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Quando e come un Papa favorisce l'eresia... (2)

Ultimo Aggiornamento: 10/04/2018 01:10
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22/10/2017 15:50
 
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«Io ho le chiavi»

- Padre Giovanni Scalese

In un articolo pubblicato ieri su OnePeterFive, Maike Hickson (foto) si chiede: “Potrebbe l’aneddoto raccontato sulla rivista dei Cappuccini essere la chiave per svelare i piani del Papa sull’ordinazione delle donne?”.

Di che si tratta? Si tratta di un aneddoto narrato tre anni fa (2014) nell’editoriale del numero di aprile della rivista dei Cappuccini svizzeri Ite dal Direttore Fra Adrian Müller. L’originale è in tedesco; non conoscendo il tedesco, vi traduco in italiano la versione inglese della Hickson:Papa Francesco non risiede nell’appartamento pontificio, ma piuttosto nell’albergo del Vaticano [l’Ospizio Santa Marta]. Lí le Guardie [Svizzere] hanno il compito di proteggere il Papa o, talvolta, quando mette la testa fuori dalla porta, andare a prendergli un caffè.

Al nuovo Vescovo di Roma non piace fare colazione da solo. Perciò, di solito, si siede ogni volta accanto a qualcuno e incomincia a parlare con lui. In una di tali occasioni, pare che sia avvenuto il seguente incontro:Si dice che Papa Francesco si sia seduto una mattina di fronte a un Arcivescovo e abbia portato il discorso sulla questione del sacerdozio femminile. Poi avrebbe chiesto al suo compagno di tavola che cosa ne pensasse. Quello taceva, non sapendo come rispondere a questa domanda. Dopo un momento di silenzio, si dice che Francesco abbia replicato: “Sí, sí, entrambi i miei predecessori ci hanno chiuso la porta”.
Quindi, ridendo, avrebbe detto: “Per fortuna, io ho le chiavi”.

L’autore dell’editoriale si chiede “quali chiavi il Successore di Pietro effettivamente ha?”. Beh, direi che la risposta sia abbastanza semplice: il Papa ha le “chiavi del regno”, che Cristo ha consegnato a Pietro e ai suoi successori: «A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16:19). Penso che quella del Papa sia stata nulla piú che una battuta sulle proprie prerogative. Anche se, personalmente, non la trovo di buon gusto (sono stato educato all’adagio “scherza coi fanti e lascia stare i santi”). Ma sappiamo che a Papa Bergoglio piace scherzare, e quindi siamo pronti a perdonargli anche una battuta forse un po’ sopra le righe.

Quel che invece desta qualche preoccupazione è il contesto in cui è stata fatta la battuta: una conversazione, per quanto inter pocula, sul sacerdozio alle donne. Perché scegliere proprio un argomento cosí delicato per fare una battuta che potrebbe essere facilmente fraintesa? In altre occasioni, lo stesso Pontefice ha confermato che su tale questione non c’è spazio per ripensamenti:Sull’ordinazione di donne nella Chiesa Cattolica, l’ultima parola chiara è stata data da San Giovanni Paolo II, e questa rimane. Questo rimane(Conferenza stampa durante il volo di ritorno dalla Svezia, 1° novembre 2016).Allora, perché scherzarci sopra?

In ogni caso — senza con questo voler fare i musoni che non riescono neppure a capire una battuta, ma solo per mettere i puntini sulle “i” — forse val la pena di chiarire (non certo al Papa, che lo sa bene, ma ai miei lettori) che il “potere delle chiavi” dato da Gesú a Pietro (e solo a lui, a differenza del “potere di legare e sciogliere”, dato anche agli altri apostoli) non è un potere assoluto: è un potere supremo (nel senso che è superiore a qualsiasi altro potere umano), ma non è assoluto (nel senso che non è sciolto da qualsiasi altro potere, avendo sopra di sé l’autorità di Cristo, Capo della Chiesa).

Ci siamo occupati del “potere delle chiavi” in un recente post, a cui rimandiamo. Qui ci limiteremo a ricordare quanto afferma in proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica:Il “potere delle chiavi” designa l’autorità per governare la casa di Dio, che è la Chiesa. Gesú, il “Buon Pastore” (Gv 10:11), ha confermato tale incarico dopo la risurrezione: “Pasci le mie pecorelle” (Gv 21:15-17). 

Il potere di “legare e sciogliere” indica l’autorità di assolvere dai peccati, di pronunciare giudizi in materia di dottrina e prendere decisioni disciplinari nella Chiesa. Gesú ha conferito tale autorità alla Chiesa attraverso il ministero degli Apostoli [cf Mt 18:18] e particolarmente di Pietro, il solo cui ha esplicitamente affidato le chiavi del Regno (n. 553).Dunque, il “potere delle chiavi” consiste nell’autorità per governare la Chiesa. Piú avanti il Catechismo aggiunge:Del solo Simone, al quale diede il nome di Pietro, il Signore ha fatto la pietra della sua Chiesa. A lui ne ha affidato le chiavi [cf Mt 16:18-19]; l’ha costituito pastore di tutto il gregge [cf Gv 21:15-17] (n. 881).
Il Papa, Vescovo di Roma e successore di San Pietro, “è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli” [LG 23]. “Infatti il Romano Pontefice, in virtú del suo ufficio di Vicario di Cristo e di Pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente” [LG 22; cf CD 2 e 9] (n. 882).Dunque, il potere del Papa è “pieno, supremo e universale”, ma non assoluto.

Il Concilio Vaticano I, che ha definito il dogma del primato del Romano Pontefice (di solito si insiste di piú sull’infallibilità, senza rendersi conto che si tratta solo di un necessario corollario del primato), ha solennemente dichiarato:Se uno dice che il Romano Pontefice ha solo un ufficio di ispezione o direzione, ma non la piena e suprema potestà di giurisdizione su tutta la Chiesa, non solo nelle cose che riguardano la fede e i costumi, ma anche in quelle che riguardano la disciplina e il governo della Chiesa diffusa su tutta la terra; o [se uno dice] che egli avrebbe solo la parte piú importante, ma non tutta la pienezza di questa suprema potestà; o [se uno dice] che la sua potestà non è ordinaria e immediata su tutte e singole le chiese [particolari] e su tutti e singoli i pastori e fedeli: anathema sit (Denzinger-Schönmetzer, n. 3064).

Siccome però ci furono, soprattutto in Germania, delle interpretazioni errate della suddetta definizione, l’Episcopato tedesco emanò una dichiarazione (gennaio-febbraio 1875), successivamente ratificata dal Papa Pio IX, in cui si precisava la vera natura del primato pontificio:I decreti del Concilio Vaticano non forniscono neppure un’ombra di fondamento all’asserzione, secondo cui il Papa con essi sarebbe diventato un principe assoluto, e anzi, in forza dell’infallibilità, assolutissimo, “piú di qualsiasi altro monarca assoluto nel mondo”. Innanzi tutto, il dominio della potestà ecclesiastica del Pontefice è essenzialmente diverso dal principato civile del monarca; né in alcun modo i cattolici negano la piena e somma potestà del signore di un territorio per quanto riguarda le questioni civili.

Ma inoltre neppure rispetto alle questioni ecclesiastiche il Papa può chiamarsi un monarca assoluto, essendo lui subordinato al diritto divino e obbligato a ciò che Cristo ha disposto per la sua Chiesa. Egli non può mutare la costituzione data alla Chiesa dal divin fondatore, analogamente a quanto fa il legislatore civile che può mutare la costituzione dello Stato. La costituzione della Chiesa in tutti gli aspetti essenziali si fonda sull’ordinamento divino e perciò è immune da ogni arbitraria disposizione umana (Denzinger-Schönmetzer, n. 3114).

Piú chiaro di cosí! Tornando alla nostra questione (il sacerdozio femminile), essa è appunto uno degli “aspetti essenziali” della costituzione della Chiesa, che nessuno — neppure il Papa — può modificare. Nella malaugurata ipotesi che un giorno un Papa decidesse di cambiare l’attuale disciplina, la sua decisione sarebbe semplicemente nulla; e i Vescovi che imponessero le mani a una donna, non le farebbero altro che una carezza sulla chioma e incorrerebbero nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica (Normae de gravioribus delictis, 21 maggio 2010, art. 5). Per cui, direi di starsene tranquilli, nessuno potrà mai attentare alla costituzione divina della Chiesa.



Dal federalismo dottrinale alla devolution liturgica. Papa Francesco rompe con i suoi 265 predecessori

Aiutiamoci a capire cosa sta accadendo. La Liturgia cattolica cambierà, verso una “torre di Babele” (decentramento), contro l’insegnamento della Tradizione nella Chiesa che si espresse inequivocabilmente in tutti questi secoli.

NON E’ UNA BUFALA! Non è un falso e, tutto sommato potremo dire “finalmente”, Papa Francesco esce allo scoperto e per la prima volta, in modo altrettanto “ufficiale” lo fa a modo suo non ex-cattedra (dalla cattedra), ma ufficialmente attraverso La Nuova Bussola Quotidiana alla quale ha affidato la Lettera per una “Correctio paternalis“, vedi qui, una sorta di caricatura alla Correctio filialis alla quale si guarda bene, però, di dare una risposta.

Di cosa si tratta lo avrete già letto tutti e di fatto non ci sarebbe nulla da aggiungere se non che di fermarsi a Pregare, sollecitare i Fedeli ad andare al Rito STRAORDINARIO della Messa antica, alimentare e far crescere questi gruppi legittimi e leciti attraverso il Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI, vedi qui e la Lettera Apostolica di accompagnamento, vedi qui.

Anche il titolo che abbiamo usato non è un falso: “devolution” liturgica è la traduzione più semplice di questo intricato argomento per sottolineare l’intenzione di Papa Francesco di DECENTRARE la Liturgia Cattolica. L’ha usato Cascioli nell’articolo, e noi lo riteniamo perfetto per comprendere i fatti.

Confessiamo che da mesi si rincorrevano molte voci contro la Liturgia tradizionale della Chiesa e noi, prudentemente, abbiamo cercato di non dare alcuna eco, di attendere pazientemente atti ufficiali per poterne parlare serenamente e più lealmente, parlando solo di alcune questioni specifiche all’utilizzo dei Motu Propri, cliccare quiVorremo così aiutare i nostri lettori – specialmente quelli più digiuni a questo argomento – a capire seppur brevemente, cosa è questa “devolution”, cosa sta accadendo e cosa succederà.

DECENTRAMENTO sembra essere così la parola d’ordine di Papa Francesco apparentemente a favore di una più “collegialità” con i Vescovi diocesani. Detto in soldoni, ogni Conferenza Episcopale potrà tradurre il Messale della Messa a seconda degli usi e della comprensione linguistica del posto, senza più alcun controllo da parte della Santa Sede. Il Papa sottolinea, ovviamente, che salvaguardando le parti centrali della Messa (Consacrazione e Comunione) tutto il resto potrà essere tradotto secondo le sensibilità delle varie diocesi.

È chiaro quindi, al momento, che le parole della Consacrazione non dovrebbero subire alcuna modifica! Tuttavia chi pensa che questa è così una garanzia che offre poi il diritto al Pontefice di fare quanto sta facendo, sta sbagliando di grosso. Il “diritto” di un Pontefice non è creare delle “torri di Babele”, ma abbatterle nel “confermare” le singole Chiese, comunità, diocesi, a quell’unica Voce per la quale ci chiamiamo “cattolici” ossia universali. Per questo diciamo “al momento non cambieranno le parole della Consacrazione” perché, venendo meno la “confermazione di Pietro” per le prossime traduzioni, mancherà ogni controllo, e ciò che verrà deciso sarà a descrizione del vescovo locale.

È questa la “Torre di Babele” a cui alludiamo: facciamo un esempio pratico. Se uno di noi, italiano, andasse ad una messa in Australia o in altra parte del mondo che vorreste voi, troverebbe sì una Messa nella lingua locale, ma attualmente, se conoscete tutte le parole della messa, capireste immediatamente cosa sta dicendo il sacerdote, anche se non capite la lingua. Da oggi cambierà tutto e voi, trovandovi in qualche luogo di cui non conoscete la lingua, assisterete ad una Liturgia di cui non sapreste più che cosa sta dicendo il sacerdote.

Facciamo un altro esempio reale: alcuni Vescovi stanno sbarellando letteralmente, favorevoli a nuove liturgie e riti per coppie omosessuali, altri per fare riti con i Musulmani, altri per aggirare il divieto chiaro di Giovanni Paolo II sulla inter-comunione (Ecclesia de Eucharistiavedi qui) chiedono modifiche liturgiche per fare insieme ai protestanti messe condivisibili, con un “pane” non eucaristico, ma unitivo (sic!), ed altre richieste davvero infernali, non le inventiamo noi, basta documentarsi un poco che troverete i nomi di questi vescovi. Ora cosa accadrà? Semplice: il vescovo del luogo, senza più IL CONTROLLO DELLA SANTA SEDE, potrà creare MESSALI SU MISURA…. e soddisfare tutte queste richieste!

È legittimo quanto il Papa sta facendo? Sì e No! Purtroppo non è molto semplice dare una sola risposta, i meccanismi sono molto complessi che però, il Concilio di Trento con san Pio V (1566-1572) con la Costituzione Apostolica Quo Primum (14 luglio 1570), promulgò il Messale Romano offrendo a tutti i cristiani – di quel presente e futuro – uno strumento di unità liturgica e insigne monumento del culto genuino e religioso nella Chiesa Cattolica. San Pio V non modificò la “Messa”, stiamo attenti, egli non fece altro che estendere a tutto l’Occidente la Messa “latina” tradizionale quale barriera contro il protestantesimo.  Non modificò nulla, ma tutti gli altri riti che non datavano da 200 anni li abolì perché inquinati di protestantesimo o almeno sospetti di infiltrazioni protestantiche, estendendo a tutto l’Occidente il Messale romano perché “sicuramente cattolico”.

A farci comprendere cosa accadde leggiamo questo passaggio da parte di Ratzinger: “… rimasi sbigottito per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia. Pio V e non diversamente da lui, anche molti dei suoi successori avevano rielaborato questo messale, in un processo continuativo di crescita storica e di purificazione, in cui, però, la continuità non veniva mai distrutta. Un messale di Pio V che sia stato creato da lui non esiste. C’è stata la rielaborazione da lui ordinata, come fase di un lungo processo di crescita storica. Dopo il concilio di Trento, per contrastare l’irruzione della riforma protestante che aveva avuto luogo soprattutto nella modalità di “riforme” liturgiche, tanto che i confini tra cosa era ancora cattolico e cosa non lo era più, spesso erano difficili da definire. In questa situazione di confusione, resa possibile dalla mancanza di una normativa unitaria e dall’imperante pluralismo liturgico eredito dal tardo medioevo, il Papa decise che il Missale Romanum, il testo liturgico della città di Roma, in quanto sicuramente cattolico, doveva essere introdotto dovunque non ci si potesse richiamare a una liturgia che risalisse ad almeno duecento anni prima. Dove questo si verificava, si poteva mantenere la liturgia precedente, dato che il suo carattere cattolico poteva essere considerato sicuro” (J. Ratzinger, La mia vita, pp. 111-112).

La battaglia di Benedetto XVI, poi, la conosciamo tutti, è per questo “divieto” che Paolo VI non avrebbe dovuto inoltrare (quindi non poteva farlo) contro la Messa detta antica o di San Pio V, che arrivò a riabilitarla con il famoso Summorum Pontificum il 7 luglio 2007.

Così abbiamo risposto ad una prima osservazione: non è affatto vero che un Pontefice possa arrivare a far modificare il contenuto del Messale cattolico lasciandolo al libero arbitrio dei Vescovi. Paolo VI si guardò bene dal lasciare libertà di traduzione del Messale! Sapeva perfettamente che ciò non era affatto in suo potere e neppure dei Vescovi. E veniamo così alla spinosa questione del PRO MULTIS, che tradotto in italiano è diventato un illegittimo “per tutti”.

Nella famosa Lettera all’episcopato tedesco, clicca qui , Benedetto XVI ordina che l’espressione “per tutti” attualmente presente nel Messale tra le parole della Consacrazione Eucaristica, venga mutata in  “per molti”, perché, dice il Pontefice, questa è la traduzione esatta del testo greco originale del Vangelo. NESSUNO OBBEDI’ AL PONTEFICE!

Nella Lettera Benedetto XVI insegna un’importante regola ermeneutica, valida sempre e in ogni caso nell’interpretazione della Bibbia, come del resto di qualunque testo letterario: un conto, dice il Pontefice, è tradurre e un conto è interpretare. La traduzione va fatta con fedeltà e precisione, anche se il testo che vien fuori è difficile o indigesto o antipatico. E qui ci fermiamo!

Senza dubbio che la rivoluzione in campo liturgico fu portata a termine imprudentemente da Paolo VI, poiché essa era iniziata, ma con modi confacenti e molto prudenti, già da san Pio X… Paolo VI non si limitò ad una riforma del Rito come i suoi Predecessori, le sue scelte infatti andarono a modificare l’essenza della Messa che da “sacrificio” divenne una più goliardica e protestantica “cena”, e tutto questo per venire incontro ai “fratelli protestanti”, con il risultato che i fedeli cattolici, clero e vescovi, si sono protestantizzati e, i protestanti, sono rimasti fieramente protestanti. Benedetto XVI attraverso il Summorum Pontificum ha cercato di riparare i danni, ed è questo che un Papa può e deve fare, rispondendo così a ciò che un Papa può o non può fare.

Tornando così alla vicenda odierna Papa Francesco sta abusando del potere conferitogli dal Cristo! “Tutto mi è lecito, ma non tutto giova” (1Cor.6,12) insegna san Paolo, e il tutto era programmato nell’Evangelii gaudium (EG) laddove Papa Francesco attaccò, senza mezze misure e naturalmente indirettamente, un Documento firmato da Giovanni Paolo II, poco conosciuto ma importante per la Liturgia “Liturgiam authenticam”. Nella EG la nuova parola d’ordine è “decentrare” il potere curialeper affidare alle “regioni episcopali continentali” anche competenze di carattere dottrinale. Di grande impatto è stato, in EG, la previsione di un tale “decentramento” in alcuni settori della stessa “dottrina”, nella liturgia del popolo e nell’esercizio del magistero.

Ma tutto questo programma di decentramento contrasta in modo strutturale con ciò che in campo liturgico accade dal 2001, ossia da quando la V Istruzione sulla Riforma Liturgica – Liturgiam authenticam – ha di fatto bloccato a livello universale ogni libera traduzione ed interpretazione dei testi della liturgia. Papa Francesco nella EG sposa la battaglia della chiesa tedesca, della corrente rahneriana e modernista di un  disegno di rimodellare universalmente la liturgia sul prototipo protestante — progetto inevitabilmente, per Francesco, “chiuso” e senza “vie di uscita” a causa della “lingua latina” — dando privilegio ad una traduzione “dettata dal cuore, materna” pretendendo che le “lingue parlate” assumano la struttura stessa della lingua latina.. Mai era stata tanto disprezzata la lingua della Chiesa… per salvare la quale nulla è valso l’appello accorato di Benedetto XVI fondando addirittura la Pontificia Academia Latinitatisclicca qui testo ufficiale, che si rispecchia nella Costituzione Apostolica Veterum sapientia di Giovanni XXIII.

Rottura su tutti i fronti, decentramento, populismo, vittoria del pueblo… chi più ne ha più ne metta! Può fare tutto ciò un Pontefice? Certo che può, abusando del potere delle chiavi (clicca qui l’articolo illuminante di Padre Giovanni Scalese) che, non a caso, sono stato oggetto di recente di una battuta dello stesso Francesco, come a dire che intende servirsi di questo potere per fare tutto ciò che lui riterrà opportuno per la “sua immagine di chiesa”.

Tuttavia si può sollecitare questa domanda: ma se il Papa vuole decentrare tutto e non vuole più controllare che i Vescovi ciò che i vescovi fanno, lui a Roma che ci sta a fare? Semplice lui sta lì a controllare che i Vescovi però, nell’esercizio della loro libertà, stiano attenti a sposare ciò che il Papa vuole fare. Se prima si diceva OBBEDIENZA ALLA CHIESA E DUNQUE AL PAPA, OGGI E’ STATO TUTTO RIBALTATO: OBBEDIENZA AL PAPA PER OBBEDIRE ALLA SUA CHIESA.

Certo che se prima non capivamo cosa stesse accadendo, ora il minestrone sta uscendo allo scoperto, vedi qui. E possiamo dire con certezza che non saremo noi ad “uscire” dalla Chiesa, noi continueremo a stare con la Chiesa DI SEMPRE e laddove le messe saranno nuovamente stravolte e modificate nel linguaggio, state attenti alle parole della Consacrazione perché se verranno modificate la Messa è invalida e non avviene alcuna Transustanziazione.

Qui non è più in gioco “papa sì, papa no”, perché noi non abbandoneremo mai il Pontefice, ma si tratta anche di salvare le nostre anime, e con messe invalidate e lasciate a libere traduzioni ed interpretazioni linguistiche, o a riti fantasiosi e sincretisti, l’anima non si salva, mentre il papato è bellamente protetto da Nostro Signore Gesù Cristo.










Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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