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Ultimo Aggiornamento: 26/08/2016 14:25
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Sesso: Femminile
01/08/2016 10:16
 
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Argomento: Islam


 Taqiyya o Kitman: mentire nell’interesse dell’Islam


 


Il concetto islamico di taqiyya per infiltrarsi nei paesi kafir e conquistarli 


Secondo la taqiyya, ai musulmani viene concessa la possibilità di infiltrarsi in Dar-al-Harb(la “casa della guerra”, ovvero i territori non islamici), fingendosi “moderati” per insediarsi nelle città e nei luoghi vitali dei nemici al fine di aprire la strada all’islam. Questi dissimulatori agiscono spesso per conto delle autorità musulmane, e di conseguenza non sono da considerarsi come apostati o come nemici dell’ortodossia islamica.


Costoro sono legittimi mujaheddin, la cui missione è quella di fiaccare la resistenza del nemico e il loro livello di mobilitazione. Uno dei principali obiettivi è quello di causare divisioni tra gli avversari sminuendo le responsabilità dell’Islam (“Oh, ma io non sono religioso”, “Oh, ma quello non è il vero Islam, ti stai sbagliando, c’è così tanta disinformazione”, “oh, ma quella è un’interpretazione sbagliata”, “fratello, l’Islam significa pace, amore”, “hey, leggi questo versetto pacifico“).


La taqiyya è infatti la pratica di mentire nell’interesse dell’Islam.
Lo scopo è quello di ingannare i miscredenti, convincendoli della bonarietà dell’Islam attraverso l’eliminazione di dubbi e preoccupazioni su questa religione, incoraggiando la loro conversione. La taqiyya è alla base della propaganda musulmana presente oggi in Occidente. UNo degli argomenti principali di chi pratica la taqiyya é quello di un Islam che promuove l’uguaglianza dei diritti per le donne.

Tutto questo è concepito con lo scopo di portare più persone possibili alla conversione. Suquesto articolo l’Imam Durham ci fornisce un classico esempio di taqiyya, giacché afferma di sentirsi obbligato dalla sua religione a impedire a un vandalo di distruggere le proprietà di una chiesa o di una sinagoga.
Questo genere di affermazioni vengono diffuse in pubblico con l’intento di presentare aspetti della religione islamica che non riflettono la realtà.
Certamente l’atteggiamento storico dei musulmani verso le chiese e le sinagoghe NON E’ stato quello di proteggerle dal vandalismo ma anzi, piuttosto è stato il contrario.

Simili menzogne, quando i musulmani sono minoranza e deboli politicamente, devono essere proferite in pubblico per presentare l’islam in una luce positiva e tollerante in modo da risultare appetibile agli occidentali e poco criticabile, in modo da far loro credere che l’immagine dell’islam come religione intollerante e violenta è soltanto un mito creato dai razzisti o più semplicemente da che vuol diffamare la Vera Fede.

Questa sorta di santificazione della disonestà è anche giustificata agli occhi di molti musulmani sulla base della diffusa convinzione che chi si oppone all’Islam sta mentendo, perciò è legittimo usare la stessa arma.
Per la maggior parte dei musulmani è assolutamente inconcepibile rifiutare l’Islam, anche se lo si fa sulla base di ragionamenti razionali.
Di conseguenza l’insistere nella miscredenza denota una mancanza di intelligenza o di moralità da parte dell’infedele.

Frithjof Schuon su questo atteggiamento dei musulmani dice:

“Le basi intellettuali e quindi razionali dell’Islam hanno l’effetto nel musulmano medio di provocare la curiosa tendenza a credere che i non musulmani o sappiano che l’Islam è la verità e quindi la rifiutino per pura ostinazione, o siano semplicemente ignoranti riguardo ad esso e quindi possano essere convertiti da spiegazioni elementari; il fatto che qualcuno possa volersi opporre all’Islam con coscienza pulita eccede di gran lunga l’immaginazione musulmana, precisamente perché l’Islam coincide nella loro mente con l’irresistibile logica delle cose.”

