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Cari Vescovi, vi supplichiamo, non tacete più, gridate dai tetti la Verità (7)

Ultimo Aggiornamento: 21/08/2018 16:02
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05/02/2018 08:29
 
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  • CHIESA E AUTORITA'

«Il Papa non è un sovrano assoluto»

C'è una diffusa ignoranza sul reale significato dell'autorità papale nella Chiesa. Le parole del papa sono a servizio dell’intera Tradizione della Chiesa e non il contrario. Come disse Benedetto XVI: «Il potere conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori è, in senso assoluto, un mandato per servire»


Pubblichiamo la traduzione di una riflessione sull'autorità del Papa nella Chiesa scritta dal cardinale Gerhard Müller e pubblicata su First Things il 16 gennaio 2018.

Come sono correlati tra loro il Magistero del papa e la Tradizione della Chiesa? Quando interpreta le parole di Gesù, il papa deve essere in continuità con la Tradizione ed il Magistero precedente, incluso quello dei papi più recenti? O è piuttosto la Tradizione della Chiesa a dover essere reinterpretata alla luce delle nuove parole del papa? Che cosa accade se ci sono delle contraddizioni?

Per rispondere a queste domande, sembra pertinente iniziare con una importante Lettera Apostolica che papa Pio IX inviò all’episcopato tedesco, il 4 marzo 1875. Nella sua lettera, il Papa precisava che i vescovi tedeschi avevano interpretato il dogma dell’infallibilità pontificia e del primato petrino in perfetta armonia con le definizioni del Concilio Vaticano I. Ad aver provocato la lettera del Papa fu la circolare del Cancelliere tedesco Bismarck, che fraintese gravemente questo dogma per giustificare la feroce persecuzione dei cattolici tedeschi nella cosiddetta Kulturkampf o “battaglia culturale”. Secondo Pio IX, nella loro risposta alla provocazione di Bismarck, i vescovi tedeschi avevano chiaramente mostrato che «non c’è assolutamente nulla nelle definizioni prese di mira che sia nuovo o che cambi qualcosa circa le nostre relazioni con i governi civili o che possano offrire un pretesto per proseguire nella persecuzione della Chiesa».

Per poter valutare gli eventi, bisogna certamente tener presenti i presupposti culturali a partire dai quali Bismarck e i suoi liberali “guerrieri culturali” hanno agito. Sebbene essi avessero in gran parte abbandonato il contenuto religioso della Riforma Protestante, che aveva segnato il loro paese, avevano invece ampiamente mantenuto i relativi pregiudizi contro la Chiesa cattolica. Secondo loro, l’ufficio magisteriale esercitato dal papa e dai concili della Chiesa pretendeva un’autorità maggiore di quella della stessa Parola di Dio. Non solo il magistero della Chiesa finiva per intralciare il rapporto immediato del fedele con Dio, ma si ergeva anche come elemento estraneo tra i cittadini e lo stato - uno stato, certamente, che nel caso della Prussia della fine del XIX secolo si attribuiva un’autorità assoluta, distaccata anche dalla legge morale naturale.

Bismarck e i suoi sostenitori erano convinti che l’autorità del papa si estendesse fino a poter inventare arbitrariamente ed anche imporre dottrine e pratiche alla Chiesa universale, inclusi i cittadini cattolici tedeschi, che allora sarebbero stati vincolati ad aderire ad esse sotto la minaccia della scomunica e della perdita della vita eterna. Contro questa totale caricatura della pienezza del potere del papa, i vescovi tedeschi sottolinearono che «in tutti gli aspetti essenziali la costituzione della Chiesa si basa su ordini divini, e pertanto non è soggetta ad arbitrarietà umane». Quanto ad essi, «l’opinione secondo cui il papa è ‘un sovrano assoluto a motivo della sua infallibilità’ si basa su una comprensione totalmente falsa del dogma dell’infallibilità pontificia». Infatti, il Magistero del papa «è limitato ai contenuti della Sacra Scrittura e della tradizione ed anche ai dogmi precedentemente definiti dall’autorità magisteriale della Chiesa».

