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LETTERE di Santa Caterina da Siena dalla 72 alla 152 (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2022 11:51
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19/10/2022 11:47
 
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CXLVIII - A Pietro marchese del Monte - Lett 148

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissimo e carissimo padre e figliolo in Cristo Gesù; io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo con desiderio di vedervi cavaliere virile,e non timoroso; però che l'uomo non debbe temere, quando si vede l'arma forte. O carissimo figliuolo, noi vediamo che Dio ha armato l'uomo d'un'arma ch'è di tanta fortezza, che nè dimonio nè creatura il può offendere; e questa è la libera volontà dell'uomo. E per questa libertà Dio dice: «Io creai te senza te: ma io non ti salverò senza te».

Vuole dunque Dio che noi adoperiamo l'arme la quale c'è data, e che facciamo, con essa, resistenza a' colpi che noi riceviamo dalli nemici nostri. Tre inimici singolari abbiamo; cioè il mondo, la carne, e il dimonio: ma non temiamo; perocchè la divina Provvidenzia ci ha armati sì bene, che non ci bisogna temere. Buona è l'arme, ottimo l'aiutatore, cioè Dio, ed è si fatta, che non è veruno che possa far resistenza a lui; in tanto che, quanto l'anima ragguarda sì dolce e forte aiutatore, non può cadere in debilezza per niuna sua fragilità la quale si sentisse. Questo parve che vedesse il dolce e innamorato di Paolo, quando dice: «Ogni cosa potrò per Cristo crocifisso, che è in me, che mi conforta». Chè quando Pavolo sentiva la molestia e lo stimolo della carne, ed egli si confortava, non in sè, che si vedeva debile, ma in Cristo Gesù, e nella buona arme forte la quale Dio ci ha data, della forte libertà. E però dice: «Ogni cosa potrò. Ché nè dimonio nè creatura mi può costringere a un peccato mortale, se io non voglio».

Che se l'uomo non si trae quest'arme di dosso, e mettela in mano del dimonio, cioè per consentimento di volontà, mai non è vinto. Chè, benchè le tentazioni e illusioni del dimonio e della carne e del mondo vegnano, e gittino le saette avvelenate; e la carne, li pensieri e li movimenti laidi; il dimonio con le varie tentazioni, frodi e inganni suoi; il mondo con la pompa, vanità e superbia; la libertà, che è donna, se non consente a questi disordinati intendimenti, non ne offende mai, perché il peccato sta solo nella volontà. E questo ci ha dato Dio per grazia, e non per debito.

Non voglio dunque, figliuolo mio dolce in Cristo Gesù, che temiate per veruna cosa che sentiste; poichè Dio ci ha fatta tanta grazia, che egli è nostro aiutatore, e hacci data buona arme; e poichè egli è rimasto morto e vincitore in sul campo della battaglia (morto è, e morendo in sul legno della Santissima Croce, è vincitore, però che la morte ci ha data la vita), ed è tornato alla città del Padre eterno, con la vittoria della sposa sua, cioè dell'anima nostra, la quale Dio sposò prendendo la nostra umana natura. Ben si dee dunque muovere l'uomo, ed aprire l'occhio del cognoscimento, e ragguardare tanto fuoco d'amore. Sconfitti sono li nimici, e tratti siamo dalle mani delli dimoni che possedeano e teneano l'anima come sua. Sconfisse il mondo e la superbia, umiliandosi all'uomo; sconfitto è il corpo suo sostenendo morte, pena, obrobrio, improperio, ingiurie, strazi, scherni e villanie per noi. Ben ci potiamo adunque confortare, poichè li nemici sono sconfitti.