Questa testimonianza ci fa capire molte cose che possono essere facilmente osservate da chi ha regolarmente a che fare con i musulmani.
Ci fa capire perché gli argomenti degli apologeti dell’islam sono elementari, quasi fanciulleschi, e perché molte volte questi apologeti si riducano ad insultare l’infedele che li ha confutati.
Ci fa capire inoltre del perché molti musulmani lodino pomposamente la “logica” e la “razionalità” dell’Islam mentre allo stesso tempo difendono la loro fede con ragionamenti circolari e spesso contraddittori.
E’ per questo che i musulmani possono, senza alcuna apparente ironia, affermare che l’Islam è una “religione di pace”, anche quando la testimonianza della storia e delle cronache odierne contraddicono nettamente questa affermazione.
Per molti musulmani l’idea che un infedele possa rifiutare l’Islam a causa di una sincera ricerca della verità è assolutamente inconcepibile.
Per loro la verità dell’islam è evidente, quindi un rifiuto di fronte all’evidenza è motivato dal fatto che l’infedele, con i suoi argomenti confutativi, stia mentendo, ed è persino molto abile a farlo dato che risulta impossibile controbattere in maniera logica a queste “menzogne sull’islam”.
Ed é anche in quesi casi che subentra il ricorso alla taqiyya, per deviare le “menzogne dell’infedele” così che la logica della verità, definita a priori come esclusivamente islamica, possa prevalere.

La taqiyya va al di la del semplice scopo di propaganda.
L’origine etimologica della parola significa “per proteggersi da, per mantenere (se stessi).”
Include quindi anche la dissimulazione da parte dei musulmani nel dare l’idea di non essere religiosi, in modo da non creare sospetti.
Sotto queste mentite spoglie un musulmano, se necessario, può mangiare carne di maiale, bere alcolici, e persino rinnegare verbalmente la fede islamica, fintanto che “non lo intenda nel suo cuore”.
Se il risultato ultimo di una menzogna è percepito dai musulmani come utile per l’islam o utile per portare qualcuno alla “sottomissione” ad Allah, allora la menzogna può essere permessa attraverso la taqiyya.

Il concetto di taqiyyah si trova anche nel Corano:

Che i fedeli non prendano per amici o protettori gli Infedeli al posto dei fedeli: se qualcuno lo facesse, in nulla vi sarà aiuto da Allah: eccetto come precauzione, così che possiate guardarvi da loro. Ma Allah vi avverte di ricordarlo; perché l’obiettivo finale è Allah.” Corano 3:28

In questo versetto si sconsiglia ai musulmani di prendere gli infedeli per amici, a meno che farlo possa essere utile a difendere l’Islam dai suoi nemici (o percepiti come tali), possa prevenire perdite o possa proteggere i musulmani da chi li minacci per la loro fede.
In altre parole, il fine giustifica i mezzi.
Se un musulmano deve dare l’apparenza di non credere nell’islam,  ad esempio andando contro il principio generale di non avere infedeli per amici, in base alla dottrina della taqiyya ció è accettabile.

Teniamo presente che tutto ciò che un musulmano praticante considera come “buono” è tutto ció che contribuisce alla diffusione e il trionfo dell’islam. Un esempio di qualcosa di “buono” é il numero e la posizione dei membri musulmani nelle forze armate Americane, alcuni dei quali sono stati arrestati mentre cercavano di trasmettere informazioni ad al-Qaeda e altre organizzazioni terroristiche islamiche.

 

da: islamicamentando.altervista.org/160/



Taqiyya e Kitman, la santa ipocrisia

Ogni religione che si rispetti dovrebbe proibire di mentire. Maometto si espresse chiaramente circa l’importanza di dire il vero:

«Dovete dire la verità, perché la verità porta alla virtù e la virtù conduce in Paradiso, e colui che cerca sempre il vero alla fine sarà ricordato da Allah come un uomo onesto. Ma astenetevi dal mentire, perché la menzogna porta all’abiezione e l’abiezione conduce nelle fiamme dell’Inferno, e colui che preserva nella menzogna sarà ricordato da Allah come un uomo falso.» (Sahih Muslim – Libro 32, numero 6309)

