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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (7)

Ultimo Aggiornamento: 21/08/2018 16:02
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11/01/2018 08:36
 
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MESSA SENZA CREDO

Denunciare gli abusi serve: vescovo richiama prete choc

ECCLESIA  10-01-2018

Don Fredo durante la messa di Natale

In tempi di fede fai da te come quelli che viviamo vedere che ci sono vescovi che fanno il loro mestiere non è cosa da poco. Non sappiamo se don Fredo Olivero sia sinceramente pentito di aver omesso e sbeffeggiato il Credo nel corso della messa natalizia di mezzanotte nella sua chiesa di San Rocco di Torino, ma almeno un paletto è stato stabilito: quello che i diritti di Dio vengono prima delle fantasiose e narcisistiche pretese dei suoi ministri. 

La notizia del parroco che, suscitando il sorriso ilare dei suoi fedeli, non aveva detto il Credo perché «non ci credo» era stata data con ampio risalto dalla Nuova BQ tra lo sconcerto di molti fedeli. La notizia c'era tutta, anche perché, come sottolineavamo allora, se un prete ammette di non credere nel Credo, allora bisognerebbe alzare bandiera bianca e dichiarare la partita persa per sempre a tavolino. Della serie: che cosa ci sta a fare un prete a celebrar messa se per primo non ha la fede per credere le verità fondamentali della fede cattolica?

Qualcuno deve aver segnalato all'Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglial'articolo in questione, che avevamo corredato di fonte certa, la registrazione audio-video della messa, caricata su youtube, ma senza l'intento di denunciare i numerosi abusi che in essa vi erano compiuti. Il nostro articolo invece era critico e dava di quella messa show una lettura preoccupata circa la salute spirituale dei fedeli che vi assistevano. E a quel punto il vescovo non ha potuto fare altro che intervenire. Come? 

Anzitutto facendo cancellare quel video che ora non compare più tra i disponibili della rete. 

E poi con un intervento in prima persona. E' il quotidiano di Torino La Stampache ci informa che l'ordinario ha richiamato il sacerdote, il quale, sempre stando all'ammiraglia dell'informazione piemontese, ha fatto pubblica ammenda e promesso che d'ora in avanti proclamerà coram populo il Credo durante la messa. L'articolo non dice se il sacerdote sia o no sinceramente pentito. Ovviamente ha avanzato qualche timida giustificazione per il suo comportamento: «Ho fatto male a far cantare “Dolce sentire”. Ma non volevo affatto dire che “io non credo”». Piccola bugia, dato che se le parole sono importanti, aveva detto proprio l'esatto opposto. Ma in fondo non è questo il punto. 

Non è tanto importante che il sacerdote sia tornato sui suoi passi, anche se costretto, se la vedrà con il suo confessore in coscienza, così come se verranno presi provvedimenti canonici a riguardo, quanto che un vescovo abbia utilizzato la sua autorità per il bene. Che in questo caso non è lasciare che un prete usi delle cose sacre come dispone il suo ego, ma sono i diritti di Dio e dei fedeli i quali non vanno calpestati dalle paturnie sentimentaliste di questo o quel sacerdote.

Può sembrare fastidioso spesso nel clima attuale della Chiesa volemosebbene denunciare gli abusi liturgici o le profanazioni delle Chiese o persino gli svarioni dottrinali di questo teologo o di quel pastore, ma è il solo modo che il popolo di Dio ha, oltre alla preghiera, di esercitare quella correzione fraterna senza la quale non c'è vera carità.

Chissà se a monsignor Nosiglia è stato fatto anche vedere l'intero video della messa prima di cancellarlo, dall'introito al post communio un concentrato di abusi e stramberie da far impallidire il più modernista dei liturgisti, a cominciare dallo stravolgimento delle parole della Liturgia Eucaristica e della consacrazione per finire con l'autocomunione dei fedeli, ma confidiamo che presto si prenda coscienza anche del fatto che tantissime messe, non solo quella di San Rocco, sono ormai pervase da una creatività liturgica che ha snaturato, profanandolo completamente il mistero, il sacro, il sacrificio e in definitiva l'Incontro perfetto che in esse avviene.

