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Ultimo Aggiornamento: 20/12/2017 09:55
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29/10/2017 13:20
 
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Convegno Humanae Vitae



  • L'INTERVISTA


L'insegnamento definitivo e profetico di Humanae vitae




Un convegno internazionale sui 50 anni di Humanae vitae, encliclica quanto mai attuale ma oggi ancora messa in discussione: "Ribadisce la verità naturale e divina sulla regolazione delle nascite, che negata con la contraccezione renderebbe la fede e Cristo astratti". L'intervista a Padre Lanzetta.

Ieri, presso la Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino di Roma, Voice of the family ha organizzato un convegno per ribadire l’attualità di un’enciclica profetica di cui l’anno prossimo ricorrerà il cinquantesimo anniversario. Eppure molti, anche all’interno della Chiesa, mirano a mettere in discussione “Humanae Vitae di Paolo VI, anche se oggi più che mai questa enciclica dimostra la sua verità”. Ne è convinto, padre Serafino Lanzetta, uno dei relatori del convegno che ci ha spiegato perché.

In occasione dei 50 anni di Humanae Vitae si stanno moltiplicando discussioni e convegni a riguardo, ci spieghi perché è importante riparlare oggi di questo documento.
È molto importante celebrare il 50° di Humanae Vitae perché si tratta di un insegnamento magisteriale autentico e definitivo riguardante la regolazione della nascite. La forma è quella di un'enciclica papale, quindi di un intervento ordinario del magistero, ma il modo di proporlo e la materia trattata, in continuità con l’interrotta Tradizione della Chiesa, così da leggere Gaudium et spes alla luce di Casti Connubidi Pio XI e del Catechismo Romano nato dopo il Concilio di Trento, depongono a favore di un insegnamento definitivo. 

Qual è il portato dottrinale e immutabile di Humanae Vitae?
Si condensa sostanzialemente nel fatto che ogni atto matrimoniale deve necessariamente conservare la sua intrinseca relazione alla procreazione della vita umana, evitando perciò ogni azione che ostacoli il raggiungimento del suo fine intrinseco: il concepimento. Paolo VI a modo di sintesi coniugò inscindibilmente due aspetti dell’amore umano e sacramentale del matrimonio: quello unitivo e quelle procreativo. Tale inscindibile connubio deve realizzarsi in ogni singolo atto coniugale come sua intrinseca verità. La contraccezione pertanto viene ad essere inquadrata come strumentalizzazione del matrimonio, sia nel suo fine unitivo che procreativo: è una manipolazione dell’amore che rendendo uno si apre alla pluralità, al bene della vita. La contraccezione è perciò contraria non solo alla procreazione ma anche all’amore. Questo in modo profetico ci dice l’enciclica di Paolo VI.

Eppure l’anniversario di Humanae Vitae viene usato anche da coloro che mirano a cambiare l'insegnamento della Chiesa sulla morale. Basti pensare a come è stato presentato il corso sull'enciclica dell’università Gregoriana da Avvenire, per cui questo documento non avrebbe il sigillo dell’infallibilità e per cui “la grande domanda sullo sfondo è quella di capire come mettere in sintonia il quadro normativo di Humanae Vitae con la tensione al rinnovamento alla luce del primato della coscienza che si respira in Amoris Laetitia".
Purtroppo a volte si ha un’idea di infallibilità magisteriale quasi meccanica, se non addirittura da raggiungersi con il consenso delle maggioranze. O si pensa che il Papa sia sempre infallibile in ciò che dice, perché ogni sua parola verrebbe dallo Spirito Santo, oppure che al contrario sia sempre non infallibile (quando non direbbe quello che tutti vogliono sentire), ignorando invece che c’è un’infallibilità ordinaria del magistero, la quale consiste nella reiterazione dello stesso insegnamento in modo diacronico: attraverso i secoli e quale patrimonio di una dottrina ritenuta sempre, dovunque e da tutti. Humanae Vitae ribadisce definitivamente (il Vaticano II si era chiuso lasciando aperta la questione sulla regolamentazione della nascite, quindi richiedeva una parola chiara e definitiva in merito), che l’atto coniugale deve essere sempre indirizzato alla procreazione. Ciò lo dice Paolo VI, ma facendo eco alla dottrina contenuta nella Rivelazione, insegnata dai suoi Predecessori e vissuta dalle famiglie cristiane. 

