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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (5)

Ultimo Aggiornamento: 05/06/2017 00:46
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19/02/2017 13:37
 
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Papa Francesco e la Curia Romana
 

Vescovi, Culto divino, Dottrina della Fede: è evidente una chiara strategia da parte di papa Francesco per prendere il controllo dei gangli vitali della Curia, dove non poteva "tagliare" subito: lasciare intatto il guscio ma svuotandolo dall'interno, ovvero i prefetti restano al loro posto ma le decisioni vengono prese concretamente da persone di fiducia del Papa. Come succede anche alla CEI

di Marco Tosatti


Lo stile di governo del Pontefice regnante è, a dir poco, personale. Però in quello che può apparire a prima vista un disinteresse marcato per le regole, le procedure e la “macchina” del sistema si può intravedere una strategia. Elaborata forse non dal Pontefice stesso, ma da qualche consigliere e regista, che propendiamo a credere abbia un’esperienza e di Curia e di diplomazia. 

D’altronde non è un mistero che, a differenza del suo predecessore, papa Bergoglio ha un debole per i diplomatici in talare, la vera casta della Santa Sede. E al contrario non sembra avere lo stesso amore per i protagonisti, grandi e piccoli, della macchina centrale. Un residuo di amaro per quando era arcivescovo di Buenos Aires, e Roma gli bocciava alcune promozioni, come quella del rettore della Cattolica della capitale argentina? Forse. 

Comunque il Papa che più volte ha affermato di seguire i consigli e i suggerimenti emersi dalle sessioni cardinalizie del pre-conclave, in almeno due punti le ha disattese. Una delle richieste presentate da più voci era una riforma della Segreteria di Stato, giudicata troppo potente. Non è avvenuto, anzi, come vediamo nel caso dell’Ordine di Malta, il potere è aumentato. Il delegato papale è il no. 2 della gerarchia, il Sostituto Angelo Becciu. Il secondo punto-suggerimento-richiesta, anch’esso completamente disatteso, era il ripristino delle “udienze di cartello”. Cioè l’appuntamento col Papa dei responsabili delle Congregazioni, per tenerlo informato e avere indicazioni; e uno scambio di idee. Sappiamo di Prefetti che non vengono ricevuti mai o quasi, e di altri, anche importanti, che devono aspettare mesi per l’udienza. Già questa è una circostanza, e un sistema, che crea disagio, come è facilmente comprensibile.

Un’osservazione della strategia usata per gestire la Curia ci porta a fare qualche considerazione.

In alcuni punti, che evidentemente egli stesso o chi l’ha guidato considera gangli vitali, c’è stata una sostituzione brutale e immediata. E’ stato il caso della Congregazione per il Clero, dove al card. Piacenza, mandato alla Penitenzieria, è succeduto il diplomatico, e uomo di fiducia del Pontefice, l’attuale cardinale Beniamino Stella. E alla Segnatura Apostolica, la Suprema Corte del Vaticano, centrale perché cause e ricorsi giungono tutti in quel porto. Il canonista ed esperto di legge Burke è stato sostituito da un altro diplomatico, mons. Mamberti. Il caso recente delle Francescane dell’Immacolata, ri-commissariate con decreto pontificio inappellabile proprio perché il loro ricorso contro il commissariamento aveva probabilità di successo in Segnatura spiega quanto sia considerato importante quel tribunale.

Il Papa è Re, però neanche lui può tutto, sempre, nello stesso momento. Ci sono teste che cadendo farebbero troppo rumore. In quel caso bisogna trovare nuove strategie, che tendono comunque tutte a depotenziare il vertice, e a indebolire l’unitarietà di indirizzo e di tensione della Congregazione dall’interno. Che, comunque, è un obiettivo praticato anche in quelle, come il Clero, conquistate subito.  Il cardinale Mauro Piacenza, un ratzingeriano dichiarato, viene mandato a dirigere la Penitenzieria. Il segretario, lo spagnolo Celso Morga Iruzubieta, un'esperienza di decenni alla Congregazione, vicino all’Opus Dei, dopo tre mesi (necessari a trovare una diocesi libera in Spagna) viene inviato a Merida-Badajoz. Silenziosamente, ma in numero notevole, ufficiali e impiegati vengono dimessi o spinti a rinunciare, “volontariamente”.

