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Udienze Generali del Mercoledì da dopo Pentecoste 2017

Ultimo Aggiornamento: 31/12/2017 12:33
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08/06/2017 10:37
 
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UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 7 giugno 2017


 

La Speranza cristiana - 25. La paternità di Dio sorgente della nostra Speranza

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

C’era qualcosa di affascinante nella preghiera di Gesù, di talmente affascinante che un giorno i suoi discepoli hanno chiesto di esservi introdotti. L’episodio si trova nel Vangelo di Luca, che tra gli Evangelisti è quello che maggiormente ha documentato il mistero del Cristo “orante”: il Signore pregava. I discepoli di Gesù sono colpiti dal fatto che Lui, specialmente la mattina e la sera, si ritira in solitudine e si “immerge” in preghiera. E per questo, un giorno, gli chiedono di insegnare anche a loro a pregare (cfr Lc 11,1).

È allora che Gesù trasmette quella che è diventata la preghiera cristiana per eccellenza: il “Padre nostro”. Per la verità, Luca, rispetto a Matteo, ci restituisce l’orazione di Gesù in una forma un po’ abbreviata, che incomincia con la semplice invocazione: «Padre» (v. 2).

Tutto il mistero della preghiera cristiana si riassume qui, in questa parola: avere il coraggio di chiamare Dio con il nome di Padre. Lo afferma anche la liturgia quando, invitandoci alla recita comunitaria della preghiera di Gesù, utilizza l’espressione «osiamo dire».

Infatti, chiamare Dio col nome di “Padre” non è per nulla un fatto scontato. Saremmo portati ad usare i titoli più elevati, che ci sembrano più rispettosi della sua trascendenza. Invece, invocarlo come “Padre” ci pone in una relazione di confidenza con Lui, come un bambino che si rivolge al suo papà, sapendo di essere amato e curato da lui. Questa è la grande rivoluzione che il cristianesimo imprime nella psicologia religiosa dell’uomo. Il mistero di Dio, che sempre ci affascina e ci fa sentire piccoli, però non fa più paura, non ci schiaccia, non ci angoscia. Questa è una rivoluzione difficile da accogliere nel nostro animo umano; tant’è vero che perfino nei racconti della Risurrezione si dice che le donne, dopo aver visto la tomba vuota e l’angelo, «fuggirono via […], perché erano piene di spavento e di stupore» (Mc 16,8). Ma Gesù ci rivela che Dio è Padre buono, e ci dice: “Non abbiate paura!”.

Pensiamo alla parabola del padre misericordioso (cfr Lc 15,11-32). Gesù racconta di un padre che sa essere solo amore per i suoi figli. Un padre che non punisce il figlio per la sua arroganza e che è capace perfino di affidargli la sua parte di eredità e lasciarlo andar via di casa. Dio è Padre, dice Gesù, ma non alla maniera umana, perché non c’è nessun padre in questo mondo che si comporterebbe come il protagonista di questa parabola. Dio è Padre alla sua maniera: buono, indifeso davanti al libero arbitrio dell’uomo, capace solo di coniugare il verbo “amare”. Quando il figlio ribelle, dopo aver sperperato tutto, ritorna finalmente alla casa natale, quel padre non applica criteri di giustizia umana, ma sente anzitutto il bisogno di perdonare, e con il suo abbraccio fa capire al figlio che in tutto quel lungo tempo di assenza gli è mancato, è dolorosamente mancato al suo amore di padre.

Che mistero insondabile è un Dio che nutre questo tipo di amore nei confronti dei suoi figli!

Forse è per questa ragione che, evocando il centro del mistero cristiano, l’apostolo Paolo non se la sente di tradurre in greco una parola che Gesù, in aramaico, pronunciava “abbà”. Per due volte san Paolo, nel suo epistolario (cfr Rm 8,15; Gal 4,6), tocca questo tema, e per due volte lascia quella parola non tradotta, nella stessa forma in cui è fiorita sulle labbra di Gesù, “abbà”, un termine ancora più intimo rispetto a “padre”, e che qualcuno traduce “papà, babbo”.

Cari fratelli e sorelle, non siamo mai soli. Possiamo essere lontani, ostili, potremmo anche professarci “senza Dio”. Ma il Vangelo di Gesù Cristo ci rivela che Dio che non può stare senza di noi: Lui non sarà mai un Dio “senza l’uomo”; è Lui che non può stare senza di noi, e questo è un mistero grande! Dio non può essere Dio senza l’uomo: grande mistero è questo! E questa certezza è la sorgente della nostra speranza, che troviamo custodita in tutte le invocazioni del Padre nostro. Quando abbiamo bisogno di aiuto, Gesù non ci dice di rassegnarci e chiuderci in noi stessi, ma di rivolgerci al Padre e chiedere a Lui con fiducia. Tutte le nostre necessità, da quelle più evidenti e quotidiane, come il cibo, la salute, il lavoro, fino a quella di essere perdonati e sostenuti nelle tentazioni, non sono lo specchio della nostra solitudine: c’è invece un Padre che sempre ci guarda con amore, e che sicuramente non ci abbandona.

