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Quando il Papa è infallibile? E che cosa è la vera Tradizione? di Carlo di Pietro

Ultimo Aggiornamento: 20/11/2017 23:08
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10/11/2017 23:48
 
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Pio IX, «Dei Filius». Introduzione sulla fede cattolica

Il Vescovo Pio, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del Sacro Concilio (Vaticano, 24 aprile 1870, ndR). A perpetua memoria. Il Figlio di Dio e Redentore del genere umano, il Signore Nostro Gesù Cristo, accingendosi a ritornare al Padre celeste, promise che sarebbe rimasto con la sua Chiesa militante sulla terra, tutti i giorni, fino alla consumazione dei secoli. Pertanto Egli, in nessun tempo, mai tralasciò di essere sollecito ad aiutare la sua sposa diletta, di assisterla nell’insegnamento, di benedirla nelle sue opere, di soccorrerla nei pericoli.
Questa sua salutare Provvidenza, come apparve di continuo da altri innumerevoli benefici, così si manifestò grandissima in quei frutti che pervennero a tutto l’Orbe cristiano dai vari Concili Ecumenici e segnatamente da quello di Trento, quantunque sia stato celebrato in tempi malagevoli. Da questo Concilio infatti furono più espressamente definiti e più ampiamente esposti i dogmi santissimi della Religione, con la condanna e la repressione degli errori. Da tale Concilio venne reintegrata la disciplina ecclesiastica e più saldamente rinsaldata; fu promosso nel Clero l’amore della scienza e della pietà; furono preparati i collegi per educare gli adolescenti alla milizia sacerdotale; infine, furono restaurati i costumi del popolo cristiano con una più diligente istruzione dei fedeli e con l’uso più frequente dei Sacramenti.
Ne derivò inoltre una maggiore comunione delle membra col Capo visibile, e si aggiunse maggior vigore a tutto il Corpo mistico di Cristo; si moltiplicarono gli ordini religiosi e gli altri istituti di pietà cristiana, e sorse quell’ardore assiduo e costante nel propagare largamente per il mondo il regno di Cristo, fino allo spargimento del sangue. Ma mentre, con animo grato, rammentiamo doverosamente questi ed altri benefici che la divina clemenza ha elargito alla Chiesa, specialmente per mezzo dell’ultimo Sinodo ecumenico, non possiamo comprimere l’acerbo dolore causato principalmente dal fatto che o cadde in disprezzo presso moltissimi l’autorità del predetto santo Concilio, o perché si trascurarono i suoi sapientissimi decreti. 

