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La necessità della Preghiera libretto integrale sant'Alfonso Maria de Liguori

Ultimo Aggiornamento: 19/03/2018 15:50
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LA NECESSITA' DELLA PREGHIERA

di Sant' Alfonso Maria de Liguori

Il sacro Concilio di Trento (Sess. VI, cap. 11) ha dichiarato che Dio non comanda cose impossibili; ma ci consiglia a fare ciò che possiamo con le forze della grazia, o almeno a chiedere la grazia più abbondante, necessaria per adempiere ciò che non possiamo con le nostre forze; ed allora egli ci dà l'aiuto necessario. Anche molti Teologi insegnano che Dio dona a tutti o la grazia prossima per osservare i precetti o la grazia remota della preghiera con la quale poi ciascuno ottiene la grazia prossima per osservare i precetti divini.

Perciò fu bestemmia quel che dissero Lutero e Calvino: che l'osservanza della divina legge è resa impossibile agli uomini dopo il peccato di Adamo; ma fu errore anche quel che disse Giansenio, condannato dalla Chiesa: che alcuni precetti erano impossibili anche ai giusti.

E' vero che l'osservanza della legge nello stato presente della natura corrotta è molto difficile, anzi è moralmente impossibile senza un aiuto speciale di Dio. Ora questo aiuto speciale Dio non lo concede, ordinariamente parlando, se non a coloro che lo domandano. Insegna Gennadio, autore antico, che, eccettuate le prime grazie eccitanti, le quali vengono a noi senza di noi, come la chiamata alla fede o alla penitenza, tutte le altre, e specialmente la grazia della perseveranza, si donano solo a coloro che pregano.

S. Agostino è dello stesso parere.

Da ciò concludono i Teologi (Suarez, Habert, Layman, il P. Segneri ed altri con S. Clemente Alessandrino, S. Basilio, S. Agostino e S. Giovannni Grisostomo) che la petizione agli adulti è necessaria di necessità di mezzo; viene a dire che, di provvidenza ordinaria, un fedele senza raccomandarsi a Dio e cercargli le grazie necessarie alla sua salvezza, non può salvarsi. Dice S. Giovanni Grisostomo che, conforme è necessaria l'anima al corpo per vivere, cosi è necessaria all'anima l'orazione per conservarsi nella divina grazia. Ciò vuole insegnare la parabola della vedova e del giudice ingiusto, narrata da Gesù per raccomandare di pregare sempre senza stancarsi (cfr. Lc 18, 15). Ciò afferma l'apostolo S. Giacomo: Non avete perché non chiedete (Gc 4, 2). Ciò vuol dire Gesù Cristo quando afferma: Chiedete e vi sarà dato (Lc 11, 9). Se, dunque, chi cerca ottiene, chi non cerca non ottiene. Dio vuole tutti salvi, come afferma S. Paolo (1 Tm 2, 4); ma vuole che gli cerchiamo le grazie che ci sono necessarie per salvarci. Neppure questo vogliamo fare? Terminiamo questo primo punto concludendo, da quanto si è detto, che chi prega certamente si salva; chi non prega certamente si danna. Tutti i Santi si sono salvati e fatti santi col pregare. Tutti i dannati si sono dannati per non pregare; se pregavano, certamente non si sarebbero perduti. E questa sarà la maggiore disperazione nell'inferno: il pensiero di esserci potuti salvare con tanta facilità, con chiedere a Dio l'aiuto, ed ora non essere più in tempo di cercarlo. 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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L'EFFICACIA DELLA PREGHIERA


