le vogliono. Questi non fanno come i secondi, cioè l'amico e il servo; perché alcuna volta il loro servire è con alcuno rispetto. Onde talvolta è con rispetto di propria utilità; e per questo viene a grande amicizia, perché cognosce il bisogno, e il suo benefattore, il quale vede che 'l può sovvenire, e vuole. Benchè prima fu servo, perocchè cognobbe il suo male, dal quale male seguitava la pena: onde col timore della pena caccia il vizio, e con l'amore abbraccia le virtù, cioè, servire il suo Signore, colui ch'egli ha offeso; e comincia a pigliare speranza nella sua benignità, considerando che egli non vuole la morte del peccatore, ma vuole che egli si converta e viva. Che se egli fusse pur neltimore, non sarebbe sufficente ad avere la vita, nè tornerebbe a perfetta grazia col Signor suo; ma sarebbe servo mercennaio. Nè anco debbe stare pur nell'amore del frutto, e della consolazione che ricevesse dal Signore suo, poichè è fatto amico; perché questo amore non sarebbe forte, ma verrebbe meno quando fusse ritratto dalla dolcezza o dalla consolazione e diletto di mente, o vero quando venisse alcuno vento contrario di persecuzione o tentazione dal dimonio; subito allora verrebbe meno nelle tentazioni del dimonio, e molestie della carne. Onde verrebbe a confusione per la privazione della consolazione mentale; e nella persecuzione e ingiurie che ci fanno le creature, verrebbe ad impazienzia.

Sicchè vedete, che questo amore non è forte: anzi fa, chi ama di questo amore, come Santo Pietro, il quale innanzi la Passione amava Cristo dolcemente, ma non era forte; e però venne meno al tempo della croce: ma poi si partí dall'amore della dolcezza, cioè, dopo l'avvenimento dello Spirito Santo, e perdette il timore, e venne ad amore forte e provato nel fuoco delle molte tribolazioni. Onde, venuto ad amore di figliuolo, tutte le portava con vera pazienzia; anzi correva con loro con grandissima allegrezza, come se fusse andato a nozze e non a'tormenti. E questo era, perch'era fatto figliuolo. Ma se Pietro fusse rimasto solamente nella dolcezza e nel timore ch'egli ebbe nella Passione e dopo la Passione di Cristo, non sarebbe venuto a tanta perfezione d'essere figliuolo e campione della santa Chiesa, gustatore e mangiatore dell'anime. Ma attendete il modo che Pietro tenne con gli altri discepoli per potere perdere il timore servile e l'amore delle consolazioni, e ricevere lo Spirito Santo, come li era promesso dalla prima dolce Verità. Onde dice la Scrittura che si rinchiusero in casa e ivi stettero invigilia e in continue orazioni; e stettero dieci dì, e poi venne lo Spirito Santo.

Or questa è la dottrina che noi doviamo pigliare, ed ogni creatura che ha in sè ragione; cioè rinchiudersi in casa, e stare in vigilia e continua orazione; e stare diecidì; e poi riceveremo la plenitudine dello Spirito Santo. Ilquale, poichè fu venuto, gl'illuminò della verità; e videroil secreto della inestimabile carità del Verbo con la volontà del Padre, che non voleva altro che la nostra santificazione. E questo ci ha mostrato il sangue di questo dolce e amoroso Verbo; il quale è tornato a' discepoli, cioè, venendo la plenitudine dello Spirito Santo. E viene con la potenzia del Padre, con la sapienzia del Figliuolo, e con la pietà e clemenzia dello Spirito Santo; sicchè la verità di Cristo è adempita, il quale disse a' discepoli suoi: io anderò, e tornerò a voi. Onde allora tornò; perocchè non poteva venire lo Spirito Santo senza il Figliuolo e senza il Padre, perocchè era una cosa con loro. Sicchè venne, come detto è, con la potenzia che è appropriata al Padre, e con la sapienzia che è appropriata al Figliuolo, e con la benivolenzia e amore che è appropriato allo Spirito Santo. Bene lo mostrarono gli Apostoli; perocchè subito per l'amore perderono il timore. Onde con vera sapienzia cognobbero la verità, e con grande potenzia andarono contra gl'infedeli; gittavano a terra gl'idoli e cacciavano le dimonia. Questo non era con potenzia del mondo, nè con fortezza di corpo, ma con forza di spirito e potenzia di Dio, la quale per divinagrazia avevano ricevuta. Or così addiverrà a coloro che sono levati dal vomito del peccato mortale, e dalla miseria del mondo, e cominciano a gustare il sommo Bene, e s'innamorano della dolcezza sua. Ma, come detto è, a stare pur nel timore, non camperebbe però l'inferno; ma farebbe come fa il ladro, il quale ha paura delle forche, eperò non fura: ma non che egli non furasse se non credesse patire la pena. Così anco addiviene dall'amare Dio per dolcezza: cioè, che non sarebbe nè forte nè perfetto, ma debile e imperfetto. E però non stanno fermi, ma... tengono la via e il modo con vera perseveranzia di giungere alla perfezione.

Il modo di giungervi è questo de' discepoli, come detto è. Cioè, come Pietro e gli altri si rinchiusero in casa;così hanno fatto e debbono fare coloro che sono giunti all'amore del Padre, che sono figliuoli. Onde quelli che vogliono passare a questo stato, debbono entrare e rinchiudersi in casa, cioè nella casa del cognoscimento di loro medesimi, che è quella cella nella quale l'anima debbe abitare. Nella quale cella trova un'altra cella, cioèla cella del cognoscimento della bontà di Dio in sè. Onde dal cognoscimento di sè trae una vera umiltà, con odio santo dell'offesa che ha fatta e fa al suo Creatore: eper questo viene a vera e perfetta pazienzia. E nel cognoscimento di Dio, che ha trovato in sè, acquista la virtù dell'ardentissima carità: onde trae santi e amorosi desiderii. E per questo modo trova la vigilia e continua orazione. Cioè, mentre che sta rinchiusa in così dolce e gloriosa cosa quanto è il cognoscimento di sè e di Dio. Vigila, dico, non solamente dell'occhio del corpo, ma dell'occhio dell'anima; cioè, che l'occhio dell'intelletto non si veda mai serrare, ma sempre debba stare aperto nel suo obietto e amore ineffabile, Cristo crocifisso: e ivitrova l'amore, e la colpa sua propria. Perocchè, per la colpa Cristo ci donò il sangue suo. Allora l'anima si leva con grandissimo affetto ad amare quello che Dio ama, e ad odiare quello che egli odia. E tutte le sue operazioni drizza in Dio, e ogni cosa fa a gloria e loda del nome suo. E questa è la continua orazione, della quale dice Paolo: «Orate senza intermissione». Or questa è la via di levarsi da essere solamente servo e amico, cioè dal timore servile e dall'amore tenero della propria consolazione, e giungere ad essere vero servo, vero amico, vero figliuolo. Chè essendo fatto vero figliuolo, non perde però che non sia servo e vero amico: ma è servo e amico in verità, senza alcuno rispetto di sè, nè d'altro che solodi piacere a Dio.

Dicemmo che stettero dieci dì, e poi venne lo Spirito Santo. Così l'anima, che vuole venire a questa perfezione, le conviene stare dieci dì, cioè ne' dieci comandamenti della legge. E con li comandamenti della legge osserverà i consigli; perocchè sono ligati insieme, e non s'osserva l'uno senza l'altro. E vero è, che quelli che sono al secolo debbono osservare i consigli mentalmente per santo desiderio; e coloro che sono levati dal mondo gli debbono osservare mentalmente e attualmente. E così, se riceve l'abbondanzia dello Spirito Santo, con vera sapienza di vero e perfetto lume e cognoscimento, e con fortezza e potenzia, forte contra ogni battaglia, è potente principalmente contra sè medesimo, signoreggiando la propria sensualità. Ma tutto questo non potreste fare se n'andaste svagolando con la molta conversazione, dilungandovi dalla cella, e con la negligenzia del coro. Onde considerando me questo, vi dissi, quando vi partiste da me, che studiaste di fuggire la conversazione, e visitare la cella, e non abbandonare il coro nè il refettorio (quando vi fusse possibile a voi), e la vigilia con l'umileorazione; e così adempire il desiderio mio, che vi dissi ch'io desideravo di vedervi cercare Dio in verità, senza alcuno mezzo. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


XCV - A certi giovani fiorentini, figliuoli adottivi di don Giovanni

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi legati nel legame dolce della carità sì e per siffatto modo che nè dimonio nè creatura ve ne possano separare.

Questo è quel dolce legame che legò Dio nell'uomo, e l'uomo in Dio, quando la natura divina s'unì colla natura umana; e questo fu quell'amore ineffabile che donò l'essere all'uomo, traendolo Dio di sè medesimo, quando il creò alla immagine e similitudine sua. E perché l'anima è fatta per puro amore, l'amore accorda le potenzie dell'anima nostra, e lègale insieme queste tre potenzie. La volontà muove l'intelletto a vedere, volendo amare alcuna cosa: sentendo l'intelletto che la volontà vuole amare, se ella è volontà ragionevole, l'intelletto sipone per obietto l'amore ineffabile del Padre eterno, che ci ha donato il Verbo del Figliuolo suo; E l'obedienzia e umiltà del Figliuolo, sostenendo con mansuetudine pene, ingiurie, strazii, scherni e villanie, le quali ha portato con grandissimo amore. E così a quello che l'occhio dell'intelletto ha veduto, la volontà con amore ineffabile va dietro. E con mano forte egli ripone il tesoro ch'egli trae di questo amore, nella memoria; e così diventa grato e conoscente al suo Creatore delle Grazie e doni che si vede aver ricevuti da Dio. Chè ciò ch'egli ha, vede, di grazia aver in sè e non per sè medesimo; che noi siamo quelli che non siamo, e però siamo operatori di quella cosa che non è, cioè del peccato.

Oh quanto è orribile morte la colpa, che ci tolle la vita! E questo vedendo l'anima nel modo detto, si veste d'amore e di perfetta umiltà: la carità trova e gusta nellabontà di Dio, vedendola in sè medesima partecipare con molti doni e grazie, le quali ha ricevute e riceve continuamente. Nel cognoscimento di sè e del peccato, che trova per la legge perversa, che ha in sè (che ha ribellatoe ribella al suo Creatore), si concepe un odio e dispiacimento verso questa sensualità; e nell'odio trova una pazienzia, la quale pazienzia il fa forte a sostener pene, scherni, villanie, fame, sete, freddo, caldo, tentazioni e molestie dal dimonio. Schifa e fugge il mondo con tutti e' diletti suoi: e nascene una vena d'umiltà, la quale è balia e nutrice della carità. E però porta con tanta pazienzia; perché la carità, amore ineffabile, ha trovata la baliasua, cioè l'umiltà, il servo dell'odio di sè, che per amorela serve con perfetta pazienzia. Esso fa vendetta e giustizia de' nemici della divina carità; ed e' nemici suoi sono questi. Amore proprio il quale per propria utilità ama sè; e ciò che egli ama, ama per sè, e non per Dio: diletti, piacimenti, stati, onori e ricchezze. E che vendetta è questa? è una vendetta di tanta dolcezza che lingua non è sufficiente a dirlo: chè dall'amor proprio che dà morte, viene all'amore divino che gli dà vita; dalla tenebra e odio e dispiacimento della virtù, viene alla luce e amore delle virtù: in tanto che elegge innanzi la morte, che volere lasciare la virtù. anco, si dà a tenere tutti quelli modi equelle vie per le quali vede che possa venire a virtù, e conservare la virtù in sè. E perché e' diletti sensitivi e ladelicatezza del corpo, e la conversazione di cattivi e perversi secolari vede che gli sono nocivi; però li fugge con tutto il cuore: e con tutto l'affetto, del corpo fa 'l contrario, e fanne vendetta, macerando colla penitenzia, col digiuno, vigilie e orazioni e discipline, quando singolarmente vedesi d'aver bisogno; cioè quando la carne volesse ribellare allo spirito. La volontà vendica colla morte; però che l'uccide, sottomettendola a' comandandamenti di Dio e a' consigli che Cristo Figliuolo unigenito di Dio ci lassò con essi comandamenti. E così si veste dell'eterna volontà sua dolce; e naviga in questo mare tempestoso, virilmente e realmente seguitando le vestigie di Cristo crocifisso.

Or questo è quel dolce legame, il quale lega l'anima col suo Creatore. Tu legasti Dio nell'uomo, come detto è, e l'uomo in Dio, quando tu, Padre eterno, ci donasti il Verbo del Figliuolo tuo, e unisti la natura divina colla natura umana. O figliuoli carissimi, questo fu quel legame che tenne confitto e chiavellato Dio-e-Uomo in croce: che se l'amore non l'avesse tenuto, non erano sufficienti i chiovi nè la croce a poterlo tenere. L'amore che Cristo ebbe all'onore del Padre e alla salute nostra, e l'odio e dispiacimento ch'egli ebbe del peccato, e l'odio insieme coll'amore fece vendetta delle nostre iniquità, e punille con pene e tormenti sopra il corpo suo.

Adunque l'anima, che è legata con Cristo crocifisso, il sèguita, facendo vendetta, per onore di Dio e salute sua e del prossimo, della parte sensitiva; cacciando e' nemici dell'anima sua; de' vizii, dico, e disobbedienzia ch'egli ha avuto contro il suo Creatore, disobbedendo a' comandamenti suoi: e mettevi dentro, e riceve gli amici. Gli amici sono le vere e reali virtù, fatte in amore e in perfetta carità. Perché uno de' principali amici che abbia l'anima, è la vera obedienzia. Chi tanto è umile quanto obediente, obedisce ai comandamenti santi di Dio. L'anima che molto s'innamora di questa obedienzia, che è uno annegare e uccidere la sua volontà, distendesi anco più oltre: chè ella vuole osservare l'obedienzia de' consigli di Cristo, pigliando, in ordine approvato, il giogo della santa obedienzia. E non è dubbio, figliuoli miei, che ella è cosa più sicura e più provata. Chè, perché noi vediamo e' religiosi infermi, non essendo osservatori dell'ordine; nondimeno l'ordine non inferma mai: chè ella è fondata e fatta dallo Spirito Santo.

Onde, se sentite che Dio vi chiama a obedienzia, rispondetegli. E se vi venisse in pensiero di non contentarvi per gli Ordini che sono così venuti meno, e per poco amore v'ha di molti traversi; io rispondo a questo pensiero, che molti monasteri ci ha, che al tutto ogni cattiva barba n'è uscita fuori; che, avendo voi volontà della religione, sarebbe molto bene e onore di Dio che voi n'andassi, essendovi un buono capo. E fra gli altri monasteri, vi so dire di Santo Antimo, il quale; come don Giovanni vi dirà, ha uno abbate, che è specchio d'umiltà e di povertà e d'umiltà: che egli non vuole essere il maggiore, ma il più minimo. Dio per la sua infinita bontà ne dispensi quello che debba essere più suo onore,e il meglio per voi.

Legatevi, legatevi insieme, figliuoli miei, caritativamente; l'uno sopporti e comporti e' difetti dell'altro; acciò che siate legati, e non sciolti, in Cristo dolce Gesù. Amatevi, amatevi insieme: chè voi sapete che questo è il segno che Cristo lassò a' discepoli suoi, dicendo che ad altro non sono cognosciuti e' figliuoli di Dio, se non all'unità dell'amore che l'uomo ha col prossimo suo in perfettissima carità.

Ho avuta grandissima consolazione delle buone novelle dell'unità ch'io ho udita che avete insieme. Crescete. E non vollete il capo addietro; sì che io possa dire con santo Pavolo, quando disse a' discepoli suoi, che eglino erano il suo gaudio, la sua letizia e la sua corona. Onde io vi prego che adopriate sì, che io il possa dire. Altro non vi dico. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, e legatevi insieme col legame dell'amore. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XCVI - A Pietro Canigiani in Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondato in vero e perfettissimo amore, acciò che siate vestito del vestimento nuziale della perfetta carità. Senzail quale vestimento non possiamo entrare a nozze della vita durabile, alle quali siamo invitati; ma saremo scacciati, e sbanditi di vita eterna con grandissima vergogna. Oh quanta confusione sarà a quell'anima, che nell'ultima estremità della morte, quand'ella è per entrare alle nozze della patria sua, ella per sua colpa se ne trovi privata e sbandita, trovandosi terminata la vita sua senza questo dolce e grazioso vestimento. Confusione truova nel cospetto di Dio, nell'aspetto degli angeli e degli uomini, e nella coscienzia sua, la quale è uno vermine che sempre rode; e nella visione delle dimonia, delle quali ella si fece serva, servendo loro, al mondo e alla propria sensualità. E 'l merito che ella ne riceve, si è confusionee rimproverio, con molto supplicio e tormento. Riceve da loro quello che hanno in sè. Questo gli avviene perch'ella va al convito senza vestimento nuziale.

Chi ne l'ha privato? L'amore proprio di sè medesimo. Perocchè colui ch'ama sè di proprio amore sensitivo, non può amare Dio nè sè d'amore ragionevole; perché l'uno amore è contrario all'altro, in tanto che neuna conformità hanno insieme. O carissimo padre, ragguardate quanto essi sono differenti; e quanto è pericoloso e penoso l'amore sensitivo, e quanto è dolce il divino amore! La differenzia è questa: che colui ch'ha posto l'affetto suo nel mondo, ama e cerca tutte quelle cose nelle quali si possa dilettare sensitivamente. Egli cerca onori, stati e ricchezze del mondo: dove il servo di Dio gli fugge come veleno, perché n'ha levato l'affetto e l'amore, e trattone il cuor suo, e postolo solamente nel suo Creatore, reputandosi a gloria d'esser privato de' suoi stati e ricchezze, diletti e piaceri, e ricevere grandipersecuzioni e rimproverio dal mondo e da' suoi seguaci. Ogni cosa porta con vera e santa pazienzia, perché tutto ha conculcato co' piei dell'affetto suo. Fatto è signore del mondo, perché pienamente l'ha lassato, non a mezzo, ma in tutto; e se non attualmente, almeno col santo e vero desiderio; apprezzando il mondo per quello che vale, e non per più, e spregiando la propria fragilità,tenendola per serva sottoposta alla donna della ragione. Dove l'amatore di sè medesimo si fa Dio de 'l mondo, e suoi piaceri, e di sè: cioè, che quel tempo che egli debbe spendere in servire il suo Creatore, egli lo spende in opere vane e transitorie, e nel corpo suo fragile che oggi è, domane non è, però ch'egli è cibo de' vermini e cibo di morte, ed è un sacco pieno di sterco. Egli ama la superbia, e Dio l'umiltà; egli è impaziente, e Dio vuole la pazienzia: egli ha il cuore stretto, che non vi cape Dio nè'l prossimo per amore; Dio è largo e liberale. E però e' servi di Dio seguitatori della divina Carità, che in veritàvanno per la dottrina di Cristo crocifisso, si dispongono a dare la vita per l'onore di Dio e in salute del prossimo:e 'l misero uomo servo del mondo il rode co' denti dell'invidia e dell'odio, e con ira e dispiacere divora le carni sue con appetito di vendetta. Questi si diletta nel loto dell'immondizia; e il servo di Dio nell'odore della purità e continenzia. Eziandio stando allo stato legittimo del matrimonio, egli s'ingegna, per amore della virtù, di sentire e gustare l'odore della continenzia. In tutte quante le cose troviamo ch'egli è contrario l'uno all'altro; e però non possono stare insieme, ma l'uno caccia l'altro.

Onde vediamo che quando l'uomo si volta a cognoscere la miseria sua, e la poca fermezza e stabilità del mondo e la sua incostanzia, subito l'odia, e con l'odio caccia l'amore. E perché senza l'amore non può l'anima vivere, subito ama quello che col lume dell'intelletto ha veduto e cognosciuto nell'affetto della divina carità, trovando in sè la gran bontà di Dio, la fermezza e stabilità che riceve da lui, vedendosi ricreato a Grazia nel sangue dell'umile e immacolato Agnello, che per amore ha lavata la faccia dell'anima sua col proprio sangue. Onde, vedendosi tanto amare, non può fare che non ami. E però ci è molto necessario il lume per cognoscere l'amore che Dio ci ha, e le grazie e doni che riceviamo continuamente da lui. Questo amore fa l'uomo grato e cognoscente a Dio e al prossimo suo; siccome l'amore proprio il fa ingrato e scognoscente, perché attribuisce al suo proprio sapere quello ch'egli ha. E chi mostra che egli è così? La ingratitudine sua: la quale ingratitudine si mostra per le colpe che tutto di egli commette; come la gratitudine dimostra che l'anima retribuisce solo a Dio ciò ch'ella ha, eccetto il peccato, che non é: e la virtù dimostra la gratitudine. Bene è dunque vero che in ogni cosa sono differenti.

Dico che 'l servo del mondo, amatore di sè, porta grandissime e intollerabili fadighe; perocchè, come dice santo Angustino, il Signore ha permesso che l'uomo il quale disordinatamente ama, sia incomportabile a sè medesimo. Questi porta la croce del dimonio: perocchè, s'egli acquista diletti, egli gli acquista con pena; e avendoli, li tiene con fadiga, per timore di non perdergli; e seegli li perde, ne è cruciato con grandissima impazienzia; e se non gli può avere, ha pena, perché gli vorrebbe. Tanto è cieco, che perde la libertà sua, facendosi servo e schiavo del peccato, e del mondo con le sue delizie, e della propria fragilità. Queste sono pene generali agli amatori del mondo: ma quante sono le particolari, tutto dì il vediamo, le fadighe che portano gli uomini in servigio del dimonio. Oimè! Per acquistare l'inferno, essi non curano la morte corporale, nè rifiutano veruna fadiga: E io (misera me!) per avere Dio, e per acquistare Dio, non sostenni mai una piccola cosa. L'ombra mia mi ha fatto paura. Veramente io confesso che i figliuoli delle tenebre fanno vergogna e confusione alli figliuoli della luce, perché vanno con più sollecitudine ed esercizio, e con maggiore fadiga all'inferno, che i figliuoli della luce a vita eterna. Sicchè la fadiga è grande, e l'amaritudine è molta che dà questo perverso e miserabile amore.

Ma il vero e perfettissimo amore è di tanto diletto, dolcezza e soavità, che neuna amaritudine gli può tollere la dolcezza sua; nè l'amaritudine il può conturbare; ma molto più fortifica la mente, perché accosta più l'anima al suo creatore; e in lui gusta la dolcezza della sua carità,tenendo con fede viva, che ciò che Dio gli dà e permette, il fa per suo bene e per sua santificazione. Chi gliel'ha mostrato? Il sangue di Cristo, nel quale vide col lume della fede; che se egli avesse voluto altro che 'l nostro bene, non ci averebbe Dio dato siffatto ricomperatore, quanto fu il Verbo del suo Figliuolo, e il Figliuolo non averebbe data la vita la quale diè con tanto fuoco d'amore, fabbricando le nostre iniquità sopra il corpo suo. Egli riempie l'anima di fortezza e di lunga perseveranzia; non vollendo il capo in dietro a mirare l'arato. Egli non si scandalizza nè in sè nè nel prossimo suo; ma con benivolenzia e carità fraterna porta e sopporta i suoi difetti. Non ha pena per privazione di stato; nè, se egli l'ha, il possiede con pena; e se egli non l'ha, nol cerca, nèha fadiga per averlo; perché l'affetto suo è ordinato e drizzato secondo la volontà di Dio, nella quale ha occisa la volontà sua propria, la quale volontà è quella cosa che ci dà pena e fadiga.

Questo amore il taglia dal mondo, e uniscelo in Dio per affetto d'amore; ordina la memoria a ritenere li beneficii suoi, illumina l'occhio dell'intelletto in cognoscere la verità nella dottrina di Cristo crocifisso; e drizza l'affetto ad amarlo con tutto il cuore con ansietato e grande desiderio: Ordina ancora gl'istrumenti del corpo, cioè che tutti i suoi esercizi corporali e spirituali sono drizzati in onore di Dio e in amore della virtù. Allora si truova in verità avere risposto a Dio che l'ha invitata alle nozze di vita eterna dal principio della sua creazioneinfino all'ultimo. Questa, come grata, s'ha messo il vestimento nuziale dell'affetto della carità, perché s'è spogliata dell'amore sensitivo, odiandolo; e ama Dio e sè in amore ragionevole. E così si truova vestita di carità; chè in altro modo non poteva giugnere al termine suo.

Onde, considerando me, che altra via non ci è, dissi che io desideravo di vedervi fondato in vero e perfettissimo amore. E così voglio che facciate in questo punto del tempo che Dio ci ha servato per misericordia, che ora di nuovo cominciate a spogliarvi di voi e vestirvi di Cristo crocifisso. Lassate oggimai i morti seppellire e' morti, e voi seguitate lui con ogni verità. Lassate oggimai gli affanni del mondo; lassate la sollecitudine in cui ella debbe essere, e voi furate il tempo ne' santi esercizicon le vere e reali virtù: e non aspettate il tempo; però che non siamo sicuri d'averlo. Amate, amate; chè ineffabilmente sete amato. Pigliate diletto e spasso con li servidi Dio, avendo la loro conversazione. Confessatevi molto spesso (bench'io non credo che bisogni dire); e la comunione ricevete per tutte le pasque solenni, acciò che più perfettamente possiate acquistare questo dolce vestimento. E studiate che la famiglia s'allevi col timore santo di Dio. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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13/03/2022 10:30
 
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XCVII (97) - A monna Pavola da Siena, e alle sue discepole, quando stava a Fiesole

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissima e carissima figliuola e suoro in Cristo Gesù, io Catarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo e confortovi e benedico nel prezioso sangue suo. Con desiderio io ho desiderato di vedervi unite nella sua ardentissima carità, la quale carità e amore fa diventare l'anima una cosa con Dio. Oh carità, piena di letizia e di gaudio e d'ogni securità, in tanto che ogni cosa tempestosa vi diventa pacifica e tranquilla! Oh madre carissima della dolce carità, tu parturisti tutti e' figliuolidelle virtù. Sapete, dilettissima mia suoro, che neuna virtù è viva senza la carità. Così disse quello dolce innamorato di Pavolo, vasello di elezione: «Se io avessi lingua angelica, e dessi ogni cosa a' poveri; non avendo carità, nulla mi vale». E veramente egli è così: perocchè l'anima che non è in carità, non può fare cosa che sia piacevole a Dio; anco, parturisce e' figliuoli morti delle virtù. Perché sono morte? Perché non ci è Dio, che le dia vita, cioè la carità; perocchè chi sta in carità, sta inDio, e Dio in lui. Ma la sposa di Cristo, che è vulnerata di questa saetta della carità, non resta mai d'adoperare; come la ferita fresca, che sempre batte molto maggiormente il cuore nostro. Ogni dì di nuovo gli sono gittate di nuove saette, cioè saette d'ardentissima carità; perocchè non passa mai tempo, che la bontà di Dio non gitti carboni accesi sopra del corpo nostro.

E se noi ci volliamo verso l'essere che la bontà di Dio ha dato a noi, veggiamo che egli non ci creò se non per pura carità; e perché noi godessimo il bene il quale aveva in sè medesimo, e darci vita eterna. E però dice santo Pavolo, che Dio non vuole altro che la nostra santificazione. E ciò che dà, dà a questo fine, acciò che siamo santificati in lui. O somma e eterna Verità, bene il desti adivedere: perocchè avendo noi perduta la Grazia, non potevamo participare questo bene; onde vedendo Dio che questa sua volontà non si poteva adempire per lo peccato, costretto dallo amore pazzo che aveva in noi, mandò l'unigenito suo Figliuolo a fabbricare le nostre iniquitadi sopra il corpo suo. Onde, subitochè questo Verbo fu innestato nella carne nostra nel ventre di Maria, subito il giudicò all'obbrobriosa morte della croce, posto nel campo di questa vita a combattere per la sposa sua, e per trarla dalle mani del demonio che la possedeva come adultera. Onde dunque, questo dolce cavaliere, come dice santo Bernardo, e' salse a cavallo in sul legno della santissima croce, e misesi l'elmo della corona delle spine bene fondata, e' chiovi nelle mani e ne' piedi, e la lancia nel costato, per manifestarci il secreto del cuore. Oimè amore! amore! Parti che sia bene armato questo nostro dolce Salvatore? Confortiamoci; però ch'egli averà la battaglia per noi. Così disse egli a li discepoli suoi: «Rallegratevi, però che io ho sconfitto il principe del mondo». E santo Augustino dice che con la mano confitta e chiavellata ha sconfitte le demonia.

Adunque non voglio che alcuno timore caggia in voi, dilettissime mie figliuole, nè per demonio visibile nè invisibile. Ma se egli vi dasse molte battaglie e illusioni, opaura di non poter perseverare nelle operazioni cominciate, confortatevi dicendo: «Per Cristo crocifisso ogni cosa potrò, perché egli ha sconfitto per me le demonia». O dolcissimo amore Gesù, tu hai giocato con la morte in sulla croce alle braccia, e la morte vinse la vita, e la vitavinse la morte; cioè che per la morte del corpo suo destrusse la morte nostra, e per la morte nostra destrusse lavita del corpo suo. Oh inestimabile dilezione di carità! E tutto questo ci manifesta l'amore, e la volontà, e 'l fine per lo quale ci creasti, cioè solo per darci vita eterna. Oamore dolce, quale fuoco dunque si difenderà che non s'accenda a tanto fuoco di amore, vedendo che Dio ci ha donato l'unigenito suo Figliuolo, e il Figliuolo ci ha donata la vita con tanto desiderio, che non pare che 'l possa esprimere, quando ci dice: «Con desiderio io ho desiderato di fare la Pasqua con voi innanzi che io muoia». O dolcissimo amore, dicevi della Pasqua di fare sacrificio del corpo tuo al Padre tuo per noi. O Amore con quanta carità e con quanta letizia dicesti quella parola difare di te sacrificio, perché ti vedevi presso al termine! Tu facesti come colui il quale ha avuto grandissimo desiderio di fare una grandissima operazione, che quando se la vede pressochè fatta, ha gaudio e letizia. E con questa letizia corse questo innamorato all'obbrobrio della santissima croce.

Adunque io vi prego, suoro, e voi figliuole, che di questo noi ci dilettiamo, cioè di portare gli obbrobrii suoi. Ponete ponete la bocca al costato del Figliuolo di Dio; però che è una bocca che gitta fuoco di carità, e versa sangue per lavare la nostre iniquitadi. Dico che l'anima che vi si riposa e ragguarda coll'occhio dello intelletto il cuore consumato e aperto per amore, ella riceve in sè tante conformità con lui, vedendosi tanto amore, che non può fare che non ami. E allora diventa l'anima ordinata; però che ciò ch'ama, ama per Dio, e neuna cosa ama fuore di lui; e così diventa un altro lui per desiderio, perocchè non si trova altra volontà che quella di Dio. Non siate adunque negligenti, ma sempre correte, rompendo le vostre volontadi. Permanete figliuole mie, nella santa dilezione di Dio. Fate che adempiate il mio desiderio, sicchè io vi veggia una cosa unite e trasformate in lui.

Catarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo. Confortate Monna Bartolomea e tutte l'altre; e ditele che non si volla addietro a mirare l'arato, ma sempre perseveri nel santo proponimento perocchè senza la perseveranzia non potreste ricevere la corona. Laudato sia Gesù Cristo: Gesù dolce, Gesù Gesù.



XCVIII - A frate Tommaso della Fonte dell'ordine de' predicatori in Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi spogliato di voi pienamente, acciocchè perfettamente vi troviate vestito di Cristo crocifisso. E pensate, padre mio dolce, che tanto ci manca di lui, quanto ci riserviamo di noi. Quanto doviamo dunque diradicare da noi ogni propria volontà, e ucciderla e annegarla, poichè ella è cagione di privarci di tanto ricco vestimento! Il qual illumina l'anima, infiammata e fortificata. Illuminandola della verità eterna, gli mostra che ciò che ci addiviene in questa vita,è per nostra santificazione, e per farci venire a virtù: infiammala di desiderio affocato in fare grandi fatti per Dio, e di dare la vita per onore di Dio e salute dell'anime; e fortificala, perocché non è lume nè fuoco senza fortezza. Perché il lume e l'amore portano ogni grande peso: la guerra, la pace, la tempesta, la bonaccia: e tanto gli pesa la mano ritta quando la manca, tanto l'avversità, quanto la prosperità, perché da una medesima fonte vede procedere l'una e l'altra, e per uno medesimo fine. Oh quanto virilmente naviga questa anima, che sì bene si spogliò; onde fu rivestita! Ella non può volere nè desiderare se non la gloria e loda del nome di Dio, la quale cerca nella salute dell'anime. Di queste si fa uno suo cibo: e none 'l vuole mangiare altrove, che in su la mensa della croce, cioè con pena, scherni e rimproverio, quanto a Dio piace di concedergli. Tanto gode quanto si vede portare senza colpa. A questo alto stato non si può venire col peso del vestimento nostro. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi spogliato di voi pienamente: e così vi prego che v'ingegniate di fare per l'amore di Cristo crocifisso. Non dico più.

Avemmo addì XIII di giugno la vostra... Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



XCIX - A Neri di Landoccio de' Pagliaresi

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello e figliuolo mio in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo e confortovi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi unito e trasformato e confermato in Cristo Gesù. La qual cosa, figliuolo mio dolcissimo, l'anima non può fare, cioè d'essere conformata con Cristo perfettamente, se al tutto non si stacca dalla conformazione del secolo. Però che il mondo è contrario a Dio, e Dio è contrario al mondo; non hanno veruna conformità insieme. E veramente così è: chè noi vediamo che Dio-Uomo elesse perfetta povertà, ingiurie, strazi, scherni, villanie, fame, sete; spregiò gloria e onore umano; sempre cercò la gloria del Padre e la salute nostra; sempre perseverando con vera e perfetta pazienzia; e non era in lui superbia; ma perfetta umiltà. Oh inestimabile diletta carità, ben fe contrario al secolo! Il secolocerca gloria e onori, delizie, superbia, impazienzia, avarizia, odio, rancore, e amor proprio di sè medesimo con tanta strettezza di cuore, che non vi cape il prossimo per Dio. Oh quanto s'ingannano gli stolti uomini che sono conformati con questo malvagio secolo! Che volendo onori, sono vituperati; volendo ricchezze, sono poveri, perché non cercano la vera ricchezza; volendo letizia e delizie, hanno tristizia e amaritudine, perché sono privati di Dio, che è somma letizia. Non vogliono nè morte nè amaritudine, e caggiono nella morte e nella amaritudine; vogliono fermezza e stabilità, e dilungansi dalla pietra viva. Or vedi dunque, carissimo figliuolo, quanta differenzia egli è da Cristo al secolo. E però e' veri servi di Dio, vedendo che 'l mondo non ha veruna conformità con Cristo, si studiano con ogni sollecitudine di non avere neuna conformità col mondo: anco, si levano con odio e dispiacimento; e diventano amatori di ciò che Dio ama, e non hanno altro desiderio se non di conformarsi con Cristo crocifisso, seguitando sempre le vestigie sue, affocati e innamorati delle vere e reali virtù. E quello che essi veggono che Cristo elesse per sè, vogliono per loro: e per contrario ricevono; perocchè, eleggendo povertà e viltà, sono sempre onorati. Eglino hanno pace e diletto, letizia e gaudio ed ogni consolazione, privati d'ogni tristizia. E non me ne maraviglio; però che sono conformati e trasformati con la somma eterna Verità e Bontà di Dio, dove si contiene ogni bene, dove s'adempiono i veri e santi desiderii.

Adunque bene è da seguitarlo, e al tutto levarsi via e tagliarsi da questa tenebrosa vita. Il coltello dell'odio edispiacimento di voi, e l'amore puro di Dio ve ne taglierà. Dicovi, figliuolo carissimo, che questo coltello e dispiacimento non potreste avere senza la continua memoria di Dio, singolarmente dell'abbondanzia del sangue del Figliuolo di Dio, che ve ne ha fatto bagno, svenando e aprendo sè medesimo con tanto fuoco e ardentissimo amore in sul legno della santa Croce. Or qui acquisterete questo coltello dell'odio; però che per l'odio e dispiacimento del peccato è morto. L'amore il tiene legato: perocchè, come dicono e' Santi, nè chiovi nè croce era sufficiente a tenerlo, se non fusse il legame della divina Carità.

Or qui voglio che ragguardi e si riposi sempre l'occhio dell'intendimento vostro. Ine troverete e innamorerete delle virtù vere; e troverete una perseveranzia, che nè dimonia nè creatura vi potrà separare da esse virtù, con volontà di soggiogarvi e sottomettervi ad ogni creatura per Dio, con vera e perfetta umiltà. Verravvi in tedio e in abominazione il mondo, e ogni sua operazione, nella memoria di questo sangue; e diventerete gustatore e mangiatore dell'anime: il quale è cibo de' servi di Dio. E di questo vi prego e consiglio, che sempre vi dilettiate di mangiare. E perché vi paia d'essere difettuoso, non lassate perciò; perocchè Dio ragguarda più alla buona volontà, che a' difetti nostri.

Anco vi dico, che nella carità del prossimo fatta per Dio è quello fuoco che purifica l'anima. E acciò che sia ben purificata, aiutate frate Bartolommeo quanto potete, mentre che vi sta, a trarli delle mani delle dimonia. Seio potessi venirvi aiutare, verrei volentieri; ma non pare che sia stata volontà di Dio. Per ora ci è poco tempo: nondimeno faremo quello che Dio ci farà fare. E sappiate, fratello, che io non ho fatto visibilmente, ma io ho fatto e farò invisibilmente.

Domandastemi, che io vi ricevessi per figliuolo: onde io, poniamochè indegna misera e miserabile sia, v'ho già ricevuto e ricevo con affettuoso amore; e sempre mi obbligo, e obbligherò dinanzi di Dio, d'entrare ricolta per voi d'ogni vostra iniquità commessa o che commetteste. Ma pregovi che adempiate il mio desiderio; cioè che vi conformiate con Cristo crocifisso, levandovi pienamente della conversazione del secolo, siccome detto è di sopra; perocchè in altro modo non potremmo avere la conformità di Cristo. Vestitevi, vestitevi di Cristo crocifisso; però che egli è quello vestimento nuziale che vi darà qui la Grazia, e poi vi porrà alla mensa della vita durabile a mangiare con i veri Gustatori. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Benedicete e confortate frate Bartolommeo, e frate Simone in Cristo Gesù.



C (100) - A frate Raimondo da Capua dell'ordine dei predicatori

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi portare de' pesi delle creature per affetto e desiderio dell'onore di Dio e della salute loro; e pastore vero, che con sollecitudine governiate le pecorelle che vi sono o fussero messe fra le mani, acciocchè il lupo infernale non le portasse; perocchè se ci commetteste negligenzia, vi sarebbe poi richiesto. Ora è tempo da dimostrare chi ha fame o no, e chi si sente de' morti, che noi vediamo giacere privati della vita della Grazia. Sollicitate dunque virilmente, e con vero cognoscimento, e con umili e continue orazioni infino alla morte. Sapete che questa è la via a volere cognoscere, ed essere sposo della verità eterna; e neuna altra ce n'è. E guardate che voi non schifiate fadighe; ma con allegrezza le ricevete: facendovegli a rincontra con santo desiderio; dicendo: «Voi siate le molte benevenute»; e dicendo: «Quanta grazia mi fa il mio Creatore, che egli mi faccia sostenere e patire per gloria e lode del nome suo!». Facendo così l'amaritudine vi sarà dolcezza e refrigerio offerendo lagrime con dolci sospiri per ansietato desiderio, per le miserabili pecorelle che stanno nelle mani del dimonio. Allora i sospiri vi saranno cibo, e le lagrime beveraggio. Non terminate la vita vostra in altro; dilettandovi e riposandovi in croce con Cristo crocifisso. Facendo così, sarete figliuolo dolce di Maria, e sposo della Verità eterna. Altro non dico. Date la vita per Cristo crocifisso, e annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Mangiate il cibo dell'anime in sul legno della croce con Cristo crocifisso: affogatevi e annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CI - A Giacomo cardinale degli Orsini

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissimo e carissimo padre in Cristo Gesù, io Catarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo: con desiderio di vedervi legato nel legame della divina e ardentissima carità. La quale carità mosse Dio a trarre noi di sè medesimo, cioè, dalla sua infinita sapienza, perché godessimo e participassimo il sommo bene suo. Egli è quello legame che, poichè l'uomo perdè la Grazia per lo peccato commesso, unì e legò Dio nella natura umana, e ha fatto uno innesto in noi; perocchè se la vita s'è innestata nella morte;sicchè noi morti abbiamo avuta la vita per l'unione sua. E perché Dio fu innestato nell'uomo, Dio-e-Uomo corse, come innamorato, all'obbrobriosa morte della croce. In su questo arbore si volle innestare questo Verbo incarnato; e non l'ha tenuto nè chiodi nè croce, ma l'amore, perocchè non erano sufficienti a te nere Dio-e-Uomo. Egli è quello dolce maestro ch'è salito in cattedra ad insegnarci la dottrina della verità, la quale l'anima che lasèguita non può cadere in tenebre. Egli è la via onde noi andiamo a questa scuola; cioè a seguitare le operazioni sue. Così disse egli: «Io son Via, Verità e Vita». E così èveramente padre; perocchè colui che seguita questo Verbo, per ingiurie, per strazii, per scherni, con obbrobri, pena e tormenti, con la vera e santa povertà, umile e mansueto a sostenere ogni ingiuria e pena, con vera e buona pazienzia, imparando da questo Maestro che n'è via, perché egli l'ha fatta, e tenuta osservata in sè medesimo, rende ad ogni uno bene per male: e questo è la dottrina sua. Bene vedete con quanta pazienzia egli ha portato e porta le nostre iniquitadi, che pare che faccia vista di non vedere: benchè quando verrà il punto e il termine della morte, allora mostrerà ch'egli abbia veduto, perché ogni colpa sarà punita, e ogni bene sarà remunerato. Odi grande pazienzia! che non ragguarda all'ingiurie che gli sono fatte in su la croce; onde il gridode' Giudei, che dall'uno lato gridano crucifige, e dall'altro, che egli discenda dalla croce, e egli grida: «Padre, perdona». E non si muove punto perché dicano ch'egli discenda, ma persevera infino all'ultimo; e con grande letizia gridò, e disse: Consummatum est. E poniamochè ella paresse parola di tristizia, ella era di letizia a quell'anima consumata e arsa nel fuoco della divina carità, del Verbo incarnato del Figliuolo di Dio. Quasi voglia dire il dolce Gesù: «Io ho consumato e adempito ciò ch'è scritto di me. Consumato è il desiderio penoso che avevo di ricomprare l'umana generazione. Onde io godo ed esulto che io ho consumata questa pena, e ho adempita l'obedienzia posta dal Padre mio, la quale avevo tanto desiderio di compire». O maestro dolce, bene ci hai insegnata la via e la dottrina; e bene dicesti verità, che tu eri Via, Verità e Vita. Perocchè colui che sèguita la via e la dottrina tua, non può avere in sè morte, ma riceve in sè vita durabile; e non è nè dimonio nè creatura nè ingiuria ricevuta che gli possa tollere, se egli non vuole. Vergognisi, vergognisi dunque l'umana superbia dell'uomo, e 'l piacimento e l'amore proprio di sè medesimo, di vedere tanta bontà di Dio abondare in lui, tante grazie e beneficii ricevere per grazia, e non per debito; e non pare che lo stolto uomo senta nè vegga tanto caldo e calore d'amore; che se fussimo di pietra, doveremmo già essere scoppiati.