Certamente nessuno ignora che le eresie, già condannate dai Padri del Concilio Tridentino, si divisero in varie sette in conseguenza del rigetto che si faceva del divino magistero della Chiesa e con il lasciare in balìa del giudizio di ciascuno le verità relative alla religione; e queste sette, discordando tra loro e combattendosi, fecero venir meno in molti ogni fede in Cristo. Così le stesse Sacre Scritture, che prima erano proclamate come la sola fonte della verità e il codice unico della dottrina cristiana, finirono coll’essere ritenute non più libri divini, fino ad essere annoverate fra i racconti mitici. Allora nacque e si diffuse ampiamente quella dottrina del razionalismo, o naturalismo, che combattendo in tutto la religione cristiana appunto perché di istituzione soprannaturale, con ogni sforzo si adopera di ottenere che, bandito il Cristo (il solo Signore e Salvatore nostro) sia dalla mente degli uomini, sia dalla vita e dai costumi dei popoli, si potesse instaurare il regno – come dicono – della pura ragione e della natura.
Abbandonata poi e rigettata la religione cristiana, rinnegato il vero Dio e il suo Cristo, alla fine molti precipitarono nel baratro del panteismo, del materialismo, dell’ateismo, cosicché, negando la stessa natura razionale e ogni norma di giustizia e di rettitudine, arrivano ad abbattere i fondamenti essenziali della società umana. Imperversando poi dovunque questa empietà, accadde miserabilmente che molti, pure figli della Chiesa cattolica, si smarrirono dalla via della vera pietà, ed oscurandosi in loro a poco a poco le verità, si attenuò anche il sentire cattolico.
Trasportati da queste instabili e speciose dottrine, confondendo malamente la natura con la grazia, la scienza umana con la fede divina, arrivano a corrompere il senso genuino dei dogmi professati dalla Santa Madre Chiesa e mettono in pericolo l’integrità e la sincerità della fede. In considerazione di tutte queste cose, come non possono commuoversi le intime viscere della Chiesa? Poiché, come Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano a conoscere la verità; come Cristo venne per salvare ciò che era perduto a congregare in uno i figli che erano dispersi, così la Chiesa, costituita da Dio Madre e Maestra dei popoli, ben sa di essere debitrice a tutti: pertanto è sempre pronta a sollevare i caduti, a sostenere i vacillanti, ad abbracciare quelli che ritornano, a confermare i buoni e ad indirizzarli verso le cose migliori. Perciò in nessun tempo essa può astenersi dall’attestare e predicare la verità di Dio che risana ogni cosa, non ignorando quello che a lei è stato detto: “Lo Spirito mio che è in te, e le mie parole che posi sulla tua bocca, non si allontaneranno dalla tua bocca né ora, né mai” (Is., 49, 21).

Noi dunque, seguendo le orme dei Nostri Predecessori, in virtù del Nostro Apostolico mandato, non cessiamo mai d’insegnare e difendere la verità cattolica e di condannare le dottrine perverse. Ora poi essendo qui uniti con Noi, deliberanti, tutti i Vescovi del mondo cattolico, dalla Nostra autorità congregati nello Spirito Santo in questo Concilio Ecumenico, fondandoci sulla parola di Dio, contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, come l’abbiamo ricevuta, santamente custodita e genuinamente interpretata dalla Chiesa cattolica, determinammo di professare e dichiarare al cospetto di tutti, da questa Cattedra di Pietro, con la potestà a Noi trasmessa da Dio, la salutare dottrina di Cristo, proscrivendo e condannando gli errori ad essa contrari.



Pio IX, «Dei Filius». Capitolo I. Dio creatore di tutte le cose


La Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana crede e confessa che uno solo è il Dio vivo e vero, Creatore e Signore del cielo e della terra, onnipotente, eterno, immenso, incomprensibile, infinito per intelletto, volontà e per ogni perfezione, il quale essendo unica singolare, assolutamente semplice ed immutabile sostanza spirituale deve essere predicato realmente e per essenza, distinto dal mondo, in sé e per sé beatissimo, ineffabilmente eccelso sopra tutte le cose che sono e che si possono concepire fuori di Lui. Questo solo vero Dio, per la Sua bontà e per la Sua onnipotente virtù, non già per accrescere od acquistare la Sua beatitudine, ma per manifestare la Sua perfezione attraverso i beni che dona alle Sue creature, con liberissima decisione fin dal principio del tempo produsse dal nulla l’una e l’altra creatura contemporaneamente, la spirituale e la corporale, cioè l’angelica e la terrena, e quindi l’umana, costituita in comune di spirito e di corpo [Conc. Later. IV, c. 1, Firmiter]. Iddio, con la Sua provvidenza, conserva e governa tutte le cose che Egli ha creato, estendendosi da un confine all’altro con forza, e disponendo soavemente ogni cosa (Sap., 8, 1). Infatti, tutte le cose sono nude e scoperte ai Suoi occhi (cf. Eb., 4, 13), anche quelle che per libera scelta delle creature saranno in avvenire. 

Canoni. I - Di Dio creatore di tutte le cose. 

