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ATTENZIONE Iuvenescit Ecclesia Documento per i Movimenti e gruppi nella Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 16/06/2016 17:14
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14/06/2016 17:23
 
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V. La pratica ecclesiale della relazione tra doni gerarchici e doni carismatici


19. È necessario affrontare, da ultimo, alcuni elementi della concreta pratica ecclesiale circa la relazione tra doni gerarchici e quei doni carismatici che si configurano come aggregazioni carismatiche all’interno della comunione ecclesiale.


Vicendevole riferimento


20. Innanzitutto la pratica della buona relazione tra i diversi doni nella Chiesa richiede la fattiva inserzione delle realtà carismatiche nella vita pastorale delle Chiese particolari. Ciò comporta, innanzitutto, che le diverse aggregazioni riconoscano l’autorità dei pastori nella Chiesa come realtà interna alla propria vita cristiana, desiderando sinceramente di esserne riconosciuti, accolti ed eventualmente purificati, mettendosi al servizio della missione ecclesiale. Dall’altra parte, coloro che sono insigniti dei doni gerarchici, effettuando il discernimento e l’accompagnamento dei carismi, devono cordialmente accogliere ciò che lo Spirito suscita all’interno della comunione ecclesiale, tenendone conto nell’azione pastorale e valorizzando il loro contributo come un’autentica risorsa per il bene di tutti.


I doni carismatici nella Chiesa universale e particolare


21. Relativamente alla diffusione e alla peculiarità delle realtà carismatiche si dovrà tenere conto della imprescindibile e costitutiva relazione tra Chiesa universale e Chiese particolari. Occorre a questo proposito ribadire che la Chiesa di Cristo, come professiamo nel Simbolo apostolico, «è la Chiesa universale, vale a dire l’universale comunità dei discepoli del Signore, che si fa presente ed operante nella particolarità e diversità di persone, gruppi, tempi e luoghi» [87]. La dimensione particolare è, pertanto, intrinseca a quella universale e viceversa; vi è infatti fra Chiese particolari e Chiesa universale un rapporto di «mutua interiorità» [88]. I doni gerarchici propri del Successore di Pietro si esercitano, in questo contesto, nel garantire e nel favorire l’immanenza della Chiesa universale nelle Chiese locali; come del resto l’ufficio apostolico dei singoli vescovi non rimane confinato nella propria diocesi ma è chiamato a rifluire nella Chiesa tutta, anche attraverso la collegialità affettiva ed effettiva e soprattutto attraverso la comunione con quel centrum unitatis Ecclesiae che è il Romano Pontefice. Egli, infatti, come «successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli. I vescovi, invece, singolarmente presi, sono il principio visibile e il fondamento dell’unità nelle loro Chiese particolari, formate a immagine della Chiesa universale, nelle quali e a partire delle quali esiste la sola e unica Chiesa cattolica» [89]. Ciò implica che in ogni Chiesa particolare «è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo, Una, Santa, Cattolica e Apostolica» [90]. Pertanto, il riferimento all’autorità del Successore di Pietro - la comunione cum Petro et sub Petro- è costitutivo di ogni Chiesa locale [91].


In tal modo, sono poste le basi per relazionare doni gerarchici e carismatici all’interno del rapporto tra Chiesa universale e Chiese particolari. Infatti, da una parte, i doni carismatici sono dati a tutta la Chiesa; dall’altra, la dinamica di questi doni non può che realizzarsi nel servizio ad una concreta diocesi, la quale è «una porzione del Popolo di Dio affidata alle cure pastorali del vescovo coadiuvato dal suo presbiterio» [92]. A questo proposito, può essere utile ricordare il caso della vita consacrata; essa, infatti, non è una realtà esterna o indipendente dalla vita della Chiesa locale, ma costituisce un modo peculiare, segnato dal radicalismo evangelico, di essere presente al suo interno, con i suoi doni specifici. Il tradizionale istituto della “esenzione”, legato a non pochi istituti di vita consacrata [93], ha come significato non una sovralocalità disincarnata o una autonomia male intesa, bensì un’interazione più profonda tra la dimensione universale e quella particolare della Chiesa [94]. Analogamente, le nuove realtà carismatiche, quando possiedono carattere sovra-diocesano, non devono concepirsi in modo del tutto autonomo rispetto alla Chiesa particolare; piuttosto la devono arricchire e servire in forza delle proprie peculiarità condivise oltre i confini di una singola diocesi.