La Sacra Scrittura è piena di testi in cui il Signore ci fa intendere che lui esaudisce tutte le nostre preghiere. In un passo si legge: Mi invocherà e gli darò risposta (Sal 90, 15). In un altro è scritto: Dio ha ascoltato, si è fatto attento alla voce della mia preghiera. Sia benedetto Dio: non ha respinto la mia preghiera (Sal 65, 19ss). Un versetto dice: Invocami nel giorno della sventura: ti salverò e tu mi darai gloria (Sal 49, 15). Un altro conferma: Invocami e io ti risponderò (Ger 33, 3). In una pagina si afferma: Considerate le generazioni passate e riflettete: chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? o chi lo ha invocato ed è stato trascurato? (Sir 2, 10). In un'altra: Tu non dovrai più piangere; a un tuo grido di supplica, il Signore ti farà grazia (Is 30, 19). In un brano si legge: Prima che invochino, io risponderò; mentre ancora stanno parlando, io li avrò ascoltati (Is 65, 24). E altrove: Lo supplicherai ed egli ti esaudirà (Gb 22, 27).


Dobbiamo unire sempre la preghiera al ricordo della misericordia infinita di Dio; così, come ci invita a fare Sant'Agostino, quando noi ci troviamo a raccomandarci a Dio stiamo molto allegri perché, mentre preghiamo, siamo sicuri che Dio ci esaudisce.


Lo stesso nostro Salvatore ci spinge a fargli richieste con la promessa di esaudirci: Chiedete quel che volete e vi sarà dato (Gv 15, 7).


Teodoreto dice che l'orazione è onnipotente: «Essa è una, ma può ottenere tutte le cose». E S. Bonaventura dice che per l'orazione si ottiene l'acquisto d'ogni bene e la liberazione da ogni male. E S. Bernardo soggiunge che qualora il Signore non ci concedesse la grazia che domandiamo, ben possiamo sperare per certo che ci doni una grazia più utile di quella.


Davide, pregando, diceva: Tu sei buono, o Signore, e perdoni; sei pieno di misericordia con chi ti invoca (Sal 85, 5).


Dice l'apostolo S. Giacomo che a coloro che pregano, il Signore non dà con la mano stretta, come fanno gli uomini della terra, perché la ricchezza degli uomini è ricchezza finita. Ma Dio, perché la sua ricchezza è infinita, quanto più dà, ha più che dare, perciò dà con la mano larga più di quello che noi gli sappiamo domandare. Né ci rimprovera i disgusti che gli abbiamo dato quando andiamo a cercargli le grazie (cfr. Gc 1, 5).


Ciò avviene, perché la bontà di sua natura è diffusiva. Perciò Dio, che per natura è bontà infinita, come dice S. Leone, ha un desiderio sommo di comunicare a noi i suoi beni e la sua felicità. E ciò lo rende sollecito del nostro bene.


Davide diceva: Di me ha cura il Signore (Sal 39, 18). «Signore, quando io ti chiamo, subito conosco che tu sei il mio Dio, cioè una bontà infinita, che desideri d'essere da noi pregato per beneficarci; e appena noi ti chiediamo le grazie, subito tu ce le concedi».


Si presentò un giorno un povero lebbroso al nostro Salvatore, e gli disse: Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi (Mt 8, 2); e Gesù rispose: Lo voglio, sii sanato (Mt 8, 3). Come dicesse: Figlio mio, di questo dubiti, che io voglia guarirti? e tu non sai che io sono il tuo Dio, che ho desiderio di vedere tutti felici? E perché sono sceso dal cielo in terra, se non per fare tutti contenti? Sì, che voglio: sii guarito!


Molti si lamentano di Dio perché non concede loro le grazie che desiderano. Ma S. Bernardo dice che a maggior ragione Dio si lamenta di loro perché non lo pregano, e così gli chiudono la mano, che vorrebbe aprire a beneficarli secondo il suo desiderio. No, non vi lamentate di me, dice il Signore, se da me non avete ricevuto le grazie che vi bisognavano; lamentatevi di voi, che non me le avete richieste, e perciò non le avete ottenute; cercatele da oggi innanzi, e sarete pienamente contenti: Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete perché la vostra gioia sia piena (Gv 16, 24).


