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Dove e' il tuo Dio? Documento del Consiglio per la Cultura emanato da Giovanni Paolo II 13 marzo 2004

Ultimo Aggiornamento: 14/10/2017 23:55
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14/10/2017 23:34
 
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Introduzione

I. Nuove forme di non credenza e di religiosità

1. Un fenomeno culturale

2. Antiche e nuove cause della non credenza

2.1.La presunzione totalizzante della scienza moderna

2.2.Assolutizzazione dell’uomo come centro dell’universo

2.3. Lo scandalo del male

2.4. I limiti storici della presenza dei cristiani e della stessa Chiesa nel mondo

2.5. Nuovi fattori

Rottura nel processo di trasmissione della fede

La globalizzazione dei comportamenti

I mezzi di comunicazione sociale

New Age, i nuovi movimenti religiosi e le élites culturali

3. La secolarizzazione dei credenti

4. Nuova religiosità

4.1. Un Dio senza volto

4.2. Religione dell’«Io»

4.3. Quid est veritas?

4.4. Fuori della storia

4.5. Nuove forme in contrasto

II. Proposte concrete

1. Il dialogo con i non credenti

1.1 La preghiera per i non credenti

1.2 La persona umana al centro

1.3 Modalità e contenuti del dialogo con i non credenti

2. Evangelizzare la cultura della non credenza e dell’indifferenza

2.1. Presenza della Chiesa nel foro pubblico

2.2. La famiglia

2.3. Iniziazione cristiana e istruzione religiosa

Iniziazione cristiana, catechesi e catecumenato

Istituzioni educative

2.4. La via della bellezza ed il patrimonio culturale

2.5. Un nuovo linguaggio per comunicare il Vangelo: ragione e sentimento

2.6. Centri Culturali Cattolici

2.7. Turismo religioso

3. La via dell’amore

4. In sintesi

CONCLUSIONE: «SULLA TUA PAROLA GETTERÒ LE RETI!» (LC. 5,4)

 

 

 

DOCUMENTO FINALE DELL’ASSEMBLEA PLENARIA

Dov'è il tuo Dio?

La fede cristiana di fronte alla sfida dell’indifferenza religiosa

 

 

IntroduZionE

 

  1.  La fede cristiana, all’alba del nuovo millennio, è messa di fronte alla sfida della non credenza e dell’indifferenza religiosa. Il Concilio Vaticano II, già quarant’anni fa, rilevava questa grave situazione: «Molti nostri contemporanei, tuttavia, non percepiscono affatto o esplicitamente rigettano questo intimo e vitale legame con Dio, così che l’ateismo va annoverato fra le cose più gravi del nostro tempo, e va esaminato con diligenza ancor maggiore» (Gaudium et spes, 19).

A questo scopo, il Papa Paolo VI fondò nel 1965 il Segretariato per i non credenti affidato alla direzione del Cardinal Franz König. Chiamandomi a succedergli ( è il Cardinale Paul Poupard  ), nel 1980, Giovanni Paolo II mi chiedeva anche di istituire il Pontificio Consiglio della Cultura, che Egli fondeva con il Segretariato, divenuto nel frattempo Pontificio Consiglio per il dialogo con i non credenti. La Sua motivazione, espressa nella Lettera apostolica sotto forma di Motu ProprioInde a Pontificatus, è chiara: «Promuovere l’incontro del messaggio salvifico del vangelo e delle culture del nostro tempo, spesso segnate dalla non credenza e dall’indifferenza religiosa» (art. 1) e promuovere, nello stesso tempo, «lo studio del problema della non credenza e dell'indifferenza religiosa presente in varie forme nei diversi ambienti culturali, indagandone le cause e le conseguenze per quanto riguarda la Fede cristiana» (art. 2).

Per rispondere a questo mandato il Pontificio Consiglio della Cultura ha condotto un’ampia inchiesta condotta su scala mondiale, i cui risultati – più di 300 risposte provenienti da tutti i continenti - sono stati sottoposti ai membri del Pontificio Consiglio della Cultura durante l’Assemblea Plenaria del marzo 2004, seguendo due linee principali: - come accogliere «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce» degli uomini di questo tempo, ciò che noi abbiamo chiamato «i punti d’appoggio per la trasmissione del Vangelo»; - quali vie privilegiate seguire per portare la buona novella del Vangelo di Cristo ai non credenti, ai mal credenti e agli indifferenti del nostro tempo, per suscitare il loro interesse, per dare ad essi la possibilità di interrogarsi sul senso della loro esistenza e per aiutare la Chiesa a trasmettere il proprio messaggio di fede e di amore al cuore delle culture, Novo Millennio Ineunte.  

Per fare questo, è importante innanzitutto porsi alcuni interrogativi: chi sono i non credenti? Qual è la loro cultura? Che cosa ci dicono? Che cosa possiamo dire di loro? Quale dialogo stabilire con essi, che cosa fare per risvegliare il loro interesse, suscitare le loro domande, nutrire le loro riflessioni e trasmettere la fede alle nuove generazioni, spesso vittime dell’indifferenza religiosa veicolata dalla cultura dominante?

Questi interrogativi dei pastori della Chiesa esprimono una delle sfide più preoccupanti della «nostra epoca insieme drammatica e affascinante» (Redemptoris missio, n. 38), la sfida di una cultura della non credenza e dell’indifferenza religiosa che dall’Occidente, in preda alla secolarizzazione, si diffonde attraverso le megalopoli di tutti i continenti.

Infatti, osserviamo, nelle vaste aree culturali in cui l’appartenenza alla Chiesa rimane maggioritaria, una rottura della trasmissione della fede, intimamente legata ad un processo di allontanamento da una cultura popolare profondamente e da secoli segnata dal cristianesimo. E’ importante, altresì, prendere in considerazione i dati che condizionano questo processo di affievolimento, di oscuramento e di allontanamento dalla fede nel cuore dell’ambiente culturale dove vivono i cristiani, al fine di presentare delle proposte pastorali concrete per rispondere alle sfide della nuova evangelizzazione. Infatti, l’habitat culturale nel quale l’uomo si trova influisce sui suoi modi di pensare, di comportarsi, come pure sui suoi criteri di giudizio e sui suoi valori, e non manca di suscitare delle questioni difficili e insieme decisive.

Dopo la caduta dei regimi atei, il secolarismo, legato al fenomeno della globalizzazione, si diffonde come un modello culturale post-cristiano. «Quando la secolarizzazione si trasforma in secolarismo (Evangelii nuntiandi, 55), si ha una grave crisi culturale e spirituale, di cui sono segni la perdita del rispetto per la persona e la diffusione di una specie di nichilismo antropologico che riduce l’uomo ai suoi istinti e tendenze» (Per una pastorale della cultura, n. 23)[1].

Per molti, la scomparsa delle ideologie dominanti ha lasciato spazio a un deficit di speranza. I sogni di un futuro migliore per l’umanità, caratteristici dello scientismo del movimento dell’illuminismo, del marxismo, e poi della rivoluzione del maggio ΄68 sono spariti, e ne è seguito un mondo disincantato e pragmatico. La fine della guerra fredda e del rischio della distruzione totale del pianeta, ha lasciato posto ad altri pericoli e a gravi minacce per l’umanità: il terrorismo su scala mondiale, i nuovi focolai di guerra, l’inquinamento del pianeta e la diminuzione delle risorse idriche, i cambiamenti climatici provocati dai comportamenti egoistici degli uomini, l’intervento tecnico sull’embrione, il riconoscimento legale dell’aborto e dell’eutanasia, la clonazione… Le speranze di un futuro migliore sono scomparse per molti uomini e donne, che si sono ripiegati, per disillusione, su un presente che appare loro spesso oscuro, nella paura di un futuro ancora più incerto. La rapidità e la profondità dei cambiamenti culturali, intervenuti nel corso degli ultimi decenni, sono come lo sfondo di un grande sconvolgimento in molte culture del nostro tempo. Questo è il contesto culturale nel quale sorge per la Chiesa la gigantesca sfida della non credenza e dell’indifferenza religiosa: come aprire nuove vie di dialogo con  moltissime persone che, di primo acchito, non nutrono alcun interesse, e ancor meno la necessità di ciò, anche se la sete di Dio non può mai essere completamente estinta nel cuore dell’uomo dove la dimensione religiosa è profondamente ancorata nel suo essere.

L’atteggiamento aggressivo verso la Chiesa, non del tutto scomparso, ha ceduto il posto, talvolta, alla derisione e al risentimento in certi media e, spesso, a un atteggiamento diffuso improntato a relativismo, ad ateismo pratico e a indifferenza religiosa. E’ la comparsa di quello che definirei - dopo l’homo faber, l’homo sapiens, l’homo religiosus - homo indifferens, anche tra i credenti, in preda al secolarismo. La ricerca individuale ed egoistica del benessere e la pressione di una cultura senza radicamento spirituale oscurano il senso di ciò che è veramente bene per l’uomo, e riducono la sua aspirazione al trascendente, limitandola ad una vaga ricerca interessata allo spirituale, che si accontenta soltanto di una nuova religiosità senza riferimento ad un Dio personale, senza adesione ad un « corpus » dottrinale, e senza appartenenza ad una comunità di fede rinvigorita dalla celebrazione dei misteri rivelati.

 

  1.  Il dramma spirituale che il Concilio Vaticano II considera tra i più gravi della nostra epoca (Gaudium et spes  n. 19) è costituito dall’allontanamento silenzioso dalla pratica religiosa di intere popolazioni, e perfino da ogni riferimento alla fede. La Chiesa oggi è chiamata a confrontarsi più con l’indifferenza e con la non credenza pratica che non con l’ateismo in regresso nel mondo. L’indifferenza e la non credenza si sviluppano negli ambienti culturali impregnati di secolarismo. Non si tratta più della professione pubblica di ateismo, fatta eccezione per qualche Stato del mondo, ma di una presenza diffusa, quasi onnipresente, nella cultura. Essa è meno visibile, ma più pericolosa, perché la cultura dominante la diffonde in modo subdolo nel subconscio dei credenti, dall’Ovest all’Est dell’Europa, ma anche nelle grandi metropoli dell’Africa, dell’America e dell’Asia: vera malattia dell’anima che induce a vivere «come se Dio non esistesse», è un neopaganesimo che idolatra i beni materiali, i benefici della tecnica e i frutti del potere.

Contemporaneamente, tuttavia, si manifesta ciò che alcuni chiamano «il ritorno del sacro» ma che, in realtà, è una nuova religiosità. Non si tratta di un ritorno alle pratiche religiose tradizionali, ma piuttosto di una ricerca di nuovi modi di vivere e di esprimere la dimensione religiosa inerente al paganesimo. Questo «risveglio spirituale» si accompagna al rifiuto di qualsiasi appartenenza, a vantaggio di un percorso tutto individuale, autonomo e guidato dalla propria soggettività. Questa religiosità istintiva, più emotiva che dottrinale, si esprime senza alcun riferimento a un Dio personale. Dal «Dio sì, Chiesa no» degli anni sessanta, si è passati al «religione sì, Dio no» o persino «religiosità sì, Dio no», di quest’inizio di millennio: essere credenti, senza però aderire al messaggio trasmesso dalla Chiesa. Nel cuore stesso di ciò che noi chiamiamo indifferenza religiosa, il bisogno di spiritualità si fa di nuovo sentire. Questo riaffiorare, ben lungi dal coincidere con un ritorno alla fede o alla pratica religiosa, costituisce una vera sfida per la fede cristiana.

In realtà, le nuove forme di non credenza e la diffusione di questa «nuova religiosità» sono intimamente legate. La non credenza e la mal credenza vanno sovente di pari passo. Nelle loro radici più profonde, esse manifestano contemporaneamente il sintomo e la risposta – sbagliata – di una crisi di valori e della cultura dominante. Il desiderio di autonomia, incapace di sopprimere la sete di pienezza e di eternità, che Dio ha impresso nel cuore dell’uomo, cerca dei palliativi nei giganteschi supermercati dove ogni genere di guru propone l’adozione di ricette di una felicità illusoria. E’, tuttavia, possibile trovare in questa sete di spiritualità un aggancio per l'annuncio del Vangelo, attraverso l' «evangelizzazione del desiderio»[2].

Gli studi sociologici, basati su censimenti, sondaggi di opinione e inchieste si sono moltiplicati in questi ultimi anni, e offrono statistiche tanto interessanti quanto varie, alcune fondate sulla frequenza alla messa domenicale, altre sul numero dei battesimi, altre sulla preferenza religiosa, altre ancora sui contenuti della fede. I risultati, complessi, non si prestano ad una interpretazione univoca, prova ne sia la grande diversità di termini impiegati per esprimere l’importante varietà di atteggiamenti possibili in rapporto alla fede: ateo, miscredente, non credente, mal credente, agnostico, non praticante, indifferente, senza religione. Inoltre, un numero significativo di frequentatori abituali della messa domenicale non si sente in sintonia con la dottrina e con la morale della Chiesa cattolica, mentre tra coloro che dichiarano di non appartenere ad alcuna religione o confessione religiosa, la ricerca di Dio e la domanda sulla vita eterna non sono completamente assenti, così come, talvolta, anche una qualche forma di preghiera. 

Oggi capire questi fenomeni, le loro cause e conseguenze, per discernere i mezzi per porvi rimedio con l’aiuto della grazia di Dio, è senza alcun dubbio, uno dei compiti più importanti per la Chiesa. Questa pubblicazione del Pontificio Consiglio della Cultura intende portare il proprio contributo specifico presentando questo nuovo studio sulla non credenza, sull’indifferenza religiosa e sulle nuove forme di religiosità, che emergono e si diffondono ampiamente presentandosi come alternative alle religioni tradizionali.

 

  1.  Le risposte che il Pontificio Consiglio della Cultura ha ricevuto alla sua inchiesta presentano una situazione complessa, fluida e in continua evoluzione, con caratteristiche diversificate. E’ tuttavia possibile individuare qualche dato significativo:
  2.  Globalmente, la non credenza non è in crescita nel mondo. Questo fenomeno si ritrova prima di tutto nel mondo occidentale. Il modello culturale che esso suscita si diffonde attraverso la globalizzazione, con un reale impatto sulle diverse culture del mondo, di cui erode la religiosità popolare.
  3.  L’ateismo militante, in recesso, non esercita più un’influenza determinante sulla vita pubblica, eccetto nei regimi dove un sistema politico ateo è ancora al potere. Invece, soprattutto, attraverso i mezzi di comunicazione sociale, si diffonde una certa ostilità culturale nei confronti delle religioni, specialmente del cristianesimo e, in particolare, del cattolicesimo, condivisa da centri massonici attivi in varie organizzazioni.
  4.  L’ateismo e la non credenza, che si presentavano un tempo come fenomeni piuttosto maschili e urbani, soprattutto propri di persone con un livello culturale sopra la media, hanno cambiato volto. Oggi, il fenomeno sembra più legato ad un certo stile di vita, e la distinzione tra uomini e donne non è più realmente significativa. Di fatto, tra le donne che lavorano fuori casa, la non credenza aumenta fino a raggiungere praticamente lo stesso livello degli uomini.
  5.  L’indifferenza religiosa o l’ateismo pratico è in pieno aumento. L’agnosticismo si mantiene stabile. Una parte considerevole di società secolarizzate vive di fatto senza riferimenti ai valori e alle istanze religiose. Per l’homo indifferens «forse Dio non esiste, ma non ha importanza, e comunque non ne sentiamo la mancanza». Il benessere e la cultura della secolarizzazione provocano nelle coscienze una eclissi dei bisogni e del desiderio di tutto ciò che non è immediato, riducendo l’anelito dell’uomo verso il trascendente ad un semplice bisogno soggettivo di spiritualità, e la felicità a benessere economico e alla soddisfazione delle pulsioni sessuali.
  6.  Nell’insieme delle società secolarizzate appare una consistente diminuzione del numero di persone che frequentano regolarmente la Chiesa. Questo dato innegabilmente preoccupante non significa, pur tuttavia, un aumento della non credenza come tale, ma piuttosto mette in risalto una forma degradata di credenza: credere senza appartenere. E’ un fenomeno di «deconfessionalizzazione» dell’homo religiosus, che rifiuta ogni genere di appartenenza confessionale costrittiva e può riunire in un movimento incessante elementi di altra origine. Molte persone, che affermano di non appartenere ad alcuna religione o confessione religiosa, si dichiarano nello stesso tempo religiose. E «l'esodo silenzioso» di numerosi cattolici prosegue verso le sette e nuovi movimenti religiosi[3], specialmente in America latina e in Africa subsahariana.
  7.  Una nuova ricerca più spirituale che religiosa, che non coincide comunque con un ritorno alle pratiche religiose tradizionali, si sta sviluppando nel mondo occidentale, dove la scienza e la tecnologia moderne non hanno soppresso il senso religioso e non riescono a colmarlo. Sono nuovi modi di vivere e di esprimere il bisogno di religiosità insito nel cuore dell’uomo che vengono ricercati. Nella maggior parte dei casi, il risveglio spirituale si sviluppa in modo autonomo e senza legami con i contenuti della fede e della morale trasmessi dalla Chiesa.
  8.  In definitiva, all’alba del nuovo millennio, si afferma una disaffezione, tanto in relazione all’ateismo militante quanto alla fede tradizionale, nelle culture dell’occidente secolarizzato in preda al rifiuto o, più semplicemente, all’abbandono delle credenze tradizionali, sia per ciò che riguarda la pratica religiosa, sia per l’adesione ai contenuti dottrinali e morali. L’uomo, che chiamiamo homo indifferens, non cessa tuttavia di essere homo religiosus, in cerca di una religiosità nuova e continuamente cangiante. L’analisi di questo fenomeno fa apparire una situazione caleidoscopica dove tutto e il suo contrario possono verificarsi: da una parte, quelli che credono senza appartenere, e dall’altra, quelli che appartengono senza tuttavia credere a tutto il contenuto della fede e che, soprattutto, rifiutano di accogliere la dimensione etica della fede. In verità, solo Dio conosce il fondo dei cuori, dove la sua grazia agisce nel segreto. E la Chiesa non cessa di percorrere nuove vie per partecipare a tutti il messaggio d’amore di cui essa è depositaria.

Questo documento è strutturato in due parti. La prima presenta un'analisi sommaria della non credenza e dell'indifferenza religiosa, e delle loro cause, e una presentazione delle nuove forme di religiosità in stretto rapporto con la non credenza. La seconda offre una serie di proposte concrete per il dialogo con i non credenti e per evangelizzare le culture della non credenza e dell’indifferenza. Così facendo, il Pontificio Consiglio della Cultura non pretende di proporre delle ricette-miracolo, perché sa che la fede è sempre una grazia, un incontro misterioso tra Dio e la libertà dell’uomo. Esso desidera soltanto proporre qualche via privilegiata per la nuova evangelizzazione alla quale Giovanni Paolo II ci chiama, nuova nella sua espressione, nei suoi metodi, nel suo ardore, per incontrare i non credenti e i mal credenti, e soprattutto andare incontro a tutti gli indifferenti: come raggiungerli nel più profondo di loro stessi, oltre la corazza che li imprigiona.

Questo approccio si inserisce nella «nuova tappa del cammino» che il Papa Giovanni Paolo II invita tutta la Chiesa a percorrere «per assumere con nuovo slancio la sua missione evangelizzatrice», «sottolineando soprattutto che non si tratta di imporre ai non credenti una prospettiva di fede», «nel rispetto dovuto al cammino sempre diverso di ogni persona nell’attenzione riguardo alle differenti culture nelle quali il messaggio cristiano deve essere introdotto» (Novo millennio ineunte, n. 1, 51 e 40).







[Modificato da Caterina63 14/10/2017 23:41]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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