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Brevi meditazioni dai Padri, dai Santi e Dottori della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 20/09/2018 20:39
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26/04/2017 17:42
 
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LETTERA E SPIRITO



Rivista di Studi Tradizionali




Il discernimento spirituale nel cristianesimo


di abggallardo



 





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«Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,


un virgulto germoglierà dalle sue radici.


Su di lui si poserà lo spirito del Signore,


spirito di sapienza e di intelligenza,


spirito di consiglio (discernimento) e di fortezza,


spirito di conoscenza e di timore del Signore.»[1]


 


«Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?»[2]


 


«Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.»[3]


 


«Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, an­che le profondità di Dio. Chi conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. L’uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. L’uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno. Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore in modo da poterlo dirigere? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo.»[4]


 


«Esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono.»[5]


 


«Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito.»[6]


 


INTRODUZIONE


 


In generale, il discernimento è l’azione con cui si cerca di distinguere, differenziare tra due cose che in linea di massima ci appaiono come buone. Nel linguaggio colloquiale possiamo dire che una persona “senza discernimento” è quella che prende le cose alla leggera, che non è ca­pace di fare un giudizio accurato sulla realtà né di agire conseguentemente in una determinata situazione. La mancanza di discernimento può portare, in questo senso, ad agire senza soppesare quel che si fa né misurare bene le conseguenze dei propri pensieri, parole o azioni.


Tuttavia, qui si parla di un discernimento “spirituale”. Che significa questo? Le Sacre Scrit­ture ci offrono lumi preziosi per capire che significa discernere spiritualmente. Esse rivelano l’esistenza nell’uomo di una lotta o combattimento interiore intrapreso nell’anima umana: sono l’“uomo vecchio” e l’“uomo nuovo”; l’uomo del peccato e l’uomo redento da Cristo e illumi­nato dallo Spirito Santo. A nostra conoscenza, niente illustra meglio questa tensione, che lacera l’anima umana tra il vizio e la virtù, della citazione biblica da Romani, 7, 15-24 che abbiamo riprodotto all’inizio del presente articolo.


Per poter discernere qual è la volontà di Dio, qual è il Suo Progetto di salvezza per noi, San Paolo ci dice che è fondamentale che ci trasformiamo interiormente secondo l’“uomo nuovo” che è Cristo. Il rinnovamento della mente cui allude l’apostolo Paolo non si produce tanto per l’azione di una legge esterna, ma inizia dentro l’uomo, dall’intima illuminazione dello Spirito Santo che ci rende capaci di distinguere il bene dal male e di seguire il cammino del bene. Questo intendiamo quando parliamo di un discernimento spirituale. Si tratta di un’azione che non soltanto si realizza dall’interno, ma che altresì deve compiersi sempre in presenza e sotto l’azione dello Spirito di Dio.


Alla luce di quanto detto, potremmo definire il discernimento spirituale come un esercizio interiore che ci porta a esaminare e distinguere quali situazioni, persone o cose ci aiutano a seguire il Progetto di Dio e per contro quali ci discostano da esso. In questa maniera, aperti all’azione dello Spirito Santo che ci illumina e ci spinge, potremo dare alla nostra vita un orientamento che ci porti alla vera felicità.


Al discernere spiritualmente, cerchiamo d’illuminare una situazione concreta della nostra vi­ta con la luce della fede, in modo che la scelta che facciamo vada per il cammino dell’amore­vole disegno di Dio, che ricerca il bene per noi.


Tutto ciò che ci aliena dalla vita nello Spirito diventa un ostacolo per un buon discernimento spirituale. È responsabilità di ciascuno individuare nel proprio foro interiore gli ostacoli per un retto pensare e un retto agire: testardaggine, impazienza, superbia, autosufficienza, pigrizia mentale, o qualunque altro.


Presentiamo qui di seguito una selezione di testi di autori cristiani che trattano del discerni­mento spirituale.


 


1. DIADOCO DI FOTICA


 


Diadoco, vescovo di Fotica nell’Epiro, è uno dei grandi asceti del V secolo, poco si sa della sua vita. Fozio menziona il “vescovo di Fotica, di nome Diadoco” tra gli avversari dei monofisiti[7] durante la celebrazione del Concilio di Calcedonia (451), in cui si condannò detta eresia. La sua firma compare in una lettera indirizzata all’imperatore Leone dai vescovi dell’Epiro dopo l’assas­sinio di Proterio vescovo d’Alessandria, per mano dei monofisiti, l’anno 457. Morì probabilmente verso il 468. La sua opera più importante, Kεϕάλαια γνωστικά ρ′ (De perfectione spirituali capita centum o I cento capitoli gnostici), è un manuale d’ascetismo, che ha esercitato uno straordinario influsso sulla formazione della dottrina e terminologia mistica e sull’ascetica cristiana. L’autore non solo mostra il vero cammino verso la perfezione, ma cerca anche di distinguere tra veri e falsi mezzi per tendere a essa, chiarire concetti ed eliminare fraintendimenti.