Alcuni monaci antichi, facendo una volta un consiglio tra di loro per vedere quale fosse l'esercizio più utile per accertare la salvezza eterna, conclusero essere l'orazione di petizione, con dire: «Dio, vieni in mio aiuto». E il P Paolo Segneri, parlando di se stesso, diceva che prima nella meditazione si tratteneva in fare affetti; ma poi, avendo conosciuto il grand'utile e la necessità della preghiera, cercava maggiormente trattenersi a pregare. Ma come va che alcuni pregano, e poi non ottengono? Pregano, ma non pregano come si deve; perciò non ottengono: Chiedete e non ottenete perché chiedete male (Gc 4, 3).


Molti cercano le grazie, ma senza le dovute condizioni. Vediamo dunque quali sono le condizioni necessarie della preghiera per ottenere le grazie. 



Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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LE CONDIZIONI CON CUI DEVE ESSERE FATTA LA PREGHIERA

La preghiera deve essere umile.

Un passo della Sacra Scrittura, riportato anche dall'apostolo Giacomo, dice: Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia (Gc 4, 6).

Ci avvisa dunque S. Giacomo che Dio non esaudisce, ma resiste alle domande dei superbi. Al contrario, è tutto pronto ad esaudire le preghiere degli umili: La preghiera dell'umile penetra le nubi, finché non sia arrivata, non si contenta; non desiste finché l'Altissimo non sia intervenuto (Sir 35, 17ss).

La preghiera di un'anima umile subito penetra i cieli, e presentandosi al divin trono, di là non parte senza che Dio la guardi e l'esaudisca. E quantunque questa umile anima che prega sia peccatrice, Dio non sa disprezzare un cuore che si pente dei suoi peccati, e si umilia: Un cuore affranto e umiliato, tu, o Dio, non disprezzi (Sal 50,19).

La preghiera deve essere confidente. Ci assicura lo Spirito Santo non esservi mai stato alcuno che abbia posto la sua confidenza in Dio, e sia restato deluso (cfr. Sir 2,10).

Disse il Signore a S. Geltrude che chi lo prega con confidenza, gli fa (in un certo modo) tanta violenza, ch'egli non può non esaudirlo in tutto ciò che gli cerca. Disse S. Giovanni Climaco che la preghiera fa violenza a Dio, ma violenza che gli è dolce e cara. Gesù Cristo, nell'orazione del Padre nostro che egli c'insegnò per ottenere tutte le grazie a noi necessarie per la nostra salvezza, come ci fa chiamare Dio? Non «Signore», non «Giudice», ma «Padre», Padre nostro; perché vuole che noi cerchiamo a Dio le grazie con quella confidenza con cui un figlio, povero o infermo, cerca l'alimento o il rimedio, al suo proprio padre. Se un figlio sta morendo di fame, basta che lo manifesti al padre, per essere subito sovvenuto; e se ha ricevuto qualche morso di serpe velenoso, basta che presenti al padre la ferita fattagli, affinché il padre subito vi applichi il rimedio. Perciò il nostro Redentore ci disse: Tutto quello che domanderete nella preghiera abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato (Mc 11, 24).

Basta dunque pregare con confidenza, per ottenere quanto vogliamo da Dio. E perché il Signore ci avrebbe tanto esortato a chiedere le grazie, se poi non ce le avesse volute concedere?

La donna Cananea (cfr. Mt 15, 2128), avendo la figlia invasata dal demonio, andò a pregare Gesù Cristo che la liberasse, dicendo: Pietà di me, Signore: mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio. Il Signore le rispose: Non sono stato inviato che alle pecore perdute d'Israele: io non sono mandato per voi, gentili, ma per la salvezza dei Giudei. Lei non si perse d'animo, ma ritornò a pregare con confidenza: Signore aiutami. Gesù replicò: Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini. Ma Signore, (lei soggiunse) anche ai cagnolini si concedono le briciole di pane, che cadono dalla mensa. Allora il Signore, vedendo la grande confidenza di questa donna, la lodò, e le fece la grazia: Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri.

