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Il Sensus Fidei nella vita della Chiesa - Documento

Ultimo Aggiornamento: 03/03/2018 15:21
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03/03/2018 15:14
 
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1. L’insegnamento della Bibbia

a) La fede come risposta alla parola di Dio

8. In tutto il Nuovo Testamento la fede è la risposta fondamentale e decisiva delle persone umane al Vangelo. Gesù proclama il Vangelo per condurre gli uomini alla fede: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15). Paolo ricorda ai primi cristiani il suo annuncio apostolico della morte e della risurrezione di Gesù Cristo per rinnovare e approfondire la loro fede: «Vi proclamo poi, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato. A meno che non abbiate creduto invano!» (1Cor 15,1-2). La comprensione della fede nel Nuovo Testamento affonda le radici nell’Antico Testamento, e specialmente nella fede di Abramo, che ebbe una fiducia assoluta nelle promesse di Dio (Gen 15,6; cf. Rm 4,11.17). Questa fede è una libera risposta alla proclamazione della parola di Dio e, in quanto tale, è dono dello Spirito Santo, che deve essere ricevuto da coloro che credono in verità (cf. 1Cor 12,3). L’«obbedienza della fede» (Rm 1,5) risulta dalla grazia di Dio, che libera gli esseri umani e li rende membri della Chiesa (cf. Gal 5,1.13).

9. Il Vangelo suscita la fede poiché esso non è la semplice trasmissione di un’informazione religiosa, ma la proclamazione della parola di Dio e la «potenza di Dio per la salvezza» che deve essere ricevuta in tutta verità (Rm 1,16-17; cf. Mt 11,15; Lc 7,22 [Is 26,19; 29,18; 35,5-6; 61,1-11]). È il Vangelo della grazia di Dio (cf. At 20,24), la «rivelazione del mistero» di Dio (Rm 16,25) e la «parola della verità» (Ef 1,13). Il Vangelo ha un contenuto sostanziale: l’avvento del regno di Dio, la risurrezione e l’esaltazione di Cristo Gesù crocifisso, il mistero della salvezza e della glorificazione di Dio nello Spirito Santo. Il Vangelo ha un soggetto forte, Gesù stesso, il Verbo di Dio, che manda i suoi apostoli e i loro discepoli, e prende direttamente la forma di una proclamazione ispirata e autorizzata in parole e in opere. Ricevere il Vangelo richiede una risposta della persona tutta intera, «con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza» (Mc 12,30). Tale è la risposta della fede, che è «fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede» (Eb 11,1).

10. «“Fede” è sia l’atto di credere o confidare, sia ciò che è creduto o professato; rispettivamente fides qua e fides quæ. Entrambi gli aspetti operano in un’unità inscindibile, poiché la fiducia è adesione a un messaggio con un contenuto intelligibile, e la professione non può essere ridotta a semplici parole prive di contenuto, ma deve venire dal cuore».[6] Sia l’Antico sia il Nuovo Testamento mostrano chiaramente che la forma e il contenuto della fede procedono insieme.

b) Le dimensioni personali ed ecclesiali della fede

11. Le Scritture mostrano che la dimensione personale della fede si integra nella dimensione ecclesiale; vi si trova tanto il singolare quanto il plurale della prima persona: «Noi crediamo» (cf. Gal 2,16) e «Io credo» (cf. Gal 2,19-20). Nelle sue lettere, Paolo riconosce la fede dei credenti come una realtà personale ed ecclesiale al tempo stesso. Insegna che chiunque confessa che «Gesù è il Signore» è sotto l’azione dello Spirito Santo (1Cor 12,3). Lo Spirito introduce ogni credente nel corpo di Cristo e gli affida un ruolo speciale al fine di edificare la Chiesa (cf. 1Cor 12,4-27). Nella Lettera agli Efesini, la confessione del solo e unico Dio è legata alla realtà di una vita di fede nella Chiesa: «Un solo corpo e un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4,4-6).

12. Nelle sue dimensioni personale ed ecclesiale, la fede presenta i seguenti aspetti essenziali.

i) La fede richiede il pentimento. Nel messaggio dei profeti d’Israele e di Giovanni Battista (cf. Mc 1,4), come pure nella predicazione della Buona novella da parte di Gesù stesso (cf. Mc 1,14s) e nella missione degli apostoli (cf. At 2,38-42; 1Ts 1,9s), pentirsi significa confessare i propri peccati e iniziare una nuova vita, vissuta nella comunità dell’alleanza di Dio (cf. Rm 12,1s).

ii) La fede si esprime nella preghiera e nell’adorazione (leitourgia), mentre ne viene al tempo stesso nutrita. La preghiera può assumere forme diverse – la domanda, la supplica, la lode, l’azione di grazie – e la confessione della fede è una forma speciale di preghiera. La preghiera liturgica, e in modo preminente la celebrazione dell’eucaristia, è stata fin dai primi tempi essenziale per la vita della comunità cristiana (cf. At 2,42). La preghiera ha luogo sia in pubblico (cf. 1Cor 14) sia in privato (cf. Mt 6,5). Per Gesù, il Padre nostro (cf. Mt 6,9-13; Lc 11,1-4) esprime l’essenza della fede. Esso è «un riassunto di tutto il Vangelo».[7] In modo significativo, il linguaggio che esso impiega è quello del «noi» e del «nostro».

