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LETTERE di Santa Caterina da Siena dalla 72 alla 152 (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2022 11:51
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CXI (111) - A monna Biancina, donna che fu di Giovanni d'Agnolino Salimbeni

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel preziososangue suo; con desiderio di vedervi spogliato il cuore, e l'affetto vostro del mondo e di voi medesima; perocchè in altro modo non vi potreste vestire di Cristo Gesù crocifisso; perché il mondo non ha conformità con Dio. L'affetto disordinato del mondo ama la superbia, e Dio l'umiltà. Egli cerca onore, stato e grandezza, e Dio benedetto le spregia, abbracciando le vergogne, scherni e villanie, fame, sete, freddo e caldo infino all'obbrobriosa morte della croce; e con essa morte rendè onore al padre, e noi fummo restituiti a Grazia. Egli cerca di piacere alle creature, non curandosi dispiacere al Creatore; e egli non cercò mai se non di compire l'obedienzia del Padre eterno per la nostra salute. Egli abbracciò e vestissi della povertà volontaria; e 'l mondo cerca le grandiricchezze. Bene è dunque differente l'uno dall'altro; e però di necessità è, che se 'l cuore è spogliato di Dio, siapieno del mondo. Così disse il nostro Salvatore: «Neuno può servire a due Signori. Che se serve all'uno, è in contento all'altro». Dobbiamo dunque con grande sollecitudine levare il cuore e l'affetto da questo tiranno del mondo, e ponerlo tutto libero e schietto senza veruno mezzo in Dio; non doppio: nè amare fittamente. Però che egli è 'l dolce Dio nostro, che tiene l'occhio suo sopra di noi, e vede l'occulto segreto del cuore.

E' troppo grande semplicità e mattezza la nostra, che noi vediamo che Dio ci vede e è giusto Giudice, che ogni colpa punisce e ogni bene remunera; e stiamo come accecati senza veruno timore, aspettando quello tempo che noi aviamo, nè siamo sicuri d'avere. Sempre ci andiamo attaccando. Se Dio ci taglia un ramo, e noi ne pigliamo un altro. Più ci curiamo di perdere queste cose transitorie, che passano come il vento, e delle creature, che noi non ci curiamo di perdere Dio. Tutto questo addiviene per lo disordinato amore che noi ci aviamo posto, tenendole e possedendole fuore della volontà di Dio. In questa vita ne gustiamo l'arra dell'inferno; perché Dio ha permesso che chi disordinatamente ama, sia incomportabile a sè medesimo. Sempre ha guerra nell'anima e nel corpo. Pena porta di quello che tiene, per timore che ha di non perderlo; e per conservarlo, che non gli venga meno, s'affadiga il dì e la notte. E pena porta di quello che non ha; però che appetisce d'avere, e non avendolo, ha pena. E così mai l'anima si quieta in queste cose del mondo, perché sono tutte meno di sè. Elle sono fatte per noi, e non noi per loro; anco, siamo fatti per Dio, acciò che gustiamo il suo sommo e eterno bene.

