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DEPOSIZIONE DI UN PAPA? MAI! Piuttosto si PREGHI per lui e per la Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 03/04/2017 11:27
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Sesso: Femminile
03/04/2017 11:22
 
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 a quanto stiamo ragionando in questo thread - cliccate qui "Come e quando un Papa favorisce l'eresia?" - vi offriamo un meraviglioso studio di Don Curzio Nitoglia il quale, raccogliendo tutto il materiale teologico e canonico della Tradizione della Chiesa, arriva a concludere che NON è affatto lecito rimuovere un Pontefice.... spiegando i motivi e le ragioni teologiche....  La lettura è molto impegnativa, la si faccia con serenità e pregando 


Giovanni da San Tommaso e la Deposizione del Papa Eretico

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Il Papa può essere deposto dalla Chiesa e in quale caso?

Un caro confratello mi ha mandato il testo del grande filosofo e teologo domenicano Giovanni da San Tommaso (Lisbona, 1589-Madrid, 1644) la Disputatio II, articulus III, in IIam-IIae Sancti Thomae Aquinatis, q. 1, a. 7, pp. 133-140 (edizione di Lione, 1663) sulla questione del Papa eretico e della sua eventuale deposizione (1).

La Somma Teologica (II-II, q. 1, a. 9 e 10) e il Papa eretico

Nell’articolo 9 (S. Th., II-II, q. 1, L’oggetto della fede) l’Aquinate si domanda “se gli articoli di fede siano posti convenientemente nel Credo”. A partire dal sed contra egli affronta la questione dei rapporti tra il potere del Papa e quelli del Concilio ecumenico, che poi verrà commentata dai Dottori della Controriforma per rispondere all’ipotesi, puramente investigativa, del Papa eretico.

Il Dottore Comune della Chiesa insegna che «la Chiesa universale non può sbagliare, perché è governata dallo Spirito Santo, che è Spirito di Verità. […]. Ora il Signore ha promesso il Paràclito ai discepoli dicendo: “Quando verrà lo Spirito Santo vi insegnerà tutta la verità” (Jo., XVI, 13). Ma il Credo è pubblicato dall’autorità della Chiesa universale. Quindi non può esservi nulla di sconveniente nel Credo o Simbolo della fede».

Nella soluzione della prima obiezione l’Aquinate insegna che “le verità di fede son contenute nella S. Scrittura in maniera sparpagliata, in vari modi e in certi casi oscuramente. Perciò per estrarre le verità di fede da credere per salvarsi dalla S. Scrittura è necessario un lungo studio, il che non è alla portata di tutti i fedeli. Quindi è stato necessario raccogliere e compendiare a partire dai Libri della S. Scrittura un chiaro riassunto da proporre a credere a tutti. Dunque il Credo non è un’aggiunta alla S. Scrittura, ma ne è un estratto e un compendio”.

Nella risposta alla quinta obiezione l’Angelico insegna che «si dice: “Credo nella S. Chiesa cattolica” perché la nostra fede ha per oggetto lo Spirito Santo, che santifica la Chiesa cattolica, il che equivale a dire: “Credo nello Spirito Santo, che santifica la Chiesa cattolica”. Però comunemente è bene dire soltanto “Credo la S. Chiesa cattolica”».

L’Angelico insegna che la Chiesa è una perché lo Spirito Santo la rende una (III Sent., d. 25, q. 1, a. 2, ad 5; S. Th., II-II, q. 14, a. 2, arg. 4); una nella fede che è una sola (S. Th., II-II, q. 1, a. 10). La fede è una perché crede molti dogmi, ma in ordine ad unum (S. Th., II-II, q. 10, a. 5, ad 3), ossia l’oggetto della fede è la verità di Dio, il quale è Principio di unione e non di separazione. La fede è un dono accordato da Dio principalmente alla Chiesa universale (S. Th., II-II, q. 1, a. 7, arg. 2). Solo questa fede della Chiesa universale non può mai venir meno, la fede dei singoli cristiani sì (S. Th., II-II, q. 2, a. 6, ad 3), inoltre la fede della Chiesa universale nel tempo e nello spazio è infallibile (S. Th., q. 1, a. 9, sed contra).

Anche il maestro dell’Aquinate S. Alberto Magno (In III Sent., d. 24, a. 6) insegna che «il primo compito dello Spirito Santo è di unificare e santificare la Chiesa universalmente ed è per questo che diciamo: “Credo nello Spirito Santo, che santifica la Chiesa cattolica, ossia la Chiesa universale”». Nella tradizione primitiva della Chiesa si usava comunemente la formula “Credo allo Spirito Santo [che è ed agisce] nella Santa Chiesa cattolica” (cfr. P. Nautin, Je crois à l’Esprit Saint dans la sainte Eglise, Parigi, 1947).

Nell’articolo 10 (S. Th., II-II, q. 1) l’Angelico si chiede “se spetti al Papa stabilire il Credo”. Nel sed contra risponde che la redazione del primo Credo è stata fatta in un Concilio ecumenico (2). Ora il Concilio ecumenico può essere convocato solo per autorità del Papa (cfr. Decreto di Graziano, dist. XVII, can. 4-5). Quindi la redazione del Credo spetta all’autorità del Sommo Pontefice”.

Nel Respondeo dicendum quod l’Aquinate spiega che “la redazione di un Credo spetta solo all’autorità di colui che ha il potere di determinare con sentenza definitiva quelle verità le quali riguardano la fede, di modo che siano credute da tutti con fede incrollabile (“pertinet ad auctoritatem illius cui pertinet determinare sententialiter ea quae sunt fidei, ut ab omnibus inconcussa fide teneantur”). […]. La ragione di ciò sta nel fatto che tutta la Chiesa deve avere un’unica fede (1a Cor., I, 10). Ora ciò può essere assicurato solo se, quando sorge una disputa sulla fede, essa viene risolta da colui che presiede a tutta la Chiesa, in modo che la sua definizione sia tenuta da tutta la Chiesa con fermo assenso. Così spetta solo all’autorità del Sommo Pontefice la promulgazione di un nuovo Simbolo, come anche tutto ciò che riguarda la Chiesa universale, come la convocazione di un Concilio ecumenico, eccetera…”. Inoltre l’Angelico specifica che “non ogni compendio delle sentenze della fede è un Simbolo” (S. Th., II-II, q. 1, a. 9), bensì solo quella promulgata dal Papa o dal Concilio ecumenico riunito ed approvato dal Papa (S. Th., II-II, q. 1, a. 9) ed esso non è identico alla S. Scrittura perché mutua da essa e dalla Tradizione apostolica il suo contenuto (S. Th., II-II, q. 1, a. 9, ad 1) (3).

Attualità della questione

La questione è divenuta attuale a partire dal Concilio Vaticano II quando la dottrina sulla ‘collegialità episcopale’ venne attaccata dalla rivista diretta da mons. Antonio Piolanti “Divinitas” n° 1 del 1964 tramite due articoli, uno di mons. Dino Staffa e l’altro di mons. Ugo Emilio Lattanzi (che citava, confutandolo, anche l’allora semplice teologo don Joseph Ratzinger), i quali articoli vennero fatti distribuire in Concilio sotto forma di estratti dal card. Ottaviani. La Nota explicativa praevia fu dovuta, secondo Alberigo (che cita come fonti mons. Prignon, Suenens, mons. Charue, mons. Gerard Philips e mons. Carlo Colombo) al fatto che «da due mesi a questa parte Paolo VI ha subìto una fortissima pressione da parte dell’estrema destra. Sembra che si sia arrivati al punto di minacciare di far saltare il Concilio nel caso passasse il testo votato sulla Collegialità. Si è accusato Paolo VI come dottore privato di inclinare verso l’eresia» (4).

La questione è tornata alla ribalta in Italia dopo la pubblicazione del libro di A. X. da Silveira, Ipotesi teologica di un Papa eretico (Chieti, Solfanelli, 2016). Il da Silveira segue nel suo libro la tesi di S. Roberto Bellarmino e la aggiorna passando praticamente (senza fare alcuna affermazione esplicita) dalla mera possibilità investigativa del Bellarmino alla certezza dell’eresia e della deponibilità del Papa (5).

“La posizione che A. X. da Silveira espone e sviluppa, sulla scia di san Roberto Bellarmino, è molto vicina a quella di un eminente teologo veronese, il padre Pietro Ballerini […], che ritiene che se il Papa propugnasse un errore manifestatamente contrario alla fede, dovrebbe essere ammonito e corretto e se persiste nell’errore, si dichiarerebbe da se stesso eretico e perciò separato dal corpo della Chiesa e caduto dal Pontificato” (R. De Mattei, Introduzione a A. X. da Silveira, Ipoetsi teologica di un Papa eretico, Chieti, Solfanelli, 2016, pp. 12-13).

Ora la tesi del da Silveira si basa su quella di S. Roberto Bellarmino, ma egli la rivede, la corregge e la cambia notevolmente. Infatti, il da Silveira stesso scrive: “reputo intrinsecamente certa la quinta sentenza esposta da S. Roberto Bellarmino [il Papa può cadere in eresia e se essa è manifesta perde ipso facto il Sommo Pontificato], con l’interpretazione che gli do” (A. X. da Silveira, Ipotesi teologica…,cit., p. 19). Ora il Bellarmino ritiene, contrariamente al da Silveira, che “il Papa non può cadere nell’eresia” (A. X. da Silveira, Ipotesi teologica…, cit., p. 30) e solo da un punto di vista puramente ipotetico e investigativo i Dottori si chiedono “ammesso e non concesso” che il Papa possa cadere in eresia, allora

  • 1°) perderebbe ipso facto il Pontificato se l’eresia è manifesta, esterna, pubblica, notoria, formale e pertinace (Bellarmino, Billot);

oppure

  • 2°) ci vorrebbe una sentenza puramente dichiaratoria e non giuridica dei Vescovi o dei Cardinali per constatare che egli è caduto in eresia e, quindi, prendere atto che Gesù Cristo gli ha tolto il potere Papale (Gaetano, Bañez, Giovanni da San Tommaso).

Il da Silveira prende in considerazione la soluzione data dal Bellarmino (il Papa è deposto ipso facto in caso ipotetico di eresia manifesta), la ritiene certa, ma omette di affermare che l’antecedente (se il Papa possa cadere in eresia), per il Bellarmino è impossibile, mentre per il Gaetano è solo ipoteticamente possibile e non teologicamente certa. Inoltre omette di dire che il canone 6 (“Si Papa”) I pars, distinzione 40 del Decreto di Graziano (1141) attribuito a S. Bonifacio vescovo di Magonza († 754) è spurio ed è proprio su questo canone, ritenuto autentico da Ivo di Chartes e da Graziano che molti teologi hanno affrontato la questione puramente ipotetica dell’eresia del Papa.

Quindi tutta la questione spinosa si fonda su un testo spurio, un falso e cade con esso, essa è un castello di carte costruito sulla sabbia. È vero soltanto che a partire da quest’ipotesi i Dottori della seconda Scolastica e i teologi della neoscolastica si sono ingegnati a risolvere il problema dandone sostanzialmente due soluzioni:

  • 1°) Papa si haereticus esset depositus est ipso facto (la scuola gesuita: Bellarmino, Suarez, Billot);
  • 2°) Papa si haereticus esset deponendus est (la scuola domenicana: Gaetano, Soto, Giovanni da San Tommaso, Bañez).

Inoltre anche il Ballerini ha un’opinione puramente ipotetica sull’eventuale eresia del Papa e non teologicamente certa come è quella del da Silveira. Infatti quando il Ballerini prende in considerazione la questione del Papa eretico ritiene che “non trattandosi di una definizione dommatica, l’eresia [ipotetica] del Papa per sé non si oppone alla sua [del Ballerini] tesi secondo cui il Papa può diventare eretico, sebbene ritenga che questo caso non si sia mai verificato e non si verificherà mai” (T. Facchini, Il Papato principio di unità e Pietro Ballerini di Verona, Padova, Il Messaggero di S. Antonio, 1950, p. 127). Come si vede la tesi del Ballerini è assai diversa da quella del da Silveira.

Pietro Ballerini scrive: “haec hypothesis nullo facto comprobatur; siquidem nullus vel privatus error cuipiam Pontifici adscriptus, contra ullum dogma evidens aut definitum hactenus inventus est, aut futurus putatur” (De Potestate Ecclesiastica Summorum Pontificum et Conciliorum generalim, II ed., Roma, De Propaganda Fide, 1850, cap. IX, n. 8).

Quindi se, per assurdo, un Papa propugnasse un errore contro la fede, dovrebbe essere ammonito e corretto, e se dopo due ammonizioni persiste nell’errore, si dichiarerebbe da se stesso eretico e perciò decaduto dal Pontificato (cfr. T. Facchini, Il Papato principio di unità e Pietro Ballerini di Verona, cit., p, 128).

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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