 


Riportiamo di seguito i capp. 30, 31 e 33 della sua opera principale, I cento capitoli gnostici. In essi, l’autore traccia un’analogia tra il senso corporeo del gusto e il suo appetito per le cose belle e gradevoli al palato e il senso dell’intelletto come “gusto divino” orientato alle dolcezze spirituali. Ricorda che così com’è proprio dell’uomo naturale lasciarsi influenzare dalle “dolcezze terrene”, l’intelletto colmato dalla grazia divina (Spirito Santo) si orienta alle realtà spirituali.


Diadoco rileva altresì la necessità d’essere vigili e attenti alle insinuazioni di Satana così come all’influenza nefasta dei “logismoi”[8] e perciò prescrive un metodo proprio della tradizione esicasta[9]: la concentrazione o il costante ricordo in un’orazione o formula a somiglianza del mantra indù o del dhikr islamico.


 


CAPITOLI GNOSTICI N° 30, 31 E 33[10]



  1. Per senso intellettivo s’intende un gusto preciso di ciò che si discerne. Infatti allo stesso modo in cui mediante il nostro senso corporeo del gusto, quando godiamo buona salute, discer­niamo senza errore le cose buone dalle cattive e ci indirizziamo verso quelle che ci fanno bene[11], così anche il nostro spirito, quando comincia a muoversi sanamente in piena libertà da affanni, può sentire abbondantemente la consolazione divina senza mai farsi prendere da quella opposta. Come il corpo, infatti, per gustare le dolcezze della terra possiede l’infallibile espe­rienza del senso, così anche la mente, quando esulta al di sopra dei consigli della carne, può gustare senza errore la consolazione dello Spirito Santo («Gustate – dice infatti la Scrittura – e vedete che buono è il Signore»[12]) e conservare intatto per effetto dell’amore il ricordo del gusto, per cui distinguiamo con sicurezza ciò che più importa, secondo che dice san Paolo: «E per questo prego: che il vostro amore più e più ancora abbondi in conoscenza e in pienezza di senso, perché possiate distinguere ciò che più importa»[13].


 



  1. Quando il nostro spirito comincia a sentire la consolazione dello Spirito Santo, allora anche Satana consola l’anima quasi con un senso di falsa dolcezza che intervalli il riposo not­turno, quando cioè si cede a un sonno leggerissimo solo per un breve istante. Se allora l’in­gannatore si accorge che lo spirito si attacca al santo nome del Signore Gesù[14] con un intenso fervido ricordo, e che si serve di questo santo e glorioso nome a mo’ di arma contro le sue mistificazioni, recede dall’insidia e da quel momento combatte l’anima in una guerra aperta. Di conseguenza, riconoscendo esattamente le mistificazioni del maligno, lo spirito progredisce sempre più nell’esperienza del giudizio[15].


 



  1. Talora accade che l’anima si accenda d’amor di Dio per un moto che sicuramente la fa tendere verso di lui e che perciò non è frutto di fantasia. Essa allora quasi trascina con sé anche il corpo fino alle profondità di quell’amore ineffabile, sia che colui il quale è sotto l’influsso della grazia divina stia sveglio, sia che egli cada in quella parvenza di sonno di cui abbiamo parlato; in tale condizione l’anima non pensa a nient’altro che a quello verso cui si muove: si sappia bene che allora si è sotto l’azione dello Spirito Santo. Infatti tutta deliziata da quella dolcezza indicibile a nient’altro può allora pensare, perché gode di una gioia incrollabile.


Ma altre volte accade che lo spirito, pur se sotto l’influsso della grazia divina, concepisca un dubbio qualsiasi o un pensiero impuro. Anche se esso allora si è servito del santo nome per difendersi dal maligno – non però unicamente per amore di Dio –, si comprenda bene che allora sotto l’apparenza di quella gioiosa consolazione vi è l’ingannatore; tale gioia, del tutto confusa e scomposta, è propria del nemico che vuole fare dell’anima un’adultera. Quando infatti egli si accorge che lo spirito è decisamente fiero dell’esperienza del suo senso, allora suggestiona l’anima – come già detto – con certe consolazioni solo apparentemente buone, perché essa pro­strata da quella vana e morbida dolcezza si accoppi con l’ingannatore senza rendersene conto.