 

HUMANAE VITAE

«Contraccezione un dovere? Intervenga il Papa»

ECCLESIA  11-01-2018

Don Maurizio Chiodi

Dopo la pubblicazione dell'intervento del teologo don Chiodi, membro della Pontificia Accademia per la Vita, che teorizza un "dovere" di contraccezione in alcune circostanze, fioccano le reazioni. «Sono tesi immorali, già condannate senza ambiguità da Giovanni Paolo II», dice il professor Seifert: «Don Chiodi deve ritrattare il suo errore o essere allontanato dall'Accademia per la Vita».

La relazione che don Maurizio Chiodi ha svolto il 14 dicembre scorso all’Università Gregoriana, e in cui affermava il “dovere” responsabile dei coniugi di usare sistemi contraccettivi, ha fatto scalpore e ha provocato risposte puntuali da parte di specialisti della materia. Ne citiamo due, quella del prof. Josef Seifert, presidente dell’Accademia Giovanni Paolo II per la Vita umana e la Famiglia, e quella del prof. Michael Pakaluk, ordinario all’Accademia Pontificia San Tommaso d’Aquino, oltre che docente alla Catholic University of America.

Seifert come vedremo illustra perché e come le tesi di don Chiodi siano profondamente contrarie agli insegnamenti della Chiesa e di Giovanni Paolo II in particolare, e conclude: «Possiamo solo sperare che papa Francesco, l’arcivescovo Paglia e la larga maggioranza dei membri della Pontiificia Accademia per la Vita chiedano a don Chiodi di correggere questi gravi errori, o di dimettersi immediatamente dall’illustre Accademia, il cui fondatore e padre spirituale Giovanni Paolo II combatté senza ambiguità e continuamente proprio contro quegli errori che don Chiodi ora propone, e li condannò in via definitiva».

Seifert, che è co-fondatore dell’Accademia Internazionale di Filosofia afferma che Chiodi nella sua relazione «propone posizioni etiche e filosofiche che sono profondamente erronee e totalmente distruttive non solo dell’insegnamento morale della Chiesa cattolica, ma anche dell’essenza della moralità, e in realtà di ogni verità e di ogni insegnamento della Chiesa». Queste sono il relativismo storico, la teoria del consenso e l’etica della situazione.

Secondo Seifert, quando don Chiodi afferma che le norme della legge naturale sono buone, ma sono storiche, «nega la perenne verità e validtà delle norme che ci dicono che la contraccezione e molti altri atti sono intrinsecamente sbagliati», per cui quello che poteva essere giusto nel 1968 non lo è più nel 2018. Inoltre Chiodi suggerisce, secondo il professore austriaco, che il fatto che un’ampia percentuale di coniugi cattolici pratichino la contraccezione prova che queste norme non sono più valide. «Con lo stesso diritto potrebbe sostenere che siamo giustificati a non parlare più del primo comandamento, di amare Dio sopra ogni cosa, o che quella norma non è più valida perché una maggioranza di cattolici non la adempie, o che non è più valido il comandamento di non dare falsa testimonianza perché la maggior parte della gente mente e calunnia».

E infine, conclude Seifert, quando don Chiodi facendo riferimento ad “Amoris Laetitia” afferma che alcune «circostanze proprio per amore di responsabilità, richiedono la contraccezione», «nega in realtà direttamente l’intrinseca erroneità della contraccezione insegnata magisterialmente da Paolo VI e dai suoi predecessori e successori e rende ciò che è buono o cattivo moralmente nella trasmissione della vita umana interamente dipendente dalle situazioni concrete». È l'etica delle situazioni, e tirando le conseguenze da queste affermazioni don Chiodi «suggerisce che in generale non esiste nessun atto intrinsecamente sbagliato…ma dipende dalla proporzione fra conseguenze buone e cattive». Quindi si verrebbe a negare anche l’intrinseca erroneità dell’aborto e dell’eutanasia e di molti altri atti. La teoria secondo cui c’è «un dovere alla contraccezione» è tale da contenere, secondo Seifert, «oltre all’aperto rigetto dell’insegnamento della Chiesa in Humanae Vitae, errori filosofici generali disastrosi», già respinti con forza da Giovanni Paolo II in Veritatis Splendor.

