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Dove e' il tuo Dio? Documento del Consiglio per la Cultura emanato da Giovanni Paolo II 13 marzo 2004

Ultimo Aggiornamento: 14/10/2017 23:55
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14/10/2017 23:47
 
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II. PROPOSTE CONCRETE

 

Una sfida di per sé non è un ostacolo. Le sfide delle culture odierne e della nuova religiosità invitano i cristiani ad approfondire la loro fede e a cercare il modo di annunciare oggi la Buona Novella dell’amore di Gesù Cristo per raggiungere quelli che vivono nella non credenza o nell’indifferenza. La missione della Chiesa non è quella di impedire la trasformazione culturale in atto, ma di assicurare la trasmissione della fede in Cristo, nel cuore delle culture, in piena trasformazione.

Il dialogo con i non credenti e la pastorale della non credenza intendono rispondere al doppio mandato trasmesso da Cristo alla Chiesa: «andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15), «ammaestrate tutte le nazioni» (Mt 28,19). Il compito missionario spetta a tutti i membri della Chiesa senza eccezioni. Non può essere staccato dalla totalità della vita ecclesiale, e non è riservato ad alcuni esperti. La missione è trasversale e coinvolge simultaneamente la catechesi e l’insegnamento, la liturgia, l’attività pastorale ordinaria, le famiglie e le parrocchie, i seminari e le università.

Ogni iniziativa pastorale nei confronti della non credenza e dell’indifferenza religiosa nasce dalla vita stessa della Chiesa, una vita comunitaria profondamente cristiana. Senza il dinamismo che scaturisce da una fede vissuta in pienezza, le iniziative pastorali rimangono prive di valore apostolico. Con l’invito a fare della santità il primo e indispensabile punto di ogni programmazione pastorale, il Santo Padre ricorda l’importanza della preghiera, l’Eucaristia domenicale, il sacramento della riconciliazione, il primato della grazia, l’ascolto e l’annuncio della Parola[11].

In questa presentazione di alcune proposte concrete, il dialogo con quelli che esplicitamente si dichiarano non credenti, da una parte, si accompagna all’annuncio del Vangelo rivolto a tutti, battezzati, non credenti, miscredenti, indifferenti, cioè l’evangelizzazione della cultura della non credenza e dell’indifferenza religiosa.

 

1. Il dialogo con i non credenti

Più che di non credenza, si dovrebbe parlare di non credenti, agnostici o atei, ciascuno con la propria storia. Perciò, l’approccio più adatto è il dialogo personale paziente, rispettoso, amorevole e sostenuto dalla preghiera, che desidera proporre la verità nel modo e al momento giusto, nella convinzione che essa non si impone se non in forza di se stessa[12], e sa anche aspettare il momento favorevole, mosso dal desiderio «che tutti conoscano Te, Padre, e colui che Tu hai inviato, Gesù Cristo» (Gv 17,3).

 

1.1 La preghiera per i non credenti

Questo dialogo amichevole si accompagna alla preghiera di intercessione. Iniziative importanti di gruppi sono nate, come quella che porta il nome di «Incroyance-prière». Quest’Associazione, fondata dal P. Jean-Baptiste Rinaudo nella diocesi di Montpellier, con il sostegno del Pontificio Consiglio della Cultura, conta più di 3000 aderenti in una cinquantina di paesi nel mondo. I suoi membri, convinti della potenza della preghiera di intercessione, si impegnano, come buoni samaritani, a pregare ogni giorno per un non credente. La formula di impegno nella preghiera può offrire un modello per simili iniziative:

Io sottoscritto(a)...mi impegno a pregare ogni giorno, in tutta umiltà, perché Dio illumini col Suo Spirito un non credente, nonché me stesso, affinché lo possa scoprire nel suo immenso amore e amarlo come padre. A..., li....., Firmato[13].

I monasteri, luoghi di pellegrinaggio, santuari e centri di spiritualità, svolgono un importante ruolo, sia con la preghiera, sia offrendo una guida spirituale, prestando ascolto e dedicando un’attenzione personalizzata a quanti cercano aiuto spirituale. In alcuni monasteri, l’iniziativa delle «giornate aperte» contribuisce ad avvicinare alla Chiesa visitatori che ne erano lontani.

 

1.2 La persona umana al centro

Un approccio antropologico, incentrato sull’uomo nella sua globalità e senza frammentazioni strumentali, è un terreno di dialogo fecondo con i non credenti. Assistere impotenti ad una sorta di “apostasia tranquilla” non può essere la nostra rassegnata triste scelta pastorale. Invece, siamo chiamati a riprendere la nostra “leadership apostolica”, legata inscindibilmente al mandato missionario di Cristo (cfr. Mt. 28,19-20), facendoci carico innanzitutto del bisogno insopprimibile, pur se inconsapevole talvolta, di pace, di riconciliazione e di perdono. La missione è quella di incontrare questo uomo, prendendolo per mano se necessario, ma senza la pretesa di crearne uno ideale a nostro uso e consumo, per poi vantarci di essere alla guida di una umanità perfetta, cioè del tutto rispondente ai nostri schemi. Sarebbe una ironia della sorte se intenti a rispondere a delle domande mai poste, ci ritrovassimo condottieri sicuri, ma senza nessuno da guidare.

Un “luogo antropologico” d’incontro è l’esperienza del dolore, inevitabile compagno di viaggio di ogni uomo, condiviso fino in fondo e in totale solidarietà dall’Uomo dei dolori (cfr. Is. 53,3). Il dolore come perdita di significato, di kenosis, di fronte alla malattia, alla sofferenza e alla morte, apre uno spazio per la ricerca di una parola, di un volto, di un tu disponibile ad aprire uno spiraglio di luce nel buio più totale. La missione ci chiede di accrescere la nostra fede attraverso esperienze forti di spiritualità, e ci spinge ad essere, non implacabili crociati, ma umili testimoni, veri segni di contraddizione nel cuore delle culture, in ogni angolo della terra, raggiungendo i nostri fratelli senza costringerli e senza schiacciarli, anzi, accettando di “ridurre” noi stessi per il loro bene. Una categoria antropologica efficace per la nostra missione è quella di interumanità. Essa ricorda fortemente il nostro mondo globalizzato, entro il quale la persona rischia di ridursi all’uomo del “sonno antropologico”. Eppure, è con questo uomo che siamo chiamati a metterci in dialogo, perché egli è, come ogni uomo, in tutte le culture, la via della Chiesa (cfr. Redemptor Hominis, 14).

Questa sfida è riproposta continuamente, in particolare nel momento della richiesta dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, in contesti familiari di non credenza o di indifferenza religiosa. Infatti, attraverso l’incontro, in vista dei sacramenti, con genitori non credenti o indifferenti, abbiamo la possibilità di discernere risorse umane e religiose sempre presenti, ma che sono come imprigionate. In quanto credenti, non possiamo ignorare questa prospettiva antropologica: il battesimo, ad esempio, richiesto perché in famiglia si è sempre fatto in questo modo – la fede dei padri – e per poter iscrivere il proprio figlio nella genealogia familiare. L’incontro con queste persone ci permette di sperimentare che il battesimo rappresenta qualcosa di più profondo, anche rispetto a quanto viene chiesto consapevolmente dai genitori. Cioè, i genitori avvertono una sensazione di vuoto, nella loro storia familiare, qualora non venisse dato il battesimo al loro bambino. Ci troviamo in una situazione pastorale apparentemente paradossale, che ci porta ad incontrare persone non credenti o indifferenti, ma sempre innestate su forti radici religiose ancestrali: situazione tipica della cultura della post-modernità. Quindi, il contatto umano amabile e sincero, la preghiera, e un atteggiamento contrassegnato dall'accoglienza, dall'ascolto, dall’apertura e dal rispetto, il rapporto fiducioso, l'amicizia, la stima e altre virtù sono la base su cui è possibile costruire, su un rapporto umano, una pastorale nella quale ognuno è rispettato e accolto per ciò che è, spesso senza saperlo: creatura amata personalmente da Dio.  

 

1.3 Modalità e contenuti del dialogo con i non credenti

Un dialogo costruttivo con i non credenti, fondato su studi e su ricerche pertinenti, può vertere su alcuni temi privilegiati:

– le grandi questioni esistenziali: il perché e il senso della vita e della responsabilità, la dimensione etica della vita umana, il perché e il senso della morte nella cultura e nella società, l’esperienza religiosa nelle sue diverse espressioni, la libertà interiore della persona umana, problemi umani con risvolti religiosi, e persino la fede.

– i grandi temi della vita sociale: l’educazione dei giovani, la povertà e la solidarietà, i fondamenti della convivenza nelle società multiculturali, i valori e i diritti umani, il pluralismo culturale e religioso, la libertà religiosa, il lavoro, il bene comune, la bellezza, l'estetica, l'ecologia, la biotecnologia, la pace e la bioetica.

In alcuni casi il dialogo con i non credenti diventa più formale e acquisisce un carattere pubblico, attraverso discussioni e dibattiti con alcune organizzazioni che esplicitamente si dichiarano atee. Mentre il dialogo individuale, da persona a persona, è compito di tutti i battezzati, il dialogo pubblico con i non credenti richiede persone ben preparate. Per questo, l’allora Segretariato per i non credenti pubblicò, nel 1968, un documento dal titolo: Il dialogo con i non credenti,[14] con indicazioni tuttora valide. In Francia, i membri del Service Incroyance et Foi spesso partecipano a dibattiti, a colloqui e a tavole rotonde presso centri culturali e istituzioni educative, cattoliche e laiche. In Italia, la «Cattedra dei non credenti»della Diocesi di Milano, consente un dialogo tra credenti e non credenti che permette un confronto sincero tra laici e cattolici, sotto la guida del proprio pastore[15]. A Lisbona l’arcivescovo ha dialogato pubblicamente con degli intellettuali atei attraverso una feconda corrispondenza, pubblicata via via su un giornale quotidiano[16].

Nel contesto del dialogo con i non credenti, assume un ruolo particolare la teologia fondamentale, così come una rinnovata apologetica. Essa ha il compito di rendere ragione della fede (1Pt 3,15), di giustificare e di esplicitare la relazione tra la fede e la riflessione filosofica, attraverso lo studio della Rivelazione in riferimento ai quesiti della cultura odierna. Ha il suo posto nelle Ratio Studiorum dei seminari, delle Facoltà di Teologia e dei centri di formazione dei laici, in quanto mostra «come alla luce della conoscenza per fede emergano alcune verità che la ragione già coglie nel suo autonomo cammino di ricerca» (Fides et ratio, n. 67).

   




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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