Oimè, oimè, disaventurata me! io non ci so vedere altra cagione, se non che l'occhio del cognoscimento non si vuole ragguardare in su l'arbore della croce, dove si manifesta tanto caldo d'amore. Dolce e soave dottrina, piena di frutti che danno vita; dove è larghezza, in tanto che ha aperto e stracciato il corpo suo: per larghezza ha svenato sè medesimo, e fattoci bagno e battesimo del sangue suo. Il quale battesimo ogni dì possiamo e debbiamo usare con grande amore e continua memoria: che siccome nel battesimo dell'acqua si purifica l'anima dal peccato originale, e dàle la grazia; così nel sangue laveremo le nostre iniquitadi e impazienzie; e morravvi ogni ingiuria; e non la terrà a mente, nè vorràla vendicare, ma riceverà la plenitudine della grazia, la quale Grazia il menerà per la via diritta. Dico dunque, che vedendo questo, l'anima non si può tenere che al tutto non anneghi e uccida la sua perversa volontà sensitiva, che sempre ribella a sè e al suo Creatore: ma, come innamorato dell'onore di Dio e della salute della creatura, non ragguarda sè; ma farà come l'uomo che ama, che il cuore e l'affetto suo non sarebbe trovato in sè, ma in quello che egli ha posto l'amore suo. Ed è di tanta virtù l'amore, che di colui che ama e della cosa amata fa uno cuore e uno affetto; e quello che ama l'uno, ama l'altro. Perocchè se vi fosse altra divisione d'amore, non sarebbe perfetto. E spesse volte ho veduto, che quello amore che averemo ad alcuna cosa, o per nostra utilità o per alcuno diletto che noi trovassimo in essa o piacere, non si cura, per venire ad effetto, nè di villania nè d'ingiuria nè di pena che ne sostenga, e non ragguarda alla fatiga; ma guarda solo d'adempire la sua volontà della cosa ch'egli ama.

O padre carissimo, non ci lassiamo fare vergogna alli figliuoli delle tenebre; perocchè gran confusione è alli figliuoli della luce, cioè a' servi di Dio che sono eletti e tratti dal mondo, e singolarmente a' fiori e alle colonne che sono posti nel giardino della santa Chiesa. Voi dovete essere fiore odorifero, e non puzzolente, vestito di bianchezza di purità, con odore di pazienzia e ardentissima carità; largo e liberale, e non stretto, imparando dalla prima Verità che per larghezza diè la vita. Or questo è quello odore che dovete gittare alla sposa dolce di Cristo, che si riposa in questo giardino. Oh quanto si diletta questa dolce sposa in queste dolci e reali virtù! Costui è figliuolo legittimo, e però ella il pasce e notrica alpetto suo, dandogli il latte della divina Grazia, la quale èatta e sufficiente a darci la vita dell'eterna visione di Dio.Così disse Cristo a Paoluccio: «Bastiti, Paolo, la grazia mia». Dico che sete colonna posta a guardare il luogo di questa sposa: onde non dovete essere debile, ma forte; perocchè la cosa debile, ogni piccolo vento che venisse, o per tribolazione o per ingiuria che ci fosse fatta, o pertroppo abbondanzia di prosperità e delizie o grandezze del mondo, l'uno vento e l'altro la farebbe cadere. Io voglio dunque che siate forte, poichè Dio v'ha fatto colonna della santa Chiesa sua. Hacci dunque modo da fortificare la nostra debilezza?

Sì bene, con l'amore. Ma non sarebbe ogni amore atto a fortificare. Non sarebbe lo stato nè la ricchezza, nè le superbie nostre, nè ira nè odio contra coloro che ci fanno ingiuria, nè essere amatore di veruna cosa creata, fuore di Dio. Questo così fatto amore non tanto che egli ci dia forza, ma egli ci tolle quella che noi abbiamo; e tanto è misero e miserabile questo amore, che conduce l'uomo alla più perversa servitù che possa avere, e fállo servo e schiavo di quella cosa che non è, e tollesi la dignità e la grandezza sua. Ed è cosa ragionevole che ne sostenga pena; perocchè esso medesimo si è privato di Dio. Dunque non è da fare altro, se non di ponere l'affetto e il desiderio suo e l'amore in cosa più forte di noi, cioè in Dio, onde noi abbiamo ogni fortezza. Egli è lo Dio nostro, che ci amò senza essere amato. Onde subito che l'anima ha trovato e gustato si dolce amore, forte sopra ogni forte, ad altro non si può accostare, nè altro può desiderare, se non lui; fuori di lui, non cerca nè vuole cavelle. Onde costui è allora forte, perocchè s'è appoggiato e legato in cosa ferma e stabile e che mai non si muta per veruna cosa che avvenga, e sempre seguita le vestigie e li modi di colui che egli ama: perocchè egli è fatto uno cuore e una volontà con lui. Vede che sommamente Cristo si dilettò d'ogni pena e viltà: poniamochè fosse Figliuolo di Dio, nondimeno come agnello umile, mansueto e despetto, conversò con gli uomini. E però si dilettano li servi suoi di questa via; odiano e dispiaceglitutto quanto il contrario, e fuggonlo. Costoro sono fatti una cosa con lui, e amano quello che Dio odia. Onde ricevono tanta fortezza, che veruna cosa gli può nuocere. Fanno costoro come veri cavalieri, che non veggono mai tanta tempesta che se ne curino; e non temono, perché non si confidano in sè, ma tutta la speranza e fede loro è posta in Dio, cui elli amano: perocchè vedono ch'egli è forte, e Vuole e puole sovvenire. Onde allora dicono con grande umiltà con santo Pavolo: «Ogni cosa potrò per Cristo crocifisso, ch'è in me, che mi conforta».

Or non più dunque dormite, Padre. Poichè sete colonna, debile per voi, ma innestatevi in su l'arbore della croce, e legatevi per affetto e per smisurata e ineffabile carità con l'Agnello svenato, che da ogni parte del corpo suo versa sangue. Rompansi questi cuori; non più durizia e non più negligenzia; perocchè il tempo non dorme ma sollicitamente fa il corso suo. Facciamo mansione insieme con lui per amore e per santo desiderio: e non ci bisogna poi più temere. Questo è dunque il santo e dolce rimedio, cioè, che la creatura cognosca, sè medesima non essere: e sempre si vede fare quella cosa che non è; cioè il peccato, e ogni altra cosa ha da Dio. E quando ha cognosciuto sè, e egli cognosce la bontà di Dio in sè; e cognoscendo lui ama, e sè odia non sè in quanto creatura, ma in quanto si vede ribello al suo Creatore. Andando dunque con questo santo e vero cognoscimento, non erra la via, ma va virilmente; percch'egli unito e trasformato in colui che è Via, Verità, e Vita; e hàlo sì fortificato, che nè dimonio nè creatura gli può tollere la sua fortezza; sì ei s'è fatto una cosa con lui. Or questo è il miodesiderio, cioè di vedervi legato in questo dolce e forte legame: e a questo me n'avvedrò. E uno de' principali segni che noi abbiamo che ci manifesti d'esser legati e discepoli di Cristo, cioè se noi rendiamo bene per male: altrimenti saremo in stato di dannazione. Molto è questo spiacevole a Dio in ogni creatura, ma specialmente nelli vostri pari, che sete posti per specchio nella santa Chiesa, dove li secolari si specchiano. E bene dovremmo ragguardare, chè egli è maggiore la ingiuria che noi facciamo a Dio, ch'è infinito, che la ingiuria ch'è fatta per la creatura, che,è finita; e nondimeno vogliamo che ci perdoni e faccia pace con noi, e vorremmo che facesse vista di non vedere l'offese nostre. Così dunque debbiamo fare noi verso i nemici nostri; e così vi prego e costringo da parte di Cristo crocifisso, che facciate per onore di Dio e salute vostra. Non dico più. Perdonate alla mia ignoranzia, perché per l'abbondanzia del cuore la lingua favella troppo. Pregovi per quello Amore ineffabile, che voi mi siate uno campione nella santa Chiesa, cercando sempre l'onore di Dio e la esaltazione sua, e non di voi medesimo; siccome mangiatore e gustatore dell'anime. Studiatevi di fare ciò che potete, pregando il Padre santo che tosto ne venga e non tardi più. E confortatelo a ratto levare il gonfalone della santissima croce, e andare sopra l'infedeli, acciocchè la guerra che è tra'Cristiani vada sopra di loro. E non temete per veruna cosa che vedeste apparire, perocchè l'aiuto divino è presso di noi. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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13/03/2022 11:56
 
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CII (102) - A frate Raimondo da Capua dell'ordine de' predicatori

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo Padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi sposo vero della Verità e seguitatore e amatore d'essa Verità. Ma non veggo il modo che potiamo gustare e abitare con questa Verità se noi non cognosciamo noi medesimi. Perocchè nel cognoscimento di noi, in verità cognosciamo, noi non essere, ma troviamo l'esser nostro da Dio, vedendo che egli ci ha creati alla immagine e similitudine sua. E nel cognoscimento di noi troviamo ancora la recreazione che Dio ci fece, recreandoci a Grazia nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo; il quale sangue ci manifesta la verità di Dio Padre. La verità sua fu questa; che egli ci creò per gloria e loda del nome suo, e perché noi participiamo l'eterna bellezza sua, perché fussimo santificati in lui. Chi cel dimostra, che questo sia la verità? ilsangue dello immacolato Agnello.

Dove troviamo questo sangue? nel cognoscimento di noi. Noi fummo quella terra dove fu fitto il gonfalone della croce: noi stemmo come vasello a ricevere il sangue dell'Agnello, che correva giù per la croce. Perché fummo noi quella terra? Perché la terra non era sufficiente a tenere ritta la croce; anco, averebbe rifiutata tanta ingiustizia; nè chiovo era sufficiente a tenerlo confitto e chiavellato, se l'amore ineffabile che Egli aveva alla salute nostra non l'avesse tenuto. Sicché dunque l'affocata carità verso l'onore del Padre e la salute nostra, il tenne. Adunque fummo noi quella terra che tènnemo ritta la croce, e siamo il vaso che ricevemmo il sangue. Chi cognoscerà e sarà sposo di questa Verità, troverà nel sangue la Grazia, la ricchezza e la vita della grazia: e troverà ricoperta la nudità sua, e vestito del vestimento nuziale del fuoco della carità, intriso e impastato sangue e fuoco, il quale per amore fu sparto e unito con la Deità. Nel sangue si pascerà e notricherà di misericordia; nel sangue dissolve la tenebra e gusta la luce; perocchè nel sangue perde la nuvola dell'amore proprio sensitivo, e il timore servile che dà pena: e riceve timore santoe sicurtà del divino amore, il quale ha trovato nel sangue. Ma chi non sarà trovato amatore della Verità, non la cognoscerà nel cognoscimento di sè e del sangue. Che egli vada schiettamente e senza frasche o novelle o timore servile; e senta il lume della fede viva, non solamente in parole, ma che basti d'ogni tempo, cioè nell'avversità come nella prosperità, e nel tempo della persecuzione come nel tempo della consolazione; e per neuna cosa diminuisca la fede, e il lume suo. Perocchè la Verità ha fatto cognoscere nella Verità, e non tanto per gusto, ma per prova. Dico, che se questo lume e questa Verità non sarà trovata nell'anima, non sarà però, che non sia vasello che abbia ricevuto il sangue; ma per suo giudicio e sua confusione, in tenebre e dinudato del vestimento della Grazia, riceverà giustizia, non per difetto del sangue, ma perché esso spregiò il sangue, e, come accecato del proprio amore, non vide nè cognobbe la Verità nel sangue: onde egli l'ha ricevuto in ruina; e con grande amaritudine è privato dell'allegrezza del sangue e della dolcezza e del frutto del sangue, perché esso non conobbe sè nè il sangue in sè, e però non fu sposo fedele della Verità.

Adunque v'è bisogno di cognoscere la Verità, a volere essere sposo della Verità. Dove? Nella casa del cognoscimento di voi medesimo, cognoscendo, l'essere vostro avere da Dio per grazia, e non per debito. E in voi cognoscere la recreazione che v'ha data, cioè, d'essere recreato a Grazia nel sangue dell'Agnello, e ine bagnarvi, e annegare e uccidere la propria volontà. In altro modo, non sareste sposo fedele della Verità, ma infedele. E però io dissi che io desideravo di vedervi sposo vero della Verità. Annegatevi dunque nel sangue di Cristo crocifisso, e bagnatevi nel sangue, e inebriatevi del sangue, e saziatevi del sangue, e vestitevi di sangue. E se fuste fatto infedele, ribattezzatevi nel sangue; se il dimonio v'avesse offuscato l'occhio dell'intelletto, lavatevi l'occhio col sangue: se fuste caduto nella ingratitudine de' doni non cognosciuti, siate grato nel sangue; se fuste pastore vile e senza la verga della giustizia, condita con prudenzia e misericordia, traetela dal sangue; e coll'occhio dell'intelletto vederla dentro nel sangue, e con la mano dell'amore pigliarla, e con ansietato desiderio strignerla. Nel caldo del sangue dissolvete la tepidezza; e nel lume del sangue caggia la tenebra; acciocchè siate sposo della Verità e pastore vero e governatore delle pecorelle che vi sono messe tra le mani, e amatore della cella dell'anima e del corpo, quanto v'è possibile nello stato vostro. Se starete nel sangue, il farete; e se no, no. E però vi prego per amore di Cristo crocifisso, che voi il facciate. E spogliatevi d'ogni creatura (e io sia la prima);e vestitevi per affetto d'amore di Dio, e ogni creatura per Dio; cioè d'amarne assai, e conversarne pochi, se non in quanto si vede adoperare la salute dell'anime. E così farò io, quanto Dio mi darà la Grazia. E di nuovo mi voglio vestire di sangue, e spogliarmi ogni vestimento ch'io avessi avuto per fine a qui. Io voglio sangue; e nel sangue satisfò e satisfarò all'anima mia. Ero ingannata quando la cercavo nelle creature. Sicchè io voglio nel tempo della sollicitudine accompagnarmi nel sangue; e così troverò il sangue e le creature; e berrò l'affetto e l'amore loro nel sangue. E così nel tempo della guerra gusterò la pace, e nell'amaritudine la dolcezza; e nell'essere privata delle creature, e della tenerezza del padre, troverò il Creatore ed il sommo ed eterno Padre. Bagnatevi nel sangue: e godete, che io godo per odio santo di me medesima. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CIII - A Benuccio di Pietro, e Bernardo di misser Uberto de' Belforti da Volterra

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi; condesiderio di vedere il cuore e l'affetto vostro e l'anima vostra pacificata con Cristo crocifisso; perocchè altrimenti non potreste partecipare la divina Grazia. Voi sapete, figliuoli miei, che solo il peccato è quello che fa cadere l'uomo nella guerra col suo Creatore. In che modo dunque potremo fare questa pace, poichè siamo caduti nella guerra mortale per le colpe nostre, e condannati siamo alle pene eternali, se pace non ci ha? Io voglio per certo che procacciamo il modo; poichè noi siamo caduti in tanto pericolo e danno dell'anima e del corpo: e modo non ci veggo altro che uno, cioè quello santo modo che tenne Dio verso di noi, quando per il peccato d'Adam tutta l'umana generazione cadde in guerra con Dio. Volendo dunque la misericordia di Dio fare pace con l'uomo, e della colpa commessa si conveniva pur fare vendetta; mandocci il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo, come nostra pace e tramezzatore. E 'l Figliuolo di Dio prese le nostre iniquitadi, e punille sopra il corposuo, siccome nostra pace e tramezzatore che egli fu. E dove le punisce? In su la dolorosa, penosa e obrobriosa morte della croce. Sicchè vedete che Dio col mezzo del suo Figliuolo ha fatto pace coll'uomo; ed è sì perfetta questa pace e sì compita, che poniamo l'uomo ricaggia in guerra pel suo peccato e defetto, egli ha lassato il sangue; il qual sangue riceviamo nella santa confessione, e ogni dì il possiamo usare, e avere tanto quanto piace a noi. Poi, dunque, che tanto di grazia e misericordia abbiamo ricevuta da Dio, non voglio che siamo ingrati nè scognoscenti; ma voglio che seguitiate le vestigie di Cristo crocifisso; acciocchè voi vi possiate pacificare con luiseguitando le sue vestigie, come detto è: perocchè altrimenti, stareste in continua dannazioine. Io ho detto che Dio per mezzo del Figliuolo suo, e il Figliuolo per mezzo del sangue, ci ha tolta la guerra e data la pace: così dico io a voi, cioè che col mezzo della virtù vi converrà levare la guerra e fuggire l'eterna dannazione: altrimenti, sareste confusi in questa vita e nell'altra.

Ma io voglio che voi sappiate: nè amare Dio nè virtù si può avere nell'anima senza il mezzo del prossimo suo. Come? Dicovelo. Io non posso, l'amore ch'io ho al mio creatore, mostrarlo in lui, perché a Dio non si può fare utilità. Conviene dunque pigliare il mezzo della sua creatura, e alla creatura sovvenire e fare quella utilità che a Dio fare non posso. E però Cristo a san Pietro, dimandandolo: «Pietro, m'ami tu?» Ed egli rispondendo, «sì»; Cristo rispose, e disse: «Pasci le pecorelle mie. Dell'amore che tu mi porti, tu non puoi fare a me alcuno bene: fanne dunque bene al prossimo tuo». Sicchè vedete, che col mezzo ci conviene pacificare della grande guerra che abbiamo con Dio. E sopra questo mezzo, acquisterete voi il mezzo della virtù. Io vi dissi che era quello dolce e glorioso mezzo il quale tolle ogni guerra e tenebra dell'anima. Ma tenete a mente: questa virtù s'acquista e truova nell'amore del prossimo suo, amando amici e nemici per Cristo crocifisso. E per esso spegnesi il fuoco dell'ira e dell'odio che l'uomo avesse col fratellosuo.

La virtude della carità e dell'umiltà si truova e s'acquista solo in amare il prossimo per Dio; perocchè l'uomo umile e pacifico caccia l'ira e l'odio del cuore suo verso il nemico, la carità caccerà l'amore proprio di sè, edilargherà il cuore con una carità fraterna, amando nemici e amici per lo svenato e consumato Agnello, come sè medesimo; e davagli una pazienzia contra ogni ingiuria che gli fusse detta o fatta, e una fortezza dolce in sapere portare e sopportare i difetti del prossimo suo. Allora l'anima che sì dolcemente ha acquistata la virtù avendo seguitate le vestigie del suo Salvatore, rivolse tutto l'odio che aveva al prossimo suo, verso sè medesimo, odiando e' vizi e' difetti e i peccati che ha commessi contra il suo Creatore, Bontà infinita. E però egli vuole fare vendetta di sè, e punirli sopra la parte sensitiva sua:cioè, che come la sensualità e vivere mondano egli appetisce odio e vendetta del prossimo suo; così la ragione ordinata in perfetta e vera carità, vuole fare il contrario,volendo amare e pacificarsi con lui. E così tutti quanti e'vizi hanno per contrario le virtù. E questa è quella virtù che fa pacificare l'anima con Dio; sicchè con la virtù vendica l'ingiuria che egli ha fatta.

E però vi dissi che desideravo di vedere el cuore e l'affetto vostro pacificato col vostro Creatore. Questa è la vera via: veruna altra ce n'ha. Io dunque, figliuoli miei, avendo desiderio della salute vostra, vorrei che col coltello dell'odio fosse tolto da voi, e non faceste come gli stolti e matti che col percuotere altrui, percuotono sè. Egli è il primo morto. Perocchè colui che sta nell'odio mortale, volendo uccidere il suo nemico, egli s'ha dato prima per lo petto a sè; perocchè la punta dell'odio gli è fitta per lo cuore, il qual ha morto a Grazia. Non più dunque guerra, per l'amore di Cristo crocifisso. E non vogliate tenere in tormento l'anima e il corpo. Abbiate timore del divino giudizio, il quale è sempre sopra di voi.

Non voglio dire più di questo: e dell'altre materie che s'appartengono alla salute vostra vi dirò a bocca. Ma ora vi prego e vi costringo, da parte di Cristo crocifisso, di due cose; l'una è, che io voglio che voi facciate pace con Dio, e co' nemici vostri; perché altrimenti non la potresti fare con la prima dolce Verità, se prima non la facestecol prossimo vostro. L'altra si è, che non vi sia fatica a venire un poco infino a me il più tosto che voi potete. Se non che a me è tanto malagevole il venire, io verrei a voi. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CIV - A frate Raimondo da Capua dell'ordine de' predicatori

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dolcissimo padre, e negligente e ingrato figliuolo, in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel preziososangue suo; con desiderio di vedervi con vera e perfetta sollecitudine ad acquistare e conservare la virtù: perocchè senza sollecitudine l'anima non la trova; nè quella ch'egli ha, conserva. L'amore è quella cosa che fa il cuore sollicito, e muove i piei dell'affetto ad andare nel luogo dove si truova la virtù. L'anima dunque, che non è sollecita, segno è che non ama. Convienci dunque amare virilmente e schiettamente, e senza mezzo della propria sensualità o d'alcuna creatura che abbia in sè ragione; e per giungere a questo dolce amore, ci conviene aprire l'occhio dell'intelletto, e cognoscere e vedere quanto siamo amati da Dio. Ma ad avere questo cognoscimento, ci conviene andare co' piei dell'affetto nella casa del vero cognoscimento di noi, perché nel cognoscimento di noi si concepe l'odio verso la propria sensualita, e concepesi amore verso di Dio per la inestimabile sua carità, che ha trovata dentro da sè. Onde allora il cuore subito si leva con uno stimolo d'affocato desiderio, e va cercando in che modo possa più perfettamente spendere il tempo suo; parendogli sempre avere caro del tempo (perché nel tempo si vede acquistare il tesoro, e perdere, secondo che gli piace); e vedendo che in neuno modo può giungere a vera virtù, se non col mezzo della carità del prossimo. La quale carità trasse dal cognoscimento di Dio, perocchè nella bontà di Dio vide e cognobbe che 'l suo smisurato amore non si distendeva pure a lui, ma ad ogni creatura che ha in sè ragione, ed amici, e a nemici. Poniamochè s'ami più l'uno che l'altro, secondo che si truova l'affetto della virtù.

Il virtuoso ama per amore della virtù, e in quanto egli è creatura; e lo ingiusto e iniquo peccatore, l'ama, sì perché egli è creato da Dio, e sì perché egli si parta dal vizio, e venga alla virtù. E così diventa gustatore e mangiatore dell'anime per onore di Dio. E per trarre l'anime dalle mani delle dimonia, si darebbe alla morte. E con sollicitudine fura il tempo a sè, cioè alla propria consolazione, di qualunque consolazione si vuole, o nuova o vecchia che sia; e dàllo al prossimo suo. E però fu detto a quella serva di Dio, dicendo ella: «Signore mio, che vuoli tu che io faccia?» ed egli rispose: «dà l'onore a me,e la fadiga al prossimo tuo».

E che fadiga gli dò? dàgli fadiga corporale e mentale. Fadiga mentale e di santo desiderio, e offerire sante e umili e continue orazioni, con allegrezza de' virtuosi, e con dolore di quelli che giaciono nella morte de' peccati mortali, sostenendo con vera pazienzia gli scandali, le infamie e le mormorazioni loro, le quali dànno a noi; non ritardando per alcuna cosa l'orazione, e affocato desiderio, fame e sollicitudine della salute loro. Allora si conforma l'anima con Cristo crocifisso, mangiando questo cibo in su la penosa e ansietata croce del desiderio di Cristo, che fu maggiore e più penosa che quella del corpo. Dico che vuole gli sia data ancora fadiga corporale; e questo è quando ci affadighiamo corporalmente in servizio del prossimo, servendo di qualunque servizio si sia, patendone noi disagi e pene corporali. E alcuna volta Dio permette, che sosteniamo da loro delle percosse, e fame e sete e molta persecuzione; siccome facevano i santi martiri, che sostenevano pena e grandi tormenti. Ma egli è tanta la nostra imperfezione, che noi non siamo ancora degni di giugnere a tanto bene, quanto è essere perseguitati per Cristo.

Or per questo modo dunque doviamo dare la fadiga al prossimo, e l'onore a Dio, e fare adoperare ogni cosa a gloria e loda del nome suo: perocchè altrimenti le fadighe nostre non porterebbero frutti di vita, ma in questa vita gusteremmo l'arra della morte eternale. In Dio concepete l'amore, in cercare l'onore suo e la salute dell'anime; e nel prossimo si prova l'amore coneeputo, nella virtù della pazienzia.

Oh pazienzia, quanto sei piacevole! oh pazienzia, quanta speranza dài a chi ti possiede! o pazienzia, tu sei reina, che possiedi, e non se' posseduta dall'ira. O pazienzia, tu fai giustizia della propria sensualità, quando volesse mettere il capo, fuore, dell'ira. Tu porti teco un coltello di due tagli per tagliare e dibarbicare l'ira e lasuperbia, e il mirollo della superbia e impazienzia; cioè, dico due tagli, odio e amore. E il vestimento tuo è vestimento di sole, col lume del vero cognoscimento di Dio, e col caldo della divina carità, che gitta raggi co' quali percuoti coloro che ti fanno ingiuria, gittando loro carboni di fuoco, accesi di carità, sopra il capo loro, il qualearde e consuma l'odio del loro cuore. Sicchè dunque, pazienzia dolce fondata in carità, tu sei quella che fai frutto nel prossimo, e rendi onore a Dio. Egli è ricoperto questo tuo vestimento di stelle di varie e diverse virtù:perocchè pazienzia non può essere nell'anima senza le stelle di tutte le virtù, con la notte del cognoscimento disè, che quasi pare uno lume di luna. E dopo il cognoscimento di sè medesimo viene il dì, col lume e caldo del sole. Il quale è il vestimento della pazienzia, come detto è. Chi dunque non s'innamorerebbe di così dolce cosa, quanto è la pazienzia, cioè, a sostenere per Cristo crocifisso?

Portiamo dunque, carissimo e dolcissimo padre. E non perdete il tempo, e studiatevi a cognoscere voi, acciocchè questa reina abiti nell'anima vostra: perocchè ella ci è di grande necessità. E così vi troverete in croce con Cristo crocifisso, e notricheretevi del cibo suo, al quale Dio v'ha chiamato ed eletto. E parravvi essere in lume di luna, mentre che sosterrete: ma nel sostenere troverete el lume del sole. L'anima vostra allora sarà risuscitata nella virtù: e conserveretela, e cercheretela conpiù sollicitudine e perfezione, infino che sarete giunto altermine vostro; e conformeretevi con Cristo crocifisso, che sostenne pene e tormenti ed obbrobrii, Perché sostenne? Perocchè cognobbe la sapienzia di Dio, che dell'offesa fatta al Padre doveva seguitare la pena. L'uomo era indebilito, e non poteva satisfare. Egli con affocato amore satisfesce, non essendo in lui veleno di peccato. In questo seguiterete le vestigie sue, se sarete virtuoso, sostenendo ingiustamente, cioè in non avere offesi coloro che ci fanno ingiuria; chè in quanto dalla parte di Dio, sempre la riceviamo giustamente, perocchè sempre l'offendiamo. Poi, dunque, che Cristo ha sostenuto infino alla morte, ed è resuscitato glorioso; così faremo noi e li altri servi di Dio che sostengono con pena infino alla morte della propria sensualità. Perocchè quando la propria sensualità è morta, l'anima n'esce risuscitata a grazia, e ha atterrato il vizio, gloriosa con lareina della pazienzia. E col vestimento della pazienzia, che è detto di sopra, persevera infino all'ultimo, che salein cielo. Benchè tutte le virtù, fuore della carità, che è ilvestimento della pazienzia, rimangono tutte di sotto, ed ella entra dentro come donna; nondimeno ella trae a sè il frutto di tutte le virtù, e singolarmente il frutto dellapazienzia; perocchè ella è tutta incorporata nella carità; anco, è il mirollo della carità, perocchè s'è manifestata vestita d'amore, e non nuda. Perocchè pazienzia senza carità già non sarebbe virtù. Ma perché l'amore vero e perfetto è nell'anima, ha mostrato il segno del sostenere pene e obbrobrio, scherni e villania, tentazioni del dimonio e lo stimolo della carne, le lingue de' mormoratori e le lusinghe del cuore doppio, che ha una in cuore e un'altra mostra in lingua; e tutte le ha passate con vera esanta pazienzia, e con vera sollecitudine di servire a Dio e al prossimo suo. Ed è fatto abitatore della cella del cognoscimento di sè; nella quale cella sta la cella del cognoscimento della bontà di Dio in sè. Ine ingrassa, e ine si deletta. Nella cella sua mangia con pena el cibo dell'anime: e così ha posta la mensa in su la croce. Nella cella della gloria e loda del nome di Dio si riposa, e ine ha fatto il letto suo. E così ha trovata la mensa e 'l cibo eservitore, cioè lo Spirito Santo, e l'onore del Padre eterno, dove si riposa. E poichè ha trovata la cella dentro così dolcemente, ed egli la procaccia di fuore ancora, quanto gli è possibile.

Ricordivi, carissimo padre e negligente figliuolo, della dottrina di Maria, e di quella della dolce prima Verità. Sapete che vi conviene stare nel cognoscimento di voi; e offerire umili e continue orazioni. E convienvi studiare la cella, e cognoscere la verità; e fuggire ogni conversazione, se non quella che è di necessità per salute dell'anime, per trarle dalle mani delle dimonia con la santa confessione. Dilettatevi per questo co' publicani e co' peccatori: ma degli altri amatene assai, e conversatene pochi. Non dimenticate all'ora e a tempo suo l'officio divino: nè siate lento nè negligente quando avete a fare i fatti per Dio e in servizio del prossimo. Ma data che voi avete la fadiga, e voi fuggite in cella; e non vi andate dilagando nelle conversazione sotto colore di virtù. Son certa, se averete perfetta sollecitudine e fame delle virtù, che voi il farete; e non starete senza memoria di non tenere a mente quello che v'è stato detto. Altrimenti, non fareste mai, nè conservereste quello che avete, se sollicitudine non ci fusse. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi con vera e perfetta sollicitudine. Ho speranza in quella dolce madre Maria, che adempirà il desiderio mio. Perdete voi medesimo, e cercate solo Cristo crocifisso, e non veruna altra creatura.

Pregate quelli gloriosi Pietro e Paolo, che mi dieno grazia, a me e agli poverelli figliuoli, che ci anneghiamo nel sangue di Cristo crocifisso, e vestiamci della dolce verità. E me, s'egli è la volontà sua, tragga di questa tenebrosa vita: perocchè la vita m'è impazienzia, e la morte in grande desiderio. Confortatevi; e godiamo ed esultiamo; chè l'allegrezza nostra sarà piena in Cielo. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CV - A frate Bartolomeo, quando era ad Asciano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissimo e carissimo figliuolo mio in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivoe confortovi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi con ardentissimo desiderio e con profonda umiltà e sollecitudine a ricevere il re nostro, che viene anoi umile e mansueto, e siede sopra l'asina. Oh inestimabile diletta Carità, oggi confondi la superbia umana, vedendo che tu, Re de' re, vieni umiliato sopra la bestia, e cacciato con tanto vituperio. Vergogninsi dunque coloro che cercano gli onori e la gloria del mondo. Levisi, levisi, figliuolo carissimo, il fuoco del santo desiderio, esia privato d'ogni freddezza; e salga sopra l'asina della nostra umanità, sicchè ella non vada mai se non secondo che la ragione la guida, e non appetisca se non l'onore di Dio e la salute delle creature. Così voglio che facciate con grande sollecitudine, sentendo il caldo sul calore del re nostro. In questo modo signoreggeremo la nostra sensualità e freddezza con cuore virile; e sarete gustatore del vero e amoroso cibo, il quale il figliuolo di Dio mangiò in su la mensa della santa croce. Questo farete voi e Neri. E fate con sollicitudine ciò che potete fare, dando l'onore a Dio, e la fadiga al prossimo, con fede che lo Spirito Santo farà quello che a voi pare impossibile.

Del venire costà invisibilmente, io 'l fo per continua oratione, a voi e a tutto il popolo; e visibilmente, quandosarà possibile a me di fare, e quando Dio vorrà. Dell'andare a Santa Agnesa, non veggo il modo d'andarvi ora per la festa sua, perocchè non ho apparecchiato quello che voleva; se già Dio non provedesse. Se vedete costà l'onore di Dio, non paia fadiga di stare un poco più. Anco, adoperate quello che è di bisogno, con allegrezza; e state con ardente cuore.

Dite a frate Simone, figliuolo mio, in Cristo Gesù, che il figliuolo non teme mai d'andare alla madre; anco, corre a lei, singolarmente quando si vede percuotere, e la madre il riceve in braccio, e tiello al petto suo, e notricalo. E poniamochè io cattiva madre sia, nondimeno sempre il porterò al petto della carità. Siate sollecito, e nonnegligente: sì che l'anima mia riceva letizia nel cospetto di Dio. Non ho avuto tempo di scrivergli. Benedicetelo cento migliaia di volte da parte di Cristo Gesù. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Alessa, ed io, eCecca ci mandiamo molto raccomandando. Gesù dolce, Gesù amore.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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14/03/2022 07:49
 
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CVI (106) - A Neri di Landoccio

A nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo Figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere spegnere in te ogni negligenzia e ingratitudine; però che negligenzia non è senza ingratitudine. Perocchè se l'anima fusse grata, e cognoscente verso il suo Creatore, sarebbe sollecita, e non si lasserebbe fuggire il tempo fra le mani; ma con fame della virtù furerebbe il tempo. Voglio adunque, carissimo figliuolo, che col desiderio della virtù, e con gratitudine de' benefizi ricevuti, eserciti sempre il tempo, con umile e continua orazione. Altro non dico. Bàgnati nel sangue di Cristo crocifisso, e permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CVII - A Luisi di misser Luisi Gallerani da Siena in Asciano

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A Voi, dilettissimo e carissimo fratello mio in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo suo; con desiderio di vedervi cavaliere virile: cioè che andiate innanzi come cavaliere virile, non vollendovi addietro a schifare e' colpi, ma sempre andiate innanzi con vera e perfetta perseveranzia. Perocchè sapete che sola perseveranzia è coronata, e non il cominciare. E se vi sentite stanco nel perseverare in questo campo della battaglia, tollete, carissimo fratello in Cristo Gesù, tollete il gonfalone santo della croce, il quale è una colonna fortissima, dove si riposa l'Agnello svenato per noi. E tanto è forte, che ci tolle ogni debolezza: e tanto fortifica il cuore dell'uomo, che nè dimonio nè creatura il puole muovere se esso medesimo non vuole. E non me ne maraviglio; perocchè la fortezza dell'Amore il teneva legato e chiavellato in su il legno della santa croce. Or qui su dunque vi prego che vi leghiate; e così non potrete tornare indietro. Ine troverete fondate tutte le virtù. Ine sì troverete Dio-Uomo per l'unione della natura divina coll'umana. Ine troverete l'abbondanzia della divina Carità, con la quale egli ha tratta la sposa dell'umana generazione dalle mani del dimonio, che la possedeva come adultera.

O dolcissimo amore Gesù, che con la mano disarmata e confitta e chiavellata in croce hai confitti e' miei nemici! Egli venne, come nostra pace, a pacificare l'uomo con Dio. Così disse santo Paolo. «Io son messo e legato in Cristo per voi. Pregovi, fratelli carissimi, che vi reconciliate e facciate pace con lui; perocch'egli è venuto come tramezzatore a metter pace tra Dio e l'Uomo». O dolce Gesù, bene è vero che tu se' nostra pace e tranquillità e riposo di coscienzia; e veruna amaritudine nè tristizia può cadere in questa anima, nè povertà, nella quale abiti per Grazia. E ragionevole cosa è, ch'egli abbia perfetta letizia e piena ricchezza; però che in Dio, che è somma letizia, non cade tristizia nè amaritudine. Egli è somma ricchezza, che non viene mai meno; e non v'ha ladri che imbolino.

Adunque io vi prego carissimamente che siate sollecito, questo punto del tempo che n'è rimaso; però che è grande consolazione il vivere bene e virtuosamente. E però vi dissi, io desideravo che fuste vero cavaliere, che non vi volleste mai in dietro, lassando il santo proponimento cominciato; armato delle vere e reali Virtù, appoggiato alla colonna della santa croce, la quale vi difenderà da ogni morsura e molestia di dimonio o di creatura che volesse ritrarvi dalle virtù. Non date orecchio, nè crediate a' consigli delle creature che vi volessero ritrarre del santo proponimento: ma con la confessione, spesso usando con quella compagnia che v'aiti ad avere Dio per Grazia. Non dico più. Bagnate la memoria vostra nel sangue suo. E confortatevi da parte di frate Bartolomeo, e di Neri. Raccomandate loro e me a messer Berenghieri. Permanete nella santa pace di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CVIII - A monna Giovanna di Capo e a Francesca in Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissime e carissime figliuole mie. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi tutte accese e consumate nel fuoco della divina Carità, sì e per sì fatto modo, che ogni amore proprio e freddezza di cuore, e tenebre di mente abbia a cacciare fuore. Questa è la condizione della divina Carità; che sempre adopera, e mai non si stanca, siccome l'usuraio sempre guadagna il tempo per lui: se dorme, guadagna; se mangia, guadagna, e ciò che fa guadagna, e non perde mai tempo. Questo non fa l'usuraio, ma il tesoro del tempo. Così fa la sposa innamorata di Cristo, arsa nella divina Carità; sempre guadagna, e mai non sta oziosa. Egli dorme; e la Carità lavora, mangiando, dormendo, e vegliando. Ciò che fa, d'ogni cosa trae il frutto. O Carità piena di letizia, tu se' quella madre che nutrichi i figliuoli delle virtùal petto tuo. Tu se' ricca sopra ogni ricchezza, in tanto che l'anima, che si veste di te, non può essere povera. Tu gli doni la bellezza tua, perocchè la fai una cosa con teco; perché, come dice Santo Giovanni, Dio è carità; e chi sta in carità, sta in Dio, e Dio in lui. O figliuole carissime, gaudio e letizia dell'anima mia, ragguardate l'eccellenzia e la dignità vostra, la quale riceveste da Dio permezzo di questa madre della Carità. Chè sì forte fu l'amore che Dio ebbe alla creatura, che 'l mosse a trarre noi di sè, e donarci a noi medesimi la immagine e similitudine sua, solo perché noi godessimo e gustassimo lui, e partecipassimo l'eterna sua bellezza. Non ci fece animali senza intelletto e memoria; ma egli ci diè la memoria a ricevere i benefizii suoi, e lo intendimento ad intendere la somma sua eterna volontà, la quale non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione e la volontà ad amarla. Subitochè l'occhio del cognoscimento intende la volontà del Verbo, che vuole che 'l seguitiamo per la via della santissima croce, portando ogni pena, strazii, scherni, e rimproverii per Cristo crocifisso, che è in noi, che ci conforta; la volontà si leva subito, riscaldata dal fuoco di questa madre della Carità, e corre ad amare quello che Dio ama, e odia quello ch'egli odia, in tanto che non vuole cercare nè desiderare, nè vestirsi d'altro che della somma eterna volontà di Dio. Poich'egli ha inteso e veduto ch'egli non vuole altro che 'l nostro bene, vede che gli piace, e vuole essere seguitato per la via della croce; è contento e gode di ciò che Dio permette, o per infirmità o per povertà, o ingiuria o villania, o obedienzia incomportabile e indiscreta. D'ogni cosa gode ed esulta; e vede che Dio il permette per sua utilità o perfezione. Non mi maraviglio se ella è privata della pena, perocchè ella ha tolto da sè quella cosa che dà pena, cioè la propria volontà, fondata nell'amor proprio, e vestito della volontà di Dio, fondata in carità.

E se voi mi diceste: «Madre mia, come ci vestiremmo?» -rispondovi: «con l'odio, e con l'amore». Chè l'amore fa vestire dell'amore; siccome colui che si veste, che per odio ch'egli ha al vestimento vecchio, se lo spoglia, e con l'amore si mette il nuovo in dosso. O il vestimento, figliuole mie, è quello che veste? no: anco, è l'amore, perocchè 'l vestimento per sè medesimo non si muterebbe, se la creatura non l'avesse preso per amore. Onde potremo ricevere questo odio? solo dal cognoscimento di voi medesime, vedendo, voi non essere: il quale tolle ogni superbia, e infonde vera umilità. Il quale cognoscimento fa trovare il lume e la larghezza della bontà di Dio, e la salute, e inestimabile carità. Il quale non è nascosto a noi: era bene nascoso alla grossità nostra, prima che 'l Verbo Unigenito Figliuolo di Dio s'incarnasse; ma poichè volle essere nostro fratello, vestendosi della grossità della nostra umanità, ci fu manifesto; essendo poi levato in alto, acciocchè 'l fuoco dell'amore fusse manifesto a ogni creatura, e tratto fusse il cuore per forza d'amore.

Dunque bene è vero che l'amore trasforma, e fa una cosa l'amato con colui che ama. Or sollicite dunque, figliuole mie, a distendere il braccio dell'amore a prendere e riponere nella memoria quello che l'intendimento ha inteso. A questo modo sarà adempito il desiderio di Dio e mio in voi, cioè, ch'io vi vedrò arse e consumate, e vestite del fuoco della divina carità. Fate, fate, che vi notrichiate di sangue. Chè tosto ne vengono i tempi nostri.

Non vi maravigliate se non siamo venute; ma tosto ne verremo, se piacerà alla divina bontà. Per alcuna utilità della Chiesa e volontà del Padre Santo ho sostentato per un poco il mio venire. Pregovi o comandovi, a voi, figliuole e figliuoli, che tutte preghiate, e offeriate orazioni, santi e dolci desiderii dinanzi a Dio per la santa Chiesa, perocchè molto è perseguitata. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CIX - All'abate Nunzio apostolico

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Venerabile padre spirituale in Cristo Gesù. Io Catarina, serva vostra e figliuola, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, mi raccomando, e scrivo a voi nel prezioso sangue di Dio; con desiderio di vedervi vero sacerdote, e membro legato nel corpo della Chiesa santa. O venerabile e carissimo padre in Cristo Gesù, quanto sarà beata l'anima vostra e mia, quando io vedrò che noi siamo legati nel fuoco della divina carità, la quale carità sapete che dà il latte alli figliuoli suoi, e notricali! E parmi chequesto latte non si trae per altro modo che tragga il fanciullo il latte dal petto della madre sua; il quale per mezzo della poppa trae il latte, e così si notrica: così sapete, che l'anima nostra non può avere vita per altro modo che per mezzo di Cristo crocifisso. Così disse la prima Verità: «Veruno può andare al Padre se non per me». E in altro luogo dice: «Io sono via, verità e vita; e chi va per me, non va per le tenebre, anzi va per la luce».

O inestimabile dolcissima Carità, quale è la via tua, che tu eleggesti con tanto amore? Io non vedo che fusse onore nè delizie nè gloria umana, nè amor proprio di te medesimo; perocchè la carità non cerca le cose sue, ma solo l'onore di Dio e la salute della creatura. La vita suadunque non fu altro che scherni e ingiurie e rimproveri e villanie, e all'ultimo l'obbrobriosa morte della croce. Per questa via l'hanno seguitato li Santi, siccome membri legati e uniti con questo dolce capo Gesù. Il quale è tanto dolce che nutrica e dà vita a tutte le membra che in esso capo sono legate. E se noi diciamo: «in che modo sèguito questo dolce capo, e legomi con lui?» sapete che con altro modo non si lega l'uomo, se non con legame, nè non diventa una cosa col fuoco se non vi si gitta dentro, che punto non ne rimanga di fuore. Or questo è quello vincolo dell'amore, col quale l'anima si lega con Cristo. Oh quanto è dolce questo legame il quale legò il Figliuolo di Dio in sul legno della santissima croce. E legato che l'uomo è di questo legame, si truova nel fuoco. E fa il fuoco della divina carità nell'anima, come fa il fuoco materiale; perocchè scalda e allumina, e converte in sè. O fuoco dolce e attrattivo, che scaldi e cacci via ogni freddezza di vizio e di peccati, e d'amore proprio di sè medesimo! Questo caldo riscalda e accende questo legno arido della nostra volontà: onde ella s'accende e distende a' dolci e amorosi desiderii amando quello che Dio ama, e odiando quello che Dio odia. E come l'anima vede, sè essere cotanto smisuratamente amata, e dato sè medesimo Agnello svenato in su 'l legno della croce; allora dico che il fuoco l'allumina, e non cade tenebre in lei. E così l'anima, alluminata a questo venerabile fuoco, tutto distende lo intendimento, e allarga. E poichè ha sentito e ricevuto il lume, discerne e vede quello che è nella volontà di Dio; e non vuole seguitare altro che le vestigie di Cristo crocifisso, perocchè vede bene che per altra via non può andare: e non si vuole dilettare in altroche negli obbrobri suoi. Onde allora, per mezzo della carne di Cristo crocifisso, trae a sè il latte della divinadolcezza. O lume dolce dove non cade tenebre nè pena, per veruna amaritudine nè tristizia che venga! Perocchè il lume, ricevuto dal fuoco, vede che ogni cosa procede da Dio, eccetto che il peccato e vizio; e vede che Dio non vuole altro che la santificazione nostra; e per darci questa santificazione della Grazia, unissi esso Dio e umiliossi all'uomo; onde la sua umilità stirpa la nostra superbia.