Solo dunque Dio la può saziare; in lui si pacifica, e in lui si riposa; perocchè neuna cosa può volere nè desiderare, che ella non trovi in Dio. Trovandolo non le manca che ella non trovi in lui sapienzia a sapersele dare e la volontà a volerle dare le cose utili per la sua salute. E noiil proviamo: che non tanto che egli ci dia addomandando, ma egli ci diè prima che noi fussimo; che, non pregandonelo noi, ci creò alla immagine e similitudine sua, e ricreocci a grazia nel sangue del suo Figliuolo. Sicchè l'anima si pacifica in lui, e non in altro; perocchè egli ècolui che è somma ricchezza, somma potenzia, somma bontà e somma bellezza. Egli è un Bene inestimabile: chè neuno è che possa stimare la bontà, grandezza e diletto suo; ma solo esso medesimo si comprende e si stima. Sicchè egli sa, può e vuole saziare, e compire e' santi desiderii di chi si vuole spogliare del mondo, e vestiredi lui. Adunque non voglio che dormiamo più, carissima madre, ma destianci dal sonno; chè il tempo nostro s'approssima verso la morte continuamente. Le cose temporali e transitorie, e le creature, voglio che teniate per uso, amandole e tenendole come cose prestate a noi, e non come cose vostre. Questo farete traendone l'affetto; altrimenti, no. Trarre se ne conviene, se vogliamo partecipare il frutto del sangue di Cristo crocifisso. Considerando me, che altra via non ci è, dissi che io desideravo di vedere il cuore e l'affetto vostro spogliato del mondo; e a questo mi pare che Dio v'inviti continovamente. Non dico altro. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXII - Alla contessa Benedetta figliuola di Giovanni d'Agnolino Salimbeni da Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti serva e sposa di Cristo crocifisso, considerando me che 'l servire a Dio non è essere servo, ma è regnare. Non è fatta come la perversa servitudine del mondo, la quale servitudine fa invilire la creatura, e fàlla serva e schiava del peccato edel dimonio. Il quale peccato, che non è cavelle, fa venire l'uomo a non cavelle. Sappi, carissima e dolce figliuola, che l'anima che serve alle creature e alle ricchezze fuore di Dio, cioè che disordinatamente appetisce e desidera le ricchezze e delizie del mondo, e vanità con piacere di sè medesimo (perocchè tutte sono vane senza neuna fermezza o stabilità, siccome la foglia che si volle al vento); cade nella morte, e avvilisce sè medesima, perché si sottomette a quelle cose che sono minori di sè. Perocchè tutte quante le cose create sono fatte in servizio della creatura ragionevole; e la creatura che ha in sè ragione, è fatta per servire al suo Creatore. E però noi c'inganniamo: perocchè quanto l'uomo appetisce queste cose transitorie, tanto perde più quella dolce signoria che s'acquista in servire al suo Creatore; e sottomettesi a quella cosa che non è: perocchè amando disordinatamente fuore di Dio, offende Dio. Sicchè bene è verità, che della servitudine del mondo veniamo a non cavelle.

Oh come è matto e stolto colui che si dà a servire quello che non tiene signoria, se non di quella cosa che non è, cioè del peccato! Il dimonio non signoreggia se non coloro che sono operatori delle iniquitadi. E in che modo li signoreggia? Per tormento, dandogli supplicio nella eterna dannazione. E il mondo ancora; ciò sono e' disordinati affetti che noi poniamo al mondo. Chè le cose del mondo in sè sono buone: ma la mala volontà di chi le usa, le fa cattive, prendendole e desiderandole senza timore di Dio. E per questo modo dico che questi sono e' famigli, che ci legano con il dimonio in tormento. Dico, che questa servitudine della morte tolle il lume della ragione, e dà tenebre; tolle la ricchezza della Grazia, e dà la povertà del vizio.

Non voglio, figliuola mia, (poichè tanto è pericoloso) che tu ti dia alla perversa servitudine del mondo; ma voglio che tu sia vera serva di Cristo crocifisso, il quale t'haricomperata del prezioso sangue suo. Egli è il dolce Dio nostro, che ci creò alla imagine e similitudine sua; egli ciha donato il Verbo dell'unigenito suo Figliuolo per tollerci la morte, e darci la vita. Col sangue suo ci tolse laservitudine del peccato, ed hacci fatti liberi, traendoci dalla signoria del dimonio, che ci possedeva come suoi. Il sangue, ancora, ci ha fatti forti, e hacci messi in possessione di vita eterna; perocchè e' chiovi ci son fatte chiavi, che hanno disserrata la porta, che stava chiusa per lo peccato che era commesso. Questo dolce Verbo salendo a cavallo in sul legno della santissima croce, come vero cavaliere, ha sconfitti e' nemici, e ha messi noi in possessione della vita durabile, sì e per siffatto modo che nè dimonia nè creatura ce la può tollere se noi non volliamo. Adunque bene è dolce questa servitudine; e senza questa servitudine non possiamo participare la divina Grazia. E però dissi, che io desideravo di vederti serva e sposa di Cristo crocifisso; perocchè, subito che tu se' fatta serva (però che il servire a Dio è regnare), amano a mano diventi sposa. Voglio dunque che tu sia sposa fedele, che tu non ti parta mai dallo Sposo tuo, amando nè desiderando neuna cosa fuore di Dio. Ama questo dolce e glorioso Sposo che t'ha data la vita, e non muore mai. Ma gli altri sposi muoiono, e passano come il vento: e spesse volte sono cagione della morte nostra. E tu hai provato che fermezza ha; perocchè in piccolo tempo due calci t'ha dato il mondo: e questo ha permesso la Divina Bontà perché tu fugga dal mondo, e rifugga a lui come Padre e Sposo tuo. Fuggi dunque il veleno del mondo, che ti mostra un fiore, mostrandosi fanciullo, ed egli è uno vecchio; mostra la lunga vita, e ella è breve; pare ch'egli abbia alcuna fermezza, e egli è volubile, sì come la foglia che si volle al vento. Tu hai bene veduto che in te non ebbe fermezza: e così ti pensa che ti farà il simile se tu te ne fidi più; però che così è mortale l'ultimo come il primo.

