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Tempo di Avvento Magistero integrale Benedetto XVI

Ultimo Aggiornamento: 25/11/2018 23:39
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25/11/2018 21:33
 
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BENEDETTO XVI

ANGELUS

I Domenica di Avvento, 27 novembre 2005

 

Cari fratelli e sorelle!

Con l’odierna domenica inizia l’Avvento, un tempo di grande suggestione religiosa, perché intriso di speranza e di attesa spirituale: ogni volta che la Comunità cristiana si prepara a fare memoria della nascita del Redentore, avverte in se stessa un fremito di gioia, che si comunica in certa misura all’intera società. In Avvento il popolo cristiano rivive un duplice movimento dello spirito: da una parte, alza lo sguardo verso la meta finale del suo pellegrinare nella storia, che è il ritorno glorioso del Signore Gesù; dall’altra, ricordandone con emozione la nascita a Betlemme, si china dinanzi al Presepe. La speranza dei cristiani è rivolta al futuro, ma resta sempre ben radicata in un evento del passato. Nella pienezza dei tempi il Figlio di Dio è nato dalla Vergine Maria: "Nato da donna, nato sotto la legge", come scrive l’apostolo Paolo (Gal 4,4).

Il Vangelo ci invita oggi a restare vigilanti nell’attesa dell’ultima venuta di Cristo. "Vegliate!", dice Gesù, "poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà" (Mc 13,35.37). La breve parabola del padrone partito per un viaggio e dei servi incaricati di farne le veci pone in evidenza quanto sia importante essere pronti ad accogliere il Signore quando, all’improvviso, arriverà. La Comunità cristiana aspetta con ansia la sua "manifestazione", e l’apostolo Paolo, scrivendo ai Corinzi, li esorta a confidare nella fedeltà di Dio e a vivere in modo da essere trovati "irreprensibili" (cfr 1 Cor 1,7-9) nel giorno del Signore. Molto opportunamente, perciò, all’inizio dell’Avvento la liturgia ci pone sulle labbra l’invocazione del Salmo: "Mostraci, Signore, la tua misericordia, e donaci la tua salvezza" (Sal 84,8).

Potremmo dire che l’Avvento è il tempo in cui occorre che i cristiani risveglino nel loro cuore la speranza di potere, con l’aiuto di Dio, rinnovare il mondo. A questo proposito vorrei ricordare anche oggi la Costituzione del Concilio Vaticano II Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: è un testo profondamente pervaso di speranza cristiana. Mi riferisco in particolare al n. 39, intitolato "Terra nuova e cielo nuovo". Vi si legge: "Sappiamo dalla rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia (cfr 2 Cor 5,2; 2 Pt 3,13)… Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente". I buoni frutti della nostra operosità li ritroveremo, infatti, quando il Cristo consegnerà al Padre il suo regno eterno e universale. Maria Santissima, Vergine dell’Avvento, ci ottenga di vivere questo tempo di grazia vigilanti e operosi nell’attesa del Signore.


 

Dopo l’Angelus

A tutti auguro una serena domenica e un buon cammino di Avvento.

Buona domenica e buon Avvento! 
 

ANGELUS

Piazza San Pietro
I Domenica di Avvento, 3 dicembre 2006

 

Cari fratelli e sorelle!

Cari fratelli e sorelle! Desidero ringraziare ancora una volta, insieme a voi, il Signore per il Viaggio apostolico che nei giorni scorsi ho compiuto in Turchia: in esso mi sono sentito accompagnato e sostenuto dalla preghiera dell'intera Comunità cristiana. A tutti il mio grazie cordiale! Mercoledì prossimo, durante l'Udienza generale, avrò modo di parlare più diffusamente di questa indimenticabile esperienza spirituale e pastorale, dalla quale spero possano scaturire frutti di bene per una cooperazione sempre più sincera tra tutti i discepoli di Cristo e per un dialogo proficuo con i credenti musulmani. Mi preme ora rinnovare la mia gratitudine a quanti hanno organizzato il viaggio, ed hanno contribuito in vario modo al suo pacifico e fruttuoso svolgimento. Un pensiero speciale rivolgo alle Autorità della Turchia e all'amico popolo turco, che mi ha riservato un'accoglienza degna del suo tradizionale spirito di ospitalità.