Il fatto è che la funzione di insegnare detenuta dal Papa e dai vescovi in comunione con lui è un ministero a servizio della Parola di Dio, una Parola che è divenuta carne in Gesù Cristo. Cristo è perciò l’unico Maestro (cf. Mt. 23, 10), che ci insegna le “parole di vita eterna” (Gv. 6, 68). In relazione a lui, Pietro, gli apostoli e tutti i battezzati sono fratelli e sorelle dell’unico Padre celeste.

Senza pregiudicare il fatto che tutti i credenti sono fratelli e sorelle, Gesù ha scelto alcuni tra i suoi molti discepoli per essere i suoi apostoli, dando loro l’autorità di insegnare e governare. Egli ha affidato loro “il messaggio di riconciliazione”, così che essi agiscano realmente nella persona di Cristo per la salvezza del mondo (cf. 2Cor. 5, 19f). Il Signore risorto, al quale è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra, manda i suoi apostoli in tutto il mondo per fare discepoli da tutte le nazioni e battezzarli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Incaricando i suoi apostoli, Gesù incarica anche i loro successori, cioè i vescovi, insieme con il successore di Pietro, il papa, come loro capo. Il mandato che Cristo conferisce loro è di “insegnar loro ad osservare tutto quello che vi ho comandato” (Mt. 28, 20). In questo modo egli chiarisce che il contenuto dell’insegnamento degli apostoli - il criterio di verità di quanto essi diranno - è il suo stesso insegnamento. La certezza della fede cristiana riposa in ultimo sul fatto che la parola umana degli apostoli e dei vescovi è la divina Parola di salvezza, non prodotta ma piuttosto testimoniata mediante una mediazione umana (cf. 1Ts. 2, 13).

Fin dai tempi di Ireneo di Lione nel secondo secolo, è andata saldamente consolidandosi una terminologia secondo la quale il contenuto della rivelazione si trova nella Sacra Scrittura e nella Tradizione Apostolica. Questa rivelazione è autorevolmente proclamata dal Magistero della Chiesa costituito dal papa e dai vescovi in comunione con lui. Contrariamente al principio protestante del sola scriptura (solo la Scrittura), il Concilio di Trento «giudicare il vero senso e la vera interpretazione della Sacra Scrittura – e… nessuno osi interpretare la Scrittura in un modo contrario al consenso unanime dei Padri».  

Il Concilio Vaticano II riprende questa modalità fondamentale di interpretare la fede cattolica e, a partire da essa, conclude: «Il magistero però non è superiore alla parola di Dio ma la serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l'assistenza dello Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella parola, e da questo unico deposito della fede attinge tutto ciò che propone a credere come rivelato da Dio» (Dei Verbum, 10).

C’è accordo tra tutti i cristiani nel ritenere che la Sacra Scrittura sia Parola di Dio. Ma dal momento che questa Parola viene trasmessa con un linguaggio umano, essa non ha quell’evidenza (quoad se - in se stessa) che i protestanti vogliono attribuirle. C’è invece bisogno di un’interpretazione umana da parte dei maestri della fede, la cui autorità proviene dallo Spirito Santo. Riguardo a coloro che ascoltano la Parola di Dio, questi maestri rappresentano la stessa autorità di Dio, avvalendosi di parole e di decisioni umane (quoad nos – per noi). Il compito dell’insegnamento autorevole e del governo non può essere lasciato unicamente al singolo fedele che nella propria coscienza giunge ad accettare una certa verità. Dopotutto la rivelazione è stata affidata alla Chiesa nel suo insieme. Quindi, il Magistero è una parte essenziale della missione della Chiesa. Solo con l’aiuto del magistero vivente del papa e dei vescovi la Parola di Dio può essere trasmessa nella sua integrità ai fedeli e a tutte le persone di ogni tempo e luogo.

Nel nostro credo noi professiamo la nostra fede usando parole umane. Queste parole sono soggette ad un certo cambiamento, per quanto concerne la modalità espressiva. Ciò è possibile e a volte è necessario, dal momento che, come afferma chiaramente S. Tommaso, «l’atto del credente non si ferma all’enunciato, ma va alla realtà» (S. Th. II-II, q. 1, a. 2, ad. 2). Dato che l’insegnamento degli apostoli - e anche l’insegnamento della Chiesa - è la Parola di Dio trasmessa mediante le parole di esseri umani, la Parola di Dio si delinea e si sviluppa nella consapevolezza della Chiesa della propria fede, abbastanza analogamente al modo in cui ciascuno dei fedeli è soggetto ad uno sviluppo spirituale e storico sotto la guida dello Spirito Santo. Senza dubbio, la missione dello Spirito Santo non consiste nell’inventare nuove dottrine, ma nel rendere presente nella Chiesa la pienezza della rivelazione di Gesù Cristo (cf. Gv. 16, 13).

