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ILLUSTRISSIMI Lettere del Patriarca Albino Luciani Giovanni Paolo I

Ultimo Aggiornamento: 07/11/2017 10:21
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07/11/2017 09:28
 
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Chesterton

In che razza di mondo... 


    
Caro Chesterton, Sul video della televisione italiana è apparso nei passati mesi Padre Brown, imprevedibile prete-poliziotto, creatura tipicamente tua. Peccato che non siano anche apparsi il professor Lucifero e il monaco Michele. Li avrei visti volentieri, come tu li hai descritti ne "La s/era e la croce", viaggianti in aeroplano, seduti l’uno accanto all’altro, Quaresima accanto a Carnevale. Quando l’aereo è sopra la cattedrale di Londra, il professore scaglia una bestemmia all’indirizzo della Croce. - Sto pensando se questa bestemmia ti giovi - gli dice il monaco. - Senti questa storia: io ho conosciuto un uomo come te; anche lui odiava il crocifisso; lo bandì da casa sua, dal collo della sua donna, perfino dai quadri; diceva che era brutto, simbolo di barbarie, contrario alla gioia e alla vita.

Diventò più furioso ancora: un giorno s’arrampicò sul campanile di una chiesa, ne strappò la croce e la scagliò dall’alto. 
Andò a finire che questo odio si trasformò in delirio prima e poi in furiosa pazzia. Una sera d’estate s’era fermato, fumando la pipa, davanti ad una lunghissima palizzata; non brillava una luce, non si muoveva una foglia, ma egli credette di vedere la lunga palizzata tramutata in un esercito di croci, legate l’una all’altra su per la collina, giù per la valle.

Allora, roteando il bastone, mosse contro la palizzata, come contro una schiera di nemici; per quanto era lunga la strada, strappò, spezzò, sradicò tutti i pali che incontrava. Odiava la croce ed ogni palo era per lui una croce. Arrivato a casa, continuò a veder croci dappertutto, pestò i mobili, appiccò il fuoco e l’indomani lo trovarono cadavere nel fiume. 

A questo punto, il professore Lucifero guarda il vecchio monaco mordendosi le labbra e dice: "Questa storia te la sei inventata!". "Sì, risponde Michele, l’ho inventata adesso; ma essa esprime bene quello che state facendo tu ed i tuoi amici increduli. Voi cominciate con lo spezzare la croce e finite col distruggere il mondo abitabile. La conclusione del monaco, che è poi la tua, caro Chesterton, è giusta. Togliete Dio, cosa resta, cosa diventano gli uomini? In che razza di mondo ci riduciamo a vivere? - Ma è il mondo del progresso, sento dire, il mondo del benessere! - Sì; ma questo famoso progresso non è tutto quel che si sperava: esso porta con sé anche i missili, le armi batteriologiche e atomiche, l’attuale processo di inquinamento, tutte cose che - se non si provvede in tempo - minacciano di portare l’umanità intera a una catastrofe. In altre parole il progresso con uomini che si amino, ritenendosi fratelli e figli dell’unico Padre Dio, può essere una cosa magnifica. Il progresso con uomini che non riconoscono in Dio un unico Padre, diventa un pericolo continuo: senza un parallelo processo morale, interiore e personale, esso - quel progresso - sviluppa, infatti, i più selvaggi fondacci dell’uomo, fa di lui una macchina posseduta da macchine, un numero maneggiatore di numeri, un barbaro in delirio - direbbe Papini - che invece della clava può servirsi delle immense forze della natura e della meccanica per soddisfare i suoi istinti predaci, distruttori ed orgiastici". 

Lo so: molti pensano a rovescio di te e di me. Pensano che la Religione sia un sogno consolatore: l’avrebbero inventata gli oppressi, immaginando un altro mondo inesistente, dove trovare più tardi ciò che oggi rubano loro gli oppressori; l’avrebbero organizzata, tutta a loro favore, gli oppressori, per tenere ancora sotto i piedi gli oppressi e addormentare in essi quell’istinto di classe, che, senza la Religione, il spingerebbe alla lotta. Inutile ricordar che proprio la Religione cristiana ha favorito il risveglio della coscienza proletaria, esaltando i poveri e annunciando una giustizia futura. - Sì, rispondono, il Cristianesimo risveglia la coscienza dei poveri, ma poi la paralizza, predicando la pazienza e sostituendo alla lotta classista la fiducia in Dio e le riforme graduali della società! Molti pensano anche che Dio e la Religione, incanalando speranze e sforzi verso un paradiso futuro e lontano, alienino l’uomo, lo distolgano dall’impegnarsi per un paradiso vicino, da realizzare qui in terra. 

