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Lettere di Santa Caterina da Siena da 153 a 231 (3)

Ultimo Aggiornamento: 03/12/2022 10:39
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03/05/2020 12:23
 
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CLXX - A Pietro marchese del Monte, Podestà di Siena



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


A voi, carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Catarina, serva, e schiava de' servi di Gesù Cristo, mi vi raccomando nel prezioso sangue del Figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi vero servo e cavaliere di Cristo, combattendo sempre virilmente contra i vizii e peccati, non con negligenzia, ma con vera e Santa sollecitudine; sicché venendo quel punto dolce della morte, torniamo con la vittoria nella città vera di Gerusalem, visione di pace, dove noi non troveremo la carne che voglia ribellare allo spirito.


Ma attendete, padre, che, a volere la vita durabile, ci è bisogno di lasciare la carne, prima che venga la morte, e che la carne abbandoni noi; cioè lassare gli appetiti e i desiderii, e i sentimenti carnali. oimé non ve ne fate invitare a lasciarli; perocché non ci è tempo. E non è niuna cosa che faccia l'uomo bestiale, quanto questo perverso vizio. E grande stoltizia è della creatura, che si tolle tanta dignità, e per tanto trista cosa diventa animale bruto.


Adunque stirpiamo, a combattiamo contra questo vizio, e contra ad ogni altro, con l'odore della Santa continenza e onestà; con lo scudo della santissima croce riparare ai colpi.


Sì che siate vero giudice e signore nello stato che Dio v'ha posto; e drittamente rendiate il debito al povero, e al ricco secondo che richiede la santa Giustizia, la quale sempre sia condita con misericordia. Non dico più qui.


Manifestovi un caso ch'è intervenuto al monasterio di Santo Michele Angelo da Vico. Però che un giovane, il cui nome vi dirà la lettera che l'abbadessa del detto monasterio vi manda, il quale, già è buon tempo, le ha stimolate, e a tanto è venuto, che egli vi s'entra ad ogni orache gli piace, avendo smurata una finestra del monasterio, minacciando quelle che non vogliono il male, di metter fuoco nel monasterio e ardevele dentro, secondo che esse hanno detto a me. Per la qual cosa vi prego e costringo che voi ci poniate quel rimedio che vi pare, e più convenevole; sì che si ponga rimedio a tanta abominazione. Non vorrei, però, che egli perdesse la vita: ma d'ogni altra pena io sarei molto consolata. Non dico più sopra questa materia. Lo Spirito Santo v'illurnini di questo e d'ogni ultra cosa. Laudato sia Gesù.



CLXXI - A Niccolo Soderini di Firenze

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo figliuolo e fratello in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi membro legato, e unito nel legame della vera Carità, sì e per siffatto modo che participiate di questo vero amore: ché poi che sete fatto capo e posto in signoria, voi siate quel mezzo che aiutiate a legare tutti i membri de' vostri cittadini, sì che non stiano tanto a pericoloe dannazione dell'anima e del corpo. Sapete che il membro che è tagliato dal capo suo, non può avere in sé vita, perché non è legato con quello ond'egli aveva la vita; così vi dico che fa l'anima che è partita dall'amore a dalla carità di Dio; cioè di quelli, i quali, non seguitano il loroCreatore, ma più tosto li perseguitano con molte ingiurie e peccati mortali, i quali manifestamente si veggono per segni e modi, che noi vediamo apparire e fare tutto dì; e voi mi potete intendere. Or chi siamo noi miserabili, miseri miserabili, iniqui, superbi, che noi facciamo contra il capo nostro? oimé, oimé! La superbia e la grandezza nostra, con veder cieco, ci mostra il fiore dello Stato e delle signorie; e non vediamo il vermine che è entrato sotto a questa pianta che ci dà il Fiore, che rode;e tosto verrebbe meno, se egli non si argumenta. Conviensi dunque argumentare col lume della ragione, della vera umilità; la quale virtù, coloro che la posseggono, sempre sono esaltati: e così per lo contrario, come disse Gesù Cristo, sempre i superbi sono umiliati. Questi tali non possono aver vita, però che sono membri tagliati dal dolce legame della Carità.

Or che peggio potiamo avere che esser privati di Dio? Bene potremo avere assai legame; e, fatta lega, legati con molte città e creature; che se non c'è il legame e l'adiutorio di Dio, non ci varrà nulla. Sapete che in vano s'afadiga colui che guarda la città se Dio non la guarda. Che faremo, disavventurati a noi ciechi e ostinati ne' difetti nostri; poiché Dio è colui che guarda e conserva la città e tutto l'universo, e io mi sono ribellato da lui, ch'è Colui che è? E se io dicessi: «Io non fo contra lui»; E dico che tu fai contra lui quando fai contra il Vicario suo, la cui vece tiene. Vedi che tu sei tanto indebilito per questaribellione fatta, che quasi non ci hai forza veruna, perché siamo privati della nostra fortezza. oimé fratello e figliuolo carissimo, aprite l'occhio a ragguardare tanto pericolo, e tanta dannazione d'anima a di corpo. Pregovi che non aspettiate la rovina del vizio del divino giudicio. Perocché il vermine potrebbe tanto crescere, che il fiore darebbe a terra. L'odore di questo fiore già è mortificato, perché siamo stati ribelli a Cristo. Sapete che l'odoredella grazia non può stare in colui che sta contra al suo Creatore.