Dal momento che il papa, in quanto capo del collegio dei vescovi, è il principio dell’unità della Chiesa nella verità, egli ha la missione sia di custodire la verità della rivelazione che di pronunciare nuove formulazioni concettuali del credo (il “simbolo”), laddove sia necessario. Facendo ciò, egli non può aggiungere nulla alla rivelazione dataci nella Scrittura e nella Tradizione, e neppure può cambiare il contenuto di precedenti definizioni dogmatiche. Ma al fine di proteggere l’unità della Chiesa nella fede, a certe condizioni egli ha il diritto e il dovere di dare una nuova formulazione al credo (nova editio symboli). Così spiega S. Tommaso: «nell’insegnamento di Cristo e degli Apostoli le verità di fede sono spiegate a sufficienza. Siccome però gli uomini perversi, secondo l’espressione di S. Pietro [2Pt. 3, 16], ‘travisano per loro propria rovina’ l’insegnamento apostolico e le altre Scritture, è necessario che nel corso del tempo ci sia un’esposizione della fede contro gli errori che insorgono» (S. Th. II-II, q. 1, a. 10, ad. 1, sottolineatura aggiunta).

Per questo compito, il magistero si basa sulla comprensione soprannaturaledella fede (sensus fidei), data dallo Spirito Santo a tutto il Popolo di Dio, sotto la guida dei vescovi (cf. Lumen Gentium, 12). Ma conta anche sui teologi. Senza il lavoro teologico preparatorio di Sant’Atanasio e dei Padri Cappadoci, non ci sarebbe stato il credo niceno né la sua difesa e precisazione nei concili successivi. Parimenti, i decreti del Concilio di Trento non sarebbero stati possibili senza il lavoro preparatorio dei teologi più dotti del tempo. È vero che per il Concilio Vaticano II la fedele e completa trasmissione storica della rivelazione si basa sul carisma dell’infallibilità, che è proprio del papa e dei concili ecumenici. Nello stesso tempo però, il Vaticano II non manca di aggiungere: «Perché poi sia debitamente indagata ed enunziata in modo adatto, il romano Pontefice e i vescovi nella coscienza del loro ufficio e della gravità della cosa, prestano la loro vigile opera usando i mezzi convenienti; però non ricevono alcuna nuova rivelazione pubblica come appartenente al deposito divino della fede» (Lumen Gentium, 25).

Certamente, come cattolici, non possiamo ignorare lo sviluppo dottrinale della Chiesa per occuparci solamente della presunta pura dottrina della Scrittura. La parabola del figlio prodigo, per esempio, non fornisce un’istruzione catechetica sul sacramento della penitenza nella sua materia (pentimento, confessione, soddisfazione) e forma (assoluzione da parte del sacerdote). Se si dovesse guardare alla sola Scrittura, si dovrebbe allora concludere che, dal momento che il figlio prodigo in realtà non va a confessare i suoi peccati, neppure noi siamo tenuti a farlo. In ogni caso, opporre in questo modo la Scrittura alla Chiesa significherebbe ignorare completamente le parole di Cristo, che affida agli apostoli - con Pietro come loro capo - il compito di custodire fedelmente l’intero deposito della fede.

Cristo «prepose agli altri apostoli il beato Pietro e in lui stabilì il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell'unità di fede e di comunione» (Lumen Gentium, 18). Ora, la pienezza dell’autorità apostolica non comporta un’illimitata pienezza di potestà secondo l’accezione secolare. Al contrario, questo potere è strettamente circoscritto dalla sua finalità: è a servizio della difesa dell’unità della Chiesa nella sua fede nel Figlio di Dio venuto nella “pienezza dei tempi” (Gal. 4, 4-6). L’autorità del papa è legata molto strettamente alla rivelazione; infatti essa deriva dalla rivelazione. È solo per il potere di Dio che Pietro è in grado di custodire l’intera Chiesa nella fedeltà a Cristo, anche quando Satana la scuote e la vaglia, così che il grano venga separato dalla pula. Così dice Gesù: “ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede” (Lc. 22, 32). Nel suo magistero supremo, il papa unisce tutta la Chiesa e tutti i vescovi nella stessa confessione: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt. 16, 16). Ed è precisamente in questa confessione che egli è la roccia sulla quale il Signore Gesù continua ad edificare la sua Chiesa fino alla fine del mondo. È chiaro, allora, che le parole del papa sono a servizio dell’intera Tradizione della Chiesa e non il contrario.