iii) La fede procura la conoscenza. Colui che crede è in grado di riconoscere la verità di Dio (cf. Fil 3,10s). Una tale conoscenza ha la sorgente in una riflessione sull’esperienza di Dio, fondata sulla rivelazione e condivisa nella comunità dei credenti. È la testimonianza della teologia sapienziale sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento (Sal 111,10; cf. Pr 1,7; 9,10; Mt 11,27; Lc 10,22).

iv) La fede porta alla confessione (marturia). Ispirati dallo Spirito Santo, i credenti sanno in chi hanno posto la loro fede (cf. 2Tm 1,12), e sono in grado di dare ragione della speranza che è in loro (cf. 1Pt 3,15), grazie alla proclamazione profetica e apostolica del Vangelo (cf. Rm 10,9 s). Essi lo fanno in nome proprio, ma all’interno della comunione dei credenti.

v) La fede implica la fiducia. Confidare in Dio significa fondare tutta la propria vita sulla promessa di Dio. In Eb 11, numerosi credenti dell’Antico Testamento vengono citati come membri di una grande processione che avanza attraverso il tempo e lo spazio verso Dio, nei cieli, guidata da Gesù, «colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,2). I cristiani fanno parte di questa processione, condividendo la medesima speranza e la medesima convinzione (cf. Eb 11,1) e «circondati da tale moltitudine di testimoni» (Eb 12,1).

vi) La fede implica la responsabilità, e specialmente la carità e il servizio (diakonia). I discepoli s riconosceranno «dai loro frutti» (Mt 7,20). I frutti appartengono essenzialmente alla fede, poiché la fede, che proviene dall’ascolto della parola di Dio, richiede l’obbedienza alla sua volontà. La fede che giustifica (cf. Gal 2,16) è «la fede che si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6; cf. Gc 2,21-24). L’amore per il fratello o la sorella è di fatto il criterio dell’amore di Dio (cf. 1Gv 4,20).

c) L’attitudine dei credenti a conoscere la verità
e renderle testimonianza

13. In Geremia viene promessa una «nuova alleanza» che comporterà l’interiorizzazione della parola di Dio: «Porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non dovranno più istruirsi l’un l’altro, dicendo: “Conoscete il Signore”, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande – oracolo del Signore –, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato» (Ger 31,33-34). Occorre che il popolo di Dio venga nuovamente creato, e riceva «uno spirito nuovo», per poter essere in grado di conoscere la legge e seguirla (cf. Ez 11,19-20). Questa promessa si compie nel ministero di Gesù e nella vita della Chiesa per dono dello Spirito Santo. Essa si compie in maniera specialissima nella celebrazione dell’eucaristia, ove i fedeli ricevono il calice che è «la nuova alleanza» nel sangue del Signore (Lc 22,20; 1Cor 11,25; cf. Rm 11,27; Eb 8,6-12; 10,14-17).

14. Nel suo discorso d’addio, nel contesto dell’ultima cena, Gesù ha promesso ai suoi discepoli «il Paraclito», lo Spirito di verità (Gv 14,16.26; 15,26; 16,7-14). Lo Spirito ricorderà loro le parole di Gesù (cf. Gv 14,26), li farà capaci di rendere testimonianza alla parola di Dio (cf. Gv 15,26-27), «dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio» (Gv 16,8) e «guiderà» i discepoli «a tutta la verità» (Gv 16,13). Tutto questo avviene grazie al dono dello Spirito mediante il mistero pasquale, celebrato nella vita della comunità cristiana, particolarmente nell’eucaristia, fino a quando il Signore verrà (cf. 1Cor 11,26). I discepoli possiedono un senso ispirato della verità sempre attuale della parola di Dio incarnata in Gesù e del suo significato per l’oggi (cf. 2Cor 6,2). È questo che conduce il popolo di Dio, guidato dallo Spirito Santo, a rendere testimonianza della propria fede nella Chiesa e nel mondo.

15. Mosè desiderava che il popolo tutto fosse profeta ricevendo lo Spirito del Signore (cf. Nm 11,29). Questo desiderio divenne una promessa escatologica con il profeta Gioele, e a Pentecoste Pietro annuncia che quella promessa è compiuta: «Avverrà: negli ultimi giorni – dice Dio – su tutti effonderò il mio Spirito; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno» (At 2,17, cf. Gl 3,1). Lo Spirito che era stato promesso (cf. At 1,8) è effuso, rendendo i fedeli capaci di «parlare (...) delle grandi opere di Dio» (At 2,11).

16. La prima descrizione della comunità dei credenti a Gerusalemme unisce quatto elementi: «Erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At 2,42). L’assiduità a questi quattro elementi manifesta con potenza la fede apostolica. La fede aderisce all’insegnamento autentico degli apostoli, che ricorda l’insegnamento di Gesù (cf. Lc 1,1-4); attira i credenti a una reciproca comunione; si rinnova nell’incontro con il Signore allo spezzare il pane; si alimenta nella preghiera.