Vorrei soprattutto ricordare con riconoscente affetto la cara comunità cattolica che vive in terra turca. Penso ad essa mentre, con l'odierna domenica, entriamo nel tempo dell’Avvento. Ho potuto incontrare e celebrare la Santa Messa insieme con questi nostri fratelli e sorelle, che si trovano in condizioni spesso non facili. È veramente un piccolo gregge, variegato, ricco di entusiasmo e di fede che, potremmo dire, vive costantemente ed in maniera forte l'esperienza dell'Avvento sostenuto dalla speranza. In Avvento la liturgia ci ripete spesso e ci assicura, quasi a vincere la naturale nostra diffidenza, che Dio "viene": viene a stare con noi, in ogni nostra situazione; viene ad abitare in mezzo a noi, a vivere con noi e in noi; viene a colmare le distanze che ci dividono e ci separano; viene a riconciliarci con Lui e tra di noi. Viene nella storia dell'umanità, a bussare alla porta di ogni uomo e di ogni donna di buona volontà, per recare agli individui, alle famiglie e ai popoli il dono della fraternità, della concordia e della pace. Per questo l'Avvento è per eccellenza il tempo della speranza, nel quale i credenti in Cristo sono invitati a restare in un'attesa vigilante ed operosa, alimentata dalla preghiera e dal fattivo impegno dell'amore. Possa l'avvicinarsi del Natale di Cristo riempire i cuori di tutti i cristiani di gioia, di serenità e di pace!

Per vivere nel modo più autentico e fruttuoso questo periodo di Avvento, la liturgia ci esorta a guardare a Maria Santissima, e ad incamminarci idealmente insieme a Lei verso la Grotta di Betlemme. Quando Dio bussò alla porta della sua giovane vita, Ella lo accolse con fede e con amore. Tra qualche giorno La contempleremo nel luminoso mistero della sua Immacolata Concezione. Lasciamoci attrarre dalla sua bellezza, riflesso della gloria divina, perché "il Dio che viene" trovi in ognuno di noi un cuore buono e aperto, che Egli possa colmare dei suoi doni.


Dopo l'Angelus:

 A tutti auguro buona domenica e buon Avvento!



ANGELUS

Piazza San Pietro
I Domenica di Avvento, 2 dicembre 2007

 

Cari fratelli e sorelle!

Con questa prima domenica di Avvento inizia un nuovo anno liturgico: il Popolo di Dio si rimette in cammino, per vivere il mistero di Cristo nella storia. Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre (cfr Eb 13,8); la storia invece muta e chiede di essere costantemente evangelizzata; ha bisogno di essere rinnovata dall’interno e l’unica vera novità è Cristo: è Lui il pieno suo compimento, il futuro luminoso dell’uomo e del mondo. Risorto dai morti, Gesù è il Signore a cui Dio sottometterà tutti i nemici, compresa la stessa morte (cfr 1 Cor 15,25-28). L’Avvento è pertanto il tempo propizio per risvegliare nei nostri cuori l’attesa di Colui "che è, che era e che viene" (Ap 1,8). Il Figlio di Dio è già venuto a Betlemme venti secoli or sono, viene in ogni momento nell’anima e nella comunità disposti a riceverlo, verrà di nuovo alla fine dei tempi, per "giudicare i vivi e i morti". Il credente è perciò sempre vigilante, animato dall’intima speranza di incontrare il Signore, come dice il Salmo: "Io spero nel Signore, / l’anima spera nella sua parola. / L’anima mia attende il Signore / più che le sentinelle l’aurora" (Sal 129,5-6).

Questa domenica è, dunque, un giorno quanto mai indicato per offrire alla Chiesa intera e a tutti gli uomini di buona volontà la mia seconda Enciclica, che ho voluto dedicare proprio al tema della speranza cristiana. Si intitola Spe salvi, perché si apre con l’espressione di san Paolo: "Spe salvi facti sumus - Nella speranza siamo stati salvati" (Rm 8,24). In questo, come in altri passi del Nuovo Testamento, la parola "speranza" è strettamente connessa con la parola "fede". E’ un dono che cambia la vita di chi lo riceve, come dimostra l’esperienza di tanti santi e sante. In che cosa consiste questa speranza, così grande e così "affidabile" da farci dire che in essa noi abbiamo la "salvezza"? Consiste in sostanza nella conoscenza di Dio, nella scoperta del suo cuore di Padre buono e misericordioso. Gesù, con la sua morte in croce e la sua risurrezione, ci ha rivelato il suo volto, il volto di un Dio talmente grande nell’amore da comunicarci una speranza incrollabile, che nemmeno la morte può incrinare, perché la vita di chi si affida a questo Padre si apre sulla prospettiva dell’eterna beatitudine.

