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Una provocazione ma anche uno studio sulla scelta di Paolo VI per la messa moderna

Ultimo Aggiornamento: 16/05/2019 22:51
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14/10/2017 22:24
 
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Nessuna consuetudine immemorabile

La Notifica affronta un aspetto secondario interessante: un certo numero di scrittori tradizionalisti che volevano ad ogni costo riconoscere l’autorità di Paolo VI, pretendevano tuttavia che “la consuetudine immemorabile” permetteva loro di conservare il vecchio rito e di rifiutare la Nuova Messa di Paolo VI.
A prima vista questa affermazione non ha senso. I sacerdoti celebravano la Messa tradizionale perchè un Papa aveva promulgato una legge scritta che ordinava di farlo. La consuetudine è semplicemente un uso, oppure una legge non scritta, che può essere o in accordo con la legge scritta, o contraria ad essa, o al di fuori di essa.
la Notifica, in ogni caso, afferma che la Nuova Messa è obbligatoria “nonostante il pretesto di una consuetudine qualunque, anche di lunga data”.
Secondo il Codice, “una legge non revoca le consuetudini centenarie o immemorabili, a meno che non ne faccia espressa menzione” (52).
Ma i canonisti dicono che una clausola “nonostante” (nonobstante), come quella che abbiamo vista, revoca veramente ed esplicitamente una consuetudine immmemorabile (53). Quindi, anche se la vecchia Messa costituisse una consuetudine immemorabile, la Notifica la revoca debitamente, liquidando in più la questione come un “pretesto”.
Ma questo ci porta semplicemente alla vera questione che si nasconde, in effetti, dietro la discussione sulla promulgazione “illegale” o meno del Novus Ordo da parte di Paolo VI.

Chi interpreta le leggi del Papa?


Per la FSSPX e per molti altri, ahimè, la risposta è “ognuno, tranne il Papa”.
Don Laisney ci informa, per esempio, che Paolo VI non impegnò nella sua Costituzione Apostolica “la medesima pienezza di potere” che impegnò Pio V nella sua. Paolo VI non menzionò la “natura di un obbligo”, i relativi “soggetti”, la sua “solennità” (54).
L’affermazione di Don Laisney non dà nessuna riferimento. Per cui siamo nell’impossibilità di trovare i canonisti che propongono questi criteri di distinzione, ai quali ogni cattolico, laico o chierico, possa far ricorso per decidere da solo se è tenuto ad osservare una Costituzione Apostolica firmata dal Sommo Pontefice della Chiesa Universale.
Vogliono farci credere che la miriade di giuristi esperti di diritto canonico della Curia Romana, incaricati di preparare i decreti del Papa, non sarebbero stati capaci di redigere un testo giuridico adeguato al facile compito di preparare un nuovo rito della Messa, obbligatorio. E ciò, addirittura, neppure dopo cinque tentativi: una CostituzioneApostolica e quattro (le ho contate!) dichiarazioni per l’attuazione della Costituzione.
Invece qualche polemista incompetente e il basso clero del mondo intero sono liberi di giudicare che il Supremo legislatore è giuridicamente incapace di promulgare le proprie leggi, e quindi di rifiutargli la propria sottomissione per decenni e decenni.

Dei protestanti del diritto Canonico?

L’approccio alle leggi pontificie di don Laisney e degli altri sostenitori di questa teoria, è infatti “un Protestantesimo del diritto canonico”: voi interpretate i passaggi scelti come fa comodo a voi, e che nessun Papa venga mai a dirvi come devono essere interpretati. E se non trovate la formula magica che secondo voi è “richiesta” per costringervi a obbedire, bene, tanto peggio per il Vicario di Cristo sulla terra. Questa è la mentalità delle sètte: Giansenisti, Gallicani, discepoli di Feeney. A parole dicono di riconoscere il Vicario di Cristo, ma nei fatti rifiutano di sottomettersi: è proprio la precisa e classica definizione dello scisma.

Il Papa o la Curia?

