A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
Cerca nel forum
Tag discussione
Discussioni Simili   [vedi tutte]
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Quando il Papa è infallibile? E che cosa è la vera Tradizione? di Carlo di Pietro

Ultimo Aggiornamento: 20/11/2017 23:08
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.988
Sesso: Femminile
10/11/2017 22:49
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota





La presente relazione verrà suddivisa in più articoli sul cartaceo di Sursum Corda a partire dal numero 85. Terza ed ultima parte di «Quando il Papa è infallibile?» (clicca qui per la primaqui per la seconda), si tratta soprattutto di una sintesi puntuale dell’intero scritto «Dall’opinione al domma» di Sisto Cartechini S.I. (preghiamo: De Profundis), pubblicato da «La Civiltà Cattolica» con Imprimatur del 18 giugno 1953. Ho arricchito la relazione con alcuni miei commenti e con centinaia di ulteriori punti di Denzinger (acquistabile tramite internet oppure in libreria) che potete trovare nella parte finale dello scritto. Oggi è la Festa di Ognissanti, dunque preghiamo: «O voi tutti che regnate con Dio nel cielo, dai seggi gloriosi della vostra beatitudine, volgete uno sguardo pietoso sopra di noi, esuli dalla celeste patria. Voi raccoglieste l’ampia messe delle buone opere, che andaste seminando con lacrime in questa terra di esilio. Dio è adesso il premio delle vostre fatiche e l’oggetto dei vostri gaudii. O beati del cielo, ottenete a noi di camminare dietro i vostri esempi e di ricopiare in noi stessi le vostre virtù, affinché, imitando voi in terra, diventiamo con voi partecipi della gloria in cielo. Così sia».  

Per ogni scienza giova conoscere il grado di certezza dei suoi presupposti e dei suoi principii, ciò vale a maggior ragione nella scienza teologica. Di qui la necessità dello studio ordinato dei dati della Rivelazione, il quale, in qualche misura, è richiesto a tutti i credenti per offrire a Dio un atto di culto ragionevole (Rom. 12, 1), ed anche ai non credenti per spiegarsi la ragionevolezza di quanti credono. L’autore si prefigge il duplice scopo di «fornire agli studiosi della fede cattolica i criteri necessari per dare un esatto giudizio sulla certezza delle verità rivelate, ed esporre insieme i metodi di collegarle in un sistema scientifico».

Iniziamo con la definizione che il Concilio Vaticano ci dà sul concetto esatto del dogma e c’indica chiaramente quale sia l’oggetto della nostra fede: «Per fede divina e cattolica deve essere creduto tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata per tradizione, e che la Chiesa, sia con solenne sentenza sia col Magistero ordinario e universale, ci propone a credere come rivelato da Dio» (Denzinger, 3011 - ho aggiornato le concordanze della numerazione alla più recente versione del Denzinger - acquistabile tramite internet oppure in libreria). Il dogma è legge del credere, ossia è una dottrina che, espressa con una proposizione, ci viene con infallibile autorità proposta come articolo di fede. Il dogma è una verità che ci viene proposta per mezzo di un giudizio. Bisogna quindi distinguere tra oggetto materiale, ossia la cosa di cui i dogmi trattano, e gli stessi dogmi, ossia il loro oggetto formale in quanto, cioè, sono decisioni ufficiali promulgate dall’autorità competente, che in questo caso è la Chiesa cattolica, assistita dal carisma dell’infallibilità.

