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Papa Francesco esce allo scoperto La Liturgia Cattolica cambiera' contro il parere di Benedetto XVI e il cardinale Sarah

Ultimo Aggiornamento: 29/11/2017 15:09
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22/10/2017 10:04
 
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  • ESCLUSIVO

Liturgia: "Correctio paternalis" del Papa al cardinale Sarah

Papa Francesco

Papa Francesco smentisce l'interpretazione del cardinale Sarah sul Motu Proprio riguardo le traduzioni nella liturgia e chiede che la Nuova Bussola Quotidiana pubblichi la sua lettera. Una situazione senza precedenti che pone la NBQ al centro di un dibattito centrale per la vita della Chiesa. Il Papa esplicita il suo progetto di "devolution" liturgica, con sempre più ampi poteri affidati alle Conferenze episcopali.
- LA LETTERA DEL PAPA AL CARDINALE SARAH (testo)
- LA LETTERA DEL PAPA AL CARDINALE SARAH (originale in pdf)


L’interpretazione del cardinale Robert Sarah del Motu Proprio “Magnum Principium” non è corretta; lo spirito del documento pontificio è proprio quello di concedere per le traduzioni liturgiche quell’ampia autonomia e fiducia alle Conferenze episcopali che il cardinale Sarah vorrebbe limitare. A dirlo è proprio papa Francesco con una lettera autografa al prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti – il cardinale Sarah appunto - che qui pubblichiamo integrale su richiesta esplicita dello stesso Pontefice. Era stata infatti proprio la Nuova Bussola Quotidiana a pubblicare il 12 ottobre la nota del cardinale Sarah che, tenendo conto di alcune reazioni già manifestatesi, proponeva una corretta interpretazione del Motu Proprio (clicca qui).

Il Papa che chiede che la Nuova Bussola Quotidiana pubblichi la sua lettera dopo aver pubblicata la nota del cardinale Sarah: è un gesto, quello di papa Francesco, senza precedenti. E aldilà delle questioni di merito cui accenneremo, siamo certamente onorati e grati di questa attenzione del Santo Padre che oggettivamente conferisce alla NBQ l’autorevolezza di ospitare un dibattito su temi fondamentali per la vita della Chiesa che lo vede protagonista insieme ad alcuni cardinali.

Ma veniamo al tema della controversia: l’argomento è quello delle traduzioni dal latino dei testi liturgici in uso nei singoli Paesi. Le traduzioni (versioni ed eventuali adattamenti) vengono preparate dalle singole Conferenze episcopali che poi ne chiedono l’approvazione alla Santa Sede. L’esame della Santa Sede avviene attraverso due strumenti: la confirmatio e la recognitio, che il Motu Proprio vuole ridefinire. A questo punto ecco le diverse interpretazioni: secondo il cardinale Sarah confirmatio e recognitio sono differenti per l’effetto prodotto (confirmatio: sola traduzione della edizione tipica latina; recognitio: aggiunta di nuovi testi e modifiche rituali ovviamente non sostanziali), ma sono due atti identici dal punto di vista della responsabilità della Santa Sede. E dunque in entrambi i casi è possibile e richiesta una analisi dettagliata di tutto: nuovi testi, modifiche rituali, traduzioni dell’originale latino.

È evidente la preoccupazione del cardinal Sarah in qualità di prefetto della Congregazione per il Culto Divino: mantenere l’unità della Chiesa anche nella liturgia, pur rispettando l’autonomia dei vescovi dei singoli Paesi nell’elaborare la liturgia locale.