Egli è quella regola la quale tutti ci conviene seguitare. Questo ragguarda bene lo intendimento alluminato, e vede, fermando l'occhio nell'occhio della divina carità e bontà di Dio. E dove la trova? dentro nel cognoscimento di sè medesimo. Perocchè vede, sè non essere, e l'essere suo cognosce avere da Dio per grazia e per amore, e non per debito. Subito, dunque, il nostro intendimento intenderà a tanta bontà; nascerà in lui una fonte viva di grazia, una vena d'olio di profonda umiltà, la quale non lasserà cadere, nè enfiare per superbia nè per veruno stato nè gloria ch'egli abbia. Ma, come buon pastore, seguiterà le vestigie del maestro suo; siccome faceva quello santo e dolce Gregorio, e gli altri che 'l seguiro, che essendo li maggiori, erano minori, e non volevano essere serviti, anzi servire spiritualmente e temporalmente, più con la buona vita che con le parole. Poi, dunque, che lo intendimento ha ricevuto il lume del fuoco per lo modo che detto è; ed egli il converte in sè medesimo, e diventa una cosa con lui. E così la memoria diventa una cosa con Cristo crocifisso, onde altro non può ritenere nè dilettare nè pensare, che del diletto suo che egli ama, e l'amore ineffabile che egli vede che egli ha a lui e a tutta l'umana generazione. Onde subito la memoria ritiene questo in sè; e diventa amatore di Dio e del prossimo suo; in tanto che cento migliaia di volte porrebbe la vita per lui. E non ragguarda a utilità che tragga da lui; ma solo perché vede che solamente Dio ama la sua creatura, si diletta d'amare quello ch'egli ama. Adunque bene possiamo dire che egli è drittamente fuoco che scalda e allumina, e converte in sè. E accordansi in questo fuoco le tre potenzie dell'anima, cioè la memoria a ritenere li beneficii di Dio, lo intendimento a intendere la bontà; e la volontà si distende ad amare per sì fatto modo che non può altro amare nè desiderare veruna cosa fuore di lui. E tutte le sue operazioni sono dirizzate in lui; e non può vedere altrimenti, ma sempre pensa di fare quella cosa che più piaccia al suo Creatore. E perché vede che veruno sacrificio gli è tanto piacevole quanto essere mangiatore e gustatore dell'anime, mai non se ne sazia. E singolarmente a voi, padre, richiede Dio, e a'vostri pari, questo zelo e sollecitudine. Questa èla via di Cristo crocifisso, che sempre ci darà il lume della Grazia. Ma tenendo altra via, anderemo di tenebre in tenebre, e nell'ultimo alla morte eternale.

Ricevetti, dolce padre mio, la lettera vostra con grande consolazione e letizia, pensando che vi ricordiate di sìvile e misera creatura. Intesi ciò che diceva: e rispondendovi alla prima delle tre cose che mi dimandate, dirò che il dolce nostro Cristo in terra credo, e così pare nel cospetto di Dio, che sarebbe bene che due cose singolari, per le quali la Sposa di Cristo si guasta, si levassero via.L'una si è la troppa tenerezza e sollicitudine di parenti, la quale singolarmente si converrebbe che in tutto e per tutto egli fusse tutto mortificato. L'altra si è la troppo dolcezza fondata in troppa misericordia. Oimè, oimè, questa è la cagione che i membri diventano putridi, cioè per lo non correggere. E singolarmente ha per male Cristo tre perversi vizi; cioè la immondizia, l'avarizia, e lainfiata superbia, la quale regna nella Sposa di Cristo, cioè ne' prelati, che non attendono ad altro che a delizie e stati e grandissime ricchezze. Veggono i demoni infernali portare l'anime de' sudditi loro, e non se ne curano, perché sono fatti lupi, e rivenditori della divina Grazia. Vorrebbesi dunque una forte giustizia a correggerli; perocchè la troppa pietà è grandissima crudelità; ma con giustizia e misericordia si vorrebbe correggere. Ma ben vi dico, padre, che io spero per la bontà di Dio che questo difetto della tenerezza de' parenti, per le molte orazioni e stimoli che egli averà da' servi di Dio, si comincerà a levare. Non dico che la sposa di Cristo non sia perseguitata: ma credo che rimanerà in fiore, come dee rimanere. Egli è bisogno, che a racconciare al tutto, si guasti infino alle fondamenta. E questo che detto è, il gustare che io voglio che voi intendiate, non è in altro modo.

All'altra che dite, de' peccati vostri. Dio vi doni l'abondanzia della sua misericordia. Sapete che Dio non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva. Onde io, indegna vostra figliuola, m'ho recato e recherò il debito de' peccati vostri sopra di me; e insiememente li vostri e li miei arderemo nel fuoco della dolce Carità, dove si consumano. Sicchè sperate, e tenete di fermo che la divina Grazia vi gli ha perdonati. Or pigliate dunque uno ordine di ben vivere: e con virtù tenendo piantato nel cuore vostro il crociato amore che Dio ha a voi, eleggendo innanzi la morte, che offendere il suo Creatore, o tenere l'occhio che sia offeso da' sudditi vostri.

All'altra dico: quando io vi dissi che v'affaticaste nellaChiesa santa, non intesi, nè non dico solamente, delle fadighe che voi pigliate sopra le cose temporali (poniamochè sia bene); ma principalmente vi dovete affatigare insiememente col Padre santo, e farvi ciò che voi potete in trarre li lupi e li demoni incarnati de' pastori, che a veruna cosa attendono, se non in mangiare e in belli palazzi e in grossi cavalli. Oimè, che quello che acquistò Cristo in su il legno della croce, si spende con le meritrici. Pregovi che, se ne doveste morire, che voi ne diciate al Padre santo che ponga remedio a tante iniquitadi. E quando verrà il tempo di fare li pastori e' cardinali, che non si faccino per lusinghe nè per denari nè per simonia: ma pregatelo quanto potete, che egli attenda e miri, se trova la virtù e la buona e santa fama nell'uomo; e non miri più a gentile che a mercennaio; perocchè la virtù è quella cosa che fa l'uomo gentile e piacevole a Dio. E questa è quella dolce fadiga, Padre, che io vi prego e pregai che voi pigliate. E poniamochè l'altre fadighe siano buone; questa è quella fadiga che è ottima.

Altro per ora non dico. Perdonate alla mia presunzione. Raccomandomivi cento migliaia di volte in Cristo Gesù. Stianvi a mente li fatti di messer Antonio. E se vedete costà l'Arcivescovo, sì me gli raccomandate quanto più potete. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CX - A monna Stricca, donna che fu di Cione di Sandro de' Salimbeni

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi serva fedele al nostro Creatore, fondata in vera e santa pazienzia. E pensate che in altro modo non potreste piacere a Dio. Noi siamo pellegrini e viandanti in questa vita, e senza alcuna stanza di tempo corriamo verso il termine della morte; onde ci conviene avere il lume della santissima fede, acciò che (senza essa, per lo impedimento di tenebre) possiamo giungere al termine nostro. Ma vuole essere fede viva, cioè con sante e buone operazioni: perocchè dicono e' Santi che la fede senza l'opere è morta. Poi, dunque, che noi abbiamo creduto che Dio è Dio, e ch'egli ci ha creati alla imagine e similitudine sua, ch'eglici ha dato il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo nato nel ventre dolce di Maria, e morto in sul legno della santissima croce per tollerci la morte e darci la vita della Grazia(la quale perdemmo per la disobedienzia di Adam, e per l'obedienzia del Verbo tutti contraiamo la Grazia, sì come prima tutti contraemmo la morte per lo primo peccato); subito, dico, allora che l'anima ha acquistato così dolcemente il lume della fede, vedendo tanto amore ineffabile quanto Dio le porta (e per darci anco speranza della nostra resurrezione, la quale averemo nell'ultimo dì del Giudizio, egli ha manifestato la resurrezione sua), l'anima s'innamora a tanto lume e a tanta dolcezza d'amore, quanto vede che Dio gli ha. E comincia a vedere con questo medesimo occhio, che Dio non vuole altro che la nostra santificazione; e ciò ch'egli ci dà e permettein questa vita, dà per questo fine; e tribolazioni e consolazioni, ingiurie, scherni e villanie, persecuzioni del mondo e tentazioni del dimonio, fame e sete, infermità e povertà, prosperità e delizie, e ogni cosa, permette per nostro bene. Onde la ricchezza ci permette, perché ne siamo disponsatori a' poveri; le delizie e stati del mondo, non perché noi leviamo il capo per la superbia: anco, molto maggiormente ci dobbiamo umiliare con un santo ringraziamento della divina bontà. La tribolazione, da qualunque lato ella viene, e povertà, ce la dona, perché noi veniamo a vera e perfetta pazienzia, e perché cognosciamo la poca fermezza e stabilità del mondo; acciò che noi ne leviamo l'affetto e 'l desiderio nostro, e siaposto solamente in Dio con le vere e reali virtù. E così riceveremo il frutto delle nostre fadighe. Perocchè ogni fadiga che noi sosteniamo per lo suo amore, è remunerata, e serbatoci il frutto della vita durabile, dove è vita senza morte e luce senza tenebre, sazietà senza fastidio, e fame senza pena. Così dice santo Agostino; dilunga è il fastidio dalla sazietà, e la pena dalla fame. Nell'altra vitaogni bene è remunerato, e ogni colpa è punita.

Adunque l'anima che ha questa viva Fede, partorisce le vere e sante operazioni; ed è veramente paziente a sostenere ogni pena e fadiga per Dio, e per remissione dei peccati suoi. Anco, ha in reverenzia ogni pena, considerando chi è colui che le dà, e perché le dà, e a cui le dà.Chi è colui che le dà? E' Dio, somma ed eterna Bontà; non per odio, ma per singolare amore. Così disse egli a' discepoli suoi: «Io vi mando a esser perseguitati e martirizzati nel mondo, non per odio, ma per singolare amore. E di quello amore che il Padre mio ha amato me, di quello io amo voi. Però chè, perché egli m'amasse di singolare amore, egli non di meno mi mandò a sostenere la pena obbrobriosa della santissima croce». Dico: Perché le dà? Per amore come detto è, e per nostra santificazione, acciò che siamo santificati in lui. Noi chi siamo, a cuisono date queste fadighe? Siamo coloro che non siamo; ma per la colpa nostra siamo degni di cento migliaia d'inferni, se tanti ne potessimo ricevere. Però che, perché noi offendiamo il Bene infinito, doverebbe seguitare una pena infinita; e Dio per misericordia ci punisce nel tempo finito, dandoci pena finita. Perocchè tanto bastano le tribolazioni in questa vita, quanto il tempo, e più no. E però ogni grande fadiga è piccola, per la brevità del tempo. Il tempo nostro, dicono e' Santi, è quanto una punta d'aco. La vita dell'uomo è non cavelle; tanto è poca. Adunque ogni grande fadiga è piccola: la fadiga, che è passata, noi non l'abbiamo; e quella che debbe venire, noi non siamo sicuri d'averla, perché non siamo sicuri d'avere il tempo. Solo dunque questo punto del presente ci è, e più no.

Or su, figliuola dolcissima, lèvati dal sonno; e non dormiamo più, ma seguitiamo con fede viva le vestigie di Cristo crocifisso, con vera e santa pazienzia. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/03/2022 07:52
 
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CXI (111) - A monna Biancina, donna che fu di Giovanni d'Agnolino Salimbeni

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel preziososangue suo; con desiderio di vedervi spogliato il cuore, e l'affetto vostro del mondo e di voi medesima; perocchè in altro modo non vi potreste vestire di Cristo Gesù crocifisso; perché il mondo non ha conformità con Dio. L'affetto disordinato del mondo ama la superbia, e Dio l'umiltà. Egli cerca onore, stato e grandezza, e Dio benedetto le spregia, abbracciando le vergogne, scherni e villanie, fame, sete, freddo e caldo infino all'obbrobriosa morte della croce; e con essa morte rendè onore al padre, e noi fummo restituiti a Grazia. Egli cerca di piacere alle creature, non curandosi dispiacere al Creatore; e egli non cercò mai se non di compire l'obedienzia del Padre eterno per la nostra salute. Egli abbracciò e vestissi della povertà volontaria; e 'l mondo cerca le grandiricchezze. Bene è dunque differente l'uno dall'altro; e però di necessità è, che se 'l cuore è spogliato di Dio, siapieno del mondo. Così disse il nostro Salvatore: «Neuno può servire a due Signori. Che se serve all'uno, è in contento all'altro». Dobbiamo dunque con grande sollecitudine levare il cuore e l'affetto da questo tiranno del mondo, e ponerlo tutto libero e schietto senza veruno mezzo in Dio; non doppio: nè amare fittamente. Però che egli è 'l dolce Dio nostro, che tiene l'occhio suo sopra di noi, e vede l'occulto segreto del cuore.

E' troppo grande semplicità e mattezza la nostra, che noi vediamo che Dio ci vede e è giusto Giudice, che ogni colpa punisce e ogni bene remunera; e stiamo come accecati senza veruno timore, aspettando quello tempo che noi aviamo, nè siamo sicuri d'avere. Sempre ci andiamo attaccando. Se Dio ci taglia un ramo, e noi ne pigliamo un altro. Più ci curiamo di perdere queste cose transitorie, che passano come il vento, e delle creature, che noi non ci curiamo di perdere Dio. Tutto questo addiviene per lo disordinato amore che noi ci aviamo posto, tenendole e possedendole fuore della volontà di Dio. In questa vita ne gustiamo l'arra dell'inferno; perché Dio ha permesso che chi disordinatamente ama, sia incomportabile a sè medesimo. Sempre ha guerra nell'anima e nel corpo. Pena porta di quello che tiene, per timore che ha di non perderlo; e per conservarlo, che non gli venga meno, s'affadiga il dì e la notte. E pena porta di quello che non ha; però che appetisce d'avere, e non avendolo, ha pena. E così mai l'anima si quieta in queste cose del mondo, perché sono tutte meno di sè. Elle sono fatte per noi, e non noi per loro; anco, siamo fatti per Dio, acciò che gustiamo il suo sommo e eterno bene.

Solo dunque Dio la può saziare; in lui si pacifica, e in lui si riposa; perocchè neuna cosa può volere nè desiderare, che ella non trovi in Dio. Trovandolo non le manca che ella non trovi in lui sapienzia a sapersele dare e la volontà a volerle dare le cose utili per la sua salute. E noiil proviamo: che non tanto che egli ci dia addomandando, ma egli ci diè prima che noi fussimo; che, non pregandonelo noi, ci creò alla immagine e similitudine sua, e ricreocci a grazia nel sangue del suo Figliuolo. Sicchè l'anima si pacifica in lui, e non in altro; perocchè egli ècolui che è somma ricchezza, somma potenzia, somma bontà e somma bellezza. Egli è un Bene inestimabile: chè neuno è che possa stimare la bontà, grandezza e diletto suo; ma solo esso medesimo si comprende e si stima. Sicchè egli sa, può e vuole saziare, e compire e' santi desiderii di chi si vuole spogliare del mondo, e vestiredi lui. Adunque non voglio che dormiamo più, carissima madre, ma destianci dal sonno; chè il tempo nostro s'approssima verso la morte continuamente. Le cose temporali e transitorie, e le creature, voglio che teniate per uso, amandole e tenendole come cose prestate a noi, e non come cose vostre. Questo farete traendone l'affetto; altrimenti, no. Trarre se ne conviene, se vogliamo partecipare il frutto del sangue di Cristo crocifisso. Considerando me, che altra via non ci è, dissi che io desideravo di vedere il cuore e l'affetto vostro spogliato del mondo; e a questo mi pare che Dio v'inviti continovamente. Non dico altro. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXII - Alla contessa Benedetta figliuola di Giovanni d'Agnolino Salimbeni da Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti serva e sposa di Cristo crocifisso, considerando me che 'l servire a Dio non è essere servo, ma è regnare. Non è fatta come la perversa servitudine del mondo, la quale servitudine fa invilire la creatura, e fàlla serva e schiava del peccato edel dimonio. Il quale peccato, che non è cavelle, fa venire l'uomo a non cavelle. Sappi, carissima e dolce figliuola, che l'anima che serve alle creature e alle ricchezze fuore di Dio, cioè che disordinatamente appetisce e desidera le ricchezze e delizie del mondo, e vanità con piacere di sè medesimo (perocchè tutte sono vane senza neuna fermezza o stabilità, siccome la foglia che si volle al vento); cade nella morte, e avvilisce sè medesima, perché si sottomette a quelle cose che sono minori di sè. Perocchè tutte quante le cose create sono fatte in servizio della creatura ragionevole; e la creatura che ha in sè ragione, è fatta per servire al suo Creatore. E però noi c'inganniamo: perocchè quanto l'uomo appetisce queste cose transitorie, tanto perde più quella dolce signoria che s'acquista in servire al suo Creatore; e sottomettesi a quella cosa che non è: perocchè amando disordinatamente fuore di Dio, offende Dio. Sicchè bene è verità, che della servitudine del mondo veniamo a non cavelle.

Oh come è matto e stolto colui che si dà a servire quello che non tiene signoria, se non di quella cosa che non è, cioè del peccato! Il dimonio non signoreggia se non coloro che sono operatori delle iniquitadi. E in che modo li signoreggia? Per tormento, dandogli supplicio nella eterna dannazione. E il mondo ancora; ciò sono e' disordinati affetti che noi poniamo al mondo. Chè le cose del mondo in sè sono buone: ma la mala volontà di chi le usa, le fa cattive, prendendole e desiderandole senza timore di Dio. E per questo modo dico che questi sono e' famigli, che ci legano con il dimonio in tormento. Dico, che questa servitudine della morte tolle il lume della ragione, e dà tenebre; tolle la ricchezza della Grazia, e dà la povertà del vizio.

Non voglio, figliuola mia, (poichè tanto è pericoloso) che tu ti dia alla perversa servitudine del mondo; ma voglio che tu sia vera serva di Cristo crocifisso, il quale t'haricomperata del prezioso sangue suo. Egli è il dolce Dio nostro, che ci creò alla imagine e similitudine sua; egli ciha donato il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo per tollerci la morte, e darci la vita. Col sangue suo ci tolse laservitudine del peccato, ed hacci fatti liberi, traendoci dalla signoria del dimonio, che ci possedeva come suoi. Il sangue, ancora, ci ha fatti forti, e hacci messi in possessione di vita eterna; perocchè e' chiovi ci son fatte chiavi, che hanno disserrata la porta, che stava chiusa per lo peccato che era commesso. Questo dolce Verbo salendo a cavallo in sul legno della santissima croce, come vero cavaliere, ha sconfitti e' nemici, e ha messi noi in possessione della vita durabile, sì e per siffatto modo che nè dimonia nè creatura ce la può tollere se noi non volliamo. Adunque bene è dolce questa servitudine; e senza questa servitudine non possiamo participare la divina Grazia. E però dissi, che io desideravo di vederti serva e sposa di Cristo crocifisso; perocchè, subito che tu se' fatta serva (però che il servire a Dio è regnare), amano a mano diventi sposa. Voglio dunque che tu sia sposa fedele, che tu non ti parta mai dallo Sposo tuo, amando nè desiderando neuna cosa fuore di Dio. Ama questo dolce e glorioso Sposo che t'ha data la vita, e non muore mai. Ma gli altri sposi muoiono, e passano come il vento: e spesse volte sono cagione della morte nostra. E tu hai provato che fermezza ha; perocchè in piccolo tempo due calci t'ha dato il mondo: e questo ha permesso la Divina Bontà perché tu fugga dal mondo, e rifugga a lui come Padre e Sposo tuo. Fuggi dunque il veleno del mondo, che ti mostra un fiore, mostrandosi fanciullo, ed egli è uno vecchio; mostra la lunga vita, e ella è breve; pare ch'egli abbia alcuna fermezza, e egli è volubile, sì come la foglia che si volle al vento. Tu hai bene veduto che in te non ebbe fermezza: e così ti pensa che ti farà il simile se tu te ne fidi più; però che così è mortale l'ultimo come il primo.

Lèvati su dunque da ogni tenerezza e amore proprio di te, e entra nelle piaghe di Cristo crocifisso, dove è perfetta, e vera sicurtà. Egli è quel luogo dolce, dove la sposa empie la lampana del cuore suo: chè drittamente il cuore è una lampana. Il quale debbe essere siccome la lampana, ch'è stretta da piedi e larga da capo; cioè che 'ldesiderio e affetto suo sia ristretto al mondo, e largo di sopra: cioè dilargare il cuore e l'affetto suo in Cristo crocifisso, amandolo e tenendolo con vera e santa sollecitudine. E allora empirai questa lampana al costato di Cristo crocifisso. Il costato ti mostra il segreto del cuore: chè quello ch'egli ha fatto e dato per noi, ha fatto per proprio amore. Ine trova la vera e profonda umiltà, la quale è l'olio che nutrica il fuoco e 'l lume del cuore della sposa di Cristo. Che maggiore larghezza d'amore puoi trovare, che vedere ch'egli abbia posta la vita per te? E che maggiore bassezza si può vedere o si trova mai, che vedere Dio umiliato all'uomo? E Dio-e-Uomo corso all'obbrobriosa morte della croce? Questa umiltà confonde ogni superbia, delizie e grandezze del mondo; questa è quella virtù piccola che è balia e nutrice della Carità. Allora è ricevuta la Sposa dallo Sposo suo, ed è messa nella camera dove si trova la mensa e il cibo e 'l servitore. La camera è la divina essenzia dove si nutricano i veri gustatori. Ine si gusta il Padre eterno, che è mensa; il Figliuolo, ch'è il cibo; e lo Spirito Santo, che ciserve. E così gusta e si sazia l'anima, in verità, della eterna visione di Dio.

Or non dormire dunque più, ma dèstati dal sonno delle delizie del mondo, e sèguita il tuo diletto Cristo; e non aspettare il tempo, chè tu non sei sicura d'averlo, perocchè ti viene meno. Chè tal ora crediamo noi vivere, che la morte viene a tollerci il tempo. E però chi fosse savio, non perderebbe il tempo che egli ha per quello che non ha. Rispondi dunque a Dio che ti chiama, col cuore fermo: e non credere nè a madre nè a suoro nè a fratello, nè a corpo di creatura che ti volesse impedire. Chè tu sai che in questo noi non doviamo essere obbedienti a loro. E così dice il nostro Salvatore: «Chi non renuncia al padre e alla madre, a suoro e a fratelli, e anco a sè medesimo, non è degno di me». Conviensi dunque renunciare a tutto il mondo e a sè medesimo, e seguitare il gonfalone della santissima croce. Altro non ti dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

A te dico, figliuola mia, che se tu vorrai essere sposa vera del tuo Creatore, che tu esca della casa del padre tuo; e disponti di venire, quando il luogo sarà fatto; che già è cominciato, e fassi di forza: cioè il monasterio di Santa Maria degli Angeli a Belcaro. Se tu 'l farai, giugnerai in terra di promissione. Altro non dico. Dio ti riempia della sua dolcissima grazia.


CXIII - Alla contessa Benedetta figliuola di Giovanni d'Agnolino Salimbeni

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondata in vera e perfetta carità, la quale carità è uno vestimento nuziale, che ricuopre ogni nostra nudità, e nasconde le vergogne nostre, cioè il peccato, il quale germina vergogna; lo spegne e consuma nel suo calore. E senza questo vestimento non possiamo entrare alla vita durabile, alla quale siamo invitati.

Che è carità? è uno amore ineffabile, che l'anima ha tratto dal suo Creatore, con tutto l'affetto e con tutte leforze sue. Dico che l'aveva tratto del suo Creatore: e così è la verità. Ma come si trae? coll'amore: perocchè l'amore non s'acquista se non coll'amore e dall'amore. Ma tu mi dirai, carissima figliuola: «Che modo mi conviene avere a trovare e acquistare questo amore?» Rispondoti, per questo modo. Ogni amore s'acquista col lume: perocchè la cosa che non si vede, non si cognosce; onde non cognoscendosi, non s'ama. Conviensi dunque avere il lume, acciò che tu vegga e cognosca quello che tu debba amare. E perché il lume c'era necessario, provede Dio alla nostra necessità, dandoci il lume dell'intelletto, che è la più nobile parte dell'anima, colla pupilla,dentrovi, della santissima fede. E dicoti che, poniamochè la persona offenda il suo Creatore, non passa però nè vive senza amore nè senza il lume. Perocchè l'anima, ch'è fatta d'amore e creata per amore alla immagine e similitudine di Dio, non può vivere senza amore; nè amerebbe senza il lume. Onde se vuole amare, si conviene che vegga. Ma sai che vedere è, e che amare è quello degli uomini del mondo? E' uno vedere tenebroso e oscuro; e per la oscura notte non si discerne la verità: ed è uno amore mortale, però che dà morte nell'anima, tollendole la vita della Grazia. Ma perché è oscuro questo vedere? Perché s'è posto nella oscurità delle cose transitorie del mondo, avendosele poste dinanzi a sè, fuore di Dio; cioè che non le ragguarda nella sua bontà, ma solo le ragguarda per diletto sensitivo; il quale diletto e amore sensitivo mosse lo intelletto a vedere e cognoscere cose sensitive. Onde quest'affetto che si nutrica col lume dell'intelletto, poniamo prima che l'affetto il movesse, come detto è, le dà morte, commettendo la colpa, e tollere la vita della Grazia; perocchè neuna cosa si può amare nè vedere, fuore di Dio, che non ci dia morte; e però quello che s'ama, si dee amare in lui e per lui, cioè ricognoscere sè e ogni cosa dalla sua bontà. Sicchè vedi, che questi ama e vede; perocchè senza amare e senza vedere non si può vivere. Ma è differente l'amore degli uomini del mondo, il quale dà morte, dall'amore del servo di Dio, che dà vita: perocchè l'amore che s'acquista dal sommo ed eterno Amore, dà vita di Grazia. Poi, dunque, ch'è il lume che ha l'occhio dell'intelletto, debbelo aprire col lume della santissima fede, e ponersi per obietto l'amore inestimabile che Dio ci ha mostrato. Allora l'affetto, vedendosi amare, non potrà fare che non ami quello che lo intelletto vide e cognobbe in verità.

O carissima figliuola, e non vedi tu che noi siamo un arbore d'amore, perché siamo fatti per amore? Ed è sì ben fatto questo arbore, che non è alcuno che 'l possa impedire che non cresca, non tollergli il frutto suo, se egli non vuole. E hagli dato Dio a questo arbore uno lavoratore, che l'abbia a lavorare, però che gli piace; e questo lavoratore è il libero arbitrio. E se questo lavoratore l'anima non l'avesse, non sarebbe libera; non essendo libera, averebbe scusa del peccato: la quale non può avere; perocchè neuno è, nè il mondo nè il dimonio nè la fragile carne, che costrignerla possa a colpa alcuna, seella non vuole. Perocchè questo arbore ha in sè la ragione, se il libero arbitrio la vuole usare; e ha l'occhio dellointelletto, che cognosce e vede la verità, se la nebbia dell'amor proprio non gliel'offusca. E con questo lume vede dove debba esser piantato l'arbore; perocchè, se nol vedesse e non avesse questa dolce potenzia dell'intelletto, il lavoratore averebbe scusa, e potrebbe dire: «Io ero libero; ma io non vedevo in che io potevo piantare l'arbore mio, o in alto o in basso». Ma questo non può dire; però che ha lo intelletto che vede, e la ragione,la quale è uno legame di ragionevole amore, con che può legarlo e innestarlo nell'arbore della vita Cristo dolce Gesù. Debbe dunque piantare l'arbore suo, poi che l'occhio dell'intelletto ha veduto il luogo, e in che terraegli debba stare a volere producere frutto di vita. Carissima figliuola, se 'l lavoratore del libero arbitrio allora ilpianta là dove debba essere piantato, cioè nella terra della vera umiltà (perocchè nol dee ponere in sul monte della superbia, ma nella valle della umiltà); allora produce fiori odoriferi di virtù, e singolarmente produrrà quello sommo fiore della gloria e loda al nome di Dio: e tutte le sue operazioni e virtù, le quali sono dolci fiori efrutti, riceveranno odore da questo. Questo è quel fiore, carissima figliuola, che fa fiorire le virtù vostre: il qualefiore Dio vuole per sè, e il frutto vuole che sia nostro. Diquesto arbore egli vuole solamente questi fiori della gloria, cioè che noi rendiamo gloria e loda al nome suo; e 'l frutto dà a noi, però ch'egli non ha bisogno di nostri frutti, perché a lui non manca alcuna cosa. Perch'egli è colui che è: ma noi che siamo coloro che non siamo, n'abbiamo bisogno. Noi non siamo per noi, ma per lui; però ch'egli ci ha dato l'essere, e ogni grazia che abbiamo sopra l'essere. Chè a lui utilità non possiamo fare. E perché la somma ed eterna Bontà vede che l'uomo non vive de' fiori, ma solo del frutto (perocchè del fiore morremmo, e del frutto viviamo); però tolle il fiore per sè, eil frutto dà a noi. E se la ignorante creatura si volesse notricare di fiori, cioè, che la gloria e la loda che dee esseredi Dio, la desse a sè; sì gli tolle la vita della Grazia, e dàgli la morte eternale, se egli muore che non si corregga, cioè che tolla il frutto per sè, e il fiore, cioè la gloria, diaa Dio. E poi che l'arbore nostro è piantato così dolcemente; egli cresce per sì fatto modo, che la cima dell'arbore, cioè l'affetto dell'anima, non si vede da creatura dove sia unito coll'infinito Dio per affetto d'amore.

O figliuola carissima, io ti voglio dire in che campo sta questa terra, acciò che tu non errassi. La terra è la vera umiltà, come detto è; e 'l luogo, dov'ella è, è'l giardino chiuso del cognoscimento di sè. Dico che è chiuso, perché l'anima che sta nella cella del cognoscimento di sè medesima, ella è chiusa, e non è aperta, cioè che non si diletta nelle delizie del mondo, e non cerca le ricchezze, ma povertà volontaria; e non le cerca per sè nè per altrui, e non si distende in piacere alle creature, ma soloal creatore. E quando il demonio le desse laide e diverse cogitazioni con molte fadighe di mente e disordinati timori, allora ella non s'apre, ponendoseli a investigare, nè a voler sapere perché vengano, nè a stare a contendere con loro; e non spande il cuore suo per confusione nè per tedio di mente; nè abbandona gli esercizi suoi. Anco si serra e si chiude colla compagnia della speranza e col lume della santissima fede, e coll'odio e dispiacimento della propria sensualità, reputandosi indegna della pace e quiete della mente; e per vera umiltà si reputa degna della guerra, e indegna del frutto, cioè che si reputa degna della pena che le pare ricevere nel tempo delle grandi battaglie. E ponsi sempre per obietto Cristo crocifisso, dilettandosi di stare in croce con lui: e col pensiero caccia il pensiero. Or questo è il dolce luogo dove sta la terra della vera umiltà.

Poichè la cima, cioè l'affetto dell'anima che va dietro all'intelletto, come detto è, ha cognosciuto l'obietto di Cristo crocifisso, l'abisso del fuoco della sua carità, il quale cognobbe in questo Verbo (perocchè per questo mezzo ci è manifestato l'amore che Dio ci ha); e questo Verbo cognobbe nel cognoscimento di sè, quando cognobbe sè creatura ragionevole creata alla immagine e similitudine di Dio, e recreata nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo; allora l'affetto sta unito coll'affetto di Cristo crocifisso; e coll'amore trae a sè l'amore; cioè coll'amore ordinato, che leva sopra il sentimento sensitivo, trae a sè l'amore affocato di Cristo crocifisso. Perocchè il cuore nostro, quando è innamorato d'un amore divino, fa come la spugna, che trae a sè l'acqua. Perché la spugna se non fusse messa nell'acqua, non la trarrebbe a sè, non ostante che la spugna sia disposta dalla parte sua. E così ti dico che se la disposizione del cuore nostro, il quale è disposto e atto ad amare, se il lume dellaragione e la mano del libero arbitrio no 'l leva e congiunge nel fuoco della divina carità; non s'empie mai della grazia di Dio: ma se s'unisce, sempre s'empie. E però ti dissi che dall'amore e coll'amore si trae l'amore.

Poi che 'l vasello del cuore è pieno, e egli inacqua l'arbore coll'acqua della divina carità del prossimo; la quale è una rugiada e una piova che inacqua la pianta dell'arbore e la terra della vera umiltà, e ingrassa essa terra e ilgiardino del cognoscimento di sè; però che allora è condito col condimento del cognoscimento della bontà di Dio in sè. Tu sai bene che l'arbore non è bene inaffiato della rugiada e della piova, e è riscaldato del caldo del sole, non producerebbe il frutto; onde non sarebbe perfetto, ma imperfetto. Così l'anima, la quale è un arbore come detto è, perché fusse piantato, e non inaffiato colla piova della carità del prossimo e colla rugiada del cognoscimento di sè, e scaldato del sole della divina Carità; non darebbe frutto di vita, nè il frutto suo sarebbe maturo.

Poi che l'arbore è cresciuto, e egli distende e' rami suoi, porgendo del frutto al prossimo suo, cioè frutto di santissime e umili e continue orazioni, dandogli esempio di santa e buona vita. E anco li distende, quando può, sovvenendolo della sustanzia temporale con largo e liberale cuore, schietto e non finto, cioè che mostri una cosa in atto, e non sia in fatto; ma schiettamente e con affettuosa carità il serve di qualunque servizio egli può, e chevede egli abbia bisogno, giusta il suo potere. La Carità non cerca le cose sue, e non cerca sè per sè, ma sè per Dio, per rendere e' fiori della gloria, e loda al nome suo;e non cerca Dio per sè, ma Dio per Dio, in quanto è degno d'essere amato da noi per la bontà sua; e non ama nè cerca, nè serve il prossimo suo per sè, ma solo per Dio, per rendergli quello debito il quale a Dio non può rendere, cioè di fare utilità a Dio. Perché già io ti dissiche utilità a Dio non possiamo fare: e però il fa Dio fare al prossimo suo; il quale è uno mezzo, che c'è posto da Dio per provare la virtù, e per mostrare l'amore che abbiamo al dolce ed eterno Dio.

Questa Carità gusta vita eterna, consuma e ha consumato tutte le nostre iniquità; e dacci lume perfetto, con pazienzia vera, e facci forti e perseveranti in tanto che mai non volliamo il capo a dietro a mirare l'arato; ma perseveriamo infino alla morte, dilettandoci di stare in sul campo della battaglia per Cristo crocifisso; ponendoci il sangue suo dinanzi, acciò che ci faccia inanimare nella battaglia come veri cavalieri. Adunque, poi che c'è tanto utile e necessaria, e sì dilettevole questa carità, chesenz'essa stiamo in continua amaritudine, e riceviamo la morte, e sono scoperte le nostre vergogne, e nell'ultimo dì del giudizio siamo svergognati da tutto l'universo mondo, e dinanzi alla natura angelica e a tutti e' cittadini della vita durabile (dove è vita senza morte, e luce senza tenebre, dove è la perfetta e comune carità, partecipando e gustando il bene l'uno dell'altro per affetto d'amore); è da abbracciarla questa dolce reina, e vestimento nuziale della carità, e con ansietato e dolce desiderio disponersi alla morte per poter acquistare questa reina; e poichè l'aviamo, volere sostenere ogni pena da qualunque lato elle ci vengano, infino alla morte, per poterla conservare e crescere nel giardino dell'anima nostra. Altro modo nè altra via non ci veggo. E però ti dissi che io desideravo di vederti fondata in vera e perfetta carità.

Pregoti per l'amore di Cristo crocifisso che ti studii, quanto tu puoi, di fare questo fondamento; e non ti bisognerà di temere di questo timore servile; nè avere paura de' venti contrarii delle molestie del dimonio e delle creature, le quali sono tutti venti contrarii che vogliono impedire la nostra salute. Ma perché l'arbore posto nella valle non potrà essere offeso da' venti, sia umile e mansueta di cuore. Altro non ti dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXIV - Ad Agnolino di Giovanni d'Agnolino de' Salimbeni da Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo: con desiderio di vedervi vero combattitore, e non schifare i colpi, come fane il vile cavaliere. Figliuolo mio dolce, noi siamo posti in questo campo della battaglia; e sempre ci conviene combattere, e d'ogni tempo e in ogni luogo noi abbiamo e' nemici nostri, e' quali assediano la città dell'anima; ciò sono la carne con lo disordinato diletto sensitivo, 'l mondo coll'onore e con le delizie sue, e il dimonio con la sua malizia. Il quale, per impedire il santo desiderio dell'anima, si pone con molti lacciuoli, e per sè medesimo, o col mezzo della creatura in su la lingua de' servi suoi, facendo parole piacentiere e di lusinghe o di minacce o di mormorazioni o d'infamie: e questo fa per contristare l'anima, e per farla venire a tedio nelle buone e sante operazioni. Ma noi, come cavalieri virili, doviamo resistere, e guardare questa città, e serrare le porte de' disordinati sentimenti. E ponere per guardia il cane della coscienzia; sicchè, quando il nemico passa, sentendo, gli abbai; e così desterà l'occhio dell'intelletto, e vederà seegli è amico o nemico, cioè o vizio o virtù, che passi. A questo cane si conviene dare bere e mangiare: bere se gli conviene dare il sangue, e mangiare il fuoco, acciò che si levi dal freddo della negligenzia; e così diventerà sollecito. A te dico, figliuolo Agnolino, dagli mangiare a questo tuo cane della coscienzia fuoco di ardentissima carità, e bere del sangue dell'Agnello immacolato, aperto in croce, il quale da ogni parte del corpo suo versa sangue. Perché noi abbiamo che dargli bere. E così facendo, sarà tutto rinvigorito; e sarete vero combattitore. E tollete il coltello dell'odio e dell'amore; cioè odio e dispiacimento del vizio, ed amore della virtù; e il nemico della carne nostra, che è il più pessimo e malvagio nemico che noi possiamo avere, sia ucciso; e il diletto suo, daquesto coltello. E la coscienzia il faccia vedere all'occhiodell'intelletto, quanto è pericoloso questo nemico del diletto carnale, che passa nell'anima; acciò che l'uccida. E ragguardi la carne flagellata di Cristo crocifisso, acciòche si vergogni di tenere in piacere e in diletto disordinato, e in delizie il corpo suo. E il dimonio con le maliziee lacciuoli suoi e' quali egli ha tesi per pigliare l'anime, sisconfigga con la virtù della vera umiltà. Abbai questo cane della coscienzia, destando l'occhio dell'intelletto. Evegga quanto è pericoloso a credere agl'inganni suoi; e vollasi a sè medesimo, e cognosca l'uomo, sè non essere, acciò che non venga a superbia; perocchè l'umiltà è quella che rompe tutti i lacciuoli del dimonio.

Bene averebbe l'uomo da vergognarsi d'insuperbire, vedendosi sè non essere, e l'esser suo avere da Dio, e non da sè; e vedere Dio umiliato a lui. Perocchè per profonda umiltà discese dalla somma altezza a tanta bassezza, quanto è la carne nostra. Questo dolce e innamorato Agnello, Verbo incarnato, ci dà conforto: però che da lui viene ogni conforto. Perocchè egli è venuto, come nostro capitano, e con la mano disarmata, confitta e chiavellata in croce, ha sconfitti e' nemici nostri; e 'l sangue è rimaso in sul campo per animare noi, cavalieri, a combattere virilmente e senza alcuno timore. Il dimonio è diventato impotente per lo sangue di questo Agnello; perocchè non ci può fare più che Dio permetta, e Dio non permette che ci sia posto maggior peso che noi possiamo portare. La carne è sconfitta co' flagelli e tormenti di Cristo; e il mondo coll'obbrobrio, scherni, villanie evituperio; e la ricchezza con la povertà volontaria di Cristo crocifisso. Perocchè la somma Ricchezza è tanto povera, che non ha luogo dove posare il capo suo, stando in sul legno della santissima croce.

Quando il nemico, dunque, dell'onore e dello stato del mondo vuole entrare dentro, fa', figliuolo, che gli abbai il cane della coscienzia tua, e desti la guardia dell'intelletto: acciò che vegga che stabilità o fermezza non ha alcuno onore o stato del mondo. Da qualunque parte elle vengono, non ne truova punto. E voi 'l sapete, che l'avete veduto e provato. Poi voglio che voi vediate, che il darsi disordinatamente a queste cose transitorie che passano come il vento, non ne sèguita onore, ma vituperio; però che l'uomo si sottomette a cosa meno di sè, e serve a cose finite; ed egli è infinito. Perocchè l'uomo non finisce mai ad essere, benchè finisca a Grazia per lo peccato mortale. E però se noi vogliamo onore e riposo e sazietà, convienci servire e amare cosa che sia maggiore di noi.

Dio è il nostro redentore, signore e padre, somma ed eterna Bontà, degno d'essere amato e servito da noi: e per debito il doviamo fare, se vogliamo partecipare della divina Grazia. Egli è somma Potenzia e sazietà; Egli è colui che sazia e empie l'anima e fortifica ogni debile; sìche sta in pace, e in quiete, e in sazietà e in sicurtà, e d'altro non si può saziare. E per questa cagione è, che ogni cosa creata è meno che l'uomo. Adunque lo spregiare del mondo è l'onore e la ricchezza dell'uomo. Ma gli stolti e matti non cognoscono questo vero onore, ma reputano tutto il contrario. Ma voi, come vero combattitore, levatevi sopra a' sentimenti vostri sensitivi, e cognoscete questa verità. E non vogliate credere a'malvagi e iniqui uomini: chè favella il dimonio per bocca loro, per impedire la vita e salute vostra, e per provocarvi ad ira e contradire alla volontà di Dio. E però non credete a' consiglieri del dimonio; ma credete e rispondete allo Spirito Santo, che vi chiama. Traete fuore la disciplina dell'ardire, e con viril cuore rispondete a loro, e dite chevoi non sete colui che volliate ricalcitrare a Dio, perocchè non potreste.

So che v'è detto, e vi sarà, molto male della Contessa da'fedeli e dagli altri, perché ella vuol essere serva e sposa di Gesù Cristo. Questi iniqui, per impedire lei e voi, vi porranno innanzi i timori e sospetti; e porranno per vituperio e per viltà quello che è 'l maggiore onore che avere possiate. Perocchè non tanto che sia onore presente, ma l'onore e il ricordamento e la memoria di voi sarà dinanzi a Dio e nel mondo infine all'ultimo fine sopra a tutti quanti e' vostri antecessori. Stolti e matti noi, chevogliamo pur poner l'affetto e la sollecitudine e la speranza nel fuoco della paglia. Gran fuoco si mostrò la prima volta che la sposaste: ma subito venne meno, e non rimase altro che fumo di dolore. La seconda apparbe la materia del fuoco, ma non venne in effetto; però che venne il vento della morte, e portollo via, molto sarebbe dunque semplice ella e voi, poichè lo Spirito Santo la chiama, se ella non rispondesse. E ha veduto che il mondo la rifiuta, e cacciala a Cristo crocifisso. Son certa perla divina bontà, che voi non sarete quello che per veruno detto vi scordiate della volontà di Dio, e non sarete corrente nè ratto a'detti del mondo. Chiudete, chiudete la bocca a' sudditi vostri, che non favellino tanto: e mostrategli il volto. Non dubito (se il cane della coscienza non dorme e l'occhio dell'intelletto) che voi 'l farete; perocchè in altro modo non sareste combattitore virile; anco mostrereste grandissima viltà: e il mio desiderio è di vedervi virile. E però vi dissi, che io desideravo di vedervi vero combattitore posto in questo campo della battaglia, e singolarmente in questa battaglia nuova che voi avete ora per la disposizione della Contessa. Il dimonio s'avvede della perdita sua, e però vi fa dare tanta molestia alle creature. E però confortatevi, e uccidete ogni parere del mondo; e viva in voi Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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14/03/2022 07:52
 
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CXI (111) - A monna Biancina, donna che fu di Giovanni d'Agnolino Salimbeni

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel preziososangue suo; con desiderio di vedervi spogliato il cuore, e l'affetto vostro del mondo e di voi medesima; perocchè in altro modo non vi potreste vestire di Cristo Gesù crocifisso; perché il mondo non ha conformità con Dio. L'affetto disordinato del mondo ama la superbia, e Dio l'umiltà. Egli cerca onore, stato e grandezza, e Dio benedetto le spregia, abbracciando le vergogne, scherni e villanie, fame, sete, freddo e caldo infino all'obbrobriosa morte della croce; e con essa morte rendè onore al padre, e noi fummo restituiti a Grazia. Egli cerca di piacere alle creature, non curandosi dispiacere al Creatore; e egli non cercò mai se non di compire l'obedienzia del Padre eterno per la nostra salute. Egli abbracciò e vestissi della povertà volontaria; e 'l mondo cerca le grandiricchezze. Bene è dunque differente l'uno dall'altro; e però di necessità è, che se 'l cuore è spogliato di Dio, siapieno del mondo. Così disse il nostro Salvatore: «Neuno può servire a due Signori. Che se serve all'uno, è in contento all'altro». Dobbiamo dunque con grande sollecitudine levare il cuore e l'affetto da questo tiranno del mondo, e ponerlo tutto libero e schietto senza veruno mezzo in Dio; non doppio: nè amare fittamente. Però che egli è 'l dolce Dio nostro, che tiene l'occhio suo sopra di noi, e vede l'occulto segreto del cuore.