Lèvati su dunque da ogni tenerezza e amore proprio di te, e entra nelle piaghe di Cristo crocifisso, dove è perfetta, e vera sicurtà. Egli è quel luogo dolce, dove la sposa empie la lampana del cuore suo: chè drittamente il cuore è una lampana. Il quale debbe essere siccome la lampana, ch'è stretta da piedi e larga da capo; cioè che 'ldesiderio e affetto suo sia ristretto al mondo, e largo di sopra: cioè dilargare il cuore e l'affetto suo in Cristo crocifisso, amandolo e tenendolo con vera e santa sollecitudine. E allora empirai questa lampana al costato di Cristo crocifisso. Il costato ti mostra il segreto del cuore: chè quello ch'egli ha fatto e dato per noi, ha fatto per proprio amore. Ine trova la vera e profonda umiltà, la quale è l'olio che nutrica il fuoco e 'l lume del cuore della sposa di Cristo. Che maggiore larghezza d'amore puoi trovare, che vedere ch'egli abbia posta la vita per te? E che maggiore bassezza si può vedere o si trova mai, che vedere Dio umiliato all'uomo? E Dio-e-Uomo corso all'obbrobriosa morte della croce? Questa umiltà confonde ogni superbia, delizie e grandezze del mondo; questa è quella virtù piccola che è balia e nutrice della Carità. Allora è ricevuta la Sposa dallo Sposo suo, ed è messa nella camera dove si trova la mensa e il cibo e 'l servitore. La camera è la divina essenzia dove si nutricano i veri gustatori. Ine si gusta il Padre eterno, che è mensa; il Figliuolo, ch'è il cibo; e lo Spirito Santo, che ciserve. E così gusta e si sazia l'anima, in verità, della eterna visione di Dio.

Or non dormire dunque più, ma dèstati dal sonno delle delizie del mondo, e sèguita il tuo diletto Cristo; e non aspettare il tempo, chè tu non sei sicura d'averlo, perocchè ti viene meno. Chè tal ora crediamo noi vivere, che la morte viene a tollerci il tempo. E però chi fosse savio, non perderebbe il tempo che egli ha per quello che non ha. Rispondi dunque a Dio che ti chiama, col cuore fermo: e non credere nè a madre nè a suoro nè a fratello, nè a corpo di creatura che ti volesse impedire. Chè tu sai che in questo noi non doviamo essere obbedienti a loro. E così dice il nostro Salvatore: «Chi non renuncia al padre e alla madre, a suoro e a fratelli, e anco a sè medesimo, non è degno di me». Conviensi dunque renunciare a tutto il mondo e a sè medesimo, e seguitare il gonfalone della santissima croce. Altro non ti dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

A te dico, figliuola mia, che se tu vorrai essere sposa vera del tuo Creatore, che tu esca della casa del padre tuo; e disponti di venire, quando il luogo sarà fatto; che già è cominciato, e fassi di forza: cioè il monasterio di Santa Maria degli Angeli a Belcaro. Se tu 'l farai, giugnerai in terra di promissione. Altro non dico. Dio ti riempia della sua dolcissima grazia.


CXIII - Alla contessa Benedetta figliuola di Giovanni d'Agnolino Salimbeni

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondata in vera e perfetta carità, la quale carità è uno vestimento nuziale, che ricuopre ogni nostra nudità, e nasconde le vergogne nostre, cioè il peccato, il quale germina vergogna; lo spegne e consuma nel suo calore. E senza questo vestimento non possiamo entrare alla vita durabile, alla quale siamo invitati.

