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Il Libro della FIDUCIA - testo integrale

Ultimo Aggiornamento: 24/06/2020 18:02
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10/02/2019 17:09
 
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CAPITOLO QUINTO 



I fondamenti della fiducia
 






L'Incarnazione del Verbo 



La casa del sapiente è fondata sulla roccia: né le inondazioni, né le piogge, né le tempeste potranno rovesciarla. Affinché l'edificio della nostra fiducia resista a tutte le prove, bisogna elevarlo su delle basi incrollabili. 

"Voi volete sapere - dice san Francesco di Sales - quale fondamento deve avere la nostra fiducia. Bisogna che sia fondata sull'infinita bontà di Dio e sui meriti della Morte e della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, con questa condizione, per parte nostra: che noi abbiamo e conosciamo in noi una totale e ferma risoluzione di essere completamente di Dio, e di abbandonarci del tutto e senza alcuna riserva alla Sua Provvidenza" 1. 

I motivi della nostra speranza sono troppo numerosi per poterli enumerare tutti. Esamineremo qui soltanto quelli fondati sull'Incarnazione del Verbo e sulla sacra Persona del Salvatore. Infatti Cristo è la pietra angolare 2 sulla quale deve principalmente poggiare la nostra vita interiore. 

Quale fiducia c'ispirerebbe il mistero dell'Incarnazione, se solo ci sforzassimo di considerarlo in modo meno superficiale! 

Chi è, dunque, questo pargolo che vagisce nella greppia, quest'adolescente che lavora nella bottega di Nazareth, questo predicatore che entusiasma le folle, questo taumaturgo che compie innumerevoli prodigi, questa vittima innocente che muore sulla Croce? E' il Figlio dell'Altissimo, eterno e divino come suo Padre; è l'Emanuele, atteso da tanto tempo; è colui che il profeta chiama "l'Ammirabile, il Dio Forte, il Principe della Pace" 3. 

Ma Gesù, e noi lo dimentichiamo troppo spesso, è anche nostra proprietà. Egli ci appartiene, in tutto il rigore dell'espressione; è nostro; abbiamo su di Lui diritti imprescrittibili, perché suo Padre ce l'ha donato. Lo afferma la Scrittura: "Il Figlio di Dio ci è donato" 4; e san Giovanni, nel suo Vangelo, dice a sua volta: "Dio ha tanto amato il mondo da donargli il suo unico Figlio" 5. 

Ebbene, se Cristo ci appartiene, ci appartengono anche gl'infiniti meriti delle sue fatiche, delle sue sofferenze e della sua morte. 

Come potremmo allora scoraggiarci? Consegnandoci suo Figlio, il Padre ci ha consegnato la pienezza di tutti i beni. Sappiamo sfruttare ampiamente questo prezioso tesoro! 

Rivolgiamoci dunque al Cielo con una santa audacia e, in nome di quel Salvatore che è nostro, domandiamo senza esitare le grazie che desideriamo. Chiediamo per noi i favori temporali e soprattutto gli aiuti della Grazia; pace e prosperità per la nostra Nazione, e tranquillità e libertà per la Chiesa. 

Una tale preghiera verrà certamente esaudita. Facendo così, non facciamo forse uno scambio con Dio? In cambio dei beni desiderati, Gli offriamo il suo Figlio unigenito. In questo scambio, Dio non ci imbroglierà. 

Gli doneremo infinitamente di più di quanto riceveremo da Lui. 

Questa preghiera, se la faremo con quella fede che muove le montagne, sarà così efficace da ottenerci, se necessario, anche i prodigi più clamorosi. 





La potenza di Nostro Signore 



Quel Verbo Incarnato, che si è donato a noi, possiede un potere illimitato. Nel Vangelo, Egli ci appare come il supremo Padrone della Terra, dei demoni e della vita soprannaturale: tutto è sottomesso al suo sommo dominio. 

In questa potenza del Salvatore troviamo un altro motivo per la nostra certissima fiducia. Nulla può impedire a Nostro Signore di aiutarci e di proteggerci. 

Gesù comanda alle forze della natura. 

All'inizio del suo ministero apostolico, Egli assiste alle nozze di Cana. Ora, durante il banchetto, viene a mancare il vino. Quale imbarazzo per i poveretti, che avevano invitato il Maestro con sua Madre e i discepoli! La Vergine Maria s'accorge dell'infortunio: è sempre Lei la prima a notare i nostri bisogni ed a soccorrerli. Rivolge al Figlio uno sguardo implorante, gli sussurra a bassa voce una breve preghiera: ella conosce il suo potere e il suo amore. E Gesù, che non sa rifiutarle nulla, trasforma l'acqua in vino! Fu il suo primo miracolo 6. 

