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Il Vicario di Cristo il Papa il suo ruolo e la sua rinuncia (2)

Ultimo Aggiornamento: 01/06/2017 00:02
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05/09/2016 12:30
 
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Socci, il sospetto terrificante: complotto contro Cav e Ratzinger



Robert Spaemann e Josef Seifert, due filosofi cattolici, amici e collaboratori di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, demoliscono l' Amoris laetitia (e il pensiero) di Bergoglio. Il cardinale Mueller definisce «eretica»
l' affermazione di «uno dei più stretti consiglieri» di Bergoglio.

Mentre il catto-conservatore americano George Weigel, che sta con Bergoglio, se la prende con Benedetto XVI perché è ancora «papa emerito», mentre - secondo lui - doveva tornare semplicemente vescovo.
Sono fatti di questi giorni.

Nella Chiesa è in corso un terremoto. Ma per capirlo bisogna partire dagli antefatti.
Non era mai accaduto, in 2000 anni, che un papa iniziasse il suo pontificato dicendo: «Pregate per me perché io non fugga per paura davanti ai lupi».
Per un curioso caso proprio quel papa, senza alcun grosso motivo dichiarato, poi «rinuncia» al ministero (il diritto canonico lo ammette, ma per gravissimi motivi).
Tuttavia decide - primo nella storia - di essere «papa emerito», dicendo nel suo ultimo discorso: «La mia decisione di rinunciare all'esercizio attivo del ministero, non revoca questo».

Fu vera rinuncia? Nel febbraio del 2014 pubblicai su Libero un' inchiesta su questa domanda e sulle cause di quella vicenda misteriosa, anche perché era evidente che Ratzinger non aveva problemi di salute.
Un vaticanista andò a disturbarlo. E alla domanda sul perché era rimasto papa emerito (invece di tornare vescovo), si sentì rispondere: «Il mantenimento dell' abito bianco e del nome Benedetto è una cosa semplicemente pratica. Nel momento della rinuncia non c' erano a disposizione altri vestiti».

La veste misteriosa - Una raffinata e ironica elusione della domanda: come si poteva credere che, invece di tornare vescovo (come di prassi), Benedetto fosse rimasto papa per motivi sartoriali? In tutto il Vaticano non c' era una tonaca nera? Una tale risposta faceva capire che, in quel momento, il papa non poteva ancora parlare e c' era un mistero. Solo ora, dopo tre anni, i veli finalmente si stanno squarciando.

Il 21 maggio scorso infatti mons. Georg Gaenswein, segretario di Ratzinger, ha tenuto un' esplosiva conferenza dove ha ribaltato la «tesi sartoriale», rivelando che dal 2013 c' è un «ministero (petrino) allargato. Per questo Benedetto XVI non ha rinunciato né al suo nome, né alla talare bianca. Per questo l' appellativo corretto con il quale rivolgerglisi ancora oggi è "Santità". Egli non ha abbandonato l' ufficio di Pietro, egli ha invece rinnovato quest' ufficio». Inoltre siamo in «una sorta di stato d' eccezione» e quello di Benedetto è un «pontificato d' eccezione».

Il fulmine di quel giorno su San Pietro? «Di rado il cosmo ha accompagnato in modo più drammatico una svolta storica». Gaenswein ha pure spiegato che Benedetto non si è dimesso per la vicenda Vatileaks: «Quello scandalo era troppo piccolo per una cosa del genere e tanto piú grande il ben ponderato passo di millenaria portata storica che Benedetto XVI ha compiuto». Dunque tutt' altro che un banale andare in pensione con la veste bianca perché era nell' armadio. Oggi si scopre che si tratta di un «passo di millenaria portata storica» in cui Benedetto «non ha affatto abbandonato questo ministero».
Il terremoto in corso nella Chiesa ruota attorno a questi eventi. Ma va letto all' interno di un complicato scontro geopolitico e ideologico planetario.
In esso c' è anche la chiave per capire i fatti politici degli ultimi anni: l' egemonia tedesca della Ue che ha terremotato la nostra economia; la defenestrazione di Berlusconi del 2011 e l' arrivo di Monti e Renzi; la criminalizzazione e l' isolamento di Putin; il tumulto per la Brexit (forse pure il crollo del prezzo del petrolio).