1. Se qualcuno negherà l’unico vero Dio Creatore e Signore di tutte le cose visibili ed invisibili: sia anatema.

2. Se qualcuno non arrossirà affermando che nulla esiste all’infuori della materia: sia anatema.

3. Se qualcuno dirà che unica e identica è la sostanza, o l’essenza, di Dio e di tutte le cose: sia anatema.

4. Se qualcuno dirà che le cose finite, sia materiali, sia spirituali, o almeno le spirituali, sono emanate dalla sostanza divina; ovvero che la divina essenza per la sua manifestazione ed evoluzione diventa ogni cosa; ovvero infine che Dio è ente universale od indefinito, il quale determinando se stesso costituisce l’universo delle cose, distinto in generi, specie ed individui: sia anatema.

5. Se qualcuno non dichiara che il mondo e tutte le cose che in esso sono contenute, sia spirituali, sia materiali, secondo tutta la loro sostanza, sono stati da Dio prodotti dal nulla; o dirà che Dio non per volontà libera da ogni necessità, ma tanto necessariamente creò, quanto necessariamente ama se stesso; o negherà che il mondo sia stato creato a gloria di Dio: sia anatema. Prosegue ... 



Pio IX, «Dei Filius». Capitolo II. La Rivelazione

La medesima Santa Madre Chiesa professa ed insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza al lume naturale della ragione umana attraverso le cose create; infatti, le cose invisibili di Lui vengono conosciute dall’intelligenza della creatura umana attraverso le cose che furono fatte (Rm., 1, 20). Tuttavia piacque alla Sua bontà e alla Sua sapienza rivelare se stesso e i decreti della Sua volontà al genere umano attraverso un’altra via, la soprannaturale, secondo il detto dell’Apostolo: “Dio, che molte volte e in vari modi parlò un tempo ai padri attraverso i Profeti, recentemente, in codesti giorni, ha parlato a noi attraverso il Figlio” (Eb., 1, 1-2).

Si deve a questa divina Rivelazione se tutto ciò che delle cose divine è di per sé assolutamente inaccessibile alla ragione umana, anche nella presente condizione del genere umano può facilmente essere conosciuto da tutti con certezza e senza alcun pericolo di errore. Tuttavia non per questo motivo deve dirsi assolutamente necessaria la Rivelazione, ma perché nella Sua infinita bontà Dio destinò l’uomo ad un fine soprannaturale, cioè alla partecipazione dei beni divini, che superano totalmente l’intelligenza della mente umana; infatti Dio ha preparato per coloro che Lo amano quelle cose che nessun occhio vide, nessun orecchio mai udì, nessun cuore umano conobbe (1Cor., 2, 9).
Questa Rivelazione soprannaturale, secondo la fede della Chiesa universale, proclamata anche dal santo Concilio Tridentino, è contenuta nei libri scritti e nelle tradizioni non scritte ricevute dagli Apostoli dalla stessa bocca di Cristo o dagli Apostoli dalla stessa bocca di Cristo o dagli Apostoli, ispirati dallo Spirito Santo, tramandate di generazione in generazione fino a noi [Conc. Trid., Sess. IV, Decr. De Can. Script.]. Ora questi libri, sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, integri in tutte le loro parti, come sono numerati nel decreto del medesimo Concilio e come si trovano tradotti nell’antica edizione latina, devono ritenersi per sacri e canonici.

La Chiesa li considera sacri e canonici non perché, composti da opera umana, siano poi stati approvati dalla sua autorità, e neppure perché contengono la Rivelazione divina senza errore, ma perché, essendo stati scritti sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio come autore e come tali sono stati affidati alla Chiesa. Poiché quelle cose che il santo Concilio Tridentino decretò per porre conveniente freno alle menti presuntuose sono state interpretate in modo malvagio da taluni, Noi rinnoviamo il medesimo decreto e dichiariamo che questo è il suo significato: nelle cose della fede e dei costumi appartenenti alla edificazione della dottrina Cristiana deve essere tenuto per vero quel senso della sacra Scrittura che ha sempre tenuto e tiene la Santa Madre Chiesa, alla cui autorità spetta giudicare del vero pensiero e della vera interpretazione delle sante Scritture; perciò a nessuno deve essere lecito interpretare tale Scrittura contro questo intendimento o anche contro l’unanime giudizio dei Padri. 