Seguitiamo dunque le vestigie sue, cacciando il vizio con la virtù; la superbia con l'umiltà, l'impazienzia con la pazienzia, l'ingiustizia con la giustizia, l'immondizia colla perfetta umiltà e continenzia, la vanagloria con la gloria ed onore di Dio; che ciò che noi facciamo e adoperiamo, sia a gloria e laude ed onore del nome del nostro Gesù. Facciasi una dolce e santa guerra contro questi vizi: e tanto quanto noi ragguarderemo il dolce Signore, tanto più sarà animata l'anima a fare più grossa guerra, vedendo che per lo peccato il padre nostro è rimaso morto. E farà come il figliuolo che vede il sangue del padre, che cresce in odio verso l'inimico che l'ha morto: così fa l'anima; che ragguarda il sangue del suo Creatore; però che cresce, e concepe in sè un odio e dispiacimento verso l'inimico suo che l'ha morto. E se voi mi diceste: «Chi l'ha morto?» vediamo che solo il peccato è cagione della morte di Cristo, e l'uomo è quello che commette il peccato. Adunque si può dire, che noi siamo coloro che abbiamo morto il figliuolo di Dio; e ognorachè pecchiamo mortalmente, il possiamo dire. Doviamo dunque far vendetta di noi medesimi, cioè delle perverse cogitazioni, vizi e peccati: chè il maggior nemico che abbia l'uomo è sè medesimo. Quando l'anima ragguarda il suo Padre, e la sua sensualità che l'ha morto, non si può saziare di farne vendetta, per siffatto modo, ch'egli è contento di vedergli sostenere ogni pena e tormento, siccome suo nemico mortale.

Or così voglio che facciate voi: e acciocchè voi questo potiate ben fare, io voglio che poniate dinanzi da voi la memoria del sangue del Figliuolo di Dio, sparto con tanto fuoco d'amore; il quale sarà a noi un continuo battesimo di fuoco, il quale purifica e scalda sempre l'anima nostra, in tollendogli ogni freddezza di peccato. Ragguardate, figliuolo, il dolce Agnello in su la Croce, che vis'è fatto cibo, mensa e servitore. Troppo sarebbe grande ignoranza se noi fossimo negligenti a pascerci di questo dolce cibo. Se mai ci fosse caduta negligenzia, io v'invitoa perfetta sollecitudine.

Per le dolci e graziose novelle, cioè del buono desiderio, ch'io ho udito, del giudice di Arborea, proferendosi in avere e in persona graziosamente a dare la vita per Cristo; sì che io godo e esulto, vedendo la disposizione santa, e il tempo abreviare. Non dico più. Perdonate alla mia ignoranzia.

Ringraziovi molto dell'affettuoso amore, e limosina che faceste a Frate Iacomo. Dio vi remuneri di sè. Benedicete e confortate Neri e tutti gli altri. Permanete nellasanta e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




CXLIX - A misser Pietro Gambacorti in Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Venerabile padre in Cristo dolce Gesù, la vostra indegna figliuola Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive a voi; raccomandandovisi nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi l'affetto e il desiderio vostro spogliato e sciolto dalle perversedelizie e diletti disordinati del mondo, le quali sono cagione e materia che parte e divide l'anima da Dio. Però ch'egli è di bisogno che l'anima che è legata con Cristo crocifisso, somma ed eterna Bontà, sia sciolta e tagliata dal secolo. E colui che ha legato l'affetto nel secolo, è tagliato da Cristo; però che il mondo non ha veruna conformità con Cristo, come disse la prima Verità: «Niuno può servire a due signori contrari; però che, se serve all'uno, è incontento dell'altro».