Il Papa però ora fa sapere che non è questa la mens del Motu Proprio che va invece nella prospettiva di una vera e propria “devolution” liturgica. Egli precisa infatti che i due procedimenti – confirmatio  e recognitio - non sono identici e che nell’esercizio di queste due azioni si dà una responsabilità «diversa» sia da parte della Santa Sede, sia da parte delle Conferenze Episcopali:

a) La recognitio «indica soltanto la verifica e la salvaguardia della conformità al diritto e alla comunione della Chiesa». È una frase un po’ ermetica ma che va probabilmente interpretata con le parole del commento con cui monsignor Artur Roche, segretario della Congregazione per il Culto Divino, ha accompagnato la pubblicazione di Magnum Principium: «La recognitio (...) implica il processo di riconoscimento da parte della Sede apostolica dei legittimi adattamenti liturgici, compresi quelli “più profondi”, che le conferenze episcopali possono stabilire e approvare per i loro territori, nei limiti consentiti. Su questo terreno d’incontro tra liturgia e cultura, la Sede apostolica è chiamata dunque a recognoscere, cioè a rivedere e valutare tali adattamenti, in ragione della salvaguardia dell’unità sostanziale del rito romano».

b) La confirmatio è l’atto sul quale la lettera papale centra di più l’attenzione. È detto chiaramente che il giudizio sulla fedeltà delle traduzioni con l’originale tipico latino è delle Conferenze Episcopali, «sia pure in dialogo con la Santa Sede». La quale Santa Sede, nel concedere la confirmatio, non attuerà più «un esame dettagliato parola per parola», eccetto casi evidenti di formule rilevanti come le preghiere eucaristiche o le formule sacramentali. Insomma molta più libertà alle conferenze episcopali.

Nella lettera al cardinal Sarah poi, il Papa spiega che vanno ricomprese o abrogate alcune parti di Liturgiam Authenticam (2001), il documento normativo per le traduzioni attualmente in vigore. «Vanno attentamente ri-compresi» i nn. 79-84, che riguardano l’approvazione della traduzione e la recognitio della Sede Apostolica; «sono decaduti» invece i nn. 76 e 80. Quest’ultimo è incentrato sulla recognitio, ed è stato ovviamente riformulato, mentre il n. 76 richiedeva alla Congregazione di partecipare «in maniera più stretta al lavoro di preparazione delle traduzioni nelle principali lingue».

Un ulteriore passaggio della lettera del Papa richiede attenzione. Dice infatti che «Il Magnum Principium non sostiene più che le traduzioni devono essere conformi in tutti i punti alle norme del Liturgiam Authenticam, così come veniva effettuato nel passato». Tale affermazione unita all’altra secondo cui una traduzione liturgica “fedele” «implica una triplice fedeltà» - al testo originale, alla lingua della traduzione, alla comprensibilità dei destinatari – lascia intendere che Magnum Principium è inteso come l’inizio di un processo che può portare molto lontano.  

E sta qui l’importanza di questa controversia che vede il Papa smentire il cardinale Sarah, il quale non fa altro che muoversi sulla linea tracciata da Benedetto XVI. Non c’è dubbio infatti che con lo “spirito” di Magnum Principium, precisato e accentuato dalla lettera papale che qui pubblichiamo, la tendenza sarà di avviarsi verso Messali nazionali sempre più differenti tra di loro, verso uno “spirito liturgico” sempre meno condiviso.

La questione va oltre l’aspetto meramente liturgico e, come ha più volte sostenuto il cardinale Joseph Ratzinger, poi Benedetto XVI, riguarda la concezione di Chiesa, e la comprensione che la Chiesa ha di se stessa. In discussione è soprattutto il ruolo e il potere delle Conferenze episcopali, a cui papa Francesco intende dare «anche qualche autentica autorità dottrinale» (cfr. Evangelii Gaudiumno. 32).

Al contrario, già nel libro-intervista con Vittorio Messori – “Rapporto sulla fede” (1985) – il cardinale Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, commentando positivamente la valorizzazione del «ruolo e della responsabilità del vescovo» voluta dal Concilio Vaticano II, lamentava la deriva post-conciliare: «Il deciso rilancio del ruolo del vescovo si è in realtà smorzato o rischia addirittura di essere soffocato dall’inserzione dei presuli in conferenze episcopali sempre più organizzate, con strutture burocratiche spesso pesanti. Eppure non dobbiamo dimenticare che le conferenze episcopali non hanno una base teologica, non fanno parte della struttura ineliminabile della Chiesa così come è voluta da Cristo: hanno soltanto una funzione pratica, concreta». Il collettivo non sostituisce la persona del vescovo. Questo è un punto decisivo «perché – diceva il cardinale Ratzinger – si tratta di salvaguardare la natura stessa della Chiesa cattolica, che è basata su una struttura episcopale, non su una sorta di federazione di chiese nazionali. Il livello nazionale non è una dimensione ecclesiale. Bisogna che sia di nuovo chiaro che in ogni diocesi non c’è che un pastore e maestro della fede, in comunione con gli altri pastori e maestri e con il Vicario di Cristo».





  • ESCLUSIVO

La lettera del Papa al cardinale Sarah

Papa Francesco

Città del Vaticano, 15 ottobre 2017

A Sua Eminenza Reverendissima

il signor Card. Robert SARAH

Prefetto della Congregazione per il Culto Divino
e la Disciplina dei  Sacramenti
Città del Vaticano

 

Eminenza,

ho ricevuto la sua lettera del 30 settembre u.s., con la quale Ella ha voluto benevolmente esprimermi la sua gratitudine per la pubblicazione del Motu Proprio Magnum Principium e trasmettermi una elaborata nota, “Commentaire”, sullo stesso finalizzata a una migliore comprensione del testo.

Nel ringraziarla sentitamente per l’impegno e il contributo, mi permetto di esprimere semplicemente, e spero chiaramente, alcune osservazioni sulla sopramenzionata nota che ritengo importanti soprattutto per l’applicazione e la giusta comprensione del Motu Proprio e per evitare qualsiasi equivoco.

Innanzitutto occorre evidenziare l’importanza della netta differenza che il nuovo MP stabilisce tra recognitio e confirmatio, ben sancita nei §§ 2 e 3 del can. 838, per abrogare la prassi, adottata dal Dicastero a seguito del Liturgia authenticam (LA) e che il nuovo Motu Proprio ha voluto modificare. Non si può dire pertanto che recognitio e confirmatio sono “strettamente sinonimi (o) sono intercambiabili” oppure “sono intercambiabili a livello di responsabilità della Santa Sede”.

In realtà il nuovo can. 838, attraverso la distinzione tra recognitio e confirmatio, asserisce la diversa responsabilità della Sede Apostolica nell’esercizio di queste due azioni, nonché quella delle Conferenze Episcopali. Il Magnum Principium non sostiene più che le traduzioni devono essere conformi in tutti i punti alle norme del Liturgia authenticam, così come veniva effettuato nel passato. Per questo i singoli numeri di LA vanno attentamente ri-compresi, inclusi i nn. 79-84, al fine di distinguere ciò che è chiesto dal codice per la traduzione e ciò che è richiesto per i legittimi adattamenti. Risulta quindi chiaro che alcuni numeri di LA sono stati abrogati o sono decaduti nei termini in cui sono stati ri-formulati dal nuovo canone del MP (ad es. il n. 76 e anche il n. 80).

Sulla responsabilità delle Conferenze Episcopali di tradurre “fideliter”, occorre precisare che il giudizio circa la fedeltà al latino e le eventuali correzioni necessarie, era compito del Dicastero, mentre ora la norma concede alle Conferenze Episcopali la facoltà di giudicare la bontà e la coerenza dell’uno e dell’altro termine nelle traduzione dall’originale, se pure in dialogo con la Santa Sede. La confirmatio non suppone più dunque un esame dettagliato parola per parola, eccetto nei casi evidenti che possono essere fatti presenti ai Vescovi per una loro ulteriore riflessione. Ciò vale in particolare per le formule rilevanti, come per le Preghiere Eucaristiche e in particolare le formule sacramentali approvate dal Santo Padre. La confirmatio tiene inoltre conto dell’integrità del libro, ossia verifica che tutte le parti che compongono l’edizione tipica siano state tradotte[1].