Canoni. II - Della Rivelazione. 

1. Se qualcuno dirà che l’unico vero Dio, nostro Creatore e Signore, non può essere conosciuto con certezza dal lume naturale della ragione umana, attraverso le cose che da Lui sono state fatte: sia anatema.

2. Se qualcuno dirà che non è possibile o spiegabile che l’uomo, attraverso la divina Rivelazione, sia ammaestrato e illuminato su Dio e sul culto che Gli si deve prestare: sia anatema.

3. Se qualcuno dirà che l’uomo non può essere divinamente elevato ad una conoscenza e ad una perfezione che superino quelle naturali, ma che può e deve da se stesso arrivare al possesso di ogni verità e di ogni bene in un continuo progresso: sia anatema.

4. Se qualcuno non accetterà come sacri e canonici i libri interi della sacra Scrittura, in tutte le loro parti, come li ha accreditati il santo Concilio Tridentino, o negherà che siano divinamente ispirati: sia anatema.
 Prosegue ... 

 

Pio IX, «Dei Filius». Capitolo III. La Fede

Essendo l’uomo, in tutto il suo essere, dipendente da Dio, suo Creatore e Signore, ed essendo la ragione creata completamente soggetta alla Verità increata, noi siamo tenuti a prestare con la fede il nostro pieno ossequio di mente e di volontà a Dio rivelante. La Chiesa cattolica professa che questa fede, che è l’inizio della salvezza dell’uomo, è una virtù soprannaturale, con la quale, sotto l’ispirazione e la grazia di Dio, crediamo che le cose da Lui rivelate sono vere, non per la loro intrinseca verità individuata col lume naturale della ragione, ma per l’autorità dello stesso Dio rivelante, il quale né può ingannarsi, né può ingannare. La fede è, per testimonianza dell’Apostolo, sostanza delle cose sperate, argomento delle non apparenti (Eb., 11, 1).

Ma affinché l’ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Dio ha voluto che agli aiuti interiori dello Spirito Santo, si unissero gli argomenti esterni della sua Rivelazione, cioè gli interventi divini, come sono principalmente i miracoli e le profezie che dimostrano luminosamente l’onnipotenza e la scienza infinita di Dio e sono segni certissimi della divina Rivelazione e adatti all’intelligenza di tutti. Per questo Mosè e i profeti, ma specialmente Cristo Signore fecero molti e chiari miracoli e profezie; e degli Apostoli leggiamo: “Essi poi partirono e predicarono dappertutto, cooperando il Signore e confermando la loro predicazione con prodigi che li accompagnavano” (Mc., 16, 20). Sta pure scritto: “Abbiamo il linguaggio profetico più sicuro, che fate bene ad osservare, come lampada che splende in un luogo oscuro” [2Pt., 1, 19]. Benché, dunque, l’assenso alla fede non sia un cieco impulso dell’anima, tuttavia nessuno riesce ad aderire alla verità del Vangelo nel modo necessario per il conseguimento dell’eterna salvezza, senza l’illustrazione e l’ispirazione dello Spirito Santo, il quale dà a tutti soavità nel consentire e credere alla verità [Syn. Araus., II, can. 7].

