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Sinodo 2018 Giovani fede e discernimento vocazionale

Ultimo Aggiornamento: 26/04/2017 09:46
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Sinodo del 2018 su giovani, fede e discernimento vocazionale

Una Congregazione generale del Sinodo sulla famiglia - OSS_ROM

Una Congregazione generale del Sinodo sulla famiglia - OSS_ROM

06/10/2016 

Papa Francesco, dopo aver consultato, come è consuetudine, le Conferenze Episcopali, le Chiese Orientali Cattoliche sui iuris e l’Unione dei Superiori Generali, nonché aver ascoltato i suggerimenti dei Padri della scorsa Assemblea sinodale e il parere del XIV Consiglio Ordinario, ha stabilito che nell’ottobre del 2018 si terrà la XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.

Il tema – riferisce una nota - è “espressione della sollecitudine pastorale della Chiesa verso i giovani” ed “è in continuità con quanto emerso dalle recenti Assemblee sinodali sulla famiglia e con i contenuti dell’Esortazione Apostolica post-sinodale Amoris Laetitia. Esso intende accompagnare i giovani nel loro cammino esistenziale verso la maturità affinché, attraverso un processo di discernimento, possano scoprire il loro progetto di vita e realizzarlo con gioia, aprendosi all'incontro con Dio e con gli uomini e partecipando attivamente all'edificazione della Chiesa e della società”.





 

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI PASTORALE VOCAZIONALE,
PROMOSSO DALLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO

Sala  Clementina
Venerdì, 21 ottobre 2016

[Multimedia]


 

Signori Cardinali,
Cari fratelli Vescovi e Sacerdoti, 
fratelli e sorelle,

vi accolgo con gioia al termine del vostro Convegno, organizzato dalla Congregazione per il Clero, e ringrazio il Cardinale Beniamino Stella per le cortesi parole rivoltemi a nome di tutti.

Vi confesso che ho sempre un po’ di timore nell’usare alcune espressioni comuni del nostro linguaggio ecclesiale: “pastorale vocazionale” potrebbe far pensare a uno dei tanti settori dell’azione ecclesiale, a un ufficio di curia o, magari, all’elaborazione di un progetto. Non dico che questo non sia importante, ma c’è molto di più: pastorale vocazionale è un incontro con il Signore! Quando accogliamo Cristo viviamo un incontro decisivo, che fa luce sulla nostra esistenza, ci tira fuori dall’angustia del nostro piccolo mondo e ci fa diventare discepoli innamorati del Maestro.

Non a caso avete scelto come titolo del vostro Convegno “Miserando atque eligendo”, la parola di Beda il Venerabile (cfr Om. 21:CCL 122,149; Liturgia Horarum, 21 sept., Officium lectionis, lectio II). Voi sapete – l’ho detto altre volte – che ho scelto questo motto facendo memoria degli anni giovanili in cui sentii forte la chiamata del Signore: non avvenne a seguito di una conferenza o per una bella teoria, ma per aver sperimentato lo sguardo misericordioso di Gesù su di me. E’ stato così, vi dico la verità. Dunque, è bello che siate venuti qui, da molte parti del mondo, a riflettere su questo tema, ma, per favore, che non finisca tutto con un bel convegno! La pastorale vocazionale è imparare lo stile di Gesù, che passa nei luoghi della vita quotidiana, si ferma senza fretta e, guardando i fratelli con misericordia, li conduce all’incontro con Dio Padre.

Gli evangelisti evidenziano spesso un particolare della missione di Gesù: Egli esce per le strade e si mette in cammino (cfr Lc 9,51), “percorre città e villaggi” (cfr Lc 9,35) e va incontro alle sofferenze e alle speranze del popolo. È il “Dio con noi”, che vive in mezzo alle case dei suoi figli e non teme di mescolarsi alla folla delle nostre città, diventando fermento di novità laddove la gente lotta per una vita diversa. Anche nel caso della vocazione di Matteo troviamo lo stesso dettaglio: prima Gesù esce di nuovo a predicare, poivede Levi seduto al banco delle imposte e, infine, lo chiama (cfr Lc 5,27). Possiamo soffermarci su questi tre verbi, che indicano il dinamismo di ogni pastorale vocazionale: uscire, vedere, chiamare.

Anzitutto: uscire. La pastorale vocazionale ha bisogno di una Chiesa in movimento, capace di allargare i propri confini, misurandoli non sulla ristrettezza dei calcoli umani o sulla paura di sbagliare, ma sulla misura larga del cuore misericordioso di Dio. Non può esserci una semina fruttuosa di vocazioni se restiamo semplicemente chiusi nel «comodo criterio pastorale del “si è sempre fatto così”», senza «essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 33). Dobbiamo imparare a uscire dalle nostre rigidità che ci rendono incapaci di comunicare la gioia del Vangelo, dalle formule standardizzate che spesso risultano anacronistiche, dalle analisi preconcette che incasellano la vita delle persone in freddi schemi. Uscire da tutto questo.

Lo chiedo soprattutto ai pastori della Chiesa, ai Vescovi e ai Sacerdoti: voi siete i principali responsabili delle vocazioni cristiane e sacerdotali, e questo compito non si può relegare a un ufficio burocratico. Anche voi avete vissuto un incontro che ha cambiato la vostra vita, quando un altro prete – il parroco, il confessore, il direttore spirituale – vi ha fatto sperimentare la bellezza dell’amore di Dio. E così anche voi: uscendo, ascoltando i giovani - ci vuole pazienza! -, potete aiutarli a discernere i movimenti del loro cuore e a orientare i loro passi. E’ triste quando un prete vive solo per sé stesso, chiudendosi nella fortezza sicura della canonica, della sacrestia o del gruppo ristretto dei “fedelissimi”. Al contrario, siamo chiamati a essere pastori in mezzo al popolo, capaci di animare una pastorale dell’incontro e di spendere tempo per accogliere e ascoltare tutti, specialmente i giovani.

Secondo: vedere. Uscire, vedere. Quando passa per le strade, Gesù si ferma e incrocia lo sguardo dell’altro, senza fretta. E’ questo che rende attraente e affascinante la sua chiamata. Oggi, purtroppo, la fretta e la velocità degli stimoli a cui siamo sottoposti non sempre lasciano spazio a quel silenzio interiore in cui risuona la chiamata del Signore. Talvolta, è possibile correre questo rischio anche nelle nostre comunità: pastori e operatori pastorali presi dalla fretta, eccessivamente preoccupati delle cose da fare, che rischiano di cadere in un vuoto attivismo organizzativo, senza riuscire a fermarsi per incontrare le persone. Il Vangelo, invece, ci fa vedere che la vocazione inizia da uno sguardo di misericordia che si è posato su di me. E’ quel termine: “miserando”, che esprime al tempo stesso l’abbraccio degli occhi e del cuore. E’ così che Gesù ha guardato Matteo. Finalmente, questo “pubblicano” non ha percepito su di sé uno sguardo di disprezzo o di giudizio, ma si è sentito guardato dentro con amore. Gesù ha sfidato i pregiudizi e le etichette della gente; ha creato uno spazio aperto, nel quale Matteo ha potuto rivedere la propria vita e iniziare un nuovo cammino.

Così mi piace pensare lo stile della pastorale vocazionale. E, permettetemi, allo stesso modo immagino lo sguardo di ogni pastore: attento, non frettoloso, capace di fermarsi e leggere in profondità, di entrare nella vita dell’altro senza farlo sentire mai né minacciato né giudicato. E’ uno sguardo, quello del pastore, capace di suscitare stupore per il Vangelo, di svegliare dal torpore in cui la cultura del consumismo e della superficialità ci immerge e di suscitare domande autentiche di felicità, soprattutto nei giovani. E’ uno sguardo di discernimento, che accompagna le persone, senza né impossessarsi della loro coscienza, né pretendere di controllare la grazia di Dio. Infine, è uno sguardo attento e vigile e, per questo, chiamato continuamente a purificarsi. E quando si tratta delle vocazioni sacerdotali e dell’ingresso in Seminario, vi prego di fare discernimento nella verità, di avere uno sguardo accorto e cauto, senza leggerezze o superficialità. Lo dico in particolare ai fratelli Vescovi: vigilanza e prudenza. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di sacerdoti maturi ed equilibrati, di pastori intrepidi e generosi, capaci di vicinanza, ascolto e misericordia.

Uscire, vedere e, terza azione, chiamare. E’ il verbo tipico della vocazione cristiana. Gesù non fa lunghi discorsi, non consegna un programma a cui aderire, non fa proselitismo, né offre risposte preconfezionate. Rivolgendosi a Matteo, si limita a dire: “Seguimi!”. In questo modo, suscita in lui il fascino di scoprire una nuova mèta, aprendo la sua vita verso un “luogo” che va oltre il piccolo banco dove sta seduto. Il desiderio di Gesù è mettere le persone in cammino, smuoverle da una sedentarietà letale, rompere l’illusione che si possa vivere felicemente restando comodamente seduti tra le proprie sicurezze.

Questo desiderio di ricerca, che spesso abita i più giovani, è il tesoro che il Signore mette nelle nostre mani e che dobbiamo curare, coltivare e far germogliare. Guardiamo a Gesù, che passa lungo le rive dell’esistenza, raccogliendo il desiderio di chi cerca, la delusione di una notte di pesca andata male, la sete ardente di una donna che va al pozzo a prendere acqua, o il forte bisogno di cambiare vita. Così, anche noi, invece di ridurre la fede a un libro di ricette o a un insieme di norme da osservare, possiamo aiutare i giovani a porsi le giuste domande, a mettersi in cammino e a scoprire la gioia del Vangelo.

So bene che il vostro non è un compito facile e che, talvolta, nonostante un impegno generoso, i risultati possono essere scarsi e rischiamo la frustrazione e lo scoraggiamento. Ma se non ci chiudiamo nella lamentela e continuiamo a “uscire” per annunciare il Vangelo, il Signore ci resta accanto e ci dona il coraggio di gettare le reti anche quando siamo stanchi e delusi per non aver pescato nulla.

Ai Vescovi e ai Sacerdoti, soprattutto, vorrei dire: perseverate nel farvi prossimi, nella prossimità - quella synkatabasis del Padre e del Figlio con noi -; perseverate nell’uscire, nel seminare la Parola, con sguardi di misericordia. Alla vostra azione pastorale, al vostro discernimento e alla vostra preghiera è affidata la pastorale vocazionale. Abbiate cura di promuoverla adottando i metodi possibili, esercitando l’arte del discernimento e dando impulso, attraverso l’evangelizzazione, al tema delle vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata. Non abbiate paura di annunciare il Vangelo, di incontrare, di orientare la vita dei giovani. E non siate timidi nel proporre loro la via della vita sacerdotale, mostrando, anzitutto con la vostra gioiosa testimonianza, che è bello seguire il Signore e donare a Lui la vita per sempre. E, come fondamento di questa opera, ricordatevi sempre di affidarvi al Signore, implorando da Lui nuovi operai per la Sua messe e sostenendo le iniziative di preghiera a sostegno delle vocazioni.

Confido che questi giorni – nei quali è circolata tanta ricchezza, anche grazie ai relatori che vi hanno partecipato – possano contribuire a ricordare che la pastorale vocazionale è un compito fondamentale nella Chiesa e chiama in causa il ministero dei pastori e dei laici. E’ una missione urgente che il Signore ci chiede di compiere con generosità. Vi assicuro la mia preghiera; e voi, per favore, non dimenticate di pregare per me. Grazie.


LETTERA DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
AI GIOVANI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEL DOCUMENTO PREPARATORIO 
DELLA XV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI

 

Carissimi giovani,

sono lieto di annunciarvi che nell’ottobre 2018 si celebrerà il Sinodo dei Vescovi sul tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale». Ho voluto che foste voi al centro dell’attenzione perché vi porto nel cuore. Proprio oggi viene presentato il Documento Preparatorio, che affido anche a voi come “bussola” lungo questo cammino.

Mi vengono in mente le parole che Dio rivolse ad Abramo: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò» (Gen 12,1). Queste parole sono oggi indirizzate anche a voi: sono parole di un Padre che vi invita a “uscire” per lanciarvi verso un futuro non conosciuto ma portatore di sicure realizzazioni, incontro al quale Egli stesso vi accompagna. Vi invito ad ascoltare la voce di Dio che risuona nei vostri cuori attraverso il soffio dello Spirito Santo.

Quando Dio disse ad Abramo «Vattene», che cosa voleva dirgli? Non certamente di fuggire dai suoi o dal mondo. Il suo fu un forte invito, una vocazione, affinché lasciasse tutto e andasse verso una terra nuova. Qual è per noi oggi questa terra nuova, se non una società più giusta e fraterna che voi desiderate profondamente e che volete costruire fino alle periferie del mondo?

Ma oggi, purtroppo, il «Vattene» assume anche un significato diverso. Quello della prevaricazione, dell’ingiustizia e della guerra. Molti giovani sono sottoposti al ricatto della violenza e costretti a fuggire dal loro paese natale. Il loro grido sale a Dio, come quello di Israele schiavo dell’oppressione del Faraone (cfr Es 2,23).

Desidero anche ricordarvi le parole che Gesù disse un giorno ai discepoli che gli chiedevano: «Rabbì […], dove dimori?». Egli rispose: «Venite e vedrete» (Gv 1,38-39). Anche a voi Gesù rivolge il suo sguardo e vi invita ad andare presso di lui. Carissimi giovani, avete incontrato questo sguardo? Avete udito questa voce? Avete sentito quest’impulso a mettervi in cammino? Sono sicuro che, sebbene il frastuono e lo stordimento sembrino regnare nel mondo, questa chiamata continua a risuonare nel vostro animo per aprirlo alla gioia piena. Ciò sarà possibile nella misura in cui, anche attraverso l’accompagnamento di guide esperte, saprete intraprendere un itinerario di discernimento per scoprire il progetto di Dio sulla vostra vita. Pure quando il vostro cammino è segnato dalla precarietà e dalla caduta, Dio ricco di misericordia tende la sua mano per rialzarvi.

A Cracovia, in apertura dell’ultima Giornata Mondiale della Gioventù, vi ho chiesto più volte: «Le cose si possono cambiare?». E voi avete gridato insieme un fragoroso «Sì». Quel grido nasce dal vostro cuore giovane che non sopporta l’ingiustizia e non può piegarsi alla cultura dello scarto, né cedere alla globalizzazione dell’indifferenza. Ascoltate quel grido che sale dal vostro intimo! Anche quando avvertite, come il profeta Geremia, l’inesperienza della vostra giovane età, Dio vi incoraggia ad andare dove Egli vi invia: «Non aver paura […] perché io sono con te per proteggerti» (Ger 1,8).