L'alleanza proibita - I contorni di questa guerra non convenzionale emergono ora grazie al tramonto di Obama, all' irrompere dei cosiddetti «populismi» che in Europa sono nati per reazione alla Ue tecnocratica (tedesca) e grazie al terremoto rappresentato dal successo di Trump, un corpo estraneo per la Casta americana, fatta di Democratici, di Wall Street e (alcuni) Repubblicani.

In sintesi l' obiettivo strategico della Casta americana - rappresentata da Obama e dalla Clinton - è impedire che si saldi la storica alleanza fra Europa e Russia che farebbe la fortuna di entrambe: la prima ha un' enorme potenza tecnologica e industriale, la seconda è un immenso scrigno di risorse naturali.
Una tale alleanza euro-asiatica, di 800 milioni di persone unite da una storia che affonda le sue radici nel cristianesimo (fortemente riscoperto nella Russia di Putin), diventerebbe inevitabilmente interlocutrice della Cina (il più grande mercato del pianeta) e produrrebbe di fatto un mondo multipolare.
Gli Usa hanno cercato di far saltare questa prospettiva anzitutto destabilizzando alcuni paesi ex sovietici, in particolare l' Ucraina, sostenendo lì regimi antirussi. Poi costringendo l' Europa a imporre sanzioni economiche alla Russia per isolare Putin (sanzioni che all' Italia costano tantissimo). Infine cercando addirittura di allargare la Nato fino ai Paesi baltici, con strategie aggressive e provocatorie (come le esercitazioni militari Anaconda 2016 di questi giorni). Lo scopo è creare un corridoio che dall' Europa occidentale arriva fino all' Asia (l' Ucraina è fondamentale).
Questa strategia americana presuppone però un' Europa unificata sotto la Germania, come tecnocrazia, e sotto un' ideologia «liberal» (ovvero laicista), per isolare Putin. Per conseguire tale obiettivo dovevano essere spazzati via i soggetti estranei a questo progetto. Per esempio - in Italia - quel Berlusconi che prendeva le distanze dalla tecnocrazia Ue e propagandava l' amicizia e l' alleanza con Putin. Silurato.

Ieri il «populista» Nigel Farage ha fatto la «vera storia d' Europa» di questi anni in una mirabolante intervista al Corriere della Sera dove spiega come siamo diventati «una colonia tedesca».
Ma uno degli intoppi per questo progetto era rappresentato anche dalla Chiesa di Benedetto XVI. Paradossalmente il papa tedesco era un ostacolo per una Ue a guida tedesca, sotto l' egemonia «liberal» obamiana.
Fu prospettato a Benedetto XVI di accettare una «riunificazione ecumenica» con i protestanti del Nord Europa e del Nord America per dar vita a una sorta di «religione comune dell' Occidente».
Per la Chiesa Cattolica significava sciogliersi nel minestrone del pensiero unico «politically correct». Diventando un irrilevante museo folk in un' Europa «multiculturale». A questa «dittatura del relativismo» Benedetto XVI disse no. Rispose: finché ci sono io non accadrà. Il «caso» volle che dopo un po' sentì venir meno il vigore e fu costretto a rinunciare all'«esercizio attivo» del ministero petrino (rinuncia a metà?).
Dentro la Chiesa - ha spiegato Gaenswein - era in corso un «drammatico scontro» fra la fazione progressista e quanti seguivano Ratzinger nella sua lotta contro «la dittatura del relativismo». I progressisti persero al Conclave del 2005, ma, dopo la rinuncia, vinsero nel 2013.

Religione imperiale - Ora papa Bergoglio ha fatto sua l' Agenda Obama. Il 18 maggio, a Washington, al Catholic-Evangelical Leadership Summit, Obama ha affermato che le chiese devono lasciar perdere i «temi divisivi» come aborto e matrimoni gay e dedicarsi al problema della povertà.
L' Impero vuole una Chiesa «assistente sociale» che consola i perdenti nell' ospedale da campo dei poteri forti, ma non disturba i manovratori.
La candidata Hillary Clinton un anno fa, a un convegno di femministe abortiste, ha addirittura affermato: «I codici culturali profondamente radicati, le credenze religiose e i pregiudizi strutturali devono essere modificati».
Le chiese dunque devono arrendersi al laicismo «liberal» dell' Impero. Di fatto Bergoglio ha abbandonato i «principi non negoziabili». E ora lui, da sempre in ottimi rapporti con i protestanti americani, si prepara al viaggio del 31 ottobre in Svezia per celebrare Lutero e «ricucire» a 500 anni esatti dallo scisma. Prove di nuova religione imperiale?
Antonio Socci


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CLAMOROSE DICHIARAZIONI DEL CARD. MÜLLER. GRANDI MANOVRE PER EVITARE NUOVI DERAGLIAMENTI DI BERGOGLIO E SCONGIURARE LO SCISMA

SCRITTO IL 

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Winston Churchill diceva che il Cremlino (a quel tempo c’era il regime comunista) era “un dilemma avvolto in un mistero, racchiuso in un enigma”.

