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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Brevi meditazioni dai Padri, dai Santi e Dottori della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 20/09/2018 20:39
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12/06/2016 21:24
 
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Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Dives In Misericordia, 1980

La Chiesa deve professare e proclamare la misericordia divina in tutta la verità, quale ci è tramandata dalla rivelazione. […]

Nella vita quotidiana della Chiesa la verità circa la misericordia di Dio, espressa nella Bibbia, risuona quale eco perenne attraverso numerose letture della sacra liturgia. La percepisce l'autentico senso della fede del Popolo di Dio, come attestano varie espressioni della pietà personale e comunitaria. Sarebbe certamente difficile elencarle e riassumerle tutte, poiché la maggior parte di esse è vivamente iscritta nell'intimo dei cuori e delle coscienze umane. Se alcuni teologi affermano che la misericordia è il più grande fra gli attributi e le perfezioni di Dio, la Bibbia, la tradizione e tutta la vita di fede del Popolo di Dio ne forniscono peculiari testimonianze. Non si tratta qui della perfezione dell'inscrutabile essenza di Dio nel mistero della divinità stessa, ma della perfezione e dell'attributo per cui l'uomo, nell'intima verità della sua esistenza, s'incontra particolarmente da vicino e particolarmente spesso con il Dio vivo. Conformemente alle parole che Cristo rivolse a Filippo, «la visione del Padre» - visione di Dio mediante la fede - trova appunto nell'incontro con la sua misericordia un singolare momento di interiore semplicità e verità, simile a quella che riscontriamo nella parabola del figliol prodigo.

«Chi ha visto me, ha visto il Padre». La Chiesa professa la misericordia di Dio, la Chiesa ne vive nella sua ampia esperienza di fede ed anche nel suo insegnamento, contemplando costantemente Cristo, concentrandosi in lui, sulla sua vita e sul suo Vangelo, sulla sua croce e risurrezione, sull'intero suo mistero. Tutto ciò che forma la «visione» di Cristo nella viva fede e nell'insegnamento della Chiesa ci avvicina alla «visione del Padre» nella santità della sua misericordia.



Dalle «Catechesi» di san Cirillo Gerusalemme
(Catech. 21, Mistagogica 3, 1-3; PG 33, 1087-1091)

«L'unzione dello Spirito Santo»

Siete diventati «consacrati» quando avete ricevuto il segno dello Spirito Santo. Tutto si è realizzato per voi in simbolo, dato che siete immagine di Cristo. Egli, battezzato nel fiume Giordano, dopo aver comunicato alle acque i fragranti effluvi della sua divinità, uscì da esse e su di lui avvenne la discesa del consustanziale Spirito Santo: l'Uguale si posò sull'Uguale.

Anche a voi, dopo che siete emersi dalle sacre acque, è stato dato il crisma, di cui era figura quello che unse il Cristo, cioè lo Spirito Santo. Di lui anche il grande Isaia, parlando in persona del Signore, dice nella profezia che lo riguarda: «Lo Spirito del Signore è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri» (Is 61,1).

Cristo non fu unto dagli uomini con olio o altro unguento materiale, ma il Padre lo ha unto di Spirito Santo, prestabilendolo salvatore di tutto il mondo, come dice Pietro: Gesù di Nazareth, che Dio unse di Spirito Santo (cfr. At 10, 38). E il profeta David proclama: «Il tuo trono, Dio, dura per sempre; è scettro giusto lo scettro del tuo regno. Ami la giustizia e l'empietà detesti; Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali» (Sal 44, 7-8).

Egli fu unto con spirituale olio di letizia, cioè con lo Spirito Santo, il quale è chiamato olio di letizia, perché è lui l'autore della spirituale letizia. Voi, invece, siete stati unti con il crisma, divenendo così partecipi di Cristo e solidali con lui.

Guardatevi bene dal ritenere questo crisma come un puro e ordinario unguento. Santo è quest'unguento e non più puro e semplice olio. Dopo la consacrazione non è più olio ordinario, ma dono di Cristo e dello Spirito Santo. È divenuto efficace per la presenza della sua divinità e viene spalmato sulla tua fronte e sugli altri tuoi sensi con valore sacramentale. Così mentre il corpo viene unto con l'unguento visibile, l'anima viene santificata dal santo e vivificante Spirito.