Tali giudizi costituiscono l’elemento primordiale della nostra fede, ossia la verità rivelata in quanto espressa e proposta alla nostra mente. Il primo contatto di Dio coll’uomo, quando vuol farsi oggetto della nostra fede e del nostro amore, avviene appunto per mezzo dell’intelletto e quindi mediante proposizioni. I dogmi hanno valore veramente oggettivo, sono capaci cioè di raggiungere e di esprimere l’essere stesso delle cose come sono in se stesse, indipendentemente dalle nostre facoltà conoscitive. Il valore oggettivo e intellettuale del dogma si fonda sulla stessa Sacra Scrittura, dalla quale risulta che la fede di cui parliamo è atto dell’intelletto; e gli Apostoli non fanno altro che trasmettere una dottrina ricevuta, ossia il deposito delle verità della fede, affidato loro da Gesù Cristo col compito di conservarlo intatto e trasmetterlo senza mutazione alcuna. Non sarebbe possibile la fede se non precedesse una certa conoscenza della cosa che ci viene proposta a credere, difatti è detta cognizione della verità, pienezza dell’intelligenza. Fede è differente da sentimento, da esperienza o da opinione arbitraria, questione di un’importanza grandissima, perché se tutto si fa fondare sul sentimento, come volevano i modernisti, per i quali i dogmi sono oggetto di un vago e cieco sentimento religioso e non oggetto dell’intelletto, non avremo niente di solido e di stabile nella fede e nella teologia.

Il dogma è sempre una dottrina rivelata da Dio. Per Rivelazione qui s’intende una locuzione divina, soprannaturale, vero discorso docente e attestante di Dio personale agli uomini. Si richiede, dunque, che Dio ci manifesti la sua mente circa qualche cosa. La Rivelazione infatti, può contenere tre specie di verità: - verità di ordine naturale, che non superano la capacità conoscitiva della ragione umana; -  misteri propriamente detti, verità cioè del tutto impenetrabili alla ragione umana; - fatti storici, soprattutto quelli che riguardano Gesù Cristo. Per avere un dogma si richiede che la proposizione sia stata rivelata da Dio, nella Rivelazione pubblica, che si chiude con la morte dell’ultimo Apostolo. Contro i modernisti ed i protestanti, la Rivelazione non è un’intuizione soprannaturale, privata, settaria o un’esperienza religiosa; bensì è universale, è pubblica, è sociale, vale per tutti, si esprime con tale chiarezza, con tale certezza e stabilità da essere norma rigorosa uguale per tutti. La dottrina rivelata, a cui appartengono i dogmi, è stata consegnata alla Chiesa come Scrittura Sacra divinamente ispirata o tramandata per tradizione orale: ambedue questi modi hanno Dio come autore. Le rivelazioni private non sono dogmi e vengono accettate dalla Chiesa solo se non contengono nulla che sia contrario alla Rivelazione pubblica. Non tutte le cose rivelate sono tali da formare dei dogmi, ma soltanto quelle verità che regolano la nostra condotta verso Dio e verso la salvezza eterna: il dogma, perciò, è una dottrina che riguarda la fede e i costumi.

Per dogma finalmente s’intende una dottrina che dalla Chiesa è definita come contenuta nella divina Rivelazione e come tale proposta alla nostra fede. Questo è l’elemento formale e condizione essenziale perché una dottrina sia dogma di fede. La Chiesa, mediante un suo autorevole giudizio espresso con una proposizione, ci dichiara che una determinata dottrina è verità rivelata da Dio ed impone ai fedeli l’obbligo in coscienza di fare l’atto di fede, che in questo caso è non soltanto atto di fede divina ma anche di fede cattolica. Tale dichiarazione da parte della Chiesa depositaria della fede può essere fatta in due diverse maniere, essendo due gli organi del Magistero ecclesiastico in cui la Chiesa, con la garanzia dell’infallibilità, impegna tutta la sua suprema autorità dottrinale. O il dogma viene proposto con dichiarazione solenne, sia dal romano Pontefice quando parla ex cathedra, cioè a tutta la Chiesa come supremo pastore e maestro universale in materia di fede e di costumi, sia da un Concilio ecumenico; o il dogma viene insegnato dal Magistero ordinario e universale. Non basta, per avere un dogma, che la verità sia definita e proposta a credere, ma si richiede che dalla Chiesa venga definita come verità rivelata, dichiarando esplicitamente che è rivelata come verità da credersi: Cristo consegnò alla sua Chiesa il deposito della fedeaffinché essa non solo lo custodisse, ma lo tramandasse integro e lo proponesse ai fedeli come oggetto della loro fede. Solo nel deposito ricevuto sono contenuti i dogmi e soltanto chi nega questi, quando sono definiti, è ritenuto eretico.