Una sera, per evitare la folla che l'assale, attraversa in barca, con i suoi discepoli, il lago di Genezareth. Mentre navigano, si leva il vento, scoppia la tempesta, le onde si gonfiano, i flutti si infrangono rimbombando. L'acqua straripa sul ponte, la nave sta per affondare. 

Ma Egli, affaticato dal duro lavoro, dorme in poppa, con la divina testa appoggiata sul cordame. I discepoli, sgomenti, lo svegliano gridando: "Signore, Signore, salvaci, siamo perduti!" 7. Allora il Signore si alza, apostrofa il vento e dice all'acqua: "Silenzio, quietati!". Subito scende una gran calma. I testimoni di questa scena si domandavano stupiti: "Chi è dunque costui, al quale obbediscono il mare e i venti?". 

Gesù guarisce i malati. 

Alcuni ciechi gli si avvicinarono a tastoni e gli gridano la loro disperazione: "Figlio di David, abbi pietà di noi" 8. Il Maestro tocca i loro occhi e questo contatto divino li apre alla luce. 

Gli conducono un sordomuto, pregandolo di imporgli le mani. Il Salvatore esaudisce la richiesta, e la lingua di quell'uomo di scioglie, le sue orecchie odono. 

Incontra un giorno per strada dieci lebbrosi. Nell'umana società, il lebbroso è un esiliato: è cacciato dai villaggi, si evita il suo contatto per timore del contagio, ci si distoglie con disgusto dalla sua putredine. Questi dieci sventurati non osavano avvicinarsi a Nostro Signore: si tenevano appartati. Ma racimolando quel poco di forze che lasciava loro la malattia, gli gridavano da lontano: "Signore, abbiate pietà di noi!". Gesù, che doveva essere, sulla Croce il lebbroso per eccellenza, si commuove per la loro miseria. "Andate a presentarvi ai sacerdoti", dice loro. E mentre essi si avviavano per ubbidire al suo comando, furono guariti. 

Gesù risuscita i morti. 

Ne restituisce tre alla vita. E, con il più stupefacente dei prodigi, dopo esser morto tra le ignominie del Golgota. Dopo esser stato deposto nella tomba, all'alba del terzo giorno resuscita se stesso. E' così ch'Egli ci risusciterà alla fine dei tempi, e che ci restituirà coloro che amavamo e che abbiamo perduto, trasformati, ma sempre uguali a loro stessi nella loro gloria. Egli asciugherà le nostre lacrime per l'eternità. Allora non ci saranno più né pianti, né assenze, né lutti, perché il tempo della nostra miseria sarà finito. 

Gesù comanda agli inferi. 

Durante i tre anni della sua vita pubblica, Egli incontra alcuni ossessi. Parla ai demoni come chi possiede l'autorità suprema; dà loro comandi imperiosi, e i demoni fuggono alla sua voce, confessando la sua divinità. 

Gesù è il maestro alla vita soprannaturale. 

Egli resuscita le anime morte e restituisce loro quella Grazia che avevano perduto. Per provare di possedere realmente questo divino pot3ere, guarisce un paralitico. 

"Che cosa è più facile - chiede agli scribi che lo circondano - secondo voi da dire: i tuoi peccati ti sono perdonati, oppure levati e cammina? Affinché sappiate che il Figlio dell'Uomo ha in terra il potere di rimettere i peccati: alzati - dice al paralitico - prendi la tua barella e torna alla tua casa!" 9. 

E' bene meditare a lungo sulla potenza del Salvatore. Quando si tratta del nostro bene, il Maestro non esita mai a mettere il suo divino potere al servizio del suo amore per noi. 





La sua bontà 



Il fatto è che Nostro Signore è adorabilmente buono: il suo Cuore non può veder soffrire senza restarne spezzato. Questa pietà lo ha spinto a compiere spontaneamente, prima di averne ricevuto preghiera, alcuni dei suoi più grandi miracoli. 

La folla lo seguiva attraverso le deserte montagne della Palestina; da tre giorni, per poterlo ascoltare, essa aveva trascurato di bere e di mangiare. Ma il Signore chiama gli Apostoli: "Vedete questa povera gente? - dice loro - Non posso congedarli così: cadrebbero di stenti per la strada. Ho compassione di questa folla" 10. E moltiplica i pani e i pesci rimasti ai suoi discepoli. 

Un'altra volta si stava recando alla cittadina di Naim, scortato da un gruppo numeroso. Giunto quasi alle porte della città, incontra un corteo funebre. Un giovane veniva condotto alla sue estrema dimora: era l'unico figlio di una vedova. Senza ormai più speranza, nn potendo più attendersi nulla dalla vita, la povera donna seguiva gemendo il corpo del figlio. La vista di questo muto dolore sconvolge il Signore: fu mosso a misericordia. "Povera afflitta - le dice - non piangere più" 11, e si avvicina alla barella dove giaceva il cadavere e restituisce il giovane alla madre. 