O carissimo padre, quanto è perverso questo legame! Certo è che l'uomo ch'è legato nella perversità del peccato, egli è come colui che ha legate le mani e li piedi, e non si può muovere. Così l'anima ha legate le mani, che non può muovere alcuna operazione a Cristo; nè i piedi dell'affetto non si muovono a fare veruna buona operazione che sia fondata in Grazia. Oimè quanto è cosa pericolosa il peccato nell'anima! di quanto bene priva la creatura, e di quanto male la fa degna! Fa'la degna della morte, e tollele la vita; tollele il lume, dálle la tenebra;tollele la signoria, e dàlle la servitudine. Perocchè coluiche abonda nel peccato, è servo e schiavo del peccato, ha perduta la signoria di sè, e lassasi possedere all'ira eagli altri difetti. Or che sarebbe, padre carissimo, se noisignoreggiassimo tutto il mondo, e non signoreggiassimo e' vizi e i peccati che sono in noi? Egli ci tollono il lume della ragione, che non ci lassa vedere in quanto stato di dannazione egli sta, e in quanta sicurtà sta l'anima che è legata col dolce Gesù. Egli ha perduta la vita della Grazia. Siccome il tralcio che è tagliato dalla vite, che è secco e non fa frutto; così la creatura tagliata dallavera vite, è secca e putrida, degna del fuoco eternale. Oimè dolente! Questa è la gran cecità: che, non essendo nè dimonia nè creatura che possa legar l'uomo a un peccato mortale, ed esso medesimo si lega.

Adunque destianci dal sonno della negligenzia e ignoranzia. Tagliate questo perverso legame! Tutto questo avviene, perché e 'l peccato e 'l mondo non hanno conformità con Cristo crocifisso; chè 'l mondo cerca onori, agi, diletti e signoria; e Cristo benedetto elesse vituperio, strazi, villanie, e nell'ultimo l'obbrobriosa morte della croce. Volle essere servo e obediente, non trapassatore della legge nè della volontà del Padre; ma, sempre cercando l'onore suo e la salute nostra. Or seguitiamo le vestigie sue.

Con questo dolce e vero legame vi prego e voglio che siamo legati. E acciocchè meglio questo potiate fare, aprite l'occhio del cognoscimento di voi medesimo; e vedrete, voi non essere cavelle, ma sempre operatore di miseria e d'iniquità. E così nascerà in voi una vena di giustizia santa, con vera e profonda umiltà. Giustamente darete a Dio quello ch'è suo, e a voi quello ch'è vostro. Poi ragguardate nell'abisso della smisurata sua carità, vedendo come l'Agnello svenato con pazienzia e mansuetudine ha portate le nostre iniquità. O Amore inestimabile, con quanta pazienzia hai data la vita, e presti il tempo, e aspetti la creatura, che corregga la vita sua! e inquesto modo cognoscendo in voi la bontà di Dio, e come l'adopera, sarete legato e unito nel vincolo della carità, il quale è dolce e soave sopra ogni dolce. Non indugiate, chè 'l tempo è breve e 'l punto della morte ne viene, che non ce n'avvediamo.

Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, che, nello stato vostro, voi teniate l'occhio drizzato verso la santa edivina giustizia. Non per piacimento di creatura, nè per odio, ma solo per Giustizia punite il difetto quando si trova. E singolarmente il vostro peccato, quando il trovate punitevelo. E vituperatelo quanto potete: e guardate che non chiudiate gli occhi per non volerlo vedere; chè molto ne sareste ripreso da Dio. Siate, siate sollecitoquanto potete, con affetuoso amore. Tutte le vostre operazioni siano legate in Cristo Gesù. Questo è quel legame che l'anima mia desidera; considerando me, che senza questo non potete avere la vita della Grazia.

Non dico più qui. Ricevetti una vostra lettera, la quale vidi con affettuoso amore: onde io cognosco che non mia virtù nè mia bontà (perocchè son piena di peccato e di miseria), ma solo l'amore e la bontà vostra e di cotestesante donne vi mosse umilmente a scrivere a me, pregandomi che io debba venire costà. Per la qual cosa io volontariamente verrei a adempire el desiderio vostro e loro: ma per ora io mi scuso, che la impossibilità del corpo mio non mi lassa; e anco veggo che per ora io sarei materia di scandolo. Ma spero nella bontà di Dio, che, se vedrà che sia suo onore e salute dell'anime, mi farà venire con pace e con riposo senza altra mormorazione; e io sarò apparecchiata al comandamento della prima Verità, e obedire al vostro comandamento.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Cristo vi remuneri della sua dolcissima grazia. Raccomandatemi con affettuoso amore a coteste donne che preghino Dio per me, che mi faccia umile e soggetta al mio Creatore. Amen. Laudato sia Gesù Cristo crocifisso.



