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LA VERA RELIGIONE di sant'Agostino Vescovo

Ultimo Aggiornamento: 11/11/2017 19:00
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11/11/2017 18:55
 
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Con la sua morte e risurrezione Cristo s’è fatto peccato per noi senza contrarre alcun peccato.

13. 41. Egli fu quindi generato e concepito senza il benché minimo piacere di concupiscenza carnale e perciò senza contrarre alcun peccato originale, ancora per grazia di Dio integrato e incorporato, in modo mirabile e ineffabile, nell’unità della persona al Verbo unigenito del Padre, Figlio non per grazia, ma per natura; per questo Egli non può commettere alcun peccato, anche se, per affinità con la carne di peccato nella quale era venuto 88, è stato chiamato peccato anche Lui, che doveva sacrificarsi per lavare i peccati. Ora nella legge antica si chiamavano peccati i sacrifici per i peccati 89; essi però adombravano quel che Egli è diventato realmente. Per questo l’Apostolo, dopo aver detto: Vi supplichiamo in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio 90, ha aggiunto subito dopo le seguenti parole: Colui che non aveva conosciuto peccato, lo fece peccato per noi, perché noi fossimo in Lui giustizia di Dio 91. Non dice, come si legge in alcuni codici ingannevoli: " Egli, che non ha conosciuto peccato, fece il peccato per noi ", come se Cristo stesso avesse peccato per noi; dice piuttosto: Colui che non aveva conosciuto peccato, cioè Cristo, lo fece peccato per noi Dio, con il quale dobbiamo essere riconciliati, cioè sacrificio per i peccati, grazie al quale poter essere riconciliati. Egli quindi è stato peccato, perché noi fossimo giustizia, e non giustizia nostra ma di Dio, non in noi ma in Lui; come di fatto Egli ha manifestato non il suo peccato, ma il nostro, costituito non in Lui, ma in noi, per affinità con la carne di peccato 92, nella quale Egli fu crocifisso; in tal modo, dal momento che in Lui non v’era peccato, morendo alla carne, nella quale vi era affinità con il peccato, Egli sarebbe morto in un certo senso al peccato e, non essendo mai vissuto secondo l’antica logica del peccato, avrebbe significato con la sua risurrezione il nostro rigenerarci a vita nuova, a partire dall’antica morte del peccato che ci era toccata 93.

 

La morte e la risurrezione di Cristo segni del sacramento del battesimo.

13. 42. Proprio questo celebra in noi il grande sacramento del battesimo: quanti sono toccati da questa grazia muoiono al peccato, proprio come Cristo si dice morto al peccato, poiché è morto alla carne, cioè all’affinità con il peccato, e vivono rinascendo dal lavacro, come Cristo risorgendo dal sepolcro, indipendentemente dalla loro età.

 

Il battesimo di Cristo è necessario in ogni età.

13. 43. Dal piú piccolo appena nato fino al vecchio decrepito infatti, come non si deve negare a nessuno il battesimo, cosí non c’è nessuno che non muoia al peccato nel battesimo; mentre però i piccoli muoiono soltanto al peccato originale, i piú grandi muoiono a tutti questi peccati, che hanno aggiunto con una cattiva condotta a quello contratto con la nascita.

 

Differenza fra i peccati dei più grandi e il peccato dei più piccoli.

13. 44. Eppure anche di questi ultimi si dice generalmente che muoiono al peccato, mentre non c’è dubbio che essi muoiono non ad un solo peccato, bensí a molti, a tutti quelli che essi hanno già commesso personalmente in pensieri, parole ed opere; si è soliti infatti designare il singolare anche per il plurale, come disse il poeta: ne riempiono il ventre con il soldato in armi 94, pur avendolo fatto con numerosi soldati. E nella nostra Scrittura si legge: Prega dunque il Signore, perché allontani da noi il serpente 95; per dir questo non parla di serpenti, che pure affliggevano il popolo; e cosí via. Se poi anche quell’unico peccato originale è designato al plurale, quando diciamo che i piú piccoli sono battezzati per la remissione dei peccati, si ricorre alla figura contraria, per cui si designa il singolare attraverso il plurale. Cosí nel Vangelo si dice, dopo la morte di Erode: Sono morti coloro che insidiavano l’anima del bambino 96, anziché: è morto. E nell’Esodo: Si sono fabbricati degli dèi d’oro 97, per essersi fabbricato un solo vitello, di cui dissero: Questi sono i tuoi dèi, Israele, che ti fecero uscire dalla terra d’Egitto 98, usando anche qui il plurale per il singolare.