17. Quando all’interno della Chiesa di Gerusalemme sorse un conflitto fra gli ellenisti e gli ebrei a proposito dell’assistenza quotidiana, i dodici apostoli convocarono «il gruppo dei discepoli» e presero una decisione che «piacque a tutto il gruppo». La comunità tutta intera scelse «sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza» e li presentò agli apostoli che, dopo aver pregato, imposero loro le mani (At 6,1-6). Quando nella Chiesa di Antiochia sorsero dei problemi a proposito della circoncisione e dell’osservanza della Torah, il caso fu sottoposto al giudizio della Chiesa madre di Gerusalemme. Il concilio apostolico che ne risultò fu della massima importanza per l’avvenire della Chiesa. Luca descrive accuratamente il concatenarsi degli avvenimenti. «Si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema» (At 15,6). Pietro raccontò come egli fosse stato ispirato dallo Spirito Santo a battezzare Cornelio e quelli della sua casa, malgrado non fossero circoncisi (cf. At 15,7-11). Paolo e Barnaba raccontarono la loro esperienza missionaria nella Chiesa locale di Antiochia (cf. At 15,12; cf. 15,1-5). Giacomo considerò queste esperienze alla luce delle Scritture (cf. At 15,13-18) e propose una decisione che favoriva l’unità della Chiesa (cf. At 15,19-21). «Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiochia insieme a Paolo e Barnaba» (At 15,22). La lettera che comunicava la decisione fu accolta dalla comunità con la gioia della fede (cf. At 15,23-33). Per Luca, questi avvenimenti manifestano un’azione ecclesiale adeguata, che comporta sia il servizio pastorale degli apostoli e degli anziani, sia la partecipazione della comunità, la quale riceve dalla fede questa attitudine a partecipare.

18. Scrivendo ai Corinzi, Paolo opera un’identificazione tra la follia della croce e la saggezza di Dio (1Cor 1,18-25). Spiegando come si possa comprendere questo paradosso, afferma: «Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo» (1Cor 2,16; «ἡμεῖςδὲνοῦνΧριστοῦἔχομεν»; «nos autem sensum Christi habemus», nella Vulgata). Il «noi» fa qui riferimento alla Chiesa di Corinto in comunione con il suo apostolo, in quanto parte della comunità dei credenti nella sua totalità (cf. 1Cor 1,1-2). L’attitudine a riconoscere il Messia crocifisso come saggezza di Dio è data dallo Spirito Santo; essa non è un privilegio dei sapienti e degli scribi (cf. 1Cor 1,20), ma è donata ai poveri, agli emarginati e a coloro che sono «stolti» agli occhi del mondo (cf. 1Cor 26,29). E anche così, Paolo rimprovera ai Corinzi di essere ancora «carnali», non ancora pronti per un «cibo solido» (1Cor 3,14). La loro fede ha ancora bisogno di maturare e tradursi meglio nelle loro parole e nelle loro opere.

19. Nel suo ministero Paolo dà prova di rispetto per la fede delle sue comunità e desidera che essa si approfondisca. In 2Cor 1,24 egli descrive così la propria missione di apostolo: «Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete saldi». E incoraggia i Corinzi: «State saldi nella fede» (1Cor 16,13). Ai Tessalonicesi egli scrive una lettera «per confermarvi ed esortarvi nella vostra fede» (1Ts 3,2) e prega allo stesso modo per la fede di altre comunità (cf. Col 1,9; Ef 1,17-19). Non è soltanto per accrescere la fede altrui che l’Apostolo lavora, poiché sa che per ciò stesso anche la sua si fortifica, in una sorta di dialogo di fede: «Per essere in mezzo a voi confortato mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io» (Rm 1,12). La fede della comunità è un punto di riferimento per l’insegnamento di Paolo e una preoccupazione centrale del suo servizio pastorale, che dà luogo a uno scambio fra lui e le sue comunità, a beneficio di entrambi.

20. Nella Prima lettera di Giovanni si cita la Tradizione apostolica (1Gv 1,1-4) e i lettori sono invitati a ricordarsi del proprio battesimo: «Voi avete ricevuto l’unzione dal Santo, e tutti avete la conoscenza» (1Gv 2,20). La lettera prosegue: «E quanto a voi, l’unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che qualcuno vi istruisca. Ma, come la sua unzione vi insegna ogni cosa ed è veritiera e non mentisce, così voi rimanete in lui come essa vi ha istruito» (1Gv 2,27).

21. Infine, nel libro dell’Apocalisse, Giovanni il profeta ripete in tutte le sue lettere alle Chiese (cf. Ap 2-3): «Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2,7 e altri). Si comanda ai membri delle Chiese di prestare attenzione alla parola vivente dello Spirito, di riceverla e di rendere gloria a Dio. È per l’obbedienza della fede, essa stessa un dono dello Spirito, che i fedeli sono in grado di riconoscere l’insegnamento che ricevono come autentico insegnamento del medesimo Spirito e di rispondere alle istruzioni che sono loro date.







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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