Quanto è stato detto sopra si riferisce all’insegnamento della Chiesa, ma anche all’amministrazione dei mezzi della grazia nei sacramenti. Nel suo Decreto sulla Santa Comunione, il Concilio di Trento dichiara che la Chiesa ha il potere di stabilire o di modificare i riti esterni dei sacramenti. Nello stesso tempo, il Concilio nega che la Chiesa abbia il diritto o la possibilità di interferire con l’essenza dei sacramenti, insistendo che sia «fatta salva la loro sostanza». Quando il Concilio di Trento definisce che ci sono tre atti del penitente che fanno parte del sacramento della penitenza (pentimento con la risoluzione di non peccare nuovamente, confessione e soddisfazione), allora anche i papi e i vescovi dei secoli successivi sono vincolati da questa dichiarazione. Essi non sono liberi di dare l’assoluzione sacramentale per i peccati, o di autorizzare i propri sacerdoti a darla, quando i penitenti non mostrano realmente segni di pentimento o quando essi esplicitamente non vogliono prendere la risoluzione di non peccare più. Nessun essere umano può annullare l’intima contraddizione tra l’effetto del sacramento - ossia, la nuova comunione di vita con Cristo nella fede, speranza e carità - e l’inadeguata disposizione del penitente. Nemmeno il papa o un concilio possono farlo, perché non ne hanno l’autorità e neppure potranno mai ricevere una tale autorità, perché Dio non chiede mai agli uomini di fare qualcosa che sia contraddittorio in se stesso e contrario a Dio stesso.

È necessario ricordare che le affermazioni dottrinali possiedono diversi gradi di autorità. Essi richiedono differenti gradi di consenso, come espresso dalle cosiddette “note teologiche”. L’accettazione di un insegnamento con “fede divina e cattolica” è richiesta solamente per le definizioni dogmatiche. È chiaro anche che il papa e i vescovi non devono mai chiedere ad alcuno di agire o insegnare contro la legge morale naturale. L’obbedienza dei fedeli verso i loro superiori ecclesiastici non è perciò un obbedienza assoluta e il superiore non può richiedere un’obbedienza assoluta, perché sia il superiore che coloro che sono affidati alla sua autorità sono fratelli e sorelle, figli dello stesso Padre e sono discepoli dello stesso Maestro. Pertanto, è più arduo insegnare che imparare, perché l’insegnamento è associato ad una più grande responsabilità di fronte a Dio. L’affermazione «bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (Atti 5, 29) ha il suo valore anche e soprattutto nella Chiesa. Contro il principio di obbedienza assoluta vigente nello stato militare prussiano, i vescovi tedeschi ribadivano di fronte a Bismarck: «Non è certamente la Chiesa cattolica ad aver fatto proprio il principio immorale e dispotico che il comando di un superiore svincola incondizionatamente da ogni responsabilità personale».

Quando delle opinioni private o dei limiti spirituali e morali si inseriscono nell’esercizio dell’autorità ecclesiastica, allora diventano necessarie critiche sobrie ed oggettive come anche la correzione personale, specialmente da parte dei fratelli nell’episcopato. Tommaso d’Aquino non può essere di certo sospettato di relativizzare il primato pietrino e la virtù d’obbedienza. Particolarmente illuminante è il modo in cui egli interpreta l’incidente avvenuto ad Antiochia, culminato con la pubblica correzione di Pietro da parte di Paolo (Gal. 2, 11). Secondo l’Aquinate, l’episodio ci insegna che a certe condizioni un apostolo può avere il diritto ed anche il dovere di correggere un altro apostolo in modo fraterno, e che anche un sottoposto può avere il diritto e il dovere di criticare il superiore (cf. Commento sulla lettera ai Galati, c. II, l. 3). Questo non significa che si possa ridurre il magistero ad un’opinione privata, così da essere dispensati dal potere vincolante dell’insegnamento autentico e definitivo della Chiesa (cf. Lumen Gentium, 37). Significa solamente che si deve comprendere bene il senso preciso dell’autorità nella Chiesa in generale e il ruolo del ministero petrino in particolare. Ciò è particolarmente vero quando il conflitto non nasce tra l’insegnamento del papa e la sua idea personale, ma tra l’insegnamento del papa e l’insegnamento dei papi precedenti, che è in accordo con l’ininterrotta tradizione della Chiesa.