Confidenza, dunque, ci vuole per ottenere quanto cerchiamo da Dio. Ma dove, dirà alcuno, dobbiamo noi fondare questa confidenza? Rispondo: sulla bontà di Dio e sulle promesse, che egli stesso ci ha fatto, dicendo: Chiedete ed otterrete. Dice S. Agostino: «E chi mai può temere che abbia a mancargli ciò che gli viene promesso dalla stessa verità?».

La preghiera deve essere perseverante, altrimenti non si conseguirà la salvezza eterna.

La grazia della salvezza non è una sola grazia, ma una catena di grazie, che tutte poi si uniscono con la grazia della perseveranza finale. Ora a questa catena di grazie deve corrispondere un'altra catena: quella delle nostre preghiere. Sulla parabola di S. Luca, al cap. 11, dell'amico, il quale per liberarsi dalla molestia d'un altro, si alzò dal letto, e gli diede tutti i pani che colui cercava, Sant'Agostino dice: «Ora se un tale amico, solo per liberarsi dall'importunità altrui, contro sua voglia darebbe a lui i pani che domanda, quanto più Dio, che ha tanto desiderio di farci parte dei suoi beni, ci dispenserà le sue grazie, quando gliele cerchiamo? Dio, il quale esorta a domandare, e gli dispiace se non domandiamo?». Il Signore vuole dunque concederci la salvezza e tutte le grazie per la salvezza, ma vuole che siamo perseveranti nel pregare fino ad importunarlo, come insegna Cornelio a Lapide: gli uomini della terra non possono sopportare gli importuni; ma Dio non solo ci sopporta, ma ci vuole importuni nel cercargli le grazie, e specialmente la santa perseveranza.

E' vero che la perseveranza finale non si può da noi meritare, come ha dichiarato il Tridentino (Sess. 6, c. 23), essendo una grazia in tutto gratuita, che Dio a noi concede. Nulladimeno, dice S. Agostino, la perseveranza in certo modo con le suppliche può meritarsi. Sicché chi cerca la perseveranza, quantunque non la possa meritare, nulladimeno, dice il P. Suarez, infallibilmente l'otterrà.

Ma questa grazia della perseveranza, dice al contrario il cardinale Bellarmino non basta cercarla una volta: deve cercarsi ogni giorno, per ottenerla in ogni giorno. E perciò dice Gesù Cristo che non bisogna cessar mai dall'orazione: altrimenti in quel tempo che cessiamo la tentazione può superarci (cfr. Lc 18, 1) Vegliate e pregate in ogni momento perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo (Lc 21, 36). Vegliate continuamente pregando affinché non siate da me discacciati (dice Gesù Cristo) quando sarete da me giudicati.

Perciò anche S. Paolo ammonì i suoi discepoli: Pregate incessantemente (1 Ts 5, 17).

Beato l'uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte (Prv 8, 34). Beato quell'uomo, dice Dio, che mi ascolta, e vigila continuamente alle porte della misericordia.

E perciò nel Vangelo Gesù Cristo ci esorta e ci impone anche di pregare (poiché la preghiera non solo è di consiglio, ma anche di precetto) con quelle parole: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto (Lc 11, 9).

Pareva che bastasse l'aver detto «chiedete»; che serviva aggiungere «cercate»? e quel «bussate»? No, non è stato superfluo aggiungerli; con ciò il Redentore ha voluto insinuare che noi dobbiamo fare come fanno i poveri, che vanno mendicando; questi se non ricevono l'elemosina che cercano e sono licenziati, non lasciano di cercarla e di tornarla a cercare e poi di bussare la porta, se non vedono più il padrone della casa, fino a rendersi molto molesti ed importuni. Ciò vuole il Signore, che facciamo pure noi: che preghiamo, che torniamo a pregare, e non lasciamo mai di pregare che ci assista, che ci tenga le mani sopra, che non permetta che ci abbiamo a separare da lui con il peccato. E ciò dobbiamo farlo, non solo la mattina quando ci alziamo da letto, ma più volte al giorno: nel sentire la Messa, nel fare la meditazione, nel fare il ringraziamento alla Comunione, nel far visita al SS. Sacramento, nel fare l'esame di coscienza la sera; pregare principalmente quando siamo assaliti da qualche tentazione, specialmente se è una tentazione d'impurità: chi allora non ricorre a Dio, con l'invocare almeno i Santissimi Nomi di Gesù e di Maria, difficilmente non cadrà.