Eppure l’Islam permette il raggiro e la falsa testimonianza, a condizione che l’obiettivo finale sia la gloria delle fede stessa. Il divieto della menzogna è infatti un principio il cui valore, come molte altre norme dell’Islam, si limita alle relazioni tra i fedeli musulmani. Parlando degli infedeli – e in particolare dei nemici dei musulmani – Maometto enunciò un principio decisamente diverso:

«Guerra è inganno» (Sahih Bukhari – Volume 4, Libro 56, Numero 3030)

Lo stesso Corano predica a sua volta la dissimulazione:

«I credenti non si alleino con i miscredenti, preferendoli ai fedeli. Chi fa ciò contraddice la religione di Allah, a meno che temiate qualche male da parte loro. Allah vi mette in guardia nei Suoi Stessi confronti. Il divenire è verso Allah.» (3:28)

In altre parole – ammonisce il Corano – i musulmani non devono fare amicizia con i non musulmani se non per guardarsi da loro. Essi si devono fingere amici ma non devono sviluppare un vero sentimento di amicizia.

In un altro versetto dice:

«Quanto a chi rinnega Allah dopo aver creduto – eccetto colui che ne sia costretto, mantenendo serenamente la fede in cuore – e a chi si lascia entrare in petto la miscredenza; su di loro è la collera di Allah e avranno un castigo terribile.» (16:106)

I termini con cui ci si riferisce a questo tipo di menzogna, che il più delle volte consiste nel rinnegare esteriormente la propria fede, è taqiyya. Il principio affine è quello della kitman(“riserva mentale”) e consiste nel dire la verità ma non tutta, allo scopo di portare fuori strada il nemico.

Vari hadith mostrano che il principio della taqiyya veniva messo in pratica già dalla primissima generazione di musulmani:

Narrato da Jabir Abdullah:
Il Messaggero di Allah disse, ‘Chi è pronto ad uccidere Ka’b bin al-Ashraf? Ha proferito parole ingiuriose e ha danneggiato Allah e il Suo Apostolo.’ Maslamah si alzò e disse, ‘Vuoi che sia io ad ucciderlo?’ Il Profeta proclamò, ‘Si.’ Maslamah disse, ‘Quindi permettimi di mentire così che io sia in grado di ingannarlo.’ Muhammad disse, ‘Puoi farlo.’” (Sahih Bukhari – Volume 5, Libro 59, Numero 369)

E’ anche a causa di questa dottrina che un sincero tentativo di “dialogo” con l’Islam diventa estremamente difficile, dal momento che a costituire una delle due parti a confronto c’è qualcuno che, se messo alle strette, può sentirsi autorizzato dal suo stesso Dio a mentire.

Questo principio va tenuto sempre ben a mente quando vediamo in televisione un portavoce dell’Islam professare la sua amicizia verso gli infedeli, la sua lealtà alle leggi dello Stato in cui vive o la natura pacifica e democratica dell’Islam.

Nell’archivio storico di Panorama si può ancora trovare il servizio di Silvia Grilli sul caso del dissimulatore Tariq Ramadan: C’è un islam che vuole convertirci.




Sant'Alfonso parla dell'Islam

“Storia delle eresie” di Sant’Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa, Cap. VII – Eresie del secolo VII, ART. I. “Della setta di Maometto”. “Nascita di Maometto e principj della sua falsa religione”. “Del suo Alcorano pieno di bestemmie e d’inezie”.
In questo secolo settimo uscì l’empia setta Maomettana. L’istoria di Maometto già mi trovo di averla scritta nella mia opera della Verità della Fede; ma non voglio qui tralasciare di darne un breve saggio. Maometto fondatore di questa setta micidiale, che ha infettata la maggior parte del mondo cristiano, nacque nell’Arabia all’anno 568, secondo il Fleury, da famiglia illustre.