È eretica quella proposizione che si oppone in modo contrario o in modo contraddittorio alla verità di cui si è sufficientemente certi che la Chiesa cattolica la propone come rivelata. Se uno, dunque, appartenente col battesimo alla Chiesa, si esprime, a parole o in scritto, in modo contrario o contraddittorio ai dogmi, è un eretico (che è differente da essere dichiarato eretico). Due proposizioni contraddittorie non possono essere contemporaneamente ambedue vere o false; mentre invece due contrarie possono essere ambedue false, ma non ambedue vere. Esempio: è di fede cattolica che tutti i libri della Sacra Scrittura sono ispirati da Dio. Ora, se è uno dice: «Nessun libro della Sacra Scrittura è ispirato», si oppone in modo del tutto contrario alla verità ed è quindi eretico; se uno dice: «Qualche libro della Sacra Scrittura, per esempio, il 2° libro dei Maccabei, non è ispirato», è parimenti eretico perché contraddice in parte alla verità rivelata da Dio e proposta a credere dalla Chiesa. (#)

Perché le decisioni di un Concilio abbiano valore dogmatico, il Concilio dev’essere ecumenico e legittimo, solo in tal caso godrebbe del carisma dell'infallibilità. Infatti, Gesù Cristo ha promesso l'infallibilità alla Chiesa universale e non alle singole chiese particolari - e non ai conciliaboli (es. quello di Pistoia). I Concili particolari non sono infallibili: però le loro decisioni possono acquistare un valore universale e definitivo, se in seguito interviene l'approvazione del romano Pontefice (es. Denzinger, 151, 222 ss, 370 ss.). Al netto delle tante discussioni in un Concilio, le ultime conclusioni, che riguardano la fede e i costumi, sono infallibili. Perché si abbia una definizione infallibile si richiede che la cosa venga proposta in maniera tale che dia assoluta certezza e non probabilità. Si richiede inoltre che i Concili generali manifestino con relativa evidenza la volontà di definire, perché non è detto che chi ha il diritto d'insegnare, come la Chiesa cattolica, abbia sempre di fatto la volontà d'insegnare. Una certa chiarezza, dunque, almeno relativa, è condizione indispensabile per il Magistero infallibile della Chiesa. Come pure la dichiarazione da parte della Chiesa di volere esercitare il suo Magistero infallibile affidatole da Gesù Cristo, fa sì che le sue definizioni siano veramente legge del credere, legge cioè che non ammette dubbio, perché legge dubbia non obbliga. Va ritenuta come dottrina definita ciò che è direttamente contenuto nelle stesse parole della definizione, ossia ciò a cui direttamente si riferisce la parola «definiamo» o sinonimi. Sul concetto di definizione sono sorti, soprattutto a partire dal Vaticano II, numerosi e gravi equivoci con cui si pretende equiparare le definizioni alle opinioni, o, peggio ancora, si fantastica di definizioni non infallibili o piuttosto di definizioni che definiscono benché non intendano definire, quindi vediamo subito cosa si intende per definizione.

