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Ultimo Aggiornamento: 20/12/2017 09:55
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28/07/2017 19:23
 
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Interpretazione del Concilio Vaticano II
e
della sua relazione con la crisi attuale della Chiesa
di Mons. Athanasius Schneider

Articolo pubblicato sul sito spagnolo Adelante la Fe

Pubblichiamo il seguente articolo sia per l'interesse che riveste la posizione critica di Mons. Schneider nei confronti della crisi che attanaglia la Chiesa cattolica, sia per le posizioni qui espresse dal vescovo ausiliare di Maria Santissima in Astana (Kazakhstan). La lettura di questo articolo permette di comprendere la forma mentale di tanti vescovi cattolici conservatori, com'è Mons. Schneider, i quali tengono la loro posizione sulla base del riconoscimento positivo del Vaticano II. Essi disconoscono la perniciosità di questo Concilio, che è stato il punto di arrivo di un processo teso a distruggere la Chiesa cattolica per sostituirla con una neochiesa più o meno protestante e in palese rottura con duemila anni di storia e di insegnamento della Chiesa cattolica.
Il fatto che Mons. Schneider, come ha fatto altre volte, auspichi il rientro della Fraternità San Pio X nella ufficialità della Chiesa attuale, non deve ingannare circa le reali intenzioni dei vescovi conservatori. Come dice qui Mons. Svhneider, il rientro della Fraternità agevolerebbe l'instaurazione di un clima atto a svuluppare un dibattito costruttivo circa il valore e la portata dei documenti dei Vaticano II.
Sono passati 50 anni, eppure ancora si parla di dibattito teologico, senza rendersi conto che l'unica soluzione alla crisi che attanaglia la Chiesa sta nella cassazione di questo nefasto Concilio, esattamente come la crisi ariana del IV secolo, qui richiamata da Mons. Schneider, venne risolta con la cassazione dell'Arienesimo.
Non ci sono soluzioni intermedie e ancor meno soluzioni “canoniche”: il rientro della Fraternità San Pio X nell'ufficialità della Chiesa attuale non sarebbe un bene per la Chiesa, ma solo un triste destino per la Fraternità.

______________________



La crisi senza precedenti che attraversa attualmente la Chiesa si può paragonare a quella generale del IV secolo, quando l’arianesimo aveva contaminato la stragrande maggioranza dell’episcopato ed assunto una posizione dominante nella vita della Chiesa. Per un verso, dobbiamo cercare di guardare all’attuale situazione con realismo,  e per l’atro con spirito soprannaturale, con profondo amore per la nostra Santa Madre Chiesa, la quale sta soffrendo la Passione di Cristo a causa della tremenda e generale confusione dottrinale, liturgica e pastorale.


Abbiamo bisogno di rinnovare la nostra fede per credere che la Chiesa è nelle mani sicure di Cristo, e che Egli interverrà sempre per rinnovarla nei momenti in cui sembra che la barca della Chiesa sia in procinto di capovolgersi, come è evidente ai giorni nostri.

Per quanto riguarda il nostro atteggiamento nei confronti del Concilio Vaticano II, dobbiamo evitare due estremi: il rifiutarlo completamente - come fanno i sedevacantisti e un settore della Fraternità San Pio X (FSSPX) -, o l’attribuire un carattere infallibile a tutto quello che ha detto il Concilio.

Il Concilio Vaticano II è stato una legittima assemblea presieduta dai Pontefici, e nei suoi confronti dobbiamo mantenere un atteggiamento rispettoso. Ma questo non significa che ci sia proibito esprimere dubbi ragionevolmente fondati o proporre con rispetto i miglioramenti relativi a determinate questioni, facendolo sulla base di tutta la Tradizione della Chiesa e del suo Magistero perenne.

Le tradizionali e costanti affermazioni del Magistero, espresse nel corso dei secoli, hanno la precedenza e costituiscono il criterio per verificare l’esattezza delle affermazioni magisteriali successive. Ogni nuova dichiarazione del Magistero deve essere di per sé la più precisa e più chiara, nient’affatto ambigua né che appaia in contraddizione con i precedenti costanti pronunciamenti del Magistero.

Le affermazioni del Concilio Vaticano II che sono ambigue devono essere lette e interpretate secondo la totalità della Tradizione e del costante Magistero della Chiesa.