Adesso vi faccio una proposta: ognuno di noi ha tanti problemi e tante necessità. Pensiamoci un po’, in silenzio, a questi problemi e a queste necessità. Pensiamo anche al Padre, a nostro Padre, che non può stare senza di noi, e che in questo momento ci sta guardando. E tutti insieme, con fiducia e speranza, preghiamo: “Padre nostro, che sei nei Cieli…”

Grazie!


Saluti:

 

Witam serdecznie pielgrzymów polskich. Szczególnie pozdrawiam Stowarzyszenie Comunità Regina della Pace z Radomia. W ramach podjętej inicjatywy 12 Gwiazd w koronie Maryi Królowej Pokoju realizuje ono projekt ustanowienia w świecie 12 centrów adoracji Eucharystii i nieustannej modlitwy o pokój, w miejscach najbardziej zapalnych. Na ich prośbę poświęciłem dzisiaj ołtarz adoracji: Adoratio Domini in unitate et pace przeznaczony dla Sanktuarium Matki Bożej Różańcowej w Namyang w Korei Południowej. Niech waszej modlitwy o pokój nie zabraknie podczas nabożeństw czerwcowych, poświęconych szczególnej czci Serca Pana Jezusa. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Do il mio cordiale benvenuto ai pellegrini polacchi. In modo particolare saluto l’Associazione Comunità Regina della Pace di Radom, che, ispirandosi alle 12 stelle nella corona di Maria, Regina della Pace sta realizzando 12 centri di Adorazione Eucaristica e preghiera perpetua per la pace nei punti più infuocati del mondo. Su loro richiesta, ho benedetto oggi l’altare Adoratio Domini in unitate et pace, destinato al Santuario della Madonna del Rosario a Namyang in Corea del Sud. In questo mese di giugno, dedicato alla devozione al Sacro Cuore di Gesù, non manchi la preghiera di ciascuno per la pace. Sia lodato Gesù Cristo.]



APPELLO

Domani, alle ore 13, si rinnova in diversi Paesi l’iniziativa “Un minuto per la pace”, cioè un piccolo momento di preghiera nella ricorrenza dell’incontro in Vaticano tra me, il compianto Presidente israeliano Peres e il Presidente palestinese Abbas. Nel nostro tempo c’è tanto bisogno di pregare – cristiani, ebrei e musulmani – per la pace.

* * *

 

Un pensiero porgo infine ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Il mese di giugno da poco iniziato ci ricorda la devozione al Sacro Cuore di Gesù: cari giovani, alla scuola di quel Cuore divino crescete nella dedizione al prossimo; cari ammalati, nella sofferenza unite il vostro cuore a quello del Figlio di Dio; e voi, cari sposi novelli, guardate al Cuore di Gesù per imparare l’amore incondizionato.

 
 


 

― aiutiamo il Santo Padre con filiale chiarezza ―

NOTA CHIARIFICATRICE CIRCA ALCUNE PAROLE AMBIGUE DEL SANTO PADRE: L’UOMO HA BISOGNO DI DIO, MA DIO NON HA BISOGNO DELL’UOMO

Non possiamo assolutamente neppure sospettare che il Santo Padre abbia inteso cose del genere, benché il suo modo di esprimersi non sia stato dei più felici, ed avrebbe necessitato, a nostro avviso, almeno di qualche precisazione. Inoltre, il Santo Padre non avrebbe fatto male a mettere in guardia dal rischio di un’interpretazione che porta al panteismo e all’ateismo, oggi molto diffusi.

Giovanni e Ariel
Giovanni Cavalcoli, OP –  Ariel S. Levi di Gualdo

PDF articolo formato stampa

Se avessi fame, a te non lo direi [Sal 50,12]

Dov’eri tu quando Io ponevo le fondamenta della terra? [Gb 38,4]

A chi ha chiesto consiglio, perché Lo istruisse? [Is 40,14]

Udienza del 7 giugno 2017 – per aprire il video cliccare sopra l’immagine

Nell’udienza generale del 7 giugno, il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole:

«[…] il Vangelo di Gesù Cristo ci rivela che Dio non può stare senza di noi: Lui non sarà mai un Dio “senza l’uomo”; è Lui che non può stare senza di noi, e questo è un mistero grande! Dio non può essere Dio senza l’uomo: grande mistero è questo! E questa certezza è la sorgente della nostra speranza, che troviamo custodita in tutte le invocazioni del Padre nostro» [testo ufficialeQUI].