Che è carità? è uno amore ineffabile, che l'anima ha tratto dal suo Creatore, con tutto l'affetto e con tutte leforze sue. Dico che l'aveva tratto del suo Creatore: e così è la verità. Ma come si trae? coll'amore: perocchè l'amore non s'acquista se non coll'amore e dall'amore. Ma tu mi dirai, carissima figliuola: «Che modo mi conviene avere a trovare e acquistare questo amore?» Rispondoti, per questo modo. Ogni amore s'acquista col lume: perocchè la cosa che non si vede, non si cognosce; onde non cognoscendosi, non s'ama. Conviensi dunque avere il lume, acciò che tu vegga e cognosca quello che tu debba amare. E perché il lume c'era necessario, provede Dio alla nostra necessità, dandoci il lume dell'intelletto, che è la più nobile parte dell'anima, colla pupilla,dentrovi, della santissima fede. E dicoti che, poniamochè la persona offenda il suo Creatore, non passa però nè vive senza amore nè senza il lume. Perocchè l'anima, ch'è fatta d'amore e creata per amore alla immagine e similitudine di Dio, non può vivere senza amore; nè amerebbe senza il lume. Onde se vuole amare, si conviene che vegga. Ma sai che vedere è, e che amare è quello degli uomini del mondo? E' uno vedere tenebroso e oscuro; e per la oscura notte non si discerne la verità: ed è uno amore mortale, però che dà morte nell'anima, tollendole la vita della Grazia. Ma perché è oscuro questo vedere? Perché s'è posto nella oscurità delle cose transitorie del mondo, avendosele poste dinanzi a sè, fuore di Dio; cioè che non le ragguarda nella sua bontà, ma solo le ragguarda per diletto sensitivo; il quale diletto e amore sensitivo mosse lo intelletto a vedere e cognoscere cose sensitive. Onde quest'affetto che si nutrica col lume dell'intelletto, poniamo prima che l'affetto il movesse, come detto è, le dà morte, commettendo la colpa, e tollere la vita della Grazia; perocchè neuna cosa si può amare nè vedere, fuore di Dio, che non ci dia morte; e però quello che s'ama, si dee amare in lui e per lui, cioè ricognoscere sè e ogni cosa dalla sua bontà. Sicchè vedi, che questi ama e vede; perocchè senza amare e senza vedere non si può vivere. Ma è differente l'amore degli uomini del mondo, il quale dà morte, dall'amore del servo di Dio, che dà vita: perocchè l'amore che s'acquista dal sommo ed eterno Amore, dà vita di Grazia. Poi, dunque, ch'è il lume che ha l'occhio dell'intelletto, debbelo aprire col lume della santissima fede, e ponersi per obietto l'amore inestimabile che Dio ci ha mostrato. Allora l'affetto, vedendosi amare, non potrà fare che non ami quello che lo intelletto vide e cognobbe in verità.