Qui si può aggiungere che, alla luce del MP, il “fideliter” del § 3 del canone, implica una triplice fedeltà: al testo originale in primis; alla particolare lingua in cui viene tradotto e infine alla comprensibilità del testo da parte dei destinatari (cfr. Institutio Generalis Missalis Romani nn. 391-392)

In questo senso la recognitio indica soltanto la verifica e la salvaguardia della conformità al diritto e alla comunione della Chiesa. Il processo di tradurre i testi liturgici rilevanti (ed es. formule sacramentali, il Credo, il Pater Noster) in una lingua - dalla quale vengono considerati traduzioni autentiche -, non dovrebbe portare ad uno spirito di “imposizione” alle Conferenze Episcopali di una data traduzione fatta dal Dicastero, poiché ciò lederebbe il diritto dei Vescovi sancito nel canone e già prima dal SC 36 § 4. Del resto si tenga presente l’analogia con il can. 825 § 1 circa la versione della Sacra Scrittura che non necessita di confirmatio da parte della Sede Apostolica.

Risulta inesatto attribuire alla confirmatio la finalità della recognitio (ossia “verificare e salvaguardare la conformità al diritto”). Certo la confirmatio non è un atto meramente formale, ma necessario alla edizione del libro liturgico “tradotto”: viene concessa dopo che la versione è stata sottoposta alla Sede Apostolica per la ratifica dell’approvazione dei Vescovi, in spirito di dialogo e di aiuto a riflettere se e quando fosse necessario, rispettandone i diritti e i doveri, considerando la legalità del processo seguito e le sue modalità[2].

Infine, Eminenza, ribadisco il mio fraterno ringraziamento per il suo impegno e constatando che la nota “Commentaire” è stata pubblicata su alcuni siti web, ed erroneamente attribuita alla sua persona, Le chiedo cortesemente di provvedere alla divulgazione di questa mia risposta sugli stessi siti nonché l’invio della stessa a tutte le Conferenze Episcopali, ai Membri e ai Consultori di codesto Dicastero.

Fraternamente

Francesco

 

[1] Magnum Principium: “Fine delle traduzioni dei testi liturgici e dei testi biblici, per la liturgia della Parola, è annunciare ai fedeli la parola di salvezza in obbedienza alla fede ed esprimere la preghiera della Chiesa al Signore. A tale scopo bisogna fedelmente comunicare ad un determinato popolo, tramite la sua propria lingua, ciò che la Chiesa ha inteso comunicare ad un altro per mezzo della lingua latina. Sebbene la fedeltà non sempre possa essere giudicata da parole singole, ma debba esserlo nel contesto di tutto l’atto della comunicazione e secondo il proprio genere letterario, tuttavia alcuni termini peculiari vanno considerati anche nel contesto dell’integra fede cattolica, poiché ogni traduzione dei testi liturgici deve essere congruente con la sana dottrina”. 

[2] Magnum Principium: “Si deve senz’altro prestare attenzione all’utilità e al bene dei fedeli, né bisogna dimenticare il diritto e l’onere delle Conferenze Episcopali che, insieme con le Conferenze Episcopali di regioni aventi la medesima lingua e con la Sede Apostolica, devono far sì e stabilire che, salvaguardata l’indole di ciascuna lingua, sia reso pienamente e fedelmente il senso del testo originale e che i libri liturgici tradotti, anche dopo gli adattamenti, sempre rifulgano per l’unità del Rito Romano”.

- LA LETTERA DEL PAPA (ORIGINALE) . pdf




[Modificato da Caterina63 22/10/2017 15:56]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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