Qualcosa di simile potremmo dire oggi del Vaticano. Forse è anche per quest’aura di segreto – oltre alla solennità e alla bellezza della “location” – che ha tanto successo una serie, pur banale e surreale, come “The young pope”.

Molto più appassionanti della fiction sono i misteri del Vaticano vero. Dove, per la prima volta nella storia della Chiesa, un papa – dopo mesi di pesanti attacchi – si è “dimesso” (per ragioni oscure), ma in realtà rimanendo papa.

Un Vaticano dove oggi convivono due papi, senza che nessuno abbia spiegato com’è possibile, dal momento che è sempre stato insegnato che può esserci un solo Successore di Pietro.

Dove – probabilmente – qualcosa di importante sta accadendo in questi giorni, dietro il silenzio impenetrabile dei sacri palazzi.

Purtroppo i media da tempo sembrano disinteressati all’informazione sulla Chiesa e la Santa Sede, forse perché troppo impegnati nelle celebrazioni e negli osanna.

Fatto sta che nessuno, almeno in Italia, sembra essersi accorto di una intervista esplosiva del numero 2 della Chiesa, il card. Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (è il ruolo che ricoprì il card. Ratzinger al tempo di Giovanni Paolo II).

Fu Benedetto XVI a chiamarlo lì e fu poi Francesco a confermalo e crearlo cardinale, anche se i rapporti fra i due, per le profonde divergenze sulle riforme dottrinali volute da Francesco nei due sinodi sulla famiglia, hanno portato al sostanziale isolamento di Müller rispetto al gruppo dirigente di Francesco.

CLAMOROSA INTERVISTA

Dunque Müller, che è anche curatore dell’opera omnia di Ratzinger, l’altroieri ha rilasciato un’intervista all’edizione tedesca della Radio vaticana dove, per la prima volta, un alto esponente del Vaticano pone il problema della convivenza dei due papi, dove rivela sommessamente che c’è un dibattito in corso oltretevere e dove prospetta uno scenario sorprendente.

Il cardinale ha detto:

Per la prima volta nella storia della Chiesa abbiamo il caso di due legittimi papi viventi. Certamente solo Papa Francesco è il Papa, ma Benedetto è l’emerito, perciò in qualche modo ancora legato al papato. Questa situazione inedita deve essere affrontata teologicamente e spiritualmente. Su come farlo, ci sono diverse opinioni. Io ho mostrato che pur con tutte le diversità che riguardano la persona e il carattere, che sono date dalla natura, tuttavia anche il legame interno deve essere reso visibile”.

Ma – chiede la giornalista – in cosa consiste questo legame interno? La risposta di Müller:

“Si tratta del confessare [proclamare la fede in] Gesù Cristo, che è la ‘ratio essendi’, il vero fondamento del Papato, che tiene insieme la Chiesa nell’unità in Cristo…”.

Sembra una risposta astratta, teologica, ma in realtà rimanda alle sue parole precedenti, facendo capire che il “ministero petrino” di Benedetto XVI continua tuttora. Cosa che trova conferma nel seguito dell’intervista.

Infatti la giornalista chiede: “Cosa offrono alla Chiesa due papi insieme” (due che sono papi in contemporanea)?

Risposta di Müller:

“entrambi esercitano un ufficio che non sono stati loro a darsi e che loro non possono nemmeno definire, un ufficio che è già ‘de-finito’ da Cristo stesso, così come è stato compreso dalla coscienza credente della Chiesa. E ognuno sperimenta nell’ufficio papale, così come in ogni altro officio ecclesiale, un peso che si può portare solo con l’aiuto della grazia”.

Sono parole sorprendenti. Perché qua Müller non dice affatto – come finora si è sentito – che Benedetto XVI sostanzialmente non è più papa, non dice affatto che è un pensionato che non ha più nessun ruolo nella Chiesa, non dice affatto che è qualcosa di simile ai “vescovi emeriti”, come afferma papa Bergoglio.