Ma dirà taluno: «Io sono peccatore, e Dio non esaudisce i peccatori come si legge in S. Giovanni (9, 31): Dio non ascolta i peccatori». Si risponde che ciò non lo disse già Gesù Cristo, ma il cieco nato. Onde tale proposizione in sé è falsa. In un solo caso può essere vera, secondo S. Tommaso: quando i peccatori cercassero a Dio qualche cosa, che loro giovasse a peccare. Per esempio, se qualcuno cerca a Dio l'aiuto per vendicarsi del nemico, certamente Dio non esaudisce tali preghiere. Ma quando qualcuno prega e domanda cose utili alla sua salvezza eterna, che importa se è peccatore? Anche se fosse stato il più scellerato del mondo, preghi che certamente otterrà quanto domanda. La promessa è generale per tutti; ognuno che cerca, ottiene: chi chiede ottiene (Lc 11, 10). A chi prega, dice S. Tommaso (12, q. 114, a. 9 ad 2), non è necessario che abbia meritato la grazia che chiede. Basta che preghi, e l'otterrà. La ragione, come dice lo stesso S. Dottore (22, q. 83, a. 16 ad 2), è questa: la forza che ha l'orazione d'impetrare, non proviene dal merito di chi prega, ma dalla misericordia e fedeltà di Dio che, gratuitamente e per sua pura e semplice bontà, ha promesso di esaudire chi lo prega.

Quando preghiamo, non è necessario essere amici di Dio per ottenere le grazie; la stessa orazione (soggiunge l'Angelico) ci rende suoi amici. E quel che non si ottiene per l'amicizia (dice similmente S. Giovanni Grisostomo) si ottiene per l'orazione. E Gesù Cristo per darci animo a pregare e per assicurarci della grazia allorché preghiamo, ci fece una grande e speciale promessa: In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre mio nel mio nome, egli ve la darà (Gv 16, 23). Come se ci avesse detto: Orsù, peccatori, voi non avete già meriti d'essere esauditi da Dio, mio Padre; fate così: quando volete le grazie, chiedetele in nome mio, cioè per i miei meriti, ed io vi prometto e state certi che quanto cercherete tanto otterrete da mio Padre.

Oh! che bella consolazione, per un povero peccatore, sapere che i suoi peccati non possono impedirgli di ottenere ogni grazia che domanda, mentre Gesù Cristo ha promesso che quanto noi chiederemo a Dio per i suoi meriti, tutto Dio ci concederà.

Bisogna però intendere che la promessa divina di esaudire le nostre preghiere non e per grazie temporali, ma solamente per quelle spirituali, necessarie o utili alla salvezza dell'anima; che noi otterremo, si, le grazie che chiederemo in nome e per i meriti di Gesù Cristo, come abbiamo detto sopra; ma che, come dice S. Agostino (Tract. 102, in Ioan), ciò che nuoce alla salvezza spirituale, non può domandarsi in nome del Salvatore, e perciò Dio non ce lo concede, né può concederlo. E perché? perché Dio ci ama.

Il medico, che ama l'infermo, certamente non gli concede quei cibi, i quali egli sa che gli fan danno.



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Quanti, se fossero infermi o poveri non farebbero i peccati che fanno. Molti chiedono a Dio la salute o le cose; ma Dio perché vede che quelle gli sarebbero occasione di peccare, o d'intiepidirsi, non gliele concede. Perciò quando noi chiediamo queste grazie temporali, dobbiamo chiederle sempre con la condizione: se ci giovano all'anima. E quando vediamo che Dio non ce le dona, teniamo per certo che il Signore ce le nega per l'amore che ci porta; e perché vede che quelle cose, che noi cerchiamo, ci sarebbero di danno alla salute spirituale.