 

Sono tanti i peccati inclusi nell’unico peccato entrato nel mondo attraverso un unico uomo.

13. 45. Del resto anche in quell’unico peccato, che a causa di un solo uomo è entrato nel mondo, raggiungendo tutti gli uomini 99, e per il quale anche i piú piccoli sono battezzati, si possono intendere numerosi peccati, suddividendolo in un certo senso in tutte le sue singole parti. Vi è infatti anche la superbia, perché l’uomo ha preferito il proprio potere a quello di Dio; il sacrilegio, perché non ha creduto a Dio; l’omicidio, perché s’è precipitato nella morte; l’impurità spirituale, perché l’integrità della mente umana è stata violata dalla seduzione del serpente; il furto, perché è stato rubato il cibo proibito; l’avarizia, perché ha desiderato piú di quanto doveva bastargli; e quant’altro si può ancora scoprire, con un attento esame, in quest’unico misfatto.

 

I peccati dei progenitori che gravano sui figli e il soccorso della grazia e della misericordia divina.

13. 46. Si dice, non senza buone ragioni, che sui piú piccoli grava anche l’ipoteca dei peccati dei progenitori, non solo dei primi uomini, ma anche di coloro dai quali essi sono nati. L’affermazione divina: Farò ricadere sui figli i peccati dei padri 100 indubbiamente li vincola prima che, attraverso la rigenerazione, comincino ad appartenere al Nuovo Testamento, quel Testamento che è oggetto della profezia di Ezechiele, quando dice che i figli non porteranno i peccati dei propri padri e in Israele non avrà piú ragion d’essere l’espressione: I padri mangiarono l’uva acerba e i denti dei figli furono allegati 101. Ognuno quindi rinasce, in modo che sia sciolta in lui ogni traccia di peccato con cui nasce. Quanto ai peccati che vengono commessi in seguito per la cattiva condotta, possono anch’essi essere riparati pure con la penitenza, come costatiamo anche dopo il battesimo. È stata istituita la rigenerazione, perciò, solo perché era corrotta la generazione, tanto che persino chi è nato da un matrimonio legittimo può dire: Nelle iniquità sono stato generato e nei peccati mi ha concepito mia madre 102. Non ha detto: " Nell’iniquità o nel peccato ", pur potendolo dire correttamente, ma ha preferito parlare di iniquità e di peccati, poiché anche in quell’unica colpa, che ha raggiunto tutti gli uomini e che è talmente grave da determinare la trasformazione della natura umana, piegandola alla necessità della morte, si riscontrano, come sopra ho esposto, numerosi peccati; anche quelli dei genitori, fra l’altro, che non possono trasformare a tal punto la natura, vincolano pur sempre i figli con l’ipoteca della colpa, se non interviene la gratuità della grazia e la divina misericordia.

 

Come intendere la trasmissione dei peccati fino alla terza e alla quarta generazione.

13. 47. Quanto poi ai peccati degli altri progenitori, che costituiscono per ciascuno la linea di successione da Adamo fino al proprio padre, non è infondato porsi delle domande: colui che nasce risulta coinvolto nelle cattive azioni di tutti e nelle colpe originali che si sono moltiplicate, al punto che peggiora sempre la condizione di chi nasce piú tardi? Oppure Dio minaccia di far gravare sui discendenti i peccati dei progenitori fino alla terza e alla quarta generazione 103, non estendendo ulteriormente la sua collera alle colpe degli ascendenti secondo la misura della sua compassione? Questo per evitare che coloro, ai quali non è rimessa la grazia della rigenerazione, fossero schiacciati da un carico eccessivo nella dannazione eterna, se costretti a contrarre i peccati originali di tutti i progenitori che li hanno preceduti sin dagli inizi del genere umano e ad espiarne le pene dovute. O ancora, ad un esame e ad uno studio piú attenti delle Sacre Scritture, è possibile o impossibile giungere a conclusioni diverse su una materia del genere? Non oso affermarlo a cuor leggero.

