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Consacrazione del genere umano a Cristo Re (storia importante di questa Solennità)

Ultimo Aggiornamento: 21/11/2017 23:49
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21/11/2017 23:49
 
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4. GENUINA FEDE NELLA CHIESA

La fede in Gesù Cristo non resterà pura e incontaminata, se non sarà sostenuta e difesa dalla fede nella Chiesa, colonna e fondamento della verità(16). Cristo stesso, Dio benedetto in eterno, ha innalzato questa colonna della fede; il suo comandamento di ascoltare la Chiesa(17) e di sentire, attraverso le parole e i comandamenti della Chiesa, le sue parole stesse e i suoi stessi comandamenti(18), vale per gli uomini di tutti i tempi e di tutte le regioni. La Chiesa, fondata dal Salvatore, è unica per tutti i popoli e per tutte le nazioni, e sotto la sua volta, la quale si inarca come il firmamento sull’universo intero, trovano posto e asilo tutti i popoli e tutte le lingue, e possono svolgersi tutte le proprietà, qualità, missioni e compiti, che sono stati assegnati da Dio, creatore e salvatore, agli individui e alle società umane. L’amore materno della Chiesa è tanto largo da vedere nello sviluppo, conforme al volere di Dio, di tali peculiarità e compiti particolari, piuttosto la ricchezza delle varietà che il pericolo di scissioni; gode dell’elevato livello spirituale degli individui e dei popoli, scorge con gioia e alterezza materna nelle loro genuine attuazioni frutti di educazione e di progresso, che benedice e promuove, ogni qualvolta lo può secondo verità. Ma sa pure che a questa libertà son segnati limiti dal comandamento della divina maestà, che ha voluto e fondato questa Chiesa come unità inseparabile nelle sue parti essenziali. Chi attenta a questa inscindibile unità toglie alla sposa di Cristo uno dei diademi, con cui Dio stesso l’ha coronata; sottomette l’edificio divino che posa su fondamenta eterne, al riesame e alla trasformazione da parte di architetti, ai quali il Padre Celeste non ha concesso alcun potere.

La divina missione, che la Chiesa compie tra gli uomini e deve compiere per mezzo di uomini, può essere dolorosamente oscurata dall’umano, talvolta troppo umano, che, in certi tempi, ripullula quasi zizzania in mezzo al grano del regno di Dio. Chi conosce la parola del Salvatore sopra gli scandali e coloro che li danno, sa come la Chiesa e ciascun individuo deve giudicare su ciò che fu ed è peccato. Ma chi, fondandosi su questi lamentevoli contrasti tra fede e vita, tra parola e azione, tra il contegno esteriore e l’interno sentire di alcuni — e fossero anche molti — pone in oblio, o coscientemente passa sotto silenzio, l’immenso capitale di genuino sforzo verso la virtù, lo spirito di sacrificio, l’amore fraterno, l’eroismo di santità in tanti membri della Chiesa, manifesta una cecità ingiusta e riprovevole. E quando poi si vede che quella rigida misura, con cui egli giudica la odiata Chiesa, viene messa da canto se si tratta di altre società, a lui vicine per sentimento o interesse, allora riesce evidente che, ostentandosi colpito nel suo presunto senso di purezza, si appalesa simile a coloro i quali, secondo la tagliente parola del Salvatore, osservano la pagliuzza nell’occhio del fratello, ma non scorgono la trave nel proprio. Altrettanto meno pura è l’intenzione di coloro i quali pongono a scopo della loro vocazione proprio quel che vi è di umano nella Chiesa, talvolta facendone persino un losco affare, e sebbene la potestà di colui che è insignito della dignità ecclesiastica, posando in Dio, non sia dipendente dalla sua elevatezza umana e morale, non vi è epoca alcuna, né individuo, né società che non debba esaminarsi onestamente la coscienza, purificarsi inesorabilmente, rinnovarsi profondamente nel sentire e nell’operare. Nella Nostra Enciclica sopra il Sacerdozio, in quella sull’Azione Cattolica, abbiamo con implorante insistenza attirato l’attenzione di tutti gli appartenenti alla Chiesa, e soprattutto degli Ecclesiastici, dei Religiosi e dei laici, i quali collaborano nell’apostolato, al sacro dovere di mettere fede e condotta in quell’armonia richiesta dalla legge di Dio e domandata con instancabile insistenza dalla Chiesa. Anche oggi Noi ripetiamo con gravità profonda: non basta essere annoverati nella Chiesa di Cristo, bisogna essere in spirito e verità membri vivi di questa Chiesa. E tali sono solamente coloro che stanno nella grazia del Signore e continuamente camminano alla sua presenza, sia nell’innocenza sia nella penitenza sincera e operosa. Se l’Apostolo delle genti, « il vaso di elezione », teneva il suo corpo sotto la sferza della mortificazione affinché, dopo aver predicato agli altri, non venisse egli stesso riprovato, può darsi forse per quelli, nelle cui mani è posta la custodia e l’incremento del regno di Dio, via diversa da quella dell’intima unione dell’apostolato e della santificazione propria? Solo così si mostrerà agli uomini di oggi, e in prima linea agli oppositori della Chiesa, che il sale della terra e il lievito del Cristianesimo non sono diventati inefficaci, ma sono potenti e pronti a portare rinnovamento spirituale e ringiovanimento a coloro che sono nel dubbio e nell’errore, nell’indifferenza e nello smarrimento spirituale, nel rilassamento della fede e nella lontananza da Dio, di cui essi — l’ammettano o lo neghino — hanno più bisogno che mai. Una Cristianità, in cui tutti i membri vigilino su se stessi, che espella ogni tendenza a ciò che è puramente esteriore e mondano, si attenga seriamente ai comandamenti di Dio e della Chiesa, e si mantenga quindi nell’amore di Dio e nella solerte carità verso il prossimo, potrà e dovrà essere esempio e guida al mondo profondamente infermo, che cerca sostegno e direzione, se non si vuole che sopravvenga un immane disastro o un indescrivibile decadimento.

Ogni riforma genuina e duratura ha avuto propriamente origine dal santuario, da uomini infiammati e mossi dall’amore di Dio e del prossimo; i quali, per la loro grande generosità nel rispondere ad ogni appello di Dio e nel metterlo in pratica anzitutto in se stessi, cresciuti in umiltà e con la sicurezza di chi è chiamato da Dio, hanno illuminato e rinnovato i loro tempi. Dove lo zelo di riforma non scaturì dalla pura sorgente dell’integrità personale, ma fu effetto dell’esplosione di impulsi passionali, invece di illuminare ottenebrò, invece di costruire distrusse, e fu sovente punto di partenza di errori ancora più funesti dei danni, a cui si volle o si pretese portare rimedio. Certamente lo spirito di Dio spira dove vuole(19), dalle pietre può suscitare gli esecutori dei suoi disegni(20), e sceglie gli strumenti della sua volontà secondo i suoi piani, non secondo quelli degli uomini. Ma Egli, che ha fondato la Chiesa e l’ha chiamata in vita nella Pentecoste, non spezza la struttura fondamentale della salutare istituzione, da Lui stesso voluta. Chi è mosso dallo spirito di Dio ha perciò stesso un contegno esteriore ed interiore rispettoso verso la Chiesa, nobile frutto dell’albero della Croce, dono dello Spirito della Pentecoste al mondo bisognoso di guida.

Nelle vostre contrade, Venerabili Fratelli, si elevano voci in coro sempre più forte, che incitano ad uscire dalla Chiesa, e sorgono banditori, i quali, per la loro posizione ufficiale, cercano di risvegliare l’impressione che tale distacco dalla Chiesa, e conseguentemente l’infedeltà verso Cristo Re, sia una testimonianza particolarmente persuasiva e meritoria della loro fedeltà al regime presente. Con pressioni, occulte e palesi, con intimidazioni, con prospettive di vantaggi economici, professionali, civili o d’altra specie, l’attaccamento alla fede dei cattolici, e specialmente di alcune classi di funzionari cattolici, viene sottoposto ad una violenza tanto illegale quanto inumana. Con commozione paterna Noi sentiamo e soffriamo profondamente con coloro che hanno pagato a sì caro prezzo il loro attaccamento a Cristo e alla Chiesa; ma si è ormai giunti a un tal punto, che è in giuoco il fine ultimo e più alto, la salvezza o la perdizione; e quindi unico cammino di salute per il credente resta la via di un generoso eroismo. Quando il tentatore e l’oppressore gli si accosterà con le insinuazioni traditrici di uscire dalla Chiesa, allora egli non potrà che contrapporgli, anche a prezzo dei più gravi sacrifici terreni, la parola del Salvatore: «Allontànati da me, o Satana, perché sta scritto: adorerai il Signore Dio tuo e a lui solo servirai »(21). Alla Chiesa invece rivolgerà queste parole: O tu, che sei madre mia fin dai giorni della mia fanciullezza, mio conforto in vita, mia avvocata in morte, si attacchi la lingua al mio palato, se io, cedendo a terrene lusinghe o minacce, dovessi tradire il mio voto battesimale. A coloro poi, i quali si lusingassero di potere conciliare con l’esterno abbandono della Chiesa la fedeltà interiore ad essa, sia di monito severo la parola del Salvatore: « Chi mi rinnega davanti agli uomini, lo rinnegherò davanti al Padre mio, che è nei cieli »(22).

5. GENUINA FEDE NEL PRIMATO

La fede nella Chiesa non si manterrà pura e incontaminata, se non sarà appoggiata nella fede al primato del Vescovo di Roma. Nello stesso momento in cui Pietro, prevenendo agli altri apostoli e discepoli, professò la sua fede in Cristo, Figlio del Dio vivente, l’annunzio della fondazione della sua Chiesa, dell’unica Chiesa, su Pietro, la roccia(23), fu la risposta di Cristo, che lo ricompensò della sua fede e di averla professata. La fede in Cristo, nella Chiesa e nel Primato stanno perciò in un sacro legame di interdipendenza. Un’autorità genuina e legale è dappertutto un vincolo di unità e una sorgente di forza, un presidio contro lo sfaldamento e la disgregazione, una garanzia dell’avvenire. E ciò si verifica nel senso più alto e nobile, dove, come nel caso della Chiesa, a tale autorità venne promessa l’assistenza soprannaturale dello Spirito Santo e il suo appoggio invincibile. Se persone, che non sono neanche unite nella fede in Cristo, vi adescano e vi lusingano col fantasma di una « chiesa tedesca nazionale », sappiate ciò non essere altro se non un rinnegamento dell’unica Chiesa di Cristo, un apostasia manifesta dal mandato di Cristo di evangelizzare tutto il mondo, che solo una Chiesa universale può attuare. Lo sviluppo storico di altre chiese nazionali, il loro irrigidimento spirituale, il loro soffocamento e asservimento da parte dei poteri laici mostrano la desolante sterilità, che colpisce con ineluttabile sicurezza il tralcio separatosi dal ceppo vitale della Chiesa. Colui che a questi erronei sviluppi fin da principio oppone il suo vigile e irremovibile no, rende un servizio non solo alla purezza della sua fede ma anche alla sanità e forza vitale del suo popolo.

6. NESSUNA ADULTERAZIONE DI NOZIONI E TERMINI SACRI

Venerabili Fratelli, abbiate un occhio particolarmente vigile, quando nozioni religiose vengono svuotate del loro contenuto genuino e applicate a significati profani.

Rivelazione, in senso cristiano, significa la parola di Dio agli uomini. Usare questo stesso termine per suggestioni provenienti dal sangue e dalla razza, per le irradiazioni della storia di un popolo, è, in ogni caso, causare disorientamento. Tali false monete non meritano di passare nel tesoro linguistico di un fedele cristiano.

La fede consiste nel tener per vero ciò che Dio ha rivelato e mediante la Chiesa impone di credere: è « dimostrazione di cose che non si vedono »(24). La fiducia gioiosa e altera sull’avvenire del proprio popolo, cosa cara ad ognuno, significa ben altra cosa che la fede in senso religioso. L’usare l’una per l’altra, il volere sostituire l’una con l’altra e pretendere con ciò di essere riconosciuto come « credente » da un convinto cristiano, è un vuoto gioco di parole, una consapevole confusione di termini, o anche peggio.

L’immortalità, in senso cristiano, è la sopravvivenza dell’uomo dopo la morte terrena, come individuo personale, per l’eterna ricompensa o per l’eterno castigo. Chi con la parola immortale non vuole indicare altro che una sopravvivenza collettiva nella continuità del proprio popolo, per un avvenire di indeterminata durata in questo mondo, perverte e falsifica una delle verità fondamentali della fede cristiana e scuote le fondamenta di qualsiasi concezione religiosa, la quale richiede un ordinamento morale universale. Chi non vuole essere cristiano dovrebbe almeno rinunziare a volere arricchire il lessico della sua miscredenza col patrimonio linguistico cristiano.

Il peccato originale è la colpa ereditaria, propria, sebbene non personale, di ciascuno dei figli di Adamo, che in lui hanno peccato(25), è perdita della grazia, e conseguentemente della vita eterna, con la concupiscenza che ciascuno deve soffocare e domare per mezzo della grazia, della penitenza, della lotta e dello sforzo morale. La passione e morte del Figlio di Dio hanno redento il mondo dal maledetto retaggio del peccato e della morte. La fede in queste verità, fatte oggi bersaglio del basso scherno dei nemici di Cristo nella vostra patria, appartiene all’inalienabile deposito della religione cristiana.

La croce di Cristo, anche se il suo solo nome sia diventato per molti follia e scandalo(26), resta per il cristiano il segno sacrosanto della redenzione, il vessillo di grandezza e di forza morale. Nella sua ombra viviamo, nel suo bacio moriamo; sul nostro sepolcro starà come annunziatrice della nostra fede, testimonio della nostra speranza, protesa verso la vita eterna.

L’umiltà nello spirito del Vangelo e la implorazione dell’aiuto di Dio si accordano bene con la propria dignità, con la fiducia in sé e coll’eroismo. La Chiesa di Cristo, che in tutti i tempi, fino a quelli a noi vicinissimi, conta più confessori e martiri eroici di qualsiasi altra società morale, non ha certo bisogno di ricevere da tali campi insegnamento sul sentimento e l’azione eroica. Nel rappresentare stoltamente l’umiltà cristiana come avvilimento e meschinità, la ripugnante superbia di questi innovatori rende irrisoria soltanto se stessa.

Grazia, in senso largo, può chiamarsi ciò che proviene alla creatura dal Creatore. Grazia, nel senso proprio cristiano della parola, comprende però le gratificazioni soprannaturali dell’amore divino, la degnazione e l’opera per cui mezzo Dio eleva l’uomo a quella intima comunione della sua vita, che il Nuovo Testamento chiama figliolanza di Dio: «Vedete quale grande amore il Padre ci ha mostrato: noi ci chiamiamo figli di Dio, e siamo realmente tali »(27). Il ripudio di questa elevazione soprannaturale alla grazia, a causa di una pretesa peculiarità del carattere tedesco, è un errore, un’aperta dichiarazione di guerra ad una verità fondamentale del Cristianesimo. L’equiparare la grazia soprannaturale coi doni della natura significa violentare il linguaggio, creato e santificato dalla religione. I pastori e i custodi del popolo di Dio faranno bene a opporsi a questo furto sacrilego e a questo lavoro di traviamento degli spiriti.

7. DOTTRINA E ORDINE MORALE

Sulla fede in Dio genuina e pura si fonda la moralità del genere umano. Tutti i tentativi di staccare la dottrina dell’ordine morale dalla base granitica della fede, per ricostruirla sulla sabbia mobile di norme umane, portano, tosto o tardi, individui e nazioni al decadimento morale. Lo stolto, che dice nel suo cuore: « non c’è Dio », si avvierà alla corruzione morale(28). E questi stolti, che presumono di separare la morale dalla religione, sono oggi divenuti legione. Non si accorgono, o non vogliono accorgersi, che col bandire l’insegnamento confessionale, ossia chiaro e determinato, dalle scuole e dall’educazione, coll’impedirgli di contribuire alla formazione della società e della vita pubblica, si percorrono sentieri di impoverimento e di decadenza morale. Nessun potere coercitivo dello Stato, nessun ideale puramente terreno, per quanto grande e nobile, potrà sostituire a lungo andare i più profondi e decisivi stimoli, che provengono dalla fede in Dio e in Gesù Cristo. Se a chi è chiamato ai più ardui cimenti, al sacrificio del suo piccolo io in bene della comunità, si toglie il sostegno morale che gli viene dall’eterno e dal divino, dalla fede elevante e consolatrice in Colui che premia ogni bene e punisce ogni male, allora il risultato finale per innumerevoli uomini non sarà l’adesione al dovere, ma piuttosto la diserzione. L’osservanza coscienziosa dei dieci comandamenti di Dio e dei precetti della Chiesa, i quali ultimi non sono altro che regolamenti derivati dalle norme del Vangelo, è per ogni individuo una incomparabile scuola di disciplina organica, di rinvigorimento morale e di formazione di carattere. È una scuola che esige molto; ma non oltre le forze. Dio misericordioso, quando ordina come legislatore: « tu devi », dà colla sua grazia la possibilità di eseguire il suo comando. Il lasciare quindi inutilizzate energie morali di così potente efficacia, o sbarrar coscientemente ad esse il cammino nel campo dell’istruzione popolare, è opera da irresponsabili, che tende a produrre deficienza religiosa nel popolo. Il connettere la dottrina morale con opinioni umane, soggettive e mutevoli nel tempo, invece di ancorarle nella santa volontà dell’eterno Dio e nei suoi comandamenti, significa spalancare le porte alle forze dissolvitrici. Perciò il promuovere l’abbandono delle eterne direttive di una dottrina morale per la formazione delle coscienze, per la nobilitazione di tutti i campi della vita e di tutti gli ordinamenti, è attentato peccaminoso contro l’avvenire del popolo, i cui tristi frutti amareggeranno le generazioni future.

8. RICONOSCIMENTO DEL DIRITTO NATURALE

È una caratteristica nefasta del tempo presente il volere distaccare, non solo la dottrina morale, ma anche le fondamenta del diritto e della sua amministrazione dalla vera fede in Dio e dalle norme della rivelazione divina. Il nostro pensiero si rivolge qui a quello che si suole chiamare diritto naturale, che il dito dello stesso Creatore impresse nelle tavole del cuore umano(29), e che la ragione umana sana e non ottenebrata da peccati e passioni può in esse leggere. Alla luce delle norme di questo diritto naturale, ogni diritto positivo, qualunque ne sia il legislatore, può essere valutato nel suo contenuto etico e conseguentemente nella legittimità del comando e nella obbligatorietà dell’adempimento. Quelle leggi umane, che sono in contrasto insolubile col diritto naturale, sono affette da vizio originale, non sanabile né con le costrizioni né con lo spiegamento di forza esterna. Secondo questo criterio va giudicato il principio: « Diritto è ciò che è utile alla nazione ». Certo a questo principio può darsi un senso giusto, se si intende che ciò che è moralmente illecito non può essere mai veramente vantaggioso al popolo. Persino l’antico paganesimo ha riconosciuto che, per essere giusta, questa frase dovrebbe essere capovolta e suonare: «Non vi è mai alcunché di vantaggioso, se in pari tempo non è moralmente buono, e non perché è vantaggioso è moralmente buono, ma perché moralmente buono è anche vantaggioso »(30). Questo principio, staccato dalla legge etica, significherebbe, per quanto riguarda la vita internazionale, un eterno stato di guerra tra le nazioni; nella vita nazionale poi misconosce, nel confondere interesse e diritto, il fatto fondamentale che l’uomo, in quanto persona, possiede diritti dati da Dio, che devono essere tutelati da ogni attentato della comunità, che avesse per scopo di negarli, di abolirli e di impedirne l’esercizio. Disprezzando questa verità, si perde di vista che il vero bene comune, in ultima analisi, viene determinato e conosciuto mediante la natura dell’uomo con il suo armonico equilibrio fra diritto personale e legame sociale, come anche dal fine della società determinato dalla stessa natura umana. La società è voluta dal Creatore come mezzo per il pieno sviluppo delle facoltà individuali e sociali, di cui l’uomo ha da valersi, ora dando ora ricevendo per il bene suo e quello degli altri. Anche quei valori più universali e più alti che possono essere realizzati, non dall’individuo, ma solo dalla società, hanno per volontà del Creatore come ultimo scopo l’uomo e il suo sviluppo e perfezionamento naturale e soprannaturale. Chi si allontana da questo ordine, scuote i pilastri su cui riposa la società, e ne pone in pericolo la tranquillità, la sicurezza e l’esistenza.

Il credente ha un diritto inalienabile di professare la sua fede e di praticarla in quella forma che ad essa conviene. Quelle leggi, che sopprimono o rendono difficile la professione e la pratica di questa fede, sono in contrasto col diritto naturale.

I genitori coscienziosi e consapevoli della loro missione educativa hanno prima di ogni altro il diritto essenziale alla educazione dei figli, loro donati da Dio, secondo lo spirito della vera fede e in accordo con i suoi princìpi e le sue prescrizioni. Leggi, o altre simili disposizioni, le quali non tengono conto nella questione scolastica della volontà dei genitori o la rendono inefficace colle minacce o colla violenza, sono in contraddizione col diritto naturale e nella loro intima essenza immorali.

La Chiesa, la cui missione è di custodire ed interpretare il diritto naturale, non può fare altro che dichiarare essere effetto di violenza, e quindi prive di ogni valore giuridico, le iscrizioni scolastiche avvenute in un recente passato in una atmosfera di notoria mancanza di libertà.

9. ALLA GIOVENTÙ

Rappresentanti di Colui che nell’Evangelo disse ad un giovane: « Se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i comandamenti »(31), Noi indirizziamo una parola particolarmente paterna alla gioventù.

Da mille bocche viene oggi ripetuto al vostro orecchio un Evangelo che non è stato rivelato dal Padre celeste; migliaia di penne scrivono a servizio di una larva di cristianesimo, che non è il Cristianesimo di Cristo. Tipografia e radio vi inondano giornalmente con produzioni di contenuto avverso alla fede e alla Chiesa, e, senza alcun riguardo e rispetto, assaltano ciò che per voi deve essere sacro e santo. Sappiamo che moltissimi tra voi, a causa dell’attaccamento alla fede e alla Chiesa e dell’appartenenza ad associazioni religiose, tutelate dal Concordato, hanno dovuto e devono attraversare periodi tenebrosi di misconoscimento, di sospetto, di vituperio, di accusa di antipatriottismo, di molteplici danni nella loro vita professionale e sociale. E ben sappiamo come molti ignoti soldati di Cristo si trovano nelle vostre file, che con cuore affranto, ma a testa alta, sopportano la loro sorte e trovano conforto solo nel pensiero che soffrono contumelie nel nome di Gesù(32).

Ed oggi, che incombono nuovi pericoli e nuove tensioni, Noi diciamo a questa gioventù: « Se alcuno vi volesse annunziare un Evangelo diverso da quello che avete ricevuto sulle ginocchia di una pia madre, dalle labbra di un padre credente, dall’insegnamento di un educatore fedele a Dio e alla sua Chiesa, costui sia anatema »(33). Se lo Stato organizza la gioventù in associazione nazionale obbligatoria per tutti, allora, salvi sempre i diritti delle associazioni religiose, i giovani hanno il diritto ovvio e inalienabile, e con essi i genitori responsabili di loro dinanzi a Dio, di esigere che questa associazione sia mondata da ogni tendenza ostile alla fede cristiana e alla Chiesa, tendenza che sino al recentissimo passato, anzi presentemente, stringe i genitori credenti in un insolubile conflitto di coscienza, poiché essi non possono dare allo Stato ciò che viene loro richiesto in nome dello Stato, senza togliere a Dio ciò che appartiene a Dio.

Nessuno pensa di porre alla gioventù tedesca pietre di inciampo sul cammino, che dovrebbe condurre all’attuazione di una vera unità nazionale e fomentare un nobile amore per la libertà e una incrollabile devozione alla patria. Quello contro cui Noi Ci opponiamo, e Ci dobbiamo opporre, è il contrasto voluto e sistematicamente inasprito, mediante il quale si separano queste finalità educative da quelle religiose. Perciò Noi diciamo a questa gioventù: cantate i vostri inni di libertà, ma non dimenticate che la vera libertà è la libertà dei figli di Dio. Non permettete che la nobiltà di questa insostituibile libertà scompaia nei ceppi servili del peccato e della concupiscenza. A chi canta l’inno della fedeltà alla patria terrena non è lecito divenire transfuga e traditore con l’infedeltà al suo Dio, alla sua Chiesa e alla sua patria eterna. Vi parlano molto di grandezza eroica, contrapponendola volutamente e falsamente all’umiltà e alla pazienza evangelica; ma perché vi nascondono che si dà anche un eroismo nella lotta morale? e che la conservazione della purezza battesimale rappresenta un’azione eroica, che dovrebbe essere apprezzata meritevolmente nel campo sia religioso sia naturale? Vi parlano delle fragilità umane nella storia della Chiesa; ma perché vi nascondono le grandi gesta, che l’accompagnarono attraverso i secoli, i santi che essa ha prodotto, il vantaggio che provenne alla cultura occidentale dall’unione vitale tra questa Chiesa e il vostro popolo? Vi parlano molto di esercizi sportivi, i quali, usati secondo una ben intesa misura, danno una gagliardia fisica, che è un beneficio per la gioventù. Ma ad essi viene assegnata oggi spesso un’estensione, che non tiene conto né della formazione integrale e armonica del corpo e dello spirito, né della conveniente cura della vita di famiglia, né del comandamento di santificare il giorno del Signore. Con un’indifferenza, che confina col disprezzo, si toglie al giorno del Signore il suo carattere sacro e raccolto, che corrisponde alla migliore tradizione tedesca. Attendiamo fiduciosi dai giovani tedeschi cattolici che essi, nel difficile ambiente delle organizzazioni obbligatorie dello Stato, rivendichino esplicitamente il loro diritto a santificare cristianamente il giorno del Signore, che la cura di irrobustire il corpo non faccia loro dimenticare la loro anima immortale, che non si lascino sopraffare dal male e cerchino piuttosto di vincere il male col bene(34), che quale loro altissima e nobilissima meta ritengano quella di conquistare la corona della vittoria nello stadio della vita eterna(35).

10. AI SACERDOTI E AI RELIGIOSI

Una parola di particolare riconoscimento, di incoraggiamento, di esortazione rivolgiamo ai sacerdoti della Germania, ai quali, in sottomissione ai loro Vescovi, spetta il compito, in tempi difficili e circostanze dure, di mostrare al gregge di Cristo i retti sentieri con la dottrina e con l’esempio, con la dedizione quotidiana, con la pazienza apostolica. Non vi stancate, figli diletti e partecipi dei divini misteri, di seguire l’eterno sommo sacerdote Gesù Cristo nel suo amore e nel suo ufficio di buon samaritano. Camminate ognora in condotta immacolata davanti a Dio, in incessante disciplinatezza e perfezionamento, in amore misericordioso verso quanti sono a voi affidati, specialmente i pericolanti, i deboli e i vacillanti. Siate guida ai fedeli, appoggio ai titubanti, maestri ai dubbiosi, consolatori degli afflitti, disinteressati soccorritori e consiglieri per tutti. Le prove e le sofferenze, per cui il vostro popolo è passato nel periodo del dopoguerra, non sono trascorse senza lasciar tracce nella sua anima. Vi hanno lasciato tensione e amarezze, che solo lentamente potranno guarirsi ed essere superate nello spirito di un amore disinteressato e operante. Questo amore, che è l’armatura indispensabile dell’apostolo, specialmente nel mondo presente, agitato e sconvolto, Noi lo desideriamo e lo imploriamo per voi da Dio in misura copiosa. L’amore apostolico, se non vi farà dimenticare, vi farà almeno perdonare molte immeritate amarezze, che sul vostro cammino di sacerdoti e di pastori di anime sono più numerose che in qualsiasi altro tempo. Quest’amore intelligente e misericordioso verso gli erranti e gli stessi oltraggiatori non significa peraltro, né può per nulla significare, rinunzia a proclamare, a far valere e a difendere coraggiosamente la verità e ad applicarla liberamente alla realtà che vi circonda. Il primo e il più ovvio dono di amore del sacerdote al mondo è di servire la verità, tutta intera la verità, smascherare e confutare l’errore, qualunque sia la sua forma o il suo travestimento. La rinunzia a ciò sarebbe non solo un tradimento verso Dio e la vostra santa vocazione, ma un delitto nei riguardi del vero benessere del vostro popolo e della vostra patria. A tutti quelli che hanno mantenuto verso i loro Vescovi la fedeltà promessa nell’ordinazione, a quelli i quali nell’adempimento del loro ufficio pastorale hanno dovuto e devono sopportare dolori e persecuzioni — e alcuni sino ad essere incarcerati e mandati ai campi di concentramento, — vada il ringraziamento e l’encomio del Padre della Cristianità. E il Nostro ringraziamento paterno si estende ugualmente ai religiosi di ambo i sessi: un ringraziamento congiunto ad una partecipazione intima per il fatto che, in seguito a misure contro gli Ordini e le Congregazioni religiose, molti sono stati strappati dal campo di un’attività benedetta e a loro cara. Se alcuni hanno mancato e si sono mostrati indegni della loro vocazione, i loro falli, condannati anche dalla Chiesa, non diminuiscono i meriti della stragrande maggioranza di essi, che con disinteresse e povertà volontaria si sono sforzati di servire con piena dedizione il loro Dio e il loro popolo. Lo zelo, la fedeltà, lo sforzo di perfezionarsi, l’operosa carità verso il prossimo e la prontezza soccorritrice di quei religiosi, la cui attività si svolge nella cura pastorale, negli ospedali e nella scuola, sono e restano un glorioso contributo al benessere privato e pubblico, a cui un tempo futuro più tranquillo renderà giustizia più che il turbolento presente. Noi abbiamo fiducia che i superiori delle comunità religiose piglieranno argomento dalle difficoltà e prove presenti per implorare dall’Onnipotente nuovo rigoglio e nuova fertilità sul loro duro campo di lavoro, per mezzo di uno zelo raddoppiato, di una vita spirituale approfondita, di una santa serietà conforme alla loro vocazione e di una genuina disciplina regolare.

11. AI FEDELI LAICI

Davanti ai Nostri occhi sta l’immensa schiera dei Nostri diletti figli e figlie, a cui le sofferenze della Chiesa in Germania e le proprie nulla hanno tolto della loro dedizione alla causa di Dio, nulla del loro tenero affetto verso il Padre della Cristianità, nulla della loro ubbidienza verso i Vescovi e i sacerdoti, nulla della gioiosa prontezza di rimanere anche in futuro, qualunque cosa avvenga, fedeli a ciò che essi hanno creduto e che hanno ricevuto in prezioso retaggio dagli avi. Con cuore commosso inviamo loro il Nostro paterno saluto.

E in primo luogo ai membri delle associazioni cattoliche, che strenuamente e a prezzo di sacrifici spesso dolorosi si sono mantenuti fedeli a Cristo, e non sono stati mai disposti a cedere quei diritti che una solenne Convenzione aveva autenticamente garantito alla Chiesa e a loro. Un saluto particolarmente cordiale va anche ai genitori cattolici. I loro diritti e i loro doveri nell’educazione dei figli, da Dio loro donati, stanno, al momento presente, nel punto cruciale di una lotta, della quale appena si può immaginarne altra più grave. La Chiesa di Cristo non può cominciare a gemere e a deplorare solo quando gli altari vengono spogliati e mani sacrileghe mandano in fiamme i santuari. Quando si cerca di profanare il tabernacolo dell’anima del fanciullo, santificata dal battesimo, con un’educazione anticristiana, quando viene strappata da questo vivo tempio di Dio la fiaccola della fede e viene posta in suo luogo la falsa luce di un succedaneo della fede, che non ha più nulla in comune con la fede della Croce, allora la profanazione spirituale del tempio è vicina ed è dovere di ogni credente di scindere chiaramente la sua responsabilità da quella della parte contraria e la sua coscienza da qualsiasi peccaminosa collaborazione a tale nefasta distruzione. E quanto più i nemici si sforzano di negare od orpellare i loro tetri disegni, tanto più necessaria è una diffidenza oculata e una vigilanza diffidente, stimolata da un’amara esperienza. La formalistica conservazione di un’istruzione religiosa, e per di più controllata e inceppata da gente incompetente, nell’ambiente di una scuola, la quale in altri rami dell’istruzione lavora sistematicamente e astiosamente contro la stessa religione, non può mai presentare titolo giustificativo al fedele cristiano, perché liberamente acconsenta a una tal sorta di scuola, deleteria per la religione. Sappiamo, diletti genitori cattolici, che non è il caso di parlare, riguardo a voi, di un tale consenso e sappiamo che una libera votazione segreta tra voi equivarrebbe ad uno schiacciante plebiscito in favore della scuola confessionale. E perciò non Ci stancheremo neanche nell’avvenire di rinfacciare francamente alle autorità responsabili l’illegalità delle misure violente prese finora, e il dovere di permettere la libera manifestazione della volontà. Intanto non vi dimenticate di ciò: nessuna potestà terrena può sciogliervi dal vincolo di responsabilità voluto da Dio, che unisce voi con i vostri figli. Nessuno di quelli che oggi opprimono il vostro diritto all’educazione e pretendono sostituirsi a voi nei vostri doveri di educatori, potrà rispondere per voi al Giudice eterno, quando egli vi rivolgerà la domanda: « dove sono coloro che io vi ho dati ? » possa ciascuno di voi essere in grado di rispondere: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dati »(36).

* * *

Venerabili Fratelli! Siamo certi che le parole, che Noi rivolgiamo a voi, e per mezzo vostro ai cattolici del Reich germanico, in quest’ora decisiva troveranno nel cuore e nelle azioni dei Nostri fedeli figlioli un’eco corrispondente alla sollecitudine amorosa del Padre Comune. Se vi è cosa che Noi imploriamo dal Signore con particolare fervore, essa è che le Nostre parole pervengano anche all’orecchio e al cuore di quelli che hanno già cominciato a lasciarsi prendere dalle lusinghe e dalle minacce dei nemici di Cristo e del suo santo Vangelo, e li facciano riflettere.

Abbiamo pesato ogni parola di questa Enciclica sulla bilancia della verità e insieme dell’amore. Non volevamo con silenzio inopportuno esser colpevoli di non aver chiarito la situazione, né con rigore eccessivo di aver indurito il cuore di quelli che, essendo sottoposti alla Nostra responsabilità pastorale, non sono meno oggetto del Nostro amore, perché ora camminano sulle vie dell’errore e si sono allontanati dalla Chiesa. Anche se molti di questi, conformatisi alle abitudini del nuovo ambiente, non hanno se non parole di infedeltà, di ingratitudine, e persino di ingiuria, per la casa paterna abbandonata e per il padre stesso, anche se dimenticano quanto prezioso sia ciò di cui essi hanno fatto getto, verrà il giorno in cui il raccapriccio che essi sentiranno della lontananza da Dio e della loro indigenza spirituale graverà su questi figli oggi perduti, e il rimpianto nostalgico li ricondurrà a Dio, che allietò la loro giovinezza, e alla Chiesa, la cui mano materna loro insegnò il cammino verso il Padre celeste. L’affrettare quest’ora è l’oggetto delle nostre incessanti preghiere.

Come altre epoche della Chiesa, anche questa sarà preannunciatrice di nuovi progressi e di purificazione interiore, quando la fortezza della professione della fede e la prontezza nell’affrontare i sacrifici da parte dei fedeli di Cristo saranno abbastanza grandi da contrapporre alla forza materiale degli oppressori della Chiesa l’adesione incondizionata alla fede, l’inconcussa speranza ancora nell’eterno, la forza travolgente di amore operoso. Il sacro tempo della Quaresima e di Pasqua, che predica raccoglimento e penitenza e fa rivolgere lo sguardo del cristiano più che mai alla Croce, ma insieme anche allo splendore del Risorto, sia per tutti e per ciascuno di voi un’occasione che saluterete con gioia e sfrutterete con ardore, per riempire tutto l’animo dello spirito eroico paziente e vittorioso che si irradia dalla Croce di Cristo. Allora i nemici di Cristo — di ciò siamo sicuri — che vaneggiano sulla scomparsa della Chiesa, riconosceranno che troppo presto hanno giubilato e troppo presto hanno voluto seppellirla. Allora verrà il giorno, in cui, invece dei prematuri inni di trionfo dei nemici di Cristo, si eleverà al cielo dai cuori e dalle labbra dei fedeli il «Te Deum » della liberazione: un «Te Deum » di ringraziamento all’Altissimo, un «Te Deum » di giubilo, perché il popolo tedesco, anche nei suoi membri erranti, avrà ritrovato il cammino del ritorno alla religione, con una fede purificata dal dolore, piegherà di nuovo il ginocchio dinanzi al Re del tempo e dell’eternità, Gesù Cristo, e si accingerà in lotta contro i rinnegati e i distruttori dell’occidente cristiano, in armonia con tutti gli uomini ben pensanti delle altre nazioni, a compiere la missione, che gli hanno assegnato i piani dell’Eterno.

Egli, che scruta i cuori e i reni(37), Ci è testimonio che Noi non abbiamo aspirazione più intima che quella del ristabilimento di una vera pace tra la Chiesa e lo Stato in Germania. Ma se, senza colpa Nostra, la pace non verrà, la Chiesa di Dio difenderà i suoi diritti e le sue libertà, in nome dell’Onnipotente, il cui braccio anche oggi non si è abbreviato. Pieni di fiducia in Lui « non cessiamo di pregare e di invocare »(38), per voi, figli della Chiesa, affinché i giorni della tribolazione vengano accorciati e voi siate trovati fedeli nel dì della prova; anche ai persecutori e agli oppressori possa il Padre di ogni luce e di ogni misericordia concedere l’ora del ravvedimento per sé e per i molti che insieme con loro hanno errato ed errano.

Con questa implorazione nel cuore e sulle labbra, Noi impartiamo, quale pegno del divino aiuto, quale appoggio nelle vostre decisioni difficili e piene di responsabilità, quale corroboramento nella lotta, quale conforto nel dolore, a Voi vescovi, pastori del vostro fedele popolo, ai sacerdoti, ai religiosi, agli apostoli laici dell’Azione Cattolica e a tutti i vostri diocesani, e non ultimi agli ammalati e ai prigionieri, con amore paterno la Benedizione Apostolica.

Dato in Vaticano, nella Domenica di Passione, 14 marzo 1937.

 

PIUS PP. XI 


(1) III Io., 4.

(2) II Petr., 2, 2.

(3) Matth., 13, 25.

(4) Luc., 22, 32.

(5) Sap., 8, 1.

(6) Isaia, 40, 15.

(7) Hebr., 5, 1.

(8) Tit., 2, 5.

(9) Matth., 11, 27.

(10) Io., 17, 3.

(11) I Io., 2, 23.

(12) Hebr., I, 1 ss.

(13) Acta, IV, 12.

(14) I Cor., 3, 11.

(15) Ps. 2, 4.

(16) I Tim., 3, 15.

(17) Matth., XVIII, 17.

(18) Luc., X, 16.

(19) Io., 3, 8.

(20) Matth., 3, 93 Luc., 3, 8.

(21) Matth., 4, 10; Luc., 4, 8.

(22) Luc., 12, 9.

(23) Matth., 16, 18.

(24) Hebr., 11, 1.

(25) Rom., 5, 12.

(26) I Cor., 1, 23.

(27) I Io., 3, 1.

(28) Ps. 13, 1 ss.

(29) Rom., 2, 14 ss.

(30) CiceroDe officiis, 3, 30.

(31) Matth., 19,17.

(32) Acta, 5, 41.

(33) Gal., 1, 9.

(34) Rom., 12, 21.

(35) I Cor., 9, 24 s.

(36) Io., 18, 9.

(37) Ps. 7, 10.

(38) Coloss., 1, 9.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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