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Il gesuitismo MODERNISTA è contro il papato e la dottrina ecco le prove

Ultimo Aggiornamento: 08/11/2017 08:53
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16/10/2017 11:18
 
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OK ringraziamo Agnoli che da La Bussola, finalmente, si parla del gesuitismo modernista.....
Non sappiamo se sia una coincidenza o altro, ma abbiamo fatto un ricco Dossier, in tre articoli, nei quali si descrive poi, nei particolari, questa escalation di cui La Bussola parla- vedi qui

BENE! TUTTO PER LA GLORIA DI DIO, ma se vi interessano i dettagli, qui negli ultimi tre articoli soprattutto, trovate tutto integralmente.....



  • CAPIRE LA CRISI DI OGGI

I papi e i gesuiti: quanti cartellini gialli

Paolo VI col gesuita Arrupe

C'è davvero tanta confusione, nella Chiesa, ma qualcuno in alto loco, nientemento che il segretario di stato, il cardinale Pietro Parolin, ha avuto il coraggio di dire che ora, forse, occorre il "dialogo", perchè la Chiesa non è una caserma nè una teocrazia, ma una monarchia costituzionale, e, addirittura, elettiva. Non bisognerebbe scordare infatti che il papa stesso è sì un monarca, ma eletto dai confratelli cardinali, e che il Vangelo è la Costituzione che nessuno può violare.

Ma perchè siamo finiti in questa situazione? I fatti storici possono aiutarci a comprendere che la confusione viene da lontano. Le opinioni eterodosse di padre Antonio Spadaro o di padre James Martin, come le tesi di altri gesuiti quali Carlo Casalone e Alain Thomasset (entrambi membri della nuova Pontificia Accademia per la Vita diretta dal filo pannelliano Vincenzo Paglia), non sono certo nuove, venendo diffuse in vario modo da almeno quarant'anni. Quello che è nuovo, però, è il fatto che, pur essendo eterodosse sino a ieri, siano quasi la voce ufficiale della Chiesa oggi.

Per capire quanto sta accadendo bisogna tener presente che stiamo assistendo ad una sorta di rivincita di chi, per tanti anni, aveva visto respigere, almeno in parte, i suoi assalti ai fondamenti teologici e morali della fede cattolica.

Se guardiamo la storia, sono ben 4, tutti e 4 gli ultimi papi, ad aver ripreso la Compagnia di Gesù per i medesimi motivi: rifiuto della sana dottrina con conseguenti "ambiguità dottrinali", secolarizzazione, confusione tra fede e politica ecc.

Il primo ad intervenire è Paolo VI, il 2 dicembre 1974, allorchè riceve in Vaticano la XXXII congregazione generale dei Gesuiti. Dopo i rituali saluti, il papa, rifacendosi implicitamente ad una lettera inviata a padre Arrupe, Preposito Generale della Compagnia di Gesù, nel settembre dell'anno precedente, riferisce che molti vescovi gli hanno espresso lamentele nei loro confronti, a causa di "fatti dolorosi che esercitano una triste influenza sul clero, negli altri religiosi e nel laicato cattolico". Il papa invita i Gesuiti ad impedire che la loro "disponibilità al servizio" degeneri "in relativismo, in conversione al mondo e alla sua mentalità immanentistica, in assimilazione col mondo che si voleva salvare, in secolarismo, in fusione con il profano" (William B. Bangert, gesuita, in Storia della compagnia di Gesù, Marietti, 2009).

Pochi mesi dopo Paolo VI deve scontrarsi di nuovo con i Gesuiti, perchè la Compagnia ha agito "contro le chiare direttive che egli aveva fornito a voce e per iscritto". Intanto i membri della Compagnia diminuiscono gradualmente: nel 1971 sono 31 mila, nel 1975 scendono a 28 mila, nel 1984 sono solo 25 mila...

Dopo Paolo VI, il 26 agosto 1978 diventa papa Giovanni Paolo I, che in un discorso scritto, che avrebbe dovuto essere pronunciato il 30 settembre 1978, cioè due giorni dopo la sua morte, rinnova stima e soprattutto preoccupazione nei confronti della Compagnia: incitando i Gesuiti "ad affrontare onestamente i difetti, le omissioni e le ambiguità della Compagnia, egli ricordava l'obbligo di mantenere il suo carattere sacerdotale anche affrontando i moderni problemi economici e sociali, e di attenersi alla "solida e sicura dottrina" confermata dal magistero della Chiesa, di opporsi alle tendenze di secolarizzazione, di ripudiare gli usi e i costumi del mondo".

Giovanni Paolo II diventa papa il 22 ottobre 1978, e già il 21 settembre 1979, certamente preoccupato per le derive pauperistiche e comuniste di molti gesuiti, parla con un gruppo che Arrupe ha riunito a Roma, ammonendoli circa i rischi corsi dalla Compagnia.

Nel discorso ufficiale invita a perseguire per i novizi "formazione dottrinale con solidi studi filosofici e teologici secondo le direttive della Chiesa, e formazione apostolica indirizzata a quelle forme di apostolato che sono proprie della Compagnia, aperte sì alle nuove esigenze dei tempi, ma fedeli a quei valori tradizionali che hanno perenne efficacia".

Come si vede, Giovanni Paolo II si colloca sulla linea dei suoi predecessori: l'invito è ad evitare che l'adeguamento ai tempi, "alle nuove esigenze dei tempi", diventi "secolarizzazione" e abbandono della "solida e sicura dottrina", dei "valori tradizionali che hanno perenne efficacia".

In altre parole: i Gesuiti vogliono cambiare dottrina e morale, ma ciò non è possibile, perchè la Verità è eterna e per questo, trascendendoli, è sempre adeguata ai tempi, ad ogni situazione e ad ogni circostanza.

Padre Arrupe, che ha ben compreso come dietro il discorso ufficiale di Giovanni Paolo II vi sia l'ennesimo ammonimento dei papi alla sua Compagnia, indirizza una lettera ai principali superiori della Compagnia in cui si legge che "un richiamo da parte di tre papi lascia poco spazio a dubbi sul fatto che Dio stesso, sicuramente con amore ma con insistenza, si aspetta qualcosa di meglio da noi".

Infine, dopo Giovanni Paolo II, è la volta di Benedetto XVI, che da molti Gesuiti fu spesso avversato come il suo predecessore. Alla fine del 2007, in vista dell'elezione del nuovo preposito generale della Compagnia di Gesù, Benedetto XVI scrive al generale uscente, Peter-Hans Kolvenbach, e piuttosto clamorosamente invita i Gesuiti a rinnovare, ad affermare di nuovo la propria fede cattolica, evidentemente molto vacillante. Scrive Benedetto: "Per offrire all'intera Compagnia di Gesù un chiaro orientamento che sia sostegno per una generosa e fedele dedizione apostolica, potrebbe risultare quanto mai utile che la Congregazione Generale riaffermi, nello spirito di sant'Ignazio, la propria totale adesione alla dottrina cattolica, in particolare su punti nevralgici oggi fortemente attaccati dalla cultura secolare, come, ad esempio, il rapporto fra Cristo e le religioni, taluni aspetti della Teologia della liberazione e vari punti della morale sessuale, soprattutto per quel che riguarda l'indissolubilità del matrimonio e la pastorale delle persone omosessuali".

Anche in questo caso ci sono alcune parole o espressioni chiave, da sottolineare: dottrina, morale sessuale, indissolubilità della chiesa, e pastorale.

E' innegabile che da alcuni anni a questa parte il dibattito interno alla chiesa verta proprio su questi temi. Chi ama la Chiesa se ne accorge, e chiede di capire, invoca il dialogo, anche alla luce di quanto i 4 pontefici citati gli hanno insegnato; chi finge di non accorgersene si lancia in campagne inquisitorie (ben poco credibili, per di più, se chi le conduce ha lo stesso pedigree di acrobata di un Andrea Tornielli, o è al centro di numerosi scandali e processi, come monsignor Vincenzo Paglia), che però serviranno solo ad inasprire il dibattito, trasformandolo sempre più in conflitto aperto.



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DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
AI RAPPRESENTANTI DELLA COMPAGNIA DI GESÙ
 

21 settembre 1979

 

È per me motivo di soddisfazione ricevere oggi e parlare a cuore aperto a una così qualificata rappresentanza di quella Compagnia di Gesù, che da più di quattro secoli instancabilmente lavora in ogni parte del mondo “per la difesa e propagazione della fede... sotto il Romano Pontefice, Vicario di Cristo in terra” (Formula Instituti). 

Ringrazio perciò il Preposito Generale, i suoi Assistenti e Consiglieri, i Provinciali qui presenti, per aver desiderato, durante il vostro convegno romano, venire a rendere omaggio al Vicario di Cristo, al quale vi unisce, come gesuiti, uno speciale vincolo di amore e di servizio. Per parte mia mi è caro confermare la benevolenza di questa Sede Apostolica alla Compagnia di Gesù, che essa, nel corso dei secoli, si è meritata col fervore della vita religiosa e con l’ardore dell’apostolato, come i miei Predecessori hanno ripetutamente attestato in varie occasioni. 

Dalle informazioni che da ogni parte del mondo mi pervengono, conosco il grande bene che operano tanti religiosi gesuiti con la loro vita esemplare, col loro zelo apostolico, con la loro sincera e incondizionata fedeltà al Romano Pontefice. Certamente non ignoro – e così rilevo anche da non poche altre informazioni – che la crisi, la quale in questi ultimi tempi ha travagliato e travaglia la vita religiosa, non ha risparmiato la vostra Compagnia, causando disorientamento nel popolo cristiano, e preoccupazioni alla Chiesa, alla Gerarchia ed anche personalmente al Papa che vi parla.

So di rivolgere la parola a chi ha le principali responsabilità nel governo dell’Ordine. Conto sulla vostra collaborazione, e, pertanto, desidero vivamente raccomandarvi di promuovere con ogni impegno quanto di bene si compie nella Compagnia e dalla Compagnia, ed insieme di procurare, con la dovuta fermezza, rimedio alle deplorate deficienze, in modo che tutta la Compagnia viva e operi, sempre animata dal genuino spirito ignaziano.

La brevità del tempo non mi consente di soffermarmi a ponderare adeguatamente tanto le iniziative di bene che sono da sviluppare per venire incontro alle urgenti necessità del mondo, quanto le deficienze da rimediare, affinché non sia compromessa l’efficacia di quelle iniziative. Mi limiterò a richiamare alcune raccomandazioni dei miei immediati Predecessori, Paolo VI e Giovanni Paolo I, che, per il grande amore alla Compagnia, stavano a loro particolarmente a cuore. Le faccio pienamente mie.

Per questo vi dico: siate sempre fedeli al vostro Istituto, che Paolo VI “come supremo garante della formula dell’Istituto e come Pastore universale della Chiesa” (Paolo VI, Epistula ad Praepositum Generalem, 15 febbraio 1975) volle fosse conservato nella sua piena integrità. Siate parimente fedeli alle leggi del vostro Istituto, che Paolo VI e più recentemente Giovanni Paolo I, nell’allocuzione preparata, poco prima di morire, per la vostra Congregazione dei Procuratori, aveva indicato; specialmente per quanto riguarda l’austerità della vita religiosa e comunitaria, senza cedere a tendenze secolarizzatrici; un senso profondo di disciplina interiore ed esteriore; l’ortodossia della dottrina, nella piena fedeltà al supremo magistero della Chiesa e del Romano Pontefice, fortemente voluta da Sant’Ignazio, come tutti ben sapete; e l’esercizio dell’apostolato, proprio di un Ordine di Presbiteri (Gregorio XIII, Ascendente Domino) solleciti del carattere sacerdotale della loro attività, anche nelle più varie e difficili imprese apostoliche, compiute con l’aiuto valido e prezioso dei cari Fratelli Coadiutori mediante l’esercizio delle loro mansioni.

A questo scopo mi sembra necessario raccomandare una cura tutta speciale nella formazione dei giovani membri dell’Ordine, speranze della Compagnia e della Chiesa. Mi rallegro con voi per il numero dei vostri Novizi, segno di una consolante ripresa di vocazioni. Questi giovani sono un dono di Dio; ma, proprio per questo, sono anche per voi una grande responsabilità. Voi saprete dare certamente a loro la formazione adeguata: formazione spirituale secondo la collaudata ascetica ignaziana, formazione dottrinale con solidi studi filosofici e teologici secondo le direttive della Chiesa, e formazione apostolica indirizzata a quelle forme di apostolato che sono proprie della Compagnia, aperte sì alle nuove esigenze dei tempi, ma fedeli a quei valori tradizionali che hanno perenne efficacia.

Io so quale forza viva rappresenti la Compagnia, e perciò vivamente desidero che essa cresca e prosperi secondo il suo genuino spirito, dando a tutti l’esempio di profonda religiosità, di sicurezza dottrinale, di feconda attività sacerdotale, in modo che essa adempia pienamente la missione che la Chiesa se ne attende, e renda alla Sede Apostolica quel servizio, che, secondo il suo Istituto, si è impegnata a prestare.

Con questi sentimenti formulo i migliori auguri per i lavori del vostro convegno, mentre di cuore imparto l’Apostolica Benedizione a voi, a tutti i vostri confratelli che qui rappresentate, ed alle opere apostoliche dell’intera Compagnia di Gesù.




[Modificato da Caterina63 16/10/2017 11:21]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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