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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (7)

Ultimo Aggiornamento: 21/08/2018 16:02
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16/01/2018 09:21
 
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I funerali "NON funerli" di Ripa di Meana, svelano la gravità di certi cambiamenti LITURGICI della riforma, a dirlo è il domenicano Padre Riccardo Barile:

Corna glamour sulla bara: è la pastorale del diavolo


È stato un dopo morte all’insegna della soggettività trionfante, quasi ponendosi come un possibile modello. Alla morte dopo la “sedazione profonda” non sono seguite né esequie cristiane, né funerali civili. C’è stata sì la camera ardente con visite e dichiarazioni dei compagni di cordata, dopo di che la bara è stata portata direttamente al cimitero per la cremazione. È un dopo morte “fai da te come ti pare”, che cancella non solo le esequie cristiane, ma anche un funerale civile portatore di una tradizione sulla gestione ed elaborazione del lutto. Anche se, da un altro punto di vista, nel caso concreto è stato preferibile che sia successo così, evitando la sceneggiata di certi discorsi come ai funerali di Umberto Eco a Milano, quando Moni Ovadia impartì al defunto “una benedizione da non credente a non credente”!

È stato un dopo morte con un vuoto terribile di speranza per il silenzio di ogni riferimento a Gesù Cristo e alla vita eterna - coerente con l’immagine pubblica della defunta -, e per quell’unica certezza di “tornare alla terra” evocata nel video del testamento, citazione forse non avvertita di Gen 3,19, che, separata dalla restante storia salvifica, lascia l’uomo nella condanna e nella sconfitta. In realtà anche questo dopo morte è un modello di tanti funerali senza speranza perché la vita trascorre sempre di più senza Gesù Cristo.

Questo funerale - questi funerali - dovrebbe far prendere coscienza ai cristiani di quello che mancava e per contro della ricchezza che essi hanno a disposizione, come spiega il n. 1 delle Premesse del Rito delle Esequie: «Nelle esequie, la Chiesa prega che i suoi figli, incorporati per il Battesimo a Cristo morto e risorto, passino con lui dalla morte alla vita e, debitamente purificati nell’anima, vengano accolti con i Santi e gli eletti nel cielo, mentre il corpo aspetta la beata speranza della venuta di Cristo e la risurrezione dei morti». Quanta consolazione nella comunità che prega, nella speranza della risurrezione che non annulla il ritorno alla terra ma lo inserisce in una più luminosa prospettiva, in una vita che non è completamente spenta ma trasformata: «Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata /vita mutatur, non tollitur» (Prefazio I Defunti)! Per cui, caro cristiano del XXI secolo, «Impara almeno in questo la santa superbia, renditi conto che sei in una condizione migliore di loro / Disce in hac parte superbiam sanctam, scito te illis esse meliorem» (San Gerolamo, Lettera XXII a Eustochio, n. 16).

Resta il segno oggettivamente diabolico delle corna. Ho troppa coscienza dell’intelligente furbizia del diavolo per concludere che è un segno di disperazione, di dannazione, di sofferenza eterna così percepito dall’interessata e dagli altri. Il demonio sa bene che un messaggio del genere sarebbe rifiutato da quasi tutti e segnerebbe la sua sconfitta. Il messaggio diabolico è invece passato sotto due aspetti gradevoli: una certa eleganza estetica ricordata all’inizio e una sfida ironica del tipo: “Si può tranquillamente scherzarci sopra, tanto il diavolo non fa male, anzi, tanto al di là non c’è niente!”. Se così è, si può ridere su quello che insegna la Chiesa e ai segni della salvezza sostituire sulla bara un ricordo/simbolo di una allegra trasgressione, monito per chi vive: fate lo stesso!

E forse altri funerali seguiranno con altre analoghe trovate ben diffuse dai media. È la pastorale del demonio, al quale in bel modo una cosa sola interessa nascondere sino al momento in cui non sarà più possibile tornare indietro: che «la via dei peccatori è ben lastricata, ma al suo termine c’è un baratro finale» (Sir 21,10).

Come spesso capita, perdendo il cristiano si compromette anche l’umano e assistiamo sempre di più a una banalizzazione della morte, a cominciare dal tipo di fotografie che si collocano al cimitero.

