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da una vecchia rubrica ora chiusa di Padre Riccardo Barile O.P. Una malizia al mese

Ultimo Aggiornamento: 26/04/2017 11:08
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26/04/2017 10:56
 
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  IL DISCORSO ALLA CURIA MA SU QUALE COLLE?   versione testuale

ovvero di un discorso che il Papa ha fatto ma che noi non abbiamo ancora fatto


 

 



C'è stato il Concilio - C'è stato River Forest

"C'é stato" e non "ci fu" il Concilio Vaticano II: infatti l'uso del passato prossimo sta ad indicare che l'avvenimento, giuridicamente concluso, non è ancora concluso come definitiva attuazione e recezione, anche se molto è stato fatto.

Dopo il Concilio e quasi in parallelo, Paolo VI con il Motu proprio Ecclesiae Sanctae del 6.8.1966 richiese ad ogni istituto religioso un lavoro della durata dai due ai tre anni per realizzare, all'interno dell'Istituto, ciò che l'intera Chiesa aveva realizzato con il Concilio e cioè riandare alle fonti del proprio carisma, riesprimerlo con maggior purezza e pienezza, lasciar cadere certe determinazioni storiche desuete, ripensare il carisma alla luce dei tempi nuovi secondo le esigenze della Chiesa e del mondo, secondo la maturazione attuale dello spirito cristiano e anche secondo la maturazione dell'antropologia, poiché all'uomo del XX secolo non si potevano più prescrivere comportamenti legati ad un mondo passato.

Prima di arrivare alla conclusione si potevano anche mettere in opera delle «esperienze contrarie al diritto comune», che, se «fatte con prudenza», sarebbero state, «secondo l'opportunità, autorizzate volentieri dalla Santa Sede» (n. 6). Il tutto infine doveva essere espresso sia in termini "spirituali" sia in termini "giuridici".

L'Ordine domenicano diede corso alla disposizione di cui sopra attraverso il Capitolo generale di River Forest dal 30 agosto al 24 ottobre 1968.

River Forest (il fiume della foresta) fa venire in mente immagini bucoliche del folk americano: in realtà si trattava di un grandioso edificio dall'apparenza esterna neomedievale alle porte di Chicago, oggi dismesso.
Il Capitolo fu preparato da un ampio questionario inviato a tutti i frati, durò eccezionalmente quasi due mesi e produsse una nuova elaborazione redazionale delle Costituzioni editate e presentate dal Maestro dell'Ordine P. Aniceto Alonso Fernández in data 1.11.1968 e che restano alla base degli sviluppi sino ad oggi.
 
Poi c'è stato il discorso di Papa Ratzinger alla Curia

A poco più di sei mesi dalla sua elezione, Benedetto XVI colse l'occasione degli auguri alla Curia per un discorso che esponesse una valutazione sul Vaticano II e soprattutto sugli anni che seguirono.
È il famoso discorso alla Curia del 22 dicembre 2005, di cui ancora si parla. Per ora basti un cenno allo schema di fondo, riservando più oltre alcune citazioni.


Benedetto XVI parte dalla constatazione che spesso il postconcilio è stato difficile se non deviante. Non certo a causa del Concilio, ma di un modo errato di interpretazione.

Si è data infatti una ermeneutica della rottura e un'altra della riforma o continuità, la prima che ha letto il Concilio come un elemento assolutamente nuovo e da portare avanti nella ispirazione che non sempre compare dai testi, l'altra che ha letto e attuato il Concilio a partire dai testi e in continuità con la tradizione passata. Certi atteggiamenti e linguaggi, oggi diversi rispetto alle reazioni anti illuministiche o anti ottocentesche, in realtà presentano una continuità profonda dei principi. In ogni caso il Concilio non poteva essere una costituente che vara una nuova costituzione (del cristianesimo e della Chiesa).

Nonostante voci critiche, tutto il discorso è per affermare la validità e la positività del Vaticano II.
Oltre all'illustrazione dei contenuti, il discorso conseguì un risultato metodologico di cui ancora oggi beneficiamo: lo sdoganamento della problematica della mala interpretazione e attuazione del Vaticano II.

Poiché il Papa l'ha detto, ora se ne parla con libertà e lo scorso 8 ottobre 2012 il card. Donald William Wuerl, Arcivescovo di Washington (USA), nella relazione introduttiva al Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione ha potuto parlare dell'ermeneutica della discontinuità postconciliare come di uno "tsunami". Un'affermazione così sarebbe stata impensabile senza il discorso di Benedetto XVI:
«La situazione attuale affonda le sue radici proprio negli sconvolgimenti degli anni '70 e '80 (...).

Abbiamo affrontato l'ermeneutica della discontinuità che ha permeato gran parte degli ambienti dei centri di istruzione superiore e che ha avuto anche riflessi in aberrazioni nella pratica della liturgia. Intere generazioni si sono dissociate dai sistemi di sostegno che facilitavano la trasmissione della fede. È stato come se uno tsunami di influenza secolare scardinasse tutto il paesaggio culturale» (Relatio ante discepxationem).
 
Proviamo ad analizzare River Forest e il dopo con l'ermeneutica ratzingeriana, cioè proviamo a sdoganare le valutazioni su River Forest e sul dopo
Se River Forest è per l'Ordine un po' come il Concilio, nell'Ordine non c'è stato un serio e autorevole discorso sui limiti di quanto è avvenuto dopo, come il citato discorso di Benedetto XVI. Cioè le valutazioni e le perplessità sul dopo River Forest non sono mai state sdoganate. Forse perché da noi non hanno mai avuto luogo attuazioni discutibili? Ma via, siamo seri! Questa tuttavia è una constatazione e non un addebito mosso a chi di dovere, poiché ognuno si rende ben conto che un superiore a qualsiasi livello in un ordine religioso a suo modo "democratico" non può né dire né fare ciò che il Papa dice e fa per tutta la Chiesa.
Ma a livello personale questo discorso può essere sdoganato. E allora proviamo a sdoganarlo.
 
River Forest: Un valore e un'eccellenza
«Così possiamo oggi con gratitudine volgere il nostro sguardo al Concilio Vaticano II: se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, esso può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa» (Benedetto XVI, Alla Curia il 22.12.2005).


La stessa considerazione può applicarsi all'Ordine riguardo a River Forest.
Un frate che c'era stato - un altro tra poco si esprimerà diversamente! - scrisse che «I padri capitolari, pur provenendo da ambienti socio-culturali molto differenti e con mentalità diverse, dopo ampie e libere discussioni, si trovano concordi su ciò che meglio definisce lo spirito dell'Ordine e su quelle norme che meglio possono guidare i frati predicatori nella realizzazione della propria vocazione apostolica. Per la prima volta viene formulata anche una Costituzione fondamentale, che per sua natura è sostanzialmente immutabile. Ha infatti una connaturale e intrinseca immutabilità, in quanto le sue prescrizioni si riferiscono all'essenza, alla finalità specifica e ai valori fondamentali dell'Ordine» (Alfonso D'Amato, L'Ordine dei Frati Predicatori. Istituto Storico Domenicano, Roma 1983, p. 217).

La Costituzione fondamentale è veramente un testo ispirato, un gioiello, come lo è quella poco conosciuta delle Costituzioni delle monache.

Per queste ragioni il Maestro dell'Ordine Aniceto Alonso Fernández, presentando le Costituzioni anzitutto ne garantiva la legittimità: «Ecco le nostre leggi, o nuove o di nuova formulazione / novae vel noviter formulatae / (...) e tutte approvate dal capitolo generale». Tutti ormai, a cominciare dai postulanti, «sappiano che l'Ordine ha una sua propria caratteristica rispetto alle altre forme di vita religiosa suscitate dallo Spirito Santo». Infine sulle (nuove) Costituzioni e sulla vita del santo padre Domenico «i frati si misurino / probent seipsos fratres / per riconoscersi suoi figli».
«(...) due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro. L'una ha causato confusione, l'altra, silenziosamente ma sempre più visibilmente, ha portato frutti (...) c'è l'ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino» (Benedetto XVI, Alla Curia il 22.12.2005).
Per l'Ordine si può dire lo stesso: silenziosamente alcuni conventi, alcune province dopo River Forest hanno portato frutti, ma "silenziosamente" rispetto agli strumenti dell'informazione.
 
River Forest: Una discontinuità e una rottura
«(la memoria del Concilio) suscita la domanda: Qual è stato il risultato del Concilio? È stato recepito nel modo giusto? Che cosa, nella recezione del Concilio, è stato buono, che cosa insufficiente o sbagliato? Che cosa resta ancora da fare? Nessuno può negare che, in vaste parti della Chiesa, la recezione del Concilio si è svolta in modo piuttosto difficile (...). Da una parte esiste un'interpretazione che vorrei chiamare ermeneutica della discontinuità e della rottura; essa non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna» (Benedetto XVI, Alla Curia il 22.12.2005).
Idem per l'Ordine dopo River Forest, anche se non per tutti e da per tutto.

Al riguardo, dopo quella di P. Alfonso D'Amato, è preziosa e complementare la testimonianza di P. Enrico Rossetti (1915-1974), presente a River Forest in qualità di perito e che documenta come lo sviamento venuto dopo era già presente negli inizi. Ad esempio:
«Si profila una netta divisione, quasi una spaccatura. Si cozzano due mentalità, due ideologie. Sui paragrafi della "Costituzione fondamentale" avviene il primo drammatico scontro» (P. Enrico Rossetti, Diario 1949-1973. A cura di V. Alce e A. Piagno. ESD, Bologna 1994, p. 100);
«Il processo di secolarizzazione, di demitizzazione, di mondanizzazione ha qui delle punte di una virulenza impressionante. La critica al Papa è aperta, amara, orgogliosa, irrispettosa. Mi sconvolge. Qualcuno dei nostri si associa. Che tristezza!» (p. 102).
In compenso «Ho lottato con forza per un bel testo riguardante il rosario. La Madonna mi ha aiutato: questo testo è "costituzionale"» (ivi, p. 101), ma sarà una vittoria di Pirro e il povero P. Rossetti, poi priore provinciale, quattro anni più tardi nel 1972 in una visita in Brasile toccherà con mano che il rosario è in disuso: «La giornata si chiude col rosario in comune (...). Da tempo non si diceva il rosario insieme, mi dicono» (p. 140).

Due anni prima si era recato a Tolosa per il centenario della nascita di san Domenico aspettando invano che P. Dominique Chenu nel suo intervento parlasse di fedeltà al Magistero (povero illuso!). Invece P. Rossetti trovò dei frati «nella sofferenza per l'indirizzo che sta prendendo l'Ordine in Francia con tutti i crismi dei superiori maggiori». E a ulteriore conferma: «L'incontro a Prouille con i provinciali delle Province del Nord Europa, presieduto dal Generale, mi lascia un senso di tristezza e di smarrimento» (p. 110).
Non si può tacere il fatto che a River Forest ci fosse anche questa atmosfera e mentalità, che poi continuò producendo discutibili realizzazioni di vita domenicana puntualmente seguite dall'aridità delle vocazioni.
 
River Forest: Alcune considerazioni

Prima considerazione
«In questo modo (il Concilio) viene considerato come una specie di Costituente, che elimina una costituzione vecchia e ne crea una nuova. Ma la Costituente ha bisogno di un mandante e poi di una conferma da parte del mandante, cioè del popolo al quale la costituzione deve servire. I Padri non avevano un tale mandato e nessuno lo aveva mai dato loro; nessuno, del resto, poteva darlo, perché la costituzione essenziale della Chiesa viene dal Signore e ci è stata data affinché noi possiamo raggiungere la vita eterna e, partendo da questa prospettiva, siamo in grado di illuminare anche la vita nel tempo e il tempo stesso. I Vescovi, mediante il Sacramento che hanno ricevuto, sono fiduciari del dono del Signore. Sono "amministratori dei misteri di Dio" (1Cor 4,1); come tali devono essere trovati "fedeli e saggi" (cf Lc 12,41-48)» (Benedetto XVI, Alla Curia il 22.12.2005).
River Forest è giuridicamente ineccepibile. Ma tutti i frati presenti avevano la convinzione di dover semplicemente "rinnovare" la legislazione dell'Ordine, oppure più di uno era almeno psicologicamente nell'atteggiamento di creare una cosa nuova e ciò interpretando le presunte vere intenzioni di san Domenico? Da quel che è venuto dopo non si può che rispondere che qualcuno veramente pensava a una nuova costituzione dell'Ordine...
 
Seconda considerazione
Come fa notare il Maestro dell'Ordine Fernández nella sua presentazione, due grandi criteri o scelte hanno pervaso trasversalmente la nuova legislazione: maggiore partecipazione dei frati e maggiore decentralizzazione o autonomia delle province. Bene. Con il senno di poi si è potuto verificare che la prima scelta è avvenuta a spese di una certa continuità di governo (sempre persone nuove negli organismi di governo) e la seconda scelta ha posto in crisi più del dovuto il tasso di uniformità, considerato che la maggior autonomia è anche dei conventi e delle case all'interno delle province.
 
Terza considerazione
La presentazione Fernández non poteva non rilevare che il rinnovamento «non avrà effetto senza un profondo rinnovamento spirituale che deve dare forma a tutte le nuove strutture; quando tale vita interiore manca o è debole, le strutture migliori non producono nessun effetto; quando invece la vita interiore è presente, questa può efficacemente supplire all'imperfezione delle strutture». Bene. Ma il clima di libertà che è seguito a River Forest per via delle maggiori autonomie locali e per una certa coscienza che ormai si era liberi dal passato dal momento che le Costituzioni erano cambiate, ha di molto ridotto quella tradizione dei mezzi della vita spirituale che un convento precedente offriva, per cui fu giocoforza che il rinnovamento avvenisse senza questo tono di vita spirituale.
 
Quarta considerazione
Più si comincia a ragionare con le categorie del citato discorso di Benedetto XVI, più si tocca con mano che frasi tipo "il Concilio ha detto / ha cambiato / ha abolito" sono in gran parte destituite di fondamento e si tocca con mano che si può veramente applicare il Concilio e "riformare" nella continuità e non secondo l'ermeneutica degli anni '70 e in parte '80 (è infatti più o meno dal 1985 che è lentamente iniziata la svolta che ha portato al discorso di Benedetto XVI alla Curia).
Analoga considerazione vale per River Forest: la costituzione fondamentale è magnifica e le leggi - anche quelle venute dopo - non dicono necessariamente e alla lettera che bisogna continuare con la mentalità degli anni '70 e '80 per cui, senza contravvenire ad alcuna legge ma anzi applicandole, si può oggi organizzare una vita che non è esattamente quella che hanno insegnato i maestri (non ufficiali ma non meno indiscussi) del dopo River Forest.
 
Quinta considerazione
P. Rossetti, divenuto priore provinciale, dal 1972 al 1973 a Bologna mise in piedi un noviziato con maestro dei novizi il cecoslovacco P. Giorgio Vesely. Il risultato più simpatico dell'esperienza fu che i novizi in oggetto furono denominati "i veselidi". Per il resto fu un disastro e proprio per la scarsa mediazione verso il nuovo. Dunque è vero che a River Forest e dopo ci fu contrapposizione, ma i tempi erano tali che i progressisti erano troppo progressisti e i tradizionalisti o "classici" spesso riproponevano il passato in proporzione eccessiva o troppo poco ripensata, o forse in una proporzione non troppo eccessiva, ma che comunque "allora" dava fastidio. Se River Forest si svolgesse adesso, forse, tenendo conto di più anni di esperienza e decantazione postconciliare, si svolgerebbe meglio - Costituzione fondamentale esclusa - e soprattutto l'applicazione sarebbe più equilibrata. Ma ahimè, è allora e con soli due o tre anni di tempo che Paolo VI aveva previsto il lavoro e la storia purtroppo non è reversibile.
 
River Forest: «Ho incontrato oggi delle anime belle, correggo un po' le precedenti espressioni»

La citazione è del Diario già più volte citato di P. Rossetti (p. 102).
Ed è una citazione che apre alla speranza. Pur non essendo positivo come P. Alfonso D'Amato, pur non dovendo essere istituzionalmente sereno come il Maestro dell'Ordine Aniceto Fernández, P. Rossetti, dopo questa apertura alla speranza, conclude il diario americano con un inaspettato: «Qui il più è fatto. Parto abbastanza soddisfatto» (p. 103). Chi lo avrebbe mai previsto?

La ragione dell'ottimismo è che anche a River Forest ha incontrato "anime belle". La frase è risolutiva e giusta, anche se a me non piace e preferirei dire: "buoni frati", "santi frati", "frati onesti" ecc. Comunque la realtà non cambia: la giusta analisi di percorsi in salita e in discesa, in fervore e in decadenza, non deve far dimenticare che sempre è possibile incontrare all'interno dell'Ordine dei buoni frati e, aggiungo, delle buone monache. Attraverso di loro si tocca con mano che Dio agisce in ogni situazione e si tocca con mano che san Domenico continua a pregare per tutti: «O spem miram quam dedisti mortis hora te flentibus, dum post mortem promisisti te profuturum fratribus: imple, pater, quod dixisti, nos tuis iuvans precibus».
 
Fra Riccardo Barile o.p.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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