Morto il padre, fu applicato da un suo zio alla mercatura. Essendo poi in età di 28 anni, fu preso prima per fattore e poi per marito da una vedova nobile e ricca, chiamata Kadia. Fu educato nell’idolatria; ma avanzato nell’età deliberò di mutar religione, e di farla mutare a tutti gli arabi, ch’erano idolatri, con propagare, come dicea, la religione antica di Adamo, di Abramo, di Noè e de’ profeti, fra’ quali annoverava anche Gesù Cristo.
Finse per molto tempo di aver colloquj familiari coll’arcangelo s. Gabriele nella grotta d’Hira, situata poco distante dalla Mecca, ov’egli spesso si ritirava. Nell’anno poi 608, essendo Maometto di 40 anni, cominciò a dichiararsi profeta ispirato da Dio, e per tale si fece tenere a principio da’ suoi parenti e domestici; quindi cominciò a predicare in pubblico nella Mecca, riprovando l’idolatria.

La gente in quei principj poco gli dava orecchio, richiedendo da lui qualche miracolo in prova della sua missione. Rispondeva egli ch’era mandato da Dio non a far miracoli, ma solo a predicar la verità. Con tutto ciò l’impostore nel suo Alcorano vanta d’aver fatto un miracolo, ma molto ridicolo; dicendo che, essendo caduto un pezzo della luna nella sua manica, egli avea saputo racconciarlo: e perciò poi l’imperio dei Maomettani ha l’impresa della mezza luna.

Maometto avea pubblicato che Dio gli avea imposto precetto di non forzare gli uomini a tenere la sua religione; ma trovandosi appresso perseguitato da’ Meccani, dichiarò che Dio gli avea comandato di perseguitare gli infedeli coll’armi, e così propagar la fede; e di poi visse perciò sempre in guerra.
Quindi gli riuscì di farsi signore della Mecca; ed ivi piantò le sede della sua setta, ed ebbe l’intento prima di sua morte di vedere tutte le tribù dell’Arabia fatte sue seguaci.
Maometto compose poi l’Alcorano (Alcoran, cioè la lettura, o come diciamo noi, la scrittura) coll’aiuto, come dicesi, di un certo monaco chiamato Sergio. L’Alcorano è un miscuglio di precetti della legge giudaica e della cristiana, e di altri da esso inventati, confuso poi con molte favole e false rivelazioni.
Egli ammettea la missione di Mosè e di Gesù Cristo. Ammetteva ancora molte parti della nostra sacra scrittura; ma dicea che la sua legge perfezionava e riformava la giudaica e la cristiana. Ma in verità ella discrepava dall’una e dall’altra.

Credeva Maometto esservi un Dio; ma dicea poi nel suo Alcorano molte cose indegne di Dio, mischiate con mille contraddizioni, che si possono leggere nella mentovata mia opera della Fede. Dicea che ogni giudeo o cristiano si salva osservando la sua legge, benché lasciasse una legge per un’altra. Dicea che gl’infedeli staranno per sempre all’inferno; ma che quelli che credono ad un solo Dio, vi staranno solo per qualche tempo e non più di mille anni, e che poi tutti anderanno alla casa della pace, cioè del paradiso.
Ma il paradiso che promettea Maometto, era tale, com’egli se lo figurava, che si vergognerebbero di starvi anche le bestie; poiché questo suo paradiso altri piaceri non dava che sensuali e sozzi. Lascio di scrivere altre inezie dell’Alcorano, che possono leggersi nella citata mia opera.

I Maomettani si radono il capo, come si sa, e vi lasciano una chiocchetta di capelli, e sperano che per quella Maometto potrà cavarli dall’inferno, anche dopo che alcuni di loro vi fossero caduti.
La legge di Maometto permette più mogli sino al numero di quattro, e comanda che almeno se ne prenda una, e concede il ripudio per due volte. Proibisce poi il disputare sopra l’Alcorano e le scritture sacre; e questo fu un ritrovato molto efficace del demonio per fare e seguire a fare una perpetua strage di tante povere anime, acciocché le misere vivessero sempre nella loro ignoranza e così restassero per sempre accecate e perdute.

Finalmente nell’anno 631 morì Maometto in età di 63 anni, avendone regnati nove in circa, dopo aver conquistata quasi tutta l’Arabia, e steso il suo dominio per 400 leghe lontano da Medina tanto a levante, quanto a mezzo giorno.
Lasciò poi Aboubecro uno dei suoi primi discepoli, che fece altri acquisti. Succedettero indi altri capi della setta, chiamati Califfi, che rovinarono l’imperio de’ persiani, e conquistarono la Siria e l’Egitto.