Questi sono i Segni di riconoscimento dello Spirito veritiero e dello spirito ingannatore.


È certamente impossibile sia gustare col senso spirituale la divina bontà, sia sperimentare sensibilmente l’amarezza dei demoni, se non ci si convince pienamente che la grazia ha stabilito la sua dimora nei profondi recessi dello spirito, e che gli spiriti maligni stazionano sempre vigili per attaccare da ogni parte il cuore; la qual cosa giammai i demoni vogliono sia creduta dagli uomi­ni, temendo che lo spirito, avutane esatta conoscenza, si armi contro di essi del ricordo di Dio.


 


2. SAN GIOVANNI CLIMACO


 


San Giovanni lo Scolastico è noto soprattutto con il suo soprannome Climaco, che deriva dalla trascrizione latina “della scala”, tratta dal titolo della sua opera principale: La Scala del Paradiso. I suoi dati biografici sono scarsi. Nato intorno al 579, entrò nel monastero del Monte Sinai all’età di sedici anni. A venti, fece la professione di fede secondo la regola del monastero, fino a quando de­cise di vivere da eremita. Dio lo favorì con il dono delle lacrime, e la sua fama di santità crebbe a tal punto che i monaci lo elessero come abate: aveva allora sessant’anni. La sua morte avvenne intorno all’anno 649.


Considerato un dottore universale, San Giovanni Climaco approfondì il cammino ascetico che può attraversare ogni cristiano. La Scala del Paradiso, libro di grande ricchezza interiore ed enor­me popolarità, sviluppa l’idea dell’ascesa dell’anima sotto la guida dello Spirito Santo, a somi­glianza con Cristo. Il titolo di quest’opera ricorda la scala di Giacobbe. È divisa in trenta scalini, e si possono considerarvi due parti principali: la prima riguarda i ventitré capitoli iniziali e tratta della lotta contro i vizi; i rimanenti sette capitoli ruotano attorno all’acquisizione delle virtù.


 


In San Giovanni Climaco, il discernimento non deve essere assimilato, senza ulteriori preci­sazioni, alla ragione, al pensiero, alla facoltà di conoscenza analitica, indiretta, mediata e di ca­rattere individuale. Non si tratta di ragionare o pensare a quel che si deve fare in una determi­nata situazione, per contro l’autore chiarisce bene la natura spirituale di questa facoltà illumi­nata dalla Grazia divina che permette di percepire la volontà di Dio “in ogni occasione, in ogni luogo e in ogni circostanza”. Il discernimento (qui chiamato “occhio dell’anima”), sarebbe quin­di l’applicazione al dominio contingente della Sapienza divina insufflata in un cuore puro. Vale a dire, la Grazia dello Spirito Santo la riceve solo un’anima vuota e distaccata da ogni identifi­cazione con le cose sensibili e con le creature. In definitiva si tratta di ordinare e allineare la volontà umana a quella divina, così che il cristiano voglia solo quello che vuole Dio.


Quanto segue è una selezione di frammenti corrispondenti al ventiseiesimo gradino del Scala Santa, in cui l’autore affronta il problema del discernimento spirituale.


 


SCALA PARADISI. GRADINO XXVI: DISCREZIONE DEI PENSIERI, DELLE PASSIONI, DELLE VIRTÙ.[16]



  1. La discrezione[17], per i principianti, è la precisa cognizione di se stessi; per i proficienti, è un sentimento dell’anima, il quale può discernere senza errore il vero bene dai beni materiali e dal male; per i perfetti, è una cognizione, che proviene da illuminazione divina e che può con la sua luce illuminare anche le tenebre degli altri. – O forse anche, in complesso, la discrezione è, e viene intesa, come l’adempimento della volontà di Dio in ogni tempo, luogo e circostanza, quale essa si presenta solo a quelli che hanno puro il cuore, il corpo e le labbra.


Chi ha abbattuto questi tre vizi ha vinto anche gli altri cinque; chi trascura gli uni, non vince nemmeno gli altri. – La discrezione suppone purezza di coscienza e di sentimenti.



  1. L’anima, che è del tutto spirituale, è pure rivestita d’un senso spirituale, che non ces­siamo mai di ricercare in noi, anche quando in noi intorpidisse. Ravvivato quello, i sensi esterni cesseranno di adempire le loro funzioni a modo loro. Questo è il valore del motto che disse un Savio intelligente: «E troverai il senso divino»!