Insieme alla Congregazione per il Clero, ganglio centrale, che si occupa anche dei seminari, un altro punto nodale dell’amministrazione, e della politica del Pontefice è la Congregazione per i Vescovi. Il prefetto è il cardinale Marc Ouellet, un uomo indipendente e dalle idee chiare. Il Papa – lo si vede dalle nomine – desidera che siano scelti vescovi progressisti. I casi contrari sono numerabili sulle dita di una mano. Quando mi stupivo chiacchierando con un esperto della nomina in Asia di un presule di stile ecclesiale diverso, mi è stato risposto che probabilmente non c’era proprio nessun altro. 

Il problema è stato risolto in maniera duplice. Primo: i membri della Plenaria giudicati conservatori sono stati rimpiazzati da fedeli della linea vincente (come il cardinale Baldisseri, Segretario del Sinodo). Secondo: mons. Jesus Montanari, l’amico del cuore del segretario personale del Pontefice, mons. Pedacchio (che comunque lavora alla Congregazione per i vescovi, e che è stato per anni l’orecchio e gli occhi del cardinale Bergoglio a Roma) è stato elevato con un balzo straordinario da un ruolo umile nella Congregazione a quello di Segretario. Il lavoro è completato con la sostituzione dei membri della Congregazione, in cui vengono immessi, in sostituzione dei filo-ratzingeriani, personaggi del nuovo corso, come Stella e Baldisseri. 

Così se in assemblea plenaria il candidato voluto non riesce a passare, nonostante gli sforzi, si può stare certi (è accaduto in più di un’occasione) che il giorno seguente il segretario arrivi dicendo: il Papa ha scelto questo. E la causa è chiusa, anche se magari il numero uno della terna era davvero buono, nell’opinione di tutti, nunzio compreso, e quello prescelto invece no. E’ evidente che il ruolo del Prefetto è ridotto sostanzialmente a un guscio formale.

Al Culto Divino il Pontefice ha posto come prefetto è il card. Sarah, ratzingeriano. Una mossa obbligata, dicono, dal fatto che non c’era nessun altro posto disponibile, dopo la scomparsa di Cor Unum assorbito in un nuovo organismo dopo la riforma. Sarah prende il posto di Antonio Canizares, legato alla tradizione, subito rimandato in Spagna, soprannominato il “piccolo Ratzinger”. Il cardinale guineano Sarah è favorevole alla “Riforma della riforma”, cioè a un ritorno ad alcune delle modalità liturgiche trascurate dalle innovazioni post-conciliari. Non è qualcosa che il Pontefice sembra vedere con particolare favore. Come svuotare il suo ruolo? Una sua dichiarazione in favore della riforma della riforma viene smentita ufficialmente (anche se Sarah dirà: ma il Papa mi aveva dato l’assenso…). 

All’interno però il gioco è reso facile (secondo un modello collaudato) dal fatto che dal 2012 è segretario della Congregazione l’arcivescovo Arthur Roche, sicuramente non tradizionalista, molto vicino al cardinale britannico Murphy O’Connor, uno dei grandi consiglieri discreti e ispiratori del Pontefice. E infatti a lui viene affidato, come Presidente, e non al card. Sarah, come forse sarebbe stato ipotizzabile, il compito di presiedere una commissione per rivedere le traduzioni della liturgia, modificando l’Istruzione  Liturgiam authenticam (De usu linguarum popularium in libris liturgiae Romanae edendis) del 2001. Sarah – a quanto mi dicono – era completamente all’oscuro di questa decisione…