***
“Verità della Fede” di Sant’Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa, Parte III, Cap. IV. “Non può esser vera la religione maomettana”.

Vediamo in primo luogo le qualità di Maometto, che stabilì questa religione, diciam meglio questa infame setta che ha mandate tante anime all’inferno. Egli ebbe qualche dote naturale; fu di bello aspetto, d’ingegno penetrante, cortese nel tratto, liberale e grato ai beneficj. Ma all’incontro fu dominato dal vizio della libidine, e perciò tenne da 15 mogli, e più di 24 concubine, fingendo di avere avuto in ciò il permesso da Dio, poiché agli altri non concedeva egli più di quattro mogli; e quindi poi nel suo Alcorano ripose nelle sozzure della carne la massima parte della felicità eterna.

Fu dominato ancora dalla superbia, che lo fece talvolta diventar crudele. Basti sapere che una volta ad alcuni che si avean presi certi suoi cammelli, fece tagliar le mani e i piedi, e cavare gli occhi con un ferro rovente, e poi li fece lasciar così, finché spirassero l’anima.

Vediamo ora che cosa sia l’Alcorano di Maometto, e quali dogmi e precetti ivi s’insegnino.
Alcorano significa lezione, o sia libro di lezione. I titoli del libro sono varj secondo le varie edizioni. Si divide in Sure, o sieno Azoare 114, e le Sure dividonsi in Ayat, cioè segni di diversa lunghezza, che contengono attributi di Dio e precetti o giudizj di cose mirabili, e questi segni terminano col ritmo corrispondente al verso precedente.

L’Alcorano è scritto in lingua pura araba e con eleganza di parole, affettando un modo profetico. Vi sono giudizj, istorie ed esortazioni.
A’ giudizj spettano le leggi così per le cose sacre, preci, pellegrinaggi e digiuni, come per le cose politiche, tribunali, matrimonj ed eredità.
Alle istorie spettano molte narrative, parte prese da’ libri sacri, ma corrottamente, e parte finte, o pur ricavate da’ libri apocrifi e specialmente del Talmud de’ giudei.

Alle esortazioni poi si riferiscono gl’inviti alla nuova religione, alla guerra per difesa di quella, alle preci ed alle limosine, minacciando le pene dell’inferno a’ trasgressori, e promettendo le delizie del paradiso agli osservanti.

Talvolta si finge Dio, o l’angelo che parla: talvolta poi parla lo stesso Maometto o ai Meccani o a’ giudei, o a’ cristiani. Altre volte parlano i beati del paradiso ovvero i dannati dell’inferno: sicché l’Alcorano è una specie di dramma, in cui sono diversi che parlano.

Dicono i Maomettani che l’Alcorano non è composto da Maometto, né da altri, ma solamente da Dio, e da Dio è stato dato a Maometto. In quanto poi al modo e tempo, dicono mille inezie. Altri dicono che l’Alcorano è stato eterno, sempre presente al trono di Dio in una certa tavola, ove stavano scritte tutte le cose passate, presenti e future. Altri dicono che in una certa notte del mese romadan, in cui suppongono che Dio dispone tutte le cose, scese questo libro dal trono divino. Altri dicono che l’arcangelo Gabriele rivelò a Maometto tutto quello che sta scritto nell’Alcorano. Altri dicono che Maometto ricevea da quando in quando alcuni versi, ed egli li facea conservare in una cassa: altri dicono altri spropositi.

Del resto oggi negli esemplari che noi abbiamo dell’Alcorano vi sono molte lezioni varie che variano sentenza. I nostri scrittori dicono che l’Alcorano fu composto da Maometto o tutto da sé, o coll’aiuto di un certo monaco Sergio, o d’altri. Chi poi volesse intender più cose dell’Alcorano circa la sua scrittura, legga Marraccio nelprodromo all’Alcorano (Part. 4. c. 27).