Inutile ricordar loro che, secondo il recente Concilo, un cristiano, proprio perché cristiano, deve sentirsi più che mai impegnato nel favorire un progresso, che è bene per tutti e una promozione sociale, che sia di tutti. - Resta, dicono, che voi pensate al progresso per un mondo transitorio, in attesa di un paradiso definitivo, che non verrà. Noi, il paradiso lo vogliamo qui, sbocco di tutte le nostre lotte. Di esso già intravediamo il sorgere, mentre il vostro Dio dai teologi della secolarizzazione viene chiamato "morto". Noi siamo con Heine, che scrisse: "Senti la campanella? In ginocchio! Po­tano gli ultimi sacramenti a Dio che muore"! Caro Chesterton, tu ed io ci mettiamo bensì in ginocchio, ma davanti a un Dio più attuale che mai. Lui solo, infatti, può dare una risposta soddisfacente a questi tre problemi, che sono per tutti i più importanti: - Chi sono io? Donde vengo? Dove vado? Quanto al paradiso, che si godrà sulla terra e sulla terra soltanto, e in un futuro prossimo a conclusione delle famose "lotte", vorrei fosse sentito uno che è più bravo di me e - senza offuscare i tuoi meriti - anche di te: Dostoevskij. Tu ricordi il dostoevskijano Ivan Karamazov. E’ un ateo, pur amico del diavolo. Ebbene, egli protesta, con tutta la sua veemenza di ateo contro un paradiso ottenuto mercé gli sforzi, le fatiche, i patimenti, il martirio d’innumerevoli generazioni. I nostri posteri felici grazie all’infelicità dei loro antecessori!

Questi antecessori che "lottano" senza ricevere il loro acconto di gioia, senza, spesso, neppure il conforto d’intravedere il Paradiso uscito dall’Inferno che attraversano! Sterminate moltitudini di piagati, di sacrificati che sono, semplicemente, il terriccio che serve a far crescere i futuri alberi della vita! E’ impossibile!, dice Ivan, sarebbe un’ingiustizia spietata e mostruosa. 
Ed ha ragione. Il senso di giustizia che è in ogni uomo, di qualunque fede, esige che il bene fatto, il male sofferto siano premiati, che la fame di vita in tutti insita sia soddisfatta. Dove e come, se non in un’altra vita? E da chi se non da Dio? E da quale Dio, se non da quello, di cui Francesco di Sales scriveva: "Non temete punto Dio, che non vuole farvi del male, ma amatelo molto, perché vi vuol fare molto bene"? Quello che molti combattono non è il vero Dio, ma la falsa idea che di Dio si sonofatta: un Dio che protegga i ricchi, che solo chieda e pretenda, che sia invidioso del nostro avanzamento nel benessere, che dall’alto spii continuamente i nostri peccati per procurarsi il piacere di castigarli! 

Caro Chesterton, tu lo sai, Dio non è così: ma giusto e buono insieme; padre anche dei figli prodighi, che vuole non meschini e miseri, ma grandi, liberi, creatori del proprio destino. Il nostro Dio è talmente poco rivale dell’uomo che l’ha voluto suo amico, chiamandolo a partecipare alla propria natura divina e alla propria eterna felicità. E non è vero che Egli pretenda da noi esageratamente: sicontenta invece di poco, perché sa bene che non abbiamo molto. Caro Chesterton, io sono convinto con te: questo Dio si farà conoscere e amare sempre più, da tutti, compresi coloro che oggi Lo respingono non perché siano cattivi (sono forse più buoni di noi due!), ma perché Lo guardano da un punto di vista sbagliato! Essi continuano a non credere in Lui? E Lui risponde: -Sono ben io che credo in voi! 
Giugno 1971


Cicikov

Il tempo degli impostori 

    
Signor Cìcikov,   Il biglietto da visita che, scendendo all’albergo, avete rilasciato al domestico, vi qualifica per "Consigliere di Collegio", grado pari a quello di colonnello dell’esercito zarista. Non bello, vi descrive il Gogol, ma neppure brutto; né troppo grasso né troppo magro; non vecchio, ma nemmeno molto giovane. Invece, questo sì, avete in testa un capolavoro di progetto da attuare. Vi siete detto: "Il governo concede terre da colonizzare laggiù nel Cherson a chi dimostri di avere un buon numero di servi della gleba, o “anime”. Poco fa c’è stata un’epidemia e servi ne son morti, grazie a Dio, parecchi e figurano ancor vivi sui registri.
Approfitterò di quest’ultima circostanza: li compererò dai loro padroni come “anime vive”, anche se in realtà sono “anime morte”, presenterò al governo la loro lista; così ottengo i terreni e divento ricco sfondato". 
Deposti all’albergo i bagagli, cominciate subito le visite in città. Al Governatore accennate, oh! di sfuggita!, che nel suo Governatorato ci sientra come in un paradiso, che le strade qui sono di velluto, che ai governi, che mandano funzionari così intelligenti, s’ha da fare un monumento. Al Capo della polizia dite qualcosa di molto lusinghiero sulle guardie di città. Parlando col Vice-Governatore e col Presidente del Tribunale vi lasciate sfuggire il titolo di Eccellenza: è un errore, ma ai due piace moltissimo. Conclusione: il Governatore vi invita entro oggi a una seratina in famiglia mentre gli altri funzionari vi aspettano nei prossimi giorni chi per il pranzo, chi per una partitina di carte, chi per una tazza di tè. Siete già sulla cresta dell’onda, Cìcikov, la vostra maiuscola bugia promette bene, state per fare affari d’oro a spese - naturalmente - degli altri. 