Dall'«Omelia sulla Pasqua» di un antico autore.
(Disc. 35, 6-9; PL 17, 696-697)

L'apostolo Paolo ricordando la felicità per la riacquistata salvezza, dice: Come per Adamo la morte entrò in questo mondo, così per Cristo la salvezza viene nuovamente data al mondo (cfr. Rm 5, 12). E ancora: Il primo uomo tratto dalla terra, è terra; il secondo uomo viene dal cielo, ed è quindi celeste (1 Cor 15, 47). Dice ancora: «Come abbiamo portato l'immagine dell'uomo di terra», cioè dell'uomo vecchio nel peccato, «porteremo anche l'immagine dell'uomo celeste» (1 Cor 15, 49), cioè abbiamo la salvezza dell'uomo assunto, redento, rinnovato e purificato in Cristo. Secondo lo stesso apostolo, Cristo viene per primo perché è l'autore della sua risurrezione e della vita. Poi vengono quelli che sono di Cristo, cioè quelli che vivono seguendo l'esempio della sua santità. Questi hanno la sicurezza basata sulla sua risurrezione e possiederanno con lui la gloria della celeste promessa, come dice il Signore stesso nel vangelo: Colui che mi seguirà, non perirà ma passerà dalla morte alla vita (cfr. Gv 5, 24).

Così la passione del Salvatore è la vita e la salvezza dell'uomo. Per questo infatti volle morire per noi, perché noi, credendo in lui, vivessimo per sempre. Volle diventare nel tempo quel che noi siamo, perché, attuata in noi la promessa della sua eternità, vivessimo con lui per sempre.

Questa, dico, è la grazia dei misteri celesti, questo il dono della Pasqua, questa è la festa dell'anno che più desideriamo, questi sono gli inizi delle realtà vivificanti.



Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore

Benedetto XVI, Udienza, Mercoledì 15 Aprile 2009

La risurrezione non è stata per Gesù un semplice ritorno alla vita precedente. In questo caso, infatti, sarebbe stata una cosa del passato: duemila anni fa uno è risorto, è ritornato alla sua vita precedente, come per esempio Lazzaro. La risurrezione si pone in un’altra dimensione: é il passaggio ad una dimensione di vita profondamente nuova, che interessa anche noi, che coinvolge tutta la famiglia umana, la storia e l’universo.

Questo evento che ha introdotto una nuova dimensione di vita, un’apertura di questo nostro mondo verso la vita eterna, ha cambiato l’esistenza dei testimoni oculari come dimostrano i racconti evangelici e gli altri scritti neotestamentari; è un annuncio che intere generazioni di uomini e donne lungo i secoli hanno accolto con fede e hanno testimoniato non raramente a prezzo del loro sangue, sapendo che proprio così entravano in questa nuova dimensione della vita. Anche quest’anno, a Pasqua risuona immutata e sempre nuova, in ogni angolo della terra, questa buona notizia: Gesù morto in croce è risuscitato, vive glorioso perché ha sconfitto il potere della morte, ha portato l’essere umano in una nuova comunione di vita con Dio e in Dio. Questa è la vittoria della Pasqua, la nostra salvezza! E quindi possiamo con sant’Agostino cantare: “La risurrezione di Cristo è la nostra speranza”, perché ci introduce in un nuovo futuro.

Lasciamoci illuminare dallo splendore del Signore risorto. Accogliamolo con fede e aderiamo generosamente al suo Vangelo, come fecero i testimoni privilegiati della sua risurrezione; come fece, diversi anni dopo, san Paolo che incontrò il divino Maestro in modo straordinario sulla Via di Damasco. Non possiamo tenere solo per noi l’annuncio di questa Verità che cambia la vita di tutti. E con umile fiducia preghiamo: “Gesù, che risorgendo dai morti hai anticipato la nostra risurrezione, noi crediamo in Te!”. Mi piace concludere con una esclamazione che amava ripetere Silvano del Monte Athos: “Gioisci, anima mia. È sempre Pasqua, perché Cristo risorto è la nostra risurrezione!”. 