O carissima figliuola, e non vedi tu che noi siamo un arbore d'amore, perché siamo fatti per amore? Ed è sì ben fatto questo arbore, che non è alcuno che 'l possa impedire che non cresca, non tollergli il frutto suo, se egli non vuole. E hagli dato Dio a questo arbore uno lavoratore, che l'abbia a lavorare, però che gli piace; e questo lavoratore è il libero arbitrio. E se questo lavoratore l'anima non l'avesse, non sarebbe libera; non essendo libera, averebbe scusa del peccato: la quale non può avere; perocchè neuno è, nè il mondo nè il dimonio nè la fragile carne, che costrignerla possa a colpa alcuna, seella non vuole. Perocchè questo arbore ha in sè la ragione, se il libero arbitrio la vuole usare; e ha l'occhio dellointelletto, che cognosce e vede la verità, se la nebbia dell'amor proprio non gliel'offusca. E con questo lume vede dove debba esser piantato l'arbore; perocchè, se nol vedesse e non avesse questa dolce potenzia dell'intelletto, il lavoratore averebbe scusa, e potrebbe dire: «Io ero libero; ma io non vedevo in che io potevo piantare l'arbore mio, o in alto o in basso». Ma questo non può dire; però che ha lo intelletto che vede, e la ragione,la quale è uno legame di ragionevole amore, con che può legarlo e innestarlo nell'arbore della vita Cristo dolce Gesù. Debbe dunque piantare l'arbore suo, poi che l'occhio dell'intelletto ha veduto il luogo, e in che terraegli debba stare a volere producere frutto di vita. Carissima figliuola, se 'l lavoratore del libero arbitrio allora ilpianta là dove debba essere piantato, cioè nella terra della vera umiltà (perocchè nol dee ponere in sul monte della superbia, ma nella valle della umiltà); allora produce fiori odoriferi di virtù, e singolarmente produrrà quello sommo fiore della gloria e loda al nome di Dio: e tutte le sue operazioni e virtù, le quali sono dolci fiori efrutti, riceveranno odore da questo. Questo è quel fiore, carissima figliuola, che fa fiorire le virtù vostre: il qualefiore Dio vuole per sè, e il frutto vuole che sia nostro. Diquesto arbore egli vuole solamente questi fiori della gloria, cioè che noi rendiamo gloria e loda al nome suo; e 'l frutto dà a noi, però ch'egli non ha bisogno di nostri frutti, perché a lui non manca alcuna cosa. Perch'egli è colui che è: ma noi che siamo coloro che non siamo, n'abbiamo bisogno. Noi non siamo per noi, ma per lui; però ch'egli ci ha dato l'essere, e ogni grazia che abbiamo sopra l'essere. Chè a lui utilità non possiamo fare. E perché la somma ed eterna Bontà vede che l'uomo non vive de' fiori, ma solo del frutto (perocchè del fiore morremmo, e del frutto viviamo); però tolle il fiore per sè, eil frutto dà a noi. E se la ignorante creatura si volesse notricare di fiori, cioè, che la gloria e la loda che dee esseredi Dio, la desse a sè; sì gli tolle la vita della Grazia, e dàgli la morte eternale, se egli muore che non si corregga, cioè che tolla il frutto per sè, e il fiore, cioè la gloria, diaa Dio. E poi che l'arbore nostro è piantato così dolcemente; egli cresce per sì fatto modo, che la cima dell'arbore, cioè l'affetto dell'anima, non si vede da creatura dove sia unito coll'infinito Dio per affetto d'amore.

O figliuola carissima, io ti voglio dire in che campo sta questa terra, acciò che tu non errassi. La terra è la vera umiltà, come detto è; e 'l luogo, dov'ella è, è'l giardino chiuso del cognoscimento di sè. Dico che è chiuso, perché l'anima che sta nella cella del cognoscimento di sè medesima, ella è chiusa, e non è aperta, cioè che non si diletta nelle delizie del mondo, e non cerca le ricchezze, ma povertà volontaria; e non le cerca per sè nè per altrui, e non si distende in piacere alle creature, ma soloal creatore. E quando il demonio le desse laide e diverse cogitazioni con molte fadighe di mente e disordinati timori, allora ella non s'apre, ponendoseli a investigare, nè a voler sapere perché vengano, nè a stare a contendere con loro; e non spande il cuore suo per confusione nè per tedio di mente; nè abbandona gli esercizi suoi. Anco si serra e si chiude colla compagnia della speranza e col lume della santissima fede, e coll'odio e dispiacimento della propria sensualità, reputandosi indegna della pace e quiete della mente; e per vera umiltà si reputa degna della guerra, e indegna del frutto, cioè che si reputa degna della pena che le pare ricevere nel tempo delle grandi battaglie. E ponsi sempre per obietto Cristo crocifisso, dilettandosi di stare in croce con lui: e col pensiero caccia il pensiero. Or questo è il dolce luogo dove sta la terra della vera umiltà.

Poichè la cima, cioè l'affetto dell'anima che va dietro all'intelletto, come detto è, ha cognosciuto l'obietto di Cristo crocifisso, l'abisso del fuoco della sua carità, il quale cognobbe in questo Verbo (perocchè per questo mezzo ci è manifestato l'amore che Dio ci ha); e questo Verbo cognobbe nel cognoscimento di sè, quando cognobbe sè creatura ragionevole creata alla immagine e similitudine di Dio, e recreata nel sangue dell'unigenito suo Figliuolo; allora l'affetto sta unito coll'affetto di Cristo crocifisso; e coll'amore trae a sè l'amore; cioè coll'amore ordinato, che leva sopra il sentimento sensitivo, trae a sè l'amore affocato di Cristo crocifisso. Perocchè il cuore nostro, quando è innamorato d'un amore divino, fa come la spugna, che trae a sè l'acqua. Perché la spugna se non fusse messa nell'acqua, non la trarrebbe a sè, non ostante che la spugna sia disposta dalla parte sua. E così ti dico che se la disposizione del cuore nostro, il quale è disposto e atto ad amare, se il lume dellaragione e la mano del libero arbitrio no 'l leva e congiunge nel fuoco della divina carità; non s'empie mai della grazia di Dio: ma se s'unisce, sempre s'empie. E però ti dissi che dall'amore e coll'amore si trae l'amore.