Queste parole potrebbero a tutta prima farci venire in mente la famosa tesi di Hegel: «Dio senza il mondo non è Dio». Se così veramente fosse, sarebbe un’affermazione gravissima, gravida di conseguenze disastrose sul piano teologico e su quello morale, giacché è chiaro che Dio è del tutto sufficiente a Se stesso e può esistere benissimo anche senza l’uomo. E difatti, Egli, esisteva già perfetto, beato e completo da solo e da Sé, dall’eternità, prima che creasse il mondo. Egli è perfezione suprema, infinita ed assoluta. Nulla Gli si può aggiungere. Nulla Gli manca. Nulla Gli si può donare. Ciò che Gli doniamo sono quei doni che ha dato a noi. Da nulla la sua essenza può essere completata, neppure dalle creature più sublimi. Dio è l’assolutamente Necessario, mentre l’uomo è contingente creatura. Egli è di per Sé Tutto; le creature di per sé sono nulla e, tutto ciò che la creatura è, lo è da Dio.

Egli certo è Amore per essenza, ha dato suo Figlio per la nostra salvezza, ma resta sempre che avrebbe potuto benissimo non esercitare questo amore verso il mondo, perché, se avesse voluto, avrebbe anche potuto non crearlo.

Dio ha creato il mondo per puro amore e con un atto di liberissimo consiglio ― liberrimo consilio ―, come dice il Concilio Vaticano I, lo ha creato per puro e gratuito amore, senza essere assolutamente necessitato dalla struttura della sua essenza, così come invece operano gli agenti fisici subumani.

Pensare che Dio, per esistere, abbia bisogno del contributo fattivo o ideale dell’uomo, perché da solo non ce la fa, conduce l’uomo a credere di poter essere indispensabile a Dio e di plasmare l’essenza di Dio, per cui Dio diventa un idolo, «opera delle mani dell’uomo» [Sal 135, 15], prodotto del pensiero umano, comenell’idealismo. Da qui la tentazione dell’uomo di credersi un dio o di identificarsi con Dio o di sostituirsi a Dio. O per dirla in altre parole: se l’uomo non ci fosse, Dio non ci sarebbe.

Nella letteratura della spiritualità degli ebrei askenaziti, alcuni rabbanim[rabbini] narrano che «Dio aveva talmente bisogno di essere amato e onorato, che ad un certo punto decise di creare l’uomo a propria immagine e somiglianza, affinché l’uomo lo amasse e lo onorasse». Si tratta, naturalmente, di un’espressione del tutto poetica. Anche se come sappiamo, in teologia, ed in specie nella teologia dogmatica, le licenze poetiche, per quanto belle, ed a volte pure efficaci a rendere l’idea, possono essere non di rado pericolose, se non spiegate, ma soprattutto se non spiegate bene e come tali, ossia come licenze poetiche.

Ora, non possiamo assolutamente neppure sospettare che il Santo Padre abbia inteso cose del genere, benché il suo modo di esprimersi non sia stato dei più felici, ed avrebbe necessitato, a nostro avviso, almeno di qualche precisazione. Inoltre, il Santo Padre, non avrebbe fatto male a mettere in guardia dal rischio di un’interpretazione che porta al panteismo e all’ateismo, oggi entrambi molto diffusi.

Le parole del Santo Padre possono essere quindi intese in un senso mistico-affettivo-operativo ed inoltre come riferite al mistero dell’Incarnazione, in tre modi:

primo, in un senso mistico-affettivo: è come il linguaggio degli innamorati, come quando l’innamorato dice alla sua amata «senza di te non posso stare». O come quando l’uno dice all’altra o viceversa: «io ti adoro». Parola che rende l’idea di ciò che si vuol dire a livello di profonda espressione affettiva, ma che nel linguaggio teologico ha un significato e soprattutto una “applicazione” ben precisa, perché solo Dio può essere oggetto di adorazione, salvo correre in caso contrario il serio rischio di caderenell’idolatria.

Secondo, in Cristo Dio ha in certo modo voluto aver bisogno dell’uomo. Lo mostra Cristo che chiede da bere alla samaritana [cf. Gv 4, 1-26], ed ancor più lo mostra la sua richiesta di collaborazione all’opera della salvezza,benché poi la nostra libera risposta sia dono della sua misericordia.

Terzo, le parole del Santo Padre vanno intese come riferite al mistero dell’Incarnazione: Dio si è unito in Cristo per sempre all’uomo, e nulla potrà mai scindere questa unione. L’unione dunque di Dio con l’uomo in Cristo è però una necessità di fatto, non di diritto. Se la concepissimo come fusione delle due nature umana e divina, cadremmo nell’eresia cristologica contraria al dogma della distinzione delle due nature del Concilio di Calcedonia.

Questa consapevolezza, ci dice il Santo Padre, che Dio in Cristo Si è legato per sempre all’uomo, è certo sorgente per noi di grande confidenza nel Padre, di consolazione e di speranza, che tuttavia non deve eccedere in una falsa certezza di salvarci in ogni caso e senza condizioni, annullando un santo timor di Dio, perché resta sempre in ciascuno di noi la responsabilità di corrispondere o meno a tanto amore, perché, se ci sottraessimo col peccato, a nulla ci servirebbe l’opera della redenzione. Ricordiamo infatti le famose parole di Sant’Agostino: « Colui che ti ha creato senza di te, non ti salva senza di te ».

da L’Isola di Patmos, 8 giugno 2017



[Modificato da Caterina63 09/06/2017 15:28]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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