Al contrario, il Codice stabilisce in poche parole quale deve essere l’approccio del Cattolico all’interpretazione delle leggi pontificie:
“Le leggi sono autorevolmente interpretate dal legislatore e dal suo successore, e da coloro a cui il legislatore conferisce il potere di interpretare le leggi” (55).
A parte il Papa, chi possiede questo potere di interpretare le sue leggi con autorità? “Le sacre Congregazioni nelle materie che sono loro proprie,” dice il canonista Coronata. Le loro interpretazioni vengono pubblicate “a mo’ di legge” (56).
Nel caso della Nuova Messa, Paolo VI delegò il potere di interpretare la nuova legislazione liturgica alla Congregazione per il Culto Divino.
La Congregazione pubblicò tre documenti, un’Istruzione, un Decreto, e una Notificazione: essi stabiliscono chiaramente che la legge originale che promulga la Nuova Messa è obbligatoria.
Tali documenti sono classificati tra “le interpretazioni generali autentiche” della legge (57), e spesso sono genericamente indicate come “decreti generali”. La Congregazione promulgò inoltre questi tre documenti negli Acta Apostolicæ Sedis, come è richiesto dal Codice.
Uno di questi documenti, l’Istruzione dell’ottobre 1969, ci interessa qui particolarmente. Essa cita la Costituzione Apostolica di Paolo VI, l’Istruzione Generale del Messale Romano, il Nuovo Ordinario della Messa, il Decreto del 6 aprile 1969, e l’Ordinario per il nuovo Lezionario, e poi stabilisce: “I citati documenti decretano che dal 30 novembre di quest’anno, Prima Domenica di Avvento, siano usati il nuovo rito e il nuovo testo” (58).
Anche se la legge originale fosse stata in qualche modo difettosa o dubbia, questo passaggio (e quelli simili negli altri documenti) risolverebbe il problema: infatti corrisponde ai criteri del Codice per dare, ad una legge che in precedenza era dubbia, un’interpretazione autentica. Il rappresentante del legislatore, cioè la Congregazione per il Culto Divino, dice che la legge precedente “decreta... che siano usati il nuovo rito e il nuovo testo”.
Quindi, qualsiasi dubbio possiate aver avuto, è risolto. Questa interpretazione autentica, dice il Codice, “ha la medesima forza della legge stessa” (59).
Consideratevi perciò obbligati dalla legge, dal momento che i responsabili della sua interpretazione, ve lo hanno detto. Sottomettetevi quindi alla legge del Papa. È quanto dovrebbe fare un vero Cattolico, cioè uno per cui il Papa non è solo un ritratto da appendere al muro, o una frase vuota nel Te igitur! 

Non è una Legge Universale?

Come abbiamo notato sopra, don Laisney credeva che le “deficienze legali”, che egli pretendeva di trovare riguardo al Novus Ordo, impedissero di porre la nuova legge sotto l’infallibilità delle leggi universali (60).
A questo argomento il rev. Peter Scott, successore di don Laisney come Superiore del Distretto degli Stati Uniti della FSSPX, aggiungeva un altro travisamento.
In un dibattito con lo scrittore inglese Michael Davies, il rev. Scott affermava: “Sarebbe un insulto grave e inammissibile per i Cattolici di rito orientale (molti dei quali sono tradizionalisti) se voi affermaste [come fa il signor Davies] che “il rito Romano... è equivalente... a quello della Chiesa universale”, semplicemente a causa della preponderanza numerica. Un decreto per il Rito Romano, anche promulgato correttamente, non vale per la Chiesa universale” (61).
Altri hanno fatto essenzialmente lo stesso ragionamento: la legislazione di Paolo VI sulla Nuova Messa non è veramente “universale”, perché non si applica ai Cattolici di Rito Orientale.
Il reverendo Scott, ahimé, ha confuso alcuni termini legali e abituali del diritto canonico.
La legge ecclesiastica è divisa effettivamente quanto al rito in occidentale e orientale, ma questo non ha niente a che fare con il problema che trattiamo.
Quando un canonista definisce “universale” una legge, non si riferisce alla sua applicazione ad entrambi i riti Latino e Orientale. Piuttosto si riferisce all’estensione della legge, cioè al territorio sul quale ha forza.
Perciò una legge particolare obbliga solo entro un certo determinato territorio. Una legge universale, invece, “obbliga in tutto il mondo cristiano” (62).
La legislazione che ha promulgato la Nuova Messa voleva, ovviamente, essere obbligatoria nel mondo intero.
Lo stesso principio vale per le varie Dichiarazioni, Direttive, Istruzioni, Notifiche, Risposte, ecc. della Sacra Congregazione dei Riti (Culto Divino).
Nessuno dubita, dice il canonista Oppenheim, che tutti questi decreti per la Chiesa Universale (conosciuti talvolta nel loro insieme come “decreti generali”... abbiano il carattere di vera legge (63). Infatti “i decreti generali che sono rivolti alla Chiesa universale (di Rito Romano) hanno la forza di legge universale” (64). In più, in base al Decreto della S. Congregazione dei Riti, essi hanno la stessa autorità che se fossero emanati direttamente dal Romano Pontefice (65).
È quindi impossibile affermare che la legislazione liturgica di Paolo VI non possa essere definita una legge disciplinare universale. 



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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