Un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi, alla vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità. Non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro. Pure la Chiesa desidera mettersi in ascolto della vostra voce, della vostra sensibilità, della vostra fede; perfino dei vostri dubbi e delle vostre critiche. Fate sentire il vostro grido, lasciatelo risuonare nelle comunità e fatelo giungere ai pastori. San Benedetto raccomandava agli abati di consultare anche i giovani prima di ogni scelta importante, perché «spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore» (Regola di San Benedetto III, 3).

Così, anche attraverso il cammino di questo Sinodo, io e i miei fratelli Vescovi vogliamo diventare ancor più «collaboratori della vostra gioia» (2 Cor 1,24). Vi affido a Maria di Nazareth, una giovane come voi a cui Dio ha rivolto il Suo sguardo amorevole, perché vi prenda per mano e vi guidi alla gioia di un «Eccomi» pieno e generoso (cfr Lc 1,38).

Con paterno affetto,

FRANCESCO

Dal Vaticano, 13 gennaio 2017

 
[Modificato da Caterina63 13/01/2017 14:52]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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SINODO DEI VESCOVI


________________________________________________


XV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA


I giovani, la fede e
il discernimento vocazionale

DOCUMENTO PREPARATORIO

 Risultati immagini per Gesù vocazione chiamata

INDICE

Introduzione 
Sulle orme del discepolo amato

I – I GIOVANI NEL MONDO DI OGGI

1. Un mondo che cambia rapidamente

2. Le nuove generazioni

Appartenenza e partecipazione 
Punti di riferimento personali e istituzionali
 
Verso una generazione (iper)connessa

3. I giovani e le scelte

II – FEDE, DISCERNIMENTO, VOCAZIONE

1. Fede e vocazione

2. Il dono del discernimento

Riconoscere 
Interpretare
 
Scegliere

3. Percorsi di vocazione e missione

4. L’accompagnamento

III – L’AZIONE PASTORALE

1. Camminare con i giovani

Uscire 
Vedere
 
Chiamare

2. Soggetti

Tutti i giovani, nessuno escluso 
Una comunità responsabile
 
Le figure di riferimento

3. Luoghi

La vita quotidiana e l’impegno sociale 
Gli ambiti specifici della pastorale
 
Il mondo digitale

4. Strumenti

I linguaggi della pastorale 
La cura educativa e i percorsi di evangelizzazione
Silenzio, contemplazione, preghiera

5. Maria di Nazareth

QUESTIONARIO

1. Raccogliere i dati  
2. Leggere la situazione  
3. Condividere le pratiche

 

Introduzione

«Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11): ecco il progetto di Dio per gli uomini e le donne di ogni tempo e dunque anche per tutti i giovani e le giovani del III millennio, nessuno escluso.

Annunciare la gioia del Vangelo è la missione che il Signore ha affidato alla sua Chiesa. Il Sinodo sulla nuova evangelizzazione e l’Esortazione Apostolica Evangelii gaudium hanno affrontato come compiere questa missione nel mondo di oggi; all’accompagnamento delle famiglie incontro a questa gioia sono stati invece dedicati i due Sinodi sulla famiglia e l’Esortazione Apostolica Postsinodale Amoris laetitia.

In continuità con questo cammino, attraverso un nuovo percorso sinodale sul tema: «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», la Chiesa ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e anche di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia. Attraverso i giovani, la Chiesa potrà percepire la voce del Signore che risuona anche oggi. Come un tempo Samuele (cfr. 1Sam 3,1-21) e Geremia (cfr. Ger 1,4-10), ci sono giovani che sanno scorgere quei segni del nostro tempo che lo Spirito addita. Ascoltando le loro aspirazioni possiamo intravvedere il mondo di domani che ci viene incontro e le vie che la Chiesa è chiamata a percorrere.

La vocazione all’amore assume per ciascuno una forma concreta nella vita quotidiana attraverso una serie di scelte, che articolano stato di vita (matrimonio, ministero ordinato, vita consacrata, ecc.), professione, modalità di impegno sociale e politico, stile di vita, gestione del tempo e dei soldi, ecc. Assunte o subite, consapevoli o inconsapevoli, si tratta di scelte da cui nessuno può esimersi. Lo scopo del discernimento vocazionale è scoprire come trasformarle, alla luce della fede, in passi verso la pienezza della gioia a cui tutti siamo chiamati.

La Chiesa è consapevole di possedere «ciò che fa la forza e la bellezza dei giovani: la capacità di rallegrarsi per ciò che comincia, di darsi senza ritorno, di rinnovarsi e di ripartire per nuove conquiste» (Messaggio del Concilio Vaticano II ai giovani, 8 dicembre 1965); le ricchezze della sua tradizione spirituale offrono molti strumenti con cui accompagnare la maturazione della coscienza e di un’autentica libertà.

In questa prospettiva, con il presente Documento Preparatorio, si dà avvio alla fase della consultazione di tutto il Popolo di Dio. Il Documento – indirizzato ai Sinodi dei Vescovi e ai Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, alle Conferenze Episcopali, ai Dicasteri della Curia Romana e all’Unione dei Superiori Generali – termina con un questionario. È prevista inoltre una consultazione di tutti i giovani attraverso un sito Internet, con un questionario sulle loro aspettative e la loro vita. Le risposte ai due questionari costituiranno la base per la redazione del Documento di lavoro o Instrumentum laboris, che sarà il punto di riferimento per la discussione dei Padri sinodali.

Questo Documento Preparatorio propone una riflessione articolata in tre passi. Si comincia delineando sommariamente alcune dinamiche sociali e culturali del mondo in cui i giovani crescono e prendono le loro decisioni, per proporne una lettura di fede. Si ripercorrono poi i passaggi fondamentali del processo di discernimento, che è lo strumento principale che la Chiesa sente di offrire ai giovani per scoprire, alla luce della fede, la propria vocazione. Infine si mettono a tema gli snodi fondamentali di una pastorale giovanile vocazionale. Si tratta quindi non di un documento compiuto, ma di una sorta di mappa che intende favorire una ricerca i cui frutti saranno disponibili solo al termine del cammino sinodale.

 

Sulle orme del discepolo amato

Offriamo come ispirazione al percorso che inizia un’icona evangelica: Giovanni, l’apostolo. Nella lettura tradizionale del Quarto Vangelo egli è sia la figura esemplare del giovane che sceglie di seguire Gesù, sia «il discepolo che Gesù amava» (Gv 13,23; 19,26; 21,7).

«Fissando lo sguardo su Gesù che passava, [Giovanni il Battista] disse: “Ecco l’agnello di Dio!”. E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: “Che cosa cercate?”. Gli risposero: “Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio» (Gv 1,36-39).

Nella ricerca del senso da dare alla propria vita, due discepoli del Battista si sentono rivolgere da Gesù la domanda penetrante: «Che cercate?». Alla loro replica «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?», segue la risposta-invito del Signore: «Venite e vedrete» (vv. 38-39). Gesù li chiama al tempo stesso a un percorso interiore e a una disponibilità a mettersi concretamente in movimento, senza ben sapere dove questo li porterà. Sarà un incontro memorabile, tanto da ricordarne perfino l’ora (v. 39).

Grazie al coraggio di andare e vedere, i discepoli sperimenteranno l’amicizia fedele di Cristo e potranno vivere quotidianamente con Lui, farsi interrogare e ispirare dalle sue parole, farsi colpire e commuovere dai suoi gesti.

Giovanni, in particolare, sarà chiamato a essere testimone della Passione e Resurrezione del suo Maestro. Nell’ultima cena (cfr. Gv 13,21-29), la sua intimità con Lui lo condurrà a reclinare il capo sul petto di Gesù e ad affidarsi alla Sua parola. Nel condurre Simon Pietro presso la casa del sommo sacerdote, affronterà la notte della prova e della solitudine (cfr. Gv 18,13-27). Presso la croce accoglierà il profondo dolore della Madre, cui viene affidato, assumendosi la responsabilità di prendersi cura di lei (cfr. Gv 19,25-27). Nel mattino di Pasqua egli condividerà con Pietro la corsa tumultuosa e piena di speranza verso il sepolcro vuoto (cfr. Gv 20,1-10). Infine, nel corso della straordinaria pesca presso il lago di Tiberiade (cfr. Gv 21,1-14), egli riconoscerà il Risorto e ne darà testimonianza alla comunità.

La figura di Giovanni ci può aiutare a cogliere l’esperienza vocazionale come un processo progressivo di discernimento interiore e di maturazione della fede, che conduce a scoprire la gioia dell’amoree la vita in pienezza nel dono di sé e nella partecipazione all’annuncio della Buona Notizia.

 

I

I GIOVANI NEL MONDO DI OGGI

Questo capitolo non traccia un’analisi completa della società e del mondo giovanile, ma tiene presenti alcuni risultati delle ricerche in ambito sociale utili per affrontare il tema del discernimento vocazionale, così da «lasciarcene toccare in profondità e dare una base di concretezza al percorso etico e spirituale» (Laudato sì, 15).

Il quadro, tracciato a livello planetario, richiederà di essere adattato alla concretezza delle circostanze specifiche di ciascuna regione: pur in presenza di tendenze globali, le differenze tra le diverse aree del pianeta rimangono rilevanti. Per molti versi è corretto affermare che esiste una pluralità di mondi giovanili, non uno solo. Fra le molte differenze, alcune spiccano con particolare evidenza. La prima è effetto delle dinamiche demografiche e separa i Paesi ad alta natalità, in cui i giovani rappresentano una quota significativa e crescente della popolazione, da quelli in cui il loro peso demografico si va riducendo. Una seconda differenza deriva dalla storia, che rende diversi i Paesi e i continenti di antica tradizione cristiana, la cui cultura è portatrice di una memoria da non disperdere, dai Paesi e continenti la cui cultura è segnata invece da altre tradizioni religiose e in cui il cristianesimo è una presenza minoritaria e spesso recente. Infine non possiamo dimenticare la differenza tra il genere maschile e quello femminile: da una parte essa determina una diversa sensibilità, dall’altra è origine di forme di dominio, esclusione e discriminazione di cui tutte le società hanno bisogno di liberarsi.

Nelle pagine che seguono il termine “giovani” indica le persone di età compresa all’incirca tra 16 e 29 anni, nella consapevolezza che anche questo elemento richiede di essere adattato alle circostanze locali. In ogni caso è bene ricordare che la giovinezza, più che identificare una categoria di persone, è una fase della vita che ciascuna generazione reinterpreta in modo unico e irripetibile.

1. Un mondo che cambia rapidamente

La rapidità dei processi di cambiamento e di trasformazione è la cifra principale che caratterizza le società e le culture contemporanee (cfr. Laudato sì, 18). La combinazione tra elevata complessità e rapido mutamento fa sì che ci troviamo in un contesto di fluidità e incertezza mai sperimentato in precedenza: è un dato di fatto da assumere senza giudicare aprioristicamente se si tratta di un problema o di una opportunità. Questa situazione richiede di assumere uno sguardo integrale e acquisire la capacità di programmare a lungo termine, facendo attenzione alla sostenibilità e alle conseguenze delle scelte di oggi in tempi e luoghi remoti.

La crescita dell’incertezza incide sulla condizione di vulnerabilità, cioè la combinazione di malessere sociale e difficoltà economica, e sui vissuti di insicurezza di larghe fasce della popolazione. Rispetto al mondo del lavoro, possiamo pensare ai fenomeni della disoccupazione, dell’aumento della flessibilità e dello sfruttamento soprattutto minorile, oppure all’insieme di cause politiche, economiche, sociali e persino ambientali che spiegano l’aumento esponenzialedel numero di rifugiati e migranti. A fronte di pochi privilegiati che possono usufruire delle opportunità offerte dai processi di globalizzazione economica, molti vivono in situazione di vulnerabilità e di insicurezza, il che ha impatto sui loro itinerari di vita e sulle loro scelte.

A livello globale il mondo contemporaneo è segnato da una cultura “scientista”, spesso dominata dalla tecnica e dalle infinite possibilità che essa promette di aprire, al cui interno però «sembrano moltiplicarsi le forme di tristezza e solitudine in cui cadono le persone, e anche tanti giovani» (Misericordia et misera, 3). Come insegna l’enciclica Laudato si’, l’intreccio tra paradigma tecnocratico e ricerca spasmodica del profitto a breve termine sono all’origine di quella cultura dello scarto che esclude milioni di persone, tra cui molti giovani, e che conduce allo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e al degrado dell’ambiente, minacciando il futuro delle prossime generazioni (cfr.20-22).

Non va trascurato poi il fatto che molte società sono sempre più multiculturali e multireligiose. In particolare la compresenza di più tradizioni religiose rappresenta una sfida e un’opportunità: può crescere il disorientamento e la tentazione del relativismo, ma insieme aumentano le possibilità di confronto fecondo e arricchimento reciproco. Agli occhi della fede questo appare come un segno del nostro tempo, che richiede una crescita nella cultura dell’ascolto, del rispetto e del dialogo.

2. Le nuove generazioni

Chi è giovane oggi vive la propria condizione in un mondo diverso dalla generazione dei propri genitori e dei propri educatori. Non solo il sistema di vincoli e opportunità cambia con le trasformazioni economiche e sociali, ma mutano, sottotraccia, anche desideri, bisogni, sensibilità, modo di relazionarsi con gli altri. Inoltre, se da un certo punto di vista è vero che con la globalizzazione i giovani tendono ad essere sempre più omogenei in ogni parte del mondo, rimangono però, nei contesti locali, peculiarità culturali e istituzionali che hanno ricadute nel processo di socializzazione e di costruzione dell’identità.

La sfida della multiculturalità attraversa in modo particolare il mondo giovanile, ad esempio con le peculiarità delle “seconde generazioni” (cioè di quei giovani che crescono in una società e in una cultura diverse da quelle dei loro genitori, a seguito dei fenomeni migratori) o dei figli di coppie in qualche modo “miste” (dal punto di vista etnico, culturale e/o religioso).

In molte parti del mondo i giovani sperimentano condizioni di particolare durezza, al cui interno diventa difficile aprire lo spazio per autentiche scelte di vita, in assenza di margini anche minimi di esercizio della libertà. Pensiamo ai giovani in situazione di povertà ed esclusione; a quelli che crescono senza genitori o famiglia, oppure non hanno la possibilità di andare a scuola; ai bambini e ragazzi di strada di tante periferie; ai giovani disoccupati, sfollati e migranti; a quelli che sono vittime di sfruttamento, tratta e schiavitù; ai bambini e ai ragazzi arruolati a forza in bande criminali o in milizie irregolari; alle spose bambine o alle ragazze costrette a sposarsi contro la loro volontà. Troppi sono nel mondo coloro che passano direttamente dall’infanzia all’età adulta e a un carico di responsabilità che non hanno potuto scegliere. Spesso le bambine, le ragazze e le giovani donne devono affrontare difficoltà ancora maggiori rispetto ai loro coetanei.

Studi condotti a livello internazionale consentono di identificare alcuni tratti caratteristici dei giovani del nostro tempo.