E' troppo grande semplicità e mattezza la nostra, che noi vediamo che Dio ci vede e è giusto Giudice, che ogni colpa punisce e ogni bene remunera; e stiamo come accecati senza veruno timore, aspettando quello tempo che noi aviamo, nè siamo sicuri d'avere. Sempre ci andiamo attaccando. Se Dio ci taglia un ramo, e noi ne pigliamo un altro. Più ci curiamo di perdere queste cose transitorie, che passano come il vento, e delle creature, che noi non ci curiamo di perdere Dio. Tutto questo addiviene per lo disordinato amore che noi ci aviamo posto, tenendole e possedendole fuore della volontà di Dio. In questa vita ne gustiamo l'arra dell'inferno; perché Dio ha permesso che chi disordinatamente ama, sia incomportabile a sè medesimo. Sempre ha guerra nell'anima e nel corpo. Pena porta di quello che tiene, per timore che ha di non perderlo; e per conservarlo, che non gli venga meno, s'affadiga il dì e la notte. E pena porta di quello che non ha; però che appetisce d'avere, e non avendolo, ha pena. E così mai l'anima si quieta in queste cose del mondo, perché sono tutte meno di sè. Elle sono fatte per noi, e non noi per loro; anco, siamo fatti per Dio, acciò che gustiamo il suo sommo e eterno bene.

Solo dunque Dio la può saziare; in lui si pacifica, e in lui si riposa; perocchè neuna cosa può volere nè desiderare, che ella non trovi in Dio. Trovandolo non le manca che ella non trovi in lui sapienzia a sapersele dare e la volontà a volerle dare le cose utili per la sua salute. E noiil proviamo: che non tanto che egli ci dia addomandando, ma egli ci diè prima che noi fussimo; che, non pregandonelo noi, ci creò alla immagine e similitudine sua, e ricreocci a grazia nel sangue del suo Figliuolo. Sicchè l'anima si pacifica in lui, e non in altro; perocchè egli ècolui che è somma ricchezza, somma potenzia, somma bontà e somma bellezza. Egli è un Bene inestimabile: chè neuno è che possa stimare la bontà, grandezza e diletto suo; ma solo esso medesimo si comprende e si stima. Sicchè egli sa, può e vuole saziare, e compire e' santi desiderii di chi si vuole spogliare del mondo, e vestiredi lui. Adunque non voglio che dormiamo più, carissima madre, ma destianci dal sonno; chè il tempo nostro s'approssima verso la morte continuamente. Le cose temporali e transitorie, e le creature, voglio che teniate per uso, amandole e tenendole come cose prestate a noi, e non come cose vostre. Questo farete traendone l'affetto; altrimenti, no. Trarre se ne conviene, se vogliamo partecipare il frutto del sangue di Cristo crocifisso. Considerando me, che altra via non ci è, dissi che io desideravo di vedere il cuore e l'affetto vostro spogliato del mondo; e a questo mi pare che Dio v'inviti continovamente. Non dico altro. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXII - Alla contessa Benedetta figliuola di Giovanni d'Agnolino Salimbeni da Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti serva e sposa di Cristo crocifisso, considerando me che 'l servire a Dio non è essere servo, ma è regnare. Non è fatta come la perversa servitudine del mondo, la quale servitudine fa invilire la creatura, e fàlla serva e schiava del peccato edel dimonio. Il quale peccato, che non è cavelle, fa venire l'uomo a non cavelle. Sappi, carissima e dolce figliuola, che l'anima che serve alle creature e alle ricchezze fuore di Dio, cioè che disordinatamente appetisce e desidera le ricchezze e delizie del mondo, e vanità con piacere di sè medesimo (perocchè tutte sono vane senza neuna fermezza o stabilità, siccome la foglia che si volle al vento); cade nella morte, e avvilisce sè medesima, perché si sottomette a quelle cose che sono minori di sè. Perocchè tutte quante le cose create sono fatte in servizio della creatura ragionevole; e la creatura che ha in sè ragione, è fatta per servire al suo Creatore. E però noi c'inganniamo: perocchè quanto l'uomo appetisce queste cose transitorie, tanto perde più quella dolce signoria che s'acquista in servire al suo Creatore; e sottomettesi a quella cosa che non è: perocchè amando disordinatamente fuore di Dio, offende Dio. Sicchè bene è verità, che della servitudine del mondo veniamo a non cavelle.

Oh come è matto e stolto colui che si dà a servire quello che non tiene signoria, se non di quella cosa che non è, cioè del peccato! Il dimonio non signoreggia se non coloro che sono operatori delle iniquitadi. E in che modo li signoreggia? Per tormento, dandogli supplicio nella eterna dannazione. E il mondo ancora; ciò sono e' disordinati affetti che noi poniamo al mondo. Chè le cose del mondo in sè sono buone: ma la mala volontà di chi le usa, le fa cattive, prendendole e desiderandole senza timore di Dio. E per questo modo dico che questi sono e' famigli, che ci legano con il dimonio in tormento. Dico, che questa servitudine della morte tolle il lume della ragione, e dà tenebre; tolle la ricchezza della Grazia, e dà la povertà del vizio.

Non voglio, figliuola mia, (poichè tanto è pericoloso) che tu ti dia alla perversa servitudine del mondo; ma voglio che tu sia vera serva di Cristo crocifisso, il quale t'haricomperata del prezioso sangue suo. Egli è il dolce Dio nostro, che ci creò alla imagine e similitudine sua; egli ciha donato il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo per tollerci la morte, e darci la vita. Col sangue suo ci tolse laservitudine del peccato, ed hacci fatti liberi, traendoci dalla signoria del dimonio, che ci possedeva come suoi. Il sangue, ancora, ci ha fatti forti, e hacci messi in possessione di vita eterna; perocchè e' chiovi ci son fatte chiavi, che hanno disserrata la porta, che stava chiusa per lo peccato che era commesso. Questo dolce Verbo salendo a cavallo in sul legno della santissima croce, come vero cavaliere, ha sconfitti e' nemici, e ha messi noi in possessione della vita durabile, sì e per siffatto modo che nè dimonia nè creatura ce la può tollere se noi non volliamo. Adunque bene è dolce questa servitudine; e senza questa servitudine non possiamo participare la divina Grazia. E però dissi, che io desideravo di vederti serva e sposa di Cristo crocifisso; perocchè, subito che tu se' fatta serva (però che il servire a Dio è regnare), amano a mano diventi sposa. Voglio dunque che tu sia sposa fedele, che tu non ti parta mai dallo Sposo tuo, amando nè desiderando neuna cosa fuore di Dio. Ama questo dolce e glorioso Sposo che t'ha data la vita, e non muore mai. Ma gli altri sposi muoiono, e passano come il vento: e spesse volte sono cagione della morte nostra. E tu hai provato che fermezza ha; perocchè in piccolo tempo due calci t'ha dato il mondo: e questo ha permesso la Divina Bontà perché tu fugga dal mondo, e rifugga a lui come Padre e Sposo tuo. Fuggi dunque il veleno del mondo, che ti mostra un fiore, mostrandosi fanciullo, ed egli è uno vecchio; mostra la lunga vita, e ella è breve; pare ch'egli abbia alcuna fermezza, e egli è volubile, sì come la foglia che si volle al vento. Tu hai bene veduto che in te non ebbe fermezza: e così ti pensa che ti farà il simile se tu te ne fidi più; però che così è mortale l'ultimo come il primo.

Lèvati su dunque da ogni tenerezza e amore proprio di te, e entra nelle piaghe di Cristo crocifisso, dove è perfetta, e vera sicurtà. Egli è quel luogo dolce, dove la sposa empie la lampana del cuore suo: chè drittamente il cuore è una lampana. Il quale debbe essere siccome la lampana, ch'è stretta da piedi e larga da capo; cioè che 'ldesiderio e affetto suo sia ristretto al mondo, e largo di sopra: cioè dilargare il cuore e l'affetto suo in Cristo crocifisso, amandolo e tenendolo con vera e santa sollecitudine. E allora empirai questa lampana al costato di Cristo crocifisso. Il costato ti mostra il segreto del cuore: chè quello ch'egli ha fatto e dato per noi, ha fatto per proprio amore. Ine trova la vera e profonda umiltà, la quale è l'olio che nutrica il fuoco e 'l lume del cuore della sposa di Cristo. Che maggiore larghezza d'amore puoi trovare, che vedere ch'egli abbia posta la vita per te? E che maggiore bassezza si può vedere o si trova mai, che vedere Dio umiliato all'uomo? E Dio-e-Uomo corso all'obbrobriosa morte della croce? Questa umiltà confonde ogni superbia, delizie e grandezze del mondo; questa è quella virtù piccola che è balia e nutrice della Carità. Allora è ricevuta la Sposa dallo Sposo suo, ed è messa nella camera dove si trova la mensa e il cibo e 'l servitore. La camera è la divina essenzia dove si nutricano i veri gustatori. Ine si gusta il Padre eterno, che è mensa; il Figliuolo, ch'è il cibo; e lo Spirito Santo, che ciserve. E così gusta e si sazia l'anima, in verità, della eterna visione di Dio.

Or non dormire dunque più, ma dèstati dal sonno delle delizie del mondo, e sèguita il tuo diletto Cristo; e non aspettare il tempo, chè tu non sei sicura d'averlo, perocchè ti viene meno. Chè tal ora crediamo noi vivere, che la morte viene a tollerci il tempo. E però chi fosse savio, non perderebbe il tempo che egli ha per quello che non ha. Rispondi dunque a Dio che ti chiama, col cuore fermo: e non credere nè a madre nè a suoro nè a fratello, nè a corpo di creatura che ti volesse impedire. Chè tu sai che in questo noi non doviamo essere obbedienti a loro. E così dice il nostro Salvatore: «Chi non renuncia al padre e alla madre, a suoro e a fratelli, e anco a sè medesimo, non è degno di me». Conviensi dunque renunciare a tutto il mondo e a sè medesimo, e seguitare il gonfalone della santissima croce. Altro non ti dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

A te dico, figliuola mia, che se tu vorrai essere sposa vera del tuo Creatore, che tu esca della casa del padre tuo; e disponti di venire, quando il luogo sarà fatto; che già è cominciato, e fassi di forza: cioè il monasterio di Santa Maria degli Angeli a Belcaro. Se tu 'l farai, giugnerai in terra di promissione. Altro non dico. Dio ti riempia della sua dolcissima grazia.


CXIII - Alla contessa Benedetta figliuola di Giovanni d'Agnolino Salimbeni

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondata in vera e perfetta carità, la quale carità è uno vestimento nuziale, che ricuopre ogni nostra nudità, e nasconde le vergogne nostre, cioè il peccato, il quale germina vergogna; lo spegne e consuma nel suo calore. E senza questo vestimento non possiamo entrare alla vita durabile, alla quale siamo invitati.

Che è carità? è uno amore ineffabile, che l'anima ha tratto dal suo Creatore, con tutto l'affetto e con tutte leforze sue. Dico che l'aveva tratto del suo Creatore: e così è la verità. Ma come si trae? coll'amore: perocchè l'amore non s'acquista se non coll'amore e dall'amore. Ma tu mi dirai, carissima figliuola: «Che modo mi conviene avere a trovare e acquistare questo amore?» Rispondoti, per questo modo. Ogni amore s'acquista col lume: perocchè la cosa che non si vede, non si cognosce; onde non cognoscendosi, non s'ama. Conviensi dunque avere il lume, acciò che tu vegga e cognosca quello che tu debba amare. E perché il lume c'era necessario, provede Dio alla nostra necessità, dandoci il lume dell'intelletto, che è la più nobile parte dell'anima, colla pupilla,dentrovi, della santissima fede. E dicoti che, poniamochè la persona offenda il suo Creatore, non passa però nè vive senza amore nè senza il lume. Perocchè l'anima, ch'è fatta d'amore e creata per amore alla immagine e similitudine di Dio, non può vivere senza amore; nè amerebbe senza il lume. Onde se vuole amare, si conviene che vegga. Ma sai che vedere è, e che amare è quello degli uomini del mondo? E' uno vedere tenebroso e oscuro; e per la oscura notte non si discerne la verità: ed è uno amore mortale, però che dà morte nell'anima, tollendole la vita della Grazia. Ma perché è oscuro questo vedere? Perché s'è posto nella oscurità delle cose transitorie del mondo, avendosele poste dinanzi a sè, fuore di Dio; cioè che non le ragguarda nella sua bontà, ma solo le ragguarda per diletto sensitivo; il quale diletto e amore sensitivo mosse lo intelletto a vedere e cognoscere cose sensitive. Onde quest'affetto che si nutrica col lume dell'intelletto, poniamo prima che l'affetto il movesse, come detto è, le dà morte, commettendo la colpa, e tollere la vita della Grazia; perocchè neuna cosa si può amare nè vedere, fuore di Dio, che non ci dia morte; e però quello che s'ama, si dee amare in lui e per lui, cioè ricognoscere sè e ogni cosa dalla sua bontà. Sicchè vedi, che questi ama e vede; perocchè senza amare e senza vedere non si può vivere. Ma è differente l'amore degli uomini del mondo, il quale dà morte, dall'amore del servo di Dio, che dà vita: perocchè l'amore che s'acquista dal sommo ed eterno Amore, dà vita di Grazia. Poi, dunque, ch'è il lume che ha l'occhio dell'intelletto, debbelo aprire col lume della santissima fede, e ponersi per obietto l'amore inestimabile che Dio ci ha mostrato. Allora l'affetto, vedendosi amare, non potrà fare che non ami quello che lo intelletto vide e cognobbe in verità.

O carissima figliuola, e non vedi tu che noi siamo un arbore d'amore, perché siamo fatti per amore? Ed è sì ben fatto questo arbore, che non è alcuno che 'l possa impedire che non cresca, non tollergli il frutto suo, se egli non vuole. E hagli dato Dio a questo arbore uno lavoratore, che l'abbia a lavorare, però che gli piace; e questo lavoratore è il libero arbitrio. E se questo lavoratore l'anima non l'avesse, non sarebbe libera; non essendo libera, averebbe scusa del peccato: la quale non può avere; perocchè neuno è, nè il mondo nè il dimonio nè la fragile carne, che costrignerla possa a colpa alcuna, seella non vuole. Perocchè questo arbore ha in sè la ragione, se il libero arbitrio la vuole usare; e ha l'occhio dellointelletto, che cognosce e vede la verità, se la nebbia dell'amor proprio non gliel'offusca. E con questo lume vede dove debba esser piantato l'arbore; perocchè, se nol vedesse e non avesse questa dolce potenzia dell'intelletto, il lavoratore averebbe scusa, e potrebbe dire: «Io ero libero; ma io non vedevo in che io potevo piantare l'arbore mio, o in alto o in basso». Ma questo non può dire; però che ha lo intelletto che vede, e la ragione,la quale è uno legame di ragionevole amore, con che può legarlo e innestarlo nell'arbore della vita Cristo dolce Gesù. Debbe dunque piantare l'arbore suo, poi che l'occhio dell'intelletto ha veduto il luogo, e in che terraegli debba stare a volere producere frutto di vita. Carissima figliuola, se 'l lavoratore del libero arbitrio allora ilpianta là dove debba essere piantato, cioè nella terra della vera umiltà (perocchè nol dee ponere in sul monte della superbia, ma nella valle della umiltà); allora produce fiori odoriferi di virtù, e singolarmente produrrà quello sommo fiore della gloria e loda al nome di Dio: e tutte le sue operazioni e virtù, le quali sono dolci fiori efrutti, riceveranno odore da questo. Questo è quel fiore, carissima figliuola, che fa fiorire le virtù vostre: il qualefiore Dio vuole per sè, e il frutto vuole che sia nostro. Diquesto arbore egli vuole solamente questi fiori della gloria, cioè che noi rendiamo gloria e loda al nome suo; e 'l frutto dà a noi, però ch'egli non ha bisogno di nostri frutti, perché a lui non manca alcuna cosa. Perch'egli è colui che è: ma noi che siamo coloro che non siamo, n'abbiamo bisogno. Noi non siamo per noi, ma per lui; però ch'egli ci ha dato l'essere, e ogni grazia che abbiamo sopra l'essere. Chè a lui utilità non possiamo fare. E perché la somma ed eterna Bontà vede che l'uomo non vive de' fiori, ma solo del frutto (perocchè del fiore morremmo, e del frutto viviamo); però tolle il fiore per sè, eil frutto dà a noi. E se la ignorante creatura si volesse notricare di fiori, cioè, che la gloria e la loda che dee esseredi Dio, la desse a sè; sì gli tolle la vita della Grazia, e dàgli la morte eternale, se egli muore che non si corregga, cioè che tolla il frutto per sè, e il fiore, cioè la gloria, diaa Dio. E poi che l'arbore nostro è piantato così dolcemente; egli cresce per sì fatto modo, che la cima dell'arbore, cioè l'affetto dell'anima, non si vede da creatura dove sia unito coll'infinito Dio per affetto d'amore.

O figliuola carissima, io ti voglio dire in che campo sta questa terra, acciò che tu non errassi. La terra è la vera umiltà, come detto è; e 'l luogo, dov'ella è, è'l giardino chiuso del cognoscimento di sè. Dico che è chiuso, perché l'anima che sta nella cella del cognoscimento di sè medesima, ella è chiusa, e non è aperta, cioè che non si diletta nelle delizie del mondo, e non cerca le ricchezze, ma povertà volontaria; e non le cerca per sè nè per altrui, e non si distende in piacere alle creature, ma soloal creatore. E quando il demonio le desse laide e diverse cogitazioni con molte fadighe di mente e disordinati timori, allora ella non s'apre, ponendoseli a investigare, nè a voler sapere perché vengano, nè a stare a contendere con loro; e non spande il cuore suo per confusione nè per tedio di mente; nè abbandona gli esercizi suoi. Anco si serra e si chiude colla compagnia della speranza e col lume della santissima fede, e coll'odio e dispiacimento della propria sensualità, reputandosi indegna della pace e quiete della mente; e per vera umiltà si reputa degna della guerra, e indegna del frutto, cioè che si reputa degna della pena che le pare ricevere nel tempo delle grandi battaglie. E ponsi sempre per obietto Cristo crocifisso, dilettandosi di stare in croce con lui: e col pensiero caccia il pensiero. Or questo è il dolce luogo dove sta la terra della vera umiltà.

Poichè la cima, cioè l'affetto dell'anima che va dietro all'intelletto, come detto è, ha cognosciuto l'obietto di Cristo crocifisso, l'abisso del fuoco della sua carità, il quale cognobbe in questo Verbo (perocchè per questo mezzo ci è manifestato l'amore che Dio ci ha); e questo Verbo cognobbe nel cognoscimento di sè, quando cognobbe sè creatura ragionevole creata alla immagine e similitudine di Dio, e recreata nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo; allora l'affetto sta unito coll'affetto di Cristo crocifisso; e coll'amore trae a sè l'amore; cioè coll'amore ordinato, che leva sopra il sentimento sensitivo, trae a sè l'amore affocato di Cristo crocifisso. Perocchè il cuore nostro, quando è innamorato d'un amore divino, fa come la spugna, che trae a sè l'acqua. Perché la spugna se non fusse messa nell'acqua, non la trarrebbe a sè, non ostante che la spugna sia disposta dalla parte sua. E così ti dico che se la disposizione del cuore nostro, il quale è disposto e atto ad amare, se il lume dellaragione e la mano del libero arbitrio no 'l leva e congiunge nel fuoco della divina carità; non s'empie mai della grazia di Dio: ma se s'unisce, sempre s'empie. E però ti dissi che dall'amore e coll'amore si trae l'amore.

Poi che 'l vasello del cuore è pieno, e egli inacqua l'arbore coll'acqua della divina carità del prossimo; la quale è una rugiada e una piova che inacqua la pianta dell'arbore e la terra della vera umiltà, e ingrassa essa terra e ilgiardino del cognoscimento di sè; però che allora è condito col condimento del cognoscimento della bontà di Dio in sè. Tu sai bene che l'arbore non è bene inaffiato della rugiada e della piova, e è riscaldato del caldo del sole, non producerebbe il frutto; onde non sarebbe perfetto, ma imperfetto. Così l'anima, la quale è un arbore come detto è, perché fusse piantato, e non inaffiato colla piova della carità del prossimo e colla rugiada del cognoscimento di sè, e scaldato del sole della divina Carità; non darebbe frutto di vita, nè il frutto suo sarebbe maturo.

Poi che l'arbore è cresciuto, e egli distende e' rami suoi, porgendo del frutto al prossimo suo, cioè frutto di santissime e umili e continue orazioni, dandogli esempio di santa e buona vita. E anco li distende, quando può, sovvenendolo della sustanzia temporale con largo e liberale cuore, schietto e non finto, cioè che mostri una cosa in atto, e non sia in fatto; ma schiettamente e con affettuosa carità il serve di qualunque servizio egli può, e chevede egli abbia bisogno, giusta il suo potere. La Carità non cerca le cose sue, e non cerca sè per sè, ma sè per Dio, per rendere e' fiori della gloria, e loda al nome suo;e non cerca Dio per sè, ma Dio per Dio, in quanto è degno d'essere amato da noi per la bontà sua; e non ama nè cerca, nè serve il prossimo suo per sè, ma solo per Dio, per rendergli quello debito il quale a Dio non può rendere, cioè di fare utilità a Dio. Perché già io ti dissiche utilità a Dio non possiamo fare: e però il fa Dio fare al prossimo suo; il quale è uno mezzo, che c'è posto da Dio per provare la virtù, e per mostrare l'amore che abbiamo al dolce ed eterno Dio.

Questa Carità gusta vita eterna, consuma e ha consumato tutte le nostre iniquità; e dacci lume perfetto, con pazienzia vera, e facci forti e perseveranti in tanto che mai non volliamo il capo a dietro a mirare l'arato; ma perseveriamo infino alla morte, dilettandoci di stare in sul campo della battaglia per Cristo crocifisso; ponendoci il sangue suo dinanzi, acciò che ci faccia inanimare nella battaglia come veri cavalieri. Adunque, poi che c'è tanto utile e necessaria, e sì dilettevole questa carità, chesenz'essa stiamo in continua amaritudine, e riceviamo la morte, e sono scoperte le nostre vergogne, e nell'ultimo dì del giudizio siamo svergognati da tutto l'universo mondo, e dinanzi alla natura angelica e a tutti e' cittadini della vita durabile (dove è vita senza morte, e luce senza tenebre, dove è la perfetta e comune carità, partecipando e gustando il bene l'uno dell'altro per affetto d'amore); è da abbracciarla questa dolce reina, e vestimento nuziale della carità, e con ansietato e dolce desiderio disponersi alla morte per poter acquistare questa reina; e poichè l'aviamo, volere sostenere ogni pena da qualunque lato elle ci vengano, infino alla morte, per poterla conservare e crescere nel giardino dell'anima nostra. Altro modo nè altra via non ci veggo. E però ti dissi che io desideravo di vederti fondata in vera e perfetta carità.

Pregoti per l'amore di Cristo crocifisso che ti studii, quanto tu puoi, di fare questo fondamento; e non ti bisognerà di temere di questo timore servile; nè avere paura de' venti contrarii delle molestie del dimonio e delle creature, le quali sono tutti venti contrarii che vogliono impedire la nostra salute. Ma perché l'arbore posto nella valle non potrà essere offeso da' venti, sia umile e mansueta di cuore. Altro non ti dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXIV - Ad Agnolino di Giovanni d'Agnolino de' Salimbeni da Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo: con desiderio di vedervi vero combattitore, e non schifare i colpi, come fane il vile cavaliere. Figliuolo mio dolce, noi siamo posti in questo campo della battaglia; e sempre ci conviene combattere, e d'ogni tempo e in ogni luogo noi abbiamo e' nemici nostri, e' quali assediano la città dell'anima; ciò sono la carne con lo disordinato diletto sensitivo, 'l mondo coll'onore e con le delizie sue, e il dimonio con la sua malizia. Il quale, per impedire il santo desiderio dell'anima, si pone con molti lacciuoli, e per sè medesimo, o col mezzo della creatura in su la lingua de' servi suoi, facendo parole piacentiere e di lusinghe o di minacce o di mormorazioni o d'infamie: e questo fa per contristare l'anima, e per farla venire a tedio nelle buone e sante operazioni. Ma noi, come cavalieri virili, doviamo resistere, e guardare questa città, e serrare le porte de' disordinati sentimenti. E ponere per guardia il cane della coscienzia; sicchè, quando il nemico passa, sentendo, gli abbai; e così desterà l'occhio dell'intelletto, e vederà seegli è amico o nemico, cioè o vizio o virtù, che passi. A questo cane si conviene dare bere e mangiare: bere se gli conviene dare il sangue, e mangiare il fuoco, acciò che si levi dal freddo della negligenzia; e così diventerà sollecito. A te dico, figliuolo Agnolino, dagli mangiare a questo tuo cane della coscienzia fuoco di ardentissima carità, e bere del sangue dell'Agnello immacolato, aperto in croce, il quale da ogni parte del corpo suo versa sangue. Perché noi abbiamo che dargli bere. E così facendo, sarà tutto rinvigorito; e sarete vero combattitore. E tollete il coltello dell'odio e dell'amore; cioè odio e dispiacimento del vizio, ed amore della virtù; e il nemico della carne nostra, che è il più pessimo e malvagio nemico che noi possiamo avere, sia ucciso; e il diletto suo, daquesto coltello. E la coscienzia il faccia vedere all'occhiodell'intelletto, quanto è pericoloso questo nemico del diletto carnale, che passa nell'anima; acciò che l'uccida. E ragguardi la carne flagellata di Cristo crocifisso, acciòche si vergogni di tenere in piacere e in diletto disordinato, e in delizie il corpo suo. E il dimonio con le maliziee lacciuoli suoi e' quali egli ha tesi per pigliare l'anime, sisconfigga con la virtù della vera umiltà. Abbai questo cane della coscienzia, destando l'occhio dell'intelletto. Evegga quanto è pericoloso a credere agl'inganni suoi; e vollasi a sè medesimo, e cognosca l'uomo, sè non essere, acciò che non venga a superbia; perocchè l'umiltà è quella che rompe tutti i lacciuoli del dimonio.

Bene averebbe l'uomo da vergognarsi d'insuperbire, vedendosi sè non essere, e l'esser suo avere da Dio, e non da sè; e vedere Dio umiliato a lui. Perocchè per profonda umiltà discese dalla somma altezza a tanta bassezza, quanto è la carne nostra. Questo dolce e innamorato Agnello, Verbo incarnato, ci dà conforto: però che da lui viene ogni conforto. Perocchè egli è venuto, come nostro capitano, e con la mano disarmata, confitta e chiavellata in croce, ha sconfitti e' nemici nostri; e 'l sangue è rimaso in sul campo per animare noi, cavalieri, a combattere virilmente e senza alcuno timore. Il dimonio è diventato impotente per lo sangue di questo Agnello; perocchè non ci può fare più che Dio permetta, e Dio non permette che ci sia posto maggior peso che noi possiamo portare. La carne è sconfitta co' flagelli e tormenti di Cristo; e il mondo coll'obbrobrio, scherni, villanie evituperio; e la ricchezza con la povertà volontaria di Cristo crocifisso. Perocchè la somma Ricchezza è tanto povera, che non ha luogo dove posare il capo suo, stando in sul legno della santissima croce.

Quando il nemico, dunque, dell'onore e dello stato del mondo vuole entrare dentro, fa', figliuolo, che gli abbai il cane della coscienzia tua, e desti la guardia dell'intelletto: acciò che vegga che stabilità o fermezza non ha alcuno onore o stato del mondo. Da qualunque parte elle vengono, non ne truova punto. E voi 'l sapete, che l'avete veduto e provato. Poi voglio che voi vediate, che il darsi disordinatamente a queste cose transitorie che passano come il vento, non ne sèguita onore, ma vituperio; però che l'uomo si sottomette a cosa meno di sè, e serve a cose finite; ed egli è infinito. Perocchè l'uomo non finisce mai ad essere, benchè finisca a Grazia per lo peccato mortale. E però se noi vogliamo onore e riposo e sazietà, convienci servire e amare cosa che sia maggiore di noi.

Dio è il nostro redentore, signore e padre, somma ed eterna Bontà, degno d'essere amato e servito da noi: e per debito il doviamo fare, se vogliamo partecipare della divina Grazia. Egli è somma Potenzia e sazietà; Egli è colui che sazia e empie l'anima e fortifica ogni debile; sìche sta in pace, e in quiete, e in sazietà e in sicurtà, e d'altro non si può saziare. E per questa cagione è, che ogni cosa creata è meno che l'uomo. Adunque lo spregiare del mondo è l'onore e la ricchezza dell'uomo. Ma gli stolti e matti non cognoscono questo vero onore, ma reputano tutto il contrario. Ma voi, come vero combattitore, levatevi sopra a' sentimenti vostri sensitivi, e cognoscete questa verità. E non vogliate credere a'malvagi e iniqui uomini: chè favella il dimonio per bocca loro, per impedire la vita e salute vostra, e per provocarvi ad ira e contradire alla volontà di Dio. E però non credete a' consiglieri del dimonio; ma credete e rispondete allo Spirito Santo, che vi chiama. Traete fuore la disciplina dell'ardire, e con viril cuore rispondete a loro, e dite chevoi non sete colui che volliate ricalcitrare a Dio, perocchè non potreste.

So che v'è detto, e vi sarà, molto male della Contessa da'fedeli e dagli altri, perché ella vuol essere serva e sposa di Gesù Cristo. Questi iniqui, per impedire lei e voi, vi porranno innanzi i timori e sospetti; e porranno per vituperio e per viltà quello che è 'l maggiore onore che avere possiate. Perocchè non tanto che sia onore presente, ma l'onore e il ricordamento e la memoria di voi sarà dinanzi a Dio e nel mondo infine all'ultimo fine sopra a tutti quanti e' vostri antecessori. Stolti e matti noi, chevogliamo pur poner l'affetto e la sollecitudine e la speranza nel fuoco della paglia. Gran fuoco si mostrò la prima volta che la sposaste: ma subito venne meno, e non rimase altro che fumo di dolore. La seconda apparbe la materia del fuoco, ma non venne in effetto; però che venne il vento della morte, e portollo via, molto sarebbe dunque semplice ella e voi, poichè lo Spirito Santo la chiama, se ella non rispondesse. E ha veduto che il mondo la rifiuta, e cacciala a Cristo crocifisso. Son certa perla divina bontà, che voi non sarete quello che per veruno detto vi scordiate della volontà di Dio, e non sarete corrente nè ratto a'detti del mondo. Chiudete, chiudete la bocca a' sudditi vostri, che non favellino tanto: e mostrategli il volto. Non dubito (se il cane della coscienza non dorme e l'occhio dell'intelletto) che voi 'l farete; perocchè in altro modo non sareste combattitore virile; anco mostrereste grandissima viltà: e il mio desiderio è di vedervi virile. E però vi dissi, che io desideravo di vedervi vero combattitore posto in questo campo della battaglia, e singolarmente in questa battaglia nuova che voi avete ora per la disposizione della Contessa. Il dimonio s'avvede della perdita sua, e però vi fa dare tanta molestia alle creature. E però confortatevi, e uccidete ogni parere del mondo; e viva in voi Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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14/03/2022 08:43
 
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CXV (115) - A monna Isa, figliuola che fu di Giovanni d'Agnolino Salimbeni

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi sposa ferma e fedele, e che non vi volliate al vento, come fa la foglia. Non voglio che così si volla l'anima vostra, nè 'l santo desiderio, per veruno vento contrario di veruna tribolazione o persecuzione che desse il mondo o il dimonio: ma virilmente coll'affetto della virtù e della perseveranzia e la memoria del sangue di Cristo, le passiate tutte; nè per detto di neuna creatura si remova questo desiderio, che giungono con detti e con gli iniqui consigli loro. Onde voi sarete sposa fedele e ferma, fondata sopra la viva pietra, Cristo dolce Gesù. Non perderete ilvigore, e la parola non verrà meno nella bocca vostra; anco, l'acquisterete; però che non debbe diminuire la virtù nè l'ardire in colui che desidera e vuole acquistare virtù, ma debbe crescere. Ricordomi che secondo il mondo, vi sete fatta temere, e messovi sotto piedi ogni detto e piacere degli uomini: e questo è fatto solo per lo miserabile mondo. Non debbe adunque aver meno vigore la virtù; ma per una lingua, ne dovete aver dodici, e rispondere arditamente a' detti del dimonio, che vuole impedire la salute vostra. E se terrete silenzio sarete ripresa nell'ultimo dì; e detto sarà a voi: maledetta sia tu che tacesti! E però non aspettate quella dura reprensione. Son certa (se vorrete seguitare l'Agnello derelitto e consumato in croce per la via delle pene, strazi, obbrobri e villanie), che non terrete silenzio.

Voglio dunque che seguitiate lo sposo vostro Cristo, con ardito e santo desiderio entriate in questa battaglia nuova, a combattere con perseveranzia infino alla morte, dicendo: «per Cristo crocifisso ogni cosa potrò, il quale è in me, che mi conforta». Ora all'entrata sentite voi la spina; ma poi ne averete il frutto, e riceverete gloria dalla loda di Dio. Orsù virilmente, e con vera e santa perseveranzia! E non dubitate, punto. Del fatto dell'abito, mi pare che sia da seguitare quello che lo Spirito Santo per la vostra bocca domandò, senza essere indotta da persona; lassare menare le lingue a modo loro. Questo non vi scemerà la devozione del glorioso padre vostro santo Francesco; anco, la crescerà. Non di meno voi sete libera: poniamochè fusse piuttosto difetto che non, a tornare a dietro quello che è cominciato.

De' fatti della Contessa, mi pare che si potesse fare che ella venisse alla Rocca prima che io venissi. Io credo che farà bene. Poi faremo quello che lo Spirito Santo farà fare. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Gesù dolce, Gesù amore.



CXVI - A monna Pantasilea, donna di Ranuccio da Farnese

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima suoro in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi con vero lume e cognoscimento di voi e di Dio, acciocchè cognosciate la misera fragilità del mondo. Perocchè l'anima che cognosce la miseria sua, cognosce bene quella del mondo; e chi cognosce la bontà di Dio in sè, la quale trova nel cuore suo (cioè, cognoscendosi creatura ragionevole, creata alla imagine e similitudine di Dio), subitamente allorachè l'anima è venuta a questo santo e vero cognoscimento, essa ama Dio in verità; e ciò che ell'ama, retribuisce al suo Creatore, e ogni dono e ogni grazia. E accordasi sempre con la volontà sua; e di ciò che Dio fa e permette a lei, è contento; perocchè vede che Dio non vuole altro che la sua santificazione. Questo ci manifesta il verbo dolce del Figliuolo di Dio; perocchè, acciò che fussimo santificati in lui, corse come innamorato alla obbrobriosa morte della croce, sostenendo morte con amari tormenti per liberare noi dalla morte eterna. Adunque, poi che la morte e il sangue di Cristo ci manifesta l'amore inestimabile che Dio ci ha, e che non vuole altro che il nostro bene; doviamo portare con vera pazienzia ogni fadiga e tribulazione, e per qualunque modo egli ce la concede, sempre pigliare una santa speranza in lui, pensando che lui provvederà in ogni nostro bisogno, e non ci darà più che noi possiamo portare. A misura ce le dà: e se cresce fadiga, egli dà maggiore fortezza, acciò che noi non veniamo meno. Convienci dunque portarle e averle in riverenzia per Cristo crocifisso, e perché ellesono cagione e strumento della nostra salute. Perciocchè la fadiga e la tribulazione di questa vita ci fa umiliare eattutare la superbia, e fàcci levare il disordinato affettodel mondo, e ordinare l'amore nostro in Dio. E anco ci fa confermare in Cristo crocifisso, e sentire delle pene e obbrobri suoi. Sicché dunque elle sono di grande necessità a noi, se vogliamo godere l'eterna visione di Dio. Elle ci fanno sentire e destare dal sonno della negligenzia edella ignoranzia; però che nel tempo del bisogno ricorriamo a Cristo, cognoscendo ch'egli solo ci può aiutare. E per questo modo diventiamo grati del beneficio ricevuto e che riceviamo; e cognosciamo meglio la sua bontà, e la nostra miseria, però ch'egli è colui che è, e noi siamo coloro che non siamo, e l'essere nostro aviamo da lui. Bene lo vedete manifestamente; però che talora noi vorremmo la vita, e convienci avere la morte; e vogliamo la sanità, e siamo infermi; e tenere i figliuoli e ricchezze e le delizie del mondo, perché ci dilettano, e conviencele lassare. Questa è la verità, o che elle lassano noiper divina dispensazione o noi lasciamo loro per lo mezzo della morte, partendoci di questa tenebrosa vita. Sicchè vedete che noi non siamo cavelle per noi medesimi, se non pieni di peccati e di molta miseria: questo solo è nostro, e ogni altra cosa è di Dio.

Adunque, carissima suoro, aprite l'occhio dell'intelletto, e amate il vostro Creatore e ciò che lui ama, cioè lavirtù, e singolarmente la pazienzia, con vera e perfetta umiltà, non reputandovi alcuna cosa; ma solo rendere onore e gloria a Dio: possedendo le cose del mondo, e marito e figliuoli e ricchezze e ogni altro diletto, come cosa prestata, e non come cosa vostra. Perocchè, come già detto è, vengono meno; e non le potete tenere nè possedere a vostro modo, se non quanto piace alla divina Bontà di prestarvele. Facendo così, non vi farete Dio de' figliuoli nè di alcun altra cosa; anco, amerete ogni cosa per Dio, e fuora di Dio non cavelle; e spregierete il peccato, e amerete la virtù. Levate, levate l'affetto e 'l desiderio vostro dal mondo, e ponetelo in Cristo crocifisso, che è fermo e stabile, e che non viene mai meno, nè vi può esser tolto se voi non volete. Non dico, però, che voi non stiate nel mondo o nello stato del matrimonio più che voi vogliate, nè che voi non governiate i vostri figliuoli nè l'altra famiglia secondochè vi richiede lostato vostro: ma dico che viviate con ordine, e non senz'ordine. E in ciò che voi fate, ponetevi Dio dinanzi agli occhi; e state nello stato del matrimonio, e andate con timor santo e come a sacramento. E avere in riverenzia e' comandamenti della santa Chiesa, quanto egli è possibile a voi. E li figliuoli, nutricarli nelle virtù e nellisanti comandamenti dolci di Dio: perché non basta alla madre e al padre di notricargli solamente il corpo; chè questo fanno li animali, di notricare e' suoi figliuoli: madebbe nutricare l'anima nella Grazia, giusta il suo potere, riprendendoli e castigandoli nelli difetti che commettessero. E sempre vogliate che usino la confessione spesso, e la mattina odano la Messa, o almeno li dì comandati dalla santa Chiesa. E così sarete madre dell'anima e del corpo. Son certa che se averete vero cognoscimento di Dio e di voi, come detto è, voi 'l farete: perocchè senza questo cognoscimento nol potreste.

Onde, considerando me che per altra via non potrete avere la Grazia di Dio, dissi che desideravo di vedervi con vero lume e cognoscimento di voi e di Dio. Pregovi, per l'amore di Cristo crocifisso e per vostra utilità, che ilfacciate; e così adempirete in voi la volontà di Dio e il desiderio mio. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXVII - A monna Lapa sua madre, e a monna Cecca nel monasterio di Santa Agnesa di Montepulciano, quand'essa era alla rocca

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre e figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vestite del fuoco della divina carità sì e per sì fatto modo, che ogni pena e tormento, fame e sete, persecuzioni e ingiurie, scherni strazi e villanie, e ogni cosa portiatecon vera pazienzia; imparando dallo svenato e consumato Agnello, il quale con tanto fuoco d'amore corse all'obbrobriosa morte della croce. Accompagnatevi adunque con la dolcissima madre Maria, la quale, acciocchè i discepoli santi cercassero l'onore di Dio e la salute dell'anime, seguitando le vestigie del dolce figliuolosuo, consente che i discepoli si partano dalla presenza sua, avvegnachè sommamente gli amasse; ed ella rimane come sola, ospita e peregrina. E i discepoli che l'amavano smisuratamente, anco, con allegrezza si partono, sostenendone ogni pena per onore di Dio; e vanno fra i tiranni, sentendo le molte persecuzioni. E se voi gli dimandaste: «Perché portate voi così allegramente, e partitevi da Maria?» risponderebbero: «Perché abbiamo perduti noi, e siamo innamorati dell'onore di Dio e della salute dell'anime».
Così voglio dunque, carissima madre e figliuola, che facciate voi. E se per infino ad oranon fuste state, voglio che siate, arse nel fuoco della divina Carità, cercando sempre l'onore di Dio e la salute dell'anime. Altrimenti, sareste in grandissima pena e tribolazione, e terrestevi me. Sappiate, carissima madre, che io miserabile figliuola, non son posta in terra per altro: a questo m'ha eletta il mio Creatore. So che sete contenta che io l'obedisca. Pregovi che, se vi paresse che io stessi più che piacesse alla vostra volontà, voi stiate contenta; perocchè io non posso fare altro. Credo che, se voi sapeste il caso, voi stessa mi ci mandereste. Io stoper poner rimedio a uno grande scandalo, se io potrò. Non è però difetto della Contessa: e però ne preghiate tutti Dio, e cotesta Vergine gloriosa, che ci mandi effettoche sia buono. E tu, Cecca, e Giustina, v'annegate nel sangue di Cristo crocifisso; perocchè ora è il tempo di provare la virtù nell'anima. Dio vi doni la sua dolce ed eterna benedizione a tutte. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXVIII - A monna Catarina dello spedaluccio e a Giovanna di Capo in Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi figliuole obbedienti, unite in vera e perfetta carità. La quale obedienzia e amore vi farà smaltire ogni pena e tenebre; perché l'obedienzia tolle quella cosa che ci dà pena; cioè la propria e perversa volontà, che si annega e uccide nella santa e vera obedienzia. Consuma e dissolvesi la tenebra per l'affetto della carità ed unione, perché Dio è vera carità e sommo eterno lume. Chi ha per sua guida questo vero lume, non può errare il cammino. E però io voglio, carissime figliuole, poichè tanto è necessario, chevi studiate di perdere le volontà vostre, e di avere questolume.

Questa è quella dottrina che sempre mi ricorda che v'è stata data, benchè poca n'aviate impresa. Quello che non è fatto, vi prego, dolcissime figliuole, che 'l facciate. E se voi nol faceste, stareste in continua pena, e terrestevi me miserabile che merito ogni pena.