I segni per riconoscere una definizione sono questi: - prima di tutto la parola «definiamo», quantunque non sia sempre perentoria, ci deve essere evidenza; - inoltre, quando si esprime l'obbligo, anche mediante sanzione, di confessare apertamente una determinata dottrina, per esempio «... a nessuno è lecito manifestare altra fede …» (Denzinger, 303); - altro segno di definizione è la dichiarazione esplicita che se uno ritiene diversamente, è alieno dalla fede, eretico cioè è separato dalla Chiesa (Denzinger, 2804). I Canoni poi dei Concili terminano coll'espressione anathema sit: si domanda se questo è un criterio irrefutabile per stabilire che trattasi di definizione dogmatica. Non lo è, ma può essere un indizio, dipende appunto dal contesto e dall’argomento. Come si vedrà, l'espressione anathema sit non è altro che una formula di scomunica, che può essere comminata per varie ragioni. La verità che l'autorità docente vuol definire è contenuta nelle parole della proposizione prese nel loro senso minimo possibile. Se una verità viene positivamente definita come dogma, non c'è dubbio che tanto la sua contraddittoria quanto la sua contraria sono eretiche; se invece una proposizione è condannata come eretica, allora soltanto la contraddittoria è dogma.

Quando non appare chiaro se in una proposizione sia definita qualche precisazione, allora ciò che è definito è soltanto un concetto generico, ossia quel minimo che è sufficiente a difende il dogma. Questo talvolta avviene quando la Chiesa condanna infallibilmente alcune proposizioni. A questo punto uno potrebbe domandare: perché la Chiesa a il Papa non si sono espressi con maggiore chiarezza? Perché non sono stati più precisi? Si risponde che il supremo Magistero della Chiesa può avere ragioni più che sufficienti per procedere in questo modo: mentre non c’era tempo per discutere convenientemente le varie affermazioni erronee, la condanna s’imponeva con urgenza ad impedire mali maggiori; d’altra parte, in tali circostanze la condanna bastava per impedire agli errori un loro ulteriore sviluppo e diffusione.

L’infallibilità del romano Pontefice fu definita dogma di fede nel Concilio Vaticano (Denzinger, 3073-3074): «(…) Definiamo essere dogma da Dio rivelato che il romano Pontefice, quando parla ex cathedra: cioè in funzione di pastore e dottore di tutti i cristiani, definisce, per la suprema sua autorità apostolica, una dottrina in materia di fede e di costumi da tenersi da tutta la Chiesa, in virtù dell’assistenza divina a lui promessa nel beato Pietro, gode di quell’infallibilità di cui il divin Redentore volle che la sua Chiesa fosse dotata nel definire la dottrina riguardante la fede e i costumi; e perciò le definizioni del medesimo romano Pontefice sono irreformabili per se stesse e non per consenso della Chiesa». Il Papa, dunque, è infallibile solo quando parla ex cathedra, ed è questa una prerogativa incomunicabile, strettamente personale, non perchè come persona privata abbia la garanzia di essere esente da errore o da eresia, ma nel senso che è infallibile ciascuno indistintamente dei successori di Pietro. La definizione vaticana non precisa l’oggetto dell’infallibilità pontificia, ma la dichiara identica a quella della Chiesa nel suo oggetto primario, cioè nell’insegnamento di quanto è esplicitamente o implicitamente rivelato in materia di fede e di costumi. Ma è evidente che non si possono escludere dal dominio della infallibilità pontificia le cosiddette «verità connesse», le quali, benché non si trovino formalmente nella Rivelazione, sono con questa così strettamente congiunte che vi si possono dire virtualmente contenute: un errore intorno a ciò metterebbe in pericolo la stessa fede. Tali verità sono le conclusioni teologiche, i fatti dogmatici, la canonizzazione dei santi e la legislazione ecclesiastica.

