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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (6)

Ultimo Aggiornamento: 20/12/2017 09:55
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09/11/2017 08:15
 
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  • IL PRINCIPE DI QUESTO MONDO

Attacco al vescovo di Madison: il disegno del diavolo sulla Chiesa

 

Dopo il clamoroso caso del vescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone, accusato nel 2015 dai media americani e da 80 intellettuali cattolici "adulti" (coloro che dividono fede e vita, pretendendo la Comunione come un diritto senza voler seguire Dio e la sua legge) che ne chiedevano la rimozione a papa Francesco, di essere un “omofobo” per aver chiesto alle scuole cattoliche della diocesi di insegnare la sessualità secondo il Catechismo della Chiesa cattolica, ora è il turno del vescovo di Madison (Wisconsin), Robert Morlino.

Se, infatti, Cordileone aveva ricevuto critiche non solo dal sindaco della città, dalla nota abortista Nancy Pelosi e dal vicegovernatore della California (dimostrando che lo Stato vuole farsi totalitario entrando in Chiesa) ma dagli stessi cattolici che avevano organizzato una manifestazione di protesta e firmato in ventimila una petizione, anche Morlino ha subìto lo stesso trattamento: è stata chiesta anche la sua rimozione a papa Francesco tramite una petizione che per ora ha raggiunto settemila firme, mentre la politica e il mondo mediatico si stanno scagliando contro di lui. Una seconda petizione è stata invece lanciata dalla DignityUsa che raccoglie quanti si definiscono con un ossimoro “cattolici Lgbt”. 

Morlino, come Cordileone, è stato dunque attaccato dall’esterno e dall'interno della Chiesa per aver chiarito con linee guida destinate ai suoi parroci ciò che prevede il Catechismo e il diritto canonico, spiegando che non si possono celebrare i funerali di peccatori pubblici che non hanno dato segni di pentimento provocando scandalo nei fedeli e condonfendoli su come è lecito o meno vivere. È bastato questo per accusarlo di odio nei confronti delle persone con tendenze omosessuali, che invece Morlino ha detto di voler aiutare e accompagnare, ricordando alla diocesi che la Chiesa apre le porte a chiunque “così com’è”, ma poi "Dio non desidera lasciarti allo stesso punto…ti vuole salvare", chiedendo “chi vuole venire dietro a me rinneghi se stesso e prenda la sua croce". Se infatti un peccatore decide per Cristo "dando anche un minimo segno di pentimento i funerali si celebrano”. Insomma tutte cose che la Chiesa dice da 2000 anni ma che il vescovo aveva solo chiarito su richiesta dei suoi sacerdoti immersi nella confusione.

È chiaro dunque che il mondo, di cui il principe è il diavolo, oggi non vuole più eliminare la Chiesa, ossia il corpo di Cristo figlio di Dio, dalla faccia della terra, ma si prefigge di piegarla al suo potere e alla sua "anticreazione". Infatti, entrato in essa seducendo fedeli e prelati, satana mira a sovvertire le norme del Creatore, disegnate per aiutare l’uomo a trovare la vita, così da raggiungere un risultato ancora più grande dell’eliminazione di Dio: sottometterLo a lui, una creatura che mai ha sopportato di esserlo, rendendo Dio un suddito e il Suo corpo, che è la Chiesa, un regno infernale dove si vive in ribellione alle norme della creazione. 

Ma come dimostrano i semplici che continuano a seguire Dio e i pastori come Morlino e Cordileone, disposti alla persecuzione pur di difendere la legge divina e la verità sull'uomo, le tenebre non prevarranno. Perché "mi sveglio ogni mattina convinto che la volontà di Dio sarà fatta per il mondo e per la mia vita in quel giorno", ha dichiarato Morlino ridendo pacifico di fonte all'affermazione di quanti lo accusano di non essere accogliete chiedendo la sua rimozione a papa Francesco, nella consapevolezza che il posto preparato a chi sceglie Cristo come suo Signore non è di questo mondo.










Bergoglio la pensava proprio come Caffarra e Burke

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Ad un anno dai Dubia, riportiamo un passo del cardinal Bergoglio, interrogato nel 2009 sul “rifiuto della Chiesa di impartire la comunione ai divorziati che si sono risposati” (Jorge Bergoglio, Papa Francesco. Il nuovo papa si racconta, p. 87).

La risposta di Bergoglio può oggi apparire sorprendente, perchè va nella direzione esattamente opposta a quella propugnata nelle tanto famose quanto volutamente ambigue note di Amoris laetitia.

 

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Bergoglio infatti si dichiarava in linea con il magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, e chiudeva ricordando che, previa opportuna spiegazione teologica, “la gente capisce“.

Oggi chi pone la stessa domanda che allora formularono i due giornalisti intervistatori, anche se è un cardinale, non ottiene risposta, ma sordo ostracismo.

Bergoglio infatti ama parlare di parresia e di sinodalità, ma è sempre rigido e autoritario come ai tempi di Buenos Aires e non ammette che qualcuno lo contraddica o chieda chiarimenti.

Lo ha ricordato qualche volta lui stesso, alludendo alla sua direzza di carattere, ma anche Benedetto XVI in Ultime conversazioni.

Alla domanda del giornalista, Come faceva a conoscerlo (Bergoglio, ndr)? Benedetto risponde:

“Grazie alle visite ad limina e alla corrispondenza. L’ho conosciuto come un uomo molto deciso, uno che in Argentina diceva con molta risolutezza: questo si fa e questo non si fa. La sua cordialità, la sua attenzione nei confronti degli altri sono aspetti di lui che non mi erano noti”.

Cordialità e attenzione verso gli altri, per la verità, che molti cardinali, da Caffarra a Meisner, da Burke a Muller, da Brandmuller a Sarah e Zen… non hanno mai potuto sperimentare.

Come del resto i Francescani dell’Immacolata e le altre famiglie religiose perseguitate, magna cum misericordia, spesso senza neppure una spiegazione o un incontro di chiarimento.



Un Vescovo scrive alla Santa Sede

vescovo_sedeHistoria magistra vitae: guai a chi ne dubita!

L’Ottocento teologico si è concluso tristemente-felicemente con la condanna dell’americanismo da parte di papa Leone XIII che nel 1899 firmò l’importante Lettera Testem benevolentiae. L’americanismo era una tendenza diffusa nel clero statunitense la quale magnificava il liberalismo e la separazione Stato-Chiesa, e dava maggior importanza alle opere concrete piuttosto che alla vita spirituale, alle virtù naturali rispetto a quelle sovrannaturali, all’attività pratica tendenzialmente orizzontale, scartando dall’orizzonte del sacerdote moderno l’ascesi, la penitenza, la mortificazione. Interessante sarebbe ristudiare oggi, con distacco ed imparzialità, la figura e il ricchissimo magistero di Gioacchino Pecci (1810-1903), un pontefice assai meno noto e celebrato del suo predecessore Pio IX (1792-1878) e del suo successore s. Pio X (1835-1914).

 

Il Novecento teologico si è aperto dal canto suo con l’enciclica Pascendi (1907) con cui Pio X illustrava, analizzava e censurava gli errori del modernismo, in qualche modo affini a quelli dell’americanismo, ma ben più estesi e radicali. Secondo Papa Sarto infatti il modernismo non è una semplice eresia, come ce ne furono sempre, dalla fondazione della Chiesa da parte del Maestro sino ad oggi, ma è la “sintesi di tutte le eresie”, la quale finisce immancabilmente nell’ateismo: né più né meno.

10 anni fa, per il centenario dell’enciclica, la casa editrice Cantagalli di Siena offrì ai cattolici italiani una nuova edizione ed una migliore traduzione della Pascendi, con un inquadramento storico-teologico di Roberto de Mattei. Addirittura, secondo lo storico romano “Nessun documento del Magistero pontificio del Novecento ha la portata teologica e la forza profetica della Pascendi” (Pio X, Pascendi dominici gregis, Cantagalli, 2007, p. 9). Ed in effetti, col senno di poi, questo giustizio sembra sempre più vero, ogni giorno che passa.

D’altra parte, anche dopo il Concilio Vaticano II (1962-1965), i sommi pontefici Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno segnalato errori ed ambiguità nel pensiero cattolico e in seno alla Chiesa. E ciò fu a loro onore: l’istituzione ecclesiastica, soprattutto nell’evo moderno, non si è limitata a condannare le ambiguità teologiche o filosofiche ad extra (come il razionalismo, l’agnosticismo, il socialismo o l’ontologismo). Ma anche e soprattutto gli errori interni alla comunità ecclesiale, come il fideismo, il quietismo, il cattolicesimo liberale, il sincretismo e il millenarismo, tutti errori sostenuti da illustri teologi, prelati e persino successori degli apostoli…

La differenza con l’epoca pre-conciliare a ben vedere appare questa. Quando Leone XIII condannò l’americanismo, la Chiesa condannava l’americanismo. Quando Pio X censurò il modernismo, era la Chiesa come tale che lo rigettava.

Ma quando Paolo VI condannò la contraccezione con l’Humanae vitae (1968) o Giovanni Paolo II l’aborto e l’eutanasia con l’Evangelium vitae (1995), parve piuttosto una condanna dei soli pontefici e non dell’insieme della cattolicità e dell’episcopato.

Proprio nel rango dei Vescovi infatti, in questi ultimi 40 anni, si sono registrate deviazioni, eresie e aberrazioni tali da creare una confusione e una frammentazione, forse mai vissuta dal cattolicesimo.

Alcuni vescovi però, con lo slancio degli Apostoli e lo zelo dei martiri, hanno continuato a servire la verità tutta intera e non le mode, e in tal modo hanno seminato sul terreno buono e non nel deserto.

Il combattivo sebbene quasi ottuagenario mons. Antonio Livi ha appena pubblicato una raccolta di lettere di mons. Mario Oliveri, vescovo di Albenga-Imperia dal 1990 al 2015, in cui il presule chiedeva alle autorità ecclesiastiche il pane della verità e la repressione del veleno dell’eresia (cf. Mario Oliveri, Un Vescovo scrive alla Santa Sede sui pericoli del relativismo dogmatico, casa editrice Leonardo da Vinci, Roma 2017, pp. 130, euro 20).

Si tratta di 23 distinte lettere che mons. Oliveri indirizzò a vari organismi della Santa Sede, anzitutto alla Congregazione per la dottrina della fede, in un lasso di tempo che coincide con il periodo del suo episcopato ligure. La prima è del 1993, l’ultima del 2011.

Il filosofo Livi ha presentato, scelto e curato scientificamente queste epistole, ben inquadrandole nel clima di apostasia religiosa, di trasgressione morale e di relativismo dottrinale della fine del secolo scorso, continuato e aggravatosi in questi primi lustri del III millennio della Redenzione. La spaventosa crisi morale contemporanea e il secolarismo interno alla Chiesa, non hanno infatti atteso le dimissioni di Benedetto XVI (2013) per manifestarsi, ma le hanno precedute di oltre mezzo secolo.

Secondo Livi, i richiami dottrinali di Oliveri, che toccano temi vari come il rapporto con gli Ebrei e l’ecumenismo, la liturgia e la dogmatica, mostrano la sua impavida resistenza alla “ideologia dell’umanesimo ateo che già da decenni […] andava corrompendo la fede e i costumi del popolo cristiano, avvalendosi non solo del preponderante influsso della cultura secolarizzata ma anche del cedimento dottrinale di gran parte della teologia cattolica” (p. 10).

Così, le lettere rispettose e ferme che per anni il Vescovo ligure inviò a Giovanni Paolo II in persona, al cardinal Ratzinger, al cardinal Arinze, e quindi a Benedetto XVI, “nascono dalla preoccupazione che vada perduto non qualche elemento secondario o contingente della sacra Tradizione, bensì proprio l’essenziale di essa” (p. 11).

Gli errori che Oliveri vedeva serpeggiare nella sua diocesi negli anni’ 90 del secolo scorso oggi sembrano la dottrina ufficiosa-ufficiale di interi episcopati i quali, scientemente, tacciono su ciò che divide (l’unicità della Rivelazione cristiana, l’esistenza del peccato dell’inferno e del purgatorio, la realtà nociva del demonio, la gravità insopprimibile dell’aborto, del divorzio, dell’eutanasia, della fornicazione, della bestemmia, etc.) e parlano a sproposito su ciò che unisce nel mare del nulla (pace, amore, progresso, inclusione, migranti, democrazia, femminismo, etc.).

Il coraggio e lo zelo dei profeti di ieri sia sprone a tutti noi che vogliamo essere veri profeti del domani.










[Modificato da Caterina63 14/11/2017 12:41]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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