Molte volte noi chiediamo a Dio che ci liberi da qualche tentazione molesta, che vuole indurci a perdere la sua grazia; ma Dio non ce ne libera, e permette quella tentazione affinché l'anima sempre di più si stringa al suo amore. Non sono le tentazioni e i cattivi pensieri, che ci fanno danno e ci separano da Dio, ma i cattivi consensi. Quando l'anima con la divina grazia resiste alla tentazione, molto si avanza nella perfezione. S. Paolo narra di sé che essendo molto molestato da tentazioni impure, pregò tre volte il Signore che l'avesse liberato. Ed il Signore che cosa gli rispose? Ti basta la mia grazia (cfr. 2 Cor 12, 79).


Per tanto noi nelle tentazioni, che ci assaltano, preghiamo Dio o che ce ne liberi o che almeno ci dia il suo aiuto per resistere. E quando lo preghiamo così, teniamo per certo, che il Signore già ci aiuta a resistere.


Hai gridato a me nell'angoscia e io ti ho liberato, avvolto nella nube ti ho dato risposta (Sal 80, 8). Molte volte il Signore ci lascia nella tempesta per nostro maggior bene; ma frattanto ci esaudisce di nascosto, dandoci la sua grazia, che ci fortifica a resistere e a rassegnarci.


Sicché, replico, tutte le grazie che non ci sono necessarie alla salvezza noi dobbiamo cercarle condizionatamente; e se vediamo che Dio non ce le concede dobbiamo tenere per certo che ce le nega per nostro maggior bene. Ma le grazie spirituali, dobbiamo esser sicuri che Dio ce le dona, quando gliele domandiamo. Dice Santa Teresa che Dio ci ama più di quanto non ci amiamo noi stessi; perciò scrive S. Agostino che ha più desiderio Dio di fare le grazie a noi, che noi di riceverle. Perciò S. Maria Maddalena de' Pazzi diceva che Dio resta in un certo modo obbligato a quell'anima che lo prega: come le dicesse: «Anima, ti ringrazio, che mi cerchi grazie». Sì, perché allora è come se l'anima gli aprisse la via a far bene e ad accontentare il suo desiderio che è quello di fare grazie a tutti. E come mai può succedere che Dio non voglia esaudire un'anima che gli cerca cose tutte di suo gusto? Quando l'anima gli dice: «Signore, io non ti cerco ricchezze, onori, beni di questa terra, ma solo ti domando la grazia tua: liberami dal peccato, donami una buona morte, donami il Paradiso, e frattanto dammi l'amor tuo (che è quella grazia, come dice S. Francesco di Sales, che si deve chiedere a Dio sopra ogni grazia), dammi la rassegnazione alla tua volontà (che è la virtù nella quale consiste e si dimostra l'amore verso Dio)», come è possibile che Dio non voglia esaudirla? E quali preghiere mai, dice S. Agostino, esaudirete voi, mio Dio, se non esaudite queste, che sono tutte secondo il vostro desiderio?


E poi dice S. Bernardo che quando noi cerchiamo questa sorte di grazie spirituali, il desiderio di ottenerle ci viene certamente da Dio stesso. «Dunque, soggiunge il Santo rivolto a Dio, mentre voi, Signore, mi eccitate a cercarvi queste grazie, debbo tenere per certo che mi volete esaudire». Ma soprattutto deve ravvivare la nostra confidenza, quando cerchiamo le grazie spirituali, quello che disse Gesù Cristo: «Se voi che siete cattivi e pieni d'amor proprio, non sapete negare ai vostri figli i beni che vi domandano, quanto più il Padre vostro celeste, che vi ama assai più di ogni padre terreno, vi concederà i beni spirituali quando voi lo pregherete?» (cfr. Lc 11, 13).


Preghiamo, dunque, e cerchiamo sempre le grazie, se vogliamo salvarci. Sia la preghiera la cosa a noi più cara, il pregare sia l'esercizio di tutta la nostra vita. E domandando a Dio le grazie particolari, cerchiamo sempre la grazia di continuare a pregare per l'avvenire; perché se cesseremo di pregare, saremo perduti.