Perché si possa dire che il romano Pontefice parli ex cathedra, deve essere manifesto con relativa evidenza che egli ha la volontà di definire ex cathedra, essendo la volontà elemento essenziale dell’attività umana. Parlando poi ex cathedra il Papa può usare varie forme nel proporre una verità di fede: bolle, encicliche, lettere apostoliche, brevi; può servirsi anche di Concilii particolari dando conferma solenne alle loro decisioni. L’importante è che l’intenzione del Pontefice di definire una dottrina sia manifesta con certezza: per questo non si richiede una forma determinata, né egli è tenuto a servirsi di un mezzo piuttosto che d’un altro. Quando il romano Pontefice non manifesta la volontà di definire qualche dottrina, quantunque la ricordi e anche se ne serva, non può dirsi che parli di quella dottrina ex cathedra. L’infallibilità è, sì, un privilegio soprannaturale, ma l’uso di esso dipende dalla libera attività di chi gode di tale privilegio. Siamo in grado di riconoscere se il Pontefice ha fatto uso di tale privilegio, quando ricorrono, tutte insieme, delle condizioni che stiamo per elencare. Pertanto quando esse ricorrono, non ci è più possibile pensare che il Pontefice non abbia inteso usare il privilegio dell’infallibilità, in quanto gli è soprannaturalmente (cioé oltre la sua natura) garantito. Non ogni decreto pontificio, anche autentico, né ogni raccolta di proposizioni condannate, è locuzione ex cathedra. Pensiamo ad alcuni decreti disciplinari e particolari. Difatti non è infallibile un documento pontificio se non consta che il sommo Pontefice parli a tutta la Chiesa.

Concludendo dunque: perché si abbia locuzione ex cathedra si richiedono quattro condizioni: - che il Papa parli alla Chiesa universale; - che usi tutta la sua suprema autorità apostolica; - che intenda definire; - che si tratti di una cosa riguardante la fede e la morale. Che una definizione sia solenne, non dipende dal fatto che si usi una certa solennità esterna, ma dal fatto che il giudizio speciale e definitivo espresso, in cosa di tanta importanza, di natura sua è solenne. L’analisi dei documenti pontifici si fa seguendo le norme sopra spiegate per i documenti dei Concilii. Se in un documento pontificio ricorrono le suddette quattro condizioni, il che lo capiamo dall’oggettiva analisi (almeno logica) del testo, siamo certi che il legittimo Pontefice ha inteso godere del privilegio soprannaturale di infallibilità, difatti, se potesse in tal caso definire il falso, ne seguirebbe che Dio stesso sarebbe autore dell’errore dell’uomo, il che ripugna: «O Signore, se vi è errore, siamo stati da te ingannati» (Denzinger, 3305). Grandi Santi, i migliori teologi, ma anche alcuni Pontefici e numerosi Cardinali affermano che, in presenza di una ipotetica falsa definizione (ossia di una definizione contraria o contraddittoria al dogma), bisogna interrogarsi immediatamente sul suo contenuto e sul verificarsi delle quattro condizioni, poi finalmente sull'ente da cui essa proviene, ovvero considerarlo privo di quell’autorità necessaria ad ottenergli la prerogativa dell'infallibilità. Tale è, per esempio, la circostanza del cosiddetto «papa eretico». Secondo sant'Alfonso, san Bellarmino e sant'Antonino, per citare alcuni Santi eruditi, sarebbe doveroso, preso atto del fatto, constatare la vacanza della Sede. Ma questo è un altro discorso e tanto bisognerebbe aggiungere!  