Parlando poi della teologia dell’Alcorano, dee sapersi che questo libro è ripieno d’una farragine confusa di favole, di precetti e di dogmi tutti inetti, fuori di quelli che son presi dalla legge ebraica e cristiana.
Maometto riconoscea per divina la missione così di Mosè, come di Gesù Cristo, come anche riconoscea per legittima l’autorità delle nostre sacre scritture, almeno in più parti, dicendo che le altre sono state corrotte; ond’egli colla sua pretesa religione (che dicea esser la stessa che tennero Mosè e Gesù Cristo) volea riformare e perfezionare così la religione giudaica, come la cristiana. Ma in verità altro non fece che formare una setta che discrepava dall’una e dall’altra.

Maometto credea esservi un Dio, e dalla Sura 4. vers. 17. si ricava che credesse anche la Trinità delle persone nella natura divina: “Neque dicant tres (Deos), Deus enim unus est”.
Credeva esser di fede esservi gli angeli, ma dicea che essi hanno corpo, e sono anche di diverso sesso; Sura 2. e 7.

Diceva ancora essere assegnati due angeli custodi a ciascun uomo, e questi mutarsi ogni giorno.
Dicea di più che vi sono angeli e demonj di diverse specie, chiamati genj, i quali mangiano e bevono, ed anche si propagano e muoiono, ed anche son capaci della futura salute e dannazione.
Vi sono poi nell’Alcorano molte cose indegne di Dio. Ivi si dice (come bestemmiano ancora gli ebrei talmudisti) che Dio fu costretto a dire una bugia, per metter pace tra Sara ed Abramo. Ivi s’induce Dio che giura per li venti, per gli angeli ed anche pei demonj; quando che Dio solo per sé può giurare, non già per le creature.

Di più nella Sura 43 s’induce Dio che prega per Maometto: “Cum Deus et angeli propter prophetam exorent”.
Nella Sura 56 dice Maometto che Dio gli permise di violare un giuramento.
E nella Sura 43 che gli permise di potersi mischiare con qualunque donna anche maritata e consanguinea. Dice poi molte bugie.

Nella Sura 17 scrive che Dio comandò agli angeli che adorassero Adamo, e che tutti gli ubbidirono, fuorché Belzebub.

Dice nella Sura 13 che Maria madre di Gesù è adorata da noi per Dio.
Nella Sura 27 dice ch’egli fu rapito da Dio in cielo per essere ammaestrato de’ misterj.
Nella Sura 25 dice che Iddio ha creato il demonio da un fuoco pestifero. Vi sono poi nell’Alcorano mille contraddizioni.

Nella Sura 11 chiama Gesù Cristo spirito di Dio e suo messo: “Iesus Mariae filius nuntius suusque spiritus”; e poi nega essere Dio, e dice che non è stato crocifisso, ma in suo luogo fu crocifisso uno simile a lui.
Nella stessa Sura 11 dice che ognuno, sia giudeo o cristiano, e benché lasci una legge per un’altra, se adora Dio, ed opera bene sarà amato da Dio, e si salverà; e poi nella Sura 3 dice che i Maomettani si dannano se lasciano la loro legge.

Nella Sura 20 dice che niuno dee sforzarsi alla fede; e poi nella Sura 9 dice che gl’infedeli debbono essere uccisi.

Nella Sura 2 dice che ciascuno può salvarsi nella sua religione, sia giudeo, cristiano o sabaita: “Qui crediderint et iudaei et christiani et sabaitae in Deum, et fecerint bonum, ipsis erit merces apud Dominum”; e poi nella Sura 3 dice il contrario: “Et qui secutus fuerit aliam religionem praeter istam (cioè la maomettana), ipse in futuro seculo erit pereundus”.

