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Parallelismo tra EVA-MARIA fondamento della mariologia e della ecclesiologia

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2016 17:30
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12/06/2016 17:30
 
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  La Nuova Eva accanto al Nuovo Adamo

La contrapposizione tra Maria ed Eva, derivata da quella fra Cristo e Adamo, è la prima dottrina mariana che si è sviluppata nella Chiesa, già all’inizio del II secolo. Essa mette in luce con straordinario vigore il ruolo di Maria accanto a Cristo ed è di grande attualità nell’attuale dibattito mariologico.

di LUIGI GAMBERO

Può sembrare strano, ma la prima riflessione della Chiesa sul rapporto fra Maria e Cristo non è stato stabilito a livello della divina maternità, come pure chiaramente suggerivano i Vangeli, ma a partire dal parallelismo Cristo-Adamo da una parte e Maria-Eva dall’altra; il tutto per meglio affermare e comprendere la salvezza operata da Cristo.

Una teologia ancora giudeo-cristiana

Il fatto che il punto di partenza non sia espressamente desunto dai Vangeli non deve meravigliare: infatti i Padri Apostolici e i primi scrittori ecclesiastici – tutti ancora debitori direttamente o indirettamente della tradizione giudeo-cristiana – quando citano la Scrittura, si rifanno per lo più all’Antico Testamento; in quanto al Nuovo, che allora era ancora in formazione, hanno per lo più allusioni o citazioni a senso. Allora la teologia si faceva a partire dall’Antico Testamento, ed essa significava soprattutto trovare nell’Antico Testamento le profezie che annunciavano il mistero della salvezza.

Eva e Maria (miniatura della Bible morelisés, Parigi, sec. XIII) Eva e Maria (miniatura della Bible morelisés, Parigi, sec. XIII)

Una volta impostato il parallelismo Adamo-Cristo, ne consegue inevitabilmente quello Eva-Maria. Esso è del resto già presente in Paolo, quando afferma, nella prima lettera ai Corinti: «Se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dai morti; e come tutti muoiono in Adamo, cosi tutti riceveranno la vita in Cristo» (1 Cor 15,21-22).

Nella Sacra Scrittura. Eva viene chiamata la madre dei viventi (Gn 3,20); ma ai Padri dovette apparire stridente il contrasto tra una tale denominazione e il ruolo svolto dalla progenitrice del genere umano nel destino dei suoi discendenti; giacché, se è vero che Eva trasmise a questi la vita fisica, con il suo peccato fu per essi causa di rovina e di morte. Per questo motivo tra gli autori cristiani prevarrà ben presto la tendenza a vedere nel titolo di madre dei viventi, attribuito all'antica Eva, la profetica raffigurazione di una nuova Eva, la quale sarebbe divenuta la madre dei viventi nel senso più vero e più pieno della parola. La nuova Eva doveva essere la Vergine Maria.

Mediante questo confronto gli antichi Padri sono pervenuti a una chiarezza notevole circa la funzione svolta dalla Vergine santa nel disegno divino della nostra salvezza.

Il parallelismo – come già accennato – ha un contenuto che riguarda propriamente la salvezza e dimostra che il primo interesse della più antica riflessione teologica su Maria era rivolto non tanto alla sua persona, quanto piuttosto alla sua funzione accanto al Cristo, il nuovo Adamo, come la prima Eva aveva avuto un ruolo accanto al primo Adamo. È da tale prospettiva che sorgerà, come conseguenza, l'interesse per la persona stessa di Maria, della quale si comincerà a sottolineare in seguito alcune prerogative più appropriate, quali la maternità divina e la verginità. Sono proprio queste infatti le due prerogative mariane direttamente suggerite dal parallelo Eva-Maria, perché ambedue le donne erano vergini allorché ricevettero la proposta divina, e ambedue divennero poi madri.

In S. Giustino Martire la prima testimonianza

Probabilmente fu Giustino (100-165) il primo autore che ricorse al parallelismo Eva-Maria.

È nel Dialogo con Trifone che Giustino enuncia questa dottrina, che sembra essere stata da lui attinta alla tradizione più antica della Chiesa. Con essa egli vuole dimostrare come il Signore abbia deciso di realizzare la salvezza degli uomini seguendo la stessa procedura con la quale era stato commesso il peccato e furono perpetrate la rovina e la morte del genere umano.