Qui però forse c’è anche una sottile responsabilità della pastorale e della riforma liturgica. Infatti tutti gli aspetti belli e consolanti della morte cristiana e soprattutto del dopo morte non sono un di più che migliora una situazione neutra o già positiva, ma sono la liberazione da una tragedia. La quale tragedia va messa in evidenza a fianco della consolazione di esserne in Gesù Cristo liberati. Il Rito delle esequieprecedente il Vaticano II (Rituale del 1952) evidenziava con efficacia i due poli con due famosi responsori ben in vista: «Libera me, Domine, de morte aeterna, in die illa tremenda ecc. / Liberami, Signore, dalla morte eterna, in quel giorno tremendo», che esprimeva la possibile tragedia della morte, e poi la consolazione dell’altro responsorio: «Subvenite, Sancti Dei, occurrite, Angeli Domini: Suscipientes animam eius: Offerentes eam in conspectu Altissimi. Suscipiat te Christus ecc. / Accorrete Santi di Dio e Angeli del Signore, accogliete la sua anima e portatela al cospetto dell’Altissimo. Ti accolga Cristo ecc.». Ora l’attuale riforma ha ripreso e valorizzato molto il secondo responsorio, ma non ha valorizzato altrettanto il primo. Eppure la “morte eterna” non è altro che la seconda morte, di cui parla Ap 2,11; 20,6.14; 21,8, e la terribile espressione “in die illa tremenda / in quel giorno tremendo” altro non è se non una rielaborazione di Sof 1,15: «Dies irae, dies illa / Giorno d’ira quel giorno». Strano che una riforma intenzionata a riscoprire la Bibbia e a por fine all’esilio della Parola, non si sia accorta che il responsorio era biblico!

Ritengo che l’attuale Rito delle Esequie sia pregevole e sono consapevole della difficoltà di ricuperare con evidenza il primo responsorio, la morte eterna, il giorno dell’ira. È però vero che senza mettere in evidenza la tragedia della morte e del dopo morte (da cui in Cristo siamo liberati), di fronte alle corna sulla bara si reagisce lievemente o non si reagisce del tutto.

Come conclusione viene bene la preghiera di Fatima un poco aggiornata: «Gesù mio, perdona i nostri peccati, preservaci dal fuoco dell’inferno... e dalle corna del diavolo!».


 

Intervista a papa Gregorio Magno

scritto da 

– Buongiorno Santità.

– Buongiorno a voi.

– Posso disturbare la Santità vostra?

– Prego.

– Lei è papa Gregorio, non è vero? Gregorio I, detto Gregorio Magno, ovvero il Grande?

– In persona.

– Perdonateci l’ardire, ma vorrei intervistare la Santità Vostra…

– Intervistare?

– Sì, fare alcune domande…

– Prego, sarò lieto di rispondervi, se ne avrò la capacità.

– Grazie, Santità. Dunque, non so se avete appreso che di recente l’ordine equestre intitolato alla Santità vostra è stato attribuito a una signora olandese…

– Ordine equestre? Temiamo di non capire…

– Sarebbe, dunque, ehm, come dire… un ordine cavalleresco della Santa Sede, un’onorificenza…

– E questa onorificenza, come la chiamate, porta il nostro nome?

– Precisamente, Santità.

– E come mai?

– Beh ecco, fu un altro papa Gregorio, Gregorio XVI, nel 1831, a fondare quest’ordine, di prima classe, da conferire a cattolici, uomini e donne, che si siano distinti nel servizio alla Chiesa e per il loro buon esempio.

– Interessante. E perché mai questo nostro successore, Gregorio XVI, lo intitolò a noi?

– Beh, non sono un esperto, ma credo in vostro onore. Voi siete stato, voi siete, un papa importante, molto importante…

– Ah, ecco.

– Sì, dunque, dicevo che di recente questa onorificenza è stata attribuita a una signora olandese…

– Perché? Ha forse combattuto i barbari?

– No, no, santità…

– Combattere i  barbari, difendere Roma e salvare la fede è un grande merito. Noi abbiamo combattuto i longobardi a lungo…

– Certo.. certo…

– O forse questa signora ha evangelizzato qualche popolazione?…

– No, santità, non ha evangelizzato nessuno. Almeno non ci risulta…

– Uhm! Allora ha forse contribuito alla ricostruzione di Roma? Noi, nel nostro tempo, ci impegnammo nel ridare lustro alla città, in un’epoca di grave decadenza.

– Sì, sì, sappiamo, ma no, questa signora non ha contribuito alla ricostruzione di Roma.

– Ah, ci sono! Allora ha sicuramente dato un prezioso contributo al miglioramento della liturgia, per renderla più coerente e solenne. Fu un altro nostro impegno…

– No, Santità, non ha contribuito a migliorare la liturgia.

– Oh, che strano. E allora perché questo riconoscimento che porta il nostro nome?