I maomettani confessano queste contraddizioni, ma dicono che Dio stesso è stato quello che si è rivocato.
Dicono di più i maomettani che dopo morte nel sepolcro da due persone Moncker e Hakir hanno da essere pesate le opere di ognuno in due coppe di bilancia, che eguagliano la superficie del cielo e della terra.
Dicono poi che vi è il ponte Sorat, dal quale i peccatori cadranno nell’inferno, dove gl’infedeli staranno per sempre; ma quelli che avranno creduto ad un Dio, vi staranno per qualche tempo, ma non più di mille anni, e poi passeranno alla casa della pace; ma prima d’entrare in questa casa beveranno l’acqua della piscina di Maometto perciò i maomettani si radono il capo, e vi lasciano una ciocchetta di capelli, sperando che per quella Maometto potrà cavarli dall’inferno.

Essi sperano che almeno nel giorno del giudizio Maometto colle sue preghiere salverà tutti i suoi seguaci.
Il paradiso poi che promette l’Alcorano, è un paradiso di cui si vergognerebbero anche le bestie: è un paradiso ove non vi sono altri piaceri che sensuali. Dice che ivi sono due orti ornati di alberi, fonti e pomi e donne, e che ciascuno avrà in cielo tante mogli, quante ne avrà avute in questa terra, e l’altre poi saranno concubine.

Ecco come si scrive nella Sura 86 ed 88: “Ubi dulcissimas aquas, pomaque multimoda, fructus varios et decentissimas mulieres, omneque bonum in aeternum possidebunt”. Avicenna maomettano, vergognandosi di tal promessa per la vita eterna, dice che Maometto in ciò avea parlato allegoricamente; ma l’Alcorano in niun luogo ammette questa spiegazione sognata da Avicenna.

In quanto poi ai precetti naturali, l’Alcorano insegna: principalmente la legge della natura; scusa non però coloro che l’offendessero per causa di timore. Ammette (come già si è detto) l’avere più mogli, sino a quattro, purché possa conservarsi la pace con tutte, altrimenti ordina che se ne prenda almeno una, e concede il ripudio per due volte.
Proibisce poi il disputare sopra l’Alcorano e le scritture sacre; e ciò asserisce nelle Sure 22 e 29 essere precetto divino. Per altro con molta accortezza da questo impostore fu dato un tal precetto; giacché tutta la forza della sua legge è nell’ignoranza.

Vi sono di più altre leggi positive di purificazioni, orazioni e limosine: di più del digiuno nel mese romadan e del pellegrinaggio alla Mecca. Si narra da un buono autore che Maometto mettea del grano dentro del suo orecchio, e che avea avvezzata una colomba a venire a beccarlo, affin da far credere agli altri che egli per tal mezzo era ispirato da Dio circa le cose che insegnava. Ed in conferma di ciò due maroniti presso Bayle dicono trovarsi nella Mecca alcune colombe, che dai turchi son rispettate come sacre, credendo essi che discendano da quella che parlava a Maometto.

Sicché non può esser vera la religione de’ gentili, non quella de’ giudei, non quella de’ maomettani: dunque la cristiana è l’unica vera.


***
Appendice (in nota 1 ibid.). Maometto fu arabo di nazione, nacque nella Mecca nell’anno 571. Fu oriundo di famiglia nobilissima. Dopo la morte del padre fu applicato alla mercatura da’ suoi parenti, attesoché prima fu educato in casa del suo avo e poi di un certo suo zio, dal quale di anni 13 fu condotto nella Siria. Ma di là ritornato nella patria d’anni 25, fu preso nella sua età d’anni 28 da una certa vedova nobile e ricca, chiamata Kadia, per suo fattore.

Posto egli in questa condizione più alta cominciò a meditare di mutare e far mutar religione a tutta la sua patria, intendendo di liberare gli arabi dall’idolatria, nella quale egli era stato educato, e di restituire al mondo, come diceva, la religione primiera di Adamo, di Noè, di Abramo, di Mosè ed anche di Cristo, in somma di tutti i profeti del vero Dio; e perciò finse di aver colloquj coll’angelo Gabriele nella grotta d’Hira, che non era molto distante dalla Mecca, dove spesso si ritirava.

Essendo poi d’anni 40, ed essendo stato sino a quel tempo idolatra, si assunse l’officio di profeta, e per tale si fece tenere prima dalla sua moglie e da certi suoi parenti e domestici e poi da un certo Abubekero uomo di grande autorità, coll’aiuto del quale acquistò molti potenti paesani della Mecca. Dopo tre anni adunò in un convito 40 persone con Aly suo cugino, ed allora aprì la sua missione divina, come diceva. Ma da tutti, fuorché da Aly, fu allora deriso.