CL - A frate Francesco Tebaldi di Fiorenza, nell'Isola di Gorgona, monaco certosino - lett 150

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dolcissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi costante e perseverante nella virtù infino alla morte; perocchè la perseveranzia è quella virtù che è coronata. Ella porta il fiore e la gloria della vita dell'uomo: ellaè compimento d'ogni virtù; tutte le altre le sono fedeli. Ella non esce mai dalla navicella della religione, ma sempre vi naviga dentro infino che giunge a porto di salute. Ella non è sola, ma accompagnata; tutte le virtù le sono compagne, ma singolarmente due; cioè, la fortezza e la pazienzia. Ed ella è lunga e perseverante. Perché è detta lunga questa perseveranzia? perché tiene dal principio che l'anima comincia a volere Dio, infino all'ultimo; che mai non si lassa scortare, per veruno inconveniente che venga. Non la scòrta la prosperità per disordinata allegrezza nè leggerezza di cuore, nè consolazione spirituale, nè veruna altra cosa che a consolazione s'appartenga: e non la scòrta la tribulazione, nè ingiuria, scherno, villania che le fusse fatta o detta; non per peso nè gravezza dell'Ordine nè per grave obedienzia che gli fusse imposta. Tutte queste cose non la scòrtano per impazienzia; ma con pazienzia persevera nelle fadighe sue. Non per battaglie o molestie di dimonio, con false e varie cogitazioni, e con disordinato timore o infedeltà che gli mettesse verso il suo prelato. Non la scòrtano; perocchè non è senza il lume, ma il lume della fede sempre leva innanzi. Onde la perseveranzia risponde al disordinato timore, dicendo: «Io spero, per Cristo crocifisso, ogni cosa potere, e perseverare infino alla fine con fidelità». Risponde la perseveranzia all'affetto dell'anima, con fede di perseverare, dicendo: «Per veruno tuo volere nè parere non voglio diminuire la reverenzia debita, nella subiezione la quale io debbo avere e portare al prelato mio».

Ella piglia uno giudicio santo nella dolce volontà di Dio acciocchè non gli venga giudicato la volontà della creatura; perocchè il lume le ha mostrato che, facendo altrimente, essofatto sarebbe scortata, e non sarebbe lunga la reverenzia nè l'obedienzia nè l'amore. E però il lume le mostra, acciocchè l'amore non allenti nel tempo che il dimonio, sotto colore di far meglio e più pace sua, suade che si ritragga dalla conversazione del prelato suo e della presenzia d'esso, o di chiunque avesse dispiacere; ma che egli più s'accosti e più conversi, sforzando sè medesimo, ricalcitrando al suo falso parere, acciocchè la infedelità non se gli notrichi nell'anima; e non sia scortata dallo sdegno.

O dolcissimo, dilettissimo e carissimo figliuolo, caro mi sete quanto l'anima mia. La lingua non potrebbe narrare quanti sono gli occulti inganni che 'l dimonio dà sotto colore di bene, per scortare la via della lunga perseveranzia. E massimamente sopra quest'ultima, della quale io ora v'ho detto; perché da questo se egli vel fa cadere, il potrà poi pigliare in ogni altra cosa. Se il suddito a qualunque obedienzia si sia, perde la fede di chi l'ha a guidare; cioè che egli sèguiti quello che gli detta lainfedelità; il dimonio ha il fondamento dove si debba ponere l'edificio della virtù e però si pone egli ine. Perocchè colui che, per sua ignoranzia in non resistere, si lassa tollere questo principio, non è pronto all'obedienzia: egli è atto a giudicare gli atti e l'operazioni secondola sua infirmità e non secondo la sua verità: egli è impaziente, e molte volte cade nell'ira; generali tedio e rincrescimento in ogni sua operazione. Veramente questa infedelità è uno veleno che ci attosta tanto il gusto dell'anima, che la cosa buona gli pare cattiva, e l'amara dolce; il lume gli pare tenebre, e quello che già vidde in bene, gli pare vedere in male. Sicchè drittamente ella è veleno.