Lo sviluppo della scienza moderna ha confinato sempre più la fede e la speranza nella sfera privata e individuale, così che oggi appare in modo evidente, e talvolta drammatico, che l’uomo e il mondo hanno bisogno di Dio – del vero Dio! – altrimenti restano privi di speranza. La scienza contribuisce molto al bene dell’umanità, - senza dubbio - ma non è in grado di redimerla. L’uomo viene redento dall’amore, che rende buona e bella la vita personale e sociale. Per questo la grande speranza, quella piena e definitiva, è garantita da Dio, dal Dio che è l’amore, che in Gesù ci ha visitati e ci ha donato la vita, e in Lui tornerà alla fine dei tempi. E’ in Cristo che speriamo, è Lui che attendiamo! Con Maria, sua Madre, la Chiesa va incontro allo Sposo: lo fa con le opere della carità, perché la speranza, come la fede, si dimostra nell’amore.

Buon Avvento a tutti!


Dopo l'Angelus:

[Saluto tutti i polacchi. Nella prima domenica di Avvento la liturgia della Chiesa ci ricorda la necessità di vegliare in spirito di preghiera per essere pronti all’incontro con Cristo che viene. Perseveriamo nella gioiosa attesa. Dio vi benedica!]

Rivolgo un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, 

A tutti voi auguro una buona domenica e un gioioso Avvento. Buon Avvento a tutti voi.


ANGELUS

Piazza San Pietro
I Domenica di Avvento, 30 novembre 2008

 

Cari fratelli e sorelle!

Iniziamo oggi, con la prima Domenica di Avvento, un nuovo Anno liturgico. Questo fatto ci invita a riflettere sulla dimensione del tempo, che esercita sempre su di noi un grande fascino. Sull’esempio di quanto amava fare Gesù, desidererei tuttavia partire da una constatazione molto concreta: tutti diciamo che "ci manca il tempo", perché il ritmo della vita quotidiana è diventato per tutti frenetico. Anche a tale riguardo la Chiesa ha una "buona notizia" da portare: Dio ci dona il suo tempo. Noi abbiamo sempre poco tempo; specialmente per il Signore non sappiamo o, talvolta, non vogliamo trovarlo. Ebbene, Dio ha tempo per noi! Questa è la prima cosa che l’inizio di un anno liturgico ci fa riscoprire con meraviglia sempre nuova. Sì: Dio ci dona il suo tempo, perché è entrato nella storia con la sua parola e le sue opere di salvezza, per aprirla all’eterno, per farla diventare storia di alleanza. In questa prospettiva, il tempo è già in se stesso un segno fondamentale dell’amore di Dio: un dono che l’uomo, come ogni altra cosa, è in grado di valorizzare o, al contrario, di sciupare; di cogliere nel suo significato, o di trascurare con ottusa superficialità.

Tre poi sono i grandi "cardini" del tempo, che scandiscono la storia della salvezza: all’inizio la creazione, al centro l’incarnazione-redenzione e al termine la "parusia", la venuta finale che comprende anche il giudizio universale. Questi tre momenti però non sono da intendersi semplicemente in successione cronologica. Infatti, la creazione è sì all’origine di tutto, ma è anche continua e si attua lungo l’intero arco del divenire cosmico, fino alla fine dei tempi. Così pure l’incarnazione-redenzione, se è avvenuta in un determinato momento storico, il periodo del passaggio di Gesù sulla terra, tuttavia estende il suo raggio d’azione a tutto il tempo precedente e a tutto quello seguente. E a loro volta l’ultima venuta e il giudizio finale, che proprio nella Croce di Cristo hanno avuto un decisivo anticipo, esercitano il loro influsso sulla condotta degli uomini di ogni epoca.

