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Referendum 4 dicembre 2016 non voltiamo la faccia altrove

Ultimo Aggiornamento: 29/09/2016 18:31
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27/09/2016 13:29
 
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REFERENDUM COSTITUZIONALE

 




La mia propensione per un giudizio negativo circa la riforma costituzionale proposta si fonda su alcuni punti irrinunciabili, come il no al centralismo statale e la fine del principio della sussidiarietà. Entrambe le cose sono conseguenza della riforma Boschi- Renzi: per questo voterò “No” al referendum.



di Peppino Zola



Caro direttore,

il premier boy scout, nel pentirsi pubblicamente di essere stato lui a “personalizzare” il referendum costituzionale, ha chiesto a tutti di approfondire il contenuto della proposta di riforma. Da buon cittadino, ho seguito il consiglio ed ho studiato attentamente, in questi giorni di vacanza, il testo proposto all’approvazione e posso dire, a caldo, che si sta rafforzando la mia intenzione di votare “No”, pur avendo presente che non tutti coloro che voteranno in questo modo godono della mia simpatia. 

Comunque, penso che voterò “No” per le mie ragioni e non per quelle di questi “antipatici” (non capisco l’insistenza del Foglio su questo punto). La mia propensione per un giudizio negativo circa la riforma proposta è stata accentuata, a dire il vero, dalle parole della ministra Boschi, anche se la cosa può apparire paradossale. Infatti, forse a causa del nervosismo in materia di referendum che sta contagiando il governo, la ministra per le Riforme, in questi ultimi giorni, sta intervenendo con parole così infelici, da renderla sempre più incredibile. Faccio due esempi.

La Boschi ha detto che ci troviamo di fronte ad una “riforma storica”. Questa espressione indica laprosopopea con cui la maggioranza si sta rivolgendo al popolo che dovrà votare (quando il governo vorrà, bontà sua). Se, però, si vuole forzatamente definire “storica” questa riforma, essa  lo è non certo per la parziale eliminazione del bicameralismo perfetto (Renzi usa solo frasi retoriche in proposito), ma per la reintroduzione nel nostro sistema istituzionale di un preoccupante centralismo statale. Ciò avviene tramite l’enorme indebolimento della funzione legislativa delle Regioni, con l’aggravante che viene attribuito allo Stato un potere sostitutivo nei confronti di iniziative legislative regionali che vengano ritenute contrarie all’indirizzo politico dello Stato stesso. 

Inoltre, vengono abolite le Province, ma non le Prefetture, che sono, appunto, l’espressione del piùrigoroso centralismo di origine napoleonica. In questo contesto, vengono messi in secondo piano i corpi intermedi sociali, in contrasto con l’articolo 2 della costituzione. Soprattutto i cattolici dovrebbero rendersi conto che così passa in secondo piano il principio della sussidiarietà, che è un pilastro della dottrina sociale della Chiesa. Insisto nel dire che questo è il vero punto centrale della riforma proposta. Non a caso Renzi&Boschi non ne parlano mai, perché è per loro più comodo e demagogico parlare solo del Senato e delle (risibili) diminuzioni dei costi della politica. La mia preoccupazione aumenta se penso che andremmo al voto con “l’Italicum”, che attribuirà poteri immensi ad un solo partito (anche solo con il 20/25% dei voti popolari). 

Avremmo un governo incontrollabile. Possiamo stare tranquilli? Ancora, la Boschi ha pronunciatoparole addirittura più gravi, democraticamente parlando, quando ha detto che chi vota “No” non rispetta il lavoro del Parlamento. Evidentemente, l’arroganza della ministra la porta a non operare più alcuna distinzione tra un referendum ed un plebiscito. Con il primo, il popolo è chiamato a esprimere la sua sovrana volontà; con il secondo, il potere di turno non fa che chiedere conferma delle decisioni prese da pochi (in questi giorni, Erdogan docet, ma nella storia ci sono tantissimi altri esempi). Considero addirittura inquietane la frase della ministra, perché indica l’animus con cui, in prospettiva, il governo vorrebbe guidarci . Il popolo dovrebbe solo obbedire. Anche a fronte di questa palese arroganza in atto, alcuni sostengono che, comunque, è meglio che una riforma avvenga, piuttosto che continuare come sempre.

Caro direttore, vorrei dire che non ogni riforma è buona (ad esempio, non è buona la riforma portata a termine con la legge Cirinnà), soprattutto quando essa rischia di determinare la vita politica di un intero Paese per molti decenni. Ed allora, le forze politiche si mettano insieme per fare una buona riforma, evitando una riforma confusa e, in prospettiva, pericolosa. Cambiare in meglio si può. Una volta tanto dire “No” può andare in questa direzione positiva.