I doni carismatici e gli stati di vita del cristiano


22. I doni carismatici elargiti dallo Spirito Santo possono essere relazionati con l’intero ordine della comunione ecclesiale, sia in riferimento ai Sacramenti che alla Parola di Dio. Essi, a seconda delle loro diverse peculiarità, consentono di portare molto frutto nello svolgimento di quei compiti che scaturiscono dal Battesimo, dalla Cresima, dal Matrimonio e dall’Ordine, come anche di rendere possibile una maggiore comprensione spirituale della Tradizione apostolica; la quale, oltre che con lo studio e con la predicazione di coloro che sono insigniti del charisma veritatis certum [95], può essere approfondita con «l’intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali» [96]. In questa prospettiva è utile elencare le questioni fondamentali circa le relazioni tra doni carismatici e i differenti stati di vita, con particolare riferimento al sacerdozio comune del Popolo di Dio e al sacerdozio gerarchico, i quali «quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo» [97]. Infatti, si tratta di «due modi di partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo, nel quale sono presenti due dimensioni, che si uniscono nell'atto supremo del sacrificio della croce» [98].


a) In primo luogo occorre riconoscere la bontà dei diversi carismi che originano aggregazioni ecclesiali tra tutti i fedeli, chiamati a far fruttificare la grazia sacramentale, sotto la guida dei legittimi pastori. Essi rappresentano un’autentica possibilità per vivere e sviluppare la propria vocazione cristiana [99]. Questi doni carismatici permettono ai fedeli di vivere nell’esistenza quotidiana il sacerdozio comune del Popolo di Dio: come «discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera e lodando insieme Dio (cf. At 2, 42-47), offrano se stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio (cf. Rm 12, 1), rendano dovunque testimonianza di Cristo e, a chi la richieda, rendano ragione della speranza che è in essi di una vita eterna (cf. 1 Pt 3, 15)» [100]. In questa linea si collocano anche quelle aggregazioni ecclesiali che risultano essere particolarmente significative per la vita cristiana nel matrimonio, le quali possono validamente «sostenere con la dottrina e con l'azione i giovani e gli stessi sposi, particolarmente le nuove famiglie, ed a formarli alla vita familiare, sociale ed apostolica» [101].


b) Anche i ministri ordinati potranno trovare nella partecipazione ad una realtà carismatica, sia il richiamo al senso del proprio Battesimo, con il quale sono divenuti figli di Dio, sia alla loro vocazione e missione specifica. Un fedele ordinato potrà trovare in una determinata aggregazione ecclesiale forza ed aiuto per vivere fino in fondo quanto gli è richiesto dal suo ministero specifico, sia nei confronti di tutto il Popolo di Dio, ed in particolare della porzione che gli viene affidata, sia in riferimento alla obbedienza sincera dovuta al proprio Ordinario [102]. Discorso analogo vale anche nel caso di candidati al sacerdozio che provenissero da una determinata aggregazione ecclesiale, come affermato dall’Esortazione post-sinodale Pastores dabo vobis [103]; una tale relazione dovrà esprimersi nella sua fattiva docilità alla propria formazione specifica, portandovi la ricchezza proveniente dal carisma di riferimento. Infine, l’aiuto pastorale che il sacerdote potrà offrire all’aggregazione ecclesiale, secondo le caratteristiche del movimento stesso, potrà avvenire osservando sempre il regimen previsto nella comunione ecclesiale per l’Ordine sacro in riferimento all’incardinazione [104] e all’obbedienza dovuta al proprio Ordinario [105].


c) Il contributo di un dono carismatico al sacerdozio battesimale e al sacerdozio ministeriale è emblematicamente espresso dalla vita consacrata; essa, come tale, si colloca nella dimensione carismatica della Chiesa [106]. Tale carisma, che realizza «la speciale conformazione a Cristo vergine, povero, obbediente» [107] come forma stabile di vita [108] mediante la professione dei consigli evangelici, viene elargito per «poter raccogliere più copiosi frutti dalla grazia battesimale» [109]. La spiritualità degli Istituti di vita consacrata può diventare, sia per il fedele laico che per il presbitero, una significativa risorsa per vivere la propria vocazione. Inoltre, non di rado, membri di vita consacrata, con il necessario assenso del proprio superiore [110], possono trovare nel rapporto con le nuove aggregazioni un importante sostegno per vivere la propria vocazione specifica ed offrire, a propria volta, una «testimonianza gioiosa, fedele e carismatica della vita consacrata», permettendo così un «reciproco arricchimento» [111].