Venerdì Santo,

Dalle «Catechesi» di san Giovanni Crisostomo, vescovo
(Catech. 3, 13-19; SC 50, 174-177)

Vuoi conoscere la forza del sangue di Cristo? Richiamiamone la figura, scorrendo le pagine dell'Antico Testamento.

«Immolate, dice Mosè, un agnello di un anno e col suo sangue segnate le porte» (cfr. Es 12, 1-14). Cosa dici, Mosè? Quando mai il sangue di un agnello ha salvato l'uomo ragionevole? Certamente, sembra rispondere, non perché è sangue, ma perché è immagine del sangue del Signore. Molto più di allora il nemico passerà senza nuocere se vedrà sui battenti non il sangue dell'antico simbolo, ma quello della nuova realtà, vivo e splendente sulle labbra dei fedeli, sulla porta del tempio di Cristo.

Se vuoi comprendere ancor più profondamente la forza di questo sangue, considera da dove cominciò a scorrere e da quale sorgente scaturì. Fu versato sulla croce e sgorgò dal costato del Signore. A Gesù morto e ancora appeso alla croce, racconta il vangelo, s'avvicinò un soldato che gli aprì con un colpo di lancia il costato: ne uscì acqua e sangue. L'una simbolo del Battesimo, l'altro dell'Eucaristia. Il soldato aprì il costato: dischiuse il tempio sacro, dove ho scoperto un tesoro e dove ho la gioia di trovare splendide ricchezze. La stessa cosa accadde per l'Agnello: i Giudei sgozzarono la vittima ed io godo la salvezza, frutto di quel sacrificio.

E uscì dal fianco sangue ed acqua (cfr. Gv 19, 34). Carissimo, non passare troppo facilmente sopra a questo mistero. Ho ancora un altro significato mistico da spiegarti. Ho detto che quell'acqua e quel sangue sono simbolo del battesimo e dell'Eucaristia. Ora la Chiesa è nata da questi due sacramenti, da questo bagno di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito santo per mezzo del Battesimo e dell'Eucaristia. E i simboli del Battesimo e dell'Eucaristia sono usciti dal costato. Quindi è dal suo costato che Cristo ha formato la Chiesa, come dal costato di Adamo fu formata Eva.

Per questo Mosè, parlando del primo uomo, usa l'espressione: «ossa delle mie ossa, carne della mia carne» (Gn 2, 23), per indicarci il costato del Signore. Similmente come Dio formò la donna dal fianco di Adamo, così Cristo ci ha donato l'acqua e il sangue dal suo costato per formare la Chiesa. E come il fianco di Adamo fu toccato da Dio durante il sonno, così Cristo ci ha dato il sangue e l'acqua durante il sonno della sua morte.

Vedete in che modo Cristo unì a sé la sua Sposa, vedete con quale cibo ci nutre. Per il suo sangue nasciamo, con il suo sangue alimentiamo la nostra vita. Come la donna nutre il figlio col proprio latte, così il Cristo nutre costantemente col suo sangue coloro che ha rigenerato.



Riflessione Spirituale, Giovedì Santo

Dall'«Omelia sulla Pasqua» di Melitone di Sardi, vescovo
(Capp. 65-67; SC 123, 95-101)