Esiste nella Chiesa un Magistero ordinario infallibile che ha il potere di proporre dei dogmi di fede. La Chiesa esercita il suo Magistero ordinario in diversi modi. Il Magistero ordinario si esercita prima di tutto per mezzo della dottrina espressamente proposta e che viene comunicata, fuori delle definizioni formali, dal sommo Pontefice per tutta la Chiesa. Anche in questo caso, perché si abbiano verità dogmatiche, si richiede che siano proposte come rivelate. Tutto ciò che riguarda la fede e i costumi, e che dal Magistero ordinario viene infallibilmente insegnato come rivelato, deve considerarsi verità da tenersi di fede divina e cattolica (cf. Satis Cognitum, Leone XIII). Ecco, per esempio, alcune verità espresse in documenti della Chiesa da credersi per fede divina e cattolica. Nell’enciclica Diuturnum illud(del 1881) di Leone XIII s’insegna che l’origine divina della potestà civile è con evidenza attestata dalla Sacra Scrittura e dai monumenti dell’antichità cristiana (Denzinger, 3150-3152). Nell’enciclica Arcanum divinæ sapientiæ (1880) dello stesso Leone XIII, sul matrimonio cristiano, s’insegna la divina istituzione di questo sacramento, la sua indissolubilità e il diritto esclusivo e integrale della Chiesa sul matrimonio dei cristiani (Denzinger, 3142 ss.). Nell’enciclica Providentissimus Deus (del 1893), sempre di Leone XIII, questi due punti sono, per esempio, di fede cattolica: la nozione cattolica dell’ispirazione e l’assenza di ogni errore nel testo scritturale fedelmente conservato. Perciò che i libri della Scrittura godano in tutto di autorità infallibile è di fede cattolica, quantunque non sia solennemente definito (Denzinger, 3292-3294). Nell’enciclica Immortale Dei (del 1885), anch’essa di Leone XIII, s’insegna la massima indipendenza della Chiesa dall’autorità civile, e che essa per istituzione divina ha piena e assoluta autorità nel campo suo (Denzinger, 3168-3169). Il Simbolo atanasiano (Denzinger, 75-76), approvato dal Magistero ordinario dei sommi Pontefici, che lo fanno recitare ai sacerdoti nel breviario, ha valore dogmatico. Così dal Magistero ordinario vengono insegnate quelle verità dogmatiche che sono contenute nelle formule di professione di fede richieste dalla Santa Sede, come per esempio, nel simbolo di Papa Ormisda (Denzinger, 363-364) sull’infallibilità del romano Pontefice, nella professione di fede tridentina di Pio IV (Denzinger, 1862 ss.), nel giuramento contro i modernisti (Denzinger 2145). Le proposizioni contenute in questi documenti, quando certamente si può provare esservi insegnate come rivelate, sono di fede cattolica. Se inoltre vi si trova qualche verità non rivelata, questa è sempre una verità certissima; e anche in questa il Papa è infallibile, e il negarla sarebbe peccato mortale. Quanto poi al Simbolo degli Apostoli e a quello di Costantinopoli è chiaro che tutto ciò che in essi è contenuto, anche nelle minime parti, è di fede cattolica.

Le verità dottrinali e morali contenute nelle Liturgie approvate per la Chiesa universale, specialmente le verità che riguardano i Sacramenti e il santo Sacrificio della Messa, sono verità di fede cattolica anche prima che siano definite da qualche Concilio; così pure le verità rivelate contenute nell’approvazione solenne degli Ordini religiosi fatta dal Pontefice per tutta la Chiesa, specialmente l’eccellenza dei consigli evangelici e l’utilità soprannaturale dei mezzi di perfezione che sono contenuti nelle Regole di tali Ordini. Perciò se qualcuno disprezzasse i consigli evangelici sarebbe eretico.

Vi sono, tuttavia, alcuni documenti pontifici infallibili che non è facile distinguere se appartengano al Magistero ordinario o a quello solenne, benché questa distinzione non abbia una grande importanza. Citiamone alcuni. La lettera dogmatica di Papa Leone I a Flaviano, vescovo di Costantinopoli (Denzinger, 293). La lettera dogmatica di Papa Agatone intorno alle due volontà in Cristo: contiene un giudizio definitivo e irreformabile perché il Papa dichiara essere fuori della fede chi ritiene-diversamente (Denzinger, 548). La bolla Unam sanctam di Papa Bonifacio VIII: il dogma è contenuto in fine, dove si afferma essere necessaria la sottomissione di tutti gli uomini al romano Pontefice (Denzinger, 873-875). La costituzione Benedictus Deus di Papa Benedetto XII, relativa alla visione beatifica (Denzinger, 1000-1001). La costituzione Cum occasione, di Papa Innocenzo X, in cui si condannano come eretiche cinque proposizioni di Giansenio (Denzinger, 2001-2005).

