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La Chiesa non può dare la Comunione ai divorziati-risposati perché LI AMA (2)

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2018 13:51
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09/06/2017 08:25
 
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AMORIS LAETITIA
 

Ci sono molte ambiguità attorno al termine discernimento, un concetto che viene usato per concedere l'Eucaristia a chi si trova in situazione irregolare. Ma non è questo il significato che viene dalle Scritture e dal Magistero. Ecco, passo per passo, come accompagnare e accogliere.

di Padre Riccardo Barile OP

«A causa dei condizionamenti o dei fattori attenuanti, è possibile che, entro una situazione oggettiva di peccato - che non sia soggettivamente colpevole o che non lo sia in modo pieno - si possa vivere in grazia di Dio, si possa amare, si possa anche crescere nella vita di grazia e di carità, ricevendo a tale scopo l’aiuto della Chiesa» (AL = Amoris laetitia 305).

Sì, ma come si fa a sapere se io sono - noi siamo - in questa situazione? In un precedente intervento ho considerato il caso di chi decide da sé e si accosta all’Eucaristia. Adesso consideriamo il caso di chi viene a confrontarsi con un sacerdote o un laico che vive dedito al Signore (AL 312). La richiesta di un confronto è un atto di onestà e di maturità.

A questo punto entra in scena il discernimento, perché un confronto su AL 305 in concreto - o anche su altri punti - non potrà che essere un discernimento, metodo sponsorizzatissimo da AL e risalente alla formazione gesuitica dell’attuale Romano Pontefice.

In realtà il discernimento non è solo una roba da gesuiti, ma è testimoniato dalle Scritture. Per restare al NT, il discernimento è espresso con i termini di “dokimàzô”: mettere alla prova, nel senso di pesare, in italiano “soppesare” (Lc 12,56; Rm 2,18; 12,2; 1Cor 3,13; 11,28; Gal 6,4; Fil 1,10; 1Ts 5,21; 1Gv 4,1) e “diakrìnô”: “separare tra” e cioè saper distinguere perché si ha l’intelligenza di una cosa o di una situazione (Mt 16,3; 1Cor 6,5; 11,29.31; 12,10; 14,29; Eb 5,14). 

Purtroppo l’attuale Bibbia CEI rende i due termini con vocaboli molto diversificati - discernere, distinguere, esaminare, fare da arbitro, giudicare, interpretare, mettere alla prova, provare, vagliare, valutare -, per cui il lettore non sempre si accorge che si sta parlando di discernimento. Per il nostro discorso in particolare sono importanti tre citazioni: 1Cor 11,28-29.31, che parla di esaminarsi prima di accedere all’Eucaristia; Eb 5,14, secondo cui i cristiani maturi «hanno le facoltà esercitate a distinguere il bene dal male»; 1Cor 12,10, che ha l’espressione tecnica “discernimento degli spiriti”, visto però come un carisma donato a qualcuno e non come una... autocertificazione!

In sintesi, il Rito della Penitenza o Confessione (RP) spiega che «il discernimento degli spiriti è l’intima cognizione dell’opera di Dio nel cuore degli uomini: dono dello Spirito Santo e frutto della carità» (19).

Vediamo ora come in concreto può esercitarsi il discernimento su AL 305 e su tutta AL.

 

IL POSITIVO DEL DISCERNIMENTO

L’atteggiamento positivo di fondo si rinchiude in due parole: “accompagnare e accogliere”. Il RP 44 prevede che «il sacerdote procuri di adattarsi in tutto, sia nelle parole che nei consigli, alla condizione del penitente». Ciò suppone di valutare sinceramente, e non per strategia, quanto c’è di buono nell’interlocutore, anche in una “situazione oggettiva” di peccato. Suppone di adattarsi all’uso sociale che vede nell’interlocutore una persona normale e non un peccatore, per cui correzioni e superamenti saranno motivati dalla vita nuova in Cristo che rivela la vera dignità umana e non tanto da mettersi a posto socialmente. Suppone di evitare l’equivoco di una sottovalutazione degli atti coniugali che «devono essere rispettati (nell’originale latino “reverendi”) con grande stima» (GS 51) e che sono «onesti e degni» (GS 49): la loro messa in questione dipende unicamente da un matrimonio precedente che la Chiesa considera ancora in essere.

 

IL NEGATIVO DEL DISCERNIMENTO

La prima partenza negativa del discernimento è vedere la legge come una camicia di forza. Per la verità l’attuale Romano Pontefice in una intervista a Civiltà Cattolica (no.3918, del 19 settembre 2013, p. 452) disse di se stesso: «Io sono un indisciplinato nato, nato, nato». Ciò spiega un rapporto problematico con la legge ricorrente con abbondanza: un certo uso delle leggi le riduce a «pietre che si lanciano contro la vita delle persone» da parte di «cuori chiusi, che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa» (AL 305); c’è «una morale fredda da scrivania» che si contrappone a «un discernimento pastorale carico di amore misericordioso» (AL 312); bisogna «evitare persecuzioni o giudizi troppo duri e impazienti» (AL 308), tant’è vero che alcuni si comportano come «controllori della grazia e non come facilitatori» (AL 310). 

Chi parte unicamente da qui non farà di certo un buon discernimento. Consideriamo invece che l’antica legge fu data direttamente da Dio (Es 12,1; 20,1.22; Lv 1,1; 20,8-21; Dt 5,5), compreso il divorzio che Gesù supererà (Dt 24,1-4; Mt 19,1ss.). Nel NT Gesù non è venuto ad abolire tutto questo ma a portarlo a compimento (Mt 5,17); Zaccaria ed Elisabetta osservavano tutte le leggi del Signore, Gesù è portato al tempio secondo la legge di Mosè, le donne il giorno dopo la morte di Gesù osservarono il riposo come era prescritto (Lc 1,6; 2,22ss.; 23,56). Dunque la legge è un modello che mette in moto energie positive e... lo afferma anche AL 295: «La legge è dono di Dio che indica la strada, dono per tutti senza eccezioni, che si può vivere con la forza della grazia». Dunque per un buon discernimento sul matrimonio e sulle situazioni difficili, scegliamo il meglio e partiamo da AL 295.

La seconda partenza negativa è di invocare un discernimento nello Spirito Santo oltre la legge. In realtà sant’Ignazio di Loyola († 1556) spiega che esistono «tre tipi di pensieri, cioè un mio proprio che deriva unicamente dalla mia libertà e volontà, e altri due che provengono dall’esterno, uno dallo spirito buono e l’altro dal cattivo» (Esercizi spirituali, I Settimana, n. 32). Dunque il discernimento si fa proprio per verificare se una certa situazione è ispirata dallo Spirito Santo, dall’uomo o dal demonio (ne ha scritto bene G. Scalese sul sito Querculanus del 18 aprile 2017).

La terza partenza negativa è di valutare impossibile la castità in un coppia “irregolare”. La convivenza di coppia senza rapporti sessuali in vista di poter accedere alla mensa eucaristica - soluzione di Familiaris consortio 84 e CCC 1650 - è stata definita da un noto teologo italiano una soluzione... buona solo per i teologi. Chi parte da qui farà un discernimento che non avrà il coraggio di proporre una soluzione ritenuta quasi ridicola e arriverà per forza ad approvare i rapporti sessuali in una coppia irregolare. Bisogna invece partire dalla fiducia che Dio possa dare questo dono. In fondo AL 325 si conclude con una preghiera alla Santa Famiglia - Gesù, Maria e Giuseppe -, una famiglia vera ma al cui interno nessuno dei tre... “faceva sesso” e questo riferimento esemplare non dice forse che anche oggi la castità è possibile - anche se forse rara - come dono di Dio e buon proposito umano?

IL LAVORO CRITICO DEL DISCERNIMENTO

In primo luogo bisogna prendere coscienza che siamo in una situazione non normale, come dal titolo del capitolo ottavo: “Accompagnare, Discernere e Integrare la Fragilità”. Di fragilità si tratta, di percorsi tortuosi, di rotture ecc., per cui, volendo sanare “questa” situazione senza separazioni, la soluzione non potrà in ogni caso essere un ritorno alla normalità come se “questo” fosse un vero matrimonio.

Come secondo passo non ci si può accontentare della coscienza di chi si ha di fronte. I presbiteri devono «accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento», che però «non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa» (AL 300). Di conseguenza gli interlocutori «non sempre troveranno in essi una conferma delle proprie idee e dei propri desideri», ma riceveranno in ogni caso una luce «che permetterà loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno scoprire un cammino di maturazione personale» (AL 312).

Come terzo passo bisogna istruire e proporre. Il CCC 1793 fa notare che, anche in caso di coscienza non colpevolmente erronea, il male commesso «resta un male, una privazione, un disordine. È quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori». Soprattutto in confessione, il ministro di Dio deve formulare un «giudizio spirituale» (RP 6,b), «accogliere il peccatore» e «guidarlo alla luce della verità» (RP 10,c) e «lo istruisca, qualora ce ne fosse bisogno, sui doveri della vita cristiana» (RP 18). Nel nostro caso si tratta di «proporre l’ideale pieno del matrimonio», al quale la Chiesa «in nessun modo deve rinunciare» (AL 307) e l’ideale pieno della continenza nei casi “irregolari” secondo la soluzione di Familiaris consortio 84 e CCC 1650, sino ad ora mai formalmente ritrattata dal magistero.

Alcune volte si tratterà anche di verificare se, alla luce dei condizionamenti e del nuovo senso dell’ignoranza, il precedente matrimonio fu veramente tale e di avviare verso il riconoscimento canonico di nullità.

 

IL FONDO DELL’IMBUTO O L’ULTIMO ATTO DEL DISCERNIMENTO

Se il discernimento è ben fatto - e normalmente prevede più di un colloquio e molta preghiera e anche una certa dose di sofferenza - la «situazione oggettiva di peccato» (AL 305) sarà ben conosciuta e i condizionamenti perderanno la loro forza.

Non sempre però segue che l’interlocutore sia disposto ad adeguarsi in tutto alla norma della Chiesa, per cui «il discernimento deve aiutare a trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti», che possono essere «un piccolo passo» (AL 305) nel senso di «ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio» (AL 303). Questo “piccolo passo” può comportare un miglioramento di vita, che non prevede l’astensione dai rapporti sessuali, ma che comporta in ogni caso il ricevere «l’aiuto della Chiesa», che «in certi casi, potrebbe anche essere l’aiuto dei Sacramenti» (AL 305, nota 351).

A questo punto, chi conduce il discernimento con l’autorevolezza della Chiesa, si trova di fatto a un bivio: o discernere che i condizionamenti da una parte e la “mens” del Romano Pontefice Francesco dall’altra sono tali da consigliare di fare la comunione, o restare alla soluzione di Familiaris consortio 84 e CCC 1650.

La soluzione di “aprire” alla mensa eucaristica blocca la situazione e non rispetta il discernimento che «è dinamico e deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni, che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno» (AL 303); inoltre, per essere sicura, avrebbe bisogno di testi che esplicitamente e inequivocabilmente abrogano la disciplina precedente, testi che non figurano in nessuna parte di AL.

La soluzione di frequentare l’Eucaristia ma astenendosi dalla mensa eucaristica pone l’interlocutore nella certezza della verità. Lo pone anche in un itinerario dinamico ed è consona alla lettera di AL 305: partecipare all’Eucaristia senza fare la comunione non è un ricevere l’aiuto dei Sacramenti, sia pure non in modo pieno?

Certo non bisogna nascondersi dietro un dito: il testo di AL 305 non è chiarissimo e un discernimento in senso più “tradizionale” comporta contraddizioni e sofferenze: ma questa è la Chiesa di oggi da vivere e da amare.

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La purezza di cuore (Mt 5,8) esige di accordare «la propria intelligenza e la propria volontà alla santità di Dio, in tre ambiti soprattutto: la carità (1Tm 4,3-9; 2Tm 2,22), la castità o rettitudine sessuale (1Ts 4,7; Col 3,5; Ef 4,19), l’amore della verità e l’ortodossia della fede (Tt 1,15; 1Tm 1,3-4; 2Tm 2,23-26). C’è un legame tra la purezza del cuore, del corpo e della fede» (CCC 2518).

È nell’orizzonte di questo testo sapienziale del CCC che si è scritto quanto sopra. Non per polemizzare con qualcuno, ma per far risplendere a tutti la via della pace e della gioia nella verità.

2. Fine (qui il precedente intervento)

   

Comunione






  EDITORIALE
Il Papa con i vescovi polacchi
 

La Conferenza episcopale polacca ha dichiarato che l’insegnamento della Chiesa per ciò che riguarda le persone che vivono in situazioni di coppie non sacramentali “non è cambiato” dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia. E' la prima conferenza episcopale a dichiarare unitariamente che continuerà a seguire l’insegnamento tradizionale della Chiesa.

di Marco Tosatti

Il 7 giugno la Conferenza episcopale polacca ha chiuso i lavori della sua assemblea generale a Zakopane, sui monti Tatra. E secondo quanto ha dichiarato a Katholish.de il portavoce dei vescovi polacchi, Pawel Rytel-Andrianik, i presuli hanno constatato che l’insegnamento della Chiesa per ciò che riguarda le persone che vivono in situazioni di coppie non sacramentali “non è cambiato” dopo la pubblicazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia.

Una dichiarazione pubblica spiega che i cattolici che si trovano in quel tipo di situazioni dovrebbero essere guidati “Verso una vera conversione e a una riconciliazione con il loro coniuge e i figli di quell’unione”. I vescovi si riferivano esplicitamente all’esortazione post-sinodale di Giovanni Paolo II “Familiaris Consortio”, che permette di avvicinarsi ai sacramenti solo se i divorziati-risposati civilmente vivono una relazione come fratello e sorella.

I vescovi polacchi hanno inoltre annunciato che discuteranno in autunno, durante la prossima assemblea generale, le linee guida realtive alla cura pastorale delle persone che vivono in situazioni di coppia “non sacramentali”, e la loro integrazione nella vita della Chiesa. Le nuove linee guida spiegheranno in concreto come dovrà essere svolto l’accompagnamento dei divorziati-risposati.

Questa presa di posizione ufficiale, dopo quelle di segno contrario delle conferenze episcopali della Germania e del Belgio, rende sempre più evidente lo stato di confusione provocato dall’ambiguità delle norme – e soprattutto delle note a piè di pagina – dell’esortazione post-sinodale “Amoris Laetitia”. Dalla sua pubblicazione si assiste a interpretazioni opposte di cardinali, vescovi,e  conferenze episcopali, mentre la richiesta di chiarimenti rivolta al Pontefice non solo dai cardinali con i “Dubia”, ma da laici, vescovi e studiosi con lettere aperte e petizioni rimane ancora inevasa.

Era prevedibile per altro che la Conferenza episcopale polacca si esprimesse in questa direzione. Già nel novembre scorso mons. Jan Watroba, Presidente del Consiglio per la Famiglia dei vescovi polacchi, aveva dichiarato: “E’ un vero peccato che non esista un’interpretazione unica e un messaggio chiaro del documento, e che si debbano aggiungere interpretazioni a un documento apostolico. Personalmente preferivo documenti come quelli che Giovanni Paolo II scriveva, dove commenti aggiuntivi o interpretazioni relative all’insegnamento di Pietro non erano necessari”. In precedenza il vescovo ausiliario di Lublino Józef Wróbel aveva espresso il suo appoggio ai Dubia. I cardinali “Hanno fatto bene e hanno esercitato correttamente quello che prevede la legge canonica. Credo che sia non solo un diritto, ma anche un dovere. Sarebbe stato giusto rispondere alle loro osservazioni”.

E aveva aggiunto: “Non potevi dare la comunione prima, e non è possibile ora. La dottrina della Chiesa non è soggetta a cambiamenti, altrimenti non si tratta più della Chiesa di Cristo fondata sul Vangelo e sulla Tradizione. Nessuno ha il diritto di modificare la dottrina, perché nessuno è padrone della Chiesa”.

Anche il presidente della conferenza episcopale polacca, mons. Gadecki, nel luglio del 2016 secondo il Tablet aveva negato la possibilità di dare l’Eucarestia ai divorziati risposati. La conferenza episcopale polacca è la prima conferenza episcopale a dichiarare unitariamente che continuerà a seguire l’insegnamento tradizionale della Chiesa sul matrimonio e i sacramenti. In precedenza si erano avute conferenze episcopali regionali, a prendere posizione in merito, e un appello dei vescovi del Kazakhstan al Papa affinché confermasse la prassi immodificabile della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio. Altri vescovi in tutto il mondo hanno preso posizione in difesa della dottrina del matrimonio della Chiesa così come è stata enunciata e praticata fino ad “Amoris Laetitia”.





[Modificato da Caterina63 11/06/2017 08:45]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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