Egli nulladimanco, non perdendosi d’animo, costituì Aly suo vicario, e cominciò a predicare in pubblico nella Mecca, dove fu a principio udito da’ suoi paesani; ma quando poi si pose a riprovare i loro dei, lo perseguitarono a morte, e solo un certo Abotaleb colla sua autorità e prudenza lo liberò; ma i meccani stabilirono di non avere più commercio né con Maometto, né co’ suoi aderenti.

Egli non però avendo in questo tempo composta già parte dell’Alcorano, spesso provocava i suoi avversarj a formare alcuna parte simile, dicendo che non avrebbero mai potuto comporne un solo capitolo. E richiedendo coloro alcun miracolo della sua missione, rispondea ch’egli era stato mandato da Dio non a far miracoli, ma solo a predicar la verità.

Dicono per tanto i maomettani che il miracolo del legislatore è stata la propagazione della loro legge fatta nella massima parte del mondo. Ma a ciò si risponde che non può dirsi miracolo il vedere abbracciata una legge, per cui si vive più secondo il piacere de’ sensi, che secondo la ragione. Oltreché questa propagazione fu fatta nell’Arabia, ove la massima parte era di gentili, vi erano pochi cristiani, e gli altri erano giudei o eretici ariani e nestoriani, fuggiti colà per gli editti degl’imperatori, ed in tutti poi regnava una somma ignoranza. Un tal miracolo bensì è avvenuto nella propagazione del vangelo, che insegna una legge opposta agli appetiti carnali.

Con tutto ciò Maometto pure vantava di aver fatto un gran miracolo (ma miracolo d’un buffone per la scena): diceva nell’Azoara 64 del suo Alcorano, che essendo caduto un pezzo di luna nella sua manica, egli ebbe l’abilità di racconciarlo: che perciò poi l’imperio de’ turchi porta l’impresa della mezza luna.

Indi, essendo morti la sua moglie Kadia e l’amico Abotaleb, Maometto nell’anno decimo della sua finta missione si vide abbandonato quasi da tutti; onde fu costretto a ritirarsi dalla Mecca in Tayef, luogo distante 60 miglia.
Ma dopo un mese tornò alla Mecca, e si pose sotto la protezione di Al-Notaam Abn-avi.

Nell’anno duodecimo cacciò fuori la favola del suo viaggio notturno in Gerusalemme e di là in cielo; ma questa favola parve così ridicola, che sarebbe rimasto affatto abbandonato da tutti, se un certo Abu-ker non avesse detto ch’egli non poteva negare la sua fede a Maometto. E nello stesso duodecimo anno si strinsero con giuramento a Maometto molti della città di Medina, e tra questi il principe della tribù detta Avos.
Maometto avea dichiarato di non aver altro comando da Dio, che di predicar la verità, ma non di forzare gli uomini a crederlo; ma essendo di poi fuggito da Medina per evitar la morte macchinatagli dai meccani, dichiarò egli il precetto di perseguitare colle armi gl’infedeli, e colle vittorie propagar la fede, e d’indi in poi visse sempre in guerra, alle volte perdendo, ma più spesso vincendo.

Andò appresso con 1400 soldati alla Mecca, ed ottenne una tregua co’ nemici, ma col patto che gli concedessero il potersi con esso arruolare quei che voleano seguirlo.

Scrisse poi lettere al re di Persia, dell’Etiopia e di Roma, e gl’invitò ad abbracciare la sua religione. Indi si fece signore della Mecca: donde avendo scacciata l’idolatria, piantò la sua setta; e nell’anno seguente ricevette gli ambasciatori da tutte le tribù dell’Arabia, le quali, vedendo soggiogata la tribù più potente di tutta la nazione, abbracciarono l’Alcorano.

Finalmente Maometto nell’età di sessentatré anni morì, e si dice morto di veleno.


[Modificato da Caterina63 02/08/2016 16:34]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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