In caso di dubbio, le affermazioni del Magistero costante (e cioè dei Concilii e dei documenti pontifici il cui contenuto si è dimostrato essere una tradizione sicura e costante per secoli nello stesso senso) si impongono su quelle che sono oggettivamente ambigue o sulle affermazioni nuove del Concilio il Vaticano II che, in tutta oggettività, difficilmente concordano con le affermazioni del precedente costante Magistero (e cioè: il dovere dello Stato di venerare pubblicamente Cristo, Re di tutta la società umana; il vero significato della collegialità episcopale in relazione al primato petrino e al governo universale della Chiesa; il carattere nocivo delle religioni non cattoliche e il pericolo che rappresentano per la salvezza eterna delle anime).

Si deve guardare il Concilio Vaticano II e accettarlo per come esso è e per come è stato in realtà: un concilio prima di tutto pastorale. Vale a dire, che l’intenzione di questo Concilio non è stata di proporre nuove dottrine né di farlo in forma definitiva. La maggior parte delle sue dichiarazioni hanno confermato la dottrina tradizionale e perenne della Chiesa.

Alcune delle nuove dichiarazioni del Concilio (la collegialità, la libertà religiosa, il dialogo ecumenico, l’attitudine nei confronti del mondo) mancano di carattere definitivo, e apparentemente o in realtà non si conciliano con le dichiarazioni tradizionali e costanti del Magistero, ed è necessario implementarle con spiegazioni più esatte e complementi dottrinali più precisi. Un’applicazione cieca del principio dell’“ermeneutica della continuità”, non aiuta, perché tramite essa si creano interpretazioni forzate che non convincono né aiutano ad ottenere una conoscenza più chiara delle verità immutabili della fede cattolica e della loro applicazione.

Nel corso della storia ci sono stati casi di dichiarazioni non definitive dei concilii ecumenici, che però più tardi, grazie ad un sereno dibattito teologico, sono state messe a punto o tacitamente corrette (per esempio, le dichiarazioni del Concilio di Firenze in relazione al sacramento dell’Ordine, secondo le quali la materia era costituita dalla consegna degli strumenti, mentre invece la tradizione più certa e costante affermava che era sufficiente l’imposizione delle mani da parte del vescovo; cosa che venne confermata da Pio XII nel 1947). Se dopo il Concilio di Firenze i teologi avessero applicato alla cieca il principio dell’“ermeneutica della continuità” a questa dichiarazione dello stesso Concilio di Firenze (oggettivamente sbagliata), sostenendo la tesi che la consegna degli strumenti come materia del sacramento dell’Ordine si conciliava col Magistero costante, probabilmente non si sarebbe giunti ad un consenso generale dei teologi, riguardo alla verità che afferma che solo l’imposizione delle mani del vescovo è la vera materia del sacramento dell’Ordine.

E’ necessario indurre nella Chiesa un clima sereno di dibattito dottrinale in relazione alle dette dichiarazioni del Concilio Vaticano II che sono ambigue o che hanno dato luogo ad interpretazioni errate. Non c’è nulla di scandaloso in tale dibattito dottrinale; al contrario, esso contribuirà a mantenere e spiegare in modo più sicuro e integrale il deposito della fede immutabile della Chiesa.

Non si deve assegnare un’eccessiva importanza ad un concilio determinato, attribuendogli un carattere assoluto o paragonandolo alla Parola di Dio trasmessa oralmente (la sacra Tradizione) o per iscritto (le Sacre Scritture). Lo stesso Vaticano II ha affermato correttamente (cfr Dei Verbum, 10), che il Magistero (il Papa, i concilii e il magistero ordinario e universale) non è al di sopra della Parola di Dio, ma al di sotto, soggetto ad essa, ed è solo il servo di essa (della Parola di Dio trasmessa oralmente = Sacra Tradizione, e della Parola di Dio scritta = Sacre Scritture).

Da un punto di vista oggettivo, le affermazioni magisteriali (del Papa e dei concilii) con carattere definitivo hanno più valore e più peso di quelle di natura pastorale, le quali sono di per sé mutabili e temporali in funzione delle circostanze storiche e di situazioni pastorali relative ad un momento determinato, come succede con la maggioranza delle dichiarazioni del Concilio Vaticano II.