Se non è possibile cambiare l’insegnamento sulla morale sessuale di Humanae Vitae senza sovvertire la dottrina cristiana, con che argomenti si usa un'esortazione apostolica come Al per mettere in discussione un’enciclica?
Il tentativo teologico-morale di superare l’enciclica di Paolo VI consisterebbe non nel negare direttamente e apertamente l’insegnamento morale che contine, il che si configurerebbe come un'eresia conclamata, ma di superare piuttosto l’impostazione neoscolastica e giusnaturalistica che soggiace all’enciclica con un approccio più personalista. Amoris Laetitia contribuirebbe a spostare l’accento morale dalla legge alla persona e infine alla dignità della persona perfino nell’uso dei metodi naturali. Questo basterebbe per un cambio di paradigma nel valutare la dottrina morale che condanna la contraccezione: favorire la persona includendo in una moralità dell’amore idealmente fecondo i singoli atti sterilizzanti e contraccettivi. La parte nel tutto di un amore non troppo stretto e normativo come quello della legge naturale ed evangelica. Questo certamente, sebbene con belle parole, costituirebbe un sovvertimento della dottrina morale rivelata da Dio.

Come mai c'è tanta confusione in merito alla morale sessuale e perché questo è, di fatto, il punto più colpito da coloro che mirano a sovvertire le fondamenta del magistero cristiano?
La morale cristiana è l’applicazione concreta dei principi dottrinali rivelati e il compimento pratico del cammino verso la salvezza e la santificazione. Diluendo la morale diventa più facile accedere al dogma perché se ne dia un’interpretazione più consona ai tempi, in continua evoluzione rispetto alla storia degli uomini. Se però la dottrina morale viene indebolita da un approccio personale contro uno metafisico ed essenziale, il fondamento stesso della morale, che è Dio rivelante, diventa più morbido: potremmo così accostarci ad un Dio più Padre che giudice, più amico che maestro, ecc. E indebolita la morale, le verità di fede sono lasciate all’interprete di turno. Se infatti si dice che la contraccezione rimane in sé un male (ideale), ma nel concreto gli atti matrimoniali non si configurerebbero mai come contraccettivi perché animati dall’amore che supera le barriere delle scelte umane concrete, allora si mette in discussione l’identità naturale e sacramentale del matrimonio. Il matrimonio sarebbe un contratto ideale e non più la comunione indissolubile di tutta la vita, di tutte le scelte, di tutti gli atti. Negando la morale si nega prima la ragione e poi la fede.

Come risponde all’obiezione che si fa al cristianesimo di aver avvelenato la cosa più bella della vita, l’eros, con i suoi cartelli morali?

Dicono che la morale cristiana rappresenterebbe il tentativo di ingabbiare con regole normative un principio che invece si configura come vitale nell’uomo: il fluire della vita attraverso la passione e il desiderio. La disciplina cristiana avrebbe distrutto l’amore umano. Per recuperare i cocci di questo amore dovremmo quindi abolire la morale sessuale. Di fatti se si pensa che la morale coniugale di Humanae Vitae sia troppo stretta e difficile per le famiglie cristiane si sostiene proprio questa tesi. Peccato che liberandosi del cristianesimo la morale è riuscita a liberarsi perfino di se stessa: siamo infatti arrivati ad una vera dittatura del sesso e alla sua mercificazione. 

Perché fede e morale sono inscindibili? Cosa rispondere ad un mondo, anche cristiano, che ci convince che le norme e le regole di Dio sono secondarie alla fede?
Fede e morale sono inscindibili. La fede illumina il comportamento dell’uomo, mentre il comportamento morale rimanda alla fede creduta. Per avere un’idea molto precisa di questa inscindibilità dobbiamo pensare a Gesù che è via, verità e vita. Egli è la verità che attraverso la via ci conduce alla vita eterna. La verità è la fede, la via è la morale e la vita è il possesso eterno di Dio nell’amore. La morale dunque è la via illuminata dalla verità che ci conduce alla Vita. Eliminare la morale dalla fede significherebbe dire che Cristo è una verità astratta, una sorta di teorema matematico che non ha nulla a che fare con la nostra vita. Al contrario eliminare la fede dalla morale significherebbe ridurre la vita cristiana a un fare senza più l’essere, senza la Luce che viene dall’alto e perciò a una vita vuota. 

Come contrastare la secolarizzazione, interna anche alla Chiesa, mostrando la bellezza della legge naturale e divina?
Dicevo all’inizio che Humanae Vitae è stata profetica nel mostrare che la contraccezione è contraria alla verità dell’atto coniugale e alla verità dell’amore. Di fatti la deriva ipersessualista dei nostri giorni è nata dal manifesto di una libertà sessuale senza regole. Sconnettendo la procreazione dall’unione e favorendo solo quest’ultima in ragione dell’imperativo dell’amore siamo finiti, da un lato a dover proteggere soprattutto i più piccoli dalla manipolazione ipersessualista che regna e dall’altro a dover fare i conti con la fluidità del sesso, una sorta di reazione di massa al tentativo "pornomane" che regna un po’ dovunque e come volontà di uscire dalla gabbia dell’omologazione, facendosi invece una sessualità secondo i propri gusti. Il rifiuto dell’inscindibilità dell’amore e della procreazione sta producendo dei mostri di cui tutti ora paghiamo le conseguenze. Dovremmo perciò metterci dalla parte dell’enciclica di Paolo VI per essere profeti autentici e per salvare il mondo dalla deriva e l’uomo dalla perdizione eterna. Dobbiamo rispettare la legge di Dio e così costruire veramente una società umana. La Chiesa è chiamata ad essere profeta, ad insegnare la verità dell’amore di Cristo e non ad allinearsi alla mentalità del mondo. 



-IL CONVEGNO di Aurelio Porfiri

Un incontro internazionale sui 50 anni dell’enciclica Humanae Vitae si è svolto ieri presso l'Aula Magna della Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) di Roma. Questa conferenza è stata organizzata da Voice of the Family, un coordinamento di 25 associazioni a livello internazionale che si prefiggono la difesa dell’insegnamento morale cattolico. L’aula magna, gremita di gente di ogni nazionalità, e molti giovani, ha visto alternarsi esperti da tutto il mondo nelle due sezioni, del mattino e del pomeriggio. In effetti è stato bello vedere come ci fossero molti giovani "normali", non persone "rigide" ma ragazzi e ragazze di oggi che hanno ascoltato pazientemente le relazioni svolte in tre lingue su temi non sempre di facile comprensione ma nondimeno così importanti per la nostra vita di tutti i giorni.

La conferenza si è aperta al canto del Veni Creator Spiritus, eseguito all'unisono da tutti i presenti e dalla preghiera iniziale guidata da Mons. Luigi Negri. I lavori sono stati aperti dalla prolusione del Cardinale Walter Brandmüller, che ha descritto il contesto dell’enciclica Humanae Vitae, soffermandosi in modo specifico sul tema della contraccezione (uno dei temi centrali dell'Humanae Vitae e che sarà poi naturalmente al centro di tutte le altre relazioni) con attenzione posta anche alle posizioni di altre confessioni cristiane in merito alla contraccezione stessa. La prolusione del Cardinale è stata accolta molto favorevolmente da tutti i presenti, come del resto tutte le altre relazioni in programma. 

John Smeaton (Direttore della Britannica Society for the Protection of Unborn Children), che ha presieduto la sessione mattutina di questo convegno, ha poi dato la parola al professor Roberto De Mattei, presidente della Fondazione Lepanto, il quale ha parlato del contesto storico della Humanae Vitae, sottolineando tra l’altro il ruolo avuto da teologi cattolici come Bernard Häring, Josef Fuchs e Louis Janssen e da istituzioni come l’Università di Lovanio nei cambiamenti nel campo della teologia morale rispetto agli insegnamenti cattolici tradizionali. 

Ha parlato poi il filosofo Professor Josef Seifert che ha presentato, con una relazione densamente analitica, un approccio filosofico all’enciclica del Beato Paolo VI, mettendo in luce i parametri di pensiero vitali che sono a fondamento del matrimonio cattolico. Il Professor Seifert nella sua relazione si è spesso richiamato anche all'insegnamento di San Giovanni Paolo II, con riferimento speciale all'enciclica Veritatis Splendor

È seguito poi l’intervento del teologo padre Serafino Lanzetta che ha parlato de “L’importanza teologica di Humanae Vitae per contrastare la secolarizzazione e la confusione nell’etica sessuale”, una lettura del documento alla luce della Rivelazione e della sana Tradizione Cattolica, con continui confronti, anche critici dove necessario, con altri documenti come Gaudium et SpesCasti Connubi e Amoris Laetitia. Specie a questo documento, come era facile aspettarsi, viene dedicata un’ampia sezione nella conclusione della relazione, sottolineandole alcuni punti controversi.  Certamente l'Amoris Laetitia non è stata assente anche dalle altre relazioni, ma ci sembra che il padre Lanzetta ha voluto precisare con più forza alcuni problemi che provengono da questo documento o dalle sue interpretazioni. Alla fine della sezione mattutina gli oratori hanno risposto ad alcune domande poste dagli astanti, domande che hanno rivelato un pubblico estremamente attento e informato. 

A margine della conferenza, il professor Seifert ha presentato l’Accademia Giovanni Paolo II per la vita umana e la famiglia, fondata recentemente. Questa Accademia intende riunire studiosi che affrontino le sfide urgenti che riguardano la vita, riaffermando la forza della morale cattolica tradizionale. L'Accademia si rivolge anche a studiosi non cristiani, perché per affermare alcune verità si fa appello alla semplice ragione, senza immediata necessità della fede.

Nella sessione pomeridiana, presieduta da Don Shenan BoquetPresidente di Human Life International,  sono state affrontate le questioni etiche da un punto di vista in qualche modo più pratico, mentre nella mattina ci si era soffermati più su contenuti dottrinali. 

Ha iniziato Jean-Marie Le Méné, presidente della Fondazione Lejeune in Francia, che ha esposto la visione sulla trasmissione della vita umana del servo di Dio Professor Jérôme Lejeune (1926-1994), genetista, pediatra e attivista, che fu primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita. 

Successivamente un medico di base, Dr. Thomas Ward, fondatore e presidente della britannica National Association of Catholic Families che ha parlato della Humanae Vitae in relazione alle difficoltà della famiglia e agli attacchi verso cui questa istituzione è sottoposta. Ha colpito nell'appassionata relazione del Dottor Ward, la sua affermazione per cui gli ostacoli maggiori per implementare un insegnamento morale conforme alla tradizione Cattolica gli sono venuti spesso dal clero. Ma ha anche ricordato come il più grande incoraggiamento a proseguire nei suoi sforzi gli è venuto da Papa Giovanni Paolo II. 

Un altro medico ha fatto seguito, Dr. Philippe Schepens, segretario generale della World Federation of Doctors who Respect Human Life (Belgio) che ha dato la sua testimonianza soffermandosi sulle urgenti questioni di etica sessuale del nostro tempo dal suo specifico punto di vista, informato dal suo percorso professionale.

John-Henry Westen, Co-fondatore e Direttore di Lifesitenews, ha poi presentato una relazione dai toni molto forti già dal titolo: "La sovversione del Magistero: "autorizzare" il male intrinseco all'interno della Chiesa". Il relatore ha notato come alcune posizioni recenti della gerarchia non hanno aiutato a fare chiarezza ma hanno, in un certo senso, aumentato la confusione.

Monsignor Luigi Negri, Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, presente a tutto il convegno, ha concluso i lavori con un suo intervento, al quale ha fatto seguito il canto del Salve Regina, con cui i presenti si sono raccomandati alla protezione materna della Vergine Maria, alla sua intercessione per affrontare le sfide che un mondo secolarizzato ed una crisi della fede senza precedenti pongono in essere.





Saluti di John Smeaton presidente di Voice of the Family e intervento di apertura del cardinale Walter Brandmüller al convegno "Humanae Vitae 50 anni dopo: il suo significato ieri e oggi" #humanaevitae #amorislaetitia - Roma 28 ottobre 2017


qui il video




  • STATI UNITI

"Santità, quanta confusione". E il teologo viene "purgato"

Il teologo di fama internazionale Thomas Weinandy ha scritto una lettera al Papa sulla confusione nella Chiesa. Subito dopo essere stata resa pubblica sono arrivate le sue dimissioni, forse "gentilmente" richieste. Lo scontro in atto nella Chiesa Usa.

Ha scritto una lettera al Papa dicendo, apertis verbis, che il suo pontificato sembra contrassegnato da «una confusione cronica» e, lo stesso giorno in cui la missiva è stata resa pubblica, ha dato le sue dimissioni. Con ogni probabilità “gentilmente” richieste.

E’ la sorte toccata a padre Thomas G. Weinandy, 71 anni, teologo cappuccino di fama internazionale residente a Washington, che lo scorso 1 novembre ha reso pubblica sul portale web Crux sul blog del vaticanista Sandro Magister una lettera che era stata recapitata a Francesco nel luglio scorso. La conferenza episcopale statunitense, lo stesso giorno, ha pubblicato un comunicato a firma di James Rogers in cui si dice che «dopo aver parlato con il segretario generale della conferenza episcopale, padre Thomas Weinandy, OFM, Cap., si è dimesso immediatamente dalla sua posizione come consulente alla commissione Usccb sulla dottrina. Il lavoro della commissione è fatto a sostegno, in collegialità affettiva, con il Santo Padre e la Chiesa negli Stati Uniti. Le nostre preghiere vanno per il padre Weinandy mentre il suo servizio al comitato si chiude».

La lettera di Weinandy, membro della Commissione Teologica Internazionale e direttore esecutivo del segretariato per la dottrina della conferenza episcopale degli Stati Uniti dal 2005 al 2013, è stata redatta in modo sofferto. Addirittura, come racconta lo stesso padre, dopo aver chiesto un segno dal cielo. Comunque le critiche portate sono diverse, «in primo luogo», scrive, «c'è il controverso capitolo 8 di "Amoris laetitia". Non c’è bisogno qui di dire le mie personali preoccupazioni riguardo al suo contenuto. Altri, non solo teologi ma anche cardinali e vescovi, lo hanno già fatto». Perché «lo Spirito Santo è dato alla Chiesa, e in particolare a lei, per sconfiggere l'errore, non per favorirlo».