d) Infine, è significativo che lo spirito dei consigli evangelici venga raccomandato dal Magistero anche ad ogni ministro ordinato[112]. Anche il celibato, richiesto ai presbiteri nella venerabile tradizione latina [113], è chiaramente nella linea del dono carismatico; esso non è primariamente funzionale, ma «rappresenta una speciale conformazione allo stile di vita di Cristo stesso» [114], in cui si realizza la piena dedizione di sé in riferimento alla missione conferita mediante il sacramento dell’Ordine [115].


Forme di riconoscimento ecclesiale


23. Il presente documento intende chiarire la collocazione teologica ed ecclesiologica delle nuove aggregazioni ecclesiali a partire dalla relazione tra doni gerarchici e doni carismatici, così da favorire l’individuazione concreta delle modalità più adeguate per il riconoscimento ecclesiale di questi ultimi. L’attuale Codice di Diritto Canonico prevede diverse forme giuridiche di riconoscimento per le nuove realtà ecclesiali che si riferiscono a doni carismatici. Tali forme dovranno essere considerate attentamente [116], evitando fattispecie che non tengano in adeguata considerazione sia i principi fondamentali del diritto che la natura e le peculiarità delle diverse realtà carismatiche.


Dal punto di vista della relazione tra doni gerarchici e carismatici è necessario rispettare due criteri fondamentali che devono essere inseparabilmente considerati: a) il rispetto della peculiarità carismatica delle singole aggregazioni ecclesiali, evitando forzature giuridiche che mortifichino la novità di cui l’esperienza specifica è portatrice. In tal modo si eviterà che i vari carismi possano essere considerati come risorsa indifferenziata all’interno della Chiesa. b) Il rispetto del regimen ecclesiale fondamentale, favorendo l’inserimento fattivo dei doni carismatici nella vita della Chiesa universale e particolare, evitando che la realtà carismatica si concepisca parallelamente alla vita ecclesiale e non in un ordinato riferimento ai doni gerarchici.


Conclusione


24. Attendendo l’effusione dello Spirito Santo, i primi discepoli erano assidui e concordi nella preghiera insieme con Maria, la madre di Gesù (cf. At 1, 14). Ella è stata perfetta nell’accogliere e mettere a frutto le grazie singolari di cui è stata arricchita in misura sovrabbondante dalla Santissima Trinità; prima fra tutte, la grazia di essere la Madre di Dio. Tutti i figli della Chiesa possono ammirare la sua piena docilità all’azione dello Spirito Santo; docilità nella fede senza incrinature e nella limpida umiltà. Maria dunque testimonia in pienezza l’obbediente e fedele accoglienza di ogni dono dello Spirito. Inoltre, come insegna il Concilio Vaticano II, la Vergine Maria «nella sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora pellegrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata» [117]. Poiché Ella «si è lasciata condurre dallo Spirito, attraverso un itinerario di fede, verso un destino di servizio e fecondità», anche noi «oggi fissiamo lo sguardo su di lei, perché ci aiuti ad annunciare a tutti il messaggio di salvezza, e perché i nuovi discepoli diventino operosi evangelizzatori» [118]. Per tale motivo, Maria è riconosciuta come Madre della Chiesa ed a Lei ricorriamo pieni di fiducia affinché, col suo efficace aiuto e con la sua potente intercessione, i carismi abbondantemente distribuiti dallo Spirito Santo tra i fedeli siano da questi docilmente accolti e messi a frutto per la vita e la missione della Chiesa e per il bene del mondo.


Il Sommo Pontefice Francesco, nell’Udienza concessa il giorno 14 marzo 2016 al sottoscritto Cardinale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha approvato la presente Lettera, decisa nella Sessione Plenaria di questo Dicastero, e ne ha ordinato la pubblicazione.


Dato a Roma, dalla Sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 15 maggio 2016, Solennità di Pentecoste.


Gerhard Card. Müller
Prefetto

+ Luis F. Ladaria, S.I.
Arcivescovo Titolare di Thibica
Segretario




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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