Ma voi direte a me, figliuolo mio: «Chi camperà l'anima di questo? O perché modo? Chè io non vorrei cadere in questo, se io potessi». Dicovelo. La virtù piccola dellavera umilità è quella che tutti questi lacci rompe e fracassa; e tràne l'anima non diminuita, ma cresciuta. Perocchè 'l lume gli mostra che elle erano permesse dalla divina bontà per farla umiliare, o per crescerla in essa virtù; onde con affetto d'amore l'ha presa, umiliandosi e conculcando il suo parere continuamente sotto ai piei dell'affetto. Per questo modo resiste continuamente.

E' vero che un altro modo ci è a resistere; il quale non esce però di questo: cioè, che giammai non fugga il luogo della presenzia, perocchè egli non fuggirebbe il sentimento dentro; anco, il troverebbe sempre vivo: perché, a fuggire, non si stirpa, ma con la impugnazione. E però la perseveranzia, che l'ha veduto col lume, sta ferma e perseverante nel campo della battaglia; non schifando colpo di veruna tentazione. Piglia bene l'arme dell'umile continua e fedele orazione; la quale orazione è una madre vestita di fuoco e inebriata di sangue, ch'e' notrica alpetto suo i figliuoli delle virtù. Onde è di bisogno che l'anima virtuosa participi e vestasi di questo medesimo fuoco, e l'affetto sia inebriato del sangue. Quale sarà quello dimonio o quale creatura, o noi medesimi dimonii, cioè la propria sensualità nostra, che possano resistere a cosiffatte armi? Quale sarà quello lacciuolo che possa legare l'umiltà? neuno ne sarà che resistere ci possa; perché la perseveranzia, per lo modo che detto aviamo, non basti infino all'ultimo, quando la carità metterà in possessione l'anima nella vita durabile, dove è ogni bene senza veruno male. Ine riceverà il frutto d'ogni sua fadiga. Questa fa l'anima forte, che mai non indebolisce; fa il cuore largo e non stretto, che vi cape ogni creatura perDio, in tanto che tutte reputa che siano l'anima sua.

Adunque levatevi su, figliuolo; attaccatevi al petto di questa madre orazione, se voi volete essere perseverante con vera umiltà. E non lassate mai, sì che compiate la volontà di Dio in voi, il quale vi creò per darvi vita eterna, e havi tratto dal loto del secolo, perché corriate morto per la via della perfezione. O quanto sarà beata l'anima mia quando sentirò d'avere un figliuolo che viva morto; e nella morte della propria volontà e parere, perseveri infino alla morte corporale! Se questo non fusse, non mi reputerei beata, ma molto dolorosa. E però fuggo questo dolore con grande sollicitudine, nel cospetto di Dio, dove io vi tengo per continua orazione. E però dico: con desiderio io desidero di vedervi costante e perseverante nella virtù infino alla morte. E così vi prego e stringo da parte di Cristo crocifisso, che giammai non perdiate tempo, ma sempre vi annegate nel sangue dell'umile Agnello. L'amaritudine vi paia uno latte; e il latte delle proprie consolazioni, per odio santo di voi, vipaia amaro. Fuggite l'ozio quanto la morte. La memoria s'empie de' benefici di Dio e della brevità del tempo: l'intelletto si specoli nella Dottrina di Cristo crocifisso; ela volontà l'ami con tutto il cuore e con tutto l'affetto econ tutte le forze vostre, acciocchè l'affetto e tutte le vostre operazioni siano ordinate e drizzate ad onore e gloria del nome di Dio, e in salute dell'anime. Spero nella sua infinita misericordia che a voi ed a me darà grazia che voi il farete.

