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Magistero integrale Ognissanti e Defunti di Giovanni Paolo II

Ultimo Aggiornamento: 22/10/2018 21:02
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22/10/2018 17:15
 
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GIOVANNI PAOLO II

ANGELUS

Solennità di tutti i Santi
Mercoledì, 1° novembre 1978

 

Oggi domando, in modo del tutto particolare, a voi qui riuniti per recitare con me l’Angelus, che vi fermiate un momento a riflettere sul mistero della liturgia del giorno. 

La Chiesa vive in una grande prospettiva. Questa prospettiva l’accompagna sempre, la plasma continuamente e la indirizza verso l’eternità. La liturgia del giorno evidenzia la realtà escatologica, realtà che scaturisce da tutto il piano di salvezza e insieme dalla storia dell’uomo, realtà che dà il senso ultimo all’esistenza stessa della Chiesa e alla sua missione.

Perciò viviamo con tanta intensità la solennità di Tutti i Santi, come pure il giorno di domani: la Commemorazione di tutti i defunti. Questi due giorni racchiudono in sé, in modo particolare, la fede nella “vita eterna” (le ultime parole del “Credo” apostolico).

E benché questi due giorni mettano dinanzi agli occhi della nostra anima l’ineluttabilità della morte, essi, nello stesso tempo, danno una testimonianza della vita.

L’uomo che secondo le leggi della natura è “condannato a morte”, l’uomo che vive nella prospettiva dell’annientamento del suo corpo, quest’uomo esiste, in pari tempo, nella prospettiva della vita futura ed è chiamato alla gloria. 

La solennità di Tutti i Santi mette dinanzi agli occhi della nostra fede tutti coloro che hanno già raggiunto la pienezza della loro chiamata all’unione con Dio. Il giorno che commemora i defunti fa convergere i nostri pensieri verso coloro che, lasciato questo mondo, attendono nell’espiazione di raggiungere quella pienezza d’amore che l’unione con Dio richiede.

Si tratta di due giorni grandi per la Chiesa, che, in un certo modo, “prolunga la sua vita” nei suoi santi e anche in tutti coloro che per mezzo del servizio alla verità e all’amore si sono preparati a questa vita.

E perciò la Chiesa, nei primi giorni di novembre, si unisce in modo particolare al suo Redentore che, tramite la sua morte e la sua risurrezione, ci ha introdotto nella realtà stessa di questa vita. E nello stesso tempo ha fatto di noi “un regno di sacerdoti” per suo Padre.

È proprio oggi che anch’io, nel raccoglimento, ringrazio il Signore per i trentadue anni di sacerdozio che cadono appunto nella solennità di Tutti i Santi.

E perciò, alla nostra comune preghiera aggiungerò una particolare intenzione per le vocazioni sacerdotali nella Chiesa di tutto il mondo. Mi rivolgo a Cristo perché chiami molti giovani e dica loro: “Vieni e seguimi”. E chiedo ai giovani di non opporsi, di non rispondere: “no”. A tutti domando di pregare e di collaborare per le vocazioni.

La messe è grande.

La festività di Tutti i Santi ci dice proprio quanto abbondante sia la messe. 

Non la messe della morte, ma della salvezza.

Non la messe del mondo, immagine passeggera, ma la messe di Cristo, che dura nei secoli. 


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ANGELUS

Solennità di Tutti i Santi
1° novembre 1979

 

1. Recitiamo l’Angelus, questa splendida e insieme semplice meditazione sul mistero dell’Incarnazione. Alla fine aggiungiamo ad essa una triplice venerazione della Santissima Trinità e anche l’“eterno riposo” per i morti.

Oggi questa venerazione di Dio nell’inscrutabile mistero della sua vita e della sua gloria sembra avere una particolare eloquenza, poiché la esprime la Chiesa, la quale, mediante la sua solennità, confessa la gloria di Dio che vive in tutti i suoi santi.

Davvero la gloria di Dio è l’uomo, sono gli uomini che vivono questa pienezza della vita, che è in Dio e che è da Dio. Questi uomini – i santi – vivono la pienezza della Verità. Questi uomini rimangono uniti con l’Amore nella stessa sua divina fonte.

È l’unione che supera ogni desiderio dei cuori e, nello stesso tempo, lo completa in sovrabbondanza. È la verità, che terge ogni lacrima (cf. Ap 7,17; 21,4) dagli occhi degli esseri creati a somiglianza di Dio. È l’Amore, che unisce gli uomini senza più riguardo di differenze e distanze, che potevano dividerli durante la loro vita terrena. Veramente una dimensione definitiva dell’esistenza umana: la dimensione divina.