Poi che 'l vasello del cuore è pieno, e egli inacqua l'arbore coll'acqua della divina carità del prossimo; la quale è una rugiada e una piova che inacqua la pianta dell'arbore e la terra della vera umiltà, e ingrassa essa terra e ilgiardino del cognoscimento di sè; però che allora è condito col condimento del cognoscimento della bontà di Dio in sè. Tu sai bene che l'arbore non è bene inaffiato della rugiada e della piova, e è riscaldato del caldo del sole, non producerebbe il frutto; onde non sarebbe perfetto, ma imperfetto. Così l'anima, la quale è un arbore come detto è, perché fusse piantato, e non inaffiato colla piova della carità del prossimo e colla rugiada del cognoscimento di sè, e scaldato del sole della divina Carità; non darebbe frutto di vita, nè il frutto suo sarebbe maturo.

Poi che l'arbore è cresciuto, e egli distende e' rami suoi, porgendo del frutto al prossimo suo, cioè frutto di santissime e umili e continue orazioni, dandogli esempio di santa e buona vita. E anco li distende, quando può, sovvenendolo della sustanzia temporale con largo e liberale cuore, schietto e non finto, cioè che mostri una cosa in atto, e non sia in fatto; ma schiettamente e con affettuosa carità il serve di qualunque servizio egli può, e chevede egli abbia bisogno, giusta il suo potere. La Carità non cerca le cose sue, e non cerca sè per sè, ma sè per Dio, per rendere e' fiori della gloria, e loda al nome suo;e non cerca Dio per sè, ma Dio per Dio, in quanto è degno d'essere amato da noi per la bontà sua; e non ama nè cerca, nè serve il prossimo suo per sè, ma solo per Dio, per rendergli quello debito il quale a Dio non può rendere, cioè di fare utilità a Dio. Perché già io ti dissiche utilità a Dio non possiamo fare: e però il fa Dio fare al prossimo suo; il quale è uno mezzo, che c'è posto da Dio per provare la virtù, e per mostrare l'amore che abbiamo al dolce ed eterno Dio.

Questa Carità gusta vita eterna, consuma e ha consumato tutte le nostre iniquità; e dacci lume perfetto, con pazienzia vera, e facci forti e perseveranti in tanto che mai non volliamo il capo a dietro a mirare l'arato; ma perseveriamo infino alla morte, dilettandoci di stare in sul campo della battaglia per Cristo crocifisso; ponendoci il sangue suo dinanzi, acciò che ci faccia inanimare nella battaglia come veri cavalieri. Adunque, poi che c'è tanto utile e necessaria, e sì dilettevole questa carità, chesenz'essa stiamo in continua amaritudine, e riceviamo la morte, e sono scoperte le nostre vergogne, e nell'ultimo dì del giudizio siamo svergognati da tutto l'universo mondo, e dinanzi alla natura angelica e a tutti e' cittadini della vita durabile (dove è vita senza morte, e luce senza tenebre, dove è la perfetta e comune carità, partecipando e gustando il bene l'uno dell'altro per affetto d'amore); è da abbracciarla questa dolce reina, e vestimento nuziale della carità, e con ansietato e dolce desiderio disponersi alla morte per poter acquistare questa reina; e poichè l'aviamo, volere sostenere ogni pena da qualunque lato elle ci vengano, infino alla morte, per poterla conservare e crescere nel giardino dell'anima nostra. Altro modo nè altra via non ci veggo. E però ti dissi che io desideravo di vederti fondata in vera e perfetta carità.