A noi conviene fare per onore di Dio, come fecero gli Apostoli santi: poichè ebbero ricevuto lo Spirito Santo, si separarono l'uno dall'altro, e da quella dolce madre Maria. Poniamochè sommo diletto loro fusse lo stare insieme, nondimeno essi abbandonarono il diletto proprio, cercarono l'onore di Dio e la salute dell'anime. E, perché Maria gli parta da sè, non tengono, però, che sia diminuito l'amore, nè che siano privati dell'affetto di Maria. Questa è la regola che ci conviene pigliare a noi. Grande consolazione so che v'è la mia presenzia: nondimeno, come vere obedienti, dovete voi la consolazione propria, per onore di Dio e salute dell'anime, non cercare; e non dare luogo al dimonio, che vi fa vedere d'essere private dell'affetto e dell'amore ch'io ho all'anime e a'corpi vostri. Se altrimenti fusse, non sarebbe fondato in voi. E io vi fo certe di questo, che io non v'amo altro che per Dio. E perché pigliate pena tanto disordinata delle cose che si vogliono fare per necessità? Oh come faremo, quando ci converrà fare i gran fatti, quando ne' piccioli veniamo così meno? Egli ci converrà stare insieme e separati secondo ch'e' tempi ci verranno. Testè vuole e permette il nostro dolce Salvatore che noi siamo separati per suo onore.

Voi sete in Siena, e Cecca e la Nonna sono a Monte Pulciano. Frate Bartolomeo e frate Matteo vi saranno e sonovi stati. Alessa e Monna Bruna sono a Monte Giovi di lunga da Monte Pulciano diciotto miglia; e sono con la contessa e con Madonna Isa. Frate Raimondo e frate Tomaso e Monna Tomma e Lisa e io siamo alla Rocca fra' mascalzoni; e mangiansi tanti dimoni incarnati, che frate Tomaso dice che gli duole lo stomaco. E con tutto questo non si può saziare. E più appetiscono; e trovanci lavoro per uno buono prezzo. Pregate la divina bontà che lor dia grossi e dolci e amari bocconi. Pensate che l'onore di Dio e la salute dell'anime si vede molto dolcemente. Voi non dovete volere altro nè desiderare. Facendo questo, non potete fare cosa che più piaccia alla somma eterna volontà di Dio, e alla mia. Orsù, figliuole mie, cominciate a fare sacrifizio delle volontà vostre a Dio. E non vogliate sempre stare al latte: chè ci conviene disponere i denti del desiderio ad ammorsare il pane duro e muffato, se bisognasse.

Altro non dico. Legatevi nel legame dolce della carità: a questo mostrerete che voi siate figliuole; e in altro no.Confortatevi in Cristo dolce Gesù. E confortate tutte le altre figliuole... Noi torneremo più tosto che si potrà, secondo che piacerà alla divina bontà. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXIX - A monna Alessa vestita dell'abito di Santo Domenico, quando era alla rocca

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti seguitare la dottrina dello immacolato Agnello col cuore libero e spogliato d'ogni creatura, vestito solo del Creatore, col lume della santissima fede. Perocchè senza il lume non potresti andare per la via dritta dello svenato e immacolato Agnello. E però desidera l'anima mia di vedere te, e l'altre, schiette e virili; e che non vi volliate mai per veruno vento che vi venisse. Guarda che tu non volli il capo a dietro; ma sempre va innanzi, tenendo a mente la dottrina che t'è stata data. E ogni dì di nuovo fa che entri nell'orto dell'anima tua col lume della fede, a trarne ogni spina che potesse affocare il seme della dottrina data a te, e a rivollere la terra: cioè che ogni dì spogli ilcuore tuo. Questo è di necessità di spogliarlo continuamente; perocchè spesse volte ho veduto di quelli, che è paruto che siano stati spogliati, che io gli ho trovati vestiti, per prova d'opere più che per parole. Con la parola parrebbe il contrario, ma l'operazione dimostra l'affetto. Voglio dunque che tu in verità spogli il cuore: seguitando Cristo crocifisso. E fa che il silenzio stia nella boccatua. Sonmi avveduta; che poco credo che l'altra l'abbia tenuto. Di questo molto m'incresce. S'egli è così, come mi pare, vuole il mio Creatore, che io porti, e io son contenta di portare; ma non son contenta dell'offesa di Dio.

Scrivestimi che pareva che Dio ti costringesse nell'orazione a pregarlo per me. Grazia sia alla divina bontà, che tanto amore ineffabile dimostra alla miserabile anima mia. Dicesti ch'io ti scrivessi se io avevo pena,e se io avevo delle mie infermità usate in questo tempo: a che ti rispondo, che Dio ha proveduto mirabilmente dentro e di fuore. Nel corpo ha proveduto molto in questo Avvento, facendo spassar le pene con lo scrivere; e vero è che, per la bontà di Dio, elle sono più aggravate che elle non solevano. E se egli l'ha più aggravate ha proveduto che Lisa è guarita, subito che frate Sati infermò; che è stato in su la estremità della morte. Ora quasi miracolosamente tanto è migliorato, che si può dire guarito. Ma pare che lo Sposo mio della Verità eterna abbia voluto fare una dolcissima e reale prova dentro e di fuore, di quelle che si veggono, e di quelle che non si veggono, che sono molto più, innumerabilmente, che quelle che si veggono: ma egli ha tanto dolcemente proveduto, insieme con la prova, che la lingua non sarebbe sufficiente a narrarlo. Onde io voglio che le pene mi siano cibo, le lagrime beveraggio, il sudore mio unguento. Le pene voglio che mi ingrassino, le pene mi guariscano, le pene mi diano lume, le pene mi diano sapienza, le pene mi rivestano la mia nudità, le pene mi spoglino d'ogni proprio amore, spirituale e temporale. La pena della privazione delle consolazioni d'ogni creatura m'ha richiesta nella privazione delle virtù, in cognoscere la imperfezione mia, e il perfettissimo lume della dolce Verità, proveditore, e accettatore de' santi desiderii, e non delle creature: quello che non ha ritratto a dietro la sua bontà verso di me per la mia ingratitudine, per lo poco lume e cognoscimento mio; ma solamente ha ragguardato a sè, che è sommamente buono.

Pregoti per l'amore di Gesù Cristo crocifisso, dilettissima figliuola mia, che non allenti l'orazione; anco, la raddoppia (perocchè io ne ho maggiore bisogno che tu non vedi); e che tu ringrazi la bontà di Dio per me. E pregalo che mi dia grazia che io dia la vita per lui, e ch'eltolla, se gli piace, il peso del corpo mio; perocchè la vitamia è di poca utilità ad altrui; ma piuttosto è penosa, e gravezza ad ogni creatura da lunga e da presso per li peccati miei. Dio per la sua pietà mi tolla tanti difetti; equesto poco del tempo che io ho a vivere, mi faccia vivere spasimata per l'amore della virtù; e con pena offeri dolorosi e penosi desiderii dinanzi a lui per la salute di tutto quanto il mondo, e per la reformazione della santa Chiesa. Godi, godi in croce con meco; sicchè la croce sia un letto dove si riposi l'anima; una mensa dove si gusti ilcibo, e il frutto della pazienza con pace e con quiete.

Mandastimi dicendo... Della quale cosa fui consolata, sì per la vita sua, sperando che ella si corregga mandandola con meno vanità di cuore che infino a ora non ha fatto; e sì per li fanciulli, che erano condotti al lumedel santo Battesimo. Dio gli dia la sua dolcissima grazia; e gli dia la morte, se non debbono essere buoni. Benedì loro, e conforta lei in Cristo dolce Gesù; e digli ch'ella viva col santo e dolce timore di Dio; e che ella ricognosca da Dio la grazia ch'ell'ha ricevuta, che non è stata piccola, ma bene grande. E se ella ne fusse ingrata, dispiacerebbe molto a Dio; e forse ch'e' non la lasserebbe impunita.

Raccomandati... Di costoro novella neuna non ho avuto; la cagione non so. Sia fatta la volontà di Dio. Il nostro Salvatore m'ha posta in su l'Isola, e da ogni parte i venti percuotono. Ognuno goda in Cristo crocifisso, di lunga l'uno dall'altro. Sèrrati nella casa del cognoscimento di te. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CXX (120) - A monna Rabe di Francesco de' Tolomei

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vivere morta alla propria sensualità; perocchè in altro modo non potresti partecipare la vita della Grazia. Adunque voglio che con grandissimo affetto e desiderio v'ingegniate di levarvi dalla fragilità del mondo: chè non è cosa convenevole che noi, che siamo fatti per gustare l'abitazione del cielo, in nutricarci del cibo della virtù, che noi gustiamo la terra e nutrichianci del proprio amore sensitivo, onde procedono tutti e' vizi. Ma dovianci levare e salire all'altezza delle virtù, aprendo l'occhio dell'intelletto a ragguardare in sul legno della croce dove troviamo l'Agnello, arbore di vita, che del corpo suo ha fatto scala.

Il primo scaglione che ci ha insegnato a salire, sono e' piedi, cioè l'affetto, chè come e' piedi portano il corpo, così l'affetto porta l'anima. Essendo saliti il primo, cioè co' piedi confitti e chiavellati in croce, troverete l'affettospogliato del suo disordinato amore. Giungendo al secondo, cioè al costato aperto di Cristo crocifisso, e vedrete il secreto del cuore; con quanto amore ineffabile ci ha fatto bagno del sangue suo. Nel primo si leva, e si spoglia l'affetto, nel secondo gusta l'amore che trova nel cuore aperto di Cristo. Vedendo il terzo scaglione, e giungendo cioè alla bocca del Figliuolo di Dio, nutricasi nella pace. Chè, poi che l'anima è vestita d'amore di Cristo crocifisso, e spogliata del perverso amore sensitivo che gli dà guerra, ha trovata la pazienzia: e ogni amaritudine gli pare dolce: anco, si diletta nelle persecuzioni e tribolazioni del mondo, da qualunque lato Dio le concede, perché ha trovata la pace della bocca. La persona che dà la pace, s'unisce con lui a cui la dà. Così l'anima,vestita delle virtù, con affetto d'amore gusta Dio, ed unisce la bocca del santo desiderio nel desiderio di Dio, ed in esso desiderio di Dio s'unisce con pace e quiete. Sicchè vedete che Cristo crocifisso ha fatta la scala del corpo suo, acciocchè noi sagliamo all'altezza del cielo della vita durabile, dov'é vita senza morte, e luce senza tenebre, e sazietà senza fastidio, e fame senza pena: chè, come dice santo Agostino, di lunga è il fastidio dalla sazietà, e di lunga è la pena dalla fame, perché e' cittadiniche sono a vita eterna, di quello che hanno fame e desiderio, sono saziati nella eterna visione di Dio.

Bene è ignorante e miserabile quell'anima che per suo difetto perde tanto bene, e fassi degna di molto male. Levatevi su dunque, figliuola carissima, e non aspettate quel tempo che voi non avete; ma con grande affetto d'amore vi levate dalla perversità dell'amore sensitivo vostro, il quale vi toglie il lume della ragione, e favvi amare il mondo e' figliuoli senza modo. Chè in altro modo, non potresti giungere al fine per lo quale sete creata. E però dissi che io desideravo di vedervi vivere morta alla propria volontà e al proprio amore, perché mi pare che ci sete pure assai viva. E a questo me n'avveddi, alla lettera che voi scriveste, che il cieco amore vi faceva uscire fuore del modo ordinato secondo Dio. Mandaste dicendo che Francesca stava molto male: per la qual cosa vollevate che frate Matteo ne venisse, rimossa ogni cagione; e se non venisse, che rimanesse con la vostra maledizione: non potendo fare altro, tollesse uno contadino a sua compagnia. Dicovi che la mattezza e stoltizia vostra voi non la potete negare. Lasciamo stare che non fusse secondo Dio; ma, secondo quel poco del senno che ci porge la natura, se l'aveste avuto, non l'avereste fatto. Se avevate o avete desiderio, o per bisogno per contentare la vostra figlia, che frate Matteo ne venga: avereste mandati una coppia di frati, che l'uno ne fussi venuto con lui, e l'altro rimaso: chè voi sapete beneche nè l'uno nè l'altro può venire nè rimanere solo. Ma voi favellate come persona passionata, che avete piene l'orecchie di mormorazioni. Tutto questo v'avviene perché non avete levata la faccia dalla terra, nè salito il primo scalone de' piedi: che se l'aveste salito, desidererestesolo che 'l vostro figliuolo cercasse l'onore di Dio e la salute dell'anime. Con questo desiderio voi e l'altre e gli altri vi turereste l'orecchie, e vi mozzereste la lingua, pernon udire le parole che vi sono dette, e per non dirle. Or non più così. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; e levatevi dalla conversazione de' morti e conversate co' vivi, con le vere e reali virtù. Altro non vi dico. Confortate Francesca... Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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14/03/2022 13:46
 
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CXXI (121) - A' signori difensori, e capitano del popolo della città si Siena, essendo essa a Sant'Antimo

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi signori in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi veri signori e con cuore virile; cioè che signoreggiate la propria sensualità, con vera e reale virtù, seguitando il nostro Creatore. Altramenti,non potreste tenere giustamente la signoria temporale, la quale Dio vi ha concessa per sua grazia. Conviensi dunque che l'uomo che ha a signoreggiare altrui e governare, signoreggi e governi prima sè. Come potrebbe il cieco vedere e guidare altrui? Come potrà il morto sotterrare il morto? Lo 'nfermo governare lo 'nfermo, il povero sovvenire al povero? non potrebbe.

Veramente, signori carissimi, che chi è cieco e ha offuscato l'occhio dell'intelletto suo per lo peccato mortale, non cognosce nè sè nè Dio. Male potrà dunque vedere o correggere il difetto del suddito suo. E se pure il corregge, il corregge con quella tenebra e con quella imperfezione ch'egli ha in sè. E spesse volte, per lo poco cognoscimento, ho veduto e veggo punire e' difetti colà dove non sono, e non punire quelli che sono iniqui e cattivi, che meriterebbono mille morti. Il poco lume non lascia discernere la verità, e pone la calunnia colà dove ella non è; e genera il sospetto in coloro de' quali egli sipuò sicurare e fidare (cioè de' servi di Dio e' quali gli parturiscono con lagrime e con sudori, con la continua e santa orazione, mettendosi ad ogni pericolo e pena o tormento, per onore di Dio e salute loro e di tutto quanto il mondo): e fidandosi di coloro che sono radicati nell'amore proprio di loro medesimi, e' quali per ogni vento si vollono. E tutto questo procede dal poco lume e tenebroso peccato. Evvi bisogno dunque di avere il lume.

Dico che il morto non può sotterrare il morto; cioè che colui che è morto a Grazia, non ha nè ardire nè vigore di sotterrare il morto del difetto del prossimo suo, perché si sente in quella medesima morte ch'è egli; e però nol vuole nè sa correggere, vedendosi in quella infirmità medesima; e non se ne cura. Non si cura del suddito suo, perché egli il vegga infermo. E anco è tanta la gravezza della infirmità del peccato mortale, che non vi pone rimedio, se prima non cura sè medesimo. Essofatto ch'egli sta in peccato mortale, è venuto in povertà, e perduta ha la ricchezza delle vere e reali virtù, non seguitando le vestigie di Cristo crocifisso: e però non può sovvenire al povero; privato, come dissi, della ricchezza della divina Grazia. Per la tenebra ha perduto il lume; che non vede il difetto colà dove egli è. E però si fanno le ingiustizie, e non le giustizie. Per la infermità perde ilvigore del santo e vero desiderio, in desiderare l'onore di Dio e la salute del suo prossimo; e cresce sempre la infermità se egli non ricorre al medico, Cristo crocifisso,vomitando il fracidume per la bocca, usando la santa confessione. Se egli il fa, riceve la vita e la sanità; ma seegli nol fa, subito riceve la morte: e allora il morto non può seppellire il morto, come detto è. E che maggior povertà si può avere, che esser privato del lume della sanitàe della vita? Non so che peggio si possa avere. Questi tali dunque non sono buoni nè atti a governare altrui, poichè non governano loro.

Convienvi dunque avere le predette cose; e però dissi che io desideravo di vedervi veri signori. Ma considerando me che l'esser vero signore non si può avere, se non signoreggia sè medesimo, cioè signoreggiando la propria sensualità colla ragione; però io vi dico in quanti inconvenienti vengono coloro che si lassano signoreggiare alla miseria loro, e non signoreggiano; acciocchè vi guardiate a non cadere a questo. Vogliate, vogliate aprire l'occhio dell'intelletto, e non essere tanto accecati col tantodisordinato timore. Vogliate credere e fidarvi de' servi di Dio, e non degl'iniqui servi del dimonio, che per ricoprire la iniquità loro vi fanno vedere quel che non è. Non vogliate porre i servi di Dio contra di voi. Chè tutte l'altre cose pare che Dio sostenga più che la ingiuria, li scandali e le infamie, che sono poste a' suoi servi. Facendo a loro, fate a Cristo. Troppo sarebbe dunque grande ruina a farlo. Non vogliate, carissimi fratelli e signori, sostenere che nè voi nè altri il faccia; ma tagliate la lingua del mormoratore, cioè riprendere e non dar fede a colui che mormora. Così facendo userete l'atto della virtù; e leverannosi via molti scandali. Ma pare che i peccati nostri non meritino ancora tanto. Tutto il contrario pare che si faccia; cioè che li cattivi sono uditi, e ibuoni sono spregiati.

Ond'io ho inteso che per lo Arciprete di Montalcino, o per altrui v'è messo sospetti; e questo fa per ricoprire la sua iniquità verso l'Abbate di santo Antimo; il quale è così grande e perfetto servo di Dio, quanto, già grandissimo tempo, fosse in queste parti. Che se avesse punto di lume, non tanto che di lui avesse sospetto, ma voi l'areste in debita reverenzia. Pregovi dunque per l'amore di Cristo crocifisso, che vi piaccia di non impacciarlo,ma sovenirlo, aiutarlo in quello che bisogna. Tutto dì vi lagnate che i preti e gli altri clerici non sono corretti: eora trovando coloro che gli vogliono correggere, gl'impedite, e lagnatevi.

Del mio venire con la mia fameglia, anco v'è fatto richiamo e messo sospetto, secondo che m'è detto: non so però se gli è vero. Ma se voi costate tanto a voi, quanto voi costate a me e a loro, in voi e in tutti gli altri cittadininon caderebbero le cogitazioni e le passioni tanto di leggiero; e chiuderestevi l'orecchie per non udire. Cercato ho io e gli altri, e cerco continuamente, la salute vostra dell'anima e del corpo; non mirando a veruna fadiga, offerendo a Dio dolci e amorosi desiderii con abondanzia di lagrime e di sospiri, per riparare che i divini giudiciinon vengano sopra di voi, i quali meritiamo per le nostre iniquitadi. Io non sono di tanta virtù che io sappia fare altro che imperfezione: ma gli altri che sono perfetti e che attendono solo all'onore di Dio ed alla salute dell'anime, sono coloro che il fanno. Ma non si lascerà però per la ingratitudine e per le ignoranzie de' miei cittadini, che non s'adoperi infino alla morte per la salute vostra. Impareremo da quel dolce di Paolo, che dice: «Il mondo ci bestemmia, e noi benediciamo; egli ci perseguita e ci caccia, e noi pazientemente portiamo». E così faremo noi; seguiteremo la regola sua. La verità sarà quella cosa che ci libererà. Io v'amo più che non v'amate voi; e amo lo stato pacifico e la conversazione vostra, come voi. Sicchè non crediate che nè per me nè per veruno degli altri della mia fameglia si faccia il contrario. Noi siamo posti a seminare la parola di Dio e ricogliere il frutto dell'anime. Ognuno dee esser sollecito dell'arte sua: l'arte che Dio ci ha posta è questa; conviencela dunque esercitare, e non sotterrare 'l talento, perocchè saremmo degni di gran reprensione; ma in ogni tempo e in ogni luogo adoperare, e in ogni creatura. Iddio non è accettatore de' luoghi nè delle creature, ma de' santi e veridesiderii. Sicchè con questo ci conviene adoperare.

Veggo che il dimonio si duole della perdita che in questa venuta egli ha fatta e farà per la bontà di Dio. Peraltro non venni se non per mangiare e gustare anime, e trarle delle mani delle demonia. La vita voglio lasciare per questo, se io n'avessi mille. E per questa cagione anderò e starò secondo che lo Spirito Santo farà fare. Diravvi Pietro a bocca la principale cagione per la quale io venni e sto qua. Altro non dico. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, se volete la vita. In altro modo cadremo nella morte eternale. Non v'incresca a leggere e udire; ma portate pazientemente: perocchè il dolore e l'amore che io ho, mi fa abondare di parole. Amore, dico, della vostra salute, e dolore della nostra ignoranzia. Voglia Dio che per divino giudicio non ci sia tolto il lume di non cognoscere la verità. Altro non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXII - A Salvi di misser Pietro, orafo in Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vero servo fedele a Cristo crocifisso, e che giammai non volliate la faccia a dietro, nè per prosperità nè per avversità; ma virilmente con fede viva: però che in altro modo, sapete che la fede senza l'opere è morta. Questa è l'operazione della fede: che noi concepiamo in noi le virtù per affetto d'amore, e parturiranno e' frutti con vera pazienza nel mezzo del prossimo nostro, portando, e sopportando e' difetti l'uno dell'altro. Perocchè non basterebbe a noi, e alla nostra salute, l'avere ricevuto la forma della fede colla divina Grazia quando riceviamo il santo battesimo. Basta bene al fanciullo parvolo, che morendo nella puerizia sua, riceve vita eterna solo col mezzo del sangue dell'Agnello; ma poi che siamo venuti ad età perfetta, avendo solamente il santo battesimo, non ci basterebbe se non esercitassimo il lume della fede con amore. Onde a noi avviene come all'occhio del corpo; però che, perché l'uomo abbia l'occhio, e sia puro, e sano a poter vedere, se egli non l'apre con libero arbitrio, che egli ha apoterlo aprire, e con amore della luce, può dire che, avendo l'occhio, non abbia l'occhio. L'occhio ha per la bontà del Creatore; e non ha la virtù dell'occhio per difetto della propria volontà, che non l'apre. Può adunque dire che sia morto, e non fa frutto. Così, carissimo figliuolo; Dio, per l'infinita sua bontà, ci ha dato l'occhiodell'intelletto, il quale occhio empie dandoci il lume della fede nel santo battesimo, e con esso il libero arbitrio,togliendo il legame del peccato originale. Ora chiede Dio, poichè siamo venuti a età compiuta d'avere cognoscimento, che quest'occhio, che egli ci ha dato, s'apra col libero arbitrio, e con amore della luce.

Poichè dunque l'anima vede in sè l'occhio da poter vedere, debbelo aprire al suo Creatore. E a che lume si debbe ponere? A vedere in Dio, solo l'amore. Però che neuna cosa si può adoperare senza amore, nè spirituale, nè temporale. Perocchè se io voglio amare cose sensitive, subito l'occhio si pone ine per dilettarvisi dentro. E se l'uomo vuole servire e amare Dio, l'occhio dell'intelletto s'apre, ponendoselo per obbietto; e con amore trae l'amore; cioè, vedendo che Dio sommamente l'ama, e' non può fare ch'egli non renda l'amore, e che egli non l'ami. Onde perde allora l'amore sensitivo, concepe un amore vero, vedendosi creato all'immagine e similitudine di Dio, e ricreato a Grazia col sangue dell'unigenito suo Figliuolo. Quest'occhio ha trovato il lume; e avendo trovato il lume, è fatto amator d'esso lume; e però non resta mai di cercar di fuggire e odiare quella cosa che glitolle il lume, e amare, e desiderare quella che gliel dà. Allora si leva colla fede viva, e concepe e' figliuoli delle virtù, con desiderio di vestirsi della somma ed eterna volontà di Dio; però che l'occhio, e il lume della fede ha mostrato all'affetto suo la volontà di Dio, che non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione. Chi ce la manifesta ben chiara? Il Verbo del Figliuolo suo, che è venuto nel carro della nostra umanità pieno di fuoco d'amore, manifestandoci col sangue suo la volontà del Padre per adempirla in noi. Perocchè quella volontà dolce, colla quale egli creò per darci vita eterna, avendola perduta, non s'adempiva per lo peccato nostro, e però ci mandò il Figliuolo per farcela chiara e manifesta, dandolo all'obbrobriosa morte della croce. E ciò che egli dà o permette a noi, dà solo per questo fine, cioè perché participiamo la somma ed eterna bellezza sua. Onde l'anima prudente, che ha aperto l'occhio suo, come detto è, col lume della fede, subito piglia uno santo giudicio, giudicando la santa volontà di Dio, che non vuole altro che il nostro bene; e non la volontà degli uomini.

Sai che n'esce di questo lume? Un'acqua pacifica, chiara, e senza veruna macula; e non è conturbata dalla avversità per impazienzia, nè per molestie di dimonio, nè per ingiurie, nè per persecuzioni, nè per mormorazioni d'uomini. Giammai si muove, ma sta ferma, perché ha già veduto che Dio il permette per suo bene, e per dargli il fine suo per lo quale fu creato. Questa è la via; e neun'altra ce n'è. E con molte spine e triboli ci convien passare, seguitando Cristo crocifisso, però che egli è la via. E così disse egli, cioè, ch'egli era via, verità evita. Bene sèguita la verità colui che tiene per questa via;però che s'adempie in lui la volontà del Padre eterno, conducendoci al fine per lo quale fummo creati. Se altra via ci fosse stata, averebbe detto che ncuno andasse al Padre se non pel Padre; ma egli non disse così, perché nel Padre non cade la pena, ma sì nel Figliuolo, e ad esso convien passare per la via della pena. Adunque ci convien seguitare Cristo crocifisso, che è via, e regola nostra. Anco dico che nol turba la prosperità del mondo per disordinato affetto e desiderio: anco, la mette sotto sè, spregiandola con dispiacimento, vedendo col lume della Fede che queste sono cose transitorie, che passano come il vento, e tolliono la via e il lume della Grazia a colui che le appetisce e possiede con disordinato affetto.

Costui partorisce e' figliuoli vivi con fede viva nell'onore di Dio e salute del prossimo. Perocchè nel prossimo si prova l'amore che noi abbiamo a Dio: però che nel nostro amore utilità non gli possiamo fare, ma vuole che la facciamo nel mezzo che egli ci ha posto, del prossimo nostro, sopportando i difetti loro, e portandogli dinanzi a Dio per compassione, e con pazienzia portando le ingiurie che essi ci fanno; e debita riverenzia usare a' servi suoi. Ogni altro modo che noi avessimo in noi, diciamo che ella è fede morta senza opera. Non dico però, che la sensualità non senta molte contraddizioni: ma quello contradire non gli tolle la perfezione, anco gliel'aiuta a dare; perocchè cognosce più il difetto suo, ecognosce la bontà di Dio, che gli conserva la volontà, che non consente e non va dietro a' sentimenti sensitivi per diletto, ma con odio e spiacimento di sè li corregge. Così di quello sentimento ne trae la virtù dell'umiltà per cognoscimento di sè, e la carità per cognoscimento della bontà di Dio in sè. Io, considerando ch'ella è di tanta eccellenzia e di sì gran necessità, che senz'essa non possiamo avere vita di Grazia, desidero di vedervi fondato nel lume della viva Fede; e però dissi che io desideravo di vedervi servo fedele a Cristo crocifisso. E però vi prego che vi leviate con vera e perfetta solecitudine, destandovi dal sonno della negligenzia, aprendo l'occhio dell'intelletto nell'amore che Dio v'ha, acciò che adempiate la volontà sua, e il desiderio mio in voi. Non dico più qui.

Rispondovi, carissimo figliuolo, alle lettere che mi mandaste, le quali io viddi con singolare allegrezza. Dove io viddi che si conteneva una particolare che Dio manifestò ad una serva sua, cioè, che quelli che si chiamano figliuoli erano scandalizzati per illusione delle dimonia che stavano dintorno a loro per trarne il seme che lo Spirito Santo aveva seminato a loro per trarne il seme che lo Spirito Santo aveva seminato in loro, ed eglino, come imprudenti e non fondati sopra la viva pietra, non facevano resistenzia; ma come sentivano lo scandalo in loro, così il seminavano in altrui, colorato con colore di virtù e d'amore. E però ora vi dichiaro, che volontà di Dio è ch'io stia. Avendo io grandissimo desiderio, per timore di non offendere Dio nel mio stare per tante mormorazioni e sospetti, quanti di me è preso e del padre mio frate Raimondo; fu dichiarato da quella Verità che non può mentire a quella medesima serva sua, dicendo: «Persevera di mangiare alla mensa alla quale io v'ho posto. Io v'ho posto alla mensa della croce a prender con vostra pena e molte mormorazioni, a gustare e a cercare l'onore di me e la salute dell'anime. E però l'anime che in questo loco t'ho poste nelle mani perché ell'escano dalle mani delle dimonia e pacifichinsi meco e col prossimo loro, non le lasciare infino a tanto che è compiuto quello che è cominciato. Perocchè, per impedire tanto bene, il dimonio semina tanto male. Però vi tornate; e non temete: ch'io sarò colui che farò per voi». Onde l'anima mia per lo detto di questa serva di Dio rimase pacifica. Ingegnerommi d'adoperare quel bene, per onore di Dio, e salute dell'anime e bene della nostra città, che io posso: poniamochè negligentemente io il faccia. E godo che io seguiti le vestigie del mio Creatore,e che per fare io riceva male; per far loro onore, faccianoa me vergogna; per dar loro vita vogliano a me dare la morte. Ma la loro morte è a noi vita, e la loro vergogna è a noi onore. Perché la vergogna è di colui che commette la colpa. Dove non è colpa, non è vergogna nè timore di pena. Io mi confido in Domino nostro Jesu Cristo, e no negli uomini. Io farò così. E se daranno a me infamie e persecuzioni, e io darò lagrime e continua orazione, quanto Dio mi darà la grazia. E voglia il dimonio o no, io mi impegnerò di esercitare la vita mia nell'onore di Dio e salute dell'anime per tutto quanto il mondo, e singolarmente per le mia città. Gran vergogna si fanno i cittadini di Siena, di credere o immaginare che noi stiamo per fare i trattati nelle terre de' Salimbeni, o in verun altro luogo del mondo.

Temono de' servi di Dio, e non temono degl'iniqui uomini; ma essi profetano, e non se n'avvedono. Essi hanno la profezia di Caifas, che profetò che uno morisse per lo suo popolo acciocchè non perisse. Egli non sapeva quello che si diceva; ma lo Spirito Santo il sapeva bene, che profetava per la bocca sua. Così e' miei cittadini credono che per me o per la compagnia ch'io ho meco, si facciano trattati: elli dicono la verità; ma non la cognoscono, e profetano; perocchè altro non voglio fare nè voglio faccia chi è con meco, se non che si tratti di sconfiggere il dimonio e tollergli la signoria che egli ha presadell'uomo per lo peccato mortale, e trargli l'odio dal cuore, e pacificarlo con Cristo crocifisso e col prossimo suo. Questi sono e' trattati che noi andiamo facendo, e che io voglio che si faccia per qualunque sarà con meco. Dogliomi della negligenzia nostra, che nol facciamo se non tepidamente. E però ti prego, figliuolo mio dolce, e a tutti quanti gli altri il dichi, che ne preghino Dio che iosia bene sollecita a far questo e ogni santa operazione per onore di Dio e salute dell'anime. Non dico più; chè molto arei che dire. Non è cognosciuto il discepolo di Cristo per dire: Signore! Signore! ma in seguitare le vestigie sue. Conforta Francesco in Gesù Cristo ecc. Frate Raimondo, poverello calunniato, ti si raccomanda che preghi Dio per lui che sia buono e paziente. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXIII - Ai signori difensori della città di Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi fratelli e signori temporali in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi uomini virili, e non timorosi governatori della città propria e della città prestata, considerando me che 'l timore servile impedisce e avvilisce il cuore, e non lascia vivere nè adoperare come a uomo ragionevole, ma come animale senza veruna ragione. Perocchè il timore servile esce e procede dall'amore proprio di sè. E quanto egli è pericoloso l'amore proprio di sè, noi 'l veggianoin signori e in sudditi, in religiosi e in secolari, e in ognimaniera di gente; perocchè non attendono ad altro che a loro medesimi. Onde se egli è suddito secolare, mai non obedisce nè osserva quello che gli è imposto per lo suo signore: e s'egli è signore, mai non fa giustizia ragionevolmente, ma con appetito sensitivo commette molte ingiustizie, chi per propria utilità, e chi per piacere agli uomini giudicando secondo la volontà di altrui, e non secondo la verità. Ovveramente, che egli teme di dispiacere: il quale dispiacere gli tollerebbe la signoria. Onde d'ogni cosa piglia timore e sospetto, con molta cecità, però che il piglia colà dove non debbe, e nol piglia colà dove debbe.

O amore proprio e timore servile, tu acciechi l'occhio dell'intelletto e non gli lasci cognoscere la verità. Tu tolli la vita della Grazia, la signoria della città propria e quella della città prestata. Tu fai incomportabile l'uomo a sè medesimo, perché desidera quello che non può avere; e quello che non può avere; e quello che possiede il possiede con pena, però che ha timore di non perderlo: onde non avendo, e temendo sempre, ha pena perché la volontà sua non è adempita. Onde drittamente in questa vita gusta l'inferno. Oh cecità d'amore proprio! Oh timore disordinato tu giugni a tanta cecità, che non tanto che te condanni la comune gente, e gl'iniqui uomini i quali giustamente si potrebbono condannare e temere della falsità loro, ma tu lasci il timore dell'iniquo, e condanni il giusto, recandoti a dispetto e' poverelli servi Dio, e' quali cercano l'onore di Dio e la salute dell'anime, e la pace e quiete delle cittadi, non restando mai i dolci desiderii e la continua orazione, lagrime e sudori di offerire dinanzi alla divina bontà. Come dunque ti può patire, amor proprio, e timore servile, di temere e giudicare coloro che si dispongono alla morte per la tua salute, e per conservare e crescere in pace e in quiete lo stato tuo? Ma veramente, carissimi fratelli, questo è quel perverso timore e amore che uccise Cristo; perocchè temendo Pilato di non perdere la signoria, accecò, e non cognobbe la verità; e per questo uccise Cristo. E nondimeno gli venne in capo quello di che temeva; perocchè poi, al tempo che piacque a Dio (non, che gli piacesse il difetto suo), egli perdè l'anima e il corpo, e la signoria. Onde a me pare che tutto il mondo sia pieno di questi Pilati, e' quali per lo timore cieco non si curano di perseguitare e' servi di Dio gittando loro pietre di parole, d'infamie e di persecuzioni. E tanta è la cecità loro, che non guardano nè come nè a cui; ma, come la bestia, si lasciano guidare alla propria sensualità, ponendo quei colori e quella legge a loro, che si pone agli uomini che non attendono ad altro che al mondo. Onde veramente io vi dico così: che ogni volta, che questo giudicio toccasse a noi, cioè di calunniare e condannare le operazioni, atti e costumi e conversazioni de' servi di Dio; oimè, oimè, noi abbiamo bisogno di temere il divino giudicio, che non venga sopra di noi. Perocchè Dio reputa fatto a sè, quello che è fatto a' suoi servi. Non sarebbe dunque altro, che chiamare l'ira di Dio sopra di noi. Noi abbiamo bisogno, carissimi fratelli e signori, d'accostarci a Dio col santo timore suo, e a' servi suoi, non levando loro le carni con le molte mormorazioni e disordinati sospetti; ma lasciargli stare e andare come peregrini, secondo che lo Spirito Santo li guida cercando e adoperando l'onore di Dio e la salute dell'anime (traendole dalle mani delle dimonia), e 'l bene e la pace e la quiete vostra. Non sia veruno tanto ignorante, che si voglia porre a regolare lo Spirito Santo, ne' servi suoi. Onde a me pare che Cristo fosse più paziente nella ingiuria sua, che in quella del suo apostolo san Tommaso: però che la sua non volle vendicare, ma benignamente rispose a colui, che gli diè la gotata, dicendo: «Se io ho male detto, rapporta che io ho detto male; ma se io ho detto bene, perché mi batti?». A Tommaso non fece così; anzi, essendo percosso nella faccia stando a mensa, prima che se ne levasse, ne fece la vendetta facendolo strangolare a uno animale, e poi gli staccò la mano che l'aveva percosso, e portollo in su la mensa dinanzi a santo Tommaso. Onde tutte l'altre cose ci saranno più toste sostenute che queste. Che se sono tanti i nostri peccati, che noi ci caggiamo, l'ultima cosa sarebbe per la quale potremmo aspettare grandissima ruina. Tutta questa cecità procede dall'amore proprio del timore servile. E però vi dissi che io desideravo di vedervi uomini virili e non timorosi.

Ma bene desidera l'anima mia di vedervi fondati nel santo e vero timore di Dio, il quale timore nutrica uno amore divino nell'anima. Egli è quello timore santo che si pone Dio dinanzi all'occhio suo; e innanzi elegge la morte, che offendere Dio o il prossimo suo o che volesse fare una ingiustizia o una giustizia che non la rivolga o vegga bene da ogni lato prima che la faccia. Di questo dunque santo timore avete bisogno, e così possederete la città propria e la città prestata: e non sarà dimonio nècreatura che ve la possa tôrre. La città propria è la città dell'anima nostra, la quale si possiede con santo timore fondato nella carità fraterna, pace ed unità con Dio e col prossimo suo; con vere e reali virtù. Ma non la possiede colui che vive in odio e in racore e in discordia, pieno d'amor proprio; e la vita sua mena lascivamente con tanta immondizia, che da lui al porco non ha nulla. Costui non signoreggia la sua città, ma esso è signoreggiato da'vizi e da'peccati: e ha tanto avvilito sè medesimo, che si lassa signoreggiare a quella cosa che non è, e perde la dignità sua della Grazia. E spregia il sangue di Cristo, ilquale fu quello prezzo pagato per noi, che ci manifesta la divina misericordia e la somma eterna Verità; amore ineffabile, il quale amore ci creò e ricuperò di sangue, non d'oro o d'argento, e manifestocci la grandezza dell'anima nostra e la gentilezza sua. Onde, bene è cieco colui che non vede tanto fuoco d'amore, e tanta sua miseria, alla quale si conduce giacendo nella tenebra del peccato mortale, e non possedendo sè, come è detto. E male possederà la cosa prestata, se in prima non governa e signoreggia sè medesimo. Signoria prestata sono le signorie delle cittadi o altre signorie temporali, le quali sono prestate a noi e agli altri uomini del mondo; le quali sono prestate a tempo, secondo che piace alla divina bontà, e secondo i modi e i costumi de' paesi: onde o per morte o per vita elle trapassano. Sicchè per qualunque modo egli è, veramente elle sono prestate. Colui che signoreggia sè, la possederà con timore santo, con amore ordinato e non disordinato; come cosa prestata, e non come cosa sua. Guarderà la prestanza della signoria che gli è data, con timore e riverenzia di colui che gliela diè.Solo da Dio l'avete avuta: sì che quando la cosa prestata c'è richiesta dal Signore, ella si possa rendere senza pericolo di morte eternale. Or con uno, dunque, santo e vero timore voglio che voi possediate. E dicovi, che altro rimedio non hanno gli uomini del mondo a volere conservare lo stato spirituale e temporale, se non di vivere virtuosamente: perocchè per altro non vengono meno se non per li peccati e difetti nostri. E però levate via la colpa, e sarà tolto via il timore; e arete cuore vigoroso e nontimoroso; e non arete paura dell'ombra vostra. Non dico più. Perdonate alla mia presunzione. L'amore ch'io ho a voi e a tutti gli altri cittadini e il dolore ch'io ho de' modi e costumi vostri, poco ordinati secondo Iddio, me ne scusi dinanzi a lui e a voi. Ho voglia di piangere sopra lacecità nostra; però che privati pare che siamo del lume. Dio per la sua infinita bontà e miscricordia vi tolla ogni tenebra d'ignoranzia, e allumini l'occhio dell'intelletto vostro a cognoscere e discernere la verità; e così non potrete errare. Altro non dico qui, benchè molto arei da dire.

Rispondovi, carissimi fratelli e signori, alla lettera ch'io ho ricevuta da Tommaso di Guelfuccio per vostra parte. Ringraziovi della carità che io veggio che avete a' vostri cittadini, cercando la pace e la quiete loro, e versodi me miserabile, non degna che voi desideriate la venuta mia, nè che voi richiediate da me che io sia mezzo a questa pace, perché sono insufficiente a questo, e a ogni altra quantunque minima cosa. Nondimeno la sufficienzia lasserò adoperare a Dio, e io chinerò il capo, secondo che lo Spirito Santo mi concederà, all'obedienzia vostra, d'andare e stare come sarà di vostro piacere, ponendo sempre la volontà di Dio innanzi a quella degli uomini. Onde io non veggo che testè a questi dì io possa venire, per alcuna cosa di bisogno che io ho a fare per lo monastero di santa Agnesa, e per essere co' nipoti di messere Spinello per la pace de' figliuoli di Lorenzo; la quale sapete che, già è buon tempo, voi la cominciaste a trattare, e non si trasse mai a fine. Onde io non vorrei che per mia negligenzia o per lo subito partire, ella rimanesse; perocchè temerei d'essere ripresa da Dio. Ma spaccerommi il più tosto che potrò, secondo che Dio mi darà la grazia. E voi e gli altri abbiate pazienzia; e non vilassate empire la mente e il cuore di molti pensieri e cogitazioni, le quali tutte procedono dal dimonio, chè il fa impedire l'onore di Dio e la salute dell'anime, e la pace equiete vostra. Increscemi dell'affanno e della fatica che imiei cittadini hanno nel pensare e menare la lingua verso di me; che non pare ch'egli abbiano a fare altro che tagliarmi le legne in capo, a me ed alla compagnia che ho con meco. Di me hanno ragione; perocchè son difettosa; ma non di loro. Ma noi, con sostenere vinceremo; perocchè la pazienzia non è mai vinta, ma sempre vince e rimane donna. Increscemi che i colpi caggiono in capo di colui che gli getta: però che spesse volte gli rimane lacolpa e la pena. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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14/03/2022 13:49
 
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CXXIV  (124)- A misser Matteo, Rettore della casa della misericordia di Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crocifisso, il quale sangue inebria l'anima sì e per siffatto modo, che al tutto perde sè medesimo. Di sè non vuole che rimanga alcuna particella, fuori del sangue cioè nè tempo, nè luogo, nè consolazione, nè tribolazione, nè ingiurie, nè scherni, nè infamie, nè villanie, nè veruna altra cosa, da qualunque altro lato ella viene; nè per sè nè per altrui, non le vuoleeleggere a suo modo, nè con veruno suo parere; ma al tutto si sottopone alla volontà di Dio, la quale trova nel sangue di Cristo. Perché il sangue manifesta la dolce sua volontà, che non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione; e ciò che dà e permette, è dato a noi per questo fine: per amore è dato, acciocchè siamo santificati in lui. Così s'adempie la sua verità. La sua verità è questa: che ci creò per gloria e loda del nome suo, e perché noi partecipassimo della sua beatitudine e la sua inestimabile carità, la quale perfettamente si gusta e riceve nella visione di Dio. Or questo ha cognosciuto l'anima, e veduto con l'occhio dell'intelletto la volontà del Padre eternonel sangue del Figliuolo: e questa è la ragione che l'anima annegata nel sangue, alluminata della dolce volontà di Dio, la quale ha trovato nel sangue, non ha mai pena, e non va a suo modo, nè sè nè altri vuole mandare secondo i suoi pareri. E però non ha pena di chi non viva,... perché gli ha al tutto perduti. Ma a che attende di fare? Quello medesimo che trova nel sangue. Che trova nel sangue? l'onore dei Padre Eterno e la salute dell'anime. Perché questo Verbo non attese mai ad altro; posesi in su la mensa della croce a mangiare il cibo dell'anime, non schifando pene.