2. La luce di questo Mistero scende oggi su tutta la Chiesa. E noi che con la stessa gratitudine, come sempre, meditiamo sull’Incarnazione del Figlio di Dio, recitando l’Angelus vediamo oggi quest’Incarnazione nei suoi frutti definitivi. Pensiamo alle parole della Vergine di Nazaret, con le quali essa ha acconsentito che il Verbo si facesse carne. Ed ammiriamo quell’impenetrabile disegno dell’amore paterno che non ha “risparmiato” l’Eterno figlio per sollevare l’uomo. Veramente per i meriti della sua Passione e della Croce giungono alla gloria della Risurrezione i figli e le figlie del genere umano. Dal peccato trasferiti alla grazia. Dalla morte alla vita e alla grazia. Quale gratitudine dobbiamo mettere oggi nelle parole della preghiera dell’Angelus, in questa semplice meditazione del Mistero dell’Incarnazione, la meditazione che ci ricorda, sempre, l’inizio della vita e della gloria, alla quale Dio ci chiama eternamente nel suo Figlio.

3. Contemporaneamente già oggi i nostri cuori si dirigono verso tanti cimiteri del mondo, nei quali si avvera la verità delle parole che parlano della morte dell’uomo: “polvere tu sei e in polvere tornerai” (Gen 3,19). Tutti i cimiteri del mondo sono una incessante conferma di queste parole. Sia quelli in cui riposano i papi, i vescovi, i sacerdoti, sia quelli nei quali preghiamo per i nostri cari: i genitori, i fratelli e le sorelle, gli amici, i benefattori. I cimiteri nei quali riposano gli uomini grandi e benemeriti di ogni nazione e quelli nei quali giacciono i semplici, forse talvolta sconosciuti, dimenticati, i quali non hanno più nessuno, che nel giorno dei morti accenda una candela sulla loro tomba. In tutti questi luoghi della terra, lontani e vicini, giunge la stessa preghiera per la pace e per la luce. Questa pace e questa luce eterna sono la speranza degli uomini che vivono sulla terra. Esse, la pace e la luce, sono l’espressione della vita, nella quale permangono gli uomini avvolti dalla morte del corpo. Questa pace e questa luce sono frutto del mistero dell’Incarnazione di Dio, che meditiamo ogni volta quando recitiamo l’Angelus.

4. In particolare desidero invitarvi ad associare alla preghiera propiziatrice per tutti i defunti, di ogni tempo e di ogni luogo, anche le numerose vittime che quest’anno la violenza ha provocato nelle sue varie forme.

Non posso, a tale riguardo, non rinnovare la mia più decisa e accorata deplorazione per questi crimini che, specie negli ultimi tempi, hanno avuto esplosioni particolarmente gravi destando nella pubblica opinione ansie ed allarmi sempre più preoccupanti.

Mi riferisco anche al tristissimo episodio accaduto domenica scorsa allo Stadio romano, in cui ha perduto la vita un onesto e pacifico lavoratore, e hanno corso pericolo altri spettatori. Gli atti di violenza, ripeto, offuscano i valori umani e cristiani della persona umana e sono un continuo attentato alla civile convivenza.

Mentre eleviamo la nostra supplica alla bontà di Dio perché accolga presso di sé questo nostro fratello, esprimo alla famiglia, tanto desolata, il mio paterno cordoglio.


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GIOVANNI PAOLO II

ANGELUS

Solennità di Tutti i Santi 
Sabato, 1° novembre 1980

 

1. “Credo in un solo Dio”. . . Così inizia la professione della nostra fede, il “simbolo apostolico”, che termina con le parole: “Credo nella risurrezione dei corpi e nella vita eterna”.

Quando, in questo giorno, e anche in quello di domani visiteremo i diversi luoghi in cui riposano i defunti, cerchiamo di avere davanti agli occhi il primo e l’ultimo articolo del “credo”. Tra di essi esiste uno strettissimo e indissolubile legame: la logica più profonda della fede.

Il mondo, in cui viviamo, in cui veniamo alla luce e moriamo, non ha in se stesso la vita eterna, non è neppure capace di darla all’uomo. La vita eterna è soltanto in Dio e da Dio. La vita eterna è una prospettiva dell’uomo soltanto nel mondo che ha il suo inizio in Dio. Tale e appunto il mondo “creato” di cui parla il simbolo apostolico dalle prime parole: “Credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra . . .”.

Questo giorno e quello del 2 novembre suscitano in noi un particolare bisogno di riflessione.

Assecondiamolo, lasciandoci guidare fino alla fine, dalla logica della fede, seguendo dall’inizio fino alla fine il nostro “credo”.

2. Credo in Dio, Padre onnipotente . . . Una settimana fa ha concluso le sue laboriose discussioni il Sinodo dei Vescovi, riunito nella sessione dedicata ai compiti della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo. Occorrerà ancora tornare, e più di una volta, ai lavori di quel Sinodo, alle sue conclusioni e “proposizioni” finali.