Pregoti per l'amore di Cristo crocifisso che ti studii, quanto tu puoi, di fare questo fondamento; e non ti bisognerà di temere di questo timore servile; nè avere paura de' venti contrarii delle molestie del dimonio e delle creature, le quali sono tutti venti contrarii che vogliono impedire la nostra salute. Ma perché l'arbore posto nella valle non potrà essere offeso da' venti, sia umile e mansueta di cuore. Altro non ti dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXIV - Ad Agnolino di Giovanni d'Agnolino de' Salimbeni da Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo: con desiderio di vedervi vero combattitore, e non schifare i colpi, come fane il vile cavaliere. Figliuolo mio dolce, noi siamo posti in questo campo della battaglia; e sempre ci conviene combattere, e d'ogni tempo e in ogni luogo noi abbiamo e' nemici nostri, e' quali assediano la città dell'anima; ciò sono la carne con lo disordinato diletto sensitivo, 'l mondo coll'onore e con le delizie sue, e il dimonio con la sua malizia. Il quale, per impedire il santo desiderio dell'anima, si pone con molti lacciuoli, e per sè medesimo, o col mezzo della creatura in su la lingua de' servi suoi, facendo parole piacentiere e di lusinghe o di minacce o di mormorazioni o d'infamie: e questo fa per contristare l'anima, e per farla venire a tedio nelle buone e sante operazioni. Ma noi, come cavalieri virili, doviamo resistere, e guardare questa città, e serrare le porte de' disordinati sentimenti. E ponere per guardia il cane della coscienzia; sicchè, quando il nemico passa, sentendo, gli abbai; e così desterà l'occhio dell'intelletto, e vederà seegli è amico o nemico, cioè o vizio o virtù, che passi. A questo cane si conviene dare bere e mangiare: bere se gli conviene dare il sangue, e mangiare il fuoco, acciò che si levi dal freddo della negligenzia; e così diventerà sollecito. A te dico, figliuolo Agnolino, dagli mangiare a questo tuo cane della coscienzia fuoco di ardentissima carità, e bere del sangue dell'Agnello immacolato, aperto in croce, il quale da ogni parte del corpo suo versa sangue. Perché noi abbiamo che dargli bere. E così facendo, sarà tutto rinvigorito; e sarete vero combattitore. E tollete il coltello dell'odio e dell'amore; cioè odio e dispiacimento del vizio, ed amore della virtù; e il nemico della carne nostra, che è il più pessimo e malvagio nemico che noi possiamo avere, sia ucciso; e il diletto suo, daquesto coltello. E la coscienzia il faccia vedere all'occhiodell'intelletto, quanto è pericoloso questo nemico del diletto carnale, che passa nell'anima; acciò che l'uccida. E ragguardi la carne flagellata di Cristo crocifisso, acciòche si vergogni di tenere in piacere e in diletto disordinato, e in delizie il corpo suo. E il dimonio con le maliziee lacciuoli suoi e' quali egli ha tesi per pigliare l'anime, sisconfigga con la virtù della vera umiltà. Abbai questo cane della coscienzia, destando l'occhio dell'intelletto. Evegga quanto è pericoloso a credere agl'inganni suoi; e vollasi a sè medesimo, e cognosca l'uomo, sè non essere, acciò che non venga a superbia; perocchè l'umiltà è quella che rompe tutti i lacciuoli del dimonio.

Bene averebbe l'uomo da vergognarsi d'insuperbire, vedendosi sè non essere, e l'esser suo avere da Dio, e non da sè; e vedere Dio umiliato a lui. Perocchè per profonda umiltà discese dalla somma altezza a tanta bassezza, quanto è la carne nostra. Questo dolce e innamorato Agnello, Verbo incarnato, ci dà conforto: però che da lui viene ogni conforto. Perocchè egli è venuto, come nostro capitano, e con la mano disarmata, confitta e chiavellata in croce, ha sconfitti e' nemici nostri; e 'l sangue è rimaso in sul campo per animare noi, cavalieri, a combattere virilmente e senza alcuno timore. Il dimonio è diventato impotente per lo sangue di questo Agnello; perocchè non ci può fare più che Dio permetta, e Dio non permette che ci sia posto maggior peso che noi possiamo portare. La carne è sconfitta co' flagelli e tormenti di Cristo; e il mondo coll'obbrobrio, scherni, villanie evituperio; e la ricchezza con la povertà volontaria di Cristo crocifisso. Perocchè la somma Ricchezza è tanto povera, che non ha luogo dove posare il capo suo, stando in sul legno della santissima croce.