Ma il rimedio ci è, se il vorremo pigliare: e di questo vi prego quanto so e posso in Cristo dolce Gesù, che il pigliate e gli altri cittadini. E fatene ciò che potete dallaparte vostra. Umiliatevi e pacificate i cuori e le menti vostre: perocché per la porta bassa non si può tenere col capo alto, però che noi ce lo romperemmo. Egli ci conviene passare per la porta di Cristo crocifisso, che si umiliò a noi stolti e con poco cognoscimento. E se voi vi umilierete, domanderete con pace e mansuetudine la pace al vostro capo Cristo in terra. Vogliate dimostrare che siate figliuoli, membri legati e non tagliati: troveretemisericordia e benignità, e esaltazione nell'anima e nel corpo. Sapete che la necessità ci debbe strignere a farlo, se non ci strignesse l'amore. Non può stare il fanciullo senza l'adiutorio del padre; però che non ha in sé virtù, né potenzia veruna per sé; ma ciò ch'egli ha, ha da Dio. Conviengli, dunque, stare in amore del padre: ché se egli sta in odio e in rancore l'adiutorio suo gli verrà meno; e venendogli meno l'adiutorio conviene che venga meno egli. Adunque con sollicitudine d'andare a dimandare l'adiutorio del Padre, cioè di Dio, conviencelo addimandare; ed avere dal Vicario suo; però che Dio gli ha dato nelle mani le sue chiavi del cielo, e a questo portinaio ci conviene far capo. Perocché quello che egli fa è fatto; e quello che non fa non è fatto; sì come disse Cristo a santo Pietro: Cui to legherai in terra, sarà legato incielo; e cui to scioglierai in terra, sarà sciolto in cielo. Poi, dunque, che gli è tanto forte questo Vicario, e di tanta virtù e potenzia, che serra ed apre la porta di vita eterna: noi membri putridi, figliuoli ribelli al padre, saremo sì stolti che facciamo contra a lui? Ben vediamo che senza lui non potiamo fare. Se tu se' contra alla Chiesa santa, come potrai partecipare il sangue del figliuolo di Dio? che la Chiesa non è altro, che esso Cristo? Egli è colui che ci dona e ministra i sacramenti, i quali sacramenti ci dànno vita, per la vita che hanno ricevuta dal sangue ci fussi dato, né virtù né altro erano sufficienti a darci vita eterna. Come adunque siamo tanto arditi che noi spregiamo questo sangue?

E se dicessi: «Io non spregio il sangue»,- dico che non è vero. Ché chi spregia questo dolce Vicario, spregia il sangue; ché chi fa contra l'uno, fa contra l'altro, però ch'essi sono legati insieme. Come mi dirai tu che se tu offendi uno corpo, che tu non offenda il sangue che è nel corpo? Non sai tu che tiene in sé il sangue di Cristo? Intendi che avviene come del figliuolo e del padre; che se offendesse il padre il figliuolo che, il figliuolo abbiamai ragione sopra di lui? O non può mai offenderlo (né debbe offendere) che non sia in pericolo di morte, e in stato di dannazione. Egli è sempre debitore a lui, per l'essere che gli ha dato: e non pregò mai il figliuolo il padre, che gli desse della sustanzia della carne sua; nondimeno il padre, mosso per l'amore ch'egli ha al figliuolo prima ch'egli abbia l'essere, gliel dà. Oh quanto maggiormente noi ignoranti ingrati sconoscenti figliuoli possiamo patire di offendere il nostro vero Padre! Conciossiacosaché ci abbia amati senza essere amato; perocché per amore ci creò e anco ci ricreò a Grazia nel sangue suo, dando la vita con tanto fuoco d'amore, che, ripensandolo, la creatura patirebbe innanzi fame e sete e ogni necessità insino alla morte, prima che ribellasse e facessecontra al Vicario suo; per lo quale ci portò il frutto del sangue di Cristo; e tutto ci ha dato per grazia, e non per debito.

Oh non più, fratelli miei! Non più dormite in tanto poco lume e cognoscimento. Traiamo il vermine della superbia e dell'amore proprio di noi medesimi, e uccidiamlo col coltello dell'odio e dell'amore, coll'amore di Dio e riverenzia della santa Chiesa, con odio e dispiacimento del peccato e del difetto commesso contra Dio e contra lei. Allora arete fatto uno innesto, piantati e innestati nell'alboro della vita: torravvi la morte, e renderavvi la vita. Privati sarete della debilezza; ché già abbiamodetto che sete fatti debili, perché siamo privati di Dio, che è nostra fortezza, per la ingiuria che facciamo alla sposa sua. Adunque facendo questa unione, con odio e dispiacimento della divisione avuta, sarete fatti forti nelle grazie spirituali, le quali doviamo partecipare, