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Con Maria verso il trionfo del Suo Cuore Immacolato

Ultimo Aggiornamento: 11/07/2018 22:03
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01/01/2018 02:08
 
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 dopo aver meditato con voi per l'anno: Centenario di Fatima 1917-2017 con Maria Santissima preghiere e meditazioni

apriamo una nuova sezione di meditazioni e riflessioni....


LA SOLENNITA' DI MARIA MADRE DI DIO

“Verginità feconda”, così attiri i cristiani ai frutti di Bene

ECCLESIA 01-01-2018

Oggi è la grande festa di Maria Madre di Dio, ma la prevalenza del capodanno e la giornata mondiale della pace, ne offuscano la solennità. Se si aggiunge che “Madre di Dio” suona malissimo, per ebrei e musulmani verso i quali bisogna evitare ciò che crea contrasto. Invece bisogna liberare questa luce dalle nebbie che l'avvolgono. Partendo proprio dal concetto di verginità feconda, senza la quale la Chiesa smette di attirare nuovi credenti, le chiese si svuotano, le vocazioni diminuiscono e la denatalità cresce.

Il 1° gennaio dovrebbe essere una grande festa: Maria Madre di Dio. In realtà altri fattori contribuiscono ad oscurare la centralità dell’indicazione liturgica: i pochi anni trascorsi dal suo ripristino, frutto della riforma postconciliare, insufficienti per dare vita a una tradizione popolare; la prevalenza del capodanno; la tematica della pace, di cui il 1° gennaio è giornata mondiale a partire dal 1967 su iniziativa di Paolo VI. Se si aggiunge che “Madre di Dio” suona male, anzi malissimo, per ebrei e musulmani verso i quali bisogna evitare ciò che crea contrasto, il gioco è fatto e Maria Madre di Dio quasi sparisce.

Cerchiamo invece di liberare questa luce dalle tante nebbie che l’avvolgono facendoci aiutare dalla storia, dal catechismo, dalla liturgia, dalla vocazione di cristiani nel nostro “oggi”.

  UNA STORIA DI SPOSTAMENTI E UNA CONSUETUDINE RECENTE

Dopo il Concilio di Efeso del 431, che dichiarò ortodossa la locuzione “Maria Madre di Dio”, nacque la relativa celebrazione liturgica prima in oriente, poi a Milano la domenica precedente il Natale, poi in Spagna. La celebrazione è documentata a Roma nella seconda metà del secolo VI, ma nei libri liturgici convive con il formulario di una messa penitenziale precedente «Ad prohibendum ad idolis / Per non contaminarsi con gli idoli», cioè con i bagordi paganeggianti del capodanno che, in antico previsto a marzo, era stato spostato a gennaio.

Poi i bagordi di capodanno si attenuarono e una celebrazione dell’ottava di Natale prese il sopravvento. Un libro liturgico del sec. VII (Gelasiano) ha una Messa con un Prefazio che menziona la Madonna e, caso raro, si rivolge direttamente a lei dicendo: «Allatta, o madre, il nostro cibo, allatta il pane che viene dal cielo, posto nella mangiatoia come cibo dei pii giumenti», cioè dei fedeli. Le espressioni sono prese quasi di sana pianta dal Sermone 369,1 di sant’Agostino, il quale, subito prima e subito dopo queste parole introduce il tema del parto verginale: «C’è ancora di che ammirare: chi lo ha generato è madre ed è vergine (...). Allatta, o madre, Colui che ti ha fatto tale da poter farsi lui stesso in te; che, concepito, ti ha dato il dono della fecondità e nato non ti tolse l’onore della verginità». E qui risuona già la tematica completa della nostra celebrazione.

Tuttavia per complesse ragioni, dal secolo XI l’attenzione si spostò sulla Circoncisione di Gesù Cristo e questo è il titolo della celebrazione nel Messale tridentino di san Pio V del 1570 (ma non della edizione ultima del 1962, che si limita alla “Ottava della Natività del Signore”). Per contraccolpo, una celebrazione della “Maternità della beata Vergine Maria” collocata all’11 ottobre fu introdotta da Pio XI nel 1931, XV° centenario del Concilio di Efeso.

L’attuale riforma liturgica postconciliare ha soppresso la festa dell’11 ottobre e rimodellato la celebrazione del 1° gennaio come “Solennità di Maria Santa Genitrice di Dio”.

Invece la liturgia ambrosiana è rimasta come prima: ciò che i cattolici “romani” celebrano oggi è collocato alla sesta domenica di Avvento, cioè alla domenica prima di Natale, e oggi è semplicemente l’Ottavo giorno del Natale del Signore, dove la presenza di Maria è più discreta e dove il Prefazio, che dà il tono alla celebrazione, è centrato sul tema della Circoncisione. Questa scelta, se da una parte è una perla di varietà liturgica, dall’altra in Italia - e in Italia Milano... conta! - non favorisce di certo il consolidarsi di una tradizione del 1° gennaio dedicato alla Madre di Dio.

LA LUCE DEL CATECHISMO

Nelle Scritture del Nuovo Testamento Maria è nominata come Madre (ovviamente di Gesù e talvolta con aggiunto il nome di Maria) (Mt 1,18; 2.11.13-4.20-21; 12,46-50; 13,55; Mc 3,31-35; Lc 2,34.48.51; 8,19-21; Gv 2,5.12: 6,42: 19,25-27). Con più precisione si parla di Madre di Gesù (con san Giuseppe: Lc 2,33; solo Maria: Gv 2,1.3; At 1,14). Elisabetta nel mistero della Visitazione collega discretamente il titolo alla sfera divina con l’espressione Madre del mio Signore (Lc 1,43). Per concludere poi con una espressione misteriosa che evoca molto di più di una semplice figura femminile: Donna (Gv 2,4; 19,26; Gal 4,4). Essendo queste espressioni nelle Scritture, è superfluo precisare che sono esatte e convenienti.

Molto presto però nella tradizione cristiana si affermò il titolo di “Madre/Genitrice di Dio” e a seguito della polemica/eresia nestoriana si volle proibire questo titolo prescrivendo di doversi limitare ai titoli sopra riportati del NT. Il CCC 495, citando il Concilio di Efeso del 431, dichiara invece che Gesù Cristo è veramente figlio di Maria «secondo la carne», per cui «Maria è veramente Madre di Dio (Theotokos)».

Il Concilio di Efeso spiega che dicendo Maria “Madre di Dio” non si intende che abbia generato il Verbo nell’eternità e nella natura divina, ma che il Verbo eterno trasse da Maria un corpo perfetto e dotato di anima intelligente, il quale non fu generato solo come corpo ma come corpo “personale” dell’unica persona di Cristo (D 251). Al di là delle sottigliezze, ancora oggi nessuno dice che “Caterina è madre del corpo di Mario”, ma si dice semplicemente che “Caterina è madre di Mario”, cioè della persona che ha un corpo.

Il CCC integra l’esposizione della fede spiegando che Maria fu ed è non solo vergine (496-498), ma “sempre vergine”, quindi anche nel parto e dopo il parto (499).

Sviluppando poi il rapporto con l’Incarnazione, come Gesù si fece uomo per la Redenzione degli uomini, così Maria ha una «maternità spirituale» che si estende a tutti gli uomini, alla cui nascita e formazione in Cristo «ella coopera con amore di madre» (CCC 501).

LA PREGHIERA DELLA FEDE E LA GRAZIA DELLA LITURGIA

Il Vangelo di oggi ha quasi due fuochi: Maria che presenta Gesù (con san Giuseppe) e custodisce nel cuore il mistero, poi l’imposizione del nome a Gesù.

Anche se il Messale italiano parla della «divina Maternità di Maria», il testo latino non usa mai questa espressione, ma preferisce invitarci alla preghiera ricordando la «santa Genitrice di Dio / santa Genitrice del tuo Figlio / santa Partoriente», unita alla dono e alla gloria della verginità: «la beata sempre vergine Maria Genitrice del tuo Figlio / la verginità feconda di Maria beata». Soprattutto l’ultima espressione “verginità feconda” (Colletta, per miracolo tradotta alla lettera!) è preziosa e ci ritorneremo.

Preghiamo con gioia perché da Maria abbiamo ricevuto l’autore della vita e speriamo di sperimentarne l’intercessione (Colletta); con lei nella celebrazione gustiamo “le primizie e i compimenti della grazia” (Messale italiano: le primizie del tuo amore misericordioso) (Sulle offerte); infine speriamo di gustare un giorno la gioia senza fine con lei che veneriamo “Genitrice del Figlio tuo” (Messale italiano: madre del Cristo) “e Madre della Chiesa” (Dopo la comunione).

E con quest’ultimo titolo la liturgia riprende lo sviluppo conciliare da Maria Madre di Dio e di Cristo sino a Maria Madre della Chiesa, proclamata tale da Paolo VI in pieno concilio Vaticano II il 21 novembre 1964, in un giorno che, nei rispettivi diari, mons. Pericle Felici segretario del Concilio valutò “trionfo del Papa e della Madonna”, mentre il teologo Congar se ne dolse per la “pessima impressione” degli osservatori circa “quest’ultimo gesto”, solidarizzando con Culmann secondo il quale “ci vorranno due generazioni per cancellare e far dimenticare questo”...

IL NOSTRO OGGI

Anzitutto “Madre di Dio” è un linguaggio al quale non dobbiamo rinunciare per accondiscendere chi ha difficoltà nel dialogo interreligioso. Spiegata secondo le precisazioni di Efeso e del CCC, l’espressione non dice ciò per cui ebrei, musulmani e altri dovrebbero scandalizzarsi. Anche perché in fondo la difficoltà è legata al mistero dell’Incarnazione, al coesistere della natura divina e umana all’interno dell’unica persona di Cristo. Si tratta anche di coltivare la stima del linguaggio della tradizione, che non spiega il mistero, ma permette di esprimerlo in comunione con quanti ci hanno preceduto e di viverlo correttamente.

La storia della celebrazione ha mostrato che la ricostituzione della solennità odierna è recente, per cui lo sforzo del cristiano è di accoglierla, viverla sempre meglio di anno in anno, generando a poco a poco una nuova consuetudine, che è un modo di... attuare il Concilio! Non si tratta di dimenticare il capodanno, al quale si può riferire la prima lettura della Messa, ma di porre la Madre di Dio al di sopra di esso e come suo orientamento.

L’espressione “verginità feconda” usata dalla liturgia, va ben oltre la liturgia e interpella la vita di oggi perché la cultura mondana - e dei cristiani mondanizzati - sta perdendo proprio la verginità e la fecondità, nonché la loro connessione. Chiaro che non si tratta di ripetere il miracolo di un parto verginale, ma di perseguire alcuni valori o stili. Anzitutto nella Chiesa ci devono essere vergini e celibi insieme a sposi consacrati da una grazia sacramentale per realizzare tutto il mistero di Cristo, dalla creazione alla redenzione. Poi ognuno e la Chiesa tutta deve conservare la verginità della fede, senza contaminarsi con il mondo e le sue dottrine, se vuole essere feconda. Ognuno infine deve conservare la castità del proprio corpo e nella propria condizione per produrre buoni frutti di vita cristiana e anche umana. Quando questi legami con la verginità vengono rescissi, cessa la fecondità: senza dottrina “vergine” e sana, senza rifuggire dai compromessi con il mondo, senza la pratica di una vita casta nella propria condizione, la Chiesa smette di attirare nuovi credenti, le chiese si svuotano, le vocazioni diminuiscono, la denatalità cresce..: è l’infecondità! All’inizio del nuovo anno Maria invece ci orienta verso una “verginità feconda”.

La preghiera infine: “Madre di Dio” entra nell’Ave Maria quando dal saluto e dalla lode si passa alla richiesta. Ma attenzione: entra non come “mamma”, ma come “madre”, che è qualcosa di più nobile e che arricchisce un semplice rapporto confidenziale. Dobbiamo abituarci a rivolgerci a Maria anche con l’amoroso rispetto al quale ci induce il titolo di “Madre di Dio”.

UN COLPO DI CODA FINALE... MILANESE

Nel Messale ambrosiano di oggi l’orazione Dopo la comunione è sconcertante: «O Dio forte ed eterno, tu non vuoi che i convitati alla tua mensa indulgano alle orge sfrenate del demonio; dona dunque al tuo popolo di perdere ogni gusto per i piaceri che danno la morte e di volgersi con animo puro al banchetto della vita senza fine». In latino le orge sfrenate sono un “diabolico convito” opposto alla “mensa celeste”. Ahimè, non è la solita Chiesa bacchettona postridentina e ottocentesca che se la prende con la gioia innocente del capodanno: l’orazione è il residuo della tematica di quella antica messa del periodo patristico “per non contaminarsi con gli idoli” nella festa di capodanno.

E prima ancora di questa orazione, sant’Agostino nel Sermone 198,2 di inizio d’anno così parlava ai suoi fedeli: «I pagani si scambiano le strenne: voi fate le elemosine. I pagani sono richiamati da canti lussuriosi: voi lasciatevi richiamare dalle Scritture. I pagani corrono al teatro: voi correte alla chiesa. I pagani si ubriacano: voi digiunate». Oggi si direbbe che un atteggiamento del genere tende a costruire un’umanità dentro l’umanità, che non è condivisivo, che invece di costruire ponti alza steccati ecc. Comunque chi ci crede (e con un po’ di moderazione) può tenerne conto. Non oggi, quando ormai la festa è quasi passata, ma il prossimo 31 dicembre.


 


 

SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO
LI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE

CAPPELLA PAPALE

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana
Lunedì, 1° gennaio 2018

[Multimedia]


 

L’anno si apre nel nome della Madre di Dio. Madre di Dio è il titolo più importante della Madonna. Ma una domanda potrebbe sorgere: perché diciamo Madre di Dio e non Madre di Gesù? Alcuni, in passato, chiesero di limitarsi a questo, ma la Chiesa ha affermato: Maria è Madre di Dio. Dobbiamo essere grati perché in queste parole è racchiusa una verità splendida su Dio e su di noi. E cioè che, da quando il Signore si è incarnato in Maria, da allora e per sempre, porta la nostra umanità attaccata addosso. Non c’è più Dio senza uomo: la carne che Gesù ha preso dalla Madre è sua anche ora e lo sarà per sempre. Dire Madre di Dio ci ricorda questo: Dio è vicino all’umanità come un bimbo alla madre che lo porta in grembo.

La parola madre (mater), rimanda anche alla parola materia. Nella sua Madre, il Dio del cielo, il Dio infinito si è fatto piccolo, si è fatto materia, per essere non solo con noi, ma anche come noi. Ecco il miracolo, ecco la novità: l’uomo non è più solo; mai più orfano, è per sempre figlio. L’anno si apre con questa novità. E noi la proclamiamo così, dicendo: Madre di Dio! È la gioia di sapere che la nostra solitudine è vinta. È la bellezza di saperci figli amati, di sapere che questa nostra infanzia non ci potrà mai essere tolta. È specchiarci nel Dio fragile e bambino in braccio alla Madre e vedere che l’umanità è cara e sacra al Signore. Perciò, servire la vita umana è servire Dio e ogni vita, da quella nel grembo della madre a quella anziana, sofferente e malata, a quella scomoda e persino ripugnante, va accolta, amata e aiutata.

Lasciamoci ora guidare dal Vangelo di oggi. Della Madre di Dio si dice una sola frase: «Custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Custodiva. Semplicemente custodiva. Maria non parla: il Vangelo non riporta neanche una sua parola in tutto il racconto del Natale. Anche in questo la Madre è unita al Figlio: Gesù è infante, cioè “senza parola”. Lui, il Verbo, la Parola di Dio che «molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato» (Eb 1,1), ora, nella «pienezza del tempo» (Gal 4,4), è muto. Il Dio davanti a cui si tace è un bimbo che non parla. La sua maestà è senza parole, il suo mistero di amore si svela nella piccolezza. Questa piccolezza silenziosa è il linguaggio della sua regalità. La Madre si associa al Figlio e custodisce nel silenzio.