Ho ricevuta grande consolazione dalle lettere che ci avete mandate, io e gli altri: perché grande desiderio aviamo di sapere novelle di voi. Parmi che' l dimonio non abbia dormito nè dorma sopra di voi; della quale cosa ho grande allegrezza, perché veggo che per la bontà di Dio la battaglia non è stata a morte, ma a vita. Grazia, grazia al dolce Dio eterno che tanta grazia ci ha fatta! Ora si vuole cominciare a cognoscere, voi non essere; ma l'essere, e ogni grazia posta sopra l'essere, ricognoscere da colui che è. A lui si renda grazia e loda; perché così vuole egli che a lui diamo il fiore e nostro sia ilfrutto. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




CLI - A monna Nella, donna che fu di Niccolo Buonconti da Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondata in vera e perfetta pazienzia; perocchè in altro modo non potremmo piacere a Dio, e in questa vita gusteremmo l'arra dell'inferno. Oh vera e dolce pazienzia, la quale se'quella virtù che non se' mai vinta, ma sempre vinci! Tu sola se' quella che mostri se l'anima ama il suo creatore, o no. Tu ci dai speranza della Grazia: tu solvi l'odio e ilrancore del cuore; tu tolli il dispiacere del prossimo; tu privi l'anima della pena; per te i grandi pesi delle molte tribolazioni diventano leggeri, e per te l'amaritudine diventa dolce: in te, pazienzia, virtù reale, acquistata collamemoria del sangue di Cristo crocifisso, troviamo la vita.

O carissima madre, tra l'altre virtù questa ci è la più necessaria. Perocché non passiamo questo mare senza le molte tribolazioni: da qualunque lato noi ci volliamo, questo mare coll'onde sue ci percuote; e il demonio colle molte tentazioni; e più, che quello ch'egli non può fare per sè medesimo, egli il fa per mezzo delle creature, ponendosi in su le lingue e nei cuori de' servi suoi. E parasi dinanzi all'occhio dell'intelletto, facendogli vedere quello che non è; e così concepe nel cuore diverse cogitazioni e dispiaceri verso del prossimo suo; e spesse volte verso di quelli che più ama. E poi ch'egli le ha concepute dentro, e egli si pone in su la lingua, e faglile parturire con la parola, e colla parola giugne allo effetto;e per questo modo divide l'amante dalla cosa amata. Onde vengono poi le impazienzie, l'odio e i rancori; e privanoci della vita dell'amore.

Non è dunque da credergli; anco, è da salire sopra la sedia della coscenzia sua, e tenersi ragione, e parare dinanzi a quest'onda pericolosa l'odio e dispiacimento di voi, con aprire l'occhio dell'intelletto, e cognoscere la bontà di Dio e la sua eterna volontà, la quale non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione; e permette che 'l dimonio ci facci tribolare e perseguitare agli uomini, solo perché in noi si pruovi la virtù dell'amore e dellavera pazienzia, e perché l'amore imperfetto venga a perfezione. Però che l'amore della virtù si pruova e si fortifica col mezzo del prossimo nostro. E insegnaci ad amare Dio per Dio, in quanto egli è somma ed eterna bontà, e degno d'essere amato; e sè per Dio: e' l prossimo per Dio, e non per propria utilità, nè per diletto, nè per piacere che truovi in lui, ma in quanto è creatura amata e creata dalla somma, eterna Bontà, e servire lui, e sovvenirlo di quello che a Dio non può servire. Onde, perché a Dio non possiamo fare utilità, la dobbiamo fare al prossimo nostro. Or a questo modo si pruova la perfezione dell'amore. E quand'egli è così perfetto, non lassa d'amare nè di servire nè per ingiuria nè per dispiacere che gli sia fatta, nè perché egli non truovi diletto e piacere in lui; perocchè attende solo di piacere a Dio. Sicchè dunque, per questo fine ci concede Dio tutte le tribolazioni che noi abbiamo: ma il dimonio il fa per lo contrario, però che 'l fa per revocarci dall'affetto della carità.Ma noi, come prudenti, faremo contra alla intenzione del dimonio, e seguiteremo la dolce volontà di Dio; e faremo ancora contro il mondo, che ci perseguita giusta al suo potere con molti flagelli, e con la poca fermezza e stabilità e con la povertà sua; che è sì povero che non può saziare l'affetto nostro, però che tutte le cose del mondo sono meno di noi, e son fatte in nostro servizio, e noi siamo fatti per Dio. Dunque solo Dio serviamo con tutto il cuore e con tutto l'affetto, però ch'egli è quellobene che pacifica e sazia il cuore.