Come Papa Benedetto XVI ha spiegato durante la Messa in occasione del suo insediamento sulla Cattedra di Vescovo di Roma, il 7 maggio 2005, «il potere conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori è, in senso assoluto, un mandato per servire. La potestà di insegnare, nella Chiesa, comporta un impegno a servizio dell’obbedienza alla fede. Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo».

(Traduzione di Luisella Scrosati)






Preghiera neo chiesa Bergamo: “Dacci oggi la nostra eresia quotidiana”



«Solo un peccato è ora gravemente punito: l’attenta osservanza delle tradizioni dei nostri Padri. Per tale ragione i buoni sono allontanati dai loro paesi e portati nel deserto» (San Basilio, Ep. 243).

Per il Vescovo di Bergamo Francesco Beschi: Gesù Cristo NON è Dio!

Non ci piace dover fare questo genere di articoli, che oltre tutto ci fanno perdere molto tempo prezioso, ma è un sofferto servizio alla Chiesa e ai Fedeli, a noi stessi, in quel puro evangelico “ama il prossimo tuo… COME AMI TE STESSO“, e questo non può che avvenire nella Verità, alla quale tutti i Battezzati sono chiamati. Del resto, se c’è chi afferma di non voler leggere i siti della “RESISTENZA CATTOLICA-DOTTRINALE” – vedi qui – per la propria salute mentale, noi affermiamo  di voler leggere queste propagande per fare santo discernimento, come ci chiede il Vangelo, e rinnegare l’eresia e l’apostasia. Chi si ama nella menzogna, spiega infatti sant’Agostino vedi qui, al prossimo non farà altro che dare menzogna e amare iniquamente, nella menzogna, dice il Santo:

Se poi tu ami l’iniquità e mandi in rovina te stesso, non è possibile che tu pretenda ti sia affidato il prossimo da amare come te stesso, perché come perderesti te stesso con il tuo modo di amarti, così faresti perdere il tuo prossimo amandolo allo stesso modo. Ti proibisco dunque di amare alcuno, perché sia tu solo a perderti. Ti pongo l’alternativa: o correggere il tuo modo di amare o astenerti da ogni rapporto con altri…”

Ringraziando la pagina di Facebook: “Amici della Tradizione Cattolica-Forlì“, andiamo ad analizzare e a condannare senza i “sé, i ma e i però…” l’opuscolo che le ACLI di Bergamo (ed è evidente che hanno ottenuto il placet della sede vescovile, visto che c’è la prefazione del vescovo Beschi) hanno improntato per le preghiere e meditazioni “Pasqua 2018”.

Di cosa si tratta? Lo potete vedere nelle immagini che vi alleghiamo al fianco e che potrete ingrandire. Si tratta di preghiere anomale attraverso le quali Gesù Cristo E’ IL GRANDE ASSENTE  e un dio generico è invocato al pari del Dio Cattolico, ed è posto sullo stesso piano dottrinale e concettuale dell’eresia e dell’apostasia ecumenista, di cui parlammo anche qui.