E il silenzio ci dice che anche noi, se vogliamo custodirci, abbiamo bisogno di silenzio. Abbiamo bisogno di rimanere in silenzio guardando il presepe. Perché davanti al presepe ci riscopriamo amati, assaporiamo il senso genuino della vita. E guardando in silenzio, lasciamo che Gesù parli al nostro cuore: che la sua piccolezza smonti la nostra superbia, che la sua povertà disturbi le nostre fastosità, che la sua tenerezza smuova il nostro cuore insensibile. Ritagliare ogni giorno un momento di silenzio con Dio è custodire la nostra anima; è custodire la nostra libertà dalle banalità corrosive del consumo e dagli stordimenti della pubblicità, dal dilagare di parole vuote e dalle onde travolgenti delle chiacchiere e del clamore.

Maria custodiva, prosegue il Vangelo, tutte queste cosemeditandole. Quali erano queste cose? Erano gioie e dolori: da una parte la nascita di Gesù, l’amore di Giuseppe, la visita dei pastori, quella notte di luce. Ma dall’altra: un futuro incerto, la mancanza di una casa, «perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7); la desolazione del rifiuto; la delusione di aver dovuto far nascere Gesù in una stalla. Speranze e angosce, luce e tenebra: tutte queste cose popolavano il cuore di Maria. E lei, che cosa ha fatto? Le ha meditate, cioè le ha passate in rassegna con Dio nel suo cuore. Niente ha tenuto per sé, niente ha rinchiuso nella solitudine o affogato nell’amarezza, tutto ha portato a Dio. Così ha custodito. Affidando si custodisce: non lasciando la vita in preda alla paura, allo sconforto o alla superstizione, non chiudendosi o cercando di dimenticare, ma facendo di tutto un dialogo con Dio. E Dio che ci ha a cuore, viene ad abitare le nostre vite.

Ecco i segreti della Madre di Dio: custodire nel silenzio e portare a Dio. Ciò avveniva, conclude il Vangelo, nel suo cuore. Il cuore invita a guardare al centro della persona, degli affetti, della vita. Anche noi, cristiani in cammino, all’inizio dell’anno sentiamo il bisogno di ripartire dal centro, di lasciare alle spalle i fardelli del passato e di ricominciare da ciò che conta. Ecco oggi davanti a noi il punto di partenza: la Madre di Dio. Perché Maria è come Dio ci vuole, come vuole la sua Chiesa: Madre tenera, umile, povera di cose e ricca di amore, libera dal peccato, unita a Gesù, che custodisce Dio nel cuore e il prossimo nella vita. Per ripartire, guardiamo alla Madre. Nel suo cuore batte il cuore della Chiesa. Per andare avanti, ci dice la festa di oggi, occorre tornare indietro: ricominciare dal presepe, dalla Madre che tiene in braccio Dio.

La devozione a Maria non è galateo spirituale, è un’esigenza della vita cristiana. Guardando alla Madre siamo incoraggiati a lasciare tante zavorre inutili e a ritrovare ciò che conta. Il dono della Madre, il dono di ogni madre e di ogni donna è tanto prezioso per la Chiesa, che è madre e donna. E mentre l’uomo spesso astrae, afferma e impone idee, la donna, la madre, sa custodire, collegare nel cuore, vivificare. Perché la fede non si riduca solo a idea o a dottrina, abbiamo bisogno, tutti, di un cuore di madre, che sappia custodire la tenerezza di Dio e ascoltare i palpiti dell’uomo. La Madre, firma d’autore di Dio sull’umanità, custodisca quest’anno e porti la pace di suo Figlio nei cuori, nei nostri cuori, e nel mondo. E come figli, semplicemente, vi invito a salutarla oggi con il saluto dei cristiani di Efeso, davanti ai loro vescovi: “Santa Madre di Dio!”. Diciamo, tre volte, dal cuore, tutti insieme, guardandola [rivolto alla statua esposta accanto all’altare]: “Santa Madre di Dio!”.

     


[Modificato da Caterina63 01/01/2018 12:09]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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