Il contributo originale e prezioso del Vaticano II consiste nella chiamata alla santità di tutti i membri della Chiesa (cap. 5 di Lumen Gentium), nella dottrina sul ruolo centrale della Madonna nella vita della Chiesa (cap. 8 di Lumen Gentium), nell’importanza dei fedeli laici per mantenere, difendere e promuovere la fede cattolica, nel dovere di questi ultimi di evangelizzare e santificare le realtà temporali in conformità col sentire perenne della Chiesa (cap. 4 di Lumen Gentium), e nella preminenza dell’adorazione di Dio nella vita della Chiesa e nella celebrazione liturgica (Sacrosanctum Concilium, nn- 2, 5-10).
Il resto potrebbe essere considerato in qualche modo secondario, provvisorio, e probabilmente in futuro come dimenticabile, come è successo con alcune affermazioni non definitive, pastorali o disciplinari di diversi concilii ecumenici del passato.

Le quattro questioni citate: La Madonna, la santificazione della vita personale, la difesa della fede con la santificazione del mondo secondo lo spirito perenne della Chiesa e il carattere prioritario dell’adorazione di Dio, sono quelle che con maggiore urgenza debbono essere vissute ed applicate ai giorni nostri. In questo, il Concilio Vaticano II ha un ruolo profetico che, disgraziatamente, non è stato realizzato in modo soddisfacente.

Invece di vivere questi quattro aspetti, un ampio settore della nomenclatura teologica e amministrativa della Chiesa, ha occupato mezzo secolo promuovendo questioni dottrinali, pastorali e liturgiche ambigue, distorcendo così l’intenzione originale del Concilio o abusando in dichiarazioni dottrinali ambigue o poco chiare, al fine di creare una Chiesa diversa, di tipo relativista o protestante. Oggi assistiamo alla culminazione di questo processo.

La crisi attuale della Chiesa consiste in parte nel fatto che alcune dichiarazioni del Concilio Vaticano II che sono oggettivamente ambigue, o le poche dichiarazioni che difficilmente si conciliano con la tradizione magisteriale costante della Chiesa, hanno finito con l’essere considerate infallibili . E così si è finto col bloccare un sano dibattito con le conseguenti necessarie correzioni, implicite o tacite. Allo stesso tempo, si è incoraggiata la nascita di dichiarazioni teologiche in conflitto con la Tradizione perenne (ad esempio, circa la nuova teoria cosiddetta del doppio soggetto supremo ordinario di governo della Chiesa, vale a dire: solo il Papa e tutto il collegio episcopale insieme con il Papa; la dottrina della neutralità dello Stato nei confronti del culto pubblico che si deve rendere il vero Dio, che è Gesù Cristo, Re anche di tutta la società umana e politica; e la relativizzazione della verità che la Chiesa cattolica è l’unica via di  salvezza voluta e ordinata da Dio).

Dobbiamo liberarci dalle catene che impongono un carattere assoluto e infallibile al Concilio Vaticano II e chiedere un clima di dibattito sereno e rispettoso motivato da un sincero amore per la Chiesa e la fede immutabile della Chiesa.

Possiamo vedere un segno positivo di questo nel fatto che il 2 agosto 2012 Benedetto XVI ha scritto una prefazione al volume sul Concilio Vaticano II nella edizione delle sue opere complete, nel quale esprime le sue riserve riguardo ai contenuti concreti di Gaudium et Spese di Nostra Aetate. Dal tenore di queste parole di Benedetto XVI si deduce che i difetti specifici di alcune parti dei detti documenti non possono essere migliorati con l’“ermeneutica della continuità”.

Una FSSPX canonicamente e pienamente integrata nella vita della Chiesa potrebbe fornire un apporto molto valido a questo dibattito, come desiderava anche Mons. Marcel Lefebvre. La piena presenza canonica della FSSPX nella vita della Chiesa attuale contribuirebbe anche a suscitare un clima generale di dibattito costruttivo, affinché quello che tutti i cattolici hanno sempre creduto dappertutto in duemila anni, venga creduto in modo chiaro e certo anche nei nostri tempi, realizzando così la vera intenzione pastorale dei Padri del Concilio Vaticano II.