Oggi, nel giorno di tutti i santi, pensiamo in particolare che tutti coloro, che noi veneriamo così solennemente il primo di novembre, devono l’inizio della loro vita su questa terra alla famiglia. Che essi furono figli dei loro padri e delle loro madri. Che furono fratelli delle loro sorelle, e sorelle dei loro fratelli. Che spesso essi stessi furono, a loro volta, padri e madri di famiglia. La divina vocazione alla santità, che Cristo ci ha portato nello Spirito Santo, passa attraverso la famiglia: attraverso tante famiglie nelle diverse nazioni, continenti e razze; è una vocazione rivolta a tutte le famiglie, e ad ogni famiglia in particolare.

Nella solennità di tutti i santi veneriamo il frutto definitivo della comune vocazione alla santità, che è passata attraverso tante famiglie sulla terra. Ed ecco, insieme col compimento di questa vocazione insieme con la risposta ai molteplici doni della grazia di Dio, è cresciuta e costantemente cresce nel regno del secolo venturo una grande famiglia divina. In questa famiglia si rivela, fino alla fine, la paternità di Dio, che noi professiamo qui, in terra, dicendo: credo in Dio, Padre onnipotente.

Questa famiglia, nel regno del secolo venturo, è condotta al Padre da Gesù Cristo, Figlio di Dio, nello Spirito Santo. Questa famiglia vive della pienezza divina della verità e dell’amore, godendo, in eterno, dell’intima unione con Dio nel mistero della comunione dei santi.

San Giovanni scrive: “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1 Gv 3, 2).

3. Nella solennità di tutti i santi, meditando su questi grandi misteri divini, desidero pure ringraziare, insieme con voi, il Signore per il dono inestimabile del sacramento del sacerdozio, che ho ricevuto 34 anni fa dalle mani del Cardinale Adamo Stefano Sapieha, a quel tempo metropolita di Cracovia.

Sia lodato Gesù Cristo

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ANGELUS

 

Solennità di Tutti i Santi 
1 novembre 1981

 

1. “Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita”: Credo in Spiritum Sanctum, Dominum et Vivificantem.

 

Le parole della professione di fede che ripetiamo nella Santa Messa ci ricordano il I Concilio Costantinopolitano svoltosi nell’anno 381, il cui anniversario si celebra, dopo sedici secoli, nell’anno in corso. La giornata di ringraziamento per l’opera di questo Concilio è stata solennemente celebrata nella festa di Pentecoste di quest’anno, sia a Costantinopoli che a Roma.

 

Nella festa di oggi, le parole della professione che dobbiamo a questo Concilio gettano una luce particolare sul Mistero di Tutti i Santi. Chi sono, infatti, coloro ai quali la Chiesa dedica la solennità odierna, se non il frutto dell’opera santificante dello Spirito di Verità e di Amore che è lo Spirito Santo? Che cosa è la santità di tanti fratelli e sorelle – noti per nome o meno – che onoriamo particolarmente in questo giorno, se non la matura pienezza di quella vita che proprio Lui, lo Spirito Santo, innesta nell’anima dell’uomo?

 

Lui “che è Signore e dà la vita”!

 

2. “Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non pronunzia menzogna... Egli otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza” (Sal 24,3-5).

 

La liturgia della solennità odierna ci infonde una grande gioia ed una lieta speranza quando, mediante le parole dell’Apocalisse, osserviamo con gli occhi dell’anima quella “moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua” (Ap 7,9).

 

“Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe” (Sal 24,6).

 

E tutti i santi che oggi onoriamo, recano in sé il dono misterioso dello Spirito Santo, al quale hanno testimoniato eroica fedeltà. Così, come frutto della vita terrestre, allo stesso modo è frutto del medesimo dono dello Spirito Santo la celeste “Communio” di tutti:
“Communio Sanctorum” la Comunione dei Santi.

 

3. Avendo davanti al nostro sguardo spirituale questa splendida immagine che la liturgia della Chiesa ci offre nel giorno 1° novembre, cerchiamo ora nella preghiera dell’Angelus di manifestare allo Spirito Santo una fervida gratitudine per Tutti i Santi, per tutti i frutti cioè della santità che sono nati nel corso della storia della salvezza sotto l’influsso della sua grazia.

 

Ringraziamo specialmente per quel particolarissimo frutto della santità nato e maturato dalla presenza dello Spirito Santo, la Vergine di Nazaret, piena di Grazia, santissima, Theotokos, Madre di Dio.

 

4. La solennità di Tutti i Santi ci introduce anche alla commemorazione di tutti i fedeli defunti, di coloro che riposano in Cristo e che si affidano alla sua clemenza e che si affidano anche alle nostre preghiere.

 


 

Dopo la recita dell'Angelus

 

A voi tutti, alle vostre famiglie, in particolare ai giovani handicappati di Ostia Lido, giunga il mio cordiale augurio e il mio incoraggiamento, che accompagno con la mia Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo.


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[Modificato da Caterina63 22/10/2018 20:52]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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