Michael Pakaluk non entra direttamente nella questione della relazione di don Chiodi, ma su The Catholic Thing lancia un allarme. Nel 2018, anno in cui si celebra il mezzo secolo di vita dell’enciclica di Paolo VI, «è probabile che assistiamo ad attacchi concertati sul suo insegnamento, che non saranno scoraggiati da varie azioni del Vaticano». E continua Pakaluk: «Il tipo di attacchi non è difficile da indovinare. Non prenderà la forma di una contraddizione diretta, ma piuttosto di un aggiramento – cambiamenti che svuoteranno Humanae Vitae del suo contenuto grazie a un supposto ‘approfondimento’ del suo significato».

Pakaluk identifica anche i protagonisti: saranno alcuni vescovi, principalmente da Paesi ricchi, e teologi da istituzioni accademiche. Si dirà che dal momento che l’80 per cento dei cattolici in alcune nazioni (non importa quanto bene pratichino la fede) rigettano Humanae Vitae, l’insegnamento non è stato “recepito”, e di conseguenza non è mai stato valido, almeno in quei Paesi, e quindi si chiederà un maggiore pluralismo. «Il consenso fra le persone illuminate a favore della contraccezione sarà citato come ‘un segno dei tempi’ e l’evidenza del lavoro dello Spirito Santo. Ci si dirà che la Chiesa deve ‘ascoltare’ queste persone in dialogo: infatti i Paul Erhlichs del mondo hanno già detto al Vaticano che alla luce della Laudato sì le coppie non dovrebbero aver più di due bambini». Ma si chiede Pakaluk, come è è praticabile quella politica «senza contraccezione artificiale?».



GENTILE DON CHIODI...
RILEGGA SAN GIOVANNI PAOLO II 
e poi vada a zappare!!!
 



Dalla procreazione nasce la società, dall’unione tra i coniugi nasce la socialità: la contraccezione separa società e socialità, costruisce una società senza socialità, senza accoglienza unitiva, una socialità giustapposta e strumentale. È questo il significato profondamente pubblico dell’enciclica Humanae vitae, che il Bollettinodell’Osservatorio Van Thuân annovera tra le encicliche “sociali” a pieno diritto.

di Stefano Fontana (12-01-2018)

Se si tocca l’Humanae vitae di Paolo VI crolla l’intero impianto della Dottrina sociale della Chiesa: è questo il messaggio contenuto nell’ultimo numero del Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa dell’Osservatorio cardinale Van Thuân in distribuzione in questi giorni e dedicato al 50mo anniversario dell’enciclica paolina sull’amore coniugale con un interessante sottotitolo: Il significato pubblico della sessualità umana. Come dire che, una volta rivista la lezione dell’Humanae vitae, non cade solo la morale coniugale, né la sola morale in generale, come la Nuova Bussola Quotidiana ha spiegato ieri, ma anche il senso ultimo dell’impegno per la costruzione della società. A dirlo sono i cinque saggi del fascicolo e, in particolare, l’editoriale dell’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi«Una messa in questione o una liquidazione dell’enciclica con la scusa di un suo “aggiornamento” avrebbe conseguenze negative per tutto l’ambito della Dottrina sociale della Chiesa».

La vera enciclica sociale di papa Paolo VI è l’Humanae vitae.