L’autentica finalità pastorale punta alla salvezza eterna delle anime, che può essere raggiunta solo annunciando tutta la volontà di Dio (Atti, 20, 27). Un’ambiguità nella dottrina della fede e nella sua applicazione concreta (nella liturgia e nella pastorale) costituirebbe un pericolo per la salvezza eterna delle anime e di conseguenza sarebbe anti-pastorale, dato che la proclamazione della chiarezza e dell’integrità della fede  cattolica e della sua fedele applicazione è esplicita volontà di Dio. Solo la perfetta obbedienza a questa volontà di Dio, che ci ha rivelato la vera fede per mezzo di Cristo, Verbo incarnato, e degli Apostoli, fede interpretata e costantemente praticata nello stesso senso dal Magistero della Chiesa, porta la salvezza alle anime.





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Antonio Livi: “Il Papa non bacchetta Sosa perchè la pensa come lui”

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Come noto, il Generale dei Gesuiti, Padre Sosa, ultimamente, si è fatto fotografare, con altro sacerdote, in preghiera, in un tempio dedicato a Buddha. La Fede Quotidiana ha chiesto un commento al noto  teologo, filosofo e  fondatore dell’ Associazione Fides et  Ratio, Monsignor Antonio Livi .

Monsignor Livi, ha visto quella foto?

 

” Certo. E lo ritengo un fatto grave, che va contro la Chiesa cattolica, commesso dal Generale dei Gesuiti Padre Sosa, del resto, non è nuovo ad uscite simili. Infatti Sosa nel recente passato, ha detto cose errate e persino eretiche. Evidentemente si deve sentire appoggiato”.

Che cosa intende dire?

” Le cose che Sosa afferma ed ora fa, sono scandalose, ma non del tutto sorprendenti visti i tempi che vive attualmente la Chiesa. Si tratta di falsi e cattivi maestri che probabilmente non amano la dottrina cattolica”.

Ma il Papa non lo ha censurato o bacchettato…

” Credo che non lo faccia perchè, tutto sommato, Sosa afferma chiaramente e in modo esplicito, quello che Bergoglio probabilmente pensa in modo implicito”.

In che cosa consiste la gravità del gesto di Padre  Sosa di pregare in un tempio dedicato a Buddha?

“Causa sincretismo o peggio ancora indifferentismo religioso, fa credere in maniera ingannevole, che una religione vale l’altra. La Chiesa ha preso posizione contro questa visione e basta leggere il documento Dominus Jesus”.

Ma Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e lo stesso Francesco hanno visitato templi dedicati ad altri culti..

” Questo è vero, però al contrario di Sosa, lo hanno fatto con estrema cautela e prudenza. Certo, anche io nutro riserve sulla opportunità di questi gesti, però bisogna riconoscere che non hanno mai pregato in quel modo tanto vistoso e plateale, facendosi fotografare con altro sacerdote davanti ad una statua di Buddha. Ricordo che il buddhismo è ateo, e un ateo non prega Dio perché non riconosce che c’è Dio creatore e autore dell’ordine morale.  La finta preghiera buddista, fatta da un religioso cattolico che si fa ritrarre in posa buddista, la valuto una cosa prima di tutto insensata, e poi anche una bestemmia, un gesto eretico. Così facendo padre Sosa ha preso in giro i cattolici che davvero pregano Dio in chiesa e a casa propria”.

Lei ha parla  di disorientamento pastorale, perchè?

” Lo ho spiegato in un libro scritto assieme a Danilo Quinto (Disorientamente pastorale. La fallacia umanistica al posto della verità rivelata?, Leonardo da Vinci, Roma 2106) . Da tempo mi preoccupo di questo disorientamento, perché la gente viene indotta credere che il dogma cattolico non vale più, e quindi nemmeno la morale ha più valore. Invece ciò che il cattolico deve credere non è cambiato: la dottrina del Catechismo della Chiesa Cattolica, voluto da papa Giovanni Paolo II e sostenuto da papa Benedetto XVI, è sempre valida e attuale. Bisogna che tutti i cattolici sappiano che la Chiesa non deve fare altro che annunciare la verità rivelata da Cristo e non fare da cassa di risonanza di ideologie secolaristiche. Purtroppo alcuni uomini di Chiesa hanno rinunciato al loro compito. Il Papa è imprudente, ma non ha mai detto cose formalmente eretiche, perché è dotato del carisma dell’infallibilità. Tuttavia, dà troppa retta ai  teologi  eretici che hanno dato vita a una scuola teologica dominante,  che fa capo al gesuita Karl Rahner”.

Bruno Volpe












[Modificato da Caterina63 01/08/2017 08:05]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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