– Ecco, Santità, il fatto è…

– No, non lo dica: ho capito! Ha rilanciato il canto gregoriano, il nostro amatissimo canto gregoriano!

– Nemmeno, Santità. La signora non ha fatto nulla a favore del canto gregoriano. A dir la verità non so neppure se sappia cantare…

– Oh! Ma voi ci sorprendete, signore. Parlate di un riconoscimento attribuito nel nostro nome, ma vedo che nessuna delle questioni che furono al centro del nostro lavoro e della nostra vita corrispondono agli interessi di questa signora…

– Ecco, santità, è proprio su questo che volevamo raccogliere la vostra opinione. L’ordine di San Gregorio Magno è stato attribuito alla signora perché… perché…

– Dite, dite, non teneteci sulle spine.

– Perché… Beh, in realtà non sappiamo il perché. E la nostra speranza era che voi, Santità, poteste aiutarci a capire.

– Noi? Ma noi, signore caro, non sapevamo neppure dell’esistenza di questo riconoscimento…

– Sì, ma pensavo che, poiché l’ordine porta il vostro augusto nome, la Santità vostra, magari, sarebbe stata informata…

– No, ci spiace, nessuno ci ha detto niente. Ma, credetemi, succede spesso. In ogni caso, che cosa avrebbe fatto di notevole questa signora?

– Beh, ecco… avrebbe, anzi ha… ehm.. ha lavorato molto a favore dell’aborto e della causa LGBT.

– Gentile signore, a questo punto le confessiamo di non capire un bel nulla di quel che dite.

– La Santità vostra ci perdoni… non è facile spiegare…

– Lo vedo, lo vedo. Voi pronunciate parole senza senso.

– Non sono senza senso, Santità. Sono solo un po’ difficili per chi, come voi, è vissuto tanto tempo fa.

– Comunque provateci. Ve ne saremmo grati.

– Come si fa? Guardate, Santità, provo a dire così: la signora ritiene che le mamme, quando sono in attesa di un figlio, possono decidere se tenerlo o no. E poi ritiene che i diritti vadano il più possibile estesi e garantiti a tutte quelle persone che fanno parte del mondo LGBT: lesbiche, gay, bisessuali, transgender.

– Signore, ci vediamo costretti a ribadire che è per noi assai difficile intendere il significato delle vostre parole. Una cosa, tuttavia, crediamo di averla capita, e cioè che questa gentile signora non ha fatto proprio nulla che riguardi la difesa della Chiesa e della fede. Per cui, se non vi dispiace, preferiremmo terminare qui questo colloquio che per noi, forse anche a causa dei molti secoli che ci separano, si è fatto piuttosto gravoso ed è fonte, non lo nascondiamo, di una certa inquietudine.

– Lo capisco molto bene, Santità, e spero che la Santità vostra voglia perdonarci. Avevamo pensato…

– Non importa. Andate pure in pace, per la vostra strada, e ricevete la nostra benedizione.

– Grazie, Santità, molte grazie.

– Ma prima diteci: lì, nella vostra epoca, chi regge le sorti della nostra santa e amata madre Chiesa?

– Abbiamo un papa che viene dall’Argentina.

– Argentina? E che contrada sarebbe? Sta forse dalle parti degli Angli?

– No, no, santità. È una parte del mondo scoperta molto, moltissimo tempo dopo la vostra esistenza su questa terra. Tanta acqua è passata sotto i ponti del Tevere…

– Ah! Non parlatemi del Tevere. Quando noi fummo papa, il fiume esondò in modo devastante e causò una pestilenza terribile. Esonda anche ora, nel vostro tempo?

– No, Santità, grazie a Dio è da un bel po’ che non esonda.

– E avete pestilenze?

– Ehm… no, Santità, non abbiamo pestilenze, almeno non nel senso classico del termine…

– Adesso di nuovo temiamo di non capire.

– Non importa, Santità. Vi lascio al vostro riposo.

– Un’ultima curiosità: i barbari sono stati poi convertiti?

– Difficile dirlo, Santità. In generale sì, ma forse nuove barbarie incombono.

– Gentile signore, il vostro parlare per enigmi risulta ostico per la nostra mente…

– Scusatemi ancora. La Santità vostra è stata fin troppo paziente. Grazie e buon riposo.

– Ora credo che ci dedicheremo un po’ al canto. Gregoriano, ovviamente.

– Benissimo. Grazie ancora e arrivederci, Santità!

–  Arrivederci!

 

Aldo Maria Valli


[Modificato da Caterina63 17/01/2018 13:33]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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