Giustino colloca il parallelo nel contesto cristologico della duplice generazione del Redentore:

«Il Figlio di Dio si è fatto uomo per mezzo della Vergine, affinché la disobbedienza provocata dal serpente fosse annullata attraverso la stessa via per la quale prese inizio. Come infatti Eva, che era vergine e incorrotta, dopo aver accolto la parola del serpente, partorì disobbedienza e morte, allo stesso modo Maria, la Vergine, avendo ricevuto dall'Angelo Gabriele il buon annuncio che lo Spirito Santo sarebbe disceso su di lei e che la potenza dell'Altissimo l'avrebbe adombrata, concepì fede e gioia, per cui il santo nato da lei sarebbe stato il Figlio di Dio. Perciò rispose: «Mi avvenga secondo la tua parola» (Lc 1,38). Così per mezzo di lei è nato colui a proposito del quale, come abbiamo dimostrato, sono state dettate tante Scritture. Per mezzo di lui Dio abbatte anche il serpente, insieme a quegli angeli e a quegli uomini che sono divenuti simili a lui» (Dialogo con Trifone, n. 100)

È interessante notare come in questo testo Giustino già presenta la funzione salvifica di Maria come conseguenza di una scelta consapevole e libera di fronte al messaggio dell'angelo. Però, come l'azione deleteria di Eva era rimasta subordinata a quella decisiva di Adamo, su cui cadde la responsabilità preminente e ultima del peccato, allo stesso modo l'azione di Maria, in ordine alla salvezza umana, rimane assolutamente subordinata a quella necessaria ed essenziale del Cristo, unico redentore.

Solo pochi decenni separano le lettere di Ignazio d'Antiochia dagli scritti di Giustino; eppure in breve tempo l'immagine di Maria ha acquistato nella cristianità delle fattezze più chiare e più dettagliate. Ci troviamo ormai di fronte a una embrionale teologia mariana. Tuttavia, se Giustino sente il bisogno di dedicare maggior interesse alla persona della Madre di Gesù, lo fa evidentemente per gettare maggior luce sul mistero del Figlio suo.

La sua testimonianza è tanto più preziosa in quanto è quella di un semplice laico cristiano, che non ha la consapevolezza di offrire un insegnamento suo proprio, ma che intende ribadire l'insegnamento tradizionale della Chiesa e difenderlo contro le calunniose insinuazioni dei pagani e dei giudei. Inoltre, la testimonianza di Giustino può riferirsi all'intera Chiesa del suo tempo, perché, come filosofo itinerante, egli conobbe sicuramente sia l'oriente che l'occidente cristiano.

Ulteriori sviluppi in S. Ireneo di Lione

È’ nel contesto della dottrina della «ricapitolazione» di tutte le cose in Cristo, che Ireneo (150-202 circa) spiega il ruolo della Vergine santa nel piano divino della salvezza, ricorrendo al parallelismo Eva-Maria. Fedele all’insegnamento di S. Paolo (cf Rom 5,12ss), la dottrina ireneiana della ricapitolazione mette bene in evidenza i due grandi obiettivi ottenuti dal Cristo nella sua opera redentrice: un risultato negativo, consistente nella distruzione del peccato e della more, che sono le due principali conseguenze della disobbedienza di Adamo; e un risultato positivo, vale a dire la restaurazione dell’intero genere umano secondo l’immagine di Dio distrutta dal peccato di origine. Questi due risultati il nuovo Adamo li ha conseguiti mediante la sua totale obbedienza al Padre, controbilanciando in tal modo la disobbedienza del primo Adamo e riaprendo vittoriosamente l’antico conflitto contro Satana.

Annunciazione (Beato Angelico - Madrid, Museo del Prado) Beato Angelico, Annunciazione (Madrido , Museo del Prado. Accanto alla scena principale, il pittore ha rappresentato la cacciata dei Progenitori dall'Eden.

È qui che si inserisce la dottrina di Maria nuova Eva e, rispetto a Giustino, che aveva toccato questo tema casualmente, Ireneo ne trae sviluppi per una riflessione teologica più matura e profonda:

«Come Eva, la quale, pur avendo come marito Adamo, era ancora vergine... disobbedendo divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, allo stesso modo Maria, che, pur avendo lo sposo, era ancora vergine, obbedendo divenne causa di salvezza per sé e per l'intero genere umano... Così dunque il processo della disobbedienza di Eva trovò la soluzione grazie all’obbedienza di Maria. Ciò che Eva aveva legato a causa della sua incredulità, Maria lo ha sciolto mediante la sua fede» (Adversus Haereses, 3,22).

Chiaramente Ireneo stabilisce un parallelismo perfetto tra le due donne, sia nella convergenza che nell'antitesi, come del resto l'apostolo aveva fatto con Adamo e Cristo. Eva e Maria, pur essendo ambedue sposate, erano ancora vergini. Ma mentre Eva disobbedì, causando rovina e morte per sé e per il genere umano, Maria con la sua obbedienza agì come causa di salvezza. La disobbedienza di Eva impose all'umanità dei legami di schiavitù spirituale, mentre l'obbedienza di Maria sciolse questi legami, riportando l'uomo alla sua primitiva libertà. La disobbedienza di Eva è conseguenza della sua incredulità, invece l'obbedienza di Maria è frutto della sua fede.