Il tempo liturgico dell’Avvento celebra la venuta di Dio, nei suoi due momenti: dapprima ci invita a risvegliare l’attesa del ritorno glorioso di Cristo; quindi, avvicinandosi il Natale, ci chiama ad accogliere il Verbo fatto uomo per la nostra salvezza. Ma il Signore viene continuamente nella nostra vita. Quanto mai opportuno è quindi l’appello di Gesù, che in questa prima Domenica ci viene riproposto con forza: "Vegliate!" (Mc 13,33.35.37). E’ rivolto ai discepoli, ma anche "a tutti", perché ciascuno, nell’ora che solo Dio conosce, sarà chiamato a rendere conto della propria esistenza. Questo comporta un giusto distacco dai beni terreni, un sincero pentimento dei propri errori, una carità operosa verso il prossimo e soprattutto un umile e fiducioso affidamento alle mani di Dio, nostro Padre tenero e misericordioso. Icona dell’Avvento è la Vergine Maria, la Madre di Gesù. InvochiamoLa perché aiuti anche noi a diventare un prolungamento di umanità per il Signore che viene.


Dopo l'Angelus

Il 30 novembre ricorre la festa dell’Apostolo sant’Andrea, fratello di Simon Pietro. Entrambi furono dapprima seguaci di Giovanni il Battista e, dopo il battesimo di Gesù nel Giordano, divennero suoi discepoli, riconoscendo in Lui il Messia. Sant’Andrea è patrono del Patriarcato di Costantinopoli, così che la Chiesa di Roma si sente legata a quella costantinopolitana da un vincolo di speciale fraternità. Perciò, secondo la tradizione, in questa felice circostanza una delegazione della Santa Sede,  si è recata in visita al Patriarca Ecumenico Bartolomeo I. Di tutto cuore rivolgo il mio saluto e il mio augurio a lui e ai fedeli del Patriarcato, invocando su tutti l’abbondanza delle celesti benedizioni.

Vorrei invitarvi a unirvi nella preghiera per le numerose vittime sia dei brutali attacchi terroristici di Mumbai, in India, sia degli scontri scoppiati a Jos, in Nigeria, come pure per i feriti e quanti, in qualsiasi modo, sono stati colpiti. Diverse sono le cause e le circostanze di quei tragici avvenimenti, ma comuni devono essere l’orrore e la deplorazione per l’esplosione di tanta crudele e insensata violenza. Chiediamo al Signore di toccare il cuore di coloro che si illudono che questa sia la via per risolvere i problemi locali o internazionali e sentiamoci tutti spronati a dare esempio di mitezza e di amore per costruire una società degna di Dio e dell’uomo.

A tutti auguro una buona domenica e un Avvento ricco di frutti spirituali.



ANGELUS

I Domenica di Avvento, Piazza San Pietro
Domenica, 29 novembre 2009

 

Cari fratelli e sorelle!

In questa domenica iniziamo, per grazia di Dio, un nuovo Anno liturgico, che si apre naturalmente con l’Avvento, tempo di preparazione al Natale del Signore. Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla liturgia, afferma che la Chiesa “nel ciclo annuale presenta tutto il mistero di Cristo, dall’Incarnazione e Natività fino all’Ascensione, al giorno di Pentecoste e all’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore”. In questo modo, “ricordando i misteri della Redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, così che siano resi in qualche modo presenti in ogni tempo, perché i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza” (Sacrosanctum Concilium, 102). Il Concilio insiste sul fatto che il centro della liturgia è Cristo, come il sole intorno al quale, al modo dei pianeti, ruotano la Beata Vergine Maria – la più vicina – e quindi i martiri e gli altri santi che “in cielo cantano a Dio la lode perfetta e intercedono per noi” (ivi, 104).

