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LA VERA STORIA SULLA SCHIAVITU' E LA CHIESA CATTOLICA

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2017 09:53
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15/11/2017 09:53
 
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  • STORIA


La lotta dei Pontefici contro la schiavitù, la verità negata






Nave negriera

“Tutti voi siete infatti figli di Dio. Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (San Paolo, Gal 3,26-28).


È con simili affermazioni che il Cristianesimo irrompe nel mondo antico condannando istituzioni millenarie e universali, tra cui la schiavitù che, da allora, non ha mai smesso di combattere.


La Chiesa cattolica, in particolare, ha svolto un ruolo fondamentale nel denunciare e contrastare la tratta degli schiavi africani. Fin dalla creazione delle prime enclave europee nel continente africano, la Chiesa ammonisce a non privare gli africani della libertà nonostante che essi stessi pratichino la schiavitù. Risale al 1492 una lettera di Papa Pio II in cui il Pontefice ricorda a un vescovo della Guinea portoghese (l’attuale Guinea Bissau) che la schiavitù dei neri è “magnum scelus”, un grande crimine. Dopo di lui altri Pontefici intervengono per condannare sia la riduzione in schiavitù degli indiani d’America sia la tratta degli schiavi africani. Papa Paolo III nel 1537 afferma che non è lecito privare della libertà e delle proprietà “gli stessi indiani e tutti gli altri popoli, anche se non appartenenti alla nostra religione” e impone la scomunica a coloro che collaborano con la tratta degli schiavi. La scomunica è ribadita da Papa Urbano VIII nel 1639 e da Papa Benedetto XIV nel 1741. Papa Pio VII ai partecipanti al Congresso di Vienna del 1815 – in cui i paesi europei decisero come spartirsi il continente africano – chiede di proibire il commercio degli schiavi e nel 1839 Papa Gregorio XVI riassume i pronunciamenti di condanna dei suoi predecessori in una bolla in cui “ammonisce e scongiura” i cristiani a non macchiarsi più della “così grande infamia” della schiavitù, “quell’inumano commercio con il quale i negri… sono comprati, venduti e costretti talvolta a eseguire durissimi lavori”.


Finora non sembravano poter sussistere dubbi sull’impegno della Chiesacontro la tratta degli schiavi africani, talmente tanti sono i documenti e le testimonianze che lo provano. Ma un libro, appena pubblicato, adesso sostiene che invece, lungi dal combattere la tratta, la Chiesa di Roma l’ha autorizzata, usando il racconto biblico su come Cam fu maledetto da Noè per giustificare l’asservimento dei suoi discendenti, vi ha partecipato attivamente, in tutte le sue fasi, e ne ha tratto profitti economici. Il libro si intitola “I Papi, la Chiesa cattolica e la tratta atlantica dei neri africani 1418-1839”. L’autore è un sacerdote nigeriano residente in Germania, Pius Adiele Onyemechi.


Le prime recensioni del libro elogiano tutte la precisione e la costanza “teutonica” nella ricerca e consultazione di fonti originali, tra cui l’Archivio segreto del Vaticano, che hanno consentito a don Pius di fornire “un contributo duraturo alla ricerca della verità storica”. Senza aver ancora letto il libro, si può tuttavia azzardare che precisione e costanza in realtà siano state impiegate selettivamente, alla ricerca di qualsiasi elemento utile ad accusare la Chiesa, con l’intenzione di dimostrarne la corruzione: questo se le quasi 600 pagine del libro riportano solo, unicamente esempi di connivenza e coinvolgimento nella tratta mentre tanti sono gli esempi di condanna rigorosa in cui l’autore dovrebbe essersi imbattuto, lui come gli altri storici che hanno studiato il fenomeno. Senza averlo letto, si può dire inoltre con certezza che il libro contiene almeno un falso madornale, grossolano: l’affermazione che “solo nel 1839 la Chiesa ha riconosciuto gli africani come esseri umani al pari di tutti gli altri” (nella bolla di Papa Gregorio XVI).


Questa affermazione insostenibile viene attribuita a don Pius da Rita Monaldi e Francesco Sorti, autori di una recensione pubblicata sul quotidiano La Stampa, intitolata “Quando la Chiesa amava tutti gli uomini esclusi gli africani”. Monaldi e Sorti hanno scritto insieme dei romanzi storici a lungo censurati in Italia, dicono, perché nei loro libri rivelano verità scomode, soprattutto su pontefici e cardinali del passato. Si qualificano come “storici non accademici”. Più che altro sono storici approssimativi, poco documentati. Basta dire che attribuiscono forte attendibilità a don Pius perché è nigeriano e perché è un sacerdote cattolico. All’inizio della recensione inoltre citano “il grande scrittore danese Thorkild Hansen” che nella sua “classica trilogia sullo schiavismo” valuta in 80 milioni i morti provocati dalla tratta. Hansen ha scritto i suoi libri negli anni 60 del secolo scorso. Tra gli anni 70 e 80 le cifre della tratta sono state ricalcolate grazie a ricerche condotte su diverse fonti, inclusi i registri dei porti americani destinazione delle navi negriere, le dimensioni delle imbarcazioni e il numero dei loro viaggi dall’Africa alle Americhe. La tratta atlantica degli schiavi, a cui hanno partecipato i trafficanti europei, tra il XVI e il XIX secolo ha deportato quasi 12 milioni di persone, vive, con un tasso di mortalità durante le traversate del 13% circa. Altri due milioni di africani potrebbero essere morti in seguito alla tratta, soprattutto a causa di guerre e razzie per catturare schiavi da vendere. Più elevato – oltre 15 milioni di persone deportate – è il bilancio della tratta araba, sahariana e orientale, tra l’VIII e il XIX secolo.


Approssimativi, poco documentati e inoltre tendenziosi. Il rapporto – commentano Monaldi e Sorti – consente un “regolamento di conti con il passato proprio nel momento in cui la Chiesa di Roma, nella sua tradizione secolare di sostegno ai più deboli, chiama alla solidarietà verso i migranti”; per questo “a Roma non dovrebbe riuscire sgradito, vista l’attenzione di Papa Francesco – anche lui gesuita – per i popoli dell’Africa”.









Santità, sulla schiavitù, se non il magistero, almeno studi la storia!



Si suggerisca al Papa — con tutto il dovuto rispetto — di non parlare di storia o di cambiare “spacciatore”.

Anche se la questione delle Apparizioni mariane, malamente affrontate dal Pontefice, resta per noi uno degli avvenimenti più importanti per la nostra fede, non da meno è il metodo attraverso il quale, Papa Francesco, da mesi continua ad impartire lezioni di storia sulla Chiesa fondate però sull’ignoranza dei fatti, qui un esempio da noi affrontato.

Oggi è il caso della schiavitù storica trattata dal Papa con le sue solite due battutine, buttate nella pastura mediatica, apparentemente prive di valore che contengono non solo delle falsità storiche e l’ignoranza di un vastissimo magistero papale precedente, ma anche una accusa inaccettabile contro la Chiesa del passato. Ad accorgersi del fatto è stato La Nuova Bussola Quotidiana che ha fatto un bellissimo e breve articolo che vi invitiamo a leggere qui.

In sostanza Papa Francesco, ha specificato che la schiavitù “E’ peccato mortale… Oggi diciamo questo. Lì si diceva: ‘No’. Anzi, alcuni dicevano che si poteva fare questo, perché questa gente non aveva anima! Ma si doveva andare avanti per capire meglio la fede, per capire meglio la morale. ‘Ah, Padre, grazie a Dio che oggi non ci sono schiavi!’. Ce ne sono di più! … ma almeno sappiamo che è peccato mortale. Siamo andati avanti… ”.

Non possiamo che fare nostre le tristi sensazioni di Francesco Agnoli da La Bussola: “Devo ammettere che nel leggere simili affermazioni ho avuto un senso di sgomento. Perchè non sembra possibile che un cattolico, non dico il pontefice, possa fare simili affermazioni…”, ci aggiungiamo che a noi sembra invece impossibile che un pontefice possa cadere in simili trappole tese dai nemici della Chiesa, quando tra il 1700 e il 1800 seminarono una contro-informazione storica atta a screditare la Chiesa proprio nella sua gestione sociale e culturale. Papa Francesco sembra aver fatta propria la storia riscritta dai nemici della Chiesa, e allora Santità! o si rimette a studiare la vera storia, con umiltà e verità, o tace sui fatti che non conosce con la supplica di cambiare il suo suggeritore!!

Per non perderci in chiacchiere vi offriamo qui una breve cronistoria sugli interventi più significativi e magisteriali contro la schiavitù.

Nel Concilio di Agde (506), tenuto nel sud della Francia, si afferma (cann. 7; 29) che gli schiavi della Chiesa (cioè di persone o enti ecclesiastici) una volta liberati mantengono questo stato, e impone che al momento della liberazione ricevano anche una somma di denaro per iniziare un’attività economica autonoma.

Nel Quinto concilio di Orleans (549), circa gli schiavi della Chiesa manomessi, afferma l’irrevocabilità della libertà raggiunta (can. 7). Circa gli schiavi in generale (non solo della Chiesa) che sono stati manomessi e hanno scelto di rimanere col padrone, qualora questo volesse punirli per un qualche motivo e fuggono in una chiesa, viene garantito loro il diritto d’asilo, e viene imposta la scomunica al padrone che volesse ritrattare il giuramento di manomissione (can. 22).

Il Quarto concilio di Toledo (633)dedica alla schiavitù diversi canoni. Viene vietato agli ebrei di possedere schiavi cristiani (66); gli schiavi della Chiesa liberati devono rimanere liberi, e così anche i loro figli (70); i liberti possono essere ordinati (73); gli schiavi della Chiesa possono essere ordinati presbiteri e diaconi e con questo acquistano la libertà (74).

Papa Gregorio III, scrivendo al vescovo di Magonza nel 731, rimprovera l’uso di vendere ai pagani dei cristiani come schiavi per immolazioni rituali, e auspica che la pena sia la stessa dell’omicidio.

Il Concilio di Worms (868) impone la scomunica o una penitenza pubblica di 2 anni al padrone che uccide uno schiavo (can. 38), e nel caso di una padrona che colpisce una schiava per gelosia facendola morire, la penitenza pubblica è di 5 anni, 7 anni se la morte era voluta (c. 39).

Papa Giovanni VIII con la lettera Unum Est (ca. 873) rivolta ai principi di Sardegna, chiede che venissero liberati schiavi pagani che erano stati venduti da mercanti greci: “È bene e santo, come conviene a cristiani, che voi, se li avete comprati dai greci, li lasciate andare liberi per amore di Cristo e ne riceviate il prezzo non da uomini, ma dallo stesso Signore Gesù Cristo. Vi esortiamo e comandiamo con paterno amore che, se avete comprato da loro qualche prigioniero, lo lasciate andare libero per la salvezza della vostra anima”.

Il Concilio di Coblenza (922) equipara la tratta di cristiani all’omicidio (can. 7).

Il Concilio di Londra (1102) rappresenta la prima esplicita condanna in blocco della schiavitù: “Nessuno voglia entrare nel nefasto commercio, che era in uso qui in Anglia, per cui si solevano vendere uomini come se fossero bruti animali” (can. 27).

Il Concilio di Armagh (Irlanda, 1171)riconduce alla vendetta divina la schiavitù nella quale erano incorsi degli Angli razziati da pirati, rimproverando agli stessi Angli l’uso di vendere i figli come schiavi, e viene comunque stabilito che tutti gli Angli che si trovano come schiavi in Irlanda possano riacquistare la libertà.

Papa Eugenio IV con una bolla, indicata come Creator Omnium (con data 17 dicembre 1434) o Sicut Dudum (con data 13 gennaio 1435), prende le difese dei nativi (battezzati, neofiti e pagani) delle isole Canarie, da poco scoperte dagli iberici, che avevano iniziato a ridurli in schiavitù, e impone la liberazione degli schiavi pena la scomunica entro 15 giorni dalla conoscenza della lettera.

A dimostrazione di come si deve leggere integralmente la storia, segnaliamo le bolle di Papa Niccolò V Dum Diversas (16 giugno 1452) e Romanus Pontifex (8 gennaio 1454) che rivolte al re del Portogallo Alfonso V (1438-1481) autorizzano il sovrano a ridurre in “perpetua schiavitù” le popolazioni pagane e saracene contro le quali i portoghesi si stavano battendo in Africa. Ma queste indicazioni in evidente contrasto con lo spirito evangelico e l’insegnamento cattolico precedente e successivo, vanno contestualizzate con l’energetica espansione islamica dell’epoca (cf. la caduta di Costantinopoli nel 1453).

Non dimentichiamo poi l’Ordine dei Mercedari, l’Ordine di Santa Maria della Mercede per la liberazione degli schiavi, fondato in Ispana nel 1218 da San Pietro Nolasco e dal Re Giacomo I d’Aragona, riconosciuto l’anno stesso dal Pontefice Onorio III, e nel 1235 da Gregorio IX. Ebbe da principio carattere religioso e cavalleresco insieme, ed i primi sette Maestri generali furono cavalieri laici.

E andiamo avanti con la bolla Illud Reputantes (1° ottobre 1456) di Callisto III, come la precedente Creator Omnium (1434), condanna la riduzione in schiavitù di cristiani (ortodossi orientali) da parte di altri cristiani (occidentali, nella fattispecie genovesi), e similmente la bolla di Pio II Pastor Bonus (7 ottobre 1462) per la tutela non solo dei neofiti cristiani, ma anche gli infedeli, di Canarie e Guinea dai soprusi dei trafficanti portoghesi.

La bolla di donazione Ineffabilis et Summi Patris (1 giugno 1497) di Alessandro VIrappresenta un ridimensionamento della licenza già offerta alla riduzione in “perpetua schiavitù” delle popolazione incontrate dai portoghesi: viene ammesso l’assoggettamento al servizio (non la schiavitù) ma solo se queste lo vogliono, cominciano a cambiare i toni. Papa Paolo III col breve Pastorale Officium rivolto all’arcivescovo di Toledo Giovanni de Tavera (29 maggio 1537), condanna la riduzione in schiavitù degli amerindi da parte degli spagnoli, pena la scomunica… Contemporanea a questa bolla è la Sublimis Deus (o Veritas Ipsa, Paolo III, 2 giugno 1537), e dopo questi documenti sono stati molti i pronunciamenti pontifici che impongono la scomunica ai commercianti di schiavi, cristiani e non, la cui ricorrenza e numerosità è segno della effettiva scarsa efficacia delle condanne, ma anche del costante impegno nelle denunce ufficiali:

  • Licet Omnibus (Pio V, 25 dicembre 1570);
  • Postquam Nuper (Pio V, 21 dicembre 1571);
  • Cum Sicuti (Gregorio XIV, 18 aprile 1591);
  • Clemente VIII, 1605; Commissum Nobis (Urbano VIII, 22 aprile 1639);
  • Istruzione 230 (Innocenzo XI , 20 marzo 1686);
  • Immensa Pastorum Principis (Benedetto XIV, 20 dicembre 1741);
  • Istruzione 515 (Pio VI, 12 settembre 1776);
  • In Supremo Apostolatus (Gregorio XVI, 3 dicembre 1839);
  • Istruzione 1293 (Pio IX, 20 giugno 1866);
  • In Plurimis (Leone XIII, 5 maggio 1888);
  • Catholicae Ecclesiae (Leone XIII, 20 novembre 1890);
  • Lacrimabili Statu (Pio X, 7 giugno 1912).

La lista continua e ci chiediamo: ma che cosa legge Papa Francesco quando avesse il tempo di leggere? Possibile che non abbia accanto a sé alcun saggio cardinale a ricordargli questa documentazione? Dobbiamo forse pensare che il Papa è circondato da inetti e carrieristi, ignoranti ed affaroni privi di una minima cultura cattolica, o forse dobbiamo pensare che l’autodemolizione della Chiesa passata, descritta come matrigna, cattiva, insensibile, sta continuando attraverso un vero progetto diabolico?

Ai posteri la sentenza, noi le prove che il Papa sbaglia, ve le abbiamo portate. Via via che il Cristianesimo dilagò per il mondo poté cominciare, attraverso i suoi valori morali nel magistero pontificio e nei catechismi, ad attenuare le dure leggi e le abitudini severe del mondo romano per migliorare successivamente le condizioni degli schiavi, che ottennero nel tempo una certa dignità morale, fino allo smantellamento della condizione di schiavitù. Tutto questo senza “colpi di stato” o manifestazioni di piazza, o rivoluzioni ideologiche, ma dimostrando quanto fosse più umano imitare l’esempio di comportamento di Gesù Cristo, naturalmente convertendosi al Cristianesimo. Questo annuncio di liberazione raggiunse il mondo intero grazie alla missione della Chiesa. L’esempio di Gesù irrompe nella storia e attraverso i cristiani si fa scudo per gli uomini indifesi, dà origine a comunità dentro le quali, e per la prima volta, non c’è lo schiavo ma la persona umana avente gli stessi diritti degli altri nella comunità, a cominciare dai Sacramenti e persino nel ruolo di presbitero e vescovo, ruoli che nelle religioni pagane erano affidati alle caste.

Concludiamo con le parole di Leone XIII, che Papa Francesco farebbe bene a studiare: “…la Chiesa prese nelle proprie mani la causa negletta degli schiavi, e fu la garante imperterrita della libertà, sebbene, come richiedevano le circostanze e i tempi, si impegnasse nel suo scopo gradualmente e con moderazione. Cioè, procedeva con prudenza e discrezione, domandando costantemente ciò che desiderava nel nome della religione, della giustizia e della umanità; con ciò fu grandemente benemerita della prosperità e della civiltà delle nazioni.” (Catholicae Ecclesiae del 20.11.1890).








Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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