Maria, «avvocata» di Eva

In un altro passo, dove l'antitesi Eva-Maria è condotta in parallelo con l'antitesi paolina Adamo-Cristo, Ireneo attribuisce alla Vergine l'appellativo di «avvocata di Eva»:

«Come Eva fu sedotta dalla parola dell'angelo (decaduto) al punto di fuggire davanti a Dio, avendo trasgredito la sua parola, così Maria ricevette il lieto annuncio per mezzo della parola dell'angelo, cosicché, obbedendo alla sua parola, portò Dio dentro di sé. E come quella si lasciò sedurre fino a disobbedire a Dio, così questa si lasciò persuadere in modo da obbedire a Dio. Per questo la Vergine Maria divenne avvocato della vergine Eva.

«E come il genere umano fu legato alla morte a causa di una vergine, così ne fu liberato per mezzo di una Vergine, giacché la disobbedienza di una vergine fu controbilanciata dall’obbedienza della Vergine.

«Se dunque il peccato del primo uomo fu riparato dalla retta condotta del Figlio primogenito (di Dio); se la scaltrezza del serpente fu vinta dalla semplicità della colomba (Maria); e se sono stati spezzati i legami che ci tenevano vincolati alla morte, sono stolti gli eretici: essi ignorano l'economia di Dio; ignorano la sua opera nei confronti dell'uomo» (ivi, 5,19).

Da questi testi appare chiaro come Ireneo non solo attribuisca a Maria un ruolo all'interno dell'opera della redenzione; egli specifica che questo ruolo è strettamente congiunto con l'azione compiuta dal Salvatore, alla stessa maniera in cui Eva ebbe una funzione, purtroppo negativa, accanto al primo Adamo.

Inoltre la Vergine santa non si limita a svolgere la sua funzione su un piano suo proprio, parallelo a quello di Eva. Essa fa qualcosa di più: interferisce nel piano stesso di Eva, perché con la sua semplicità distrugge l'orgoglio e la furbizia del serpente, che è l'autore dei mali di Eva.

Maria ed Eva (1516). Maria dona l'Eucarestia, fonte di vita; Eva dà il frutto proibito, fonte di morte. Maria ed Eva (1516). Maria dona l'Eucarestia, fonte di vita; Eva dà il frutto proibito, fonte di morte.

Ma Ireneo va ancora oltre. In una pagina della sua Dimostrazione della dottrina apostolica scrive espressamente che come Adamo è stato «ricapitolato» in Cristo, alla stessa stregua Eva è stata «ricapitolata» in Maria:

«Era conveniente e giusto che Adamo fosse ricapitolato in Cristo, affinché la morte fosse assorbita nell'immortalità e che Eva fosse ricapitolata in Maria, affinché la Vergine, divenuta avvocata di un'altra vergine, potesse annullare e distruggere, con la sua verginale obbedienza, la disobbedienza verginale» (n. 33).

I tre testi che abbiamo citato sono in successione cronologica, ed è facile osservare un certo sviluppo progressivo. Il principio della ricapitolazione viene integrato con un altro principio, quello della «ricircolazione», che introduce nella teologia di Ireneo una nota storico-salvifica. Se il primo infatti afferma che l'umanità, caduta a causa del suo primo capo Adamo, doveva essere ricondotta a Dio da un altro uomo che fosse il suo secondo capo, cioè il Cristo, il principio della ricircolazione afferma che questo processo di restaurazione compiuto dal Salvatore doveva corrispondere passo a passo, ma su un piano antitetico, alla storia della caduta. Maria entra in questo processo come l'antitipo di Eva.

Una dottrina mariana di grande attualità

Con questa visione, il vescovo di Lione dimostra di voler considerare la storia umana come un fenomeno unitario, nel quale il Nuovo Testamento non è altro che la continuazione dell'Antico. L'unica economia divina, interrotta da Adamo, al quale Eva fu associata, venne ripresa e portata alla sua completa perfezione dal Cristo, al quale Maria è pure associata.

Il vescovo di Lione colpisce per i termini particolarmente forti con cui esprime le proprie convinzioni teologiche. Egli afferma senza ombra di dubbio la presenza attiva ed efficace della Vergine santa nella storia della salvezza e lo fa con straordinaria determinazione.

A ragione il cardinale John Henry Newman asseriva che la verità su Maria come nuova Eva costituisce un insegnamento rudimentale, ma della massima rilevanza, lasciatoci dall'antichità cristiana sulla Beata Vergine. E la prima meditazione sulla sua persona e sulla sua missione; il più ampio profilo tracciato su di lei; l'aspetto con cui ci è stata tramandata negli scritti dei primi Padri.

Questo insegnamento nella Chiesa è stato largamente ripreso e valorizzato ed ha avuto un durevole influsso sia nel campo della dottrina che del culto.

Attualmente il ricorso alla tipologia nella trattazione teologica e quindi anche mariologica, non è più in auge e nei suoi confronti abbiamo qualche problema; la dottrina di Maria come Nuova Eva, sviluppata dalla Chiesa antica, risulta di grande attualità e certamente capace di illuminare il dibattito odierno circa la collaborazione di Maria alla redenzione degli uomini e alla sua opera di mediatrice.


 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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