Questa è la realtà dell’Anno liturgico vista, per così dire, “dalla parte di Dio”. E dalla parte – diciamo - dell’uomo, della storia e della società? Che rilevanza può avere? La risposta ce la suggerisce proprio il cammino dell’Avvento, che oggi intraprendiamo. Il mondo contemporaneo ha bisogno soprattutto di speranza: ne hanno bisogno i popoli in via di sviluppo, ma anche quelli economicamente evoluti. Sempre più ci accorgiamo che ci troviamo su un’unica barca e dobbiamo salvarci tutti insieme. Soprattutto ci rendiamo conto, vedendo crollare tante false sicurezze, che abbiamo bisogno di una speranza affidabile, e questa si trova solo in Cristo, il quale, come dice la Lettera agli Ebrei, “è lo stesso ieri e oggi e per sempre” (13,8). Il Signore Gesù è venuto in passato, viene nel presente, e verrà nel futuro. Egli abbraccia tutte le dimensioni del tempo, perché è morto e risorto, è “il Vivente” e, mentre condivide la nostra precarietà umana, rimane per sempre e ci offre la stabilità stessa di Dio. E’ “carne” come noi ed è “roccia” come Dio. Chiunque anela alla libertà, alla giustizia, alla pace può risollevarsi e alzare il capo, perché in Cristo la liberazione è vicina (cfr Lc21,28) – come leggiamo nel Vangelo di oggi. Possiamo pertanto affermare che Gesù Cristo non riguarda solo i cristiani, o solo i credenti, ma tutti gli uomini, perché Egli, che è il centro della fede, è anche il fondamento della speranza. E della speranza ogni essere umano ha costantemente bisogno.

Cari fratelli e sorelle, la Vergine Maria incarna pienamente l’umanità che vive nella speranza basata sulla fede nel Dio vivente. Lei è la Vergine dell’Avvento: è ben piantata nel presente, nell’“oggi” della salvezza; nel suo cuore raccoglie tutte le promesse passate; ed è protesa al compimento futuro. Mettiamoci alla sua scuola, per entrare veramente in questo tempo di grazia e accogliere, con gioia e responsabilità, la venuta di Dio nella nostra storia personale e sociale.


Dopo l'Angelus

 

[Nello spirito dell’Avvento saluto i polacchi. Miei cari, Cristo viene ad ognuno di noi e a tutta l’umanità come Salvatore. Ecco perché il Vangelo della liturgia odierna ci invita: “Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Lc 21, 28). Questo pensiero ci accompagni nel tempo della gioiosa attesa della venuta del Signore. Dio vi benedica!]

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare coloro che hanno preso parte alla marcia promossa dal Movimento dell’Amore Familiare per manifestare profondo amore al Crocifisso, riconoscendone il valore religioso, storico e culturale. Saluto inoltre l’associazione “Insieme per crescere” di Durazzano e il gruppo “Regina della Pace” di Andria. A tutti auguro una buona domenica e un fruttuoso cammino di Avvento.




ANGELUS

Piazza San Pietro 
I Domenica di Avvento, 28 novembre 2010

 (Video)

 

Cari fratelli e sorelle!

Oggi, prima domenica di Avvento, la Chiesa inizia un nuovo Anno liturgico, un nuovo cammino di fede che, da una parte, fa memoria dell’evento di Gesù Cristo e, dall’altra, si apre al suo compimento finale. E proprio di questa duplice prospettiva vive il Tempo di Avvento, guardando sia alla prima venuta del Figlio di Dio, quando nacque dalla Vergine Maria, sia al suo ritorno glorioso, quando verrà “a giudicare i vivi e i morti”, come diciamo nel Credo. Su questo suggestivo tema dell’“attesa” vorrei ora brevemente soffermarmi, perché si tratta di un aspetto profondamente umano, in cui la fede diventa, per così dire, un tutt’uno con la nostra carne e il nostro cuore.

L’attesa, l’attendere è una dimensione che attraversa tutta la nostra esistenza personale, familiare e sociale. L’attesa è presente in mille situazioni, da quelle più piccole e banali fino alle più importanti, che ci coinvolgono totalmente e nel profondo. Pensiamo, tra queste, all’attesa di un figlio da parte di due sposi; a quella di un parente o di un amico che viene a visitarci da lontano; pensiamo, per un giovane, all’attesa dell’esito di un esame decisivo, o di un colloquio di lavoro; nelle relazioni affettive, all’attesa dell’incontro con la persona amata, della risposta ad una lettera, o dell’accoglimento di un perdono… Si potrebbe dire che l’uomo è vivo finché attende, finché nel suo cuore è viva la speranza. E dalle sue attese l’uomo si riconosce: la nostra “statura” morale e spirituale si può misurare da ciò che attendiamo, da ciò in cui speriamo.