Adunque noi, membri, gittiamo a terra noi: nutrichianci del sangue dello svenato e consumato Agnello. Facendolo, abbiamo la vita, e gustiamo l'arra di vita eterna: abbiamo lume, e perdiamo la tenebra nel lume, perdiamo ogni scandolo e mormorazione; chè non giudichiamo nè con colore di male nè con colore di bene. Ma come noi siamo annegati e perduti nel sangue, così anneghiamo e perdiamo altrui, tenendo di fermo che lo Spirito Santo li guidi. Il contrario di coloro che hanno provato alcuna cosa, e non sono al tutto perduti; spesse volte stanno in grandi pene, facendosi giudici de' costumi e de' modi de' servi di Dio, vengono a scandalo e mormorazione; e fanno mormorare spesse volte, participando con altrui le pene e' pareri loro. I quali pareri si debbono smaltire nel sangue, o con la propria persona di cui gli pare, senza mettere mezzo di diverse creature. Se fusse alluminato e annegato nel sangue, il farebbe: ma perché non è anco in quella grande perfezione della volontà annegata, che si richiede nel servo di Dio, poniamochè sia al tutto perduta nel mondo, rimangli de' pareri spirituali. E però nol fa, trovasi ignorante, e per laignoranzia viene in molti difetti e inconvenienti.

Adunque corriamo, carissimo e dolcissimo figliuolo; gittianci tutti nel glorioso e prezioso sangue di Cristo: e non rimanga punto fuori di noi. E con debita reverenzia e pazienzia portate ogni fadiga, ingiurie e mormorazioni e ogni altra cosa; i servi di Dio con amore e reverenzia consigliando; e non mormorando nè affermando veruno nostro parere di loro. E per questo modo saremo materia e strumento di tôrre le mormorazioni, e non di darle. Or così facciamo; e non si faccia; altro che nel sangue. Non vedo che altro si possa fare; e però dissi, ch'io desideravo di vedervi inebriato del sangue di Cristo crocifisso, perché pare che sia di bisogno e di necessità. Così voglio che noi facciamo: e specialmente vi prego e costringo che ne preghiate la prima verità per me (che n'ho bisogno) che mi vi anneghi e mi vi affoghi per siffatto modo, ch'io riceva lume perfetto a cognoscere e vedere le pecorelle mie, le perdute e le acquistate; sicchèio me le ponga in su la spalla, e ritorni all'ovile con esse.Grande ignoranzia della pecorella è a non cognoscere il pastore suo alla voce. Tanto tempo avete udita la voce del pastore che quasi ne dovreste essere maestri; e pare che facciate il contrario, andando dietro alle voci vostre,balando, e non sapendo voi quello che vi diciate. Andate dietro al giudicio e consigli umani: pare che tutti abbiate perduto il lume della Fede, come se il pastore che v'ha data la voce, e vuole dare la vita per la salute vostra,vi chiamasse con altra voce, cioè con quella dell'uomo e non con la divina, e dolce volontà di Dio: dalla quale non si può scordare l'anima per veruno detto di creature nè per ignoranzia delle pecorelle, che non la compia in sè ed in altrui. Così fece il dolcissimo Gesù, che non lasciò per lo scandalo e mormorazione dei Giudei, nè per ingratitudine nostra, che non compisse l'onore del Padre e la salute nostra: così debbe fare cui Dio ha posto, che sèguiti questo agnello; non vollere il capo addietro per veruna cosa che sia. E se le inferme pecorelle, che debbono essere sane, mormorano come inferme; non debbe però il pastore lassare coloro che stanno a fine di morte, vedendo di potere loro dare la vita, coloro che sono tutti ciechi, per loro che hanno male negli occhi. Non dovete fare così; ma imparate dai discepoli santi; che chi andava e chi rimaneva, secondo che vedevano più l'onore di Dio. Dobbiamo credere che a chi rimaneva ed a chi andava, si suscitavano infinite mormorazioni; e chi andava, non lassava però d'adoperare l'onore di Dio; e chi rimaneva, non si scordava però della pazienzia e del lume della Fede, e non perdeva la memoria del ritenere e del ricordare della voce del suo pastore. Anco, si fortificano con allegrezza; perché quanto è maggiore lo scandalo, tanto è più perfetta l'operazione che si fa. Adunque siate pecorelle vere; e non temete dell'ombre vostre. Nè crediate ch'io lassi le novantanove, per l'una. Io vi dico cotanto, che delle novantanove per ognuna delle novantanove io n'ho novantanove; le quali ora non si vedono se non dalla divina Bontà, che 'l sa, Carità increata, il quale per occulto frutto fa portare la fadiga dell'andare, la gravezza dell'infirmità, il peso degli scandali e mormorazioni. Di tutto sia gloria e loda al nome di Dio. Sicchè l'andare e lo stare non s'è fatto, se non secondo la sua volontà, e non secondo quella degli uomini.

La gravezza del corpo, che io ho avuta, e ho, e principalmente la volontà di Dio, m'ha tenuta ch'io non sono tornata. Il più tosto che si potrà e lo Spirito Santo cel permette, torneremo. Godete dello stare e dell'andare; e tutte le vostre cogitazioni si riposino quì su, tenendo cheogni cosa fa e farà la Divina Provvidenzia. Se non ch'io sono colei che guasto ciò che Egli fa e adopera per la moltitudine delle iniquità mie; e così fo danno a voi e a tutto quanto il mondo. Pregovi quanto io so e posso, che preghiate Dio che mi dia lume perfetto, sicchè io vada morta per la via della verità. Altro non dico. Confortatevi in Cristo dolce Gesù. E a tutti ci raccomandate, singolarmente al Baccelliere, e a Frate Antonio... Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXV - A madonna Nera priora delle mantellate di Santo Domenico, quando essa Caterina era alla rocca d'Agnolino

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fare come fa il buono pastore, il quale pone la vita per le pecorellesue. Così dovete fare voi, carissima madre; cioè, attendere all'onore di Dio e alla salute delle pecorelle che egli v'ha messe nelle mani: e non con negligenzia, perocchè ne sareste ripresa da Dio; ma con buona sollecitudine, perdendo ogni amore proprio e parere delle creature.

Sapete, carissima madre, che colui che ama sè sensualmente, se egli è Prelato, mai non corregge, perocchè sempre teme; e se egli corregge, corregge secondo il parere delle creature, e spesse volte non secondo verità; o tale volta secondo il suo parere proprio, perché non ti piaceranno molte volte i costumi loro. Non si dee fare così; perocchè molte sono le vie, i modi che Dio tiene co' servi suoi: basta a noi che noi gli vediamo che vogliono seguitare Cristo crocifisso. Onde sarebbe più tosto ingiustizia, che giustizia; perocchè non si debbono correggere secondo i nostri pareri, ma secondo i difetti che noi troviamo; e dolcemente levare l'affetto nostro all'onore di Dio; e aprire l'occhio dello intelletto sopra isudditi, e a ogni uno dare secondo che ha bisogno. Onde altro modo si dee tenere con le meno perfette, e altro con le più perfette, e sapere conscendere a bisogni loro, sempre tenendo fermo il correggere i difetti, quando voi gli vedete: e non lassate, per veruna cosa che sia, che non si correggano. Spero nella infinita e inestimabile carità di Dio che voi il farete. Aprite l'occhio dello intelletto, e ragguardate l'affetto dell'Agnello immacolato confitto e chiavellato in croce; e troverete che questo vero maestro ha posto la vita per le pecorelle sue; e con quanto amore e dilezione ha conversato, portando e sopportando noi miserabili, sempre attendendo all'onore del Padre e alla salute nostra perfettamente. Così spero, per la sua bontà, che farete voi, dolcissima madre; e non lasserete per la ingratitudine di noi miserabili figliuole e ditutto il nostro collegio, nè per mormorazioni o detto nelle creature, nè per malizia del dimonio, che si pone in su le lingue loro a dire quello che non debbono, per impedire l'onore di Dio e la salute dell'anime. Adoperate dunque ció che si può, e trapassate tutte queste cose senza veruno timore. Lo intelletto e l'affetto vostro non si parta mai dalla verità, perocchè altro non desiderate di volere, se non che Dio sia onorato, e le figliuole vostresiano specchio di virtù. Allora Dio adempirà il desiderio vostro, e sarete consolata di loro e di voi medesima: perocchè quando altri adopera una virtù, sempre v'ha gaudio e consolazione. Or così fate dunqne, per l'amore di Gesù Cristo crocifisso. Altro non dico. permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXVI - A monna Alessia e a monna Cecca

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi costanti e perseveranti nelle virtù per sì fatto modo che non volliate mai il capo a dietro a mirare l'arato. Il quale mirare s'intende in due modi: l'uno si è quando la persona è uscita dal fracidume del mondo, e poi volle il capo col diletto della propria volontà, ponendo l'occhio dell'intelletto sopra di loro. Costui non va innanzi; anco, torna indietro verso il vomito, mangiando quello che prima aveva vomitato. E però disse Cristo che neuno si debba vollere indietro a mirare l'arato; cioè non vollersi a mirare le prime delizie, nè ragguardare alcuna operazione fatta per sè medesimo; ma ricognoscerla dalla divina bontà. Sicchè dunque debbe andare innanzi con la perseveranzia delle virtù, e debbe non vollersi indietro, ma dentro nel cognoscimento di sè medesimo, dove trova la larghezza della bontà di Dio. Il quale cognoscimento spoglia l'anima del proprio amore, e vestela d'odio santo e d'un amore divino, cercando solo Cristo crocifisso, e non le creature, nè le cose create, nè sè medesimo sensitivamente, ma solo Cristo crocifisso, amando e desiderando li obbrobri suoi. Se questo cotale è esercitato e ha dibarbicata la radice dell'amore proprio, va innanzi, e non volle il capo indietro. Ma se al tutto non fusse dibarbicata spiritualmente, temporalmente caderebbe nel secondo vollere del capo.

E sai, quando si volle questa seconda volta? Non alle delizie del mondo; ma quando l'anima avesse cominciato a metter mano ad arare la grande perfezione. La quale perfezione principalmente sta, in tutto, in annegare e in uccidere la volontà sua; e più nelle cose spirituali chenelle temporali; perocchè le temporali le ha già gittate da sè; ma abbiasi cura delle spirituali. In questa perfezione ama l'anima in verità il Creatore suo, e le creature per lui, più e meno, secondo la misura con che essi amano. Dico dunque, che se la radice non è al tutto divelta dell'amore proprio di sè, che vollerà la seconda volta il capo indietro e offenderà la sua perfezione. Perocchè o egli l'offende, amando la creatura senza modo e senza misura si debbe dare solamente a Dio; ma la creatura, amarla con modo, e con la misura del suo Creatore. O egli si volle ad allentare l'amore verso la creatura, la quale esso amò di singolare amore: il quale allentare, non essendovi la cagione della colpa verso la cosa amata, non può essere che non allenti quello di Dio; ma movendosi per mormorazioni o scandali, o per dilungamento della presenzia di cui egli ama, o per mancamento di propria consolazione, non è senza difetto. Questi cotali vollono il capo indietro, allentando la carità verso del prossimo suo.

Non è dunque questa la via; ma la perseveranza. E però dissi, ch'io desideravo di vedervi costanti e perseveranti nelle virtù, considerando me, che voi eravate andate tra' lupi delle molte mormorazioni; e perché pare che non sia veruno che sia sì forte che non indebilisca. Perocchè io ho veduto vollere in dietro quegli, del quale io pensava ch'egli avesse fatti sì fatti ripari contra ognivento, che neuno il potesse nuocere infino alla morte; non credevo che punto vollesse la faccia, e non tanto la faccia, ma la miratura dell'occhio. Veramente questo è segno che la radice non è divelta, perocchè, se ella fusse divelta, faremmo quello che debbono fare i veri servi di Dio, i quali nè per spine nè per triboli, nè per mormorazione, nè per consigli delle creature nè per minacce nè per timore de' parenti si vollono mai indietro; ma in verità seguiteremmo Cristo crocifisso in carcere, ed in morte; e seguiteremmo le vestigie sue, non senza il giogo della vera e santa obedienzia dell'Ordine.

Di questo non dico, perocchè se egli volesse, io non vorrei; ma di fuore da questo, me ne doglio non per me, ma per l'offesa che è fatta alla perfezione dell'anima; perché verso di me fanno bene. Perocchè mi dà egli e gli altri materia di cognoscere la mia ignoranzia e ingratitudine, di non avere cognosciuto, nè cognosca il tempo mio e le grazie ricevute dal mio Creatore. Sicchè a me fanno aumentare la virtù. Ma non ho voluto tacere, perocchè la madre è obbligata di dire a'figliuoli quello lor bisogna. Parturito è stato egli, e gli altri con molte lagrime e sudori; e parturirò infino alla morte, secondo che Dio mi darà la grazia in questo tempo dolce della sollicitudine data a me e a questa povera famigliola della prima dolce Verità. E pare che di nuovo voglia che si fornisca la navicella dell'anima mia, ricevendo solo la satisfazione del mio Creatore, con l'esercizio di cercare ecognoscere la dolce Verità, con continue mugghia e orazioni nel cospetto di Dio per la salute di tutto quanto il mondo. Dio ci dia grazia, a voi e a me, e ad ogni persona, di farlo con grande sollicitudine.

Raccomandateci a Teopento, che preghi Dio per noi, ora che egli ha il tempo della cella: perocchè siamo peregrini e viandanti in questa vita, e posti a gustare il latte ele spine di Cristo crocifisso. E ditegli che legga questa lettera: e chi ha orecchie, sì oda; e chi ha occhi, sì veda; echi ha piedi sì vada, non vollendo il capo indietro; anco, vada innanzi, seguitando Cristo crocifisso, e con le mani adoperi sante vere e buone operazioni, fondate in Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXVII - A frate Bartolomeo Dominici, e a frate Tomaso d'Antonio dell'ordine de'predicatori quando erano a Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissimi e carissimi padri per riverenzia di quello dolcissimo Sacramento, e carissimi fratelli in quello abondantissimo e dolcissimo sangue, il vostro carissimo padre e fratelli vi mandano cento migliaia di saluti, confortando e benedicendo in quella ardentissima carità che tenne legato e chiavellato Cristo in su la croce.

O fuoco abisso di carità, tu se' fuoco, che sempre ardi e non consumi: tu se' pieno di letizia e di gaudio e di soavità. Il cuore che è vulnerato di questa saetta, ogni amaritudine gli pare dolce, e ogni grande peso diventa leggiero. Oh dilezione dolce, che pasci e ingrassi l'anima nostra! E perché dicemmo che ardeva e non consumava; ora dico che egli arde e consuma, e distrugge e dissolve ogni difetto, ignoranzia, e ogni negligenzia che fusse nell'anima. Imperocchè la carità non è oziosa; anco, adopera grandi cose.

Io Catarina, serva inutile, spasimo di desiderio, rivolgendomi per le interiora dell'anima mia per dolore e pianto, vedendo e gustando la nostra ignoranzia e negligenzia, e non donare amore a Dio, poichè tante grazie dona a noi con tanto amore. Adunque, carissimi fratelli, non siate ingrati nè sconoscenti; perocchè agevolmente si potrebbe seccare la fonte della pietà in voi. O negligenti, negligenti, destatevi da questo perverso sonno: andiamo e riceviamo il re nostro che viene a noi umile e mansueto.

O superbi voi! Ecco il maestro dell'umilità che viene e siede sopra l'asina. Però disse il nostro Salvatore che una delle cagioni, infra le altre, per la quale egli venissesopra essa, si fu per dimostrare a noi la nostra umanità, in quello che egli era venuto per lo peccato a dimostrare che ci conviene tenere con quest'asina della nostra umanità quello modo che tenne egli, cioè cavalcarla e signoreggiarla. E drittamente e senza veruna differenzia, non ci ha tra noi e la bestia cavelle; perocchè la ragione per lo peccato diventa animale. O Verità antica, che ci hai insegnato il modo! Io voglio che tu sagli sopra quest'asina, e possegga te medesimo umile e mansueto. Ma con che piei vi saliamo, dolcissimo Amore? con l'odio della negligenzia, e con amore della virtù.

Or non diciamo più, perocchè troppe cose averemmo a dire. Non posso più. Ma facciamo così, figliuoli e fratelli miei. Il canale è aperto e versa, onde noi avendo bisogno di fornire la navicella dell'anima nostra, andiamo a fornirla ine a quello dolcissimo canale, cioè il cuore e l'anima e 'l corpo di Gesù Cristo. Ine troveremo versare con tanto affetto, che agevolmente potremo empire l'anime nostre. E però vi dico: non indugiate a mettere l'occhio nella finetra. Chè vi dico che quella somma Bontà ci ha apparecchiati i modi e li tempi da fare i grandi fatti per lui. E però vi dissi che voi fuste sollecitidi crescere il santo desiderio. E non state contenti alle piccole cose, perocchè egli le vuole grandi.

E per tanto io vi dico che 'l papa mandò di qua uno suo vicario; ciò fue il padre spirituale di quela Contessa che morì a Roma; e è colui che renunziò al vescovo per amore della virtù, e venne a me da parte del Padre santo, dicendo che io dovessi fare speciale orazione per lui e per la santa Chiesa; e per segno mi recò la santa inulgenzia. Gaudete dunque et exultate, perocchè il Padre santo ha cominciato ad esercitare l'occhio verso l'onore di Dio e della santa Chiesa. Costà verrà un giovane che vi darà questa lettera. Dategli di ciò che egli vi dice, fede; imperocchè egli ha unosanto desiderio d'andare al Sepolcro; e però egli ne va ora al santo Padre, per lui e per alquante persone religiose e secolari. Io ho scritta una lettera al Padre santo; e mandandolo pregando che per amore di quello dolcissimo sangue egli ci dia licenzia acciocchè noi diamo li corpi nostri adogni tormento. Pregate quella somma eterna Verità, che, s'egli è il meglio, che ci faccia questa misericordia a noied a voi, sicchè tutti di bella brigata diamo la vita per lui.Son certa che, se sarà il meglio, egli ce la farà dare.

Altro non dico. Alessa vi si raccomanda cento migliaia di volte, con desiderio di ritrovarvi e di vedervi con quella ardentissima carità; e maravigliasi molto come voi non ci avete mai scritto. Dio ci conduca in quello luogo dove noi ci vedremo a faccia a faccia con lo Dio nostro. Alessa negligente si vorrebbe volentieri invollere in questa lettera per potere venire a voi. Monna Giovanna vi manda molte volte benedicendo, e pregavi che abbiate memoria di lei dinanzi da Dio.

Gesù, Gesù, Gesù. Io Catarina, serva inutile di Gesù Cristo, cento migliaia di volte vi conforto e benedico. Catarina Marta vi si raccomanda che preghiate Dio per lei. Raccomandateci a frate Tomaso e al vostro priore e a tutti gli altri Gesù dolce, Gesù amore.


CXXVIII - A Gabriele di Divino Piccolomini

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti costante e perseverante nella Virtù sì e per sì fatto modo, che non volla mai il capo addietro; però che in altro modo non potresti esser piacevole a Dio nè riceveresti il frutto delsangue dell'umile e immacolato Agnello. Perocchè solo la perseveranzia è quella che è coronata. Adunque ci è di necessità la perseveranzia. E se tu mi dicessi, carissimo figliuolo: «In che modo posso avere questa costanzia e perseveranzia, conciosiacosa che io abbia molti contrari e molti nemici attorno, cioè il mondo e le creature con molte persecuzioni, ingiurie, e mormorazioni, e la propria mia sensualità, che spesse volte mi repugna, e ribella contra la ragione?». Rispondoti, che in nessuno modo si può sconfiggere li nemici se non coll'arme e senza timore; e che volontariamente entri nella battaglia, e dispongasi alla morte, e che ami la gloria che sèguita dopo la battaglia. In questo modo noi, che siamo posti nel campo a combattere contro li nostri nemici, cioè contra il mondo, la carne e 'l dimonio, senza l'arme non potremmo combattere, nè ricevere li colpi che non ci offendessero. Che arme dunque è quella che ci conviene avere? Di coltello. Convienti anco avere la corazza della vera carità, la quale ripara e' colpi, che ci dà il mondo indiversi modi, e a molte tentazioni del dimonio, e a' colpi della nostra fragilità, che impugna contra lo spirito, come detto è. E conviensi che la corazza abbia la sopravvesta vermiglia, cioè il sangue di Cristo crocifisso, unito, intriso e impastato col fuoco della divina carità.

E questo sangue conviene che sia scoperto, cioè che tu il confessi dinanzi a ogni creatura, e non lo ascondi, confessandolo per buone e sante operazioni, e con la parola, quand'egli bisognasse: che tu non facci come molti matti che si vergognano dinanzi al mondo di ricordare Cristo crocifisso, e di confessarsi, loro essere servi di Cristo. Questi cotali non si vogliono mettere la sopravesta. Oh confusione del mondo! che si vergognano di ricordare Cristo e il sangue suo, del quale sono ricomperati con tanto fuoco d'amore. E non si vergognano delle loro iniquitadi; che con tanta miseria si privano del frutto del sangue; e hanno tolta la bellezza dell'anima loro, eperduta la dignità; e sono fatti animali bruti, e fatti servie schiavi del peccato, e non se ne avveggono. Però che essi hanno perduto il lume della ragione, e vanno, come ciechi e frenetici, attaccandosi alle cose del mondo, che non si possono tenere a nostro modo, perché corrono come il vento. Perocchè o elle vengono meno a noi, o noi a loro, cioè quando noi siamo richiesti dal Sommo Giudice, separandosi l'anima dal corpo. E se essi non si correggono o nella vita o nel punto della morte (benchè neuno debba essere tanto ignorante che pigli indugio, però ch'egli non sa in che modo nè in che stato si muore, ne quando); dico che non correggendosi, sono privati del bene della terra e di quello del cielo, e giungono alla eterna dannazione. Non voglio dunque, figliuolo, poichè stanno in tanto pericolo, che tu sia di questi cotali, ma armato per lo modo detto, costante, e perseverante sia nella battaglia infino alla morte, e senza alcuno timore.

E convienti anco avere il coltello in mano, con che tu ti difenda: e sia di due tagli, cioè d'odio e d'amore; amore della virtù e odio del vizio. E con questo percuoterai il mondo, odiando gli stati, delizie, pompe e vanità sue, e la infinita superbia. E percuoterai e' persecutori con lavera pazienzia che tu acquisterai dell'amore della virtù. Percuoterai il dimonio; però che la carità è sola quella, che il percuote; e fugge da quell'anima come la mosca dalla pignatta che bolle. E percuoterai la sensualità e fragilità tua coll'odio, il quale odio traesti dal santo cognoscimento di te, e con lo amore del tuo creatore, il quale amore acquistasti per lo cognoscimento di Dio in te, e per questo amore entrasi nella battaglia.

E debbiti ponere dinanzi all'occhio dell'intelletto tuo Cristo crocifisso, gloriandoti negli obbrobri e nelle fadighe sue. In lui vedrai la gloria che ti è apparecchiata e achiunque il servirà; nella qual gloria troverai e riceveraiil frutto d'ogni fadiga portata per gloria e loda del suo nome. Or questo è il modo, carissimo figliuolo, da venire a perfetta virtù, e vincere la fragilità, ed a perseverareinfino alla morte. Senza la perseveranzia l'arbore nostro non producerebbe il frutto. E però ti dissi che io desideravo di vederti costante e perseverante, acciò che mai non vollessi il capo addietro.

Altro non ti dico. Hotti fatto menzione dell'arme, acciò che tu sia proveduto quando si leverà il gonfalone della santissima croce; onde io voglio che tu sappi che arme ti conviene avere. E però fa' sì che tu la procacci ora fra i Cristiani; e comincialati ad usare, ch'ella non siarugginosa quando anderai sopra gl'infedeli. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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CXXIX  (129) - A frate Bartolommeo dell'ordine de'predicatori, in Fiorenza

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo suo; con desiderio di vedervi annegato e affocato nel fuoco dell'ardentissima carità di Dio, spogliato del vostro perverso vestimento, e vestito e ricoperto dal fuoco dello Spirito Santo. Il quale vestimento è di tanta fortezza e di tanta durezza, che non ammolla mai il cuore che n'è vestito, e non diventa mai femminile; anco, è atto e forte a ricevere i grandissimi colpi delle molte persecuzioni del mondo e del dimonio, e del corpo proprio; e non gli passano dentro, perocchè il vestimento della carità fa resistenzia. Perocchè l'amore ogni cosa porta: ciò è esso Spirito Santo. Egli è quello lume che caccia ogni tenebra; egli è quella mano, che sostiene tutto il mondo. Così mi ricordo che, poco è, egli diceva: «Io son colui, che sostengo e mantengo tutto il mondo. Io son quello mezzo che unì la natura divina con la natura umana: io son quella mano forte, che tengo il gonfailone della croce; e di questo ho fatto letto, tenuto confitto e chiavellato, Dio-ed-uomo». Egli è di tanta fortezza, che se 'l vincolo della carità, fuoco di Spirito Santo, non l'avesse tenuto, li chiodi non erano sufficenti a tenerlo. O amore dolce, e inestimabile Carità, tu se' ministratore e servitore delle vilissime creature. Quale cuore adunque si difenderà che non si spogli del vestimento dell'uomo vecchio dell'amore proprio di sè medesimo, e non corra, a tanto calore, a vestirsi dell'uomo nuovo? Certo i cuori tiepidi e freddi e negligenti se ne difendono: e tutto questo nasce dalla perversa radice dell'amore proprio. E però vi dissi che io desideravo che voi fuste annegato e vestito di quella fortezza e plenitudine dello Spirito Santo; perocchè l'anima, che ha levato l'affetto suo sopra di sè, e percossolo nel consumato desiderio di Dio, non cade in questo difetto, ma ène privata.

Adunque io vi prego, figliuolo in Cristo Gesù, che, poich'Egli dice che è vestimento forte, che riceve ogni colpo, che noi portiamo virilmente. Oh amore! Il Verbo si ha dato in cibo, il Padre è letto dove l'anima riposa per amore. Dunque non ci manca cavelle. Il vestimento è di fuoco contra al freddo, cibo contra al morire di fame, e letto contra alla stanchezza. Siate, siate innamorato di Dio, dilettando l'anima e la coscienzia vostra in lui;e non vogliate pigliare la estremità: perocchè noi vediamo tanta larghezza, che essendo noi peregrini, questa Parola incarnata ci ha accompagnata nella peregrinazione, e datocisi in cibo per farci correre virilmente. Ed è sìdolce compagno dell'anima che 'l sèguita, che egli è colui che giugnendo al termine della morte ci riposa nel letto, mare pacifico della divina Essenzia, dove noi riceviamo l'eterna visione di Dio. Questo parbe che volesse dire la dolce bocca della Verità in su'l legno della santissima croce, quando disse: «In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum» O Gesù dolce, tu se' nel Padre; ma non noi, perocchè, come membri putridi, per lo peccato eravamo privati della Grazia: sicchè fu detta per noi, perocchè la stretta compagnia che fece coll'uomo, che divenuto una cosa con lui, reputva suo quello che era nostro. O fuoco d'amore! Io non voglio dire più, perocchè non mi resterei infino alla morte, se non che io vi vegga segato per mezzo.

Ricevetti la vostra lettera, e intesi ciò che diceva del dubbio che avete. Ratto, per la grazia di Dio, il dichiareremo insieme. Son certa che la divina providenzia non vi farà stare senza frutto, non tollendolo con la vostra coscenzia, ma largo e in perfetta umilità. Così voglio e prego teneramente, come figliuolo, che facciate; ed io, come misera miserabile madre, v'offerirò e terrò dinanzi al Padre eterno Dio. E se mai fui affamata dell'anima vostra, singolarmente il dì d'oggi. In questa pasqua ve ne sete potuto avvedere: e ogni dì è questa pasqua. Onde non potete stare senza me, che continuamente per santo desiderio non sia dinanzi da voi.

Dell'andare a Roma, credo che Dio per sua grazia vi ci manderà, perocchè veggo la volontà di Frate Tomaso inchinata a ciò. Il nostro Cristo in terra ne viene tosto, secondo ch'io intendo. Per la qual cosa io vi prego e costringo che ne veniate il più tosto che potete. Mandastemi a dire che era morto misser Niccolaio e monna Lippa. Honne avuta grande letizia, pensando che ogni cosa è fatta con providenzia di Dio. Sappiate se monna Lippa avesse lassato per testamento cavelle. E se ne poteste avere cavelle per Santa Agnesa, impegnatevene; perocchè hanno, grande bisogno.

Ho scritto a monna Pilia, e a Maddalena. Il Vescovo non mi risponde mai. E però vi prego che v'andiate, e costringiate di fare quello che io gli scrissi: e dia a voiquella quantità che può, sforzando il potere: perocchè è di grandissima necessità. E così dite a Niccolò Soderini. Il più tosto che potete, recate ciò che vi danno. Dite ad Elisabetta ed a Cristofana e a tutte l'altre, che si confortino in Cristo Gesù cento migliaia di volte, e che corrano virilmente dietro allo sposo dolce, Cristo Gesù. Pregatela che mi perdoni, che io dimenticai la manna, che io le promisi. Dite a Ficcolino delli Strozzi, che cresca di virtù in virtù. Perocchè chi non cresce, torna a dietro. Confortatelo molto molto, da mia parte. Sappiate che 'l dì che Dio sposò l'umana generazione con la carne sua, fummo di nuovo lavati nel sangue e sposati con la carne. Annegatevi ed affogatevi nel fuoco del santo desiderio. Permanete nella santa dilezione di Dio. Alessa e Catarina, e io, Cecca pazza, vi ci mandiamo molto raccomandando. Gesù, Gesù. Catarina serva de' servi di Dio inutile. Vi si raccomanda frate Raimondo e frate Tommaso.


CXXX  (130) - A Ipolito degli Ubertini di Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi col cuore virile, spogliato d'ogni passione e tenerezza sensitiva: laquale tenerezza che procede dall'amor proprio, è impedimento d'ogni santo desiderio, e operatore d'ogni male. Colui che ama sè, sta entro una tiepidezza di cuore. Da l'uno lato il chiama Dio, facendogli vedere il poco tempo che ci ha a vivere, e la miseria e fragilità del mondo, e la poca fermezza e stabilità sua; e che ogni diletto minimo e sollecitudine che l'uomo piglia disordinatamente fuori di Dio, è punito miserabilmente. Viengli in odio e dispiacimento il mondo, e volentieri se ne vuol levare; vedendo che chi lassa il mondo, possiede il mondo, cioè, chi si fa beffe dello stato, pompe e delizie sue;vedendo che ognuno è rimunerato, e saragli poi renduto per uno cento. Disponsi allora in sè medesimo al tutto abbandonarlo. Ma se l'amore proprio anco vivesse nell'anima, questo desiderio intepidisce; e con una cotale tenerezza di sè si va pure attaccando, pigliando indugio di tempo. Non si dee fare così; ma uccidere ogni amor proprio, considerando in sè medesimo che non è sicuro d'avere il tempo. Chè se noi ne fussimo sicuri, sarebbe da dire: «io mi porrò a sciogliere questo legame del mondo; e quando io sarò sciolto, n'andrò a legarmi con Cristo crocifisso col mezzo del giogo della sua obedienzia». Carissimo fratello, poichè sete sicuro d'avere iltempo, gettate a terra ogni amore proprio e tenerezza sensitiva; e non vi ponete a sciogliere, ma a tagliare. Recatevi nella mano del libero arbitrio un coltello che abbia due tagli, cioè d'odio e d'amore: amore della virtù, e odio e dispiacimento del vizio e del mondo e della propria sensualità. A questo modo dimostrerete che siate uomo virile, e non tiepido nè negligente.

Rispondete, ripondete a Dio che vi chiama per sante e buone ispirazioni; e havvi il luogo apparecchiato, santo e divoto, separato al tutto dal secolo: con un padre, cioè il Priore di Gorgona, che è drittamente un angelo, specchio di virtù con una buona e santa famiglia. Non fate resistenzia alla divina grazia, che con tanta benignità vi domanda di volere abitare nel cuore e nell'affetto vostro. Secondo che io intesi per la lettera che mi mandasti, parmi che abbiate buona e santa intenzione: ma troppo la pigliate a lunga, domandando due anni. E questo fa il dimonio, perché gl'incresce del vostro bene, ponendovi innanzi d'avere necessità, per impedire la pace e la quiete vostra. Molto mi parrebbe che facesti bene, il più tosto che si potesse, allogare la fanciulla vostrae levarvi quel peso dal collo; poi degli altri fatti, spacciatamente determinargli. Potreste, le altre faccende che avete a fare, lassarle fare a quel mezzo che vedesti che fusse buono e atto a fadigarsi per l'amore di Dio e per voi; ma quello della fanciulla fate voi medesimo. Pregovi da parte di Cristo crocifisso, che tosto vi spacciate, e non aspettate il tempo, che' l tempo non aspetta voi. Viene a voi il Priore di Gorgona: dite a lui pienamente la vostra intenzione; e pigliate una salda, ferma e vera deliberazione. E se cosa è, che voi pigliate d'essere a quel luogo santo e divoto (che sarà la vita dell'anima vostra), o per qualunque modo si sia, se voi dispensate la sostanza vostra a'poveri, datene a quel luogo di Gorgona. Perocchè il luogo ha bisogno d'essere acconciato, a volere stare secondo i costumi dell'Ordine di Certosa.

Orsù virilmente! Chè io spero nella bontà di Dio che bagnandovi nel sangue di Cristo crocifisso, voi farete questo e ogni altra cosa senza indugio di tempo. Non dico più. Raccomandatemi a Leonardo e Niccolò Soderini; e Monna Antonia e tutta l'altra famiglia benedicete in Cristo dolce Gesù. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXXI - A Niccolo Soderini in Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendissimo e dilettissimo fratello in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, vi conforto e benedico nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vero figliuolo e servo di Gesù Cristo crocifisso, voi e tutta la famiglia vostra, si come servo ricomprato dal Figliuolo di Dìo: ragguardando sempre come il servo che sta dinanzi al suo signore, che sempre teme di non'offendere e di non dispiacere a lui. Così voglio che sempre facciate voi; e che vediate che 'l Signore a cui siamo obbligati di servire, l'occhio suo, e sempre sopra di noi; onde dobbiamo sempre temere di non offendere a si dolce e caro signore. Questo è quel santo timore che entra come servo nell'anima, e traene ogni vizio e peccato, e operazione che fosse contra alla volontà del Signore suo.

Desidero anco che siate figliuolo del Padre vostro celestiale, il quale v'ha creato alla immagine e similitudinesua; e ha fatto a voi e ad ogni creatura come fa il padre che mette alcun tesoro in mano del figliuolo suo, e per farlo grande e arricchito, il manda fuora della città sua. Così fa questo dolce padre: perocchè, avendo creata l'anima, egli le dona il tesoro del tempo e il libero arbitrio della volontà, perché arricchisca. Così vedete voi che è: però che noi siamo forestieri e peregrini in questa vita; e con questo tesoro del tempo e col libero arbitrio guadagniamo. E' vero che in questo tempo la creatura può annegare la volontà e libero arbitrio suo, e con esso può annegare la perversa vanità, piacimento e dispiacimento e sollecitudini e diletti del mondo; la quale è quella mercanzia che sempre l'uomo impoverisce, però che non ha in sè veruna stabilità nè fermezza, e non ha se non una mostra di fuore, e dentro è guasta, e lassata alpuzzo di molti peccati: e questa mostra fa che l'uomo s'accordi a mercato con lui. Adunque, carissimo e venerabile fratello in Cristo Gesù, io non intendo nè voglio che questo tesoro dato dal Padre a noi per divina grazia e misericordia, noi lo spendiamo in si vile mercanzia; perocchè giustamente saremo reprobati dal Padre. Dunque come figliuoli veri, e con perfetta sollecitudine spendiamo questo dolce tesoro in una mercanzia perfetta; la quale è contraria a questa, però che ha il colore pallido, povero e vile: e dentro v'è uno tesoro che ingrassa e arricchisce qui per Grazia, e poi'l conduce nella vita durabile del Padre a godere l'eredità sua. Or vediamo dunque che tesoro, costui che è arricchito, egli ha comprato. Il tesoro è questo: spregiamento d'onore, di delizie, di ricchezze, e d'ogni consolazione e ricreazione o piacimento degli uomini; e ha voluto quelle virtù vere e reali, le quali paiono piccole e di non piccolo aspetto negli occhi del mondo, ma dentro v'è il tesoro della Grazia. Ben pare piccolo al mondo a eleggere strazi, scherni, ingiurie e rimproveri, a eleggere volontaria povertà; la quale caccia a terra l'umana superbia e grandezza e stato del mondo; la quale si mostra tanto alta e diventa umile abbassandosi per virtù. E non vuole tenere altre vestigia che del padrone suo; che gli ha commesso il tesoro della libera volontà; con la quale egli può guadagnare e perdere secondo che vuole e secondo la mercanzia che compra.

Oh dolce e santo tesoro delle virtù, che in ogni luogo andate sicure, in mare e in terra, e in mezzo de' nemici di neuna cosa temete, però che in voi è nascoso Iddio, che è eterna sicurtà! Non gli è tolta dagli uomini nè dall'ingiuria la perfetta pazienzia; perocchè non si trova nel mondo chi voglia ingiurie; e la pazienzia egli prova per mezzo dalla ingiuria e delle fadighe. Così l'ardentìssìma e amorosa carità: perocchè sempre, per contrario, si cerca l'amore proprio di sè medesimo; ma il cuore dilargato e abbattuto alla ricchezza della carità, vuole gaudio e letizia e ogni sicurtà . E non ragguarda nè cerca sè per sè, ma sè per Dio, e 'l prossimo per Dio. E brevemente, ogni sua operazione è drizzata in lui non per propria utilità, ma per onore del Padre, quando ritorna alla casa sua.

Orsù dunque non dormiamo più nel letto della negligenzia, però che egli è tempo da investire questo tesoro in una dolce mercanzia: e sapete in quale? In pagare la vita per lo Dio nostro, dove si terminano tutte le iniquitànostre. Questo dico per l'odore del fiore che si comincia ad aprire, per lo santo passaggio, per lo quale ora il Padre santo e il nostro Cristo in terra ha commesso che si cerchi per voler sapere la santa disposizione e volontà dei Cristiani, cioè se vorranno dare la vita per acquistarela Terra santa; e dicendo che se troverà le volontà disposte, che ogni aiuto darà, e con sollecitudine userà la potenzia sua. Così dice la bolla che egli ha mandata al provinciale nostro e al ministro de' frati Minori e a frate Raimondo; e mandollo, comandando che fussero sollecitati a invistigare le buone volontadi per tutta Toscana e in ogni altro terreno: e vuogli per scritto, per vedere illoro desiderio, e quanti sono; per dare poi ordine, e mandare in effetto. Adunque io v'invito alle nozze della vita durabile, e che v'accendiate per desiderio a pagare sangue per sangue; e quanti ne potete, invitare; però che alle nozze non si vuole andar solo. E non potete poi tornare addietro. Non vi dico altro.

Ringraziovi con affettuoso amore della carità che avete mostrata, secondochè per la lettera e per lo Maestro ho inteso. Non sono sufficiente a remunerare l'affetto vostro: ma prego e pregherò continuamente la somma eterna Bontà che vi rimuneri di sè. Raccomandatemi e benedicetemi cento mìglìaia dí volte in Cristo Gesù. Permanete nella santa e dolce dilezíone di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXXII - A monna Giovanna e altre figliuole in Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissime e carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, e madre vostra in Cristo, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del figliuolo di Dio; il quale fu Agnello mansueto e immacolato e svenato, non per forza di chiodi o di lancia, ma per forza d'amore e smisurata carità la quale aveva e ha alla creatura. Oh carità ineffabile dello Dio nostro! Tu m'hai insegnato, dolcissimo Amore, e hàmmi mostrato non con sole parole (perché tu dici che non ti diletti di molte parole), ma con l'operazioni, dellequali tu dici che ti diletti, le quali tu richiedi a' servituoi. E che m'hai tu insegnato, Carità increata? m'hai insegnato che io, come agnello, paziententente sostenga non solamente le parole aspre, ma eziandio le percosse dure e aspre, le ingiurie e danni. E con questo vuoli ch'io sia innocente e immacolata, cioè senza nocimento a neuno de' prossimi e fratelli miei; non solamente a quelli che non ci perseguitano, ma a coloro che ci fanno ingiuria: e vuoli che per loro preghiamo come per speciali amici che ci danno buono e grande guadagno. E non solo nelle ingiurie e danni temporali vuoli che noi siamo pazienti e mansueti, ma generalmente in ogni cosa la quale sia contra la mia volontà: come tu non volevi che in veruna cosa fusse fatta la tua volontà, ma quella del Padre tuo. Come adunque leveremo il capo contra la bontà di Dio, volendo che s'adempiano le perverse nostre volontadi? e non vorremo che fusse adempiuta la volontà di Dio?

O dolcissimo amore Gesù, fa'che sempre s'adempia in noi la volontà tua, come sempre si fa in cielo dagli Angeli e Santi tuoi. Questa è, dilettissime mie figliuole in Cristo, quella mansuetudine la quale vuole il nostro dolce Salvatore trovare in noi; cioè che noi con cuore tutto pacifico e tranquillo siamo contenti d'ogni cosa ch'egli dispone e adopera inverso di noi e non vogliamo nè luogo nè tempo a nostro modo, ma solamente a suo. E allora l'anima così spogliata d'ogni suo volere, e vestita dellavolontà di Dio, è molto piacevole a Dio. La quale, come cavallo sfrenato, corre di grazia in grazia velocissimamente, e di virtù in virtù; chè non ha neuno freno che la tenga, che non possa correre, perocchè ha tagliato da sè ogni disordinato appetito e desiderio di propria volontà, i quali sono freni e legami che non lassano correre l'anime degli spirituali.

I fatti del passaggio continuamente vanno di bene in meglio; e l'onore di Dio ogni dì cresce più. Crescete continuamente in virtù, e fornite la navicella dell'anime vostre; perocchè il tempo nostro s'approssima. Confortate e benedicete Francesca da parte di Gesù Cristo e da mia: e ditegli che sia sollecita sì che io la trovi cresciutain virtù quand'io tornerò. Benedite e confortate tutti i miei figliuoli in Cristo. Ora a questi dì è venuto l'ambasciatore della regina di Cipri e parlommi. Esso va al santo Padre Cristo in terra a sollecitarlo de' fatti del santopassaggio. E ancora il santo Padre ha mandato a Genova a sollecitare loro di questo stesso.

Il nostro dolce Salvatore vi doni la sua eterna benedizione. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXXIII - Alla Reina di Napoli

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissima e carissima madre mia in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi, e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi vera e perfetta figliuola di Dio. Sapete pure che il servo giammai non vorrà offendere nella presenzia del signore, perocchè teme la pena che sèguita dopo la colpa commessa; onde per questo timore s'ingegna di servirlo bene e diligentemente. Così dico che colui ch'è vero figliuolo, elegge innanzi la morte, che offendere il padre; non per timore di pena nè per paura che abbia da lui, ma solo per la reverenzia sua e per l'amore che egli ha al padre, non l'offende. Questo è quello figliuolo che debbe avere la eredità, però che non ha renunciato al testamento del padre, ma ha osservate e sèguita le vestigie sue. Così vi prego, venerabile madre in Cristo Gesù, che facciate voi, e come il vero servo; chè voi sapete che sempre stiamo dinanzi a questo Signore, e l'occhio suo vede in occulto, ed è sempre sopra di noi; e ben vede la somma eterna Verità chi è colui che 'l serve o che 'l disserve. Debbe dunque l'anima temere di non offendere il suo Creatore, però che egli è quello vero signore che ogni peccato punisce, e ogni bene remunera; e neuno nè per signoria nè per ricchezza nè per gentilezza può fare, nè schivarsi, che non serva a questo signore dolce Gesù.

Oh quanto è dolce e santa questa dolce servitudine, che pone freno e ordine all'anima e non la lassa andare per la perversa servitudine del peccato: anco, fugge tutte quelle cose che la potessero inducere al peccato! Tutte le cose che vede siano fuore della volontà del Signore, odia; perocchè sa che se egli le amasse, caderebbe nel giudizio suo. Poi, dunque, che l'anima s'è levata con timore, ragguardando, sè essere serva, e che dall'occhio suo non si può nascondere; comincia a dibarbare l'affetto e l'amore disordinato del mondo; e ordinali e conformali colla volontà del signore suo; però che altrimenti non potrebbe piacergli. Chè, come disse Cristo, neuno può servire a due signori; però che se serve all'uno, è contrario all'altro. Sicchè, poi che l'anima nostra è trattacon timore, corre con perfetta sollicitudine, e caccia ogni peccato e defetto da lui. Drittamente questo amore fa come il servo nella casa, che è posto per lavare e' vasiimmondi.

