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La necessità della Preghiera libretto integrale sant'Alfonso Maria de Liguori

Ultimo Aggiornamento: 19/03/2018 15:50
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19/03/2018 15:47
 
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LE CONDIZIONI CON CUI DEVE ESSERE FATTA LA PREGHIERA

La preghiera deve essere umile.

Un passo della Sacra Scrittura, riportato anche dall'apostolo Giacomo, dice: Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia (Gc 4, 6).

Ci avvisa dunque S. Giacomo che Dio non esaudisce, ma resiste alle domande dei superbi. Al contrario, è tutto pronto ad esaudire le preghiere degli umili: La preghiera dell'umile penetra le nubi, finché non sia arrivata, non si contenta; non desiste finché l'Altissimo non sia intervenuto (Sir 35, 17ss).

La preghiera di un'anima umile subito penetra i cieli, e presentandosi al divin trono, di là non parte senza che Dio la guardi e l'esaudisca. E quantunque questa umile anima che prega sia peccatrice, Dio non sa disprezzare un cuore che si pente dei suoi peccati, e si umilia: Un cuore affranto e umiliato, tu, o Dio, non disprezzi (Sal 50,19).

La preghiera deve essere confidente. Ci assicura lo Spirito Santo non esservi mai stato alcuno che abbia posto la sua confidenza in Dio, e sia restato deluso (cfr. Sir 2,10).

Disse il Signore a S. Geltrude che chi lo prega con confidenza, gli fa (in un certo modo) tanta violenza, ch'egli non può non esaudirlo in tutto ciò che gli cerca. Disse S. Giovanni Climaco che la preghiera fa violenza a Dio, ma violenza che gli è dolce e cara. Gesù Cristo, nell'orazione del Padre nostro che egli c'insegnò per ottenere tutte le grazie a noi necessarie per la nostra salvezza, come ci fa chiamare Dio? Non «Signore», non «Giudice», ma «Padre», Padre nostro; perché vuole che noi cerchiamo a Dio le grazie con quella confidenza con cui un figlio, povero o infermo, cerca l'alimento o il rimedio, al suo proprio padre. Se un figlio sta morendo di fame, basta che lo manifesti al padre, per essere subito sovvenuto; e se ha ricevuto qualche morso di serpe velenoso, basta che presenti al padre la ferita fattagli, affinché il padre subito vi applichi il rimedio. Perciò il nostro Redentore ci disse: Tutto quello che domanderete nella preghiera abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato (Mc 11, 24).

Basta dunque pregare con confidenza, per ottenere quanto vogliamo da Dio. E perché il Signore ci avrebbe tanto esortato a chiedere le grazie, se poi non ce le avesse volute concedere?

La donna Cananea (cfr. Mt 15, 2128), avendo la figlia invasata dal demonio, andò a pregare Gesù Cristo che la liberasse, dicendo: Pietà di me, Signore: mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio. Il Signore le rispose: Non sono stato inviato che alle pecore perdute d'Israele: io non sono mandato per voi, gentili, ma per la salvezza dei Giudei. Lei non si perse d'animo, ma ritornò a pregare con confidenza: Signore aiutami. Gesù replicò: Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini. Ma Signore, (lei soggiunse) anche ai cagnolini si concedono le briciole di pane, che cadono dalla mensa. Allora il Signore, vedendo la grande confidenza di questa donna, la lodò, e le fece la grazia: Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri.

Confidenza, dunque, ci vuole per ottenere quanto cerchiamo da Dio. Ma dove, dirà alcuno, dobbiamo noi fondare questa confidenza? Rispondo: sulla bontà di Dio e sulle promesse, che egli stesso ci ha fatto, dicendo: Chiedete ed otterrete. Dice S. Agostino: «E chi mai può temere che abbia a mancargli ciò che gli viene promesso dalla stessa verità?».

La preghiera deve essere perseverante, altrimenti non si conseguirà la salvezza eterna.

La grazia della salvezza non è una sola grazia, ma una catena di grazie, che tutte poi si uniscono con la grazia della perseveranza finale. Ora a questa catena di grazie deve corrispondere un'altra catena: quella delle nostre preghiere. Sulla parabola di S. Luca, al cap. 11, dell'amico, il quale per liberarsi dalla molestia d'un altro, si alzò dal letto, e gli diede tutti i pani che colui cercava, Sant'Agostino dice: «Ora se un tale amico, solo per liberarsi dall'importunità altrui, contro sua voglia darebbe a lui i pani che domanda, quanto più Dio, che ha tanto desiderio di farci parte dei suoi beni, ci dispenserà le sue grazie, quando gliele cerchiamo? Dio, il quale esorta a domandare, e gli dispiace se non domandiamo?». Il Signore vuole dunque concederci la salvezza e tutte le grazie per la salvezza, ma vuole che siamo perseveranti nel pregare fino ad importunarlo, come insegna Cornelio a Lapide: gli uomini della terra non possono sopportare gli importuni; ma Dio non solo ci sopporta, ma ci vuole importuni nel cercargli le grazie, e specialmente la santa perseveranza.

E' vero che la perseveranza finale non si può da noi meritare, come ha dichiarato il Tridentino (Sess. 6, c. 23), essendo una grazia in tutto gratuita, che Dio a noi concede. Nulladimeno, dice S. Agostino, la perseveranza in certo modo con le suppliche può meritarsi. Sicché chi cerca la perseveranza, quantunque non la possa meritare, nulladimeno, dice il P. Suarez, infallibilmente l'otterrà.