Pertanto la stessa fede, anche quando non opera per la carità, è dono di Dio, e il suo atto è opera ordinata alla salvezza, con cui l’uomo presta a Dio libera obbedienza, cooperando e consentendo alla Sua grazia, alla quale però può sempre resistere. Quindi si devono credere con fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio, scritta o trasmessa per tradizione, e che vengono proposte dalla Chiesa, o con solenne definizione, o con il magistero ordinario e universale, come divinamente ispirate, e pertanto da credersi. Poiché senza la fede è impossibile piacere a Dio e giungere all’unione con i suoi figli, così senza di essa nessuno potrà mai essere assoluto, come pure nessuno conseguirà la vita eterna senza aver perseverato in essa sino alla fine. Affinché poi potessimo adempiere il dovere di abbracciare la vera fede e perseverare costantemente in essa, Dio, mediante il Suo Figlio Unigenito, istituì la Chiesa e la insignì di così chiare note perché potesse essere conosciuta da tutti come custode e maestra della parola rivelata. Infatti alla sola Chiesa cattolica appartengono tutte quelle cose così ricche e così meravigliose che sono state divinamente predisposte per la credibilità della fede cristiana.

Anzi, la Chiesa, per se stessa, cioè per la sua ammirevole propagazione nel mondo, per la sua esimia santità e per l’inesausta fecondità di tutti i suoi beni, per la sua unità, per l’invitta solidità è un grande e perenne motivo di credibilità, una testimonianza irrefragabile della sua istituzione divina. Onde avviene che essa, come vessillo levato fra le genti (Is., 11, 12), invita continuamente a sé quelli che non credono, e assicura i suoi figli che la fede da loro professata poggia su solidissimo fondamento. A questa testimonianza proviene un efficacissimo aiuto dalla suprema virtù. Infatti il misericordioso Signore eccita gli erranti, e li aiuta con la sua grazia affinché possano giungere a conoscere la verità; conferma con la stessa grazia coloro che trasse dalle tenebre nella sua mirabile luce, affinché perseverino nella stessa luce: non abbandona mai nessuno se non è abbandonato. Conseguentemente, non è pari la condizione di coloro che con il celeste dono della fede aderirono alla verità cattolica e la condizione di coloro che, guidati da opinioni umane, seguono una falsa religione.
Infatti, quelli che sotto il magistero della Chiesa hanno ricevuto la fede, non possono avere alcun giusto motivo per cambiare o mettere in dubbio la loro fede. Stando così le cose, rendendo grazie a Dio Padre, il quale ci ha fatti degni di partecipare nella luce alla sorte dei santi, non trascuriamo tanta salvezza, ma guardando all’autore e perfezionatore della fede, Gesù, manteniamo immutata la confessione della nostra speranza. 

Canoni. III - Della Fede.

1
. Se qualcuno dirà che la ragione umana è così indipendente che Dio non le può comandare la fede: sia anatema.

2. Se qualcuno dirà che la fede divina non si distingue dalla conoscenza naturale di Dio e delle cose morali, e che  perciò non si richiede alla fede divina che la verità rivelata sia creduta per l’autorità di Dio rivelante: sia anatema.

3. Se qualcuno dirà che la Rivelazione divina non può rendersi credibile per segni esterni, e che perciò gli uomini devono procedere verso la fede solo attraverso l’interiore esperienza o l’ispirazione privata di ciascuno: sia anatema.

4. Se qualcuno dirà che i miracoli sono impossibili e che quindi la loro narrazione, anche se contenuta nella sacra Scrittura, sia da relegare tra le favole e i miti; ovvero che i miracoli non si possono mai conoscere con certezza, né per mezzo di essi si può conoscere e provare sufficientemente la divina origine della religione cristiana: sia anatema.

5. Se qualcuno dirà che l’assenso alla fede cristiana non è libero, ma che si produce necessariamente dagli argomenti della ragione umana; ovvero che la grazia di Dio è necessaria alla sola fede viva che opera per la carità: sia anatema.

6. Se qualcuno dirà che la condizione dei fedeli e quella di coloro che ancora non sono arrivati all’unica vera fede sono pari, così che i cattolici possono avere giusto motivo per mettere in dubbio la fede che già ricevettero sotto il magistero della Chiesa, sospendendone l’assenso finché non abbiano compiuto la dimostrazione scientifica della credibilità e della verità della loro fede: sia anatema. 





 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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