Ma poi che l'anima è venuta a esser figliuola, cioè essere e stare in perfetta carità, fa come 'l vero figliuolo che ama eternalmente il padre suo; e non ama per amore mercenario, cioè per utilità che tragga dal padre; e non teme d'offenderlo per paura di pena, ma solo per la bontà del padre, e per la sustanzia della sua natura che 'lpadre gli ha data con amore. Sicchè la natura gli dà fortezza, e l'amore il costringe ad amarlo e servirlo. Onde costui si può dire che sia vero figliuolo. Adunque dico che l'amore nostro verso il Padre celestiale, è, che tu non ami per rispetto di neuna utilità che tu tragga da lui,nè per paura di pena che ti facesse portare: ma solamente perché egli è sommo e giusto e eternalmente buono, per sua infinita bontà, e degno d'essere amato; e neuna altra cosa è degna d'essere amata fuore di Dio; ma in lui e per lui amare e servire ogni creatura.

Or questo è amore di padre. E come timore dritto ha a mondare e' vasi, così questo amore ha a empire il vasello dell'anima delle virtù, e trarne fuore ogni grandezza e pompa di vanagloria, ogni impazienzia e ingiustizia e vanità e miseria del mondo; trarne il ricordamento delle ingiurie ricevute: e solo ci rimane il ricordamento de' benefizii di Dio e della sua bontà, con vera e perfetta umiltà; e con pazienzia a sostenere ogni pena per lo dolce Gesù, con una giustizia santa che giustamente renderà il debito suo a ognuno.

E attendete che in due modi avete a fare giustizia. Cioè, prima, di voi medesima, sicchè giustamente rendiate la gloria e l'onore a Dio, rícognoscendo da lui e per lui avere ogni grazia: e a voi rendete quello ch'è vostro, cioè il peccato e la miseria, con vera considerazionee dispiacimento del peccato. Perocchè il peccato tenne confitto e chiavellato il figliuolo di Dio in su'l legno della santissima croce. L'altra si è una giustizia data sopra lecreature; la quale avete a fare e tenere per lo Stato vostronel vostro reame. Per la qual cosa io vi prego in Cristo Gesù, che voi non teniate occhio che sia fatta ingiustizia;ma con giustizia giustamente ad ognuno sia renduto il debito suo, così al grande come al piccolo. E guardate che neuno piacimento nè timore di creatura vi ritraggano da questo: altrimenti, non sarete vera figliuola. Onde se voi giustamente terrete l'occhio verso l'onore di Dio, vorrete innanzi morire, che passarla mai.

Poichè il vasello è netto de' vizi e peccati, ed è ripienodelle virtù; non si può tenere nè difendere il cuore che non ami; sì perché egli ha trovata la vena della bontà di Dio adoperare in lui, e sì per la conformità che ha la creatura col Creatore. Perocchè la creò alla immagine e similitudine sua: e questo fece non per debito nè perché ne fosse pregato, nè per utilità che traesse da lei, ma solol'abisso e la forza dell'amore e la ineffabile carità sua ilmosse. Questo fu quello amore che fece Dio unire e umiliare all'uomo. Oh quanto, dolce e venerabile madre, si debbe vergognare la creatura d'insuperbire per neuno stato o grandezza che abbia, vedendo il suo Creatore tanto umiliato, e con tanta ardentissima carità correre all'obbrobriosa morte della croce! Or di questo, dunque, dolcissimo amore desidera l'anima mia che siate vestita; perocchè senza questo non potreste piacere a Dio nè avere la vita della Grazia.

Fovvi assapere le dolci e buone novelle; perocchè il dolce nostro Cristo in terra, il santo Padre ha mandata una Bolla a tre religiosi singulari, cioè al Provinciale de'frati Predicatori, e al ministro de' frati Minori, e a uno nostro frate servo di Dio: e ha loro comandato che sappiano e facciano sapere per tutta Italia e in ogni altro paese che essi possono e debbono investigare coloro che volessero e avessero desiderio di morire per Cristo oltre mare, e andare sopra gl'Infedeli: e tutti gli debbano scrivere e rappresentare a lui: dicendo che se truova la santa disposizione e l'acceso desiderio de' Cristiani, che vuole dare aiuto e vigore colla potenzia sua, e andare sopra gl'Infedeli. E però vi prego e costringo da parte di Cristo crocifisso che vi disponiate e accendiate il vostro desiderio, ognora che questo dolce punto verrà, di dare ogni aiuto e vigore che bisognerà, acciocchè il luogo santo del no. stro dolce Salvatore sia tratto dalle mani delle dimonia, acciò che partecipino il sangue del Figliuolo di Dio, come noi. Pregovi umilmente, madre mia, che none schifiate di rispondere a me il vostro santo e buono desiderio che avete verso questa santa operazione. Altro non dico. La pace e la Grazia dello Spirito Santo sia sempre nell'anima vostra. Permanete nella santa dilezione di Dio, e perdonate alla mia presunzione. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXXIV - A Bartolomeo e Jacomo, eremiti in campo santo in Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimi e carissimi figlíuoli miei in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi svenare, e aprire il nostro corpo per lo dolce nome di Gesù. Oh quanto sarà beata l'anima nostra se riceveremo tanta misericordia, che noi diamo quello per lui che esso diè per noi con tanto fuoco d'amore e di carità! Oh fuoco che ardi e non consumi, e consumi ciò che è nell'anima fuore della volontà di Dio! Questo fu quello caldo vero che cosse l'Agnello immacolato in sul legno della santissima croce. Oh cuori indurati e villani, come si possono tenere che non si dissolvono a questo caldo? Certo io non mi maraviglio se i Santi non erano accecati in amore proprio di loro, ma in tutto erano annegati in cognoscere la bontà di Dio ed il fuoco della sua ardentissima carità. Correvano, con la memoria del sangue, a spandere il sangue. Quando ragguardo lo smisurato fuoco di Lorenzo, che stando in su la graticola del fuoco, stava immoto col tiranno... Doh! Lorenzo, non ti basta il fuoco? - Risponderebbeci: «No». Perocchè è tanto l'ardentissimo amore che è dentro, che spegne il fuoco di fuore.

Adunque, carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù, gli affetti e desiderii vostri non siano morti di qui all'ultimodella vita nostra: non dormite: destatevi. E non ci veggo altro rimedio a destarci, se non uno continuo odio: dall'odio nasce la fame della giustizia, in tanto che vorrebbe che li animali ne facessero vendetta. Come giunto è alla vendetta di sè, purgasi l'anima in questo dolce fuoco; dove troverete formata in voi la bontà di Dio.

Per lo quale cognoscimento della somma bontà, quando l'anima si trova annegata in tanto abisso d'amore, quanto vede che Dio ha in lei; dilargasi il cuore e l'affetto; onde l'occhio del cognoscimento apre a intendere, la memoria a ritenere, e la volontà si distende ad amare quello che egli ama. E dice e grida l'anima: «O dolce Dio, che ami tu più?». Risponde il dolce Dio nostro: «Ragguarda in te, e troverai quello ch'io amo». Allora ragguardate in voi, figliuoli miei carissimi, e troverete evedrete che con quella medesima bontà e ineffabile amore che troverete che Dio ama voi, con quello medesimo amore ama tutte le creature che hanno in loro ragione. Onde l'anima come innamorata si levi e distendasi ad amare quello che Dio più ama: ciò sono i dolci fratelli nostri. E levasi con tanto desiderio e concepe tanto amore, che volentieri darebbe la vita per la salute loro, e per restituirli alla vita della Grazia. Sicchè diventano mangiatori e gustatori dell'anime; e fanno come l'aquila che sempre ragguarda la rota del sole e va in alto: e poi ragguarda la terra, e prendendo il cibo, del quale si debbe notricare, il mangia in alto. Così fa la creatura: cioè, che ragguarda in alto, dove è il sole del divino amore; e ragguarda poi verso la terra, cioè verso l'umanità del Verbo incarnato del Figliuolo di Dio: e ragguardando in quello Verbo e Umanità tratta dal ventre dolce di Maria, vede in su questa mensa il cibo e mangialo; e non solamente nella terra, nella quale ella ha preso dell'umanità di Cristo, ma levasi su in alto col cibo in bocca; e levatasi su, entra nell'anima, consumata e arsa dell'amore del Figliuolo di Dio. E quello affettuoso amore trova che è uno fuoco che esce dalla potenzia del Padre, il quale donò a noi per ardore la sapienzia del Figliuolo suo; e una fortezza di fuoco di Spirito Santo, il quale fu di tanta fortezza ed unione, che nè chiodi nè croce averebbe tenuto quello Verbo, se non fusse il legame dell'amore: e l'unione fu sì fatta, che nè per morte nè per veruna altra cosa la ntura divina si parti dall'umana.

Or voglio che mangiate questo dolce cibo. E se mi diceste: «Con che ale volo?» con l'ale dell'odio e della morte; con pene di strazii, di scherni e di rimproverii crociati per Cristo crocifisso. E non vogliate nè reputate di sapere altro che Cristo crocifisso: in lui sia la vostragloria e il vostro refrigerio e ogni vostro riposo. Pascetevi e notricatevi di sangue. Dio ragguardi a'vostri desiderii. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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CXXXV (135) - A misser Pietro marchese del Monte

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, missere lo senatore, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo salutandovi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi vero rettore della giustizia, prima a voi, e poi in altrui; sìche voi possiate apparire innanzi al giustissimo giudice con sicura faccia. Perocchè colui che non tiene la giustizia sopra di sè, non può con buona faccia farla sopra altrui. Perocchè tanto è l'opera giusta, quanto procede dalla giustizia e pura volontà. O dolcissimo fratello in Cristo Gesù, pigliate l'esempio dal prezioso Agnello che fece giustizia de' peccati altrui sopra di sè. Quanto dunque maggiormente dobbiamo noi far vendetta de' peccati nostri sopra di noi! Or dunque salite sopra la sedia della ragione, e fate che la memoria accusi i mali fatti e imali detti e i mali pensieri vostri; e la volontà si dogliadell'ingiuria del suo Creatore e dimandi giustizia: e allora l'intelletto giudichi la pena che dee sostenere il cuoreed il corpo, e diagliela con grande impeto e con grande fervore. E allora sarà placato il giudice giusto; e non solamente perdonerà l'offesa, ma farà, colui che giustamente ha giudicato sè, diventi giusto giudice degli altri. E così diventiamo veri rettori, sottomettendo noi medesimi alla regola della giustizia.

Altro non dico. Pregovi che siate sollecito di spacciare con misser Matteo quello che voi avete a fare per la vostra salute: e non tardate. Altrimenti, vi si potrebbe far mettere la mano alla stanga; e paghereste innanzi che voi ne la levaste. E se non avete altro modo, dateli a lui oa uno banco, sì che stiano a sua posta; ed egli, troverà bene poi il modo. Non ci sono ora le mie compagne che mi solevano scrivere: e però è stato di bisogno che io abbia fatto scrivere a frate Raimondo; il quale vi si raccomanda e saluta in Cristo Gesù con tutto il cuore, e sollècitavi del fatto che avete a fare con misser Matteo.

Se Neri vuol venire qua, pregovi che voi il lasciate venire. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Fatta in Pisa il secondo dì di settembre. Dopo le predette cose, vi raccomando il portatore di questa lettera, il quale è buono e dritto uomo, e vive secondo Dio; ed è fratello della mia cognata secondo la carne, ma sorella secondo Cristo; che se gli bisognasse il vostro aiuto, che voi glielo diate per amore di Cristo crocifisso. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXXVI - Ad Angelo da Ricasoli

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo crocifisso, scrivo e raccomandovi nel prezioso sangue suo; con desiderio di veder confitto e chiavellato per santo desiderio in sul legno della santissima e venerabile croce; dove noi troveremo l'Agnello immacolato, arrostito al al fuoco della divina carità. In su questo arbore troviamo la fonte della virtù: perocchè la carità è quello arbore fruttuoso, che fu croce e chiovo che tenne legato il Figliuolo di Dio; perché altra croce, o altro legame non l'avrebbe potuto tenere. Ivi trovate, l'Agnello svenato essere mangiatore dell'onore del Padre e della salute nostra. E tanto è grande l'affetto suo, che con la pena corporale nol poteva esprimere. O inestimabile, dolcissima e diletta Carità, per ismisurata fame e sete che tu hai della salute nostra, tu gridi che hai sete. E poniamochè la sete corporale ci fosse grande per la molta fadiga, era nondimeno maggiore la sete della nostra salute. Oimè, oimè, non si trova chi ti diè bere altro che amaritudine di molte iniquitadi: ma dargli bere con una libera volontà, con puro e amoroso affetto, questo in pochi si trova.

Pregovi dunque, dolcissimo, carissimo e venerabile padre mio, che vi leviate su dal sonno della negligenzia, perocchè non è tempo più da dormire; perocchè il sole si comincia già a levare. E dategli bere, poichè tanto dolcemente ve ne dimanda. E se mi diceste: «Figliuola mia, io non ho che dargli»; già v'ho detto che io desidero e voglio che siate confitto e chiavellato in croce, dove noi troviamo l'Agnello svenato, che da ogni parte versa; il quale s'è fatto a noi botte, vino, e celleraio. Così vediamo noi; perocchè, quella umanità è quella botte che velò la natura divina: e 'l celleraio, fuoco e mani di Spirito Santo, spillò quella botte in su'l legno della santissima croce. Questa Sapienzia, parola incarnata, e vino dolcissimo, ingannò e vinse la malizia del dimonio; perocchè egli'l prese con l'amo della nostra umanità. Adunque non possiamo dire che non abbiamo che dargli; ma debbiamo tollere il vino dell'assetato e ineffabile desiderio ch'egli ha della salute nostra, e questo dargli col mezzo del prossimo nostro. Voi dunque, come padre vero, prego che poniate la vita per li sudditi e per le pecorelle vostre. Aprite l'occhio dell'intelletto e ragguardate la fameche Dio ha del cibo dell'anime; e allora sempierà l'anima vostra del fuoco del santo desiderio, in tanto che mille volte, se fusse possibile, darete la vita per loro. Siate, siate gustatore dell'anime, perocchè questo è il cibo che Dio richiede. E io prego la somma eterna Verità, che mi conceda grazia e misericordia che io veda, per l'onore di Dio e per lo santo cibo, isvenare ed aprire il corpo nostro, siccome egli è aperto per noi. E allora sarà beata l'anima vostra, venerabile e dolcissimo padre.

Sappiate, padre, che frate Raimondo non ha fatta l'obedienzia vostra, perché è stato molto impacciato, e non ha potuto lassare; perocchè gli è convenuto aspettare alquanti gentili uomini per lo fatto di questo santo Passaggio: e anco ha molto da aspettare. Ma il più tosto che potrà, ne verra, e sara alla vostra obedienzia. Perdonate a lui e alla mia presunzione. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXXVII - A misser Matteo Rettore della Chiesa della misericordia di Siena, mentre che essa era a Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo figliuolo in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi infiammato tutto d'amoroso fuoco, sì e per siffatto modo, che diventiate una cosa colla prima dolce Verità. E veramente l'anima che per amore è unita e trasformata in lui, fa come il fuoco che consuma in sè l'umido delle legna; e poichè sono bene riscaldate, sì le arde e converte in sè medesimo, dandogli quello calore e caldo e potenzia ch'egli ha in sè medesimo. Così l'anima che ragguarda il suo Creatore e la sua inestimabile carità, con laquale comincia l'anima a sentire il caldo del cognoscimento di sè medesimo (il quale cognoscimento consuma ogni umido d'amore proprio di sè medesimo); crescendo il caldo, gittasi coll'affocato desiderio nella smisuratabontà di Dio, lo quale trova in se. Allora participa del caldo e della virtù sua, perciocchè subito diventa gustatore e mangiatore delle anime, e ogni creatura ragionevole converte in sè medesimo per amore e desiderio: ... il colore e sapore delle virtù che egli ha tratto dal legnodella santissima croce che è l'arbore venerabile dove si riposa il frutto dell'Agnello immacolato, Dio-e-Uomo. Or questo è quello frutto soavissimo, il quale vuole dare all'anima, per partecipare col prossimo suo. E veramente così è: che non potrebbe nè dare nè producere altro frutto che quello che egli abbia tratto dall'arbore della vita, perocchè s'è innestato d'amore e desiderio in esso arbore, perché era veduta e cognosciuta la larghezza della smisurata sua carità.

O figliuolo dolcissimo e carissimo in Cristo Gesù, questo desidera l'anima mia di vedere in voi, acciocché il desiderio di Dio e mio sia adempiuto in voi. Si vi prego e vi comando che sempre siate sollecito di consumare ogni umidezza d'amore proprio, di negligenzia e d'ignoranzia. Cresca il fuoco del santo e smisurato desiderio inebriato del sangue del Figliuolo di Dio. Corriamo come affamati dell'onor suo e della salute della creatura: arditamente gli tolliamo il legame con lo quale fu legato in sul legno della santissima croce, leghiamogli le mani della sua giustizia. Ora è il tempo di gridare, di piagnere, di dolerci. Il tempo è nostro, figliuolo: perocchè è perseguitata la sposa di Cristo da' Cristiani, falsi membrie putridi. Ma confortatevi: chè Dio non dispregerà le lagrime, sudori e sospiri che sono gittati nel cospetto suo. L'anima mia nel dolore gode ed esulta, perocchè tra le spine sente l'odore della rosa che è per aprire. Dice la prima e dolce Verità che con questa persecuzione adempie la volontà sua e i desiderii nostri. Ancora, godo ed esulto del dolce frutto che s'è fatto in Cristo in terra sopra i fatti del santo passaggio; e ancora di quello che è fatto e fa qui ed è per fare per la divina grazia. Aiutatemi, Figliuolo mio. Inebriatevi nel sangue dell'Agnello.

Non voglio dire più. Permanete nella santa e dolce dile. zione di Dio, facendo sempre riposo ai rami dell'arbore vero della santissima croce. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXXVIII - Alla Reina di Napoli

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissima e reverendissima madre e suoro in Cristo Gesù, madama la Reina, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi con desiderio di vedervi piena dell'abbondazia della grazia dello Spirito Santo; acciocchè, come terra fruttifera, rendiate frutto buono e soave, e non produca spine, rovi e triboli. Voi sapete, carissima madre, che noi siamo come uno campo di terra, dove Dio per la sua misericordia ha gittato il seme suo, cioè l'amore e l'affetto, col quale ci creò, traendo noi di sè medesimo solo per amore e non per debito. Noi non pregammo mai che ci creasse: ma, mosso dal fuoco della sua carità, ci creò, perché godessimo e gustassimo la somma ed eterna bellezza sua. E acciocchè questo seme faccia frutto e nutrichinsì le piante, egli ci ha data l'acqua del santo battesimo. Bene è dunque dolce e soave questo frutto: ma ècci bisogno d'uno ortolano che 'l governi, e conservi il frutto suo.

O dolcissimo amore Gesù, tu ci hai dato il più forte e grazioso ortolano che possiamo avere, cioè la ragione e la libera volontà. Questa è si forte, che nè dimonio nè creatura la può muovere, nè stringere a uno peccato mortale, se egli non vuole. Questo parve che dicesse quello innamorato di Paolo, quando dice: «Chi sarà colui che mi parta dalla carità di Cristo? non fame nè sete nè persecuzioni, nè angeli nè dimonio». Quasi come dica: «Egli è impossibile ch'io mi parta mai dalla divina carità, se io non vorrò». Bene e forte dunque! Hacci dato anco il tempo; perocchè senza il tempo, questo lavoratore non farebbe cavelle: ma nel tempo, cioè mentre che noi viviamo, questo lavoratore può rivollere la terra, e ricogliere il frutto. Allora la mano dell'amore del santoe vero desiderio piglia il frutto, e ripollo nel granaio suo, cioè Iddio; facendo e drizzando ogni sua operazione a lode e gloria di Dio.

E se voi mi diceste: «Questo ortolano ha uno compagno, cioè la parte sensitiva, che spesse volte il ruba, e loimpedisce, seminandovi e raccogliendovi spesse volte il seme del dimonio, ponendoci e' disordinati diletti e piaceri del mondo, stati, ricchezze, onore, e amore proprio di noi medesimi...». Il quale è uno vermine pericoloso che invermina e guasta ogni nostra operazione: però che colui che ama sè senza Dio, e che attende solo all'onore di sè medesimo, egli non fa mai cavelle buono; onde se egli è signore, non tiene mai giustizia dritta nè buona, ma faralla secondo il piacere delle creature, il quale piacere è acquistato per l'amore proprio di sè. Non voglio dunque che questo caggia in noi: perocchè se voi attenderete solo allo onore di Dio e alla salute della Creatura,la giustizia e ogni vostra operazione sarà fatta con ragione e giustamente: e subito la forza della libertà già dettafarà stare quieta la sensualità. Confortatevi dunque, carissima madre; perocchè, per lo innesto che ha fatto Dio a noi, arbori infruttiferi, cioè per l'unione della natura divina colla natura umana, è sì fortificata la ragione e l'amore nostro verso di lui, che per forza d'amore è tratta ad amare; e la sensualità è sì indebilita, che, volendo usare la ragione, non ci potrà cavelle. Bene vediamo noi, carissima madre, che la carne nostra, cioè l'umanità di Cristo ch'è dalla massa d'Adamo, è si flagellata e tormentata con tanti strazi e scherni e villanie infine all'obbrobriosa morte della croce, che debbe fare stare soggetta la nostra, che non ribelli mai nè alzi il capo contraDio e la regione.

O amore ineffabile, dolcissimo Gesù, come si può tenere la creatura che non si disfaccia e dissolva per te? O innesto piacevole, Verbo incarnato Figliuolo di Dio, che traesti il vermine del vecchio peccato d'Adam, e traestine il frutto salvatico! Perocchè, per lo peccato commesso era l'orto nostro sì insalvatichito, che neuno frutto divirtù poteva producere che gli desse vita. O dolce fuoco d'amore, tu hai innestato e legato Dio nell'uomo e l'uomo in Dio sì e per siffatto modo, che lo infruttoso fuoco che ci dava la morte, è fatto buono e fruttifero, in tanto che sempre ci dà vita, se noi vorremo usare la forza della ragione.

Ragguardate, ragguardate l'amore ineffabile che Dio vi porta, e la dolcezza del soave frutto dell'Agnello immacolato, il quale fu quello seme dolce che fu seminato nel campo dolce di Maria. Non stia più dunque a dormire, nè in negligenzia, questo nostro lavoratore; poichè egli ha il tempo, ed è forte per l'esser suo, ed è fortificato per l'unione che Dio ha fatta nell'uomo. Pregovi dunque in Cristo dolce Gesù, che l'amore e l'affetto e 'l desiderio vostro si levi su e pigli l'arbore della santissimacroce; e piantisi nell'orto dell'anima vostra; peró ch'egliè uno arbore pieno di frutti di vere e reali virtù. Chè bene vedete voi che, oltre all'unione che Dio ha fatta colla creatura, egli è giunto su la croce santa, e vuole e richiede che noi ci uniamo per amore e desiderio in su quest'arbore: e allora l'orto nostro non potrà avere altro chedolci frutti soavi. E però dissi che io desideravo che voi fuste campo fruttifero.

Abbiamo dunque veduto in che modo riceve in sè il frutto e in che modo sel tolle; cioè in sapere usare la forza e la potenza del buono lavoratore della ragione e libera volontà, colla memoria dell'Agnello svenato, ad abbattere la parte sensitiva. Orsù dunque virilmente, dolcissima suoro! Non è più tempo da dormire, però che' l tempo non dorme, ma sempre passa come' l vento. Rizzate in voi per amore il gonfalone della santissima croce; però che tosto ci converrà rizzare: chè, secondo che mi pare intendere, il Padre Santo lo bandirà sopra e'Turchi. E però vi prego che voi vi disponiate, sì che tutti di bella brigata andiamo a morire per Cristo. Ora vi prego e costringo da parte di Cristo crocifisso, che sovveniate la sposa nel bisogno suo, in avere, in persona e in consiglio; e in ciò che si può, dimostriate d'esser figliuola fedele della dolce e santa Chiesa. Chè voi sapete bene ch'ella è quella madre che notrica i figliuoli al petto suo, dando loro latte dolcissimo che lor dà vita. Bene è dunque stolto quello figliuolo che non aita la madre quando il membro putrido la ribella ed è contra lei. Voglio dunque che siate quella figliuola vera che sempre sovveniate alla madre vostra. Non dico più. Perdonate alla mia ignoranzia. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Raccomandovi frate Pietro, che vi reca questa lettera, come caro padre e figliuolo mio.


CXXXIX - A frate Tomaso della Fonte dell'ordine de' predicatori in Siena

Laudato sia il nostro dolce Salvatore.

A voi, dilettissimo e carissimo in Cristo Gesù, io Caterina, serva inutile, e vostra indegna figliuola, mi raccomando nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio. Con desiderio io desidero di vedervi, ma non senza me, sdraiato in sull'arbore della dolcissima e dilettissima Croce. Altro refrigerio non ci veggo, carissimo Padre, se non di spasimarvi su con ardentissimo amore. Ine non saranno dimonia visibili nè invisibili, che ci possano tollere la vita della Grazia; perocchè essendo levati in alto,la terra non ci potrà impedire; come disse la bocca della verità: «Se io sarò levato in alto, ogni cosa trarò a me». Però ch'el trae il cuore, e l'anima, e la volontà, con tuttele forze sue.

Adunque, dolcissimo padre, facciancene letto. Perocchè io godo e esulto di quello che mi mandate a dire. Pensando che 'l mondo è contrario a noi, dissi: non son degna che esse mi facciano tanta misericordia che esse mi donino 'l vestimento che ebbe 'l nostro dolcissimo Padre eterno. Bene, padre carissimo, che questa è poca cosa, e tanto poca cosa che non è quasi cavelle. O dolcissima ed eterna Verità, dacci mangiare de' bocconi grossi. Io non posso più, se non che io v'invito da parte di Cristo crocifisso, che forniate la navicella dell'anima vostra di fede e di fame.

Come' l Maestro udì la vostra lettera, fece rispondere al compagno suo. Non so se l'avete avuta per si fatto modo, che esse si potranno bene pacificare.

Di Luca vi rispondo che, quanto a me, pareva il meglio che egli si ricevesse per frate, per più legame di lui.Nondimeno ciò che ne pare a voi e al priore, io son molto contenta. Ditegli che non s'indugi più a vestire. Prego il nostro dolce Salvatore, che ve ne faccia fare quello chesia più onore suo. Sappiate che io temo che non mi convenga passare l'obedienzia: perocchè l'arcivescovo ha chiesto di grazia al generale, che io rimanga anco parecchi dì. Pregate quello venerabile Spagnuolo che ci accatti grazia che noi non torniamo vote. Ma per la grazia di Dio non credo tornare vota. Benediteci tutte da parte vostra: e tutte vi ci mandiamo raccomandando. Confortate e benedicete da parte di Gesù Cristo, e di tutte noi, monna Lapa, e monna Lisa, e tutte e tutti figliuoli e figliuole nostre. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CATERINA, serva inutile.


CXL (140) - A misser Giovanni condottiero, e capo della compagnia che venne nel tempo della fame

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimi e carissimi fratelli in Cristo Gesù, ioCatarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vero figliuolo e cavaliere di Cristo, sì e per siffatto modo, chedesideriate mille volte se tanto bisognasse, dare la vita inservizio del dolce e buono Gesù. Il quale sarebbe scontamento di tutte le nostre iniquità, le quali abbiamo commesse contra il Salvatore nostro. O carissimo e dolcissimo fratello in Cristo Gesù, or sarebbe così gran fatto che vi recaste un poco a voi medesimo, e consideraste quante sono le pene e gli affanni che avete durato in essere al servizio e al soldo del dimonio? Ora desidera l'anima mia che mutiate modo, e che pigliate il soldo e la croce di Cristo crocefisso, e tutti i vostri seguaci e compagni; sì che siate una compagnia di Cristo, ad andar contra a' cani infedeli che possiedono il nostro Luogo santo, dove si riposò e sostenne la prima dolce Verità morte e pene per noi. Adunque io vi prego dolcemente in Cristo Gesù che, poichè Dio ha ordinato e anco il nostro Padre santo, d'andare sopra gl'Infedeli, e voi vi dilettate tanto di far guerra e di combattere, non guerreggiate più i Cristiani; però che è offesa di Dio; ma andate sopra di loro. Chè grande crudeltà è che noi che siamo cristiani, membri legati nel corpo della santa Chiesa, perseguitiamo l'un l'altro. Non è da fare così: ma è da levarsi con perfetta sollecitudine, e levarne ogni pensiero.

Maravigliomi molto, avendo voi, secondo che ho inteso, promesso di volere andare a morire per Cristo a questo santo passaggio, e ora voi vogliate far guerra di qua. Questa non è quella santa disposizione che Dio richiede a voi andare in tanto santo e venerabile luogo. Parmi che vi dovereste ora in questo tempo disporre a virtù, infino che il tempo ne venga per noi, e per gli altri che sidisporranno a dare la vita per Cristo: e così dimostrerete d'esser virile e vero cavaliere.

Viene a voi questo mio padre e figliuolo, frate Raimondo, il quale vi reca questa lettera. Dategli fede a quello che egli vi dice; però ch'egli è vero fedele servo di Dio, e non vi consiglierà nè dirà se non quello che sia onore di Dio e salute e gloria dell'anima vostra. Non dico di più. Pregovi, carissimo fratello, che vi rechiate a memoria la brevità del tempo vostro. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

CATARINA, inutile serva.


CXLI - A don Giovanni de' Sabbatini da Bologna monaco dell'ordine della Certosa nel monasterio di Belriguardo, presso a Siena, quand'ella era a Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo padre per reverenzia del dolcissimo Sacramento del corpo dolce del Figliuolo di Dio, e figliuolo: e così vi dico e vi chiamo in quanto iovi parturisco per continue orazioni e desiderio nel cospetto di Dio, siccome la madre parturisce il figliuolo. Adunque, come madre, vi conforto nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; e desidero di vedervi annegato e affogato nel fuoco dell'ardentissima sua carità, nel quale amore l'Agnello immacolato si svenò e fece bagno dell'umana generazione del sangue suo. Levisi dunque l'affocato desiderio nell'anima nostra a dare sangue per sangue; perocchè li tempi nostri s'approssimano, ne' quali si proveranno gli arditi cavalieri. Oh quanto sarà beata l'anima mia quando vedrò voi e gli altri correre come innamorati, a dare la vita, e non vollere il capo addietro! Pregovi dunque per l'amore di Cristo crocifisso che, acciocchè siate fortificato al tempo suo, voi in questo tempo d'ora apriate l'occhio del cognoscimento. Perocchè io non veggo che l'anima possa avere in sè questa fortezza, la quale riceve dalla dolce madre della carità, se continuamente non tiene aperto questo occhio del cognoscimento di sè medesimo; onde vi diventa umile, e trovavi il cognoscimento della bontà di Dio. Per lo quale lume e cognoscimento gli nasce uno caldo e uno fuoco d'amore con tanta dolcezza, che ogni amaritudine ne diventa dolce, e ogni debile si fortifica; e ogni ghiaccio d'amore proprio di sè dissolve (onde allora non ama sè per sè, ma sè per Dio) e infonde ancora uno fiume di lagrime; e discende gli amorosi desiderii sopra i fratelli suoi, e d'amore puro gli ama e non mercennaio. E ama Dio per Dio, inquanto egli è somma ed eterna bontà e degno d'essere amato.

Non tardiamo più, dunque, figliuolo e padre carissimo in Cristo Gesù, a pigliare a abitare in questa santa abitazione del cognoscimento di noi; la quale c'è tanto necessaria e di tanta dolcezza. Perocchè, come detto è, vi si trova la infinita bontà di Dio. Or questa è l'arme che voglio che noi pigliamo, acciocchè non siamo trovati disarmati al tempo della battaglia, dove daremo la vita per la vita, il sangue per lo sangue. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Gherardo misero, e frate Raimondo suo padre, vi si raccomandano.


CXLII - A Sano di Maco, essendo la Santa in Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo figliuolo in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, vi conforto nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi vero cavaliero forte a combattere contro ogni illusione di dimonia, mentre che stiamo in questo campo della battaglia, attorniati da'nemiei nostri, i quali sempre impugnano contra noi. Voi, come cavaliero vero e virile (pianta novella) levatevi con uno desiderio ad andare contra loro; non vollendo il capo addietro, perocchè rimarremmo morti o prigioni. Allora è detto l'uomo essere in prigione quand'egli è in alcuno luogo e non ne può uscire a sua posta. Così noi se vollessimo il capo della nostra volontà, levandoci dal santo proponimento, e inchinandoci a mettere in effetto le cogitazioni del dimonio, noi saremmo nella più pessima prigione che noi potessimo essere; perduta aremmo la libertà, saremmo servi e schiavi del peccato.

Se mi dite, figliuolo dolcissimo: «Io sono debile contro tanti nemici»; rispondovi, che tutti siamo debili e fragili a cadere per ogni leggiera cosa, in quanto noi; ma la divina Provvidenza adopera nell'anima, e fortificaci, tollendoci ogni debilezza. Così sperate; e credete fermamente, che l'anima che spera in lui, sempre è provveduta da lui; e il dimonio neuna forza può adoperare; perocchè la virtù della dolcissima e santissima croce gliele toglie; onde perde le sue forze contra noi. Ma l'uomo per la inestimabile bontà di Dio n'è tutto fortificato, e liberato da ogni debilezza e infirmità. Nella memoria della santa croce diventiamo amatori delle virtù, e spregiatori de' vizii. E perché noi siamo quella pietra dove fu fitto quel gonfalone, non possiamo dire di non averla, perocchè ella è fermata in noi. Sapete che nè chiovo nè croce nè pietra arebbe tenuto Dio-e-Uomo confitto in croce, se l'amore ch'egli ebbe all'uomo non l'avesse tenuto. Adunque noi siamo coloro a cui è dato il prezzo del sangue. In questa memoria si spregia l'onore; desideransi scherni, strazii e vituperi. La ricchezza desidera povertà volontaria, e la immondizia acquista continenzia e purità; ogni diletto e appetito disordinato vi si dispregia: solo rimane vestito delle vere e reali virtù. Non si diletta in altro che in Cristo, non reputa nè vuole sapere altro che Cristo crocifisso. Anco, dice: «io mi diletto e vuomi gloriare nel mio signore Gesù Cristo, per cui amore il mondo m'ha in dispregio, e io ho lui».

Or suso, figliuolo mio, poichè ella è tanto dolce che ci tolle ogni amaritudine e a' morti rende la vita, pigliate questa santa croce in questo cammino, dove l'uomo viandante e peregrino ha bisogno d'appoggiarsi a questo santo legno, infino che siamo giunti al termine nostro, dove l'anima si riposa in pace nel fine suo. Oh quanto gli sono dolci le fadighe ch'egli ha portate nel cammino! Oh pace, oh quiete, oh dolcezza, la quale gusta e riceve l'anima giunta al porto suo, a trovare l'Agnello svenato, il quale egli cercò in su la croce, il quale gli è fatto mensa, cibo, e servitore! E trova il letto della divina Essenzia; dove l'anima si riposa e dorme: cioè, che ha posto fine e termine a quella legge perversa che continuamente, mentre che fu viandante, ribellava al suo Creatore.

Adunque goda ed esulti l'anima con ardentissimo desiderio, pigliando il vero gonfalone della santissima croce senza neuno timore di non potere perseverare la vita cominciata; ma dire: «per Cristo crocifisso ogni cosa potrò portare, e adoperare infino alla morte».

Mandastemi a dire della dolce provvidenzia, che Dio nelle piccole cose mostrò, per confortarvi, e accendervi a portare ogni battaglia e a prendere speranza nella sua provvidenzia. Questo vi dà materia di non rompere mai il santo proponimento, per veruno caso che occorresse. Credo che non mangiaste più dolce cibo. Temo che non abbiate offeso nel peccato della gola. A questa parte non dico. Benedicete tutta la vostra famiglia in Cristo Gesù. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXLIII - Alla Reina di Napoli

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Laudabile e carissima madre, madonna la reina, la vostra indegna Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vera figliuola e sposa consacrata al dolce Dio nostro. Figliuola sete chiamata dalla dolce prima Verità, perocchè siamo creati e usciti da Dio. Così disse egli: «Facciamo l'uomo all'imagine e similitudine nostra». Sposa fu fatta la creatura razionale quando Dio prese la natura umana. O dolcissimo amore Gesù, in segno che tu l'avevi presa per sposa, in capo degli otto dì tu le donasti l'anello della dolcissima e santissima mano tua, nel tempo della santa Circoncisione. Così sapete voi, venerabile madre mia, che in capo degli otto dì, se silevò tanta carne quanta è un cerchio d'anello, e cominciò a pagarci l'arra, per darci pienamente speranza del pagamento, il quale ricevemmo in su 'l legno della santissima croce, quando questo sposo, Agnello immacolato, fu svenato, e da ogni parte versò abbondanzia di sangue col quale lavò le immondizie e peccati della sposa sua, cioè l'umana generazione. E attendete, che il fuoco della divina Carità ci ha donato l'anello non d'oro, ma della purissima carne sua; e hacci fatte le nozze, questo dolcissimo Padre, non di carne d'animale, ma del prezioso corpo suo: ed è questo cibo e Agnello arrostito al fuoco della Carità in su il legno della dolce croce

Adunque io vi prego dolcissimamente in Cristo Gesù, che il cuore e l'anima con ogni suo affetto e movimento e sollecitudine si levi ad amare e a servire sì dolce e caropadre e sposo quanto è Dio, somma e eterna Verità, quale ci amò veramente, e senza essere amato. Non sia adunque alcuna creatura, nè Stato nè grandezza nè signoria nè alcuna altra gloria umana (che tutte sono vane e corrono come il vento), che ci ritragga da questo vero amore, il quale è gloria e vita e beatitudine dell'anima; eallora dimostreremo d'essere spose fedeli. E anco, quando l'anima non ama altro che il suo creatore, e non desidera veruna cosa fuore di lui, ma ciò ch'ella ama e fa, fa per lui: e tutte quelle cose che vede che sieno fuore dellasua volontà, (come sono e vizii e peccati, ogni ingiustiziae ogni altro difetto) odia, intanto che per lo santo odio che ha conceputo contr'al peccato, eleggerebbe innanzi la morte, prima che romper la fede allo Sposo eterno suo. Siamo, siamo fedeli, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso, spregiando il vizio e abbracciando le Virtù; facendo e adoperando ogni gran fatto per lui.

Sappiate, madonna mia venerabile, che l'anima mia gode e esulta poichè ricevetti la vostra lettera, la quale m'ha data grande consolazione per la santa e buona disposizione la quale mi pare che voi avete, cioè di dare per gloria del nome di Gesù Cristo la sustanzia e la vita. Maggiore sacrificio nè maggiore amore gli potete mostrare che a disponervi a dare la vita per lui, se bisogna. Oh quanta dolcezza sarà quella, a vedere dare sangue per sangue, e che io vegga crescere tanto in voi il fuoco del santo desiderio per la memoria del sangue del Figliuolo di Dio; che, come voi sete intitolata reina di Gerusalem, così siate capo e cagione di questo santo passaggio, sì che quello santo luogo non sia posseduto più da quelli pessimi Infedeli, ma sia posseduto da' Cristiani onorevolmente, e da voi come cosa vostra. Sappiate che il Padre santo n'ha grandissimo desiderio. Sicchè, manifestando voi a lui la vostra volontà, la quale lo Sposo santo ha messa nell'anima vostra, vorrei che gliel mandaste dicendo, acciocchè gli crescesse più il desiderio. E vorrei che voi dimandaste di fare questo santo passaggio, voi principalmente, e tutti gli altri Cristiani che voivolessero seguire; perocchè se voi vi levate su a volerlo fare, e mandarne in effetto il santo proponimento, troverete una grande disposizione di Cristiani a volervi seguire. Pregovi dunque per l'amore di Cristo crocifisso che voi ne siate sollecita; e io prego, quanto sarà possibile alla mia fragilità, la somma e eterna bontà di Dio, che a questo e a tutte le vostre buone operazioni vi dia perfettissimo lume, e cresca in voi il desiderio sopra desiderio;sicchè, accesa di fuoco d'amore perveniate dalle signoria di questa misera e caduca vita a quella perpetua città di Gerusalem, visione di pace, dove la divina clemenzia ci farà tutti re e signori, e ogni fadiga remunererà a chi perlo suo dolcissimo amore sopporta ogni fadiga. Permanete nella santa dilezione di Dio. Gesù, Gesù, Gesù. Fatta a' dì quattro d'agosto.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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19/10/2022 11:43
 
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CXLIV - A monna Pavola a Fiesole

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, carissima e dolcissima suoro mia in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo e confortovi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi unita e trasformata nel fuoco della divina carità: il quale fuoco unì Dio con l'uomo, e tennelo confitto e chiavellato in croce. Oh ineffabile e dolcissima Carità, quanto è dolce l'unione ch'hai fatta con l'uomo! Bene hai dimostrato lo inestimabile amore tuo, per molte grazie e per molti benefizi i fatti alle creature, e spezialmente per lo benefizio della Incarnazione del Figliuolo tuo. Vedete dunque la somma Altezza venire a tanta bassezza quanta è la nostra umanità. Bene si dee vergognare l'umana superbia di vedere Dio tanto umiliato nel ventre di Maria dolce; la quale fu quello campo dolce, dove fu seminato il seme della Parola incarnata del Figliuolo di Dio. Veramente, dolcissima suoro, in questo benedetto e dolce campo di Maria fece questo Verbo innestato nella carne sua, come il seme che si gitta nella terra; che per lo caldo del sole germina, e trae fuore il fiore e il frutto; e il guscio rimane alla terra. Cosìveramente fece, per lo caldo e per lo fuoco della divina carità che Dio ebbe all'umana generazione, gittando il seme della parola sua nel campo di Maria. O beata e dolce Maria, tu ci hai donato il fiore del dolce Gesù. E quando produsse il frutto questo dolce fiore? quando fu innestato in sul legno della santissima croce: però che allora ricevemmo vita perfetta.

E perché dicemmo che il guscio rimane alla terra? quale fu questo guscio? fu la volontà dell'unigenito Figliuolo di Dio; il quale, in quanto uomo, era vestito del desiderio dell'onore del Padre, e della salute nostra: e tanto fu forte questo smisurato desiderio, che corse come innamorato, sostenendo pene, vergogne, e vituperii, infino alla obbrobriosa morte della croce. Considerando, dunque, carissima suoro, che questo medesimo fa Maria, cioè ch'ella non poteva desiderare altro che l'onore di Dio, e la salute della creatura; però dicono e' dottori, manifenando la smisurata carità di Maria, che di sè medesima avrebbe fatto scala per ponere in croce il Figliuolo, se altro modo non avesse avuto. E tutto questo era, perché la volontà del Figliuolo era rimasa in lei.

Tenete a mente, o suora mia carissima, e non v'esca mai del cuore nè della memoria nè dell'anima vostra, che sete stata offerta e donata, voi e tutte le vostre figliuole, a Maria. Pregatela dunque, che ella vi rappresenti, e doni al dolce Gesù Figliuolo suo: ed ella il farà, come dolce madre e benigna, e madre di misericordia. Non siate ingrata nè scognoscente; però che non ha schifata la petizione, anco l'accetta graziosamente. Siate tutte fedeli, non ragguardando per neuna illusione di dimonio, nè per detto di neuna creatura; ma, virilmente correte, pigliando quello affetto dolce di Maria; cioè che sempre cerchiate l'onore di Dio e la salute dell'anime. E così vi prego. E, quanto è possibile a voi, studiate la cella dell'anima, e del corpo vostro. Ine vi studiate, per amore e santo desiderio di mangiare e parturire anime nel cospetto di Dio. E quando fuste richieste nell'atto delle tribolazioni da alcuna persona, con perfetta sollecitudine vi studiate di cavarle dalle mani delle demonia. E questo sia il segno vero che noi siamo veri figliuoli; perocchè a questo modo seguitiamo le vestigie del padre. Ma sappiate che a questo effetto del grande e smisurato desiderio non potremo pervenire senza il mezzo della santissima croce, cioè del cruciato amore e affettuoso del Figliuolo di Dio: però ch'egli è quello mare pacifico che dà bere a tutti quelli che hanno sete e fame e desiderio di Dio, e pace a tutti coloro che sono stati in guerra evoglionsi pacificare con lui. Questo mare gitta fuoco, che riscalda ogni cuore freddo; e tanto 'l riscalda fortemente, che ogni timore servile perde, e solo rimane in perfetta carità, e in santo timore, lassando di più offendere il Creatore suo.