La gravità sta nel fatto che Gesù Cristo NON E’ CONSIDERATO QUEL DIO UNICO al quale si rivolgono le Preghiere, e che c’è dunque UN ‘ALTRO DIO – comune a tutti – al di fuori di Gesù Cristo, quando san Paolo afferma: “… uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù” (1Tim.2,5)

– MEDITAZIONI! E su che cosa? sul nulla, sul vuoto più assoluto, senza alcuna identità del PECCATO, dell’offesa al vero ed unico Dio, della conversione al Cristo Gesù. Dalla “preghiera luterana” (???)leggiamo:

Dio tu vuoi che non solo ti chiamiamo Padre, ma Padre nostro comune, e che ti preghiamo concordemente per tutti…”

FALSO!!! Falso ed eretico! Non abbiate paura di dirlo. Gesù Cristo, alla domanda specifica sul cosa dire per pregare correttamente, ci dona LA SUA PREGHIERA AL PADRE, ed essendo Battezzati in Cristo, imparare a chiamare questo Dio che si è rivelato in Cristo Gesù, con l’appellativo di PADRE, PADRE NOSTRO che nulla ha da spartire con l’ideologico termine “Padre COMUNE”. Gesù non ha mai usato questo termine. Avrete notato come si sta iniziando a forzare il Vangelo e a modificarlo a proprio piacimento, la stessa frase del Padre Nostro sul finale, vedi qui, ci fa capire dove si vuole arrivare, denaturalizzando IL SENSO della Preghiera come ci è stata trasmessa dalla TRADIZIONE DEI PADRI.

La Preghiera del Pater Noster, così come Gesù ce l’ha insegnata e i santi Padri della Chiesa l’hanno trasmessa, ha un senso di per sé che è già “comune” ma nel senso di CATTOLICO e non di sincretismo religioso come la si vuole strumentalizzare. Certo che “Dio” è “Padre di tutti, ma quel “Nostro”, specificano i Padri, è l’invocazione DEI BATTEZZATI che dichiarano al mondo l’appartenenza a questo Dio – e non altri – per testimoniare la loro ADOZIONE A FIGLI per mezzo di Gesù Cristo NELLA SUA UNICA CHIESA.

Questa invocazione luterana E’ FALSITA’… è una forzatura del Vangelo, proprio loro che divisero la Chiesa imponendo il “Sola Scriptura” ossia, solo ciò che è LETTERALMENTE riportato dai Vangeli, negando alla Chiesa Cattolica il diritto ad insegnare ed interpretare il Vangelo, ora manipolano maggiormente le Scritture inventando cose non scritte, e attribuendo al Cristo ciò che non ha mai detto. Non è per tanto “Dio che lo vuole” ma gli eretici vogliono questa falsificazione della Scrittura.

– PREGHIERA GIAINISTA (???) “La pace e l’amore universale sono l’essenza del Vangelo predicato da tutti gli ILLUMINATI (???). Il Signore ha predicato che la serenità d’animo è il Darma…” (???)

“Guai al mondo per gli scandali! Poiché, ben è necessario che avvengano degli scandali; ma guai all’uomo per cui lo scandalo avviene!” (Mt.18,7), “è impossibile che non avvengano scandali” precisa Gesù in Luca 17,1 e allora, come superare questa frenesia eretica ed apostata? San Paolo offre molte indicazioni è necessario che tu, io, noi… ci troviamo di fronte a tali ostacoli, per superarli e crescere all’altezza della statura perfetta di Cristo attraverso il sano DISCERNIMENTO (cfrEf.4,13).

Che il Signore Gesù abbia “predicato” il DHARMA è privo di senso teologico e cattolico, poichè se è vero che Dharma non è in sé un termine nocivo, dal momento che significa semplicemente “legge naturale; insegnamento; obbligo morale; fondamento della verità…“, d’altra parte, però, teologicamente parlando, toglie al Cristo Gesù l’esclusività della VERITA’, GLI TOGLIE LA SUA IDENTITA’.

Ve lo spieghiamo in chiaro e breve: Gesù Cristo non ha detto “io vi dico una verità; io vi offro una legge morale.. ecc..”, magistero questo che è naturale trovare in ogni CULTURA SANA che si  riscontra nei popoli onesti e timorati, bensì Gesù ha detto di Se stesso: “IO SONO LA VERITA’, la Via e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.”(Gv.14,6). Un Battezzato non ha bisogno di fare preghiere giainiste… e soprattutto NON può abbassare Gesù Cristo ad altre divinità, non può fare SINCRETISMO RELIGIOSO, pena l’apostasia e l’eresia.