Molte cose sono state predette dai profeti riguardanti il mistero della Pasqua, che è Cristo, «al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen» (Gal 1, 5 ecc.). Egli scese dai cieli sulla terra per l'umanità sofferente; si rivestì della nostra umanità nel grembo della Vergine e nacque come uomo. Prese su di sé le sofferenze dell'uomo sofferente attraverso il corpo soggetto alla sofferenza, e distrusse le passioni della carne. Con lo Spirito immortale distrusse la morte omicida.
Egli infatti fu condotto e ucciso dai suoi carnefici come un agnello, ci liberò dal modo di vivere del mondo come dall'Egitto, e ci salvò dalla schiavitù del demonio come dalla mano del Faraone. Contrassegnò le nostre anime con il proprio Spirito e le membra del nostro corpo con il suo sangue.
Egli è colui che coprì di confusione la morte e gettò nel pianto il diavolo, come Mosè il faraone. Egli è colui che percosse l'iniquità e l'ingiustizia, come Mosè condannò alla sterilità l'Egitto.
Egli è colui che ci trasse dalla schiavitù alla libertà, dalle tenebre alla luce, dalla morte alla vita, dalla tirannia al regno eterno. Ha fatto di noi un sacerdozio nuovo e un popolo eletto per sempre. Egli è la Pasqua della nostra salvezza.
Egli è colui che prese su di sé le sofferenze di tutti. Egli è colui che fu ucciso in Abele, e in Isacco fu legato ai piedi. Andò pellegrinando in Giacobbe, e in Giuseppe fu venduto. Fu esposto sulle acque in Mosè, e nell'agnello fu sgozzato.
Fu perseguitato in Davide e nei profeti fu disonorato.
Egli è colui che si incarnò nel seno della Vergine, fu appeso alla croce, fu sepolto nella terra e, risorgendo dai morti, salì alle altezze dei cieli. Egli è l'agnello che non apre bocca, egli è l'agnello ucciso, egli è nato da Maria, agnello senza macchia. Egli fu preso dal gregge, condotto all'uccisione, immolato verso sera, sepolto nella notte. Sulla croce non gli fu spezzato osso e sotto terra non fu soggetto alla decomposizione.
Egli risuscitò dai morti e fece risorgere l'umanità dal profondo del sepolcro.



Domenica delle Palme e della Passione del Signore

Dai «Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo (PG 97, 990-994)

Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza.

Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro. Non però per stendere davanti a lui lungo il suo cammino rami d'olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi piedi le nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che si avanza e riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere. Egli, che è la mansuetudine stessa, gode di venire a noi mansueto. Sale, per così dire, sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o meglio entra nell'ombra della nostra infinita bassezza, si fa nostro intimo, diventa uno di noi per sollevarci e ricondurci a sé.

Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia. Agitando i rami spirituali dell'anima, anche noi ogni giorno, assieme ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele».



Festa di S. Giuseppe, Sposo della B. V. Maria, Patrono della Chiesa Universale

Dai «Discorsi» di san Bernardino da Siena, sacerdote

Regola generale di tutte le grazie singolari partecipate a una creatura ragionevole è che quando la condiscendenza divina sceglie qualcuno per una grazia singolare o per uno stato sublime, concede alla persona così scelta tutti i carismi che le sono necessari per il suo ufficio. Naturalmente essi portano anche onore al prescelto. Ecco quanto si è avverato soprattutto nel grande san Giuseppe, padre putativo del Signore Gesù Cristo e vero sposo della regina del mondo e signora degli angeli. […]

Se poni san Giuseppe dinanzi a tutta la Chiesa di Cristo, egli è l'uomo eletto e singolare, per mezzo del quale e sotto il quale Cristo fu introdotto nel mondo in modo ordinato e onesto. Se dunque tutta la santa Chiesa è debitrice alla Vergine Madre, perché fu stimata degna di ricevere Cristo per mezzo di lei, così in verità dopo di lei deve a Giuseppe una speciale riconoscenza e riverenza. Infatti egli segna la conclusione dell'Antico Testamento e in lui i grandi patriarchi e i profeti conseguono il frutto promesso. Invero egli solo poté godere della presenza fisica di colui che la divina condiscendenza aveva loro promesso.

Certamente Cristo non gli ha negato in cielo quella familiarità, quella riverenza e quell'altissima dignità che gli ha mostrato mentre viveva fra gli uomini, come figlio a suo padre, ma anzi l'ha portata al massimo della perfezione. […]

Ricordati dunque di noi, o beato Giuseppe, ed intercedi presso il tuo Figlio putativo con la tua potente preghiera; ma rendici anche propizia la beatissima Vergine tua sposa, che è Madre di colui che con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna nei secoli infiniti. Amen.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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