L’altro grande nodo è costituito dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. La situazione qui è più complessa. Credo che il Pontefice abbia pensato seriamente di liberarsi di M?ller in passato, ma si sia reso conto che una decapitazione del genere, e senza potergli affidare un posto adeguato avrebbe creato un grande scandalo.  Il quinquennio di M?ller scadrà nel luglio prossimo. Sarà confermato? Comunque, si pone il problema di come limitare il suo ruolo.  Allora, oltre a non fare mai riferimento a lui quando parla di teologia, preferendo Kasper e Sch?nborn, si sta attuando la stessa politica usata con i Vescovi e il Culto. E cioè lo svuotamento dell’interno dell’apparato legato al Prefetto. In questo senso si devono leggere sia i licenziamenti di teologi e ufficiali, senza un motivo, e la nomina di un nuovo sottosegretario, molto vicino al Prefetto del Clero, mons. Giacomo Morandi. Mons. Morandi è molto legato al Prefetto del Clero, il cardinale Beniamino Stella, che per alcuni è il vero master mind della conquista pontificia della Curia. Nel frattempo la Congregazione è praticamente in stallo, c’è carenza di personale, e la scelta dei nuovi assunti non passa per i vertici della Congregazione stessa. Nel caso dell’Amoris Laetitia le centinaia di osservazioni puntuali fatte al testo sono state ignorate. Senza una risposta. Anche qui si assiste al modello di svuotamento dall’interno, lasciando intatto il guscio. 

E’ la stessa strategia utilizzata per la Conferenza Episcopale italiana. Dal momento che il presidente, il card. Bagnasco, aveva chiaramente espresso il suo desiderio di restare in carica fino alla fine del mandato, e di non farsi cortesemente da parte, il Pontefice ha nominato mons. Galantino, usandolo come referente e “investendolo” di pieni poteri, in particolare di gestire i mezzi di comunicazione dei vescovi, TV2000 e Avvenire. Le nomine dei vescovi italiani non sono più decise tramite il nunzio in Italia, l’arcivescovo Bernardini, nunzio in Argentina dal 2003 al 2011, che si dice non amato da Bergoglio. I nuovi vescovi vengono decisi da quella che potremmo chiamare una “commissione ombra” che fa capo al Segretario della Cei, che riferisce al Pontefice.

Per altri punti, di minore importanza, il lavoro è stato più facile e diretto. Così alla Pontificia Accademia per la Vita Ignacio Carrasco de Paula vescovo spagnolo, appartenente alla Prelatura dell'Opus Dei il 15 agosto 2016 è stato sostituito dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, già vescovo a Terni, dove la diocesi ha avuto un disastro finanziario. Paglia, legato da sempre alla Comunità di Sant’Egidio, è stato nominato presidente dell’Accademia, e Gran Cancelliere del Pontificio istituto Giovanni Paolo II. Nello stesso tempo mons. Livio Melina di CL, è stato sostituito dal teologo, scrittore e musicista Pierangelo Sequeri come preside, certamente di una sensibilità molto diversa da quella del predecessore. Al momento attuale l’Accademia non ha membri: tutti quelli che vi appartenevano sono stati cancellati. Comprese personalità di grande livello ed esperienza, legate alle linee guida ispirate da Giovanni Paolo II…

   


NUOVA INTERVISTA
La copertina del Timone con intervista al cardinale Muller
 

In una intervista a un giornale tedesco, il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede all'attacco di vescovi e conferenze episcopali che ammettono all'eucarestia i divorziati risposati. "La dottrina è vincolante a livello universale, non può avere interpetazioni regionali". 

di Marco Tosatti

Il cardinale Gerhard Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, in un’intervista al giornale tedesco Rheinische Post ha dichiarato che i singoli vescovi non possono reinterpretare l’insegnamento della Chiesa in maniera soggettiva. Müller ha detto che non è il suo stile criticare le pubblicazioni dei vescovi. Ma ha aggiunto: “Non credo che sia particolarmente benefico che ogni singolo vescovo commenti i documenti papali spiegando come lui stesso, soggettivamente, capisce i documenti”.

Nei giorni scorsi i vescovi di Malta e della Germania hanno reso pubbliche delle linee guida per permettere ai divorziati risposati di accedere all’eucarestia. I vescovi maltesi hanno affermato che per alcune coppie potrebbe essere “impossibile” convivere senza sesso, e che a quelle persone non potrebbe essere rifiutata l’eucarestia, se dopo il discernimento compiuto, sentono di “essere in pace con Dio”. D’altro canto però numerosi vescovi hanno riaffermato l’insegnamento tradizionale della Chiesa, in base al quale le persone il cui primo matrimonio è ancora valido, se vivono una nuova unione non possono ricevere l’eucarestia, a meno che non vivano con il proprio partner come fratelli e sorelle.

Müller di recente ha riaffermato questa posizione nell'intervista a Il Timone, ricordando il magistero di San Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e del Catechismo, oltre che della stessa Congregazione della Fede. Fra l’altro aveva ricordato che questo insegnamento esprimeva elementi essenziali della teologia morale cristiana e della teologia dei sacramenti.

In questa nuova intervista, il porporato afferma che “Non può essere che la Dottrina della Chiesa, che è vincolante a livello universale, formulata dal Papa, abbia interpretazioni regionali diverse e persino contraddittorie. La base della Chiesa è l’unità della fede. La Chiesa non fa più esperienza di una nuova rivelazione".

Quindi per essere assolto dal peccato di adulterio, un penitente deve avere la risoluzione di non peccare più. “Nessuno può alterare i sacramenti come strumenti di grazia secondo la propria scelta personale, per esempio così che il sacramento della Riconciliazione possa essere amministrato senza l’intenzione di non peccare più”.

Müller ha detto poi che secondo lui le dimissioni di un papa resteranno una rara eccezione nel futuro. Ha chiarito che è importante onorare i responsabili della Chiesa per il ruolo che ricoprono, non soltanto per le loro qualità umane. “Ciascuno è debole e mortale. Gesù non ha scelto i più saggi, i più ricchi e i più eminenti come suoi apostoli, ma gente semplice, artigiani, pescatori. Dipendiamo dalla grazia di Dio, e non da ciò che otteniamo ogni giorno. Ecco perché è importante non cercare il superuomo nel papa, nei vescovi, o nei preti, e se per caso questi non riescono a soddisfare queste aspettative esagerate, andarsene delusi dal vangelo e dalla Chiesa. Tutti abbiamo bisogno di perdono. La grazia di Dio si manifesta nella debolezza umana. Noi non veneriamo il Papa per i suoi risultati umani, ma perché Cristo gli ha affidato un ministero speciale per l’intera Chiesa”. Il cardinale ha reso omaggio “all’autorità morale” di papa Francesco, sottolineando come sia riconosciuto come “una guida autentica” anche dagli atei.

   

 
 
 

Un'associazione cattogay studia come contrastare "la propaganda contro gli omosessuali da parte dei movimenti cristiani fondamentalisti". E' la deriva pastorale dell'Omoeresia, pensiero che si è ormai affermato nella Chiesa a discapito dello stesso Magistero che metteva in guardia proprio da queste "infltrazioni".
Un'inchiesta del mensile Il Timone svela le tappe, i manifesti, gli ideologi e gli appoggi ecclesiastici della più influente delle lobby cattoliche: quella omosessualista. Che punta a derubricare omosessualità e gender come semplici varianti della sessualità, scardinando il progetto creatore di Dio. 

 

- PEDOFILIA, LE DIMISSIONI AMBIGUE DELL'EX VITTIMA 
di Lorenzo Bertocchi

- CHIEDIAMO LE DIMISSIONI DI MONS. PAGLIA

di Andrea Zambrano

L’appuntamento è per i primi di aprile. Hanno scelto una località, Albano laziale, che da qualche tempo dà ospitalità ad altre sigle, come il Forum dei cristiani Lgbt. Si chiamano Cammini di Speranza e sono decisi a tutto. Anche a studiare come contrastare la propaganda contro gli omosessuali e i transessuali da parte dei movimenti cristiani fondamentalisti. E pazienza se quella che loro chiamano propaganda è nient’altro che la dottrina di sempre della Chiesa sull’omosessualità.

Ma Cammini di Speranza è ormai più di un’avanguardia. Gode dell’appoggio di alcuni sacerdoti e vescovi e l’obiettivo del loro primo congresso è appunto quello di studiare strategie per farsi accettare nella Chiesa. Che non è, si badi, la richiesta di un approccio umano rispettoso della tendenza omosessuale, per il quale la Chiesa offre da tempo un adeguato cammino di verità e purificazione nell’ottica del sacrificio e della castità, come dimostra l’esperienza di Courage, ma un’accettazione tout court della pratica omosessuale. Con annessi e connessi.

Lo si evince dagli workshop proposti nel corso della due giorni di Albano: Cammini di Speranza per i giovani LGBT cristiani: quali proposte? ; Quale supporto spirituale chiedere alle chiese cristiane per le coppie di gay e lesbiche credenti che intendono celebrare il loro amore?; La propaganda contro omosessuali e transessuali dei movimenti cristiani fondamentalisti: come contrastarla?; Cammini di speranza per le donne cristiane LGBT: quali proposte?; Promuovere il sostegno alle persone LGBT anziane: come?; e infine: portare il punto di vista dei cristiani LGBT nel movimento LGBT italiano: quali strategie adottare?

Quest’ultimo workshop è la spia di un fenomeno strisciante, ma ormai sdoganato: le lobby gay si sono infiltrate a tal punto che anche nella Chiesa si fa lobby per portare le istanze dell’omosessualismo. Torna in mente la nota della Congregazione della Dottrina della fede che scrisse un testo così profetico e così illuminante da diventare oggi il principale bersaglio della Lgbtcrazia dominante anche in ambito cattolico: “Oggi un numero sempre più vasto di persone, anche all'interno della Chiesa, esercitano una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali. Quelli che, all'interno della comunità di fede, spingono in questa direzione, hanno sovente stretti legami con coloro che agiscono al di fuori di essa. Ora questi gruppi esterni sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo”. Era il 1986 e nessuno avrebbe immaginato come queste parole sarebbero diventate profetiche e osteggiate. Si è avverato quanto si temeva.

Così come le successive: “Anche all'interno della Chiesa si è formata una tendenza, costituita da gruppi di pressione con diversi nomi e diversa ampiezza, che tenta di accreditarsi quale rappresentante di tutte le persone omosessuali che sono cattoliche. Di fatto i suoi seguaci sono per lo più persone che o ignorano l'insegnamento della Chiesa o cercano in qualche modo di sovvertirlo. Si tenta di raccogliere sotto l'egida del Cattolicesimo persone omosessuali che non hanno alcuna intenzione di abbandonare il loro comportamento omosessuale. Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione”.

Delle serie: Ratzinger, e San Giovanni Paolo II Papa che approvò il testo, avevano già messo in guardia il popolo cattolico, ma si vede che negli anni qualcuno deve essersi distratto perché ovunque si assiste all’esplosione di una pastorale gay friendly tanto innaturale quanto, stando ai documenti magisteriali, di rottura con la stessa fede.

Letta così sembra che la Chiesa abbia sdoganato del tutto la pratica omosessuale, che da comportamento oggettivamente disordinato è diventata una delle tante varianti della sessualità umana. Dunque: basta con le vecchie logiche del passato, basta con la monotonia della famiglia composta da uomo e donna. Per essere moderni e accoglienti bisogna essere arcobaleno e anche nella Chiesa non si fanno eccezioni.

Ma questa deriva non è altro che una delle tante tappe della progressiva attuazione di una vera e propria teologia gay che ha prodotto negli anni un altrettanto invasiva pastorale gay, i cui effetti pratici si ravvisano in episodi che le cronache tendono a rilanciare con grande enfasi. Come il recente caso di don Gianluca Carrega, che celebrò il funerale di un omosessuale unito civilmente ex Cirinnà, chiedendo scusa al “coniuge” per tutte le gravi mancanze della Chiesa nei confronti delle persone omosessuali.

E’ quella che don Dariusz Oko ha ribattezzato Omoeresia, ossia un’eresia sviluppatasi in ambito cattolico di una del tutto inesistente teologia omosessualista tesa a scardinare i principi su cui si fonda la morale cristiana e per certi versi anche l’ecclesiologia. Dall’omoeresia alle prassi pastorali come quella di Albano il passo è breve.

Ma bisogna raccontare come è stato possibile che in pochi anni si sia verificato questo stravolgimento. E’ quello che si incarica di fare il mensile di apologetica Il Timone che nel numero di marzo in uscita in questi giorni ha condotto un’articolata inchiesta sull’omoeresia e la mappa della lobby gay cattolica. Che non è soltanto quella che giornali e tv inquadrano come la presenza di sacerdoti e religiosi omosessuali. L’inchiesta non si occupa di questo, ma di un aspetto più taciuto, ma che ha fatto meglio presa nell’immaginario cattolico: quei preti che negli anni hanno iniziato ad aprire, accogliere, difendere e giustificare non tanto la cura della persona con tendenza omosessuale, disordine di fronte al quale la Chiesa ha parole di carità e di verità da sempre, ma la difesa degli atti e dunque delle relazioni fino alla giustificazione del matrimonio e dell’adozione dei figli, come abbiamo visto nei giorni scorsi con il caso dei due militanti lgbt, guarda caso attivisti e frequentanti Cammini di speranza, che su un bollettino parrocchiale di Roma difendevano quello che in Italia è ancora il reato di utero in affitto.