Anime schiacciate dalle prove, coscienze tormentate dal dubbio o forse dal rimorso, cuori spezzati dal tradimento o dai lutti; voi tutti che soffrite, credete che Gesù non abbia pietà dei vostri dolori? Non avreste compreso nulla del suo immenso amore. Egli conosce le vostre miserie: le vede, e il suo Cuore ne è toccato. E' su di voi ch'Egli rivolge oggi il suo grido di compassione, è a voi che si rivolge, come già alla vedova di Naim: "Non piangere più; io sono la Rassegnazione, sono la Pace; io sono la Resurrezione e la Vita!". 

Questa fiducia, che la sua bontà dovrebbe naturalmente ispirarci, Nostro Signore l'esige da noi esplicitamente: la pone come una condizione essenziale per ricevere i suoi favori. Lo vediamo, nel Vangelo, esigere degli atti formali, prima di compiere certi miracoli. 

Perché Lui, così tenero, si mostra apparentemente così duro verso la cananea che gli domanda la guarigione della figlia? La respinge più volte, ma niente la scoraggia; niente ferma la sua incrollabile fiducia. E' appunto quello che il Salvatore desidera. "Donna - esclama con gioiosa ammirazione - la tua fiducia è grande"". E aggiunge: "Sia fatto secondo la tua volontà" 12 

Fiat tibi sicut vis. La fiducia ottiene il compimento dei nostri desideri: Nostro Signore stesso l'afferma. 

Strana aberrazione dell'intelligenza umana! Noi crediamo ai miracoli del Vangelo, dato che siamo cattolici per convinzione; crediamo che Nostro Signore, salendo al Cielo, non ha perso nulla della sua potenza; crediamo alla sua bontà, dimostrata dalla sua vita intera ... eppure non riusciamo ad abbandonarci alla fiducia. 

Conosciamo molto male il Cuore di Gesù. Ci ostiniamo a giudicarlo secondo la debolezza dei nostri cuori: si direbbe proprio che vogliamo ridurre la sua immensità alle nostre meschine proporzioni. Facciamo fatica ad ammettere la sua incredibile misericordia verso i peccatori, perché noi siamo vendicativi e lenti a perdonare. Paragoniamo la sua tenerezza infinita ai nostri piccoli affetti. Non comprendiamo nulla di questo fuoco inestinguibile che rendeva il suo Cuore un immenso braciere d'amore, questa santa passione per gli uomini che lo dominava interamente, questa folle carità che lo spinse dalle umiliazioni della mangiatoia al sacrificio del Golgota. E non possiamo esclamare,. Nella pienezza della nostra fede, come l'Apostolo san Giovanni: "Abbiamo creduto nel suo amore! Credidimus charitati" 13. 

O Maestro adorabile, vogliamo ormai abbandonarci interamente al vostro amoroso comportamento. 

Vi affidiamo la cura del nostro avvenire materiale. Ignoriamo ciò che ci riserva questo avvenire, carico di minacce; ma ci mettiamo nelle mani della vostra Provvidenza. 

Vi affidiamo le nostre pene; esse sono talvolta davvero crudeli, ma voi siete qui per addolcirle. 

Vi affidiamo le nostre miserie morali; la nostra debolezza ci spinge a temere ogni mancanza. Ma voi ci sosterrete e ci preserverete dalle cadute. 

Come il vostro Apostolo prediletto, che poggiava il capo sul vostro petto, noi ci riposeremo sul vostro Cuore divino e, secondo le parole del Salmista, ci addormenteremo in una pace deliziosa, poiché voi, o Gesù, ci avete posto in un'inalterabile fiducia. 



Note: 



1 - S. Francesco di Sales, Les vrais entretiens spirituels, in Ouvres, Annecy, J. Niérat 1895, vol. VI, p. 30 

2 - Cfr. Atti, IV, 6. 

3 - Cfr. Is, IX, 6. 

4 - Cfr. Is, IX, 6. 

5 - Deus dilexit mundum ut Filium suum unigenitum daret (Gv, III, 16). 

6 - Gv, II, 1-11. 

7 - Domine, salva nos, perimus! (Mt, VIII, 25). 

8 - Miserere nostri, fili David! (Mt, IX, 26). 

9 - Mc, II, 9-11. 

10 - Misereor super turbam (Mc, VIII, 2). 

11 - Noli flere (Lc, VII, 13). 

12 - Fiat tibi sicut vis (Mt, XV, 28). 

13 - 1 Gv, IV, 16. 



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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