 

Solo in virtù di Gesù Cristo, mediatore fra Dio e gli uomini, è possibile salvarsi dal peccato originale.

14. 48. In ogni caso, quell’unico peccato, commesso con tale gravità in un luogo e in una condizione di tanta felicità, che in un solo uomo originariamente e, per cosí dire, radicalmente, è stato condannato tutto quanto il genere umano, è sciolto e lavato solo dall’unico mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesú 104, il solo che poté nascere senza aver bisogno di rinascere.

 

Valore del battesimo di Giovanni, accettato da Cristo per umiltà.

14. 49. Non rinascevano infatti quanti ricevevano il battesimo di Giovanni, che anch’Egli ricevette; ma erano preparati dal ministero del precursore che diceva: Preparate la via al Signore 105, a quest’unico battesimo nel quale soltanto potevano rinascere. Il battesimo di Cristo, infatti, non è di acqua soltanto, come fu quello di Giovanni, ma anche di Spirito Santo 106, in modo che chiunque crede in Cristo possa essere rigenerato da quello Spirito, dal quale Cristo è stato generato senza aver bisogno di rigenerazione. Perciò quella voce del Padre, pronunziata sopra il battezzato: Io oggi ti ho generato 107, non indicò quell’unico giorno del tempo in cui fu battezzato, bensí dell’eternità che non muta, per rendere manifesto che quell’uomo apparteneva alla persona dell’Unigenito. Quando infatti il giorno non prende inizio dal termine del precedente, né finisce con il cominciare del seguente, è un oggi eterno. Dunque Egli volle essere battezzato con acqua da Giovanni 108, non perché fosse lavata qualche sua iniquità, ma perché fosse fatta valere la grande umiltà. Il battesimo non trovò quindi in Lui nulla da purificare, come la morte nulla da punire; cosí il diavolo, schiacciato e vinto dalla verità della giustizia, non dalla violenza del potere, per averlo ucciso in modo assolutamente iniquo senza che fosse colpevole d’alcun peccato, avrebbe perso grazie a lui in modo assolutamente giusto coloro che, colpevoli di peccato, egli tratteneva. Da Cristo furono quindi assunte entrambe le cose, cioè il battesimo e la morte, in vista di un piano preciso, non per una miserabile fatalità, bensí per una volontà di misericordia, perché quindi uno solo togliesse i peccati del mondo 109, cosí come uno solo introdusse il peccato nel mondo 110, cioè in tutto intero il genere umano.

 

La grazia di Cristo ha cancellato anche gli altri peccati, aggiuntisi a quello originale.

14. 50. Senonché quell’unico uomo introdusse il peccato nel mondo, mentre quest’unico redentore non portò via solo quell’unico peccato, ma simultaneamente tutti quelli che vi trovò aggiunti. Perciò l’Apostolo dice: Non è accaduto per il dono come per il peccato di uno solo: il giudizio provenne da un solo peccato per la condanna, la grazia invece da molte colpe per la giustificazione 111. In effetti quell’unico peccato contratto in origine, anche se solo, ci rende soggetti alla condanna, mentre la grazia giustifica da molte colpe l’uomo che, oltre all’unico peccato contratto in origine con tutti, ne ha commesse da sé anche molte altre.

 

Chi è nato da Adamo è mantenuto nella condanna, chi è rinato in Cristo ne è liberato.

14. 51. Prendiamo poi quel che si dice un po’ piú avanti: Come dunque per la colpa di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, cosí anche per la giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà la vita 112; ciò basta ad indicare che non c’è nessuno, nato da Adamo, che non sia trattenuto nella condanna e nessuno è liberato dalla condanna, che non sia rinato in Cristo.

 

Il mistero universale di salvezza del battesimo nella croce di Cristo raccomandato dall’Apostolo.

14. 52. Dopo aver parlato di questa pena, introdotta da un solo uomo, e della grazia, anch’essa introdotta da un solo uomo, per quel che ritenne sufficiente in quel punto della sua lettera, egli raccomandò il grande mistero del santo battesimo nella croce di Cristo, per farci comprendere che il battesimo di Cristo non raffigura altro che la sua morte, e la morte di Cristo crocifisso nient’altro che la remissione del peccato. Come infatti la sua fu vera morte, cosí la nostra fu vera remissione dei peccati, e come la sua fu vera risurrezione, cosí la nostra fu vera giustificazione. Disse infatti: Che diremo dunque? Continueremo a restare nel peccato perché abbondi la grazia? 113 Prima infatti aveva detto: Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia 114. Perciò sollevò la questione se per conseguire l’abbondanza della grazia si dovesse restare nel peccato, rispondendo però: Giammai! E aggiungendo: Se siamo morti al peccato, come potremo vivere in esso? 115 Quindi, per mostrare che siamo morti al peccato, disse: Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesú, siamo stati battezzati nella sua morte? 116 Se dunque qui si mostra che siamo morti al peccato, poiché siamo stati battezzati nella morte di Cristo, anche i piú piccoli che sono battezzati in Cristo muoiono certamente al peccato, poiché sono battezzati nella sua morte. È stato detto infatti, senza fare alcuna eccezione, che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesú, siamo stati battezzati nella sua morte, e questo per accreditare il fatto che siamo morti al peccato. A quale peccato del resto i piú piccoli, rinascendo, possono morire, all’infuori del peccato contratto con la nascita? Perciò riguarda anche loro quanto viene detto di seguito: Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a Lui nella morte, perché, come Cristo fu risuscitato dai morti per la gloria del Padre, cosí anche noi possiamo camminare in novità di vita. Se infatti siamo stati completamente uniti a Lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione: sappiamo infatti che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso insieme a Lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato e noi non fossimo piú schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è stato ormai riscattato dal peccato. Ma se noi siamo morti con Cristo, crediamo che vivremo anche insieme con Lui: sappiamo che Cristo, risuscitando dai morti, ormai non muore piú, la morte non ha piú potere su di Lui. In quanto Egli è morto al peccato, è morto una sola volta, ma in quanto vive, Egli vive per Dio. Cosí anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesú 117. Qui aveva incominciato a dare la prova che noi non dobbiamo restare nel peccato, perché abbondi la grazia, dicendo: Se siamo morti al peccato, come potremo vivere in esso? E per mostrare che noi siamo morti al peccato, aveva aggiunto: Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesú, siamo stati battezzati nella sua morte? In tal modo egli ha concluso tutto questo passo come l’aveva cominciato. Ha introdotto quindi la morte di Cristo, per poter dire che anch’egli morí al peccato: a quale peccato, se non alla carne, nella quale era non certo il peccato, ma qualcosa che gli assomigliava e che perciò prese il nome di peccato? Disse quindi a coloro che erano stati battezzati nella morte di Cristo (non i soli adulti, ma anche i piú piccoli): Cosí anche voi (che siete come Cristo) consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesú.

 

La morte, risurrezione e ascensione al cielo di Cristo figura della vita cristiana sulla terra.

14. 53. Dunque tutto quel che è accaduto sulla croce di Cristo, nella sepoltura, il terzo giorno nella risurrezione, nell’ascensione al cielo e nel sedersi alla destra del Padre, è accaduto in modo che a queste realtà, non simbolicamente solo a parole, ma anche con i fatti possa conformarsi la vita cristiana che in esse si realizza. È a motivo della sua croce che infatti è stato detto: Quelli che sono di Gesú Cristo, hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e concupiscenze 118; a motivo della sepoltura: Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a Cristo nella morte 119; a motivo della risurrezione: Come Cristo fu risuscitato dai morti per la gloria del Padre, cosí anche noi possiamo camminare in novità di vita 120; a motivo dell’ascensione al cielo e del suo sedersi alla destra del Padre: Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassú, dove Cristo siede alla destra del Padre; gustate le cose di lassú, non quelle che sono sopra la terra: voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta insieme con Cristo in Dio 121.

 

La fede in Cristo che verrà dal cielo a giudicare i vivi e i morti non riguarda questa vita.

14. 54. Quel che poi confessiamo riguardo a Cristo come evento futuro, che cioè verrà dal cielo a giudicare i vivi e i morti, non riguarda la nostra vita che conduciamo quaggiú, poiché non si tratta di ciò che Egli ha già compiuto, ma di quanto si dovrà compiere alla fine dei tempi. È a questo riguardo che l’Apostolo, proseguendo, ha aggiunto: Quando si manifesterà Cristo, vostra vita, allora anche voi vi manifesterete insieme a Lui nella gloria 122.

 

Due interpretazioni del giudizio finale.

14. 55. In due modi si può intendere il fatto che Egli giudicherà i vivi e i morti: o possiamo intendere come vivi coloro che qui non sono ancora morti e che all’atto della sua venuta saranno trovati ancora fisicamente vivi, e come morti coloro che, prima della sua venuta, hanno abbandonato il proprio corpo o stanno sul punto di abbandonarlo; oppure come vivi i giusti e come morti gli ingiusti, poiché anche i giusti saranno giudicati. In qualche caso infatti il giudizio di Dio viene evocato in senso negativo, donde l’espressione: Quanti hanno operato il male, andranno alla risurrezione del giudizio123; in qualche altro caso anche in senso buono, secondo quanto è stato detto: Dio, per il tuo nome salvami, e nella tua potenza giudicam 124. È attraverso il giudizio di Dio che vengono discriminati i buoni dai cattivi, in modo che i buoni, che debbono essere liberati dal male e non perduti con i cattivi, vengano separati alla sua destra125. Di qui il grido del Salmo: Giudicami, o Dio; e come per esplicitare meglio: Distingui la mia causa dalla gente non santa 126.

 

La fede nello Spirito Santo, al quale la Chiesa è congiunta come a Dio il suo tempio.

15. 56. Dopo aver parlato di Gesú Cristo, unico Figlio di Dio, Signore nostro, restando nei limiti di questa confessione, aggiungiamo di credere, come sai, anche nello Spirito Santo, in modo che risulti compiuta la Trinità che è Dio. Viene quindi ricordata la santa Chiesa; essa ci offre la possibilità di comprendere che la creatura razionale, appartenente alla Gerusalemme libera 127, doveva essere collocata in subordine, dopo la menzione del Creatore, cioè di quella somma Trinità. Infatti tutto quel che è stato detto di Cristo uomo riguarda l’unità personale dell’Unigenito. L’ordine corretto di questa confessione reclamava pertanto che alla Trinità fosse congiunta la Chiesa, come all’abitante la sua casa, a Dio il suo tempio, al fondatore la sua città. E la Chiesa dev’essere intesa nella sua totalità, non solo nella parte che è pellegrina sulla terra e loda il nome del Signore dal sorgere del sole al suo tramonto 128, cantando un canto nuovo129 dopo la schiavitú antica, ma anche quella che è eternamente in comunione nei cieli con chi l’ha fondata, né ha mai sperimentato il male di una sua caduta. Essa persiste beata fra i santi Angeli e reca il soccorso necessario alla parte di sé che è ancora pellegrina, poiché entrambe saranno unite in una comunità eterna, mentre ora lo sono nel vincolo della carità, essendo stata tutta istituita per adorare l’unico Dio. Perciò né la Chiesa tutta intera, né una sua parte vuole essere adorata al posto di Dio, né essere Dio per chiunque appartenga al tempio di Dio, costituito di quegli dèi creati dal Dio increato130. Per questo, se lo Spirito Santo fosse creatura, anziché creatore, sarebbe senz’altro creatura razionale (è questa infatti la creatura somma); in base al principio di fede, perciò, non sarebbe anteposto alla Chiesa, appartenendo anch’egli ad essa in quella sua parte che è nei cieli, né avrebbe un tempio, essendo un tempio egli stesso. Invece un tempio lo ha e l’Apostolo ne parla: Non sapete che i vostri corpi sono tempio in voi dello Spirito Santo che avete da Dio? 131 E altrove: Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? 132 Come dunque può non essere Dio, se ha un tempio, o essere inferiore a Cristo, se ha le sue membra come tempio? Né il suo tempio è altro rispetto al tempio di Dio, dal momento che l’Apostolo li identifica: Non sapete che siete tempio di Dio? E per provarlo, ha aggiunto: E che lo Spirito Santo abita in voi? 133 Dio quindi abita nel suo tempio, non solo lo Spirito Santo, ma pure il Padre e il Figlio, il quale, anche a proposito del proprio corpo, in virtú del quale è diventato il capo della Chiesa che è in mezzo agli uomini, per ottenere Egli stesso il primato su tutte le cose134, ha detto: Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere 135. Infatti il tempio di Dio, cioè di tutta intera la somma Trinità, è la santa Chiesa, che è universale in cielo e sulla terra.

 

La Chiesa celeste senza macchia.

15. 57. Quanto alla Chiesa che è in cielo, poi, non possiamo affermare se non che là nessuno è cattivo e che inoltre nessuno ne è caduto o cadrà, da quando Dio non risparmiò gli angeli peccatori, come scrive l’apostolo Pietro, ma li precipitò negli abissi tenebrosi dell’inferno, serbandoli per il giudizio di punizione136.

 

Come intendere le differenze tra gli angeli buoni e considerare la natura degli astri.

15. 58. Ma qual è la struttura di quella società totalmente beata e superiore? Come vi si configurano le differenze di grado? Anche se tutti vengono definiti Angeli, secondo una certa denominazione generale, cosí come leggiamo nella Lettera agli EbreiA quale degli angeli poi ha detto: Siedi alla mia destra? 137(significando che tutti indistintamente sono chiamati Angeli), nondimeno vi sono degli Arcangeli. E i medesimi Arcangeli sono definiti Virtú? Infatti usando l’espressione: Lodatelo, voi tutti, suoi Angeli; lodatelo, voi tutte sue virtú 138, è come dire: "Lodatelo, Angeli tutti; lodatelo Arcangeli tutti". E come si differenziano quei quattro titoli, con i quali l’Apostolo sembra aver abbracciato tutta quanta la società celeste, quando ha detto: E Troni, e Dominazioni, e Principati, e Potestà 139? Rispondano a queste domande quanti vi riescono, purché siano in grado di provare le loro affermazioni: quanto a me, confesso la mia ignoranza. Io non so nemmeno con certezza se rientrino in quella società il sole e la luna e tutte le stelle, benché ad alcuni sembrino corpi luminosi, ma privi di sensibilità e intelligenza.

 

Il difficilissimo problema relativo al corpo degli angeli.

15. 59. Chi potrà spiegare parimenti con quali corpi gli angeli siano apparsi agli uomini, in modo da risultare non solo visibili, ma anche tangibili ? D’altra parte non è grazie ad una massa corporea, ma ad un potere spirituale che possono presentare alcune visioni agli occhi non materiali, bensí spirituali, o alle menti, o dire qualcosa non all’orecchio esteriore, ma nell’interiorità dell’animo umano, dove anch’essi sono attestati; sta scritto infatti nel libro dei Profeti: L’angelo che parlava in me mi disse 140 (e non: Che parlava a me, bensí: In me); oppure apparire durante il sonno, parlando come in sogno; ne abbiamo una prova nel Vangelo, dove si dice: Ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse 141. Questi modi sembrano indicarci che gli angeli non hanno corpi palpabili, suscitando la questione estremamente difficile circa il modo in cui i patriarchi abbiano potuto lavare loro i piedi 142, e Giacobbe abbia potuto combattere con l’angelo, lottando in modo cosí duro 143. Sollevando tali domande e avanzando ciascuno come può delle supposizioni, si compie un esercizio non inutile dell’intelligenza, purché si resti nell’ambito di una discussione misurata e ci si guardi dall’errore di quanti suppongono di sapere quel che non sanno. Riguardo a questioni come queste, o simili a queste, che importanza ha giungere ad affermazioni o a negazioni o a definizioni discriminanti, quando non è colpevole il non sapere ?

 

L’importanza di discernere, per grazia di Dio, i travestimenti di satana.

16. 60. È piú importante saper riconoscere in modo oculato quando Satana si maschera da angelo di luce 144, per non lasciarci ingannare ed attrarre in qualche pericolo fatale. Quando inganna i sensi corporei, infatti, ma non riesce a smuovere la mente da un pensiero vero e retto, in base al quale il credente conduce la propria vita, non c’è alcun pericolo per la religione; come pure quando, fingendosi buono, compie o dice cose convenienti agli angeli buoni, anche se viene ritenuto buono, non si tratta di un errore rovinoso o contagioso per la fede cristiana. Quando però, attraverso queste azioni ostili, egli comincia a trascinare dalla sua parte, allora il riconoscerlo e il non andargli dietro è un atto di grande e indispensabile accortezza. Ma quanti sono gli uomini capaci di sfuggire a tutti i suoi tragici tranelli, senza la guida e la protezione divina? Questa stessa difficoltà torna utile, perché nessuno riponga la propria speranza in se stesso o comunque in un altro uomo, ma la ripongano in Dio tutti i suoi fedeli: nessuna persona religiosa può mettere in dubbio che è questa la cosa piú conveniente per noi.

 

La piena manifestazione della Chiesa celeste e il senso in cui Cristo è morto anche per gli angeli.

16. 61. Tale Chiesa quindi, composta di santi Angeli e di Virtú di Dio, ci si manifesterà realmente quando sarà compiuta la nostra unione finale ad essa, nel possesso comune della beatitudine eterna. Ci è piú nota, invece, questa Chiesa distante da quella nel suo pellegrinare sulla terra, poiché ne siamo parte, in quanto è fatta di uomini come noi. In virtú del sangue del mediatore, che non aveva alcun peccato, essa è stata redenta da ogni peccato e parla cosí: Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi 145. Cristo infatti non è morto per gli Angeli. Nondimeno è anche per gli Angeli la redenzione e liberazione degli uomini dal male, resa possibile per mezzo della sua morte, in quanto in un certo senso li fa tornare in grazia con loro, dopo le ostilità tra gli uomini e i santi Angeli generate dal peccato, e la redenzione stessa degli uomini è motivo di riparazione dei guasti prodotti da quella caduta degli Angeli.

 

Gli Angeli santi conoscono da Dio il numero degli uomini che integreranno la città celeste.

16. 62. Effettivamente gli Angeli santi, istruiti da Dio e beati nella contemplazione della sua eterna verità, conoscono il numero supplementare che quella città si aspetta da parte del genere umano per essere completa. Perciò l’Apostolo ha parlato del disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra 146. Ebbene, quelle del cielo sono ricapitolate quando viene reintegrata dagli uomini quella parte che negli angeli era venuta meno, mentre sono ricapitolate quelle che sono sulla terra quando gli stessi uomini, predestinati alla vita eterna, sono rigenerati dal loro antico stato di corruzione. Cosí, in virtú di quello speciale sacrificio costituito dall’immolazione del Mediatore, l’unico sacrificio raffigurato da numerose vittime sotto la Legge, le cose del cielo si sono rappacificate con quelle della terra, e le cose della terra con quelle cielo, come ha detto ancora l’Apostolo: Piacque a Dio far abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce le cose che sono sulla terra e quelle nei cieli 147.

 

Come intendere la pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza e che condivideremo con gli angeli.

16. 63. Questa pace, sta scritto, sorpassa ogni intelligenza 148 e noi non possiamo conoscerla che quando l’avremo raggiunta. E come possono rappacificarsi le cose del cielo se non con noi, cioè ritrovando la concordia con noi? Lassú infatti la pace c’è sempre in tutte le creature spirituali, tra loro e con il loro Creatore. Si tratta di una pace, come è stato detto, che sorpassa ogni intelligenza, beninteso la nostra, non di quanti vedono sempre il volto del Padre 149. Noi invece, per quanto grande possa essere in noi stessi l’intelligenza umana, abbiamo una conoscenza imperfetta ed ora vediamo attraverso uno specchio, indirettamente 150. Quando poi saremo uguali agli Angeli di Dio 151, allora come loro vedremo faccia a faccia e potremo essere in pace con loro proprio come anch’essi lo sono con noi, poiché saremo in condizione di amarli con lo stesso amore che essi nutrono per noi. La loro pace pertanto ci sarà nota, in quanto anche la nostra sarà della stessa natura ed entità, né sorpasserà piú la nostra intelligenza, mentre la pace di Dio che lassú ricadrà su di noi sorpasserà indubbiamente la nostra e la loro intelligenza. È Lui infatti la fonte della beatitudine di ogni creatura razionale che è beata, non viceversa. Si può cosí intendere meglio quanto è stato scritto: La pace di Dio sorpassa ogni intelligenza; dicendo ogni intelligenza, non si può eccettuare nemmeno la stessa intelligenza dei santi Angeli; unicamente quella divina invece fa eccezione: la sua pace infatti non sorpassa la sua intelligenza.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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