Ognuno di noi, dunque, specialmente in questo Tempo che ci prepara al Natale, può domandarsi: io, che cosa attendo? A che cosa, in questo momento della mia vita, è proteso il mio cuore? E questa stessa domanda si può porre a livello di famiglia, di comunità, di nazione. Che cosa attendiamo, insieme? Che cosa unisce le nostre aspirazioni, che cosa le accomuna? Nel tempo precedente la nascita di Gesù, era fortissima in Israele l’attesa del Messia, cioè di un Consacrato, discendente del re Davide, che avrebbe finalmente liberato il popolo da ogni schiavitù morale e politica e instaurato il Regno di Dio. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che il Messia potesse nascere da un’umile ragazza quale era Maria, promessa sposa del giusto Giuseppe. Neppure lei lo avrebbe mai pensato, eppure nel suo cuore l’attesa del Salvatore era così grande, la sua fede e la sua speranza erano così ardenti, che Egli poté trovare in lei una madre degna. Del resto, Dio stesso l’aveva preparata, prima dei secoli. C’è una misteriosa corrispondenza tra l’attesa di Dio e quella di Maria, la creatura “piena di grazia”, totalmente trasparente al disegno d’amore dell’Altissimo. Impariamo da Lei, Donna dell’Avvento, a vivere i gesti quotidiani con uno spirito nuovo, con il sentimento di un’attesa profonda, che solo la venuta di Dio può colmare.


Dopo l'Angelus

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i ragazzi dell’Unità Pastorale di Lesmo, presso Milano, che si preparano alla Professione di Fede. A tutti auguro una serena domenica e un buon cammino di Avvento. Grazie, buon Avvento a tutti!



ANGELUS

Piazza San Pietro
I Domenica di Avvento, 27 novembre 2011

[Video]

 

Cari fratelli e sorelle!

Oggi iniziamo con la Chiesa il nuovo Anno liturgico: un nuovo cammino di fede, da vivere insieme nelle comunità cristiane, ma anche, come sempre, da percorrere all’interno della storia del mondo, per aprirla al mistero di Dio, alla salvezza che viene dal suo amore. L’Anno liturgico inizia con il Tempo di Avvento: tempo stupendo in cui si risveglia nei cuori l’attesa del ritorno di Cristo e la memoria della sua prima venuta, quando si spogliò della sua gloria divina per assumere la nostra carne mortale.

“Vegliate!”. Questo è l’appello di Gesù nel Vangelo di oggi. Lo rivolge non solo ai suoi discepoli, ma a tutti: “Vegliate!” ( Mt 13,37). E’ un richiamo salutare a ricordarci che la vita non ha solo la dimensione terrena, ma è proiettata verso un “oltre”, come una pianticella che germoglia dalla terra e si apre verso il cielo. Una pianticella pensante, l’uomo, dotata di libertà e responsabilità, per cui ognuno di noi sarà chiamato a rendere conto di come ha vissuto, di come ha utilizzato le proprie capacità: se le ha tenute per sé o le ha fatte fruttare anche per il bene dei fratelli.

Anche Isaia, il profeta dell’Avvento, ci fa riflettere oggi con una preghiera accorata, rivolta a Dio a nome del popolo. Egli riconosce le mancanze della sua gente, e a un certo punto dice: “Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità” (Is 64,6). Come non rimanere colpiti da questa descrizione? Sembra rispecchiare certi panorami del mondo post-moderno: le città dove la vita diventa anonima e orizzontale, dove Dio sembra assente e l’uomo l’unico padrone, come se fosse lui l’artefice e il regista di tutto: le costruzioni, il lavoro, l’economia, i trasporti, le scienze, la tecnica, tutto sembra dipendere solo dall’uomo. E a volte, in questo mondo che appare quasi perfetto, accadono cose sconvolgenti, o nella natura, o nella società, per cui noi pensiamo che Dio si sia come ritirato, ci abbia, per così dire, abbandonati a noi stessi.