Qui è il punto dolente. Voi siete certo un bel tipo, la vostra trovata è originale, ma... imbrogliate! E quel che è peggio, poiché siete un ladro in guanti gialli e con bugie spiritose, la società vi fa i complimenti e vi presenta le armi! Foste il solo! I casi sono invece infiniti! Da Talleyrand, che dichiara la parola regalo di Dio per "nascondere il proprio pensiero"; da Byron, che chiama la bugia "nient’altro che verità in maschera"; da Ibsen, che ne L’anitra selvatica difende la "menzogna vitale", asserendo che gli uomini comuni hanno bisogno della menzogna per vivere; da Andreev, che in Menzogna afferma dolorosamente non esserci più verità, arriviamo all’apprezzamento pratico di tanta gente, che considera la truffa e l’inganno come prova di intelligenza e di abilità negli affari.

***

Ohimé! Arriviamo oggi a casi ancora più macroscopici, resi possibili da tecniche nuove di comunicazione, che voi, Cìcikov, neppure potevate immaginare e che sono oggi sfruttate da pochi a danno di molti. Gilbert Cesbron ha appena sfornato un nuovo romanzo psicologico. Può interessare a voi, grande impostore, il sapere che l’ha intitolato: Ecco il tempo degli impostori! Impostori sarebbero -secondo Cesbron - quei della grande stampa, che, divulgando indiscrezioni scandalistiche e insinuazioni calunniose, fanno leva sugli istinti deteriori della gente e ne sfaldano un po’ alla volta il senso morale. Alla "grande stampa", Cesbron potrebbe aggiungere il cinema, la radio, la televisione. Questi strumenti nuovi, di per sé utilissimi, se manovrati da gente astuta, a furia di bombardare i ricettori con colori sonorizzati e persuasione tanto più efficace quanto più occulta, sono capaci un po’ alla volta di fare odiare dai figli il più buono dei padri, di far vedere bianco dov’è nero e viceversa. 

Le bugie vostre, con relativi sorrisi e complimenti seducenti, Cìcikov, possono oggi essere potenziate al mille per uno e diventare bugia corale, nazionale, internazionale e cosmica, facendo del nostro "il tempo per eccellenza degli impostori". Appunto come ha scritto Cesbron. C’è di più. Attraverso la stampa, la radio, la televisione, non si viene a contatto con i fatti in sé, ma con la versione dei fatti, interpretati da diversi in modo diverso. E allora si insinua nelle menti l’idea perniciosa che non si può arrivare mai alla verità, ma solo all’opinione. "Una volta c’erano certezze - si dice - adesso non siamo più nell’èra della credenza, ma dell’opinabile". I filosofi soffiano sul fuoco: "Il linguaggio - dicono - non è atto ad esprimere il pensiero. La verità è relativa, cioè cambia secondo i tempi e gli uomini". Di qui la sfiducia di molti nella verità, nella ragione umana, nella forza della logica; di qui l’accontentansi e l’abbandonarsi alle sole impressioni alogiche e acritiche. Ciò che è falso per l’uno è vero per l’altro, bugia e verità sono accettate con diritto eguale di cittadinanza. Un autentico schiaffo alla dignità dell’uomo e alla bontà di Dio, che ha creato l’uomo capace di certezze. E pazienza ci si fermasse al campo naturale. Si passa al campo religioso-divino. Si dice: "Siamo tutti storpi davanti alla verità.

Una volta c’era nella Chiesa la docenza autoritativa; adesso siamo tutti alla ricerca; è l’èra del pluralismo nella fede". 
Senonché la fede non è pluralista: si può ammettere un sano pluralismo nella teologia, nella liturgia, in altre cose, mai nella fede. Appena consta che Dio ha rivelato una verità, la risposta è sì per tutti, in tutti i tempi: sì con convinzione e coraggio, senza dubbi e tentennamenti. E va respinta con tutte le forze l’idea che le verità della fede siano solo espressione di un momento della coscienza e della vita della Chiesa. Esse valgono sempre anche se è possibile capirle sempre meglio ed esprimerle con formule nuove, più indovinate e più adatte ai tempi nuovi. Quanto alla docenza autoritativa c’era - entro debiti limiti - ieri e c’è oggi. Altrimenti, la Chiesa cesserebbe di essere “apostolica” e non sarebbe più vero che "Cristo è il medesimo ieri, oggi e per i secoli" (Ebrei 13, 8). Al contrario di questi dubitosi e scettici, voi, Cìcikov, vi mantenete sicuro nella conduzione del vostro affare; senza batter ciglio "sparate" cifre, date assicurazioni, togliete ostacoli.