Pregare è la cosa più facile. Che ci vuole a dire: «Signore, assistimi»; «Signore, aiutami»; «Signore, dammi il tuo amore»; ecc... Cosa c'è di più facile di questo? Eppure se non lo facciamo non possiamo salvarci.


Preghiamo dunque, ed interponiamoci sempre l'intercessione di Maria. S. Bernardo dice: «Chiediamo la grazia, ma chiediamola per mezzo di Maria». Quando ci raccomandiamo a Maria, stiamo sicuri che lei ci esaudisce e ci ottiene quanto desideriamo. A lei non può mancare né la potenza né la volontà di aiutarci, dice lo stesso Santo. E S. Agostino afferma: «Ricordatevi, Signora, che non si è dato ancora il caso che alcuno sia ricorso a voi e sia restato abbandonato». S. Bonaventura dice che chi invoca Maria trova la salvezza, perciò egli la chiamava: «Salvezza di coloro che ti invocano». Preghiamo dunque sempre, invocando Gesù e Maria, e non lasciamo mai di pregare.


Finisco. lo spero tra breve di dare alla luce un libro a parte di questa materia della Preghiera, perché questo mezzo, come appare dalle divine Scritture e dalla sentenza comune dei SS. Padri e dei Teologi, è un mezzo assolutamente necessario per salvarci, del quale, se non ci avvaliamo, è certa la nostra dannazione. E spero insieme di dimostrare chiaramente, in questa mentovata operetta, che la grazia di pregare è data ad ognuno, sicché nessuno che si perde può avere alcuna scusa; mentre Dio a tutti dona la grazia di pregare senza bisogno d'altro aiuto speciale e, con la preghiera, di ottenere gli aiuti maggiori per vincere ogni tentazione ed esercitare le virtù. Perciò chi si perde, si perde per propria colpa, perché non prega.


Per ora ho voluto dar fuori questo piccolo trattato, in cui, prima di finire, non posso lasciare di manifestare il dispiacere che sento nel vedere che i predicatori ed i confessori, pochi sono quelli che ne parlano; e se ne parlano, ne parlano troppo poco, e come di passaggio. lo, vedendo la necessità della preghiera, dico che tutti i libri spirituali ai loro lettori, tutti i predicatori in tutte le loro prediche agli ascoltanti, tutti i confessori in tutte le confessioni ai loro penitenti, non dovrebbero inculcare altra cosa più di questa: di pregare sempre, ammonendoli sempre, dicendo loro: pregate, pregate, pregate, e non lasciate mai di pregare; se pregate, certamente vi salverete; se non pregate, certamente vi dannerete. 


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CONSACRAZIONE AI CUORI DI GESU', MARIA E GIUSEPPE

Cuori dolcissimi di Gesù, Maria e Giuseppe, vi consacro interamente e per sempre il mio cuore con tutti i suoi desideri, affetti, progetti e decisioni. Vi dono tutto il mio cuore. Vi rendo signori e padroni di tutto ciò che io sono e possiedo: il mio corpo, la mia anima, le mie facoltà e i miei sensi, la mia vita e tutto il mio essere, le mie pene e le mie miserie, le mie fatiche e le mie sofferenze. Vostri sono il mio intelletto e la mia volontà, i miei occhi, le mie orecchie, la mia lingua, il mio cuore. Accettate la mia offerta e non permettete che mi separi da voi. Sia il mio cuore tutt'uno con il vostro. Aiutatemi, proteggetemi e difendetemi come cosa e proprietà vostra. Gesù, Giuseppe e Maria, vi dono il cuore e l'anima mia.

     

«Pregate e fate penitenza». (Lourdes)

«Molte anime vanno all'inferno perché non c'è nessuno che preghi e si sacrifichi per loro». (Fatima)

«Pregate molto». (Banneux)

«Pregate, pregate molto. Pregate sempre». (Beuring)

La Madonna nelle sue apparizioni approvate dalla Chiesa

 

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