In realtà, il vero “padrone” del mondo non è l’uomo, ma Dio. Il Vangelo dice: “Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati” (Mc 13,35-36). Il Tempo di Avvento viene ogni anno a ricordarci questo, perché la nostra vita ritrovi il suo giusto orientamento, verso il volto di Dio. Il volto non di un “padrone”, ma di un Padre e di un Amico. Con la Vergine Maria, che ci guida nel cammino dell’Avvento, facciamo nostre le parole del profeta. “Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani” (Is 64,7).

 


Dopo l'Angelus

 A tutti auguro una buona domenica e un buon cammino di Avvento. Grazie! Buon Avvento e buona Domenica.



ANGELUS

Piazza San Pietro
I Domenica di Avvento, 2 dicembre 2012

[Video]

 

Cari fratelli e sorelle!

Oggi la Chiesa inizia un nuovo Anno liturgico, un cammino che viene ulteriormente arricchito dall’Anno della fede, a 50 anni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Il primo Tempo di questo itinerario è l’Avvento, formato, nel Rito Romano, dalle quattro settimane che precedono il Natale del Signore, cioè il mistero dell’Incarnazione. La parola «avvento» significa «venuta» o «presenza». Nel mondo antico indicava la visita del re o dell’imperatore in una provincia; nel linguaggio cristiano è riferita alla venuta di Dio, alla sua presenza nel mondo; un mistero che avvolge interamente il cosmo e la storia, ma che conosce due momenti culminanti: la prima e la seconda venuta di Gesù Cristo. La prima è proprio l’Incarnazione; la seconda è il ritorno glorioso alla fine dei tempi. Questi due momenti, che cronologicamente sono distanti – e non ci è dato sapere quanto –, in profondità si toccano, perché con la sua morte e risurrezione Gesù ha già realizzato quella trasformazione dell’uomo e del cosmo che è la meta finale della creazione. Ma prima della fine, è necessario che il Vangelo sia proclamato a tutte le nazioni, dice Gesù nel Vangelo di san Marco (cfr Mc 13,10). La venuta del Signore continua, il mondo deve essere penetrato dalla sua presenza. E questa venuta permanente del Signore nell’annuncio del Vangelo richiede continuamente la nostra collaborazione; e la Chiesa, che è come la Fidanzata, la promessa Sposa dell’Agnello di Dio crocifisso e risorto (cfr Ap 21,9), in comunione con il suo Signore collabora in questa venuta del Signore, nella quale già comincia il suo ritorno glorioso.

A questo ci richiama oggi la Parola di Dio, tracciando la linea di condotta da seguire per essere pronti alla venuta del Signore. Nel Vangelo di Luca, Gesù dice ai discepoli: «I vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita … vegliate in ogni momento pregando» (Lc 21,34.36). Dunque, sobrietà e preghiera. E l’apostolo Paolo aggiunge l’invito a «crescere e sovrabbondare nell’amore» tra noi e verso tutti, per rendere saldi i nostri cuori e irreprensibili nella santità (cfr 1 Ts 3,12-13). In mezzo agli sconvolgimenti del mondo, o ai deserti dell’indifferenza e del materialismo, i cristiani accolgono da Dio la salvezza e la testimoniano con un diverso modo di vivere, come una città posta sopra un monte. «In quei giorni – annuncia il profeta Geremia – Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia» (33,16). La comunità dei credenti è segno dell’amore di Dio, della sua giustizia che è già presente e operante nella storia ma che non è ancora pienamente realizzata, e pertanto va sempre attesa, invocata, ricercata con pazienza e coraggio.

La Vergine Maria incarna perfettamente lo spirito dell’Avvento, fatto di ascolto di Dio, di desiderio profondo di fare la sua volontà, di gioioso servizio al prossimo. Lasciamoci guidare da lei, perché il Dio che viene non ci trovi chiusi o distratti, ma possa, in ognuno di noi, estendere un po’ il suo regno di amore, di giustizia e di pace.

 


Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle!

Oggi, a Kottar, in India, viene proclamato beato Devasahayam Pillai, un fedele laico vissuto nel 18° secolo e morto martire. Ci uniamo alla gioia della Chiesa in India e preghiamo che il nuovo Beato sostenga la fede dei cristiani di quel grande e nobile Paese.

A tutti auguro una serena domenica e un buon cammino di Avvento. Buon Avvento, buona domenica a tutti voi. Grazie


____________________

 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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