Poi, dunque, ch'è tanto necessaria e utile questa pazienzia, conviencela acquistare. Ma in che modo l'acquisteremo? Dicovelo: col lume, aprendo l'occhio dell'intelletto e cognoscere, sè non essere, e l'essere suo retribuire alla inestimabile carità di Dio. E così cognoscela sua bontà; cioè per l'essere, e per ogni grazia che ha posta sopra l'essere. Poi che ha veduto, sè essere amato da Dio, vede che per amore ci ha dato il Verbo dell'Unigenito suo Figliuolo, e il Figliuolo ci ha dato la vita. E poi, dunque, ch'egli ha data la vita con tanto fuoco d'amore; dobbiamo tenere di fermo che ogni fadiga, da qualunque lato ella viene, e prospere e avverse, sono date per l'amore, e non per odio; ma per nostro bene, e perché abbiamo il fine per lo quale fummo creati. E anco dobbiamo vedere quanto è grande la fadiga; e troveremo ch'ella è piccola. Perocchè tanto è grande quanto il tempo, e il tempo nostro è tanto quanto una punta d'aco, che né per larghezza nè per lunghezza non è cavelle. Sicchè dunque le nostre fatighe sono piccole e finite. La fadiga che è passata, noi non l'abbiamo, però ch'è fuggito 'l tempo; quella ch'è a venire, non l'abbiamo, però che non siamo sicuri di avere il tempo. Poi, dunque, che abbiamo veduta la brevità sua, dobbiamo vedere quanto è utile. Ma di questo dimandatene a quello dolce e innamorato di Paolo, che dice: «Non sono condegne le passioni di questa vita a quella futura gloria la quale Dio ha apparecchiata a coloro che' l temono, e che portano con buona pazienzia la disciplina santa, che gli è conceduta dalla divina Bontà».

Questa gusta l'arra di vita eterna in questa vita colla pazienzia sua. E se la fragilità nostra colla impazienzia volesse levare' l capo contra'l suo Creatore, a non volere portare; consideri in sè medesimo, e vegga là dove' l conduce la impazienzia. Perocchè, cominciandosi l'arra dell'inferno in questa vita, giugne nell'ultimo nell'eternadannazione. E non vidi mai che impazienzia ci levasse alcuna fadiga: anco, le cresce. Però che tanto è fadiga, quanto la volontà la fa fadiga, tolli via la volontà propriasensitiva, vestiti della volontà dolce di Dio, ed è levata via la fadiga.

Or questi dunque sono e' modi e la via di venire a vera e perfetta pazienzia. E però vi prego per amore di Cristo crocifisso, che non vi dilunghiate da questi dolci e soavi modi, acciò che acquistiate la virtù della pazienzia; perocchè so che ella v'è di gran necessità, a voi e a ogni persona. Onde cognoscendo il bisogno, dissi che io desideravo di vedervi fondata in vera e perfetta pazienzia. Non dico più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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