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Varie Encicliche dei Papi sulla retta fede e contro le eresie moderne

Ultimo Aggiornamento: 16/09/2017 14:55
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20/01/2017 22:32
 
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San Pio X alla sua scrivaniaVi presentiamo in questa pagina una selezione di Encicliche dei Papi, lumi che illuminano la nostra fede man mano che si alzano delle nuove necessità o delle eresie.


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Clemente XII (1730-1740):



Benedetto XIV (1740-1758):



Pio VI (1775-1799):

    • Charitas quae (sulla condanna del giuramento civile dei chierici dopo la rivoluzione francese, 13/4/1791)

    • Auctorem fidei (sulla condanna delle proposizioni del sinodo di Pistoia, 28/8/1794)


Pio VII (1800-1823):

    • Ecclesiam a Jesu ( sulla condanna delle società segrete, della carboneria e della massoneria, 13/9/1821)


Gregorio XVI (1831-1846):

    • Mirari vos (sulla condanna della libertà di coscienza, di stampa, di pensiero e di culto, 15/8/1832)

    • Singulari nos (sulla condanna degli errori catto-liberali di Lamennais, 25/6/1834)



Pio IX (1846-1878):



    • Qui nuper (sulla necessità del potere temporale, 18/6/1859)




    • Ubi nos (sulla condizione della Chiesa Romana dopo l'occupazione e sul rifiuto dalla legge delle guarentigie, 15/5/1871)


Leone XIII (1878-1903):





    • Humanum genus (sulla condanna del relativismo filosofico e morale della massoneria, 20/4/1884)


    • Libertas (sulla libertà e il liberalismo, 20/6/1888)



    • Providentissimus (sullo studio della S. Scrittura e sull'esegesi cattolica, 18/11/1893)





Pio X (1903-1914):



    • Acerbo nimis (sull'insegnamento della dottrina cristiana, 15/4/1905)



    • Pieni l'animo (sulla cautela nella scelta delle vocazioni sacerdotali, 28/7/1906)





Benedetto XV (1914-1922):



    • In hac tanta (nel XII centenario della missione apostolica di San Bonifacio in Germania, 14/5/1919)




Pio XI (1922-1939):

    • Ubi arcano (sulla pace di Cristo nel Regno di Cristo, 23/12/1922)

    • Studiorum ducem (nel VI centenario della canonizzazione di San Tommaso D'Aquino, 29/6/1923)


    • Mortalium animos (sulla vera unità religiosa, a proposito di adunanze così dette pancristiane, 6/1/1928)

    • Mens nostra (sull'importanza degli Esercizi Spirituali si S. Ignazio, 20/12/1929)



    • Quadragesimo anno (sulla restaurazione dell'ordine sociale nel 40° anniversario della Rerum novarum, 15/5/1931)







Pio XII (1939-1958):


    • Mystici Corporis (sul Corpo mistico di Gesù Cristo e sulla nostra unione in esso con Cristo, 29/6/1943)



    • Humani generis (circa alcune false opinioni che minacciano di sovvertire i fondamenti della Dottrina cattolica, 22/8/1950)













[Modificato da Caterina63 20/01/2017 22:34]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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Suprema Sacra Congregazione del Sant'Uffizio
Istruzione «Ecclesia Catholica» 
agli Ordinari diocesani, 
sul «Movimento ecumenico»

20 dicembre 1949

La Chiesa Cattolica, pur non prendendo parte ai congressi ed alle altre riunioni ecumeniche, tuttavia non ha mai desistito - come molti documenti pontifici dimostrano - né mai in futuro desisterà di perseguire con particolare impegno e con assidue preghiere a Dio ciò che tanto sta a cuore a Cristo Signore, cioè che tutti coloro che credono in Lui «siano riuniti insieme» (Gv., XVII, 23).

Ed infatti con affetto materno essa abbraccia tutti coloro che tornano a lei come all’unica vera Chiesa di Cristo; non possono mai essere abbastanza approvati e promossi tutti gli sforzi e le iniziative che, con il consenso dell’Autorità Ecclesiastica, sono stati intrapresi e portati a termine nella giusta istruzione di quanti desiderano convertirsi e nella maggiore formazione di coloro che ad essa si sono convertiti.

In molte parti del mondo, infatti, sia da molti eventi esterni e per mutazioni degli animi, sia soprattutto per le comuni preghiere dei fedeli, sotto il soffio della grazia dello Spirito Santo, nell’animo di molti dissidenti dalla Chiesa Cattolica è andato crescendo il desiderio di tornare all’unità di tutti coloro che credono in Cristo Signore. La qual cosa è senza dubbio motivo di santa letizia nel Signore per tutti i figli della Chiesa, ed insieme invito per aiutare coloro che cercano sinceramente la verità, invocando con la preghiera la luce e la forza su di essi.

I tentativi finora intrapresi da persone e gruppi diversi per la riconciliazione dei dissidenti cristiani con la Chiesa Cattolica, pur essendo ispirati da ottime intenzioni, non sempre sono informati a retti principi e, anche se questo avviene, nondimeno sono scevri dai pericoli, come l’esperienza dimostra.

Per la qual cosa a questa Suprema Sacra Congregazione, che ha la funzione di conservare integro e di proteggere il deposito della fede, è parso opportuno ricordare ed ordinare quanto segue:

1. Poiché la suddetta riunione è di pertinenza specialissima della funzione e dell’ufficio della Chiesa, è necessario che se ne interessino i Vescovi, che «lo Spirito Santo pose al reggere la Chiesa di Dio» (Atti, XX, 28). Essi dunque non solo dovranno sorvegliare con diligenza ed efficacia tutta questa attività, ma anche promuoverla e dirigerla con prudenza, sia per aiutare coloro che cercano la verità e la vera Chiesa, sia per allontanare dai fedeli i pericoli che possono facilmente seguire l'attività di questo Movimento.

Per la qual cosa essi dovranno essere continuamente aggiornati su tutto ciò che nelle loro diocesi viene realizzato e promosso per mezzo di detto Movimento. Essi designeranno a tal scopo Sacerdoti idonei che si attengano scrupolosamente alla dottrina ed alle norme prescritte dalla Santa Sede, cioè a quanto nelle Lettere Encicliche Satis cognitum, Mortalium animos e Mystici Corporis Christi riguarda il Movimento ecumenico e che vi facciano riferimento, nei modi e nei tempi stabiliti.

Con cura particolare controlleranno le pubblicazioni che su questo argomento in qualsiasi modo siano edite dai cattolici e si adopreranno perché vengano osservati i sacri canoni «Sulla previa censura dei libri e sulla loro proibizione» (can. 1384 sgg.). Non ometteranno parimenti di agire allo stesso modo per quanto concerne le pubblicazioni degli acattolici che su questo argomento siano destinate all’acquisto, alla lettura o alla vendita da parte dei cattolici.

Favoriranno poi diligentemente gli acattolici, che desiderano conoscere la fede cattolica, in tutto ciò che possa loro essere utile. Designeranno persone ed Uffici che possano essere di aiuto e consiglio agli acattolici e faranno in modo che chi si sia già convertito alla fede possa ricorrervi, perché sia istruito con maggior cura e profondità nella fede cattolica, perché partecipi attivamente alla vita religiosa, soprattutto per mezzo di riunioni e conferenze, Esercizi Spirituali ed altre opere di pietà.

2. Per quanto concerne il modo e il criterio di procedere in quest’opera, i Vescovi prescriveranno ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare, ed esigeranno che le loro prescrizioni siano da tutti osservate. Parimenti vigileranno perché, col pretesto che si dovrebbe dare maggiore considerazione a quanto ci unisce che a quanto ci separa dagli acattolici, non venga favorito l’indifferentismo, sempre pericoloso, specialmente presso coloro che sono poco istruiti nelle materie teologiche e poco praticanti la religione.

Si deve infatti evitare che, per uno spirito, chiamato oggi «irenico», l’insegnamento cattolico (si tratti di dogma o di verità connesse col dogma) venga talmente conformato o accomodato con le dottrine dei dissidenti (e ciò col pretesto dello studio comparato e per il vano desiderio dell’assimilazione progressiva delle differenti professioni di fede) che ne abbia a soffrire la purezza della dottrina cattolica e ne venga oscurato il senso genuino e certo.

Si deve anche evitare quel modo di esprimersi da cui hanno origine opinioni false e speranze fallaci che non possono mai attuarsi; come per esempio, dicendo che non deve essere preso in tanta considerazione l’insegnamento dei Romani Pontefici, contenuto nelle encicliche, sul ritorno dei dissidenti alla Chiesa, sulla costituzione della Chiesa e sul Corpo Mistico di Cristo, perché non è tutto di fede, oppure (ancora peggio) perché in materia di dogmi nemmeno la Chiesa cattolica possiede più la pienezza del Cristo, ma essa può venire perfezionata dalle altre chiese.

Prenderanno diligenti precauzioni, e vi insisteranno con fermezza, perché nell’esporre la storia della Riforma o dei Riformatori, non siano così esagerati i difetti dei cattolici e invece così dissimulate le colpe dei riformati, oppure messi così in evidenza gli elementi piuttosto accidentali che a stento si riesca a scorgere e a sentire ciò che soprattutto è essenziale, cioè la definizione della fede cattolica.

Infine cureranno che, per zelo esagerato e falso o per imprudenza ed eccessivo ardore nell’azione, non si nuoccia invece di servire al fine proposto.

La dottrina cattolica dovrà dunque essere proposta ed esposta totalmente ed integralmente: non si dovrà affatto passare sotto silenzio o coprire con parole ambigue ciò che la verità cattolica insegna sulla vera natura e sui mezzi di giustificazione, sulla costituzione della Chiesa, sul primato di giurisdizione del Romano Pontefice, sull’unica vera unione che si compie col ritorno dei dissidenti all’unica vera Chiesa di Cristo.

Si insegni loro che essi, ritornando alla Chiesa, non rinunceranno a nessuna parte del bene che, per grazia di Dio, è finora nato in loro, ma che col loro ritorno questo bene sarà piuttosto completato e perfezionato. Non bisogna però parlare di questo argomento in modo tale che essi abbiano a credere di portare alla Chiesa, col loro ritorno, un elemento essenziale che ad essa sarebbe mancato fino al presente.

Queste cose devono essere dette chiaramente ed apertamente, sia perché essi cercano la verità, sia perché non si potrà ottenere una vera unione fuori della Chiesa. [...]

Data a Roma, dal Palazzo del Sant'Officio, il 20 Dicembre 1949

+ Francesco Card. Marchetti Selvaggiani, Segretario
+ Alfredo Ottaviani, Assessore





Il dialogo secondo Benedetto XVI
5 dicembre 2008

Il terreno concreto del confronto culturale
 


Nella lettera a Marcello Pera pubblicata nel suo libro Perché dobbiamo dirci cristiani, Benedetto XVI ha scritto che è necessario un "dialogo interculturale che approfondisca le conseguenze culturali delle idee religiose di base". 

Anche se l'affermazione ha provocato molti commenti, non è certo la prima volta che il Papa esprime questa convinzione e cerca di indirizzare in questo senso il dialogo con le altre religioni. 

Già in uno dei primi momenti del suo pontificato, nel messaggio dopo la messa concelebrata con i cardinali il 20 aprile 2005, si è espresso a questo proposito: "Non risparmierò sforzi e dedizione per proseguire il promettente dialogo avviato dai miei venerati Predecessori con le diverse civiltà, perché dalla reciproca comprensione scaturiscano le condizioni di un futuro migliore per tutti". 

Questa affermazione, seguita e confermata da diverse altre prese di posizione, ha fatto capire che l'atteggiamento della Santa Sede nei confronti del dialogo con le altre religioni - fra le quali naturalmente spicca l'Islam - avrebbe preso un tono diverso. Si sarebbe passati cioè da un clima di scambio più teorico a un confronto concreto fra le civiltà che erano frutto delle diverse tradizioni religiose. 

La dichiarazione Dominus Iesus, infatti, ha chiarito in modo irrevocabile che il dialogo interreligioso doveva prendere le distanze da un percorso che poteva portare verso "il relativismo delle religioni", pericolo che si correva realmente in un clima divenuto - come il cardinale Joseph Ratzinger aveva sottolineato in un'intervista al quotidiano italiano "la Repubblica" pubblicata il 16 gennaio 2005 - "una sorta di anarchismo morale e intellettuale" che "porta a non accettare più una verità unica. Il dialogo interreligioso non deve diventare un movimento nel vuoto". 

Infatti, se il confronto avviene su temi teologici come la natura di Dio e le vie della salvezza, è quasi impossibile non scivolare, da una parte, sul piano della sterile contrapposizione o, dall'altra nell'eccesso opposto, cioè quello di considerare come ugualmente vere tutte le religioni. 

La dichiarazione Dominus Iesus si proponeva di fare chiarezza non solo - e questo è stato l'unico aspetto preso in considerazione dai commentatori - rispetto ad alcune linee che si stavano manifestando all'interno del processo di dialogo interreligioso dal punto di vista teorico (e cioè di fronte a nuove aperture da parte di teologi cattolici), ma anche nei confronti di un processo concreto di pratica interreligiosa che è in atto negli organismi mondiali. Intorno alle Nazioni Unite si stavano infatti formando, sotto la veste di variegati movimenti interreligiosi, dei gruppi internazionali ben finanziati che si proponevano di cancellare le religioni tradizionali per sostituirle con una religione mondiale, unica per tutti, che avrebbe garantito la pace nel mondo. In un clima sempre meno interessato alla libertà religiosa - e che proprio per questo mette tutte le religioni sullo stesso piano, siano esse tolleranti o intolleranti, confondendo volutamente il proselitismo con la violenza - nei documenti ufficiali dell'Onu è stato infatti ribadito più volte che chi considera vera la propria religione a discapito delle altre è colpevole di fanatismo, e ricade quindi in quello che viene considerato "odio religioso", anche se il suo atteggiamento non contempla il ricorso alla discriminazione e alla violenza. E oggi esiste una rete mondiale, formata da una quindicina di organizzazioni internazionali che si qualificano come interreligiose, che ha già organizzato grandi incontri. 

Proprio di fronte a questa realtà, di cui spesso i gruppi cattolici dediti al dialogo interreligioso non si rendono conto, si è imposta la necessità di porre dei punti fermi, cioè l'unicità e l'universalità della salvezza costituita da Cristo nella storia dell'umanità, e di conseguenza la necessità della Chiesa come mediatrice assoluta di questa. 

In sostanza, la Dominus Iesus ha chiarito i termini teologici entro i quali può spingersi il dialogo con le altre religioni, termini che senza dubbio sono poco flessibili. Ma Benedetto XVI ha chiarito che il dialogo, invece, può e deve avvenire fra le culture che di queste religioni sono frutto. Questo centrare il dialogo su temi culturali permette del resto di affrontare nodi centrali, come la dignità dell'essere umano, il rispetto della donna e la libertà religiosa, temi che il dialogo teologico, o la prassi di riunioni di preghiera non affrontavano. 

Il primo incontro di Benedetto XVI con esponenti di altre religioni è avvenuto a Colonia, all'inizio del quinto mese di pontificato, nel corso della ventesima Giornata mondiale della gioventù. Particolarmente significativo è stato quello con la rappresentanza dei musulmani - con i quali il dialogo si è attenuto strettamente ai temi "culturali" - il 20 agosto 2005. Il gesuita Samir Khalil Samir ha commentato le sue parole sottolineando come il pensiero del Papa sia rivelatore di una linea forte: "Il dialogo con l'islam e con le altre religioni non può essere essenzialmente un dialogo teologico o religioso, se non in senso largo di valori morali. Esso deve essere un dialogo di culture e di civiltà". 

Perché - scrive ancora lo studioso gesuita - "si tratta di affrontare il vivere insieme sotto gli aspetti concreti della politica, dell'economia, della storia, della cultura, delle usanze". Benedetto XVI propone cioè, se vogliamo trovare una base comune, di "uscire dal dialogo religioso per mettere fondamenti umanistici alla base di questo dialogo, perché solo questi sono universali e comuni a tutti gli esseri umani". 

Il fatto di spostare il confronto dalla sfera religiosa a quella culturale ha permesso a Benedetto XVI non solo di affrontare temi centrali come la dignità dell'essere umano e la libertà religiosa, ma anche di prendere le distanze da alcuni aspetti della modernità occidentale contrari alla tradizione cattolica. Questo avviene soprattutto per un nodo centrale nel rapporto fra l'Occidente e le altre culture: il ruolo della donna e di conseguenza l'etica sessuale e familiare. A questo proposito il Papa, pur difendendo con forza la dignità e l'uguaglianza della donna, ha preso le distanze da un processo di emancipazione femminile occidentale centrato sulla separazione fra sessualità e riproduzione, cioè sulla presa di distanza delle donne dal loro ruolo biologico di madri. 

Benedetto XVI ha infatti denunciato più volte la crisi morale in cui versa la civiltà occidentale, individuando già nel libro Il sale della terra in essa la principale ragione del conflitto in atto con i musulmani: "Poi è sopravvenuta la grande crisi morale del mondo occidentale, che poi è il mondo cristiano. Di fronte alle profonde contraddizioni dell'Occidente e alla sua confusione interiore - di fronte alla quale contemporaneamente si sviluppava una nuova potenza economica dei paesi arabi - si è risvegliata l'anima islamica: siamo noi che abbiamo una identità migliore, la nostra religione resiste, voi non ne avete più nessuna. Così i musulmani hanno oggi la consapevolezza che l'islam, alla fine, è davvero rimasto sulla scena come la religione più vitale, che essi hanno da dire al mondo qualcosa e che sono dunque la vera forza religiosa del futuro". Tanto da dire esplicitamente che l'Europa "è arrivata ad odiare se stessa". 

E non c'è dubbio che il cardinale Ratzinger ha individuato una delle ragioni centrali di questa decadenza nella separazione fra sessualità e procreazione che è diventato un "diritto" imprescindibile. Rispetto a questa tendenza dei diritti tipica di una certa cultura progressista occidentale il Papa ha preso nettamente le distanze, e in questo modo ha aperto una possibilità di confronto positivo con le altre culture che - legate alla realtà naturale e a una etica familiare pure spesso diversa da quella cristiana - vedono però con preoccupazione questo processo in atto nei paesi occidentali. 

In Occidente, infatti, si è cercato di togliere dal matrimonio tutto ciò che costituiva rinuncia e sacrificio, quanto sembrava incompatibile con il progetto di realizzazione individuale, e lo si è distrutto, o almeno lo si è svuotato del suo vero significato. 

In questo contesto, con la sua prima enciclica Deus caritas est Benedetto XVI ricorda con forza la ricchezza del matrimonio cristiano sia alla secolarizzata cultura occidentale sia alle altre culture: ancora una volta, cioè, un tema teologico come l'amore e il matrimonio possono essere ricondotti a un dialogo culturale, a un confronto non ideologico ma legato alla realtà di vita degli esseri umani, a quella realtà di vita quotidiana dove si sperimentano le convivenze possibili fra tradizioni culturali diverse. 

Quindi, proprio lo spostamento del dialogo dal terreno teorico a quello delle più concrete forme di civiltà permette di affrontare davvero i problemi principali invece di creare apparenti ma falsi piani di collaborazione. E di far risaltare le differenze fra la tradizione culturale che nasce dal cattolicesimo e la deriva secolarizzata della cultura occidentale.


(©L'Osservatore Romano - Lucetta Scaraffia, 5 dicembre 2008) 





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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