La Chiesa esercita il suo infallibile Magistero ordinario non soltanto dichiarando espressamente la dottrina da tenersi per fede, ma anche mediante la dottrina implicitamente contenuta nella prassi, ossia nella vita stessa della Chiesa. La dottrina divina, infatti, comunicata alla Chiesa dalla parola di Dio, o il deposito della fede, può essere trasmessa per tradizione scritta, per tradizione orale e anche per tradizione pratica. Bisogna poi qui notare che quando si parla di pratica della Chiesa, piuttosto che riferirsi alla vita e all’azione dei fedeli, dobbiamo principalmente riferirci all’azione della Chiesa gerarchica che dirige la pratica dei fedeli. Così per ciò che riguarda la Liturgia, quantunque non si possa dire, come pensano i modernisti, che essa crea i dogmi, tuttavia, appunto perché la Liturgia riflette la fede della Chiesa, è prova di molti dogmi e perciò di molte verità teologicamente certe. Non c’è dubbio che nel modo con cui la Chiesa prega e loda il Signore, esprime ciò che crede e come lo crede e in base a quali concetti essa onora pubblicamente Dio. Con la liturgia si possono provare numerosi dogmi (es. l’Ascensione, il Primato giurisdizionale di Pietro, eccetera) e si possono confutare altrettante eresie (es. la pelagiana e la semipelagiana sulla grazia, confutate dagli Oremus della Chiesa). Una Chiesa fallibile nella riforma universale della Liturgia sarebbe un assurdo, poiché il culto riflette la fede. Difatti viene difesa la legittimità delle cerimonie della Messa (Denzinger, 1746, 1757, 1759); il canone della Messa è infallibile, ossia è esente da errori dogmatici (Denzinger, 1745, 1756).

Quanto all’infallibile vita giuridica universale della Chiesa, bisogna dire che i legittimi Concilii generali ed il legittimo Pontefice non possono stabilire leggi la cui osservanza sia peccato. Cristo, infatti, dette alla Chiesa la potestà di giurisdizione per condurre gli uomini alla vita eterna; ma se la Chiesa nelle sue leggi includesse il peccato mortale, obbligherebbe gli uomini a perdere la vita eterna. Né, d’altra parte, Dio può dispensare dalla legge naturale. Perciò la Chiesa non può definire come vizio ciò che è onesto, né, al contrario, onesto ciò che è vizio; non può approvare ciò che sia contrario al Vangelo o alla ragione. Quindi nel Codice di Diritto Canonico non può esservi nulla che si opponga in qualche modo alle regole della fede e alla santità del Vangelo.

Conclusione: quando si dice che una verità va creduta per fede divina e cattolica vuol dire ch’essa è un dogma di fede, cioè una verità rivelata da Dio e proposta dalla Chiesa. In due modi la Chiesa propone le verità da credersi per fede: o solennemente o per mezzo del Magistero ordinario; se avviene solennemente, allora la verità si dice di fede definita; se invece viene proposta dall’insegnamento ordinario nei vari modi sopra esposti potrebbe senz’altro dirsi dogma di fede cioè di fede divina e cattolica. Molti autori non applicano neanche questa distinzione e parlano semplicemente di dogma di fede.

Non ogni infallibile definizione è dogma di fede. Difatti i sommi Pontefici possono ex cathedra non solo definire verità di fede ma anche condannare proposizioni, non già necessariamente come eretiche, ma come false o come scandalose. Così Papa Pio VI nella costituzione Auctorem fidei (del 1794) condanna molte proposizioni. I Pontefici possono infallibilmente definire doversi tenere con piena adesione alcuni punti di dottrina, benché non di fede divina e cattolica: per esempio, i fatti dogmatici non basta accettarli tacendo, ma è necessario prestare l’ossequio dell’adesione interna ch’è la vera ubbidienza dell’uomo ortodosso (Denzinger, 2390 - leggete questa Costituzione, è fondamentale).


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 21:44. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com