– PREGHIERA SIKH (??) “…chi ama raggiunge Dio”…. bella scoperta, MA QUALE DIO?? e di quale VERITA’ allude la preghiera “sikh” quando essi stessi NON SI CONVERTONO AL CRISTO GESU’ VERITA’ UNICA e sono panteisti? I sikh sono i devoti del Sri Guru Granth Sahib, le sacre scritture dei 10 guru che si sono succeduti dal 1469 al 1708 e di altri amanti del Creatore. Vivono principalmente nel Punjab (India del nord-ovest). Pregano il Creatore onnipresente ed onnipotente, che si manifesta attraverso il creato..

Ma il nostro VERO ED UNICO DIO SI E’ INCARNATO!!! Questa preghiera sincretista è la negazione dell’Incarnazione di Dio!! “Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L’anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio. Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre..”(1Gv.2,22-23), c’è altro da aggiungere? Purtroppo sì: gran parte delle credenze dei Sikh deriva dall’induismo. I Sikh sono monoteisti e credono nella legge del karma e nella reincarnazione. L’ingresso nella comunità avviene mediante una sorta di battesimo.

Come fa un vero cattolico, e che dir si voglia, a non capire che questo battesimo nulla ha da spartire con il Battesimo impartito dal Cristo Gesù? “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù“(Fil.2,5), come fa  un vero cattolico a non capire che queste invocazioni non contengono i “medesimi sentimenti di Cristo” il cui vero AMORE è la conversione al Padre, passando attraverso IL FIGLIO, riconoscendolo per ciò che Egli era, è e sarà…? NOI NON crediamo nella reincarnazione e preghiamo e crediamo nella risurrezione dei corpi! CRISTO E’ RISORTO!

E veniamo al tocco finale, la ciliegina sulla torta:

– PREGHIERA MUSULMANA (??) “Nel nome di Allah, il clemente, il misericordioso… e i servi di Dio (falsato perché loro usano solo il termine Allah) i santi sono quelli che camminano sulla terra con umiltà…”

Intanto avvisiamo tutti che nei famosi “99 Nomi” attraverso i quali l’Islam onora Allah, manca proprio il centesimo che, guarda il “caso”, è proprio l’appellativo di PADRE!! Per l’Islam è offensivo definire Allah come un “Padre” perché non c’è una RELAZIONE con la divinità, non c’è un Dio “rivelato o incarnato” e Gesù NON E’ IL FIGLIO…. Appare evidente la forzatura di questa preghiera fatta, probabilmente in campo interreligioso con persone che non contano nulla, teologicamente parlando, ma capaci di IMPORRE concetti devastanti.

I Santi sono quelli che sulla terra “camminano nell’umiltà”, è evidente che anche questa frase è costruita ad arte, mischiata, perché non c’è nell’Islam la virtù dell’umiltà e i santi, per loro, sono coloro che muoiono nel nome di Allah, magari uccidendo gli infedeli (ebrei e cristiani). Il concetto di PARADISO per loro non è quello Cattolico, ma è UN HAREM dentro al quale, il santo musulmano morto in combattimento, magari meglio se uccidendo… riceverà TUTTO CIO’ CHE IN TERRA NON HA AVUTO….

Confondere i Santi Cattolici, con il santo pensato dall’Islam – e dalle altre religioni – è OFFENDERE I SANTI E IL CRISTO STESSO. Altra cosa è invece RISPETTARE che nelle altre fedi sparse sulla terra, per coloro che non vi sia stata possibilità di conoscere il Cristo – e dunque non lo hanno rifiutato – vi siano persone morte santamente, nel rispetto inconsapevole del Dio Uno e Trino e Rivelato….

Ma questo “rispettare” non può essere usato ed imposto come un “Cammino verso la Pasqua di Nostro Signore Gesù Cristo”! E’ ERESIA, E’ APOSTASIA.

RIBELLIAMOCI E RIBELLATEVI!!! Con rispetto e con mitezza, che non significa stupidità, ebetismo, imbecillità…. supinismo… Gesù è stato chiarissimo, ed è un “Dio geloso” il nostro: «Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Mc.8,34-38)

Se non volete credere a “noi” studiatevi almeno il Catechismo della Chiesa Cattolica che afferma:

  1. Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il « mistero di iniquità » sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità. La massima impostura religiosa è quella dell’Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messianismo in cui l’uomo glorifica se stesso al posto di Dio e del suo Messia venuto nella carne.

Laudetur Jesus Christus

Ricordiamo anche:

 





[Modificato da Caterina63 24/02/2018 09:28]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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