Dice che, Francesco e Benedetto XVI, “entrambi esercitano un ufficio” che è l’ “ufficio papale”. E dice che questa situazione inedita, di “due legittimi papi viventi”, “deve essere affrontata teologicamente e spiritualmente”.

Dunque Müller sembra andare nella stessa direzione della clamorosa conferenza, del 21 maggio scorso, alla Gregoriana, di mons. Georg Gänswein, segretario di Benedetto XVI e Prefetto della Casa pontificia di Francesco.

DUE PAPI

In quell’intervento, che in Vaticano ebbe un effetto dirompente (ma la stampa lo ignorò), Gänswein disse fra l’altro:

“Prima e dopo le sue dimissioni, Benedetto ha inteso e intende il suo compito come partecipazione al ‘ministero petrino’. Egli ha lasciato il Soglio pontificio e tuttavia, con il passo dell’11 febbraio 2013, non ha affatto abbandonato questo ministero. Egli ha invece integrato l’ufficio personale con una dimensione collegiale e sinodale, quasi un ministero in comune”.

E ancora:

“Dall’elezione del suo successore Francesco, il 13 marzo 2013, non vi sono dunque due papi, ma de facto un ministero allargato, con un membro attivo e un membro contemplativo. Per questo Benedetto XVI non ha rinunciato né al suo nome, né alla talare bianca. Per questo l’appellativo corretto con il quale rivolgerglisi ancora oggi è ‘Santità’; e per questo, inoltre, egli non si è ritirato in un monastero isolato, ma all’interno del Vaticano, come se avesse fatto solo un passo di lato per fare spazio al suo successore e a una nuova tappa nella storia del papato”.

Dunque non un passo indietro, ma solo un passo di lato. La conferenza di mons. Gänswein è stata dirompente, ma si è dovuto aspettare un paio di mesi per avere una qualche reazione: un’intervista a un canonista di Curia, dove non era mai nominato Gänswein, che era titolata così: “Non può esistere un papato condiviso”.

Il giornalista bergogliano Andrea Tornielli, autore dell’intervista, iniziava dicendo che lo stesso Francesco aveva già risposto: “ ‘C’è un solo Papa. Benedetto XVI è l’emerito’. Lo scorso giugno, durante il volo di ritorno dall’Armenia, Francesco aveva risposto in modo chiaro e preciso a una domanda sulle teorie riguardanti la possibilità di un ministero papale ‘condiviso’ ”.

Se già aveva risposto il papa che necessità c’era di far parlare, due mesi dopo, anche un canonista? Forse perché la questione non era affatto chiusa? Forse perché – come dice oggi Müller – “ci sono diverse opinioni”?

In effetti le dichiarazioni di mons. Gänswein prima e del card. Müller oggi, dimostrano che la questione è del tutto aperta.

PER SEMPRE

Ma soprattutto è stato lo stesso Benedetto XVI ad aprirla, non solo con la scelta del papato emerito, ma anche con le parole del suo ultimo discorso, dove spiegò che il ministero petrino era “per sempre” nella sua vita e aggiunse: La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo”.

Poi nel suo recentissimo best-seller, “Ultime conversazioni”, papa Benedetto ha dedicato una pagina a spiegare la sua attuale situazione e lo ha fatto con poche sobrie parole, ma in perfetta consonanza con l’intervento di maggio del suo segretario e con quello dell’altroieri di Müller. Dice infatti che la sua non è stata “una fuga, ma un altro modo di restare fedele al mio ministero”. E aggiunge che continua ad essere papa “in un senso più profondo, più intimo”.

Oggi Müller afferma che “deve essere reso visibile” quel “legame interno” che lega i due papi e li vincola alla custodia del “Depositum fidei”, cioè alla difesa della fede cattolica.

ULTIMA OCCASIONE?

Forse è una scialuppa di salvataggio che Benedetto sta offrendo a Francesco, per aiutarlo a continuare la sua opera, ma restando dentro i binari dell’ortodossia. Scongiurando così scelte sbagliate (e Bergoglio ne fa a iosa) e tragici scismi.

Alla luce di ciò si comprendono meglio i toni collaborativi che Benedetto usa con Francesco nel suo libro e anche il nuovo volume di Müller che tenta di riconciliare i due pontificati sotto il titolo “Benedetto & Francesco. Successori di Pietro al servizio della Chiesa”.

.

Antonio Socci

Da “Libero”, 28 ottobre 2016





[Modificato da Caterina63 28/10/2016 21:36]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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