Ma questa grazia della perseveranza, dice al contrario il cardinale Bellarmino non basta cercarla una volta: deve cercarsi ogni giorno, per ottenerla in ogni giorno. E perciò dice Gesù Cristo che non bisogna cessar mai dall'orazione: altrimenti in quel tempo che cessiamo la tentazione può superarci (cfr. Lc 18, 1) Vegliate e pregate in ogni momento perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo (Lc 21, 36). Vegliate continuamente pregando affinché non siate da me discacciati (dice Gesù Cristo) quando sarete da me giudicati.

Perciò anche S. Paolo ammonì i suoi discepoli: Pregate incessantemente (1 Ts 5, 17).

Beato l'uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte (Prv 8, 34). Beato quell'uomo, dice Dio, che mi ascolta, e vigila continuamente alle porte della misericordia.

E perciò nel Vangelo Gesù Cristo ci esorta e ci impone anche di pregare (poiché la preghiera non solo è di consiglio, ma anche di precetto) con quelle parole: Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto (Lc 11, 9).

Pareva che bastasse l'aver detto «chiedete»; che serviva aggiungere «cercate»? e quel «bussate»? No, non è stato superfluo aggiungerli; con ciò il Redentore ha voluto insinuare che noi dobbiamo fare come fanno i poveri, che vanno mendicando; questi se non ricevono l'elemosina che cercano e sono licenziati, non lasciano di cercarla e di tornarla a cercare e poi di bussare la porta, se non vedono più il padrone della casa, fino a rendersi molto molesti ed importuni. Ciò vuole il Signore, che facciamo pure noi: che preghiamo, che torniamo a pregare, e non lasciamo mai di pregare che ci assista, che ci tenga le mani sopra, che non permetta che ci abbiamo a separare da lui con il peccato. E ciò dobbiamo farlo, non solo la mattina quando ci alziamo da letto, ma più volte al giorno: nel sentire la Messa, nel fare la meditazione, nel fare il ringraziamento alla Comunione, nel far visita al SS. Sacramento, nel fare l'esame di coscienza la sera; pregare principalmente quando siamo assaliti da qualche tentazione, specialmente se è una tentazione d'impurità: chi allora non ricorre a Dio, con l'invocare almeno i Santissimi Nomi di Gesù e di Maria, difficilmente non cadrà.

Ma dirà taluno: «Io sono peccatore, e Dio non esaudisce i peccatori come si legge in S. Giovanni (9, 31): Dio non ascolta i peccatori». Si risponde che ciò non lo disse già Gesù Cristo, ma il cieco nato. Onde tale proposizione in sé è falsa. In un solo caso può essere vera, secondo S. Tommaso: quando i peccatori cercassero a Dio qualche cosa, che loro giovasse a peccare. Per esempio, se qualcuno cerca a Dio l'aiuto per vendicarsi del nemico, certamente Dio non esaudisce tali preghiere. Ma quando qualcuno prega e domanda cose utili alla sua salvezza eterna, che importa se è peccatore? Anche se fosse stato il più scellerato del mondo, preghi che certamente otterrà quanto domanda. La promessa è generale per tutti; ognuno che cerca, ottiene: chi chiede ottiene (Lc 11, 10). A chi prega, dice S. Tommaso (12, q. 114, a. 9 ad 2), non è necessario che abbia meritato la grazia che chiede. Basta che preghi, e l'otterrà. La ragione, come dice lo stesso S. Dottore (22, q. 83, a. 16 ad 2), è questa: la forza che ha l'orazione d'impetrare, non proviene dal merito di chi prega, ma dalla misericordia e fedeltà di Dio che, gratuitamente e per sua pura e semplice bontà, ha promesso di esaudire chi lo prega.

Quando preghiamo, non è necessario essere amici di Dio per ottenere le grazie; la stessa orazione (soggiunge l'Angelico) ci rende suoi amici. E quel che non si ottiene per l'amicizia (dice similmente S. Giovanni Grisostomo) si ottiene per l'orazione. E Gesù Cristo per darci animo a pregare e per assicurarci della grazia allorché preghiamo, ci fece una grande e speciale promessa: In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre mio nel mio nome, egli ve la darà (Gv 16, 23). Come se ci avesse detto: Orsù, peccatori, voi non avete già meriti d'essere esauditi da Dio, mio Padre; fate così: quando volete le grazie, chiedetele in nome mio, cioè per i miei meriti, ed io vi prometto e state certi che quanto cercherete tanto otterrete da mio Padre.

Oh! che bella consolazione, per un povero peccatore, sapere che i suoi peccati non possono impedirgli di ottenere ogni grazia che domanda, mentre Gesù Cristo ha promesso che quanto noi chiederemo a Dio per i suoi meriti, tutto Dio ci concederà.

Bisogna però intendere che la promessa divina di esaudire le nostre preghiere non e per grazie temporali, ma solamente per quelle spirituali, necessarie o utili alla salvezza dell'anima; che noi otterremo, si, le grazie che chiederemo in nome e per i meriti di Gesù Cristo, come abbiamo detto sopra; ma che, come dice S. Agostino (Tract. 102, in Ioan), ciò che nuoce alla salvezza spirituale, non può domandarsi in nome del Salvatore, e perciò Dio non ce lo concede, né può concederlo. E perché? perché Dio ci ama.

Il medico, che ama l'infermo, certamente non gli concede quei cibi, i quali egli sa che gli fan danno.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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