   

 

LA PROPOSTA DI PARISI
 

C’è da augurarsi che l’idea lanciata dall’aspirante leader del centrodestra Stefano Parisi di dar vita, in caso di vittoria dei “No” al referendum, ad un’Assemblea Costituente «per riscrivere le regole del gioco tutti insieme» equivalga a un innocuo vaneggiamento estivo e non sia invece l’anticamera di nuove alchimie. 

di Ruben Razzante
Schede per il referendum

Non si può non constatare che, ciclicamente, nel povero dibattito politico del nostro Paese, quando non si vogliono ammettere i propri fallimenti o affrontare sul serio i problemi, ci si inventa una commissione bicamerale o, peggio ancora, un’Assemblea Costituente. Quando la politica non si mette allo specchio per analizzare i propri errori, ma cerca una scorciatoia, ecco materializzarsi una soluzione “epocale”, che ha il solo scopo di confondere le acque, annacquare le responsabilità, preparare nuovi equilibri di potere sulla pelle degli italiani.

C’è dunque da augurarsi che l’idea lanciata dall’aspirante leader delcentrodestra Stefano Parisi di dar vita, in caso di vittoria dei “No” al referendum, ad un’Assemblea Costituente «per riscrivere le regole del gioco tutti insieme» equivalga a un innocuo vaneggiamento estivo e non sia invece l’anticamera di nuove alchimie all’interno e tra gli schieramenti.

L’ex manager Fastweb, che pure sembra aver impresso uno slancionuovo all’iniziativa politica del centrodestra, offre a Renzi un “piano B” in caso di sconfitta al referendum di novembre, proponendogli di non dimettersi (cosa che il diretto interessato ha annunciato per mesi e ora, chissà perché, non annuncia più) e di farsi anzi promotore, insieme con le altre forze politiche, di un’Assemblea Costituente che faccia le riforme costituzionali necessarie per il futuro del Paese.

Sembra tanto di assistere alle prove generali di un “Nazareno bis”, dove i due apparenti sfidanti, alfine di garantire la conservazione del sistema e di scongiurare il rischio di una vittoria delle forze antisistema alle prossime elezioni politiche, si cautelano con un paracadute. Scrivere le regole insieme significherebbe anestetizzare il confronto politico e consentire a chi è al governo ora di poter contare su una tregua prolungata e “consociativa”, che rappresenterebbe l’ennesimo tradimento della volontà popolare.

Le elezioni del 2013, lo sanno tutti, hanno consegnato al Parlamento uno scenario di ingovernabilitàche avrebbe richiesto immediatamente una soluzione condivisa, con il varo di riforme istituzionali ed elettorali e un rapido ritorno alle urne. Si è scelta invece la via dei governi “minoritari”, che rappresentano meno della metà degli italiani, e ora, dopo 30 mesi dedicati dalle Camere alla predisposizione di una riforma dell’architettura dello Stato, qualcuno propone, in caso di vittoria dei “no” al referendum, di convocare un’Assemblea Costituente.

L’ipotesi appare alquanto bizzarra e disancorata dalla realtà. Nella politica e nella società esiste unaforza ormai consolidata come il Movimento Cinque Stelle, che governa già in molte città, che da molti sondaggi viene data vincente in un eventuale ballottaggio nazionale contro il Pd, e che certamente non accetterebbe di far parte di un’Assemblea Costituente con esponenti renziani o berlusconiani. Non si dimentichi che questo Parlamento è in parte delegittimato dalla sentenza sul Porcellum e affidare a parlamentari delegittimati la stesura di una nuova Carta Costituzionale sembra quanto meno azzardato.

Il Paese è ingessato da mesi e inchiodato a questo “ricatto referendario” dal quale occorre uscire infretta. Entro il 15 ottobre il governo dovrà inviare alla Commissione europea il testo della legge di stabilità, che Renzi intenderebbe infarcire di mancette e elemosine, al fine di risalire nei sondaggi, di vincere il referendum e di proiettarsi verso la vittoria alle prossime politiche. A Bruxelles sono sempre più guardinghi e non è detto che l’elasticità rispetto al rapporto deficit-pil possa essere accordata all’Italia. Peraltro gli indicatori economici non sembrano volgere al bello per il nostro Paese e la stagnazione appare la nota dominante. Per rilanciare gli investimenti occorrono scosse che questo governo, condizionato da spauracchi elettorali e da timori di agguati interni, non sembra in grado di dare.

La Costituzione è stata cambiata 35 volte in meno di 70 anni. Invogliare la gente a votare  “Si” con laminaccia che «altrimenti passerebbero altri 70 anni per rinnovare lo Stato» è un argomento di una demagogia stucchevole. Esistono buone ragioni per votare “Si” e altrettante per votare “No”. Sia la gente a decidere in maniera democratica e si prenda atto, qualunque sia l’esito delle urne, della volontà popolare. Nel frattempo, l’Italicum potrebbe essere modificato dal Parlamento, anche su sollecitazioni della Corte Costituzionale, e a quel punto ci sarebbero tutte le condizioni per sciogliere le Camere, anche nel 2017, e per consentire agli elettori di votare liberamente. 

Di Assemblea Costituente si riparli quando il quadro politico sarà più stabile, meno frammentato erissoso e con una maggioranza chiara che decide, “degasperianamente”, di coinvolgere la minoranza (o le minoranze) nella ridefinizione delle regole del gioco. Oggi sarebbe solo un pastrocchio e una maniera gattopardesca per cristallizzare lo status quo.

 

   






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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