E’ un viaggio che parte da lontano quello del Timone e che approda sugli scaffali delle librerie cattoliche dove sovente si trovano testi apertamente di difesa ad esempio della spiritualità per i transgender. Ma che inizia con i preti di frontiera come don Ciotti per il quale un vescovo può tranquillamente essere gay o il servita Alberto Maggi, che ancor oggi rilascia interviste in cui dice che “i gay sono perseguitati solo perché amano”.

L’inchiesta documenta come la vera svolta e in un certo senso un mutamento di linguaggio anche nei programmi pastorali ci sia stata nel 2008 quando il Gruppo di Studio sulla bioetica dei Gesuiti, cui si unisce don Aristide Fumagalli professore di Teologia morale nel Seminario arcivescovile di Milano, pubblica sulla rivista Aggiornamenti sociali un Contributo alla discussione. Vi si trovano frasi che utilizzano un linguaggio diverso rispetto ai preti di frontiera. Sono studiatamente ambigue, ambiscono a inserirsi nella fedeltà del Magistero. In realtà sono l’inizio di un percorso “tossico” in smaccato contrasto con la Dottrina.

Come queste: “La persona riferisce di scoprirsi omosessuale senza volerlo e quasi sempre in modo irreversibile. Il compito dell’etica non sta quindi nell’insistere per modificare questa organizzazione psicosessuale, ma nel favorire per quanto possibile la crescita di relazioni più autentiche nelle condizioni date”. 

Da lì in poi il cammino è stato tutto in discesa. Numerosi gruppi hanno trovato ospitalità in diverse diocesi sparse per l’Italia. Si sono organizzati convegni, scritti manifesti, ottenuto l’appoggio di vescovi e cardinali, come il caso del vescovo di Albano Marcello Semeraro e si è ottenuta la compiacente complicità di Avvenire e della Cei, il cui ufficio di Pastorale Famigliare ha ospitato veri e propri militanti della causa Lgbt, in aperta contraddizione con quanto la Chiesa ha insegnato, lo abbiamo visto, in tutti questi anni.

C’è il vescovo Jean Paul Vesco per il quale “se la Chiesa non ha che l’astinenza sessuale da proporre come modello virtuoso agli omosessuali, c’e il forte rischio che la dottrina sia salva ma che le 99 pecorelle del gregge siano abbandonate a se stesse, senza che nessun pastore abbia preso su di sè il loro odore”.  Oppure il piano programmatico di sacerdoti diocesani del torinese come don Danna che auspicava nel 2012: “Dobbiamo aiutare i fedeli a cambiare mentalità rispetto all’omosessualità”, il teologo Giannino Piana (“la condizione omosessuale non è un problema per la fede, semmai un’opportunità di progressiva comprensione dell’essenziale”) e l’onnipresente Enzo Bianchi (“Gesù non dice nulla dell’omosessualità”)

Fino alla specifica teologia che teorizza anche il gender cattolico, alla faccia di tutti i pronunciamenti papali in merito dove si trova persino una ex suora autoproclamatasi teologa gender e prontamente invitata ad Arezzo a parlare agli insegnanti di religione.

Per Gianfranco Amato, intervistato nel corso dell’inchiesta “c’è un settore interamente fuori controllo nella Chiesa che contraddice le parole di tutti i Papi”; parole condivise da un altro esperto di tematiche gender come Renzo Puccetti, il quale fa notare come la Chiesa anche sulla questione omosessualista abbia una sorta di sindrome di Stoccolma e cerchi di adattarsi al mondo e non viceversa.

Un adattamento che alla fine però produce un implicito attacco non solo alla famiglia naturale, ma alla stessa evidenza di Creazione così come rivelata da Dio all’uomo. 

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[Modificato da Caterina63 03/03/2017 11:36]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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