  2. Quando si hanno cattivi pensieri, altro è pregare, altro resistervi, e altro disperderli e sgominarli del tutto. Al primo allude colui che prega: Signore, accorri in mio aiuto[18] e simili in­vocazioni; al secondo chi afferma: Saprò che cosa rispondere a chi mi insulta[19] contradicendo­gli; e altrove: Ci hai reso oggetto di contesa ai nostri nemici[20]; al terzo chi cantò: Tacqui e non aprii bocca[21] e Posi alle mie labbra un fermaglio, finché l’empio stette in faccia a me[22]; e altrove: I superbi agivano contro di me, iniquamente, in tutti i modi; ma io non ho levato mai il mio sguardo da Te[23]. – Di queste armi la seconda si unisce talora alla prima, perché da sola sarebbe insufficiente; la prima però non riesce mai a cacciare il nemico mediante la seconda; la terza invece sopprime i suoi nemici assolutamente.

  3. Troppo è intelligente e fine l’occhio dell’anima, e, dopo gli Angeli, è superiore a ogni altra creatura vivente; e quindi quelli, che sono inclinati alle passioni, riusciranno spesso a scor­gere nell’anima altrui i pensieri passionali, per l’affetto che loro portano, specialmente quando non sono immersi essi stessi nel fango dei vizi …

  4. Come la cervabruciante di sete, anela ai ruscelli[24] così i religiosi desiderano cono­scere la santa volontà di Dio, non solo, ma anche la volontà mista, e perfino il suo contrario. – Su questo punto avrei realmente molto da dire e non poca difficoltà di spiegarmi: cioè quali azioni, adatte a noi, si debbano fare senza ombra di esitazione (secondo colui che dice «Guai a chi differisce di giorno in giorno»[25] e a chi, avendo tempo, aspetta tempo) e quali con arte e circospezione (come avverte chi dice « Secondo il disegnosi fa la guerra»[26]; e altrove «Tutto si faccia con decoro e ordine»)[27].


Certo non è di qualunque capita tra i piedi, intuire e valutare con immediatezza imprese difficili, poiché colui, che era pieno di Dio e in lui parlava lo Spirito Santo, pare che abbia chie­sto intuizione più d’una volta, e in particolare quando dice: Insegnami a fare la tua volontà, perché sei il mio Dio[28]; e in un altro punto: Guidami per la via vera[29]; e altrove: Fammi conoscere le vie, per cui andare, onde elevarmi a Te[30] da tutte le miserie della vita e dei vizi.


Coloro che vogliono conoscere la volontà di Dio, devono morire a se stessi; e, pregando i Padri, e anche i fratelli, con fiducia e schietta semplicità, e interrogandoli con umiltà e docilità, riceverne i consigli come dalle labbra di Dio, anche se quello che dicono è contrario alle loro vedute, e gli interrogati non siano persone tanto spirituali: Iddio non è ingiusto, da lasciare che vengano ingannate anime, che si sottopongono ai consigli altrui con fiducia e ingenuità, nem­meno nel caso che chi risponde, non sia fior di sapienza, perché chi parla per mezzo loro è l’Immateriale e l’Invisibile.



  1. Quelli che seguono in perfetta buona fede la regola indicata, sono pieni di bella umiltà. Se colui affidò il suo enigma al Salterio[31] immaginarsi quanto un’anima intelligente e dotata di ragione, sia da più del suono della lira![32].


Chi attraverso il lume divino possiede Iddio in sé, nel secondo caso suole venire illuminato da Dio senza ritardo, sia negli affari urgenti, sia negli affari non urgenti: la perplessità e il rima­nere impacciato a lungo, è indizio non di essere illuminato, ma attaccato al proprio parere. Dio non è ingiusto, da respingere da Sé chi picchia alla sua porta[33] con umiltà. Dio guarda l’inten­zione, sia in ciò che occorresse far subito, sia in ciò che bisognasse differire. Tutto quello che non ha difetto, né macchia, e si opera per il Signore e non per altro fine, anche se non fosse buono sotto ogni aspetto, ci sarà attribuito a merito ugualmente. Le ricerche troppo elevate, non sono scevre da pericoli; il giudizio di Dio sul conto nostro, a noi riesce imperscrutabile.


Talora poi Iddio provvidenzialmente vuole nascondere la sua volontà, sapendo che noi, anche conoscendola, non la eseguiremmo, e la nostra responsabilità sarebbe maggiore. – Il cuor retto evita le circonvoluzioni, navigando tranquillo entro la barca dell’innocenza.



  1. I loro insegnamenti [dei Padri] ci sono lucerna nelle tenebre, sono richiamo agli erranti, guida di quelli, che vanno a tastoni …


Chi ha la discrezione, dà la salute, e guarisce dalle malattie.


 


continua................   


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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