C’è chi vi assomiglia nella imperterrita sicurezza: quelli che, credendosi investiti dal vento della profezia, puntano il dito e denunciano continuamente uomini e istituzioni. 
La "denuncia profetica" è il genere letterario da certuni oggi propagandato nella Chiesa cattolica.Non si nega che chi l’usa abbia spesso retta intenzione e amore alla Chiesa; lo scandalo provocato dalla denuncia è spesso perfino voluto a bella posta: "E’ necessario il tuono, il colpo di cannone per svegliare certa gente!",si dice. San Paolo preferiva dire: "Se un cibo scandalizza un mio fratello, non mangerò carne in vita mia". I Santi, anche quelli generati nella vostra Russia come San Nicola, procedevano, in genere, per altra strada: contestavano se stessi più che gli altri, sempre timorosi di offendere la carità. Maddalena di Lamoignon, nobile, colta e suora di Carità del seicento, lette le satire del poeta Boileau, le trovò troppo velenose e lo disse francamente all’autore. - "Vedrò di tener conto dell’osservazione un’altra volta - rispose Boileau - ma permettetemi almeno di scrivere contro il Gran Turco, nemico acerrimo della Chiesa!". - "Oh, no - rispose la suora - si tratta di un sovrano e va rispettato per l’autorità che riveste".- "Mi lascerete almeno fare una satira contro il diavolo!, sorrise Boileau, non negherete che se la meriti! ". - E la pia suora: "Il diavolo è già punito abbastanza.

Cerchiamo di non dir male di nessuno, per non correre il rischio di andarlo a trovare!". 
Sarà forse per non correre il suddetto rischio che tutti vi hanno dato piena fiducia, Cìcikov? Altri non hanno la vostra fortuna: non sono creduti neanche quando dicono il vero! Toccò a quel soldato che, ferito ad una gamba, pregò il commilitone vicino di portarlo al posto di medicazione. Accadde, però, che, nel tragitto, una palla di cannone portò via netta la testa al ferito senza che se n’accorgesse il pietoso soccorritore, che, arrivato col carico dal chirurgo, si sentì dire: "E che vuoi che faccia a un uomo, cui manca la testa?". Solo allora egli guardò il corpo ed esclamò: "Brutto bugiardo! E pensare che m’aveva dato da intendere di essere ferito a una gamba!". La via di mezzo sarebbe da scegliere: non la fiducia cieca e illimitata ad ogni parola od azione della gente, né la diffidenza esagerata, che senza motivi sospetta menzogne in tutti. Evitò la fiducia cieca l’ispettore di polizia, che fece arrestare due individui, i quali, in tuta, caricavano su un camion dei tubi di piombo. "Da che cosa avete arguito che fossero ladri e non operai?" gli fu chiesto. Risposta: "Lavoravano con troppa fretta per essere operai".

Non evitò, invece, la diffidenza esagerata il medico, che disse al collega: "Non ti faccio il prestito, perché io non mi fido di nessuno. Venisse dal Cielo San Pietro a chiedermi diecimila lire, fornendomi come cauzione la firma della Santissima Trinità, non gli darei un centesimo!". Diffidente pure Mark Twain, che, in seguito a noiose insistenze, scrisse sull’album di quella signorina: "Non dire mai bugie!" e aggiunse dopo riflessione: "eccetto che non sia per mantenerti in esercizio!".

***

Consigliere Cìcikov! Scrive Gogol, che non vi siete accinto ad attuare la vostra macroscopica finzione senza prima farvi il segno di croce secondo l’uso russo. Prima di iniziare la bugia avete dunque invocato Colui che è "venuto a rendere testimonianza alla verità" (Giov. 18, 37), che è la Verità, che ha detto: "Il vostro linguaggio sia: sì, sì; no, no" (Mi. 5, 37). Avete messo insieme verità e bugia con una incongruenza inconcepibile. Qui sta l’aspetto più doloroso del vostro mentire. Ricercatore di un cristianesimo autentico, noi cercheremo di fare il rovescio di quanto Voi avete fatto. Noi siamo per una vita senza infingimenti e doppiezze. Sia detto senza alcun rancore! 

Gennaio 1973


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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