Troppo azzardata questa tesi? Eccessiva la segnalazione di pericolo? Il fine unitivo e quello procreativo della sessualità umana non sono due fini distinti: non ci può essere il primo senza il secondo.

I coniugi non possono esercitare una sessualità veramente unitiva che non sia aperta alla procreazione. La causa finale è la procreazione, la causa formale è l’unità. La contraccezione introduce un elemento di violenza reciproca – anche se consenziente – che impedisce la vera unità coniugale. Si introduce un elemento di strumentalizzazione, di non accoglienza, di non solidarietà. Dalla procreazione nasce la società, dall’unione tra i coniugi nasce la socialità: la contraccezione separa società e socialità, costruisce una società senza socialità, senza accoglienza unitiva, una socialità giustapposta e strumentale.
E’ questo il significato profondamente pubblico dell’enciclica Humanae vitae, che il Bollettino dell’Osservatorio Van Thuân annovera tra le encicliche “sociali” a pieno diritto. Alla base della società e della socialità stanno l’uomo e la donna uniti in matrimonio aperto alla vita. La loro relazione è fortemente personale, ma non privata: ha una grandissima valenza pubblica nel significato autentico e non contraffatto della parola. Oggi purtroppo la sessualità è molto pubblicizzata e proprio per questo è anche molto privatizzata. Niente di tutto ciò nel vero amore umano e cristiano. La contraccezione privatizza il significato di un atto denso di conseguenze per l’intera comunità.

Tali conseguenze sono, come si diceva, la perpetuazione della società nel tempo mediante la procreazione e la prima forma di accoglienza reciproca che si conosca, quella dell’unione tra i coniugi. L’Humanae vitae afferma che se questi due elementi non rimangono connessi in questo momento primordiale della vita sociale, si separeranno poi in tutti gli altri e non si potrà pretendere alcuna costruzione della società in modo socievole nel lavoro, nell’economia, nella politica e in ogni altro settore della vita comunitaria.

Il gesuita tedesco Rahner, autore della nefasta svolta antropologica.

Moglie e marito si accolgono non come individui, ma come coppia e secondo un ordine che non hanno deciso loro e che proprio per questo è una vocazione. L’uso della contraccezione, invece, fa sì che essi si trattino come individui isolati, giustapposti o addirittura contrapposti tra loro, e secondo un disegno frutto dei loro desideri privati. Ci sarà l’incontro ma non l’unione, l’accostamento ma non l’accoglienza nella fusione delle persone.

Se all’inizio della vita sociale poniamo questo tipo di relazione, anche tutta la vita sociale sarà poi costituita da individui isolati che si incontrano senza unirsi mai e non secondo un ordine da essi accolto come vocazione ma secondo i loro privati desideri. La società sarà una massa, un mucchio, una successione di elementi che si possono contare o pesare, una giustapposizione, una sovrapposizione, una contrapposizione, ma non una comunità. Se per prima la famiglia fondata sul matrimonio non conosce la comunione, come si può pretendere che la conosca l’anonima e dispersa società più vasta?

Il numero del Bollettino e le parole dell’arcivescovo Crepaldi esaminano il problema in profondità e da un punto di vista nuovo. Pochi pensano che nell’Humanae vitae sia contenuto il segreto non solo del bene coniugale e familiare ma anche del bene sociale e politico. E forse anche le proposte di revisione non ne tengono granché conto, mentre è bene essere consapevoli di cosa si perde, cambiando.

Si sente dire che l’Humanae vitae deve essere letta alla luce di Amoris Laetitia. Ma la verità è piuttosto il contrario, è Amoris Laetitia che deve essere letta alla luce dell’Humanae vitae. Potrebbe essere il contrario nell’ottica della “svolta antropologica” di Karl Rahner che però per fortuna non è dottrina della Chiesa. Per fortuna della morale coniugale ed anche della Dottrina sociale della Chiesa.

(fonte: lanuovabq.it)






[Modificato da Caterina63 21/08/2018 16:02]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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