E non temete, nè voglio che voi temiate, le insidie e le battaglie delle dimonia, che venissero per rubare e tollere la città dell'anima vostra. Non temete; ma come cavalieri poste nel campo della battaglia, combattete coll'arme e col coltello della divina carità: però ch'egli è quellobastone che fiagella il demonio.

E sappiate chè, a non voler perdere l'arme colla quale ci conviene difendere, ce la conviene tenere nascosta nella casa dell'anima nostra per vero cognoscimento di noi medesime. Però che quando l'anima cognosce se medesima non essere, ma sempre operare di quella cosa che non è, e subito diventa umiliata a Dio, e a ogni creatura per Dio; e ricognosce ogni grazia e ogni beneficio da lui; e vede in sè traboccare tanta bontà di Dio, che per amore cresce in tanta giustizia di sè medesimo, che volentieri, non tanto che ne voglia far vendetta ma e' desidera che tutte le creature ne facciano vendetta di lui, eogni creatura giudica megliore di sè. Allora nasce un odore di pazienzia, che non è neuno peso sì grande, nè tanto amaro, che nol porti per amore di quello innamorato innestato Verbo.

Or oltre, carissime figliuole. E tutte di bella brigata corriamo, e mettiamoci in su questo Verbo; e io v'invito alle nozze di questo innesto, cioè di spendere il sangue per lui, come egli l'ha sparto per voi, cioè al santo Sepolcro, e ine lassar la vita per lui. Il Padre santo ha mandatauna lettera con la bolla sua al Provinciale nostro, e a quello de' Minori, e a frate Raimondo, che essi abbiano a fare scrivere tutti quelli che hanno desiderio e volontà d'andare ad acquistare il santo Sepolcro, e morire per la santa Fede; e vuole che tutti se gli mandino per iscritto. E però v'invito che v'apparecchiate. Permanete nella santa dilezione di Dio.

Confortati da parte di Cecca stolta, e Alessa, e di Giovanna Pazza; e confortate tutte quante da parte di Cristo crocifisso. Gesù, Gesù, Gesù.



CXLV - Alla Reina d'Ungheria, cioe alla madre del Re

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissima e reverenda madre in Cristo Gesù, la vostra indegna Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive a voi, con desiderio di vedervi accesa e infiammata di dolce e amoroso fuoco di Spirito Santo; considerando me, che egli è quell'amore che tolle ogni tenebra, e dà perfetta luce; tolle ogni ignoranzia, e dà perfetto cognoscimento. Perocchè l'anima ch'è piena di Spirito Santo, cioè del fuoco della divina carità, sempre cognosce, sè medesima non essere, e cognosce in sè quella cosa che non è, cioè il peccato; e ogni essere e ogni grazia e dono spirituale e temporale retribuisce al suo Creatore, parendole, come egli è, aver ricevuto e ricevere ogni cosa per grazia, e non per debito, nè servigio che facesse mai al suo Creatore. Questo è quello vero cognoscimento, venerabile madre, che arricchisce l'anima; però che le dà la maggiore ricchezza che possa ricevere, cioè che cognoscendo sè non essere, sèguita a mano a mano di cognoscere la bontà di Dio in sè. Nel quale cognoscimento nasce una vena di profonda umiltà, che è un'acqua graziosa che spegne il fuoco della superbia, e accende il fuoco della divina e ardentissima carità, il quale riceve per lo cognoscimento della bontà di Dio in sè. Perocchè l'anima che vede tanto smisurato amore di Dio verso di sè, non può fare che non ami. E perch'egli è condizione dell'amore, d'amare ciò che colui ama il quale egli ama, e odiare ciò ch'egli odia; subitochè noi abbiamo veduti noi e veduta la divina bontà noi amiamo e odiamo. E non può essere che senza questo cognoscimento noi possiamo partecipare la divina Grazia. Perocchè colui che non cognosce sè, cade in superbia e in ogni difetto. E perché la superbia accieca l'anima e impoveriscela e disseccala, perché le tolle la grassezza dellaGrazia; non è atto questo cotale e a governare sè nè altrui.

E però vi dissi che io desideravo di vedervi ripiena del fuoco dello Spirito Santo; perocchè vedo io che voi adagiate a reggere voi e' sudditi vostri; mi pare che abbiate bisogno di grande lume e di grande e ardentissimo amore verso l'onore di Dio e la salute delle creature, acciocchè non ci caggia amore proprio nè timore servile; ma, spogliata di voi medesima, voi e' 'l figliuolo vostro voglio vedervi e sentirvi accesi di questo amoroso fuoco, sicchè, poich'abbiamo odiata questa nostra parte sensitiva che sempre vuole ribellare al suo Creatore, siamo amatori delle virtù del dolce e buono Gesù.

Ma questo amore sapete che non possiamo mostrare senza alcuno mezzo, cioè del prossimo nostro: perocchè sopra questo amore sono fondati e' comandamenti della legge, cioè amare Dio sopra ogni cosa, e 'l prossimo come sè medesimo, d'amore puro e non mercenario; cioè amare noi per Dio, e Dio per Dio, in quanto egli è somma bontà e degno d'essere amato, e 'l prossimo per Dio. E veramente, madre carissima, che quando l'anima ragguarda l'Agnello svenato in sul legno della santissima croce, per l'amore ineffabile che egli ha alla sua creatura; concepe un amore sì grande verso la salute dell'anime, che darebbe sè medesima a cento migliaia di morti per campare un'anima dalla morte eternale. E neuno sacrificio potete fare che sia più piacevole a Dio, che questo. Chè voi sapete che tanto gli dilettò questo cibo, che non si curò di veruna amaritudine: nè pena, nè morte, nè strazi, nè scherni, nè la ingratitudine nostra il ritenneche egli non corresse, siccome ebro e innamorato della salute nostra, all'obbrobrio della santissima croce.

Io v'invito dunque, voi e 'l vostro figliuolo, a questo dolce cibo. E trovato abbiamo il luogo dove voi il potete prendere. E 'l tempo è già venuto, e maturo è 'l frutto; e il luogo è 'l giardino della santissima Chiesa. In questo giardino si pascono tutti e' fedeli cristiani; però che ine èpiantato l'arboro della croce, dove si riposa il frutto dell'Agnello svenato per noi con tanto fuoco d'amore che dovrebbe accendere ogni cuore. Oh frutto suavissimo, pieno di gaudio, letizia e consolazione! Quale cuore si potrebbe tenere che non scoppiasse d'amore a ragguardare questo dolce e saporoso frutto, cioè il dolce e buono Gesù? il quale Dio Padre ha dato per sposo alla santa Chiesa. Dobbiamo dunque correre come innamorati, ed essere amatori della Chiesa santa per lo amore di Cristo crocifisso. Che voi sovveniate a questa sposa bagnata nel sangue dell'Agnello: che vedete che ognuno le fa noia, e Cristiani e Infedeli. E voi sapete che nel tempodel bisogno si debbe mostrare l'amore.

La Chiesa ha bisogno, e voi avete bisogno. Ella ha bisogno del vostro aiuto umano, e voi del suo divino. E sappiate che quanto più le donerete dell'aiuto vostro, più participerete della divina Grazia, fuoco di Spirito Santo, che in essa si contiene. O sposa dolce, ricomprata del sangue di Cristo, tu se' di tanta eccellenzia, che neuno membro che sia tagliato da te, può ricevere nè pascersi del frutto detto di sopra. Bene c'è dunque, venerabile e carissima madre, necessario a voi ed a me e ad ogni creatura, d'amarla e servirla in ogni tempo, ma singolarmente al tempo del bisogno. Io misera miserabile, non ho di che aitarla: ma se aiuto alcuno il sangue mio le fosse, svenerei volentieri e aprirei il corpo mio. Ma io farò così: che io le darò di quella poca particella che Diomi darà, che le sia pro e utile, benchè io non ci veggo altra utilità in me, che io possa dare, se non lagrime e sospiri e continua orazione.

Ma voi, madre e il signor messer lo re vostro figliuolo, potete aitarla coll'orazione per santo desiderio, e anco lapotete volontariamente e per amore sovvenire coll'aiuto umano. None schifate dunque, per lo amore di Dio, questa fadiga; ma abbracciatela per Cristo crocifisso, e per vostra utilità ed esaltazione, e per compimento della vostra salute. E pregate il caro vostro figliuolo strettamente, che per amore si proferi e serva la santa Chiesa. E se il nostro Cristo in terra l'addimanda e volesse ponergli questa fatiga; pregatelo che accetti fedelmente la sua petizione e addimanda, confortando il Padre santo; e crescergli il santo proponimento di fare il santo e dolcepassaggio sopra li cani malvagi Infedeli che posseggono il nostro e anco più. Secondo che intendo, essi ne vengono oltre, a più potere. Grande vergogna per certo è de' Cristiani, di lassargli possedere quel santo e venerabile luogo, il quale per ragione è nostro. Non è più dunque da tenere occhio; ma come figliuoli affamati dell'onore del padre, vi dovete levare e racquistare il nostro in salute dell'anime loro e esaltazione della santa Chiesa. Fateviragione che vi fosse tolta una delle vostre città, la qualeracquisterete: son certa che porreste ogni rimedio e sforzo che potreste, infino alla morte, per riavere il vostro. Or così vi prego che facciate in sovvenire quello che c'è tolto. E tanto più e con maggiore sollecitudine dovete attendere a questo, quanto più si sovviene all'anime e al luogo: e nella vostra città, sarebbe solo alla terra. Credoche abbiate inteso come e' Turchi a più possa perseguitano e' Cristiani, tollendo le terre della santa Chiesa; perla qual cosa il Padre santo è disposto e apparecchiato a fare uno principio di uno santo passaggio sopra di loro. E credo, per la bontà di Dio, che vi disporrete voi e gli altri ad aitarlo e confortarlo sopra questo fatto in ciò chepotete: e io ve ne prego e costringo da parte di Cristo crocifisso che ne siate sollicita e non negligente; sicchè questo sia uno strumento a farvi ricevere e stare nella plenitudine della divina Grazia del fuoco dello Spirito Santo, del quale l'anima mia desidera di vedervi piena. Sappiate, carissima madre, che di questo medesimo che io prego voi, io n'ho scritto alla reina di Napoli e a moltialtri signori; e tutti m'hanno risposto bene e graziosamente, proferendo di dare aiuto coll'avere e colla persona, accesi tutti di grande desiderio a dare la vita per Cristo; parendo mille anni che il Padre rizzi il gonfalone della santissima croce. Spero, per la inestimabile carità di Dio, che tosto lo leverà. E in questo vi prego che seguitiate loro. Laudato sia Gesù Cristo crocifisso, e vi riempia della sua santissima grazia. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CXLVI - A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine de' predicatori quando era biblico di Fiorenza

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi Dilettissimo e carissimo padre per reverenzia di quello dolcissimo Sacramento, e figliuolo in Cristo Gesù; io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo e confortovi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi arso e affocato e consumato nella sua ardentissima carità, sapendo che colui che è arso e consumato di questa carità, non vede sè. Questo voglio dunque che facciate voi. Io v'invito a entrare in uno mare pacifico per questa ardentissima carità, e in uno mare profondo. Questo ho io trovato ora di nuovo (non che sia nuovo il mare, ma è nuovo a me nel sentimento dell'anima mia) in quella parola: Dio è amore. E in questa parola, siccome lo specchio rappresenta la faccia dell'uomo, e il sole la luce sua sopra la terra, così si rappresenta nell'anima mia, tutte quante l'operazioni essere solamente amore; perocchè non sono fatte d'altro che d'amore. E però dice egli: «Io son Dio amore». Di questo nasce uno lume nel misterio inestimabile del Verbo incarnato, che per forza d'amore è stato dato con tanta umiltà, che fa confondere la mia superbia, e insegnaci a non ragguardare all'operazioni sue, ma all'affetto infocato del Verbo donato a noi. E dice che facciamo come colui che ama: che quando l'amico giugne con uno presente, non mira alle mani per lo dono che egli reca, ma apre l'occhio dell'amore, e ragguarda il cuore e l'affetto suo. Ora così vuole che facciamo noi quando la somma eterna e sopra dolce bontà di Dio visita l'anima nostra. Visita dunque co' smisurati benefizii. Fate subito che la memoria s'opra a ricevere quello che lo intendimento intende nella divina carità; e la volontà si levi con ardentissimo desiderio, e riceva e ragguardi il cuore consumato del dolce e buono Gesù che n'è donatore: e così vi troverete affocato e vestito di fuoco, e del dono del sangue del Figliuolo di Dio; e sarete privato d'ogni pena e malagevolezza. Questo fu quello che tolse la pena alli discepoli santi, quando gli convenne lassare Maria, e l'uno e l'altro; e per seminare la parola di Dio, volentieri lo portarono. Correte dunque, correte, correte.

De' fatti di Benincasa non possono, rispondere se io non sono a Siena. Ringraziate messer Nicolaio della carità che ha adoperata per loro. Alessa e io e Cocca poverelle vi ci raccomandiamo mille migliaia di volte. Dio sia sempre nell'anima vostra, amen. Gesù, Gesù.

CATERINA, serva de' servi di Dio.

CXLVII - A Sano di Maco, essendo la Santa a Pisa la prima volta

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue suo, il quale sparse in sul legno della sua santissima croce, costretto solo dal legame della sua santissima carità, la quale aveva alla creatura. Così dice la bocca della dolce prima Verità, che per la smisurata carità che aveva Dio alla umana natura, mandò esso Padre celestiale il suo diletto ed unico Figliuolo, acciocchè non perisse la creatura sua, ma salvassesi il mondo per lui. O ineffabile e inestimabile carità di Dio, che, per salvare il suo ribello e a lui disobbediente, diede sè medesimo ad essere creatura, ad essere spregiato, infamato, vituperato, schernito, e all'ultimo vituperosamente morto, come malfattore! Conciosiacosachè egli non avesse fatto nè detto cosa veruna degna di reprensione; ma noi eravamo quelli che avevamo commessa la colpa, per la quale egli portò la pena, per nostro amore. Bene me amasti, dolcissimo amore Gesù; ed in questo m'insegni quanto debbo amare me medesima e gli fratelli miei, e' quali tu tanto amasti, non avendo bisogno di noi, come noi di te.

E però, dilettissimo e carissimo fratello e figliuolo in Cristo Gesù, sempre si conviene che l'anime nostre siano mangiatrici e gustatrici dell'anime dei nostri fratelli. E di nullo altro cibo non ci doviamo mai dilettare; sempre aiutandoli con ogni sollecitudine, dilettiamoci di ricevere pene e tribolazioni per amore di loro; perciocchè questo fu il cibo del nostro dolce Salvatore. Ben ve ne dico, che il nostro Salvatore me ne dà mangiare. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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CXLVIII - A Pietro marchese del Monte - Lett 148

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissimo e carissimo padre e figliolo in Cristo Gesù; io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo con desiderio di vedervi cavaliere virile,e non timoroso; però che l'uomo non debbe temere, quando si vede l'arma forte. O carissimo figliuolo, noi vediamo che Dio ha armato l'uomo d'un'arma ch'è di tanta fortezza, che nè dimonio nè creatura il può offendere; e questa è la libera volontà dell'uomo. E per questa libertà Dio dice: «Io creai te senza te: ma io non ti salverò senza te».

Vuole dunque Dio che noi adoperiamo l'arme la quale c'è data, e che facciamo, con essa, resistenza a' colpi che noi riceviamo dalli nemici nostri. Tre inimici singolari abbiamo; cioè il mondo, la carne, e il dimonio: ma non temiamo; perocchè la divina Provvidenzia ci ha armati sì bene, che non ci bisogna temere. Buona è l'arme, ottimo l'aiutatore, cioè Dio, ed è si fatta, che non è veruno che possa far resistenza a lui; in tanto che, quanto l'anima ragguarda sì dolce e forte aiutatore, non può cadere in debilezza per niuna sua fragilità la quale si sentisse. Questo parve che vedesse il dolce e innamorato di Paolo, quando dice: «Ogni cosa potrò per Cristo crocifisso, che è in me, che mi conforta». Chè quando Pavolo sentiva la molestia e lo stimolo della carne, ed egli si confortava, non in sè, che si vedeva debile, ma in Cristo Gesù, e nella buona arme forte la quale Dio ci ha data, della forte libertà. E però dice: «Ogni cosa potrò. Ché nè dimonio nè creatura mi può costringere a un peccato mortale, se io non voglio».

Che se l'uomo non si trae quest'arme di dosso, e mettela in mano del dimonio, cioè per consentimento di volontà, mai non è vinto. Chè, benchè le tentazioni e illusioni del dimonio e della carne e del mondo vegnano, e gittino le saette avvelenate; e la carne, li pensieri e li movimenti laidi; il dimonio con le varie tentazioni, frodi e inganni suoi; il mondo con la pompa, vanità e superbia; la libertà, che è donna, se non consente a questi disordinati intendimenti, non ne offende mai, perché il peccato sta solo nella volontà. E questo ci ha dato Dio per grazia, e non per debito.

Non voglio dunque, figliuolo mio dolce in Cristo Gesù, che temiate per veruna cosa che sentiste; poichè Dio ci ha fatta tanta grazia, che egli è nostro aiutatore, e hacci data buona arme; e poichè egli è rimasto morto e vincitore in sul campo della battaglia (morto è, e morendo in sul legno della Santissima Croce, è vincitore, però che la morte ci ha data la vita), ed è tornato alla città del Padre eterno, con la vittoria della sposa sua, cioè dell'anima nostra, la quale Dio sposò prendendo la nostra umana natura. Ben si dee dunque muovere l'uomo, ed aprire l'occhio del cognoscimento, e ragguardare tanto fuoco d'amore. Sconfitti sono li nimici, e tratti siamo dalle mani delli dimoni che possedeano e teneano l'anima come sua. Sconfisse il mondo e la superbia, umiliandosi all'uomo; sconfitto è il corpo suo sostenendo morte, pena, obrobrio, improperio, ingiurie, strazi, scherni e villanie per noi. Ben ci potiamo adunque confortare, poichè li nemici sono sconfitti.

Seguitiamo dunque le vestigie sue, cacciando il vizio con la virtù; la superbia con l'umiltà, l'impazienzia con la pazienzia, l'ingiustizia con la giustizia, l'immondizia colla perfetta umiltà e continenzia, la vanagloria con la gloria ed onore di Dio; che ciò che noi facciamo e adoperiamo, sia a gloria e laude ed onore del nome del nostro Gesù. Facciasi una dolce e santa guerra contro questi vizi: e tanto quanto noi ragguarderemo il dolce Signore, tanto più sarà animata l'anima a fare più grossa guerra, vedendo che per lo peccato il padre nostro è rimaso morto. E farà come il figliuolo che vede il sangue del padre, che cresce in odio verso l'inimico che l'ha morto: così fa l'anima; che ragguarda il sangue del suo Creatore; però che cresce, e concepe in sè un odio e dispiacimento verso l'inimico suo che l'ha morto. E se voi mi diceste: «Chi l'ha morto?» vediamo che solo il peccato è cagione della morte di Cristo, e l'uomo è quello che commette il peccato. Adunque si può dire, che noi siamo coloro che abbiamo morto il figliuolo di Dio; e ognorachè pecchiamo mortalmente, il possiamo dire. Doviamo dunque far vendetta di noi medesimi, cioè delle perverse cogitazioni, vizi e peccati: chè il maggior nemico che abbia l'uomo è sè medesimo. Quando l'anima ragguarda il suo Padre, e la sua sensualità che l'ha morto, non si può saziare di farne vendetta, per siffatto modo, ch'egli è contento di vedergli sostenere ogni pena e tormento, siccome suo nemico mortale.

Or così voglio che facciate voi: e acciocchè voi questo potiate ben fare, io voglio che poniate dinanzi da voi la memoria del sangue del Figliuolo di Dio, sparto con tanto fuoco d'amore; il quale sarà a noi un continuo battesimo di fuoco, il quale purifica e scalda sempre l'anima nostra, in tollendogli ogni freddezza di peccato. Ragguardate, figliuolo, il dolce Agnello in su la Croce, che vis'è fatto cibo, mensa e servitore. Troppo sarebbe grande ignoranza se noi fossimo negligenti a pascerci di questo dolce cibo. Se mai ci fosse caduta negligenzia, io v'invitoa perfetta sollecitudine.

Per le dolci e graziose novelle, cioè del buono desiderio, ch'io ho udito, del giudice di Arborea, proferendosi in avere e in persona graziosamente a dare la vita per Cristo; sì che io godo e esulto, vedendo la disposizione santa, e il tempo abreviare. Non dico più. Perdonate alla mia ignoranzia.

Ringraziovi molto dell'affettuoso amore, e limosina che faceste a Frate Iacomo. Dio vi remuneri di sè. Benedicete e confortate Neri e tutti gli altri. Permanete nellasanta e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




CXLIX - A misser Pietro Gambacorti in Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Venerabile padre in Cristo dolce Gesù, la vostra indegna figliuola Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive a voi; raccomandandovisi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi l'affetto e il desiderio vostro spogliato e sciolto dalle perversedelizie e diletti disordinati del mondo, le quali sono cagione e materia che parte e divide l'anima da Dio. Però ch'egli è di bisogno che l'anima che è legata con Cristo crocifisso, somma ed eterna Bontà, sia sciolta e tagliata dal secolo. E colui che ha legato l'affetto nel secolo, è tagliato da Cristo; però che il mondo non ha veruna conformità con Cristo, come disse la prima Verità: «Niuno può servire a due signori contrari; però che, se serve all'uno, è incontento dell'altro».

O carissimo padre, quanto è perverso questo legame! Certo è che l'uomo ch'è legato nella perversità del peccato, egli è come colui che ha legate le mani e li piedi, e non si può muovere. Così l'anima ha legate le mani, che non può muovere alcuna operazione a Cristo; nè i piedi dell'affetto non si muovono a fare veruna buona operazione che sia fondata in Grazia. Oimè quanto è cosa pericolosa il peccato nell'anima! di quanto bene priva la creatura, e di quanto male la fa degna! Fa'la degna della morte, e tollele la vita; tollele il lume, dálle la tenebra;tollele la signoria, e dàlle la servitudine. Perocchè coluiche abonda nel peccato, è servo e schiavo del peccato, ha perduta la signoria di sè, e lassasi possedere all'ira eagli altri difetti. Or che sarebbe, padre carissimo, se noisignoreggiassimo tutto il mondo, e non signoreggiassimo e' vizi e i peccati che sono in noi? Egli ci tollono il lume della ragione, che non ci lassa vedere in quanto stato di dannazione egli sta, e in quanta sicurtà sta l'anima che è legata col dolce Gesù. Egli ha perduta la vita della Grazia. Siccome il tralcio che è tagliato dalla vite, che è secco e non fa frutto; così la creatura tagliata dallavera vite, è secca e putrida, degna del fuoco eternale. Oimè dolente! Questa è la gran cecità: che, non essendo nè dimonia nè creatura che possa legar l'uomo a un peccato mortale, ed esso medesimo si lega.

Adunque destianci dal sonno della negligenzia e ignoranzia. Tagliate questo perverso legame! Tutto questo avviene, perché e 'l peccato e 'l mondo non hanno conformità con Cristo crocifisso; chè 'l mondo cerca onori, agi, diletti e signoria; e Cristo benedetto elesse vituperio, strazi, villanie, e nell'ultimo l'obbrobriosa morte della croce. Volle essere servo e obediente, non trapassatore della legge nè della volontà del Padre; ma, sempre cercando l'onore suo e la salute nostra. Or seguitiamo le vestigie sue.

Con questo dolce e vero legame vi prego e voglio che siamo legati. E acciocchè meglio questo potiate fare, aprite l'occhio del cognoscimento di voi medesimo; e vedrete, voi non essere cavelle, ma sempre operatore di miseria e d'iniquità. E così nascerà in voi una vena di giustizia santa, con vera e profonda umiltà. Giustamente darete a Dio quello ch'è suo, e a voi quello ch'è vostro. Poi ragguardate nell'abisso della smisurata sua carità, vedendo come l'Agnello svenato con pazienzia e mansuetudine ha portate le nostre iniquità. O Amore inestimabile, con quanta pazienzia hai data la vita, e presti il tempo, e aspetti la creatura, che corregga la vita sua! e inquesto modo cognoscendo in voi la bontà di Dio, e come l'adopera, sarete legato e unito nel vincolo della carità, il quale è dolce e soave sopra ogni dolce. Non indugiate, chè 'l tempo è breve e 'l punto della morte ne viene, che non ce n'avvediamo.

Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, che, nello stato vostro, voi teniate l'occhio drizzato verso la santa edivina giustizia. Non per piacimento di creatura, nè per odio, ma solo per Giustizia punite il difetto quando si trova. E singolarmente il vostro peccato, quando il trovate punitevelo. E vituperatelo quanto potete: e guardate che non chiudiate gli occhi per non volerlo vedere; chè molto ne sareste ripreso da Dio. Siate, siate sollecitoquanto potete, con affetuoso amore. Tutte le vostre operazioni siano legate in Cristo Gesù. Questo è quel legame che l'anima mia desidera; considerando me, che senza questo non potete avere la vita della Grazia.

Non dico più qui. Ricevetti una vostra lettera, la quale vidi con affettuoso amore: onde io cognosco che non mia virtù nè mia bontà (perocchè son piena di peccato e di miseria), ma solo l'amore e la bontà vostra e di cotestesante donne vi mosse umilmente a scrivere a me, pregandomi che io debba venire costà. Per la qual cosa io volontariamente verrei a adempire el desiderio vostro e loro: ma per ora io mi scuso, che la impossibilità del corpo mio non mi lassa; e anco veggo che per ora io sarei materia di scandolo. Ma spero nella bontà di Dio, che, se vedrà che sia suo onore e salute dell'anime, mi farà venire con pace e con riposo senza altra mormorazione; e io sarò apparecchiata al comandamento della prima Verità, e obedire al vostro comandamento.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Cristo vi remuneri della sua dolcissima grazia. Raccomandatemi con affettuoso amore a coteste donne che preghino Dio per me, che mi faccia umile e soggetta al mio Creatore. Amen. Laudato sia Gesù Cristo crocifisso.



CL - A frate Francesco Tebaldi di Fiorenza, nell'Isola di Gorgona, monaco certosino - lett 150

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dolcissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi costante e perseverante nella virtù infino alla morte; perocchè la perseveranzia è quella virtù che è coronata. Ella porta il fiore e la gloria della vita dell'uomo: ellaè compimento d'ogni virtù; tutte le altre le sono fedeli. Ella non esce mai dalla navicella della religione, ma sempre vi naviga dentro infino che giunge a porto di salute. Ella non è sola, ma accompagnata; tutte le virtù le sono compagne, ma singolarmente due; cioè, la fortezza e la pazienzia. Ed ella è lunga e perseverante. Perché è detta lunga questa perseveranzia? perché tiene dal principio che l'anima comincia a volere Dio, infino all'ultimo; che mai non si lassa scortare, per veruno inconveniente che venga. Non la scòrta la prosperità per disordinata allegrezza nè leggerezza di cuore, nè consolazione spirituale, nè veruna altra cosa che a consolazione s'appartenga: e non la scòrta la tribulazione, nè ingiuria, scherno, villania che le fusse fatta o detta; non per peso nè gravezza dell'Ordine nè per grave obedienzia che gli fusse imposta. Tutte queste cose non la scòrtano per impazienzia; ma con pazienzia persevera nelle fadighe sue. Non per battaglie o molestie di dimonio, con false e varie cogitazioni, e con disordinato timore o infedeltà che gli mettesse verso il suo prelato. Non la scòrtano; perocchè non è senza il lume, ma il lume della fede sempre leva innanzi. Onde la perseveranzia risponde al disordinato timore, dicendo: «Io spero, per Cristo crocifisso, ogni cosa potere, e perseverare infino alla fine con fidelità». Risponde la perseveranzia all'affetto dell'anima, con fede di perseverare, dicendo: «Per veruno tuo volere nè parere non voglio diminuire la reverenzia debita, nella subiezione la quale io debbo avere e portare al prelato mio».

Ella piglia uno giudicio santo nella dolce volontà di Dio acciocchè non gli venga giudicato la volontà della creatura; perocchè il lume le ha mostrato che, facendo altrimente, essofatto sarebbe scortata, e non sarebbe lunga la reverenzia nè l'obedienzia nè l'amore. E però il lume le mostra, acciocchè l'amore non allenti nel tempo che il dimonio, sotto colore di far meglio e più pace sua, suade che si ritragga dalla conversazione del prelato suo e della presenzia d'esso, o di chiunque avesse dispiacere; ma che egli più s'accosti e più conversi, sforzando sè medesimo, ricalcitrando al suo falso parere, acciocchè la infedelità non se gli notrichi nell'anima; e non sia scortata dallo sdegno.

O dolcissimo, dilettissimo e carissimo figliuolo, caro mi sete quanto l'anima mia. La lingua non potrebbe narrare quanti sono gli occulti inganni che 'l dimonio dà sotto colore di bene, per scortare la via della lunga perseveranzia. E massimamente sopra quest'ultima, della quale io ora v'ho detto; perché da questo se egli vel fa cadere, il potrà poi pigliare in ogni altra cosa. Se il suddito a qualunque obedienzia si sia, perde la fede di chi l'ha a guidare; cioè che egli sèguiti quello che gli detta lainfedelità; il dimonio ha il fondamento dove si debba ponere l'edificio della virtù e però si pone egli ine. Perocchè colui che, per sua ignoranzia in non resistere, si lassa tollere questo principio, non è pronto all'obedienzia: egli è atto a giudicare gli atti e l'operazioni secondola sua infirmità e non secondo la sua verità: egli è impaziente, e molte volte cade nell'ira; generali tedio e rincrescimento in ogni sua operazione. Veramente questa infedelità è uno veleno che ci attosta tanto il gusto dell'anima, che la cosa buona gli pare cattiva, e l'amara dolce; il lume gli pare tenebre, e quello che già vidde in bene, gli pare vedere in male. Sicchè drittamente ella è veleno.

Ma voi direte a me, figliuolo mio: «Chi camperà l'anima di questo? O perché modo? Chè io non vorrei cadere in questo, se io potessi». Dicovelo. La virtù piccola dellavera umilità è quella che tutti questi lacci rompe e fracassa; e tràne l'anima non diminuita, ma cresciuta. Perocchè 'l lume gli mostra che elle erano permesse dalla divina bontà per farla umiliare, o per crescerla in essa virtù; onde con affetto d'amore l'ha presa, umiliandosi e conculcando il suo parere continuamente sotto ai piei dell'affetto. Per questo modo resiste continuamente.

E' vero che un altro modo ci è a resistere; il quale non esce però di questo: cioè, che giammai non fugga il luogo della presenzia, perocchè egli non fuggirebbe il sentimento dentro; anco, il troverebbe sempre vivo: perché, a fuggire, non si stirpa, ma con la impugnazione. E però la perseveranzia, che l'ha veduto col lume, sta ferma e perseverante nel campo della battaglia; non schifando colpo di veruna tentazione. Piglia bene l'arme dell'umile continua e fedele orazione; la quale orazione è una madre vestita di fuoco e inebriata di sangue, ch'e' notrica alpetto suo i figliuoli delle virtù. Onde è di bisogno che l'anima virtuosa participi e vestasi di questo medesimo fuoco, e l'affetto sia inebriato del sangue. Quale sarà quello dimonio o quale creatura, o noi medesimi dimonii, cioè la propria sensualità nostra, che possano resistere a cosiffatte armi? Quale sarà quello lacciuolo che possa legare l'umiltà? neuno ne sarà che resistere ci possa; perché la perseveranzia, per lo modo che detto aviamo, non basti infino all'ultimo, quando la carità metterà in possessione l'anima nella vita durabile, dove è ogni bene senza veruno male. Ine riceverà il frutto d'ogni sua fadiga. Questa fa l'anima forte, che mai non indebolisce; fa il cuore largo e non stretto, che vi cape ogni creatura perDio, in tanto che tutte reputa che siano l'anima sua.

Adunque levatevi su, figliuolo; attaccatevi al petto di questa madre orazione, se voi volete essere perseverante con vera umiltà. E non lassate mai, sì che compiate la volontà di Dio in voi, il quale vi creò per darvi vita eterna, e havi tratto dal loto del secolo, perché corriate morto per la via della perfezione. O quanto sarà beata l'anima mia quando sentirò d'avere un figliuolo che viva morto; e nella morte della propria volontà e parere, perseveri infino alla morte corporale! Se questo non fusse, non mi reputerei beata, ma molto dolorosa. E però fuggo questo dolore con grande sollicitudine, nel cospetto di Dio, dove io vi tengo per continua orazione. E però dico: con desiderio io desidero di vedervi costante e perseverante nella virtù infino alla morte. E così vi prego e stringo da parte di Cristo crocifisso, che giammai non perdiate tempo, ma sempre vi annegate nel sangue dell'umile Agnello. L'amaritudine vi paia uno latte; e il latte delle proprie consolazioni, per odio santo di voi, vipaia amaro. Fuggite l'ozio quanto la morte. La memoria s'empie de' benefici di Dio e della brevità del tempo: l'intelletto si specoli nella Dottrina di Cristo crocifisso; ela volontà l'ami con tutto il cuore e con tutto l'affetto econ tutte le forze vostre, acciocchè l'affetto e tutte le vostre operazioni siano ordinate e drizzate ad onore e gloria del nome di Dio, e in salute dell'anime. Spero nella sua infinita misericordia che a voi ed a me darà grazia che voi il farete.

Ho ricevuta grande consolazione dalle lettere che ci avete mandate, io e gli altri: perché grande desiderio aviamo di sapere novelle di voi. Parmi che' l dimonio non abbia dormito nè dorma sopra di voi; della quale cosa ho grande allegrezza, perché veggo che per la bontà di Dio la battaglia non è stata a morte, ma a vita. Grazia, grazia al dolce Dio eterno che tanta grazia ci ha fatta! Ora si vuole cominciare a cognoscere, voi non essere; ma l'essere, e ogni grazia posta sopra l'essere, ricognoscere da colui che è. A lui si renda grazia e loda; perché così vuole egli che a lui diamo il fiore e nostro sia ilfrutto. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




CLI - A monna Nella, donna che fu di Niccolo Buonconti da Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondata in vera e perfetta pazienzia; perocchè in altro modo non potremmo piacere a Dio, e in questa vita gusteremmo l'arra dell'inferno. Oh vera e dolce pazienzia, la quale se'quella virtù che non se' mai vinta, ma sempre vinci! Tu sola se' quella che mostri se l'anima ama il suo creatore, o no. Tu ci dai speranza della Grazia: tu solvi l'odio e ilrancore del cuore; tu tolli il dispiacere del prossimo; tu privi l'anima della pena; per te i grandi pesi delle molte tribolazioni diventano leggeri, e per te l'amaritudine diventa dolce: in te, pazienzia, virtù reale, acquistata collamemoria del sangue di Cristo crocifisso, troviamo la vita.

O carissima madre, tra l'altre virtù questa ci è la più necessaria. Perocché non passiamo questo mare senza le molte tribolazioni: da qualunque lato noi ci volliamo, questo mare coll'onde sue ci percuote; e il demonio colle molte tentazioni; e più, che quello ch'egli non può fare per sè medesimo, egli il fa per mezzo delle creature, ponendosi in su le lingue e nei cuori de' servi suoi. E parasi dinanzi all'occhio dell'intelletto, facendogli vedere quello che non è; e così concepe nel cuore diverse cogitazioni e dispiaceri verso del prossimo suo; e spesse volte verso di quelli che più ama. E poi ch'egli le ha concepute dentro, e egli si pone in su la lingua, e faglile parturire con la parola, e colla parola giugne allo effetto;e per questo modo divide l'amante dalla cosa amata. Onde vengono poi le impazienzie, l'odio e i rancori; e privanoci della vita dell'amore.

Non è dunque da credergli; anco, è da salire sopra la sedia della coscenzia sua, e tenersi ragione, e parare dinanzi a quest'onda pericolosa l'odio e dispiacimento di voi, con aprire l'occhio dell'intelletto, e cognoscere la bontà di Dio e la sua eterna volontà, la quale non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione; e permette che 'l dimonio ci facci tribolare e perseguitare agli uomini, solo perché in noi si pruovi la virtù dell'amore e dellavera pazienzia, e perché l'amore imperfetto venga a perfezione. Però che l'amore della virtù si pruova e si fortifica col mezzo del prossimo nostro. E insegnaci ad amare Dio per Dio, in quanto egli è somma ed eterna bontà, e degno d'essere amato; e sè per Dio: e' l prossimo per Dio, e non per propria utilità, nè per diletto, nè per piacere che truovi in lui, ma in quanto è creatura amata e creata dalla somma, eterna Bontà, e servire lui, e sovvenirlo di quello che a Dio non può servire. Onde, perché a Dio non possiamo fare utilità, la dobbiamo fare al prossimo nostro. Or a questo modo si pruova la perfezione dell'amore. E quand'egli è così perfetto, non lassa d'amare nè di servire nè per ingiuria nè per dispiacere che gli sia fatta, nè perché egli non truovi diletto e piacere in lui; perocchè attende solo di piacere a Dio. Sicchè dunque, per questo fine ci concede Dio tutte le tribolazioni che noi abbiamo: ma il dimonio il fa per lo contrario, però che 'l fa per revocarci dall'affetto della carità.Ma noi, come prudenti, faremo contra alla intenzione del dimonio, e seguiteremo la dolce volontà di Dio; e faremo ancora contro il mondo, che ci perseguita giusta al suo potere con molti flagelli, e con la poca fermezza e stabilità e con la povertà sua; che è sì povero che non può saziare l'affetto nostro, però che tutte le cose del mondo sono meno di noi, e son fatte in nostro servizio, e noi siamo fatti per Dio. Dunque solo Dio serviamo con tutto il cuore e con tutto l'affetto, però ch'egli è quellobene che pacifica e sazia il cuore.

Poi, dunque, ch'è tanto necessaria e utile questa pazienzia, conviencela acquistare. Ma in che modo l'acquisteremo? Dicovelo: col lume, aprendo l'occhio dell'intelletto e cognoscere, sè non essere, e l'essere suo retribuire alla inestimabile carità di Dio. E così cognoscela sua bontà; cioè per l'essere, e per ogni grazia che ha posta sopra l'essere. Poi che ha veduto, sè essere amato da Dio, vede che per amore ci ha dato il Verbo dell'Unigenito suo Figliuolo, e il Figliuolo ci ha dato la vita. E poi, dunque, ch'egli ha data la vita con tanto fuoco d'amore; dobbiamo tenere di fermo che ogni fadiga, da qualunque lato ella viene, e prospere e avverse, sono date per l'amore, e non per odio; ma per nostro bene, e perché abbiamo il fine per lo quale fummo creati. E anco dobbiamo vedere quanto è grande la fadiga; e troveremo ch'ella è piccola. Perocchè tanto è grande quanto il tempo, e il tempo nostro è tanto quanto una punta d'aco, che né per larghezza nè per lunghezza non è cavelle. Sicchè dunque le nostre fatighe sono piccole e finite. La fadiga che è passata, noi non l'abbiamo, però ch'è fuggito 'l tempo; quella ch'è a venire, non l'abbiamo, però che non siamo sicuri di avere il tempo. Poi, dunque, che abbiamo veduta la brevità sua, dobbiamo vedere quanto è utile. Ma di questo dimandatene a quello dolce e innamorato di Paolo, che dice: «Non sono condegne le passioni di questa vita a quella futura gloria la quale Dio ha apparecchiata a coloro che' l temono, e che portano con buona pazienzia la disciplina santa, che gli è conceduta dalla divina Bontà».

Questa gusta l'arra di vita eterna in questa vita colla pazienzia sua. E se la fragilità nostra colla impazienzia volesse levare' l capo contra'l suo Creatore, a non volere portare; consideri in sè medesimo, e vegga là dove' l conduce la impazienzia. Perocchè, cominciandosi l'arra dell'inferno in questa vita, giugne nell'ultimo nell'eternadannazione. E non vidi mai che impazienzia ci levasse alcuna fadiga: anco, le cresce. Però che tanto è fadiga, quanto la volontà la fa fadiga, tolli via la volontà propriasensitiva, vestiti della volontà dolce di Dio, ed è levata via la fadiga.

Or questi dunque sono e' modi e la via di venire a vera e perfetta pazienzia. E però vi prego per amore di Cristo crocifisso, che non vi dilunghiate da questi dolci e soavi modi, acciò che acquistiate la virtù della pazienzia; perocchè so che ella v'è di gran necessità, a voi e a ogni persona. Onde cognoscendo il bisogno, dissi che io desideravo di vedervi fondata in vera e perfetta pazienzia. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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19/10/2022 11:51
 
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CLII - A Giovanni Trenta, e a monna Giovanna sua donna da Lucca - 152

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figliuolo, Giovanni, in Cristo Gesù. Io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, vi benedico e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo suo. Con desiderio ho desiderato, figliuolo mio, di vedere voi e la famiglia vostra, e specialmente la sposa tua, in tantaunione e legame in virtù, e per siffatto modo che nè dimonia nè creatura il possa rompere nè separare da voi. O figliuola e figliuolo carissimi, non vi paia malagevole nè duro a fare una cosa piccola per Cristo crocifisso.

O quanto sarebbe grande ignoranzia e miseria e freddezza di cuore, di vedere la somma eterna grandezza, Cristo disceso a tanta bassezza, quanta è la nostra umanità, e non umiliarsi! Or non vedete voi Cristo poverello, umiliato in un presepio, in mezzo di due animali, rifiutata ogni pompa e gloria umana? Onde dice san Bernardo commemorando la profonda umiltà e povertà di Cristo, e a confondere la superbia nostra: «Vergognati, uomo superbo, che cerchi onori e delizie e pompe del mondo. Tu credevi forse che il re tuo, agnello mansueto, avesse le grandi abitazioni e la gente onorabile! Non volse così la prima dolce Verità; anco, elesse, per nostro esempio e regola, nella natività sua la povertà tanto strema, che non ebbe pannicello a sè condecente, dove si potesse invollere; in tanto che essendo tempo di freddo, l'animale alitava sopra il corpo del fanciullo. E nell'ultimo della vita sua ebbe tanta necessità, e il letto della croce tanto stremo, che si lamenta che gli uccelli hanno il nido e le volpi tana, e il Figliuolo della Vergine non ha dov'egli riposi il capo suo». O miseri miserabili noi! terrannosi i cuori vostri, dolce fratello e suoro, che non si muovano, e passino e rompano ogni illusione di dimonia e ogni detto di creatura?

Virilmente dunque vi date e con perfetta pace e unione, a seguitare le vestigie del nostro Salvatore; il quale dirà a noi quella dolce parola: «Venite, figliuoli miei, che per lo mio dolcissimo amore avete lasciati gli appetiti disordinati della terra. Io vi riempirò; e donerovvi i beni del cielo, e darovvi per uno cento; e vita eterna possederete». Or quando vi dà uno per cento la prima dolce Verità? Quand'egli infonde e dona la sua ardentissima carità nell'anima. Questo è quel dolce cento, senza il quale non potemmo avere vita eterna; e con esso, non ci può esser tolta la vita durabile. Adunque io vi prego dolcemente che voi cresciate e non menomiate nel santo proponimento e buono desiderio, il quale Dio vi ha donato. Così desidera l'anima mia che facciate. Non dico più. Dio vi doni la sua dolce eterna benedizione. Io, inutile serva, a tutti mi raccomando.

E io Giovanna Pazza a e tutte l'altre, preghiamo che noi tutte moriamo infocate d'amore. Gesù dolce, Gesù amore.



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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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