Poi stigmatizza quello che gli pare un atteggiamento di ostilità alla dottrina, perché «coloro che svalutano le dottrine della Chiesa si separano da Gesù, autore della verità». In terzo luogo, scrive il teologo «i fedeli cattolici possono essere solo sconcertati dalle sue nomine di certi vescovi, uomini che non solo appaiono aperti verso quanti hanno una visione contrapposta alla fede cristiana, ma addirittura li sostengono e difendono». In questo punto, secondo alcuni commentatori statunitensi, potrebbe ravvisarsi la causa prossima delle dimissioni di padre Weinandy. Perché il pensiero porta ad alcune nomine di Francesco all’interno della conferenza episcopale americana, ad esempio quelle dei cardinali Blase Cupich, Joseph Tobin e Kevin Farrel, oltre all’anziano cardinale Donald Wuerl, che possono essere stati punti nel vivo da questo passaggio e fatto sentire il loro peso al presidente dei vescovi Usa, il cardinale Daniel Di Nardo.

Ma si tratta solo di supposizione, certo è che la conferenza dei vescovi a stelle e strisce sta mutando pelle, seppure le resistenze siano fortissime. Il Papa, fin dal suo viaggio in Usa del 2015, ha proposto un cambio di passo ai vescovi americani, riorientandoli verso la sua sensibilità contraria alle “guerre culturali”. In fondo le dimissioni del teologo cappuccino sono un segno di una spaccatura che attraversa anche l’episcopato americano. Il cardinale Di Nardo ha poi rilasciato una dichiarazione in cui sottolinea come si debba svolgere «il dibattito nella chiesa», senza polarizzazioni di tipo politico che vengono enfatizzate dalla «stampa popolare».

Resta però il fatto che nel settore che la stampa tende a considerare come “conservatore” si riscontrano quasi tutte le prese di distanza poste in essere dall’attuale pontificato. E’ facile pensare alla non risposta data ai dubia dei quattro cardinali a proposito di alcuni passi di Amoris laetitia; il fatto di non aver mai ricevuto in udienza le quattro porpore seppure richiesto; la vicenda dell’Ordine di Malta e del cardinale Raymond Burke; la non conferma del cardinale Gerhard Muller a prefetto della Dottrina della fede; le riprese alle dichiarazioni del cardinale Robert Sarah, prefetto al Culto divino; il mutamento di pelle dell’Accademia per la Vita; la ri-fondazione dell’Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia.

Peraltro, padre Weinandy nella lettera ha espresso con chiarezza la sua principale preoccupazione. «Lei», ha scritto rivolgendosi a Francesco, «ha parlato spesso della necessità della trasparenza all'interno della Chiesa. Lei ha incoraggiato spesso, soprattutto durante i due sinodi passati, tutte le persone, specialmente i vescovi, a parlare francamente e a non aver paura di ciò che il papa potrebbe pensare. Ma lei ha notato che la maggioranza dei vescovi di ​​tutto il mondo stanno fin troppo in silenzio? Perché è così? I vescovi imparano alla svelta, e ciò che molti di loro hanno imparato dal suo pontificato non è che lei è aperto alla critica, ma che lei non la sopporta. Molti vescovi stanno in silenzio perché desiderano essere leali con lei, e quindi non esprimono – almeno in pubblico; in privato è un’altra cosa – le preoccupazioni che il suo pontificato alimenta. Molti temono che se parlassero con franchezza sarebbero emarginati o peggio».

Forse ha ragione il cardinale Di Nardo quando parla di come impostare il «dibattito» all’interno della Chiesa, cioè tenendo presente la regola di S. Ignazio per cui si deve sempre cercare di dare una buona interpretazione verso il prossimo più che condannarlo. E, scrive il capo dei vescovi Usa, ciò vale a maggior ragione per l’insegnamento del Santo Padre. Sarebbe però utile capire come mai, di fronte ad uscite che possono gettare confusione nel popolo di Dio, ad esempio alcune del vescovo di Anversa Johan Bonny, oppure del vescovo di San Diego Robert Walter McElroy, o del Generale dei gesuiti padre Arturo Sosa, non vi sia quello stesso zelo per evitare che i piccoli si confondano e la Chiesa venga attentata nella sua unità.







[Modificato da Caterina63 03/11/2017 18:00]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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