Quando il nemico, dunque, dell'onore e dello stato del mondo vuole entrare dentro, fa', figliuolo, che gli abbai il cane della coscienzia tua, e desti la guardia dell'intelletto: acciò che vegga che stabilità o fermezza non ha alcuno onore o stato del mondo. Da qualunque parte elle vengono, non ne truova punto. E voi 'l sapete, che l'avete veduto e provato. Poi voglio che voi vediate, che il darsi disordinatamente a queste cose transitorie che passano come il vento, non ne sèguita onore, ma vituperio; però che l'uomo si sottomette a cosa meno di sè, e serve a cose finite; ed egli è infinito. Perocchè l'uomo non finisce mai ad essere, benchè finisca a Grazia per lo peccato mortale. E però se noi vogliamo onore e riposo e sazietà, convienci servire e amare cosa che sia maggiore di noi.

Dio è il nostro redentore, signore e padre, somma ed eterna Bontà, degno d'essere amato e servito da noi: e per debito il doviamo fare, se vogliamo partecipare della divina Grazia. Egli è somma Potenzia e sazietà; Egli è colui che sazia e empie l'anima e fortifica ogni debile; sìche sta in pace, e in quiete, e in sazietà e in sicurtà, e d'altro non si può saziare. E per questa cagione è, che ogni cosa creata è meno che l'uomo. Adunque lo spregiare del mondo è l'onore e la ricchezza dell'uomo. Ma gli stolti e matti non cognoscono questo vero onore, ma reputano tutto il contrario. Ma voi, come vero combattitore, levatevi sopra a' sentimenti vostri sensitivi, e cognoscete questa verità. E non vogliate credere a'malvagi e iniqui uomini: chè favella il dimonio per bocca loro, per impedire la vita e salute vostra, e per provocarvi ad ira e contradire alla volontà di Dio. E però non credete a' consiglieri del dimonio; ma credete e rispondete allo Spirito Santo, che vi chiama. Traete fuore la disciplina dell'ardire, e con viril cuore rispondete a loro, e dite chevoi non sete colui che volliate ricalcitrare a Dio, perocchè non potreste.

So che v'è detto, e vi sarà, molto male della Contessa da'fedeli e dagli altri, perché ella vuol essere serva e sposa di Gesù Cristo. Questi iniqui, per impedire lei e voi, vi porranno innanzi i timori e sospetti; e porranno per vituperio e per viltà quello che è 'l maggiore onore che avere possiate. Perocchè non tanto che sia onore presente, ma l'onore e il ricordamento e la memoria di voi sarà dinanzi a Dio e nel mondo infine all'ultimo fine sopra a tutti quanti e' vostri antecessori. Stolti e matti noi, chevogliamo pur poner l'affetto e la sollecitudine e la speranza nel fuoco della paglia. Gran fuoco si mostrò la prima volta che la sposaste: ma subito venne meno, e non rimase altro che fumo di dolore. La seconda apparbe la materia del fuoco, ma non venne in effetto; però che venne il vento della morte, e portollo via, molto sarebbe dunque semplice ella e voi, poichè lo Spirito Santo la chiama, se ella non rispondesse. E ha veduto che il mondo la rifiuta, e cacciala a Cristo crocifisso. Son certa perla divina bontà, che voi non sarete quello che per veruno detto vi scordiate della volontà di Dio, e non sarete corrente nè ratto a'detti del mondo. Chiudete, chiudete la bocca a' sudditi vostri, che non favellino tanto: e mostrategli il volto. Non dubito (se il cane della coscienza non dorme e l'occhio dell'intelletto) che voi 'l farete; perocchè in altro modo non sareste combattitore virile; anco mostrereste grandissima viltà: e il mio desiderio è di vedervi virile. E però vi dissi, che io desideravo di vedervi vero combattitore posto in questo campo della battaglia, e singolarmente in questa battaglia nuova che voi avete ora per la disposizione della Contessa. Il dimonio s'avvede della perdita sua, e però vi fa dare tanta molestia alle creature. E però confortatevi, e uccidete ogni parere del mondo; e viva in voi Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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