Appartenenza e partecipazione

I giovani non si percepiscono come una categoria svantaggiata o un gruppo sociale da proteggere e, di conseguenza, come destinatari passivi di programmi pastorali o di scelte politiche. Non pochi tra loro desiderano essere parte attiva dei processi di cambiamento del presente, come confermano quelle esperienze di attivazione e innovazione dal basso che vedono i giovani come principali, anche se non unici, protagonisti.

La disponibilità alla partecipazione e alla mobilitazione in azioni concrete, in cui l’apporto personale di ciascuno sia occasione di riconoscimento identitario, si articola con l’insofferenza verso ambienti in cui i giovani sentono, a torto o a ragione, di non trovare spazio o di non ricevere stimoli; ciò può portare alla rinuncia o alla fatica a desiderare, sognare e progettare, come dimostra il diffondersi del fenomeno dei NEET (not in education, employment or training, cioè giovani non impegnati in un’attività di studio né di lavoro né di formazione professionale). La discrepanza tra i giovani passivi e scoraggiati e quelli intraprendenti e vitali è il frutto delle opportunità concretamente offerte a ciascuno all’interno del contesto sociale e familiare in cui cresce, oltre che delle esperienze di senso, relazione e valore fatte anche prima dell’inizio della giovinezza. Oltre che nella passività, la mancanza di fiducia in se stessi e nelle proprie capacità può manifestarsi in una eccessiva preoccupazione per la propria immagine e in un arrendevole conformismo alle mode del momento.

Punti di riferimento personali e istituzionali

Varie ricerche mostrano come i giovani sentano il bisogno di figure di riferimento vicine, credibili, coerenti e oneste, oltre che di luoghi e occasioni in cui mettere alla prova la capacità di relazione con gli altri (sia adulti, sia coetanei) e affrontare le dinamiche affettive. Cercano figure in grado di esprimere sintonia e offrire sostegno, incoraggiamento e aiuto a riconoscere i limiti, senza far pesare il giudizio.

Da questo punto di vista, il ruolo di genitori e famiglie resta cruciale e talvolta problematico. Le generazioni più mature tendono spesso a sottovalutare le potenzialità, enfatizzano le fragilità e hanno difficoltà a capire le esigenze dei più giovani. Genitori ed educatori adulti possono anche aver presenti i propri sbagli e che cosa non vorrebbero che i giovani facessero, ma spesso non hanno altrettanto chiaro come aiutarli a orientare il loro sguardo verso il futuro. Le due reazioni più comuni sono la rinuncia a farsi sentire e l’imposizione delle proprie scelte. Genitori assenti o iperprotettivi rendono i figli più fragili e tendono a sottovalutare i rischi o a essere ossessionati dalla paura di sbagliare.

I giovani non cercano però solo figure di riferimento adulte: forte è il desiderio di confronto aperto tra pari. A questo scopo è grande il bisogno di occasioni di interazione libera, di espressione affettiva, di apprendimento informale, di sperimentazione di ruoli e abilità senza tensione e ansia.

Tendenzialmente cauti nei confronti di coloro che sono al di là della cerchia delle relazioni personali, i giovani nutrono spesso sfiducia,indifferenza o indignazioneverso le istituzioni. Questo non riguarda solo la politica, ma investe sempre più anche le istituzioni formative e la Chiesa, nel suo aspetto istituzionale. La vorrebbero più vicina alla gente, più attenta ai problemi sociali, ma non danno per scontato che questo avvenga nell’immediato.

Tutto ciò si svolge in un contesto in cui l’appartenenza confessionale e la pratica religiosa diventano sempre più tratti di una minoranza e i giovani non si pongono “contro”, ma stanno imparando a vivere “senza” il Dio presentato dal Vangelo e “senza” la Chiesa, salvo affidarsi a forme di religiosità e spiritualità alternative e poco istituzionalizzate o rifugiarsi in sette o esperienze religiose a forte matrice identitaria. In molti luoghi la presenza della Chiesa si va facendo meno capillare e risulta così più difficile incontrarla, mentre la cultura dominante è portatrice di istanze spesso in contrasto con i valori evangelici, che si tratti di elementi della propria tradizione o della declinazione locale di una globalizzazione di stampo consumista e individualista.

Verso una generazione (iper)connessa

Le giovani generazioni sono oggi caratterizzate dal rapporto con le moderne tecnologie della comunicazione e con quello che viene normalmente chiamato “mondo virtuale”, ma che ha anche effetti molto reali. Esso offre possibilità di accesso a una serie di opportunità che le generazioni precedenti non avevano, e al tempo stesso presenta rischi. È tuttavia di grande importanza mettere a fuoco come l’esperienza di relazioni tecnologicamente mediate strutturi la concezione del mondo, della realtà e dei rapporti interpersonali e con questo è chiamata a misurarsi l’azione pastorale, che ha bisogno di sviluppare una cultura adeguata.

3. I giovani e le scelte

Nel contesto di fluidità e precarietà che abbiamo delineato, la transizione alla vita adulta e la costruzione dell’identità richiedono sempre più un percorso “riflessivo”. Le persone sono forzate a riadattare i propri percorsi di vita e a riappropriarsi continuamente delle proprie scelte. Inoltre, insieme alla cultura occidentale si diffonde una concezione di libertà intesa come possibilità di accedere a opportunità sempre nuove. Si rifiuta che costruire un percorso personale di vita significhi rinunciare a percorrere in futuro strade differenti: «Oggi scelgo questo, domani si vedrà». Nelle relazioni affettive come nel mondo del lavoro l’orizzonte si compone di opzioni sempre reversibili più che di scelte definitive.

In questo contesto i vecchi approcci non funzionano più e l’esperienza trasmessa dalle generazioni precedenti diventa rapidamente obsoleta. Valide opportunità e rischi insidiosi si intrecciano in un groviglio non facilmente districabile. Diventano indispensabili adeguati strumenti culturali, sociali e spirituali perché i meccanismi del processo decisionale non si inceppino e si finisca, magari per paura di sbagliare, a subire il cambiamento anziché guidarlo. Lo ha detto Papa Francesco: «“Come possiamo ridestare la grandezza e il coraggio di scelte di ampio respiro, di slanci del cuore per affrontare sfide educative e affettive?”. La parola l’ho detta tante volte: rischia! Rischia. Chi non rischia non cammina. “Ma se sbaglio?”. Benedetto il Signore! Sbaglierai di più se tu rimani fermo» (Discorso a Villa Nazareth, 18 giugno 2016).

Nella ricerca di percorsi capaci di ridestare il coraggio e gli slanci del cuore non si può non tenere in conto che la persona di Gesù e la Buona Notizia da Lui proclamata continuano ad affascinare molti giovani.

La capacità di scegliere dei giovani è ostacolata da difficoltà legate alla condizione di precarietà: la fatica a trovare lavoro o la sua drammatica mancanza; gli ostacoli nel costruirsi un’autonomia economica; l’impossibilità di stabilizzare il proprio percorso professionale. Per le giovani donne questi ostacoli sono normalmente ancora più ardui da superare.

Il disagio economico e sociale delle famiglie, il modo in cui i giovani assumono alcuni tratti della cultura contemporanea e l’impatto delle nuove tecnologie richiedono maggiore capacità di rispondere alla sfida educativa nella sua accezione più ampia: è questa l’emergenza educativa evidenziata da Benedetto XVI nella Lettera alla Città e alla Diocesi di Roma sull’urgenza dell’educazione (21 gennaio 2008). A livello globale bisogna tenere conto anche delle disuguaglianze tra Paesi e del loro effetto sulle opportunità offerte ai giovani nelle diverse società in termini di inclusione. Anche fattori culturali e religiosi possono ingenerare esclusione, ad esempio per quanto riguarda i divari di genere o la discriminazione delle minoranze etniche o religiose, fino a spingere i giovani più intraprendenti verso l’emigrazione.

In questo quadro risulta particolarmente urgente promuovere le capacità personali mettendole al servizio di un solido progetto di crescita comune. I giovani apprezzano la possibilità di combinare l’azione in progetti concreti su cui misurare la propria capacità di ottenere risultati, l’esercizio di un protagonismo indirizzato a migliorare il contesto in cui vivono, l’opportunità di acquisire e raffinare sul campo competenze utili per la vita e il lavoro.

L’innovazione sociale esprime un protagonismo positivo che ribalta la condizione delle nuove generazioni: da perdenti che chiedono protezione dai rischi del mutamento a soggetti del cambiamento capaci di creare nuove opportunità. È significativo che proprio i giovani – spesso rinchiusi nello stereotipo della passività e dell’inesperienza – propongano e pratichino alternative che mostrano come il mondo o la Chiesa potrebbero essere. Se nella società o nella comunità cristiana vogliamo far succedere qualcosa di nuovo, dobbiamo lasciare spazio perché persone nuove possano agire. In altri termini, progettare il cambiamento secondo i principi della sostenibilità richiede di consentire alle nuove generazioni di sperimentare un nuovo modello di sviluppo. Questo risulta particolarmente problematico in quei Paesi e contesti istituzionali in cui l’età di chi occupa posti di responsabilità è elevata e rallentano i ritmi di ricambio generazionale.






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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13/01/2017 14:56
 
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II


FEDE, DISCERNIMENTO, VOCAZIONE


Attraverso il percorso di questo Sinodo, la Chiesa vuole ribadire il proprio desiderio di incontrare, accompagnare, prendersi cura di ogni giovane, nessuno escluso. Non possiamo né vogliamo abbandonarli alle solitudini e alle esclusioni a cui il mondo li espone. Che la loro vita sia esperienza buona, che non si perdano su strade di violenza o di morte, che la delusione non li imprigioni nell’alienazione: tutto ciò non può non stare a cuore a chi è stato generato alla vita e alla fede e sa di avere ricevuto un dono grande.


È in forza di questo dono che sappiamo che venire al mondo significa incontrare la promessa di una vita buona e che essere accolto e custodito è l’esperienza originaria che inscrive in ciascuno la fiducia di non essere abbandonato alla mancanza di senso e al buio della morte e la speranza di poter esprimere la propria originalità in un percorso verso la pienezza di vita.


La sapienza della Chiesa orientale ci aiuta a scoprire come questa fiducia sia radicata nell’esperienza di “tre nascite”: la nascita naturale come donna o come uomo in un mondo capace di accogliere e sostenere la vita; la nascita del battesimo «quando qualcuno diventa figlio di Dio per grazia»; e poi una terza nascita, quando avviene il passaggio «dal modo di vita corporale a quello spirituale», che apre all’esercizio maturo della libertà (cfr. Discorsi di Filosseno di Mabbug, vescovo siriano del V secolo, n. 9).


Offrire ad altri il dono che noi stessi abbiamo ricevuto significa accompagnarli lungo questo percorso, affiancandoli nell’affrontare le proprie fragilità e le difficoltà della vita, ma soprattutto sostenendo le libertà che si stanno ancora costituendo.


Da tutto questo la Chiesa, a partire dai suoi Pastori, è chiamata a mettersi in discussione e a riscoprire la sua vocazione alla custodia con lo stile che Papa Francesco ha ricordato all’inizio del suo pontificato: «Prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza. Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore» (Omelia per l’inizio del ministero petrino19 marzo 2013).


In questa prospettiva saranno ora presentati alcuni spunti in vista di un accompagnamento dei giovani a partire dalla fede, in ascolto della tradizione della Chiesa e con il chiaro obiettivo di sostenerli nel loro discernimento vocazionale e nell’assunzione delle scelte fondamentali della vita, a partire dalla consapevolezza del carattere irreversibile di alcune di esse.


1. Fede e vocazione


La fede, in quanto partecipazione al modo di vedere di Gesù (cfr. Lumen fidei, 18), è la fonte del discernimento vocazionale, perché ne offre i contenuti fondamentali, le articolazioni specifiche, lo stile singolare e la pedagogia propria. Accogliere con gioia e disponibilità questo dono della grazia richiede di renderlo fecondo attraverso scelte di vita concrete e coerenti.


«Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri» (Gv 15,16-17). Se la vocazione alla gioia dell’amore è l’appello fondamentale che Dio pone nel cuore di ogni giovane perché la sua esistenza possa portare frutto, la fede è insieme dono dall’alto e risposta al sentirsi scelti e amati.


La fede «non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità» (Lumen fidei, 53). Questa fede «diventa luce per illuminare tutti i rapporti sociali», contribuendo a «costruire la fraternità universale» tra gli uomini e le donne di ogni tempo (ibid., 54).


La Bibbia presenta numerosi racconti di vocazione e di risposta di giovani. Alla luce della fede, essi prendono gradualmente coscienza del progetto di amore appassionato che Dio ha per ciascuno. È questa l’intenzione di ogni azione di Dio, fin dalla creazione del mondo come luogo «buono», capace di accogliere la vita, e offerto in dono come ordito di relazioni a cui affidarsi.


Credere significa mettersi in ascolto dello Spirito e in dialogo con la Parola che è via, verità e vita (cfr. Gv 14,6) con tutta la propria intelligenza e affettività, imparare a darle fiducia “incarnandola” nella concretezza del quotidiano, nei momenti in cui la croce si fa vicina e in quelli in cui si sperimenta la gioia di fronte ai segni di risurrezione, proprio come ha fatto il “discepolo amato”. È questa la sfida che interpella la comunità cristiana e ogni singolo credente.


Lo spazio di questo dialogo è la coscienza. Come insegna il Concilio Vaticano II, essa «è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità» (Gaudium et spes, 16). La coscienza è dunque uno spazio inviolabile in cui si manifesta l’invito ad accogliere una promessa. Discernere la voce dello Spirito dagli altri richiami e decidere che risposta dare è un compito che spetta a ciascuno: gli altri lo possono accompagnare e confermare, ma mai sostituire.


La vita e la storia ci insegnano che per l’essere umano non è sempre facile riconoscere la forma concreta di quella gioia a cui Dio lo chiama e a cui il suo desiderio tende, tantomeno ora in un contesto di cambiamento e di incertezza diffusa. Altre volte la persona deve fare i conti con lo scoraggiamento o con la forza di altri attaccamenti, che la trattengono nella sua corsa verso la pienezza: è l’esperienza di tanti, ad esempio di quel giovane che aveva troppe ricchezze per essere libero di accogliere la chiamata di Gesù e per questo se ne andò triste anziché pieno di gioia (cfr. Mc 10,17-22). La libertà umana, pur avendo bisogno di essere sempre purificata e liberata, non perde tuttavia mai del tutto la radicale capacità di riconoscere il bene e di compierlo: «Gli esseri umani, capaci di degradarsi fino all’estremo, possono anche superarsi, ritornare a scegliere il bene e rigenerarsi, al di là di qualsiasi condizionamento psicologico e sociale che venga loro imposto» (Laudato si’, 205).


2. Il dono del discernimento


Prendere decisioni e orientare le proprie azioni in situazioni di incertezza e di fronte a spinte interiori contrastanti è l’ambito dell’esercizio del discernimento. Si tratta di un termine classico della tradizione della Chiesa, che si applica a una pluralità di situazioni. Vi è infatti un discernimento dei segni dei tempi, che punta a riconoscere la presenza e l’azione dello Spirito nella storia; un discernimento morale, che distingue ciò che è bene da ciò che è male; un discernimento spirituale, che si propone di riconoscere la tentazione per respingerla e procedere invece sulla via della pienezza di vita. Gli intrecci tra queste diverse accezioni sono evidenti e non si possono mai sciogliere completamente.


Tenendo presente ciò, ci concentriamo qui sul discernimento vocazionale, cioè sul processo con cui la persona arriva a compiere, in dialogo con il Signore e in ascolto della voce dello Spirito, le scelte fondamentali, a partire da quella sullo stato di vita. Se l’interrogativo su come non sprecare le opportunità di realizzazione di sé riguarda tutti gli uomini e le donne, per il credente la domanda si fa ancora più intensa e profonda. Come vivere la buona notizia del Vangelo e rispondere alla chiamata che il Signore rivolge a tutti coloro a cui si fa incontro: attraverso il matrimonio, il ministero ordinato, la vita consacrata? E qual è il campo in cui si possono mettere a frutto i propri talenti: la vita professionale, il volontariato, il servizio agli ultimi, l’impegno in politica?


Lo Spirito parla e agisce attraverso gli avvenimenti della vita di ciascuno, ma gli eventi in se stessi sono muti o ambigui, in quanto se ne possono dare interpretazioni diverse. Illuminarne il significato in ordine a una decisione richiede un percorso di discernimento. I tre verbi con cui esso è descritto in Evangelii gaudium, 51 – riconoscere, interpretare e scegliere – possono aiutarci a delineare un itinerario adatto tanto per i singoli quanto per i gruppi e le comunità, sapendo che nella pratica i confini tra le diverse fasi non sono mai così netti.


Riconoscere


Il riconoscimento riguarda innanzi tutto gli effetti che gli avvenimenti della mia vita, le persone che incontro, le parole che ascolto o che leggo producono sulla mia interiorità: una varietà di «desideri, sentimenti, emozioni» (Amoris laetitia, 143) di segno molto diverso: tristezza, oscurità, pienezza, paura, gioia, pace, senso di vuoto, tenerezza, rabbia, speranza, tiepidezza, ecc. Mi sento attirato o spinto in una pluralità di direzioni, senza che nessuna mi appaia come quella chiaramente da imboccare; è il momento degli alti e dei bassi e in alcuni casi di una e vera e propria lotta interiore. Riconoscere richiede di far affiorare questa ricchezza emotiva e nominare queste passioni senza giudicarle. Richiede anche di cogliere il “gusto” che lasciano, cioè la consonanza o dissonanza fra ciò che sperimento e ciò che c’è di più profondo in me.


In questa fase la Parola di Dio riveste una grande importanza: meditarla mette infatti in moto le passioni come tutte le esperienze di contatto con la propria interiorità, ma al tempo stesso offre una possibilità di farle emergere immedesimandosi nelle vicende che essa narra. La fase del riconoscere mette al centro la capacità di ascolto e l’affettività della persona, senza sottrarsi per paura alla fatica del silenzio. Si tratta di un passaggio fondamentale nel percorso di maturazione personale, in particolare per i giovani che sperimentano con maggiore intensità la forza dei desideri e possono anche rimanerne spaventati, rinunciando magari ai grandi passi a cui pure si sentono spinti.


Interpretare


Non basta riconoscere ciò che si è provato: occorre “interpretarlo”, o, in altre parole, comprendere a che cosa lo Spirito sta chiamando attraverso ciò che suscita in ciascuno. Tante volte ci si ferma a raccontare un’esperienza, sottolineando che “mi ha colpito molto”. Più difficile è cogliere l’origine e il senso dei desideri e delle emozioni provate e valutare se ci stanno orientando in una direzione costruttiva o se invece ci stanno portando a ripiegarci su noi stessi.


Questa fase di interpretazione è molto delicata; richiede pazienza, vigilanza e anche un certo apprendimento. Bisogna essere capaci di rendersi conto degli effetti dei condizionamenti sociali e psicologici. Richiede di mettere in campo anche le proprie facoltà intellettuali, senza tuttavia cadere nel rischio di costruire teorie astratte su ciò che sarebbe bene o bello fare: anche nel discernimento «la realtà è superiore all’idea» (Evangelii gaudium, 231). Nell’interpretare non si può neppure tralasciare di confrontarsi con la realtà e di prendere in considerazione le possibilità che realisticamente si hanno a disposizione.


Per interpretare i desideri e i moti interiori è necessario confrontarsi onestamente, alla luce della Parola di Dio, anche con le esigenze morali della vita cristiana, sempre cercando di calarle nella situazione concreta che si sta vivendo. Questo sforzo spinge chi lo compie a non accontentarsi della logica legalistica del minimo indispensabile, per cercare invece il modo di valorizzare al meglio i propri doni e le proprie possibilità: per questo risulta una proposta attraente e stimolante per i giovani.


Questo lavoro di interpretazione si svolge in un dialogo interiore con il Signore, con l’attivazione di tutte le capacità della persona; l’aiuto di una persona esperta nell’ascolto dello Spirito è pero un sostegno prezioso che la Chiesa offre e di cui è poco accorto non avvalersi.


Scegliere


Una volta riconosciuto e interpretato il mondo dei desideri e delle passioni, l’atto di decidere diventa esercizio di autentica libertà umana e di responsabilità personale, sempre ovviamente situate e quindi limitate. La scelta si sottrae dunque alla forza cieca delle pulsioni, a cui un certo relativismo contemporaneo finisce per assegnare il ruolo di criterio ultimo, imprigionando la persona nella volubilità. Al tempo stesso si libera dalla soggezione a istanze esterne alla persona e dunque eteronome, richiedendo altresì una coerenza di vita.


Per lungo tempo nella storia le decisioni fondamentali della vita non sono state prese dai diretti interessati; in alcune parti del mondo è ancora così, come si è accennato anche nel I capitolo. Promuovere scelte davvero libere e responsabili, spogliandosi da ogni connivenza con retaggi di altri tempi, resta l’obiettivo di ogni seria pastorale vocazionale. Il discernimento ne è lo strumento principe, che permette di salvaguardare lo spazio inviolabile della coscienza, senza pretendere di sostituirsi a essa (cfr. Amoris laetitia, 37).


La decisione richiede di essere messa alla prova dei fatti in vista della sua conferma. La scelta non può restare imprigionata in una interiorità che rischia di rimanere virtuale o velleitaria – si tratta di un pericolo accentuato nella cultura contemporanea –, ma è chiamata a tradursi in azione, a prendere carne, a dare inizio a un percorso, accettando il rischio di confrontarsi con quella realtà che aveva messo in moto desideri ed emozioni. Altri ne nasceranno in questa fase: riconoscerli e interpretarli permetterà di confermare la bontà della decisione presa o consiglierà di rivederla. Per questo è importante “uscire”, anche dalla paura di sbagliare che, come abbiamo visto, può diventare paralizzante.


3. Percorsi di vocazione e missione


Il discernimento vocazionale non si compie in un atto puntuale, anche se nel racconto di ogni vocazione è possibile identificare momenti o incontri decisivi. Come tutte le cose importanti della vita, anche il discernimento vocazionale è un processo lungo, che si snoda nel tempo, durante il quale continuare a vigilare sulle indicazioni con cui il Signore precisa e specifica una vocazione che è squisitamente personale e irripetibile. Il Signore ha chiesto ad Abramo e Sara di partire, ma solo in un cammino progressivo e non senza passi falsi si è chiarito quale fosse l’inizialmente misterioso «paese che io ti indicherò» (Gn 12,1). Maria stessa progredisce nella consapevolezza della propria vocazione attraverso la meditazione sulle parole che ascolta e gli eventi che le accadono, anche quelli che non comprende (cfr. Lc 2,50-51).


Il tempo è fondamentale per verificare l’orientamento effettivo della decisione presa. Come insegna ogni pagina del testo biblico, non vi è vocazione che non sia ordinata a una missione accolta con timore o con entusiasmo.


Accogliere la missione implica la disponibilità di rischiare la propria vita e percorrere la via della croce, sulle orme di Gesù, che con decisione si mise in cammino verso Gerusalemme (cfr. Lc 9,51) per offrire la propria vita per l’umanità. Solo se la persona rinuncia a occupare il centro della scena con i propri bisogni si apre lo spazio per accogliere il progetto di Dio alla vita familiare, al ministero ordinato o alla vita consacrata, come pure per svolgere con rigore la propria professione e ricercare sinceramente il bene comune. In particolare nei luoghi dove la cultura è più profondamente segnata dall’individualismo, occorre verificare quanto le scelte siano dettate dalla ricerca della propria autorealizzazione narcisistica e quanto invece includano la disponibilità a vivere la propria esistenza nella logica del generoso dono di sé. Per questo il contatto con la povertà, la vulnerabilità e il bisogno rivestono grande importanza nei percorsi di discernimento vocazionale. Per quanto riguarda i futuri pastori, è opportuno soprattutto vagliare e promuovere la crescita della disponibilità a lasciarsi impregnare dall’“odore delle pecore”.


4. L’accompagnamento


Alla base del discernimento possiamo rintracciare tre convinzioni, ben radicate nell’esperienza di ogni essere umano riletta alla luce della fede e della tradizione cristiana. La prima è che lo Spirito di Dio agisce nel cuore di ogni uomo e di ogni donna attraverso sentimenti e desideri che si legano a idee, immagini e progetti. Ascoltando con attenzione, l’essere umano ha la possibilità di interpretare questi segnali. La seconda convinzione è che il cuore umano, per via della propria fragilità e del peccato, si presenta normalmente diviso perché attratto da richiami diversi, o persino opposti. La terza convinzione è che comunque il percorso della vita impone di decidere, perché non si può rimanere all’infinito nell’indeterminazione. Occorre però darsi gli strumenti per riconoscere la chiamata del Signore alla gioia dell’amore e scegliere di darvi risposta.


Tra questi strumenti, la tradizione spirituale evidenzia l’importanza dell’accompagnamento personale. Per accompagnare un’altra persona non basta studiare la teoria del discernimento; occorre fare sulla propria pelle l’esperienza di interpretare i movimenti del cuore per riconoscervi l’azione dello Spirito, la cui voce sa parlare alla singolarità di ciascuno. L’accompagnamento personale richiede di affinare continuamente la propria sensibilità alla voce dello Spirito e conduce a scoprire nelle peculiarità personali una risorsa e una ricchezza.


Si tratta di favorire la relazione tra la persona e il Signore, collaborando a rimuovere ciò che la ostacola. Sta qui la differenza tra l’accompagnamento al discernimento e il sostegno psicologico, che pure, se aperto alla trascendenza, si rivela spesso di importanza fondamentale. Lo psicologo sostiene una persona nelle difficoltà e la aiuta a prendere consapevolezza delle sue fragilità e potenzialità; la guida spirituale rinvia la persona al Signore e prepara il terreno all’incontro con Lui (cfr. Gv 3,29-30).


I brani evangelici che narrano l’incontro di Gesù con le persone del suo tempo mettono in luce alcuni elementi che ci aiutano a tracciare il profilo ideale di chi accompagna un giovane nel discernimento vocazionale: lo sguardo amorevole (la vocazione dei primi discepoli, cfr. Gv 1,35-51); la parola autorevole (l’insegnamento nella sinagoga di Cafarnao, cfr. Lc 4,32); la capacità di “farsi prossimo” (la parabola del buon samaritano, cfr. Lc 10, 25-37); la scelta di “camminare accanto” (i discepoli di Emmaus, cfr. Lc 24,13-35); la testimonianza di autenticità, senza paura di andare contro i pregiudizi più diffusi (la lavanda dei piedi nell’ultima cena, cfr. Gv 13,1-20).


Nell’impegno di accompagnamento delle giovani generazioni la Chiesa accoglie la sua chiamata a collaborare alla gioia dei giovani piuttosto che tentare di impadronirsi della loro fede (cfr. 2Cor 1,24). Tale servizio si radica in ultima istanza nella preghiera e nella richiesta del dono dello Spirito che guida e illumina tutti e ciascuno.

III

L’AZIONE PASTORALE

Che cosa significa per la Chiesa accompagnare i giovani ad accogliere la chiamata alla gioia del Vangelo, soprattutto in un tempo segnato dall’incertezza, dalla precarietà, dall’insicurezza?

Lo scopo di questo capitolo è mettere a fuoco che cosa comporta prendere sul serio la sfida della cura pastorale e del discernimento vocazionale, tenendo in considerazione quali sono i soggetti, i luoghi e gli strumenti a disposizione. In questo senso, riconosciamo una inclusione reciproca tra pastorale giovanile e pastorale vocazionale, pur nella consapevolezza delle differenze. Non si tratterà di una panoramica esaustiva, ma di indicazioni da completare sulla base delle esperienze di ciascuna Chiesa locale.

1. Camminare con i giovani

Accompagnare i giovani richiede di uscire dai propri schemi preconfezionati, incontrandoli lì dove sono, adeguandosi ai loro tempi e ai loro ritmi; significa anche prenderli sul serio nella loro fatica a decifrare la realtà in cui vivono e a trasformare un annuncio ricevuto in gesti e parole, nello sforzo quotidiano di costruire la propria storia e nella ricerca più o meno consapevole di un senso per le loro vite.

Ogni domenica i cristiani tengono viva la memoria di Gesù morto e risorto, incontrandolo nella celebrazione dell’Eucaristia. Nella fede della Chiesa molti bambini sono battezzati e proseguono il cammino dell’iniziazione cristiana. Questo, però, non equivale ancora a una scelta matura per una vita di fede. Per arrivarci è necessario un cammino, che passa a volte anche attraverso strade imprevedibili e lontane dai luoghi abituali delle comunità ecclesiali. Per questo, come ha ricordato Papa Francesco, «la pastorale vocazionale è imparare lo stile di Gesù, che passa nei luoghi della vita quotidiana, si ferma senza fretta e, guardando i fratelli con misericordia, li conduce all’incontro con Dio Padre» (Discorso ai partecipanti al Convegno di pastorale vocazionale, 21 ottobre 2016). Camminando con i giovani si edifica l’intera comunità cristiana.

Proprio perché si tratta di interpellare la libertà dei giovani, occorre valorizzare la creatività di ogni comunità per costruire proposte capaci di intercettare l’originalità di ciascuno e assecondarne lo sviluppo. In molti casi si tratterà anche di imparare a dare spazio reale alla novità, senza soffocarla nel tentativo di incasellarla in schemi predefiniti: non può esserci una semina fruttuosa di vocazioni se restiamo semplicemente chiusi nel «comodo criterio pastorale del “si è sempre fatto così”», senza «essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità» (Evangelii gaudium, 33). Tre verbi, che nei Vangeli connotano il modo con cui Gesù incontra le persone del suo tempo, ci aiutano a strutturare questo stile pastorale: uscire, vedere, chiamare.

Uscire

Pastorale vocazionale in questa accezione significa accogliere l’invito di Papa Francesco a uscire, anzitutto da quelle rigidità che rendono meno credibile l’annuncio della gioia del Vangelo, dagli schemi in cui le persone si sentono incasellate e da un modo di essere Chiesa che a volte risulta anacronistico. Uscire è segno anche di libertà interiore da attività e preoccupazioni abituali, così da permettere ai giovani di essere protagonisti. Troveranno la comunità cristiana attraente quanto più la sperimenteranno accogliente verso il contributo concreto e originale che possono portare.

Vedere

Uscire verso il mondo dei giovani richiede la disponibilità a passare del tempo con loro, ad ascoltare le loro storie, le loro gioie e speranze, le loro tristezze e angosce, per condividerle: è questa la strada per inculturare il Vangelo ed evangelizzare ogni cultura, anche quella giovanile. Quando i Vangeli narrano gli incontri di Gesù con gli uomini e le donne del suo tempo, evidenziano proprio la sua capacità di fermarsi insieme a loro e il fascino che percepisce chi ne incrocia lo sguardo. È questo lo sguardo di ogni autentico pastore, capace di vedere nella profondità del cuore senza risultare invadente o minaccioso; è il vero sguardo del discernimento, che non vuole impossessarsi della coscienza altrui né predeterminare il percorso della grazia di Dio a partire dai propri schemi.

Chiamare

Nei racconti evangelici lo sguardo di amore di Gesù si trasforma in una parola, che è una chiamata a una novità da accogliere, esplorare e costruire. Chiamare vuol dire in primo luogo ridestare il desiderio, smuovere le persone da ciò che le tiene bloccate o dalle comodità in cui si adagiano. Chiamare vuol dire porre domande a cui non ci sono risposte preconfezionate. È questo, e non la prescrizione di norme da rispettare, che stimola le persone a mettersi in cammino e incontrare la gioia del Vangelo.

2. Soggetti

Tutti i giovani, nessuno escluso

Per la pastorale i giovani sono soggetti e non oggetti. Spesso nei fatti essi sono trattati dalla società come una presenza inutile o scomoda: la Chiesa non può riprodurre questo atteggiamento, perché tutti i giovani, nessuno escluso, hanno diritto a essere accompagnati nel loro cammino.

Ciascuna comunità è poi chiamata ad avere attenzione soprattutto ai giovani poveri, emarginati ed esclusi e a renderli protagonisti. Essere prossimi dei giovani che vivono in condizioni di maggiore povertà e disagio, violenza e guerra, malattia, disabilità e sofferenza è un dono speciale dello Spirito, in grado di far risplendere lo stile di una Chiesa in uscita. La Chiesa stessa è chiamata ad imparare dai giovani: ne danno una testimonianza luminosa tanti giovani santi che continuano a essere fonte di ispirazione per tutti.

Una comunità responsabile

Tutta la comunità cristiana deve sentirsi responsabile del compito di educare le nuove generazioni e dobbiamo riconoscere che sono molte le figure di cristiani che se lo assumono, a partire da coloro che si impegnano all’interno della vita ecclesiale. Vanno anche apprezzati gli sforzi di chi testimonia la vita buona del Vangelo e la gioia che ne scaturisce nei luoghi della vita quotidiana. Occorre infine valorizzare le opportunità di coinvolgimento dei giovani negli organismi di partecipazione delle comunità diocesane e parrocchiali, a partire dai consigli pastorali, invitandoli a offrire il contributo della loro creatività e accogliendo le loro idee anche quando appaiono provocatorie.

Ovunque nel mondo sono presenti parrocchie, congregazioni religiose, associazioni, movimenti e realtà ecclesiali capaci di progettare e offrire ai giovani esperienze di crescita e di discernimento davvero significative. Talvolta questa dimensione progettuale lascia spazio all’improvvisazione e all’incompetenza: è un rischio da cui difendersi prendendo sempre più sul serio il compito di pensare, concretizzare, coordinare e realizzare la pastorale giovanile in modo corretto, coerente ed efficace. Anche qui si impone la necessità di una preparazione specifica e continua dei formatori.

Le figure di riferimento

Il ruolo di adulti degni di fede, con cui entrare in positiva alleanza, è fondamentale in ogni percorso di maturazione umana e di discernimento vocazionale. Servono credenti autorevoli, con una chiara identità umana, una solida appartenenza ecclesiale, una visibile qualità spirituale, una vigorosa passione educativa e una profonda capacità di discernimento. A volte, invece, adulti impreparati e immaturi tendono ad agire in modo possessivo e manipolatorio, creando dipendenze negative, forti disagi e gravi controtestimonianze, che possono arrivare fino all’abuso.

Perché ci siano figure credibili, occorre formarle e sostenerle, fornendo loro anche maggiori competenze pedagogiche. Questo vale in particolare per coloro a cui è affidato il compito di accompagnatori del discernimento vocazionale in vista del ministero ordinato e della vita consacrata.

Genitori e famiglia: all’interno di ogni comunità cristiana va riconosciuto l’insostituibile ruolo educativo svolto dai genitori e dagli altri familiari. Sono in primo luogo i genitori, all’interno della famiglia, a esprimere ogni giorno la cura di Dio per ogni essere umano nell’amore che li lega tra di loro e ai propri figli. A questo riguardo sono preziose le indicazioni offerte da Papa Francesco in uno specifico capitolo di Amoris laetitia (cfr. 259-290).

Pastori: l’incontro con figure ministeriali, capaci di mettersi autenticamente in gioco con il mondo giovanile dedicandogli tempo e risorse, grazie anche alla testimonianza generosa di donne e uomini consacrati, è decisivo per la crescita delle nuove generazioni. Lo ha ricordato anche Papa Francesco: «Lo chiedo soprattutto ai pastori della Chiesa, ai Vescovi e ai Sacerdoti: voi siete i principali responsabili delle vocazioni cristiane e sacerdotali, e questo compito non si può relegare a un ufficio burocratico. Anche voi avete vissuto un incontro che ha cambiato la vostra vita, quando un altro prete – il parroco, il confessore, il direttore spirituale – vi ha fatto sperimentare la bellezza dell’amore di Dio. E così anche voi: uscendo, ascoltando i giovani – ci vuole pazienza! –, potete aiutarli a discernere i movimenti del loro cuore e a orientare i loro passi» (Discorso ai partecipanti al Convegno di pastorale vocazionale, 21 ottobre 2016).

Insegnanti e altre figure educative: tanti insegnanti cattolici sono impegnati come testimoni nelle università e nelle scuole di ogni ordine e grado; nel mondo del lavoro molti sono presenti con competenza e passione; nella politica tanti credenti cercano di essere lievito per una società più giusta; nel volontariato civile molti si spendono per il bene comune e la cura del creato; nell’animazione del tempo libero e dello sport tanti sono impegnati con slancio e generosità. Tutti costoro danno testimonianza di vocazioni umane e cristiane accolte e vissute con fedeltà e impegno, suscitando in chi li vede il desiderio di fare altrettanto: rispondere con generosità alla propria vocazione è il primo modo di fare pastorale vocazionale.

3. Luoghi

La vita quotidiana e l’impegno sociale

Diventare adulti significa imparare a gestire in autonomia dimensioni della vita che sono al tempo stesso fondamentali e quotidiane: l’utilizzo del tempo e dei soldi, lo stile di vita e di consumo, lo studio e il tempo libero, l’abbigliamento e il cibo, la vita affettiva e la sessualità. Questo apprendimento, con cui i giovani sono inevitabilmente alle prese, è l’occasione per mettere ordine nella propria vita e nelle proprie priorità, sperimentando percorsi di scelta che possono diventare una palestra di discernimento e consolidare il proprio orientamento in vista delle decisioni più importanti: la fede, quanto più è autentica, tanto più interpella la vita quotidiana e se ne lascia interpellare. Una menzione particolare va alle esperienze, spesso difficili o problematiche, della vita lavorativa o a quelle di mancanza di lavoro: anch’esse sono occasione per cogliere o approfondire la propria vocazione.

I poveri gridano e insieme a loro la terra: l’impegno ad ascoltare può essere un’occasione concreta di incontro con il Signore e con la Chiesa e di scoperta della propria vocazione. Come insegna Papa Francesco, le azioni comunitarie con cui ci si prende cura della casa comune e della qualità della vita dei poveri «quando esprimono un amore che si dona, possono trasformarsi in intense esperienze spirituali» (Laudato si’, 232) e quindi anche in occasione di cammini e di discernimento vocazionale.

Gli ambiti specifici della pastorale

La Chiesa offre ai giovani dei luoghi specifici di incontro e di formazione culturale, di educazione e di evangelizzazione, di celebrazione e di servizio, mettendosi in prima linea per un’accoglienza aperta a tutti e a ciascuno. La sfida per questi luoghi e per coloro che li animano è di procedere sempre di più nella logica della costruzione di una rete integrata di proposte, e di assumere nel proprio modo di operare lo stile dell’uscire, vedere, chiamare.

- A livello mondiale spiccano le Giornate Mondiali della Gioventù. Inoltre Conferenze Episcopali e Diocesi sentono sempre più un loro dovere offrire eventi ed esperienze specifiche per i giovani.

- Le Parrocchie offrono spazi, attività, tempi e percorsi per le giovani generazioni. La vita sacramentale offre occasioni fondamentali per crescere nella capacità di accogliere il dono di Dio nella propria esistenza e invita alla partecipazione attiva alla missione ecclesiale. Segno di attenzione al mondo dei giovani sono i centri giovanili e gli oratori.

- Le università e le scuole cattoliche, con il loro prezioso servizio culturale e formativo, sono un altro strumento di presenza della Chiesa tra i giovani.

- Le attività sociali e di volontariato offrono l’opportunità di mettersi in gioco nel servizio generoso; l’incontro con persone che sperimentano povertà ed esclusione può essere un’occasione favorevole di crescita spirituale e di discernimento vocazionale: anche da questo punto di vista i poveri sono maestri, anzi portatori della buona notizia che la fragilità è il luogo in cui si fa esperienza della salvezza.

- Le associazioni e i movimenti ecclesiali, ma pure tanti luoghi di spiritualità, offrono ai giovani seri percorsi di discernimento; le esperienze missionarie divengono momenti di servizio generoso e di scambio fecondo; la riscoperta del pellegrinaggio come forma e stile di cammino appare valida e promettente; in molti contesti l’esperienza della pietà popolare sostiene e nutre la fede dei giovani.

- Un luogo di importanza strategica è rivestito dai seminari e dalle case di formazione, che, anche attraverso un’intensa vita comunitaria, devono permettere ai giovani che accolgono di fare l’esperienza che li renderà a loro volta in grado di accompagnare altri.

Il mondo digitale

Per le ragioni già ricordate, merita una menzione particolare il mondo dei new media, che soprattutto per le giovani generazioni è divenuto davvero un luogo di vita; offre tante opportunità inedite, soprattutto per quanto riguarda l’accesso all’informazione e la costruzione di legami a distanza, ma presenta anche rischi (ad esempio cyberbullismo, gioco d’azzardo, pornografia, insidie delle chat room, manipolazione ideologica, ecc.). Pur con molte differenze tra le diverse regioni, la comunità cristiana sta ancora costruendo la propria presenza in questo nuovo areopago, dove i giovani hanno certamente qualcosa da insegnarle.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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4. Strumenti


I linguaggi della pastorale


Talvolta ci accorgiamo che tra il linguaggio ecclesiale e quello dei giovani si apre uno spazio difficile da colmare, anche se ci sono tante esperienze di incontro fecondo tra le sensibilità dei giovani e le proposte della Chiesa in ambito biblico, liturgico, artistico, catechetico e mediatico. Sogniamo una Chiesa che sappia lasciare spazi al mondo giovanile e ai suoi linguaggi, apprezzandone e valorizzandone la creatività e i talenti.


Riconosciamo in particolare nello sport una risorsa educativa dalle grandi opportunità e nella musica e nelle altre espressioni artistiche un linguaggio espressivo privilegiato che accompagna il cammino di crescita dei giovani.


La cura educativa e i percorsi di evangelizzazione


Nell’azione pastorale con i giovani, dove occorre avviare processi più che occupare spazi, scopriamo innanzi tutto l’importanza del servizio alla crescita umana di ciascuno e degli strumenti pedagogici e formativi che possono sostenerla. Tra evangelizzazione ed educazione si rintraccia un fecondo legame genetico, che, nella realtà contemporanea, deve tenere conto della gradualità dei cammini di maturazione della libertà.


Rispetto al passato, dobbiamo abituarci a percorsi di avvicinamento alla fede sempre meno standardizzati e più attenti alle caratteristiche personali di ciascuno: accanto a coloro che continuano a seguire le tappe tradizionali dell’iniziazione cristiana, molti arrivano all’incontro con il Signore e con la comunità dei credenti per altra via e in età più avanzata, ad esempio partendo dalla pratica di un impegno per la giustizia o dall’incontro in ambiti extraecclesiali con qualcuno capace di essere testimone credibile. La sfida per le comunità è di risultare accoglienti per tutti, seguendo Gesù che sapeva parlare con giudei e samaritani, con pagani di cultura greca e occupanti romani, cogliendo il desiderio profondo di ciascuno di loro.


Silenzio, contemplazione, preghiera


Infine e soprattutto, non c’è discernimento senza coltivare la familiarità con il Signore e il dialogo con la sua Parola. In particolare la Lectio Divina è un metodo prezioso che la tradizione della Chiesa ci consegna.


In una società sempre più rumorosa, che offre una sovrabbondanza di stimoli, un obiettivo fondamentale della pastorale giovanile vocazionale è offrire occasioni per assaporare il valore del silenzio e della contemplazione e formare alla rilettura delle proprie esperienze e all’ascolto della coscienza.


5. Maria di Nazareth


Affidiamo a Maria questo percorso in cui la Chiesa si interroga su come accompagnare i giovani ad accogliere la chiamata alla gioia dell’amore e alla vita in pienezza. Lei, giovane donna di Nazareth, che in ogni tappa della sua esistenza accoglie la Parola e la conserva, meditandola nel suo cuore (cfr. Lc 2,19), per prima ha compiuto questo cammino.


Ciascun giovane può scoprire nella vita di Maria lo stile dell’ascolto, il coraggio della fede, la profondità del discernimento e la dedizione al servizio (cfr. Lc 1,39-45). Nella sua “piccolezza”, la Vergine promessa sposa a Giuseppe, sperimenta la debolezza e la fatica di comprendere la misteriosa volontà di Dio (cfr. Lc 1,34). Anche Lei è chiamata a vivere l’esodo da se stessa e dai suoi progetti, imparando ad affidarsi e a confidare.


Facendo memoria delle «grandi cose» che l’Onnipotente ha compiuto in Lei (cfr. Lc 1,49), la Vergine non si sente sola, ma pienamente amata e sostenuta dal Non temere dell’angelo (cfr. Lc 1,30). Nella consapevolezza che Dio è con Lei, Maria schiude il suo cuore all’Eccomi e inaugura così la strada del Vangelo (cfr. Lc 1,38). Donna dell’intercessione (cfr. Gv 2,3), di fronte alla croce del Figlio, unita al «discepolo amato», accoglie nuovamente la chiamata ad essere feconda e a generare vita nella storia degli uomini. Nei suoi occhi ogni giovane può riscoprire la bellezza del discernimento, nel suo cuore può sperimentare la tenerezza dell’intimità e il coraggio della testimonianza e della missione.


 


  QUESTIONARIO


Scopo del questionario è aiutare gli Organismi aventi diritto a esprimere la loro comprensione del mondo giovanile e a leggere la loro esperienza di accompagnamento vocazionale, in vista della raccolta di elementi per la redazione del Documento di lavoro o Instrumentum laboris.


Al fine di tener conto delle diverse situazioni continentali, sono state inserite, dopo la domanda n. 15, tre domande specifiche per ciascuna area geografica, cui sono invitati a rispondere gli Organismi interessati.


Per rendere più agevole e sostenibile questo lavoro si pregano i rispettivi organismi di inviare in risposta indicativamente una pagina per i dati, sette-otto pagine per la lettura della situazione, una pagina per ciascuna delle tre esperienze da condividere. Se necessario e desiderato, si potranno allegare altri testi a supporto o integrazione di questo dossier sintetico.


1. Raccogliere i dati


Si prega di indicare possibilmente le fonti e gli anni di riferimento. Si possono aggiungere in allegato altri dati sintetici a disposizione che sembrino rilevanti per comprendere meglio la situazione dei diversi Paesi.


- Numero di abitanti nel Paese/nei Paesi e tasso di natalità.


- Numero e percentuale di giovani (16-29 anni) nel Paese/nei Paesi.


- Numero e percentuale di cattolici nel Paese/nei Paesi


- Età media (negli ultimi cinque anni) al matrimonio (distinguendo tra uomini e donne), all’ingresso in seminario e all’ingresso nella vita consacrata (distinguendo tra uomini e donne).


- Nella fascia 16-29anni, percentuale di: studenti, lavoratori (se possibile specificare gli ambiti), disoccupati, NEET.


2. Leggere la situazione


a) Giovani, Chiesa e società


Queste domande si riferiscono sia ai giovani che frequentano gli ambienti ecclesiali, sia a quelli che ne sono più lontani o estranei.


1. In che modo ascoltate la realtà dei giovani?


2. Quali sono le sfide principali e quali le opportunità più significative per i giovani del vostro Paese/dei vostri Paesi oggi?


3. Quali tipi e luoghi di aggregazione giovanile, istituzionali e non, hanno maggior successo in ambito ecclesiale, e perché?


4. Quali tipi e luoghi di aggregazione giovanile, istituzionali e non, hanno maggior successo fuori dall’ambito ecclesiale, e perché?


5. Che cosa chiedono concretamente i giovani del vostro Paese/i alla Chiesa oggi?


6. Nel vostro Paese/i quali spazi di partecipazione hanno i giovani nella vita della comunità ecclesiale?


7. Come e dove riuscite a incontrare i giovani che non frequentano i vostri ambienti ecclesiali?


b) La pastorale giovanile vocazionale


8. Quale è il coinvolgimento delle famiglie e delle comunità nel discernimento vocazionale dei giovani?


9. Quali sono i contributi alla formazione al discernimento vocazionale da parte di scuole e università o di altre istituzioni formative (civili o ecclesiali)?


10. In che modo tenete conto del cambiamento culturale determinato dallo sviluppo del mondo digitale?


11. In quale modo le Giornate Mondiali della Gioventù o altri eventi nazionali o internazionali riescono a entrare nella pratica pastorale ordinaria?


12. In che modo nelle vostre Diocesi si progettano esperienze e cammini di pastorale giovanile vocazionale?


c) Gli accompagnatori


13. Che tempi e spazi dedicano i pastori e gli altri educatori per l’accompagnamento spirituale personale?


14. Quali iniziative e cammini di formazione vengono messi in atto per gli accompagnatori vocazionali?


15. Quale accompagnamento personale viene proposto nei seminari?


d) Domande specifiche per aree geografiche


AFRICA


a. Quali visioni e strutture di pastorale giovanile vocazionale rispondono meglio ai bisogni del vostro continente?


b. Come interpretate la “paternità spirituale” in contesti dove si cresce senza la figura paterna? Quale formazione offrite?


c. Come riuscite a comunicare ai giovani che c’è bisogno di loro per costruire il futuro della Chiesa?


AMERICA


a. In che modo le vostre comunità si fanno carico dei giovani che sperimentano situazioni di violenza estrema (guerriglia, bande, carcere, tossicodipendenza, matrimoni forzati) e li accompagnano lungo percorsi di vita?


b. Quale formazione offrite per sostenere l’impegno dei giovani in ambito socio-politico in vista del bene comune?


c. In contesti di forte secolarizzazione, quali azioni pastorali risultano più efficaci per proseguire un cammino di fede dopo il percorso di iniziazione cristiana?


ASIA E OCEANIA


a. Perché e come esercitano fascino sui giovani le proposte religiose aggregative offerte loro da realtà esterne alla Chiesa?


b. Come coniugare i valori della cultura locale con la proposta cristiana, valorizzando anche la pietà popolare?


c. Come utilizzate nella pastorale i linguaggi giovanili, soprattutto i media, lo sport e la musica?


EUROPA


- Come aiutate i giovani a guardare al futuro con fiducia e speranza a partire dalla ricchezza della memoria cristiana dell’Europa?


- Spesso i giovani si sentono scartati e rifiutati dal sistema politico, economico e sociale in cui vivono. Come ascoltate questo potenziale di protesta perché si trasformi in proposta e collaborazione?


- A quali livelli il rapporto intergenerazionale funziona ancora? E come riattivarlo laddove non funziona?


3. Condividere le pratiche


1. Elencate le tipologie principali di pratiche pastorali di accompagnamento e discernimento vocazionale presenti nelle vostre realtà.


2. Scegliete tre pratiche che ritenete più interessanti e pertinenti da condividere con la Chiesa universale, e presentatele secondo lo schema che segue (massimo una pagina per esperienza).


a) Descrizione: Delineate in poche righe l’esperienza. Chi sono i protagonisti? Come si svolge l’attività? Dove? Ecc.


b) Analisi: Valutate, anche in chiave narrativa, l’esperienza, per coglierne meglio gli elementi qualificanti: quali sono gli obiettivi? Quali sono le premesse teoriche? Quali sono le intuizioni più interessanti? Come si sono evolute? Ecc.


c) Valutazione: Quali sono i traguardi raggiunti e non? I punti di forza e di debolezza? Quali le ricadute a livello sociale, culturale, ecclesiale? Perché e in che cosa l’esperienza è significativa/formativa? Ecc.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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13/01/2017 21:02
 
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Conferenza Stampa di presentazione del Documento Preparatorio della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sui giovani, 13.01.2017

VIDEO INTEGRALE QUI

Intervento del Card. Lorenzo Baldisseri

Intervento di S.E. Mons. Fabio Fabene

Testimonianza di due giovani

Alle ore 11 di oggi, presso la Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Documento Preparatorio della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, in programma per l’ottobre 2018, sul tema: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.

Intervengono l’Em.mo Card. Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi; S.E. Mons. Fabio Fabene, Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi; Elvis Do Ceu Nicolaia Do Rosario e Federica Ceci, due giovani della Parrocchia San Tommaso Moro in Roma.

Ne riportiamo di seguito gli interventi:

Intervento del Card. Lorenzo Baldisseri

Signori e Signore,

Sono lieto di rivolgermi ai Signori e alle Signore della Stampa e degli altri Mezzi di Comunicazione Sociale, per presentare oggi, dopo l’annuncio del tema il 6 ottobre scorso, il Documento Preparatorio, che il Sinodo dei Vescovi lancia alla Chiesa e al mondo, in preparazione della Celebrazione della sua XV Assemblea Generale Ordinaria, che si terrà nell’ottobre del 2018. Il tema è: I giovani, la fede e il discernimento vocazionale.

Allo stesso tempo, anzi in primo luogo, mi onoro di comunicare che proprio oggi il Santo Padre rivolge una Lettera – che si rende pubblica – indirizzata direttamente ai giovani, quale segno della sua sollecitudine affettuosa verso di loro, perché come Egli dice: «vi porto nel cuore».

Il Santo Padre nella sua missiva esorta i giovani a partecipare attivamente al cammino sinodale, perché il Sinodo è per loro e perché tutta la Chiesa si mette in ascolto della loro voce, della loro sensibilità, della loro fede, come anche dei loro dubbi e delle loro critiche. Li invita inoltre ad ‘uscire’, sull’esempio di Abramo, per incamminarsi verso la terra nuova costituita «da una società più giusta e fraterna» da costruire fino alle periferie del mondo. Ricorda loro Cracovia all’apertura della GMG (Giornata Mondiale della Gioventù) quando disse: «Le cose si possono cambiare? E voi avete gridato insieme un fragoroso sì». Questo “sì” nasce da un cuore giovane che «non sopporta l’ingiustizia e non può piegarsi alla cultura dello scarto, né cedere alla globalizzazione dell’indifferenza». Li invita a scelte audaci e non dimentica quei giovani che «sono costretti a fuggire dal loro paese natale» a causa «della prevaricazione, dell’ingiustizia e della guerra».

Per realizzare in maniera gioiosa e piena la loro vita, Papa Francesco stimola i giovani ad «intraprendere un itinerario di discernimento per scoprire il progetto di Dio» sulla loro vita e li affida a Maria di Nazareth, «una giovane (…) a cui Dio ha rivolto il Suo sguardo amorevole».

Con le sue parole il Papa vuole imprimere una scultoria motivazione umana ed ecclesiale del prossimo Sinodo sui giovani, che sono compresi nella fascia di età tra i 16 ed i 29 anni, nella consapevolezza che l’età giovanile richiede di essere adattata alle differenti realtà locali, come evidenziato dal Documento Preparatorio.

Il documento è inviato ai Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, alle Conferenze Episcopali, ai Dicasteri della Curia Romana e all’Unione dei Superiori Generali e «dà avvio alla fase della consultazione di tutto il Popolo di Dio», con lo scopo di raccogliere informazioni circa l’odierna condizione dei giovani nei variegati contesti in cui essi vivono, per poterla discernere adeguatamente in vista dell’elaborazione dell’Instrumentum Laboris. È da tenere presente che esso è rivolto a tutti i giovani del mondo nella più ampia dimensione e comprensione e partecipazione.

Esso si pone in continuità con il cammino che sta percorrendo la Chiesa sotto la guida del Magistero di Papa Francesco. La centralità della gioia e dell’amore, più volte sottolineata nel testo, rimanda chiaramente all’Evangelii Gaudium e all’Amoris Lætitia. Non mancano i riferimenti anche alla Laudato si’, alla Lumen Fidei e all’insegnamento di Papa Benedetto.

In particolare l’Amoris Laetitia, che riporta per 36 volte la parola “giovani”, sollecita tra l’altro a «trovare le parole, le motivazioni e le testimonianze che ci aiutino a toccare le fibre più intime dei giovani, là dove sono più capaci di generosità, di impegno, di amore e anche di eroismo» (n. 40).

Il documento si divide in tre parti. Nella prima invita a mettersi in ascolto della realtà. La seconda evidenzia l’importanza del discernimento alla luce della fede per arrivare a compiere scelte di vita che corrispondano realmente al volere di Dio e al bene della persona. La terza concentra la sua attenzione sull’azione pastorale della comunità ecclesiale.

L’icona evangelica del “discepolo amato” introduce alle tre parti come breve presentazione del cammino.

Il primo capitolo, intitolato “I giovani nel mondo di oggi”, fornisce elementi utili per contestualizzare la situazione giovanile nella realtà odierna, tenendo conto che il quadro tracciato chiede di essere adattato alle circostanze specifiche di ciascuna regione. In esso si tengono presenti «alcuni risultati delle ricerche in ambito sociale utili per affrontare il tema del discernimento vocazionale», così pure le molteplici sfide che riguardano la cultura “scientista”, l’insicurezza, la disoccupazione, la corruzione, nonché i fenomeni dell’alcolismo, del gioco e della tossicodipendenza.

Il secondo capitolo, centro del Documento, ha come titolo “Fede, discernimento, vocazione”. «La fede, in quanto partecipazione al modo di vedere di Gesù (…), è la fonte del discernimento vocazionale», attraverso il quale «la persona arriva a compiere, in dialogo con il Signore e in ascolto della voce dello Spirito, le scelte fondamentali, a partire da quella sullo stato di vita». Solo un corretto discernimento permetterà al giovane di trovare davvero la sua personale, unica, irripetibile ‘strada nella vita’. Questo percorso è ispirato dai tre verbi già utilizzati in Evangelii Gaudium 51: riconoscere (ciò che avviene nel proprio mondo interiore), interpretare (ciò che si è riconosciuto) e decidere (come «autentico esercizio di libertà umana e di responsabilità personale»).

Va chiarito che il termine ‘vocazione’ deve essere inteso in senso ampio e riguarda tutta la vasta gamma di possibilità di realizzazione concreta della propria vita nella gioia dell’amore e nella pienezza derivante dal dono di sé a Dio e agli altri. Si tratta di trovare la forma concreta in cui questa realizzazione piena può avvenire «attraverso una serie di scelte, che articolano stato di vita (matrimonio, ministero ordinato, vita consacrata, ecc.), professione, modalità di impegno sociale e politico, stile di vita, gestione del tempo e dei soldi, ecc.».

La scelta di vita avviene nel segreto della propria coscienza. Lì ognuno ascolta la voce di Dio e con lui dialoga e alla fine decide. L’aiuto di altre persone, per quanto necessario, non può mai sostituire questo dialogo intimo e personale.

Il terzo capitolo, intitolato “L’azione pastorale”, pone l’accento sul significato che ha per la Chiesa «l’accompagnare i giovani ad accogliere la gioia del Vangelo» in un tempo, come il nostro, «segnato dall’incertezza, dalla precarietà, dall’insicurezza».

L’attenzione è rivolta ai soggetti, ai luoghi e agli strumenti di questo accompagnamento.

I soggetti dell’azione pastorale sono gli stessi giovani, sia come protagonisti, sia come recettori. La Chiesa chiede loro «di aiutarla ad identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia». Occorrono persone di riferimento: in primo luogo i genitori, poi i pastori, i consacrati, gli insegnanti ed altre figure educative. Queste persone di riferimento devono essere «autorevoli, con una chiara identità umana, una solida appartenenza ecclesiale, una visibile qualità spirituale, una vigorosa passione educativa e una profonda capacità di discernimento». Poi l’attenzione sul ruolo e sulla responsabilità dell’intera comunità dei credenti.

I luoghi dell’azione pastorale sono la vita quotidiana, le attività per i giovani, le GMG, gli eventi diocesani, le parrocchie, gli oratori, le università, le scuole cattoliche, il volontariato, le attività sociali, i centri di spiritualità, le esperienze missionarie, i pellegrinaggi, la pietà popolare. Non manca un affondo nel ‘mondo digitale’, che apre ad opportunità inedite, ma anche a nuovi pericoli.

Gli strumenti sono i linguaggi (privilegiando quelli più espressivi per i giovani), l’educazione, la preghiera, il silenzio, la contemplazione.

Il Questionario che segue è parte integrante del documento, non è una semplice appendice.

Esso si distingue pure in tre parti. La prima riguarda la raccolta di dati statistici. La seconda è composta dalle domande. La novità è costituita dal fatto che alle domande generali proposte a tutti indistintamente (in numero di 15), si aggiungono 3 domande specifiche per ciascuna area geografica, alle quali si richiede la risposta solo degli appartenenti al Continente interessato. La terza parte ha come oggetto la “condivisione delle pratiche”, secondo modalità che vengono chiaramente esposte. Lo scopo di questa parte, anch’essa una novità, è quello di arricchire tutta la Chiesa portando a conoscenza le esperienze, spesso di grande interesse, che si svolgono nelle diverse regioni del mondo affinché possano essere di aiuto a tutti.

Gli elementi che emergeranno dalle risposte serviranno alla redazione dell’Instrumentum Laboris, documento consegnato ai padri sinodali prima dell’Assemblea.

[00055-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Intervento di S.E. Mons. Fabio Fabene

Il cammino di preparazione della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi prevede una serie di iniziative programmate dalla Segreteria Generale del Sinodo per accompagnare e sostenere l’approfondimento del Documento Preparatorio che avviene nelle Chiese particolari dei cinque Continenti. Tali iniziative intendono coinvolgere i giovani nell’itinerario sinodale, e nello stesso tempo far emergere la realtà del mondo giovanile nella diversità sociale e culturale delle diverse parti del mondo, affinché i giovani possano esservi realmente inseriti.

Innanzitutto sembra importante coinvolgere i giovani nella fase preparatoria dell’Assemblea sinodale perché il prossimo Sinodo non vuole solo interrogarsi su come accompagnare i giovani nel discernimento della loro scelta di vita alla luce del Vangelo, ma vuole anche mettersi in ascolto dei desideri, dei progetti, dei sogni che hanno i giovani per la loro vita, come anche delle difficoltà che incontrano per realizzare il loro progetto a servizio della società, nella quale chiedono di essere protagonisti attivi. L’ascolto dei giovani fa parte dell’autentica tradizione della Chiesa: infatti, come ricorda il Papa nella Lettera ai Giovani, nella sua Regola monastica San Benedetto invita l’abate a consultare anche i giovani prima di ogni scelta importante (cf. Regola di San Benedetto III, 3). La motivazione di questa richiesta ha un carattere teologale, in quanto spesso il Signore sceglie proprio i più giovani per rivelarsi. In tal senso, anche San Giovanni Paolo II afferma rivolgendosi ai giovani: «Non è affatto più importante ciò che vi dirò: importante è ciò che mi direte voi. Me lo direte non necessariamente con le parole, me lo direte con la vostra presenza, con il vostro canto, forse anche con la vostra danza, con le vostre rappresentazioni, infine con il vostro entusiasmo» (Varcare la soglia della speranza, Milano 1994, 139-140).

In quest’orizzonte la Segreteria Generale del Sinodo predisporrà un sito Internet per consultare i giovani attraverso un questionario sulle loro aspettative e la loro vita. Le domande riguarderanno tutti i giovani, perché, come si afferma nel Documento Preparatorio, il progetto di Dio riguarda tutti i giovani e le giovani del nostro tempo, e tutti hanno diritto di essere accompagnati senza nessuna esclusione. Le risposte al questionario saranno la base per l’elaborazione dell’Instrumentum Laboris, insieme ai contributi che giungeranno dagli Organismi interessati. Attraverso il sito Internet i giovani potranno anche seguire le varie fasi di preparazione del Sinodo, gli interventi del Papa sui giovani e potranno condividere riflessioni ed esperienze sul tema del Sinodo.

Nei giorni precedenti la prossima Domenica delle Palme, dal 5 all’8 aprile, la Segreteria Generale parteciperà all’Incontro internazionale sul tema «Da Cracovia a Panama. Il Sinodo in cammino con i giovani», organizzato, com’è consuetudine nel periodo tra una GMG e l’altra, dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. In quell’occasione sarà presentato ai responsabili della Pastorale Giovanile delle Conferenze Episcopali il Documento Preparatorio e la dinamica della consultazione nelle Chiese particolari. La sera di venerdì 7 aprile si terrà presso la Sala Sinopoli dell’Auditorium “Parco della Musica” di Roma un concerto del GEN Rosso e Verde. Ad esso sono invitati tutti i giovani e vi saranno testimonianze di giovani di diverse parti del mondo. Il luogo è stato scelto non a caso: esso vuole essere un “ponte” di dialogo e di coinvolgimento dei giovani credenti con tutti i loro coetanei. Sabato 8 aprile, invece, ci si riunirà nella Basilica di Santa Maria Maggiore per una Veglia di Preghiera in preparazione alla Messa della Giornata Mondiale della Gioventù, che, quest’anno come anche il prossimo, sarà celebrata a livello diocesano. La Basilica Liberiana è stata scelta per evidenziare la connotazione mariana del cammino verso la GMG di Panama del 2019, come emerge dai temi proposti per il prossimo triennio dal suddetto Dicastero competente. I canti della celebrazione in Piazza San Pietro saranno affidati al Coro della diocesi di Roma insieme ai rappresentanti di altri Cori provenienti da diverse diocesi italiane.

Conformemente alla prima parte del Documento Preparatorio del Sinodo: “I giovani nel mondo di oggi”, si vuole promuovere anche una riflessione sulla realtà giovanile nel mondo contemporaneo. Per questo è in programma, per il mese di settembre, un Seminario di Studi, al quale saranno invitati specialisti di diversi Paesi, ma che sarà aperto a tutti coloro che vorranno parteciparvi. Sulla scia di quanto ha detto il Papa nell’Omelia del 31 dicembre 2016, ci si vuole interrogare sul “debito” che abbiamo verso i giovani, pensare come assumere la “responsabilità” verso le giovani generazioni e progettare itinerari educativi, luoghi e spazi perché siano realmente inseriti nella società, animando il presente e contribuendo a realizzare i loro sogni per un futuro più giusto e umano.

[00056-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Intervento di Elvis Do Ceu e Federica Ceci

Buongiorno a tutti,

una breve presentazione: mi chiamo Elvis, ho 21 anni, sono di origini capoverdiane e studio Arti e Scienze dello Spettacolo presso la Facoltà di Lettere dell’Università Sapienza. Nella mia Parrocchia, San Tommaso Moro qui a Roma, sono catechista di un gruppo di giovani adolescenti, realtà entusiasmante che mi permette di essere “fratello maggiore” nella fede di ragazzi che cercano Cristo, accompagnati da chi crede e scommette sulle potenzialità che rendono unico il progetto di vita di ciascuno di essi.

Sono Federica, ho 24 anni e sono prossima alla laurea in Giurisprudenza presso lo stesso Ateneo. Sono impegnata anch’io nella Parrocchia di San Tommaso Moro, che nel proprio territorio comprende appunto la sede dell’Università Sapienza, l’Ateneo più grande d’Europa. Ciò favorisce la partecipazione alla vita parrocchiale di un folto numero di giovani: non solo studenti universitari, molti dei quali stranieri, ma anche tanti giovani lavoratori che gravitano in zona. In particolare, io sono responsabile della Scuola parrocchiale di formazione sociale e politica che, proprio sulle orme di San Tommaso Moro, patrono dei governanti e dei politici, coinvolge da oltre due anni circa sessanta universitari. Il nostro percorso di crescita, basato sulla Dottrina sociale della Chiesa, è volto alla formazione di una coscienza politica che ci permetta di “sporcarci le mani”, vivendo nella società non da spettatori ma da protagonisti attivi e consapevoli.

Innanzitutto, vogliamo ringraziare di cuore Papa Francesco che, accogliendo le proposte dei Vescovi di tutto il mondo, ha deciso di convocare la prossima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo sul tema dei giovani e, in particolare, della loro fede e del loro discernimento vocazionale. Abbiamo già avvertito con forza l’attenzione dei Vescovi alle nostre famiglie in occasione dei due precedenti Sinodi, e adesso a maggior ragione gioiamo perché i nostri Pastori intendono parlare direttamente a noi giovani, rendendoci interlocutori privilegiati di una Chiesa in uscita e in dialogo con le nuove generazioni.

Siamo grati per le parole di incoraggiamento, fiducia e stima che il Santo Padre ci rivolge all’inizio di questo nuovo cammino sinodale con la Lettera ai giovani che oggi viene resa pubblica e, più in generale, lo ringraziamo perché continuamente ci fa sentire al centro del Corpo vivente della Chiesa, credendo in noi e confidando nel nostro contributo all’edificazione, da una parte, di una comunità cristiana sempre meno ingessata e più accogliente e, dall’altra, di una comunità umana capace di promuovere la ricerca del bene comune mettendo al centro la persona.

Nel momento in cui viene consegnato a tutte le Chiese del mondo il Documento Preparatorio del prossimo Sinodo, siamo convinti che i Vescovi si porranno in ascolto dei giovani delle loro Diocesi, anche di quelli che vivono più lontani dal mondo ecclesiale ma che sono comunque fortemente desiderosi di attenzione e di risposte di senso. Siamo sicuri che sapranno “perdere tempo” con noi giovani, non solo per parlare, ma anche per ascoltare ciò che abbiamo da dire, con l’obiettivo di costruire insieme una Chiesa più “giovane e fresca” aperta al confronto e all’incontro.

Inoltre, da giovani quali siamo, sperimentando quotidianamente nella nostra realtà la bellezza e la libertà di essere cristiani, desideriamo parlare ai cuori dei nostri coetanei in tutto il mondo, invitandoli a non chiudersi ma, al contrario, ad accogliere le opportunità che la Chiesa ci offre con la prossima Assemblea sinodale.

Da ultimo, vogliamo lanciare un appello agli Organi di Stampa: vi chiediamo di dedicare maggiori spazi al mondo giovanile, mettendone in luce i tanti aspetti di positività e non solo gli elementi di debolezza e turbolenza. Aiutateci anche voi, con gli strumenti di cui disponete, a diventare protagonisti non solo di un futuro ancora da venire, ma anche e soprattutto di un presente che ci chiama già oggi a costruire la civiltà dell’Amore, mettendo a frutto i nostri talenti nei luoghi in cui siamo chiamati a vivere.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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09/04/2017 00:01
 
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VEGLIA DI PREGHIERA IN PREPARAZIONE 
ALLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ

PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica di Santa Maria Maggiore
Sabato, 8 aprile 2017

[Multimedia]






 

Cari giovani,

grazie di essere qui! Questa sera è un doppio inizio: l’inizio del cammino verso il Sinodo, che ha un nome lungo: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, ma diciamo: “il Sinodo dei giovani”, si capisce meglio! E anche il secondo inizio, del cammino verso Panama: c’è qui l’Arcivescovo di Panama [lo indica e si rivolge a lui]. Ti saluto tanto!

Abbiamo ascoltato il Vangelo, abbiamo pregato, abbiamo cantato; abbiamo portato i fiori alla Madonna, alla Madre; e abbiamo portato la Croce, che viene da Cracovia e domani sarà consegnata ai giovani del Panama. Da Cracovia a Panama; e, in mezzo, il Sinodo. Un Sinodo dal quale nessun giovane deve sentirsi escluso! “Ma… facciamo il Sinodo per i giovani cattolici… per i giovani che appartengono alle associazioni cattoliche, così è più forte…”. No! Il Sinodo è il Sinodo per e di tutti i giovani! I giovani sono i protagonisti. “Ma anche i giovani che si sentono agnostici?”. Sì! “Anche i giovani che hanno la fede tiepida?”. Sì! “Anche i giovani che si sono allontanati dalla Chiesa?”. Sì! “Anche i giovani che – non so se c’è qualcuno… forse ci sarà qualcuno – i giovani che si sentono atei?”. Sì! Questo è il Sinodo dei giovani, e noi tutti vogliamo ascoltarci. Ogni giovane ha qualcosa da dire agli altri, ha qualcosa da dire agli adulti, ha qualcosa da dire ai preti, alle suore, ai vescovi e al Papa. Tutti abbiamo bisogno di ascoltare voi!

Ricordiamo un po’ Cracovia; la Croce ce lo ricorda. Lì ho detto due cose, forse qualcuno ricorda: è brutto vedere un giovane che va in pensione a 20 anni, è brutto; e anche è brutto vedere un giovane che vive sul divano. Non è vero? Né giovani “in pensione”, né giovani “da divano”. Giovani che camminino, giovani di strada, giovani che vadano avanti, uno accanto all’altro, ma guardando il futuro!

Abbiamo ascoltato il Vangelo (cfr Lc 1,39-45). Quando Maria riceve quel dono, quella vocazione tanto grande di portare il dono di Dio a noi, dice il Vangelo che, avendo avuto anche la notizia che la sua cugina anziana aspettava un bambino e aveva bisogno di aiuto, se ne va “in fretta”. In fretta! Il mondo di oggi ha bisogno di giovani che vadano “in fretta”, che non si stanchino di andare in fretta; di giovani che abbiano quella vocazione di sentire che la vita offre loro una missione. E, come ha detto tante volte Maria Lisa [giovane Suora] nella sua testimonianza, giovani in cammino. Lei ha raccontato tutta la sua esperienza: è stata un’esperienza in cammino. Abbiamo bisogno di giovani in cammino. Il mondo può cambiare soltanto se i giovani sono in cammino. Ma questo è il dramma di questo mondo: che i giovani – e questo è il dramma della gioventù di oggi! – che i giovani spesso sono scartati. Non hanno lavoro, non hanno un ideale da seguire, manca l’educazione, manca l’integrazione… Tanti giovani devono fuggire, emigrare in altre terre… I giovani, oggi, è duro dirlo, ma spesso sono materiale di scarto. E questo noi non possiamo tollerarlo! E noi dobbiamo fare questo Sinodo per dire: “Noi giovani siamo qui!”. E noi andiamo a Panama per dire: “Noi giovani siamo qui, in cammino. Non vogliamo essere materiale di scarto! Noi abbiamo un valore da dare”.

Ho pensato, mentre Pompeo parlava [nella seconda testimonianza]: per due volte lui è stato quasi al limite di essere materiale di scarto, a 8 anni e a 18 anni. E ce l’ha fatta. Ce l’ha fatta. E’ stato capace di rialzarsi. E la vita, quando guardiamo l’orizzonte – lo ha detto anche Maria Lisa –, sempre ci sorprende, sempre. Tutti e due lo hanno detto.

Noi siamo in cammino, verso il Sinodo e verso Panama. E questo cammino è rischioso; ma se un giovane non rischia, è invecchiato. E noi dobbiamo rischiare.

Maria Lisa ha detto che dopo il sacramento della Cresima si è allontanata dalla Chiesa. Voi sapete bene che qui in Italia il sacramento della Cresima lo si chiama “il sacramento dell’arrivederci”! Dopo la Cresima non si torna più in chiesa. E perché? Perché tanti giovani non sanno cosa fare... E lei [Maria Lisa] mai si è fermata, sempre in cammino: a volte su strade oscure, su strade senza luce, senza ideali o con ideali che non capiva bene; ma alla fine, anche lei ce l’ha fatta. Voi giovani dovete rischiare nella vita, rischiare. Oggi dovete preparare il futuro. Il futuro è nelle vostre mani. Il futuro è nelle vostre mani.

Nel Sinodo, la Chiesa, tutta, vuole ascoltare i giovani: cosa pensano, cosa sentono, cosa vogliono, cosa criticano e di quali cose si pentono. Tutto. La Chiesa ha bisogno di più primavera ancora, e la primavera è la stagione dei giovani.

E inoltre vorrei invitarvi a fare questo cammino, questa strada verso il Sinodo e verso Panama, a farla con gioia, farla con le vostre aspirazioni, senza paura, senza vergogna, farla coraggiosamente. Ci vuole coraggio. E cercare di prendere la bellezza nelle piccole cose, come ha detto Pompeo, quella bellezza di tutti i giorni: prenderla, non perdere questo. E ringraziare per quello che sei: “Io sono così: grazie!”. Tante volte, nella vita, perdiamo tempo a domandarci: “Ma chi sono io?”. Ma tu puoi domandarti chi sei tu e fare tutta una vita cercando chi sei tu. Ma domandati: “Per chi sono io?”. Come la Madonna, che è stata capace di domandarsi: “Per chiper quale persona sono io, in questo momento? Per la mia cugina”, ed è andata. Per chi sono io, non chi sono io: questo viene dopo, sì, è una domanda che si deve fare, ma prima di tutto perché fare un lavoro, un lavoro di tutta una vita, un lavoro che ti faccia pensare, che ti faccia sentire, che ti faccia operare. I tre linguaggi: il linguaggio della mente, il linguaggio del cuore e il linguaggio delle mani. E andare sempre avanti.

E un’altra cosa che vorrei dirvi: il Sinodo non è un “parlatoio”. La GMG non sarà un “parlatoio” o un circo o una cosa bella, una festa e poi “ciao”, mi sono dimenticato. No, concretezze! La vita ci chiede concretezza. In questa cultura liquida, ci vuole concretezza, e la concretezza è la vostra vocazione.

E vorrei finire… – c’era un discorso scritto, ma dopo aver visto voi, aver sentito le due testimonianze, mi è venuto da dire tutto questo –: ci saranno momenti in cui voi non capirete nulla, momenti oscuri, brutti, momenti belli, momenti oscuri, momenti luminosi… ma c’è una cosa che io vorrei sottolineare. Noi siamo nel presente. Alla mia età, stiamo per andarcene… ah no? [ride] Chi garantisce la vita? Nessuno. La vostra età ha il futuro davanti. Ai giovani, oggi, ai giovani la vita chiede una missione, la Chiesa chiede loro una missione, e io vorrei dare a voi questa missione: tornare indietro e parlare con i nonni. Oggi più che mai abbiamo necessità, abbiamo bisogno di questo ponte, del dialogo tra i nonni e i giovani, tra i vecchi e i giovani. Il profeta Gioele, nel capitolo 3, versetto 2, ci dice questo, come una profezia: “Gli anziani avranno sogni, sogneranno, e i giovani profetizzeranno”, cioè porteranno avanti con le profezia le cose concrete. Questo è il compito che io vi do in nome della Chiesa: parlare con gli anziani. “Ma è noioso…, dicono sempre le stesse cose…”. No. Ascolta l’anziano. Parla, domanda le cose. Fa’ che loro sognino e da quei sogni prendi tu per andare avanti, per profetizzare e per rendere concreta quella profezia. Questa è la vostra missione oggi, questa è la missione che vi chiede oggi la Chiesa.

Cari giovani, siate coraggiosi! “Ma, Padre, io ho peccato, tante volte cado…”. Mi viene in mente una canzone alpina, bellissima, che cantano gli alpini: “Nell’arte di salire, l’importante non è non cadere, ma non rimanere caduti”. Avanti! Cadi? Alzati e vai avanti. Ma pensa a quello che ha sognato il nonno, che ha sognato il vecchio o la vecchia. Falli parlare, prendi quelle cose e fai il ponte al futuro. Questo è il compito e la missione che oggi vi dà la Chiesa.

Grazie tante per il vostro coraggio, e… a Panama! Non so se sarò io, ma ci sarà il Papa. E il Papa, a Panama, vi farà la domanda: “Avete parlato con i vecchi? Avete parlato con gli anziani? Avete preso i sogni dell’anziano e li avete trasformati in profezia concreta?”. Questo è il vostro compito. Che il Signore vi benedica. Pregate per me, e prepariamoci tutti insieme per il Sinodo e per Panama.

Grazie.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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26/04/2017 09:46
 
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  CHIESA - QUEI CONTI CHE NON TORNANO

 




Il documento preparatorio al prossimo Sinodo considera soltanto i giovani "lontani" per i quali la Chiesa deve cambiare linguaggio e modo di presentarsi.
Totalmente assenti invece quelli che col linguaggio della Chiesa non hanno problemi, magari amano la messa in latino e la tradizione. L'intento è chiaro: questi giovani non devono esistere.

di padre Riccardo Barile OP

Giovani e pregheira

Si sta avviando la macchina del prossimo Sinodo sui giovani previsto nell’ottobre 2018 con il Documento preparatorio “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”, presentato da una breve lettera di Papa Francesco in data 13 gennaio 2017 e concluso da un questionario in vista della successiva redazione del Documento di lavoro o Instrumentum laboris.

I commenti e gli approfondimenti - non molti, perché il dibattito è ancora monopolizzato dal Sinodo trascorso e dall’Amoris Laetitia - si portano, come è normale, su quanto il documento dice, cioè su quello che c’è. E da questo punto di vista nulla da eccepire. Pur non tracciando «un’analisi completa della società e del mondo giovanile», si evidenziano delle difficoltà, ma soprattutto la positività dei giovani «che sanno scorgere quei segni del nostro tempo che lo Spirito addita ... alternative che mostrano come il mondo o la Chiesa potrebbero essere».

Così come è valido e costruente il discorso che si snoda a partire da “Fede e vocazione” da far maturare attraverso “Il dono del discernimento” (riconoscere, interpretare, scegliere) e nel contesto della missione e dell’accompagnamento spirituale (l’ultima espressione è una moderna furbizia per evitare la “direzione spirituale”).

Ma se si passa a quanto il documento non dice, cioè a quello che non c’è, qui casca l’asino. Quale è infatti l’immagine di giovane che il documento ha presente e in funzione del quale si auspicano attenzioni e risposte dalla Chiesa? A parte i «giovani poveri, emarginati ed esclusi» verso i quali «ciascuna comunità è chiamata ad avere attenzione», i giovani sono quelli che parlano un’altra lingua: «Ci accorgiamo che tra il linguaggio ecclesiale e quello dei giovani si apre uno spazio difficile da colmare». E non si tratta solo di linguaggio: i giovani nutrono spesso «sfiducia (...) verso le istituzioni», compresa «la Chiesa nel suo aspetto istituzionale», che i giovani vorrebbero «più vicina alla gente». Ne segue che per la Chiesa «accompagnare i giovani richiede di uscire dai propri schemi preconfezionati, incontrandoli dove sono, adeguandosi ai loro tempi e ai loro ritmi» (e non si tratta solo di orari!). Anzi, visto che i giovani sono questi, la stessa pastorale vocazionale è invitata ad «uscire (...) da quelle rigidità che rendono meno credibile l’annuncio della gioia del Vangelo, dagli schemi in cui le persone si sentono incasellate e da un modo di essere Chiesa che a volte risulta anacronistico».

Frase più, frase meno, tutto è girato e rigirato in queste categorie.

Ora, è vero che ci sono questi giovani
 e che in assoluto sono anche la schiacciante maggioranza, ma tra i giovani - quei pochi - che si rivolgono alla Chiesa sembrano essercene di molto, molto diversi. Sono giovani che non hanno difficoltà verso il linguaggio della Chiesa, anzi desiderano apprenderlo e vi trovano sicurezza; frequentano la Messa e alla comunione cercano di ricevere l’ostia in bocca e qualcuno, se glielo permettono, si inginocchia; dicono il Rosario e altri la coroncina della Divina Misericordia; se hanno rapporti prematrimoniali o anche solo se hanno praticato una masturbazione, vengono a confessarsi, ritenendo di non potersi accostare all’Eucaristia. 


Se sono seminaristi sono attenti a presentarsi con un segno di riconoscimento che va dalla talare a un altro segno meno vistoso ma percepibile; non si scompongono se si cita loro il Denzinger o un discorso di Pio XII; non praticano la liturgia preconciliare ma prendono volentieri parte a una Messa in latino; hanno ripreso ad apprezzare l’adorazione eucaristica; non sono entusiasti di andare a sentire alcuni “mostri sacri” teologici e monastici del postconcilio invitati a parlare loro, ma ci vanno restando come in apnea (al riguardo ho in mente due nomi di mostri sacri e due eventi di questo tipo, ma mi autocensuro dal citarli con esattezza... devo pur vivere!).

E questi sono quelli “normali”. Ci sono poi i fans della Messa preconciliare, ci sono poi i lefevriani come frangia estrema. E chi vuole vada a cercarsi e si guardi il filmato “Sacerdoti per il terzo millennio” realizzato da un seminario lefevriano tedesco e doppiato in italiano quasi senza gregoriano di sottofondo e senza stucchevoli “voci da prete”: ci si sente allargare il cuore alla vista di tanta abbondanza e tanta gioiosa serietà, scelte rituali a parte sulle quali non mi fermo per non allungare.

Dunque a fronte di questi giovani non è il caso di inventare linguaggi nuovi, uscire dagli schemi, abbattere rigidità - ma ci sono veramente? - ecc.

E invece quale è l’opzione del nostro Documento? Il silenzio: questi giovani non ci sono. Ma siccome il fenomeno ha una sua diffusione e preoccupa con diversa intensità alcuni vescovi, rettori di seminari, superiori e formatori religiosi ecc., non si può pensare che si tratti di una dimenticanza dell’estensore. Per cui la vera scelta verso costoro non è: «Silenzio: non esistono»; ma: «Silenzio: Non devono esistere».

Il che pone un sinistro sospetto su quelle tante aperture all’ascolto e all’accoglienza della voce dello Spirito che risuona nei giovani: sì, purché la voce dello Spirito e financo le critiche e le contestazioni vadano in una precisa direzione... nella quale è possibile anche “hacer lio / fare casino”; in direzioni più tradizionali, no.

E non ci si limita al silenzio, ma spesso, di fronte ad una vocazione del genere, si lascia trasparire una sofferenza interiore tipo: “Aspettavamo una vocazione di centro sinistra o comunque progressista... invece sei arrivato tu... un animale così strano di fronte al giovane dei documenti... anche se, è vero, sei (iper)connesso... comunque sii il benvenuto... c’est la vie!”. Tralascio per ora che cosa succede o può succedere dopo, per non girare il ferro nella piaga.

Il discorso ha però una sua serietà con alcune piste di considerazioni che mi limito ad enunciare senza svilupparle:

- questi giovani per lo più non rifiutano il Vaticano II ma l’applicazione concreta che ne è venuta dopo e spesso non tanto a livello di documenti, ma di prassi;

- a differenza dei giovani del postconcilio cresciuti in un clima un poco più clericale ed ecclesiastico del dovuto e quindi ansiosi di declericalizzare e secolarizzare, questi giovani sono cresciuti in una società secolarizzata e cercano una esperienza cristiana forte;

- cercare sicurezze è un atteggiamento sano e non da immaturi;

- le conseguenze del peccato originale toccano tutti, dal Pontefice Romano in giù, per cui bisogna stare attenti a non attribuire tutti i difetti di questi giovani alla loro scelta di Chiesa, ma alla normale debolezza umana;

- e poi i frutti: chi li accoglie accettando veramente le loro istanze in quello che hanno di azione dello Spirito - chiaro che deve viverle lui per primo - potrà certo raddrizzare dei difetti, ma soprattutto sperimenterà la fecondità e la bellezza della vita cristiana tradizionale, che è moderna;

- chi li rifiuta dicendo (assicuro che la frase è stata detta) “Piuttosto di avere vocazioni così è meglio non averne”, rischia di essere esaudito dal Signore, ma a suo danno.

Minima e ulteriore conferma: in data 8 dicembre 2016 è uscita la nuova “Ratio fundamentalis” per la formazione dei seminaristi sino al sacerdozio e oltre con la formazione permanente. È un documento molto ben strutturato e si dicono cose sagge sul Catechismo della Chiesa cattolica, sulla filosofia, sul giusto uso dei media, sulla serietà degli studi, sulla preghiera ecc.

Quando però si fanno delle critiche o si mette in guardia contro qualcosa, si mette in guardia contro il clericalismo, i princìpi astratti, la sicurezza dottrinale e spirituale, le certezze precostituite, la cura ostentata dalla liturgia ecc. (cf nn. 33, 41-42; 120). Mai una volta la messa in guardia dal pericolo di deviare dalla sana e buona dottrina scegliendosi maestri a piacere. No, quelle erano preoccupazioni di san Paolo (1Tm 1,10; 4,6; Tt 1,9; 2,1.7; 2Tm 4,3) e di certi giovani di oggi, “gente a cui si fa notte innanzi sera” (Petrarca, Trionfo della Morte I,39). Oggi sulla dottrina e sulla buona liturgia possiamo rimanere tranquilli e non è il caso di segnalare pericoli e fomentare tendenze pericolose tra i seminaristi.

Ma non sarà invece che si scrivono queste cose e se ne tacciono altre solo perché “è di moda”? Una canzoncina del 1800 che si usava nelle missioni popolari per correggere i costumi ad un certo punto faceva: «E mode non più; / chi segue le mode / non segue Gesù». Nessun dubbio che allora riguardasse gli abiti femminili: che oggi per caso non riguardi anche i Documenti?





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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