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LETTERE di Santa Caterina da Siena dalla 72 alla 152 (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2022 11:51
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01/01/2017 10:53
 
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LXXXI - A Francesca di Francesco di Tolomei vestita dell'abito di San Domenico, inferma


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti con vera e santa pazienzia, acciocchè virilmente porti e la infermità e qualunque altra cosa Dio ti permettesse, siccome vera serva e sposa di Cristo crocifisso. E così debbi fare; perocchè la sposa non si debbe mai scordare della volontà dello sposo suo.


Ma attendi, carissima figliuola, che a questa volontà, cosi accordata e sottoposta a quella di Dio non verresti mai se tu col lume della santissima fede non ragguardassi quanto tu se' amata da lui: perocchè, vedendoti amare, non potrai fare che tu non ami: amando, odierai la propria sensualità, la quale fa impaziente l'anima che l'ama. Onde subito che tu odierai sarai fatta paziente. Sicchè col lume ti vedrai. Ma dove troverai questo amore? Nel sangue dell'umile e immacolato Agnello, il quale per lavare la faccia della sposa sua, corse all'obbrobriosamorte della croce; onde col fuoco della sua carità la purificò della colpa, lavandola nell'acqua del santo battesimo, il quale battesimo vale a noi in virtù del sangue: e ilsangue gli fu colore, che fece la faccia dell'anima vermiglia, la quale era tutta impallidita per la colpa di Adam. Tutto questo fu fatto per amore. Adunque vedi che 'l sangue ti manifesta l'amore che Dio t'ha. Egli è quello eterno sposo che non muore mai: egli è somma sapienzia, somma potenzia, somma clemenzia e somma bellezza, in tanto che 'l sole si maraviglia della bellezza sua. Egli è somma purità, in tanto che, quanto più l'anima che è sua sposa, s'accosta a lui, tanto più diventa pura e monda d'ogni peccato, e più sente l'odore della virginità. E però la sposa che vede che egli si diletta della purità, studia d'accostarsi a lui con quello mezzo che più perfettamente la possa unire. Quale è questo mezzo? è l'orazione umile, fedele e continua. Umile, dico; fatta nel cognoscimento di te: continua, per continuo santo desiderio; e fedele, per lo cognoscimento che hai avuto di Dio, vedendo che egli è fedele e potente a darti quello che domandi; ed è somma sapienzia, che sa; ed è somma clemenzia, che ti vuole dare più che non sai addimandare.


Or con questo verrai a perfettissima pazienzia in ogni luogo, in ogni tempo e stato che tu se' e sarai; e nella infermità e nella sanità, con battaglie e senza battaglie. Laquali battaglie non vorrei, però, che tu credessi che faccino l'anima immonda, se non in quanto la volontà le ricevesse per dilettazione, di qualunque battaglia si fusse. E però l'anima che sente la volontà averne dispiacimento, e non piacere, si debbe confortare, e non venire a veruna confusione o tedio di mente; ma debbe vedere che Dio gli 'l permette per farla venire ad umilità, e per conservarla e crescerla in essa. Cosi voglio che facci tu. Godi, figlíuola, che Dio per sua misericordia, ti fa degna diportare per lui; e rèputatene indegna: e facendo così, ti conformerai in ogni cosa con la volontà del tuo dolce sposo. Compirassi a questo modo in te la volontà di Dio e il desiderio dell'anima mia, il quale dissi che era di vederti con vera e santa pazienzia. E così ti prego e voglio che sia, in ciò che piace al tuo dolcissimo sposo di concederti per lo poco tempo. Non dico più. Permane nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



LXXXII - A tre donne di Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù, perchè la divina bontà v'ha tratto dal loto del mondo, non vogliate vollere il capo addietro e mirare l'arato: ma sempre mirate quello che vi bisogna di fare per conservare in voi ilsanto principio, e proponimento che avete fatto. Quale è quella cosa che ci conviene vedere e fare per conservare la buona volontà? dicovelo. Che sempre siate nella cella del cognoscimento di voi; e cognoscendo, voi non essere e l'essere vostro avere da Dio; e di cognoscere li difetti vostri, e la brevità del tempo. il quale è tanto caroa noi. Però che nel tempo si può acquistare la vita durabile, e perderla, secondo che piace a noi: e, passato il tempo, neuno bene possiamo adoperare.

E dovete cognoscere in voi la grande bontà di Dio, e lo ineffabile amore che a voi porta; il quale amore v'ha manifestato col mezzo del Verbo dell'unigenito suo Figliuolo: e questo dolce e amoroso Verbo lo ha mostrato col mezzo del sangue suo. Onde noi siamo quello vassello che abbiamo ricevuto il sangue; e siamo quella pietra dove è fitto il gonfalone della santissima croce. Però che nè croce nè chiovi nè terra erano sufficenti a tenere questo umile e amoroso Verbo confitto e chiavellato, se lo amore non lo avesse tenuto; ma lo amore che ebbe a noi, il tenne, e fecelo stare in sull'arbolo della croce. E peròconviene a noi che 'l cuore e l'affetto nostro sia meschiato in lui per amore se vogliamo participare il frutto del sangue suo. Allora l'anima, che sì dolcemente cognosce Dio, ama quello che cognosce della sua bontà, e odia quello che cognosce di sè nella parte sensitiva. Onde trae la vera umiltà: la quale è balia e nutrice della carità.

E per questo va innanzi, e non torna indietro; crescendo di virtù in virtù; esercitandosi con la vigilia e conla umile e continua orazione, con lo continuo e santo desiderio, e con buone e sante operazioni: le quali sono quella orazione continua, che ogni persona che ha in sè ragione, debbe avere, oltre all'orazione particolare, che si fa alle ore debite e ordinate. Le quali in neuno modo si debbono lassare, se non fusse già per caso di obedienzia o per carità; ma per altro modo no, nè per battaglia nè per sonnolenzia di mente nè di corpo. Ma debbesi destare il corpo con lo esercizio corporale, o in venie o in altri esercizi che abbiano a stirpare il sonno quand'egli ha avuto il debito suo. La sonnolenzia della mente si vuole destare coll'odio e dispiacimento di sè: e con una impugnazione santa salire la sedia della coscienzia vostra, riprendendo sè stessa, e dicendo: «che dormi tu, anima mia? dormi, e la divina bontà veglia sopra a te: e 'l tempo passa e non ti aspetta. Vuo'tu esser trovata a dormire dal Giudice, quando ti richiederà che tu rendi ragione del tempo tuo, come tu l'hai speso, e come sei stata grata al benefizio del sangue suo?» Allora si desterà la mente: e poniamochè sopra di quello destare non sentisse, ella s'è pure desta, e stirpa lo amore proprio dell'anima sua. E per questo modo va innanzi, e vassi dalla imperfezione alla perfezione; alla quale pare che vogliate venire. Perocchè l'amore non sta ozioso, ma sempre adopera grandi cose.

Facendo così, vi vestirete del Mirollo della virtù della pazienzia, che è la mirolla della carità; e goderete delle pene, purchè voi vi possiate conformare con Cristo crocifisso; e a portare le pene e obbrobrii suoi, vi parrà godere. E fuggirete le conversazioni, e diletteretevi della solitudine; e non presumerete di voi; ma confiderete in Cristo crocifisso. E non s'empirà la mente vostra di fantasie, ma di vere e reali virtù: amando con il cuore schietto e non finto, libero e non doppio; ma in verità amerete lui sopra ogni cosa, e il prossimo come voi medesime. Nè per molestie del demonio, che vi desse laidi e malvagi pensieri, nè per fragilità della carne, nè per molestie delle creature, non verrete a tedio nè a confusione di mente; ma con fede viva direte con Paolo Apostolo: «per Cristo crocifisso ogni cosa porterò, che è in me, che mi conforta». Riputatevi degne delle pene, e indegne del frutto, per umiltà. Amatevi, amatevi insieme con una carità fraterna in Cristo dolce Gesù, tratta dall'abisso della sua carità. Altro non vi dico. Dio vi riempia della sua santissima grazia.

Di una cosa vi prego: che voi non andiate per molti consigli; ma pigliate uno consigliero il quale vi consigli schiettamente, e quello seguitate. Però che andare per molti è cosa pericolosa. Non che ogni consiglio, che è fondato in carità, non sia buono: ma come e' servi di Dio sono differenti nei modi, poniamochè tutti siano nell'affetto della carità; così differente danno la dottrina. Onde se le genti assai cercano, con tutti si vorriano confromare: e quando veniste a vedere, trovereste vedova l'anima d'ognuno. E però è il meglio ed è di bisogno, che l'anima si fondi in uno, e in quello s'ingegni d'essereperfetta; e nondimeno gli piaccia la dottrina di ciascuno. Non, che li vada cercando per sè; ma debbegli piacere li differenti e diversi modi che Dio tiene con le sue creature, ed averli in riverenzia, vedendo che nella casa del Padre nostro sono tante mansioni.

Or bagnatevi e annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso dolce amore. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



LXXXIII - A Conte di Conte da Firenze, spirituale

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere in te il lume della santissima fede, il quale lume ci mostra la via della verità; e senz'esso neuno nostro esercizio, desiderio, operazione verrebbe a frutto, nè a perfezione, nè a quel fine per lo quale avessimo cominciato; ma ogni cosa verrebbe imperfetta, e lenti saremmo nella carità di Dio e del prossimo. La cagione è questa: che pare che tanto sia la fede quanto l'amore, e tanto l'amore quanto la fede. Chi ama, sempre è fedele a colui cui egli ama, e fedelmente il serve infino alla morte. O carissimo figliuolo, questo è quel lume che conduce l'anima a porto di salute, tràla dal loto della miseria, e dissolve in lei ogni tenebra di proprio amore: perocchè in esso cognosce quanto è spiacevole a Dio e nocivo alla sua salute; e però si leva con odio e caccialo fuore di sè. Con fede viva cognobbe che ogni colpa è punita, e ogni bene è remunerato; e però abbraccia la virtù, e spregia il vizio. Con grande sollecitudine diventa costante e perseverante in fino alla morte; in tanto che nè dimonio nè creatura nè la fragile carne il fanno vollere il capo addietro, quando questo lume perfettamente è nell'anima. Alla quale perfezione si viene con molto esercizio, con ansietato desiderio, e con profonda umiltà. La quale umiltà l'anima acquista nella casa del cognoscimento di sè, col mezzo della continua, umile, e fedele orazione, con molte battaglie dal dimonio, e molestie dalle creatre, e da se medesimo, cioè dalla perversa volontà, e dalla fragile carne che sempre impugna contra lo spirito. A tutte resiste col lume della santissima fede; col quale lume, nelladottrina del Verbo, s'innamorò del sostenere pene e fadighe per qualunque modo Dio gliele permettesse; non eleggendo tempo nè luogo nè fadighe a modo suo, ma secondo che vuole la Verità Eterna, che non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione.

Ma perchè ci permette queste fadighe e tante ribellioni? Perchè si provi in noi la virtù: e acciò che col lume cognosciamo la nostra imperfezione, e l'adiutorio che l'anima riceve da Dio nella battaglia e fadighe; e acciò che cognosciamo il fuoco della sua carità nella buona volontà che egli ha riservata nell'anima nel tempo della tenebra e delle molestie e delle molte fadighe.

Per questo cognoscimento che ha nel tempo delle fadighe, leva da sè la imperfezione della Fede, e viene a perfettissima Fede, per la molta esperienza che n'ha avuta e provata, essendo ancora nel camino della imperfezione. Questo lume tolle via in tutto la confusione della mente; non tanto che nel tempo delle battaglie, ma eziandio se l'uomo attualmente fosse caduto in colpa del peccato mortale, di qualunque peccato si sia, la fede il rileva. Perchè col lume ragguarda nella clemenzia, fuoco ed abisso della carità di Dio, distendendo le braccia della speranza, e con esse riceve e stringe il frutto del sangue, nel quale ha trovato questo dolce e amoroso fuoco; con una contrizione perfetta, umiliandosi a Dio, e al prossimo per lui, e reputasi il minimo, il più vile di tuttigli altri. E così spegne la colpa dentro nell'anima sua percontrizione e speranza del sangue; il qual sangue fu introdotto dal lume della fede. Per questo modo viene a tanta perfezione e a tanto amore del divino e amoroso fuoco, che egli può dire insieme col dolce Gregorio: o felice e avventurata colpa, che meritasti avere così fatto Redentore! Fu felice la colpa di Adam?

No, ma il frutto che per essa ricevemmo, fu felice, vestendo Dio il suo Figliuolo della nostra Umanità, e ponondogli la grande obbedienzia, che restituisce a grazia l'umana generazione; ed egli come innamorato, corse a pagare il prezzo del sangue suo. Così dico dell'anima. La colpa sua non è felice, ma il frutto che riceve nell'affettodella carità, per la grande e perfetta emendazione che ha fatta col lume della fede, come detto è, e perchè cresce in cognoscimento e umiltà. Ella se ne va tutta gioiosa all'obbedienzia de' comandamenti di Dio ricevendo con odio e amore questo giogo sopra le spalle sue; e subito corre, come innamorata, a dare la vita, se bisogna, per salute dell'anime. Perchè col lume ha veduto che l'amore e le grazie, che ha trovato in Dio, a lui non può rendere. Puogli bene rendere amore, ma debito di utilità, no, per grazia che egli riceva da Dio; però che egli non ha bisogno di noi: ma ben può rendere al prossimo, facendo utilità a lui, poichè a Dio non la può fare. E veramente egli è così; che servendo al prossimo caritativamente, noi dimostriamo in lui l'amore che abbiamo alla somma Eterna verità. In questa carità si pruova se le virtù in verità sono nell'anima, o no. Sicchè l'anima corre, come obediente, e ha legata la sua volontà a compire la volontà di Dio nel prossimo suo; non lassando per pena nè per veruna cosa, in fino alla morte.

Con questo lume gusta l'arra di vita eterna, nutricandosi per affetto d'amore al petto di Cristo crocifisso, dilettandosi di furare le virtù, e la vita e maturità, che ebbero i veri gustatori cittadini della vita beata, mentre chefurono peregrini e viandanti in questa vita. Con questa fede si porta la chiave del sangue, con la quale si disserravita eterna. La fede non presume di sè, ma del suo Creatore; perchè non v'è il vento della superbia con la propria reputazione; la quale reputazione, e superbia, immondizia, e ogni altro difetto e miseria sono i frutti dellainfedelità che aviamo verso di Dio, e della presunzione di fidarci in noi medesimi. Il quale è uno vermine che sta nascosto sotto la radice dell'arbore dell'anima nostra; e se l'uomo noll'uccide col coltello dell'odio, rode tanto, che o egli fa torcere l'arbore, o egli il manda a terra, se con grande diligenzia e umiltà l'anima non si procura. Spesse volte sarà l'uomo sì ignorante per l'amore proprio di sè, che egli non s'avvedrà che questo vermine vi sia nascosto. E però Dio permette le molte battaglie e persecuzioni, e che l'arbore si torca, e alcuna volta che caggia. Non permette la mala volontà, ma permettegli il tempo, e lassalo guidare al libero arbitrio suo, solo perchè egli ritorni a sè medesimo; e con questo lume, umiliato, cerchi questo vermine, e metta mano al coltello dell'odio, ed uccidalo. E non ha materia quell'anima di rallegrarsi, e ricognoscere la grazia che Dio gli ha fatta d'avere veduto e trovato in sè quello che non cognosceva? Sì bene. Sicchè per ogni modo, carissimo figliuolo, in ogni stato che l'uomo è, o giusto o peccatore, o che sia caduto e poi si rilevi, gli è necessario questo lume.

Quanti sono gl'inconvenienti che ne vengono per non averlo! Non mi pongo a narrarlo, nè a dirne più; chè troppo sarebbe lungo. Basti per ora quello che ne ho detto. Quanto gli è utile e dilettevole a darvelo, non tel so esprimere con lingua nè con inchiostro; ma Dio tel faccia provare per sua infinita misericordia. Così voglio che sia. E però dissi che io desideravo di vedere in te il lume della santissima fede.

Sòmmi molto meravigliata delle lettere che hai mandate a Barduccio. Per neuna cagione voglio che ti parti dalla Congregazione de' tuoi fratelli (guarda già, che tu non andassi al luogo perfetto della religione); nè che tu venga mai a confusione di mente; ma tutto umiliato ti facci suddito al più minimo che ve n'è. Nè, per questo, lassare che tu non porga a loro quella verità che Dio ti facesse cognoscere. Or cominciamo testè di nuovo a pigliare i rimedi sopradetti, acciò chè il dimonio della tristizia e confusione non assalisca l'anima nostra: chè peggio sarebbe l'ultima, che le prime; e sarebbe grande offesa di Dio. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



LXXXIV (84) - A frate Filippo di Vannuccio, e a frate Niccolo di Pietro di Firenze, dell'ordine di Monte Oliveto

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondati in vera e perfetta pazienzia; perocchè senza la pazienzia non sareste piacevoli a Dio, e non portereste il giogo della santa obedienzia, ma con impazienzia ricalcitrereste al prelato e all'ordine vostro. E pazienzia non è mai se non in colui che sta in perfetta carità: onde colui che ama, perde la malagevolezza che pare che sia in portare i costumi dell'ordine, e le gravi obedienzie, e alcuna volta indiscrete. Ma poichè per l'amore la malagevolezza si parte, e con pazienzia porta; è fatto subitamente suddito e vero obediente. Ed è umile; chè per superbia non leva mai il capo contra'l prelato suo. E tanto sarà umile quanto obediente; e tanto obediente quanto umile. Oh quanto è dolce, figliuoli carissimi, questa dolce virtù della propria obedienzia! La quale obedienzia tolle ogni fadiga, perocchè è fondata in carità; e carità non è senza pazienzia nè senza umilità. Perocchè l'umilità è baglia e nutrice della carità. Ma vediamo un poco il frutto di questa virtù dell'obedienzia, e se elli è frutto di vita o no;e quello che esce dal disobediente.

Ogni creatura, figliuoli carissimi, che ha in sè ragione,debbe essere obediente a'comandamenti di Dio. La quale obedienzia leva via la colpa del peccato mortale, e riceve la vita della Grazia. Perocchè con altro strumento non si leva la colpa, e non si fa la colpa. Nella obedienziasi leva la colpa, perocchè osserva i comandamenti della legge; e nella disobedienzia offende, perchè trapassa quello che gli fu comandato, e fa quello che gli è vietato;onde ne gli nasce la morte e elegge subito quello che Cristo fuggì, e fugge quello che egli elesse. Cristo fuggì le delizie e li stati del mondo; egli lo cerca, mettendo l'anima sua nelle mani delle dimonia per potere avere e compire i suoi disordinati desiderii; fuggendo quello che 'l Figliuolo di Dio abbracciò, cioè scherni, strazii, vituperii, i quali con pazienzia portò infino all'obbrobriosa morte della croce, e umilmente, e tanto che non è udito il suo grido per veruna mormorazione; ma sostenne infino alla morte per compire l'obedienzia del Padre e la salute nostra. Ma colui che è obediente, sèguita le vestigie di questo dolce e amoroso Verbo, e cerca l'onore di Dio e la salute dell'anime. Sicchè vedete che ogni creatura che ha in sè ragione, se vuole la vita della Grazia, siconviene che passi col giogo dell'obedienzia.

Ma attendete, che questa è una obedienzia generale, alla quale generalmente ciascuno è tenuto e obbligato. Ed è un'altra obedienzia, che è particolare, la quale hanno coloro che, osservati i comandamenti, seguitano i consigli, volendo andare attualmente e mentalmente per la via della perfezione. Questi sono coloro che entrano nel giardino della santa religione. Ma agevole cosa gli sarà ad obedire all'ordine e al prelato suo, a colui che haosservata l'obedienzia generale, e dalla generale è ito allaparticolare. Onde se elli è ito con la volontà morta, come debbe, egli gode, e stando nell'amaritudine sente la dolcezza, e nel tempo della guerra gusta la pace, e nel mare tempestoso fortemente naviga; perocchè il vento dell'obedienzia tanto forte mena l'anima nella navicella dell'ordine, che neuno altro vento contrario che venisse, la può impedire. Non il vento della superbia; perocchè egli è umile, che altrimenti non sarebbe obediente; non la impazienzia, perocchè egli ama, e per amore s'è sottoposto all'Ordine e al prelato, e non tanto al prelato, ma aogni creatura per Dio: e la pazienzia è il midollo della carità. Onde nol può percuotere il vento della infedelità, nè il vento della ingiustizia; perocchè giustamente rende il debito suo: onde a sè rende odio e dispiacimento della propria sensualità, la quale, se la ragione non tenesse il freno in mano, ricalcitrerebbe all'obedienzia; e a Dio rende gloria, e loda al nome suo, e al prossimo la benevolenzia, portando e sopportando i difetti suoi. Allora con fede viva (perchè alla Fede sono seguitate le opere) aspetta, nell'ultimo della vita sua, di tornare al fine suonella vita durabile, siccome il prelato gli promise nella sua professione. Perchè gli promette di dargli vita eterna, se in verità osserva i tre voti principali, cioè obedienzia, continenzia e povertà volontaria; le quali cose tutte il vero obediente osserva. Questa navicella va sì diritta verso il porto di vita eterna col vento dell'obedienzia, che in veruno scoglio si percuote mai.

Molti scogli si trovano nel mare di questa tempestosa vita, ne' quali ci percuoteremmo, se il vento prospero dell'obedienzia non ci fusse. Or che duro scoglio è quello delle impugnazioni delle dimonia, le quali non dormono mai, volendo assediare l'anima di molte varie, diverse e laide cogitazioni; e più nel tempo che l'anima si vuole stringere e serrare, con questo vento dell'obedienzia, con umile orazione (la quale orazione è uno petto dove si notricano i figliuoli delle virtù, solo per impedirla! Perocchè la malizia del dimonio il fa solamente per farci venire a tedio l'orazione e la santa obedienzia, quasi volendo metterci ne' cuori una impossibilità di non potere perseverare in quello che è cominciato, nè portare le fadighe dell'ordine; e la paglia gli fa parere una trave; e una parola che gli sia detta nel tempo delle battaglie, gli farà parere uno coltello, dicendogli: «che fai tuin tante pene? meglio t'è di tenere altra via». Ma questa è una battaglia grossa a chi ha punto d'intelletto; perocchè l'uomo vede bene che meglio è per l'anima sua che sia perseverante e costante nella virtù cominciata. Ma un'altra ne pone, colorata col colore dell'odio e del cognoscimento del difetto suo, e dello schietto e puro servire che gli pare che debba fare al suo Creatore, dicendo nella mente sua: «O misero, tu debbi fare le tue operazioni e orazioni schiette con purità di mente e semplicità di cuore, senz'altri pensieri; e tu fai tutto il contrario:onde, perchè tu non le fai come tu debbi, elle non sono piacevoli a Dio. Meglio t'è dunque di lassare stare». Questa, figliuoli carissimi, è una battaglia occulta, mostrandoci prima la verità di quello che è, e facendocela cognoscere; ma poi di dietro v'attacca la bugia, la quale germina il veleno della confusione. Onde, giunta la confusione, perde l'esercizio; e perduto l'esercizio, è atto acadere in ogni miseria, e nell'ultimo nella disperazione. E però si fa tanto dinanzi, e tanto da lunga con sottili arti, cioè per giungerlo qui, non perchè egli creda che di primo colpo egli cadesse in quelle cogitazioni, cioè che vi consentisse. Chi è colui che campa e non percuote in questo scoglio? Solo l'obediente, perocchè egli è umile; e l'umile passa e rompe tutti i laccioli del dimonio. Sicchè vedete che all'obediente non bisogna di temere di timore servile per alcuna cogitazione o molestia del dimonio. Tenga pur ferma la volontà, che non consenta, annegandola nel sangue di Cristo crocifisso, e legandola, col lume della vera obedienzia, per amore e reverenzia del Verbo Unigenito Figliuolo di Dio.

E trovasi ancora lo scoglio della fragile e miserabile carne che vuole impugnare contra allo Spirito; la quale è vestita d'amore sensitivo, il quale amore sarebbe offendere, perocchè la carne ha sempre in sè ribellione, e alcuna volta si corrompe. Ma non sarebbe offesa, se non inquanto la volontà legata col proprio amore sensitivo, consentisse alla fragile carne, e dilettasi nel suo corrompere. Ma se la volontà è morta nell'amore sensitivo e nel proprio diletto, e legata nella obedienzia, come detto è; con tutte le sue ribellioni non gli può nuocere, nè impedire la navicella; anco, è uno agumentare e dare vigore al vento, che più velocemente corra verso il termine suo. Perocchè l'anima che si sente impugnare, si leva talora dal sonno della negligenzia con odio e cognoscimento di sè e con vera umilità. Che se così non fusse, dormirebbe nella negligenzia con molta ignoranzia e presunzione; la quale presunzione notricherebbe la superbia: e presumendo di sè medesimo alcuna cosa. Onde per le impugne diventa più umile. E perciò dissemo, che tanto è obediente quanto umile. Se dunque cresce la virtù dell'umilità, cresce anco la virtù dell'obedienzia. Sicchè vedete che corre più velocemente.

Ecci anco lo scoglio del mondo; il quale, come ingannatore, si mostra con molte delizie, stati e grandezze, tutto fiorito; e nondimeno egli ha in sè continua amaritudine, ed è senza alcuna fermezza o stabilità. Ma ogni suo diletto e piacere viene tosto meno: siccome la bellezza del fiore, il quale, quando è tolto dal campo, pare, a vederlo, bello e odorifero; e, colto, subito è passata la bellezza e l'odore suo, ed è tornato a non cavelle. Così labellezza e gli stati del mondo paiono uno fiore; ma subitochè l'affetto dell'anima gli piglia con disordinato amore, si trova voto e senza bellezza alcuna, perduto quell'odore che avevano in loro. Odore hanno in quanto sono escite dalla santa mente di Dio; ma subito l'odore è partito in colui che l'ha colte e possiede con disordinato amore; nè per difetto loro nè del Creatore che le ha date, ma per difetto di colui che le ha tolte, il quale non leha lassate nel luogo dove elle debbono stare, cioè amarle per la gloria e loda del nome di Dio. Chi 'l passa questo scoglio? l'obediente, osservando il voto della povertà volontaria.

Sicchè dunque vedete che non bisogna di temere di veruno scoglio che sia, avendo voi il vento della vera obedienzia. L'obediente gode, perocchè non naviga sopra le braccia sue, ma sopra le braccia dell'Ordine. Egli è privato della pena affliggitiva, perocchè ha morta la propria volontà che gli dava pena; perocchè tanto c'è fadiga ogni fadiga, quanto la volontà gli pare fadiga. Ma all'obediente, che non ha volontà, la fadiga gli è diletto,e i sospiri gli sono uno cibo, e le lagrime beveraggio. E ponendosi alle mammelle della divina Carità, trae a sè il latte della divina dolcezza per lo mezzo di Cristo crocifisso, seguitando in verità le vestigie e la dottrina sua. Oobedienzia, che sempre stai unita nella pace e nella obedienzia del Verbo, tu se' una reina coronata di fortezza; tu porti la verga della lunga perseveranzia; tu tieni nel grembo tuo i fiori delle vere e reali virtù; ed essendo l'uomo mortale, tu gli fai gustare il bene immortale; ed essendo umano, il fai diventare angelico, e d'uomo, angelo terrestre. Tu pacifichi e unisci i disordinati; e chi t'ha, sempre è suddito alli più minimi; e quanto più si fa suddito, più è signore; perocchè signoreggia la propria sensualità, e ha spento il fuoco con la divina carità, perocchè per amore è obediente. E della cella s'è fatto uno cielo; perocchè non esce della cella del cognoscimento di sè, ma in su la mensa della croce con l'obediente Agnello mangia l'onore di Dio e la salute dell'anime. In te, obedienzia, non cade giudicio verso alcuna creatura, e singolarmente nel prelato tuo; perocchè tu se' fatta giudice della dolce volontà di Dio, giudicando che Dio non vuole altro che la tua santificazione; e ciò che dà e permette, dà per questo fine. Pigli la compassione del prossimo, ma non giudicio nè mormorazione. Tu non vuoli investigare la volontà di chi ti comanda; ma semplicemente, con semplicità di cuore, condita con prudenzia, obedisci in quelle cose dove non è colpa di peccato; e di neuna cosa ristolli mai. Bene è dunque, che nell'amaritudine gusti la dolcezza, e nel tempo della morte la vita della Grazia. O carissimi figliuoli, chi saràcolui che non s'innamori di così dolci e soavi frutti, quanti riceve l'anima nella virtù dell'obedienzia? Sapete chi li riceverà? Quegli che coll'occhio dell'intelletto, e con la pupilla della santissima Fede si specola nella Verità; cognoscendo in essa Verità se è la bontà di Dio in sè, nella quale bontà truova l'eccellenzia di questa dolce e reale Virtù.

Chi è colui che non la vede? Chi non ha il lume, e però non la cognosce; e non cognoscendola, non l'ama; e non amandola, non è vestito, ma è spogliato dell'obedienzia, e vestito della disobedienzia. La quale disobedienzia dà frutto di morte, ed è uno vento traverso, che fende la navicella, percuotendola nelli scogli detti: onde l'anima affoga nel mare con molta amaritudine, per la privazione della Grazia, trovandosi nella colpa del peccato mortale. Egli è fatto incomportabile a sè medesimo; privato della carità fraterna: egli trapassa il voto promesso, e non l'osserva. Non osserva l'obedienzia, e non osserva la continenzia: perocchè impossibile gli sarebbe al disobediente essere continente; e se fusse attualmente, non sarebbe mentalmente. E non osserva il voto della povertà volontaria; perocchè quegli che è nel proprio amore, appetisce i diletti del mondo, e viengli a tedio l'orazione e la cella, dilettandosi della conversazione. Oh quanta miseria n'esce! Egli è fatto perditore del tempo; egli volle il capo indietro a mirare l'aratro, e non persevera: egli è fatto debile, perocchè ogni piccola cosa il dà a terra: egli si priva d'ogni virtù: e sempre, come superbo, vuole investigare la volontà d'altrui, e massimamente quella del suo prelato. La lingua, figliuoli carissimi, non sarebbe sufficiente a narrare il male che esce della disobedienzia. Egli è impaziente, che non può sostenere una parola. Ed è attorniato da molti laccioli, e neuno ne passa: ma gusta in questa vita l'arra dell'inferno. Che dunque diremo? Diremo che ogni male esce dalla disobedienzia; perocchè è privata della carità e della virtù dell'umilità, le quali sono due ale che ci fanno volare a vita eterna: ed è privata della pazienzia, che è ilmidollo della carità, per la quale carità l'anima viene ad obedienzia.

Onde, considerando me, che per altra via non potiamo fuggire tanti mali e venire a tanto bene quanto ci dà la virtù dell'obedienzia; dissi ch'io desideravo di vedervifondati in vera e santa pazienzia: perocchè obedienzia non si può avere senza pazienzia, e la pazienzia procede dalla carità; perocchè per amore è fatto paziente e obediente, unto di vera e perfetta umilità. Orsù, figliuoli miei, poichè sete intrati nella navicella della santa Religione, correte col vento prospero della vera obedienzia infino alla morte, acciocchè senza pericolo giungiate al termine vostro di vita eterna. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

Raccomandateci strettamente al priore, e a tutti cotesti figliuoli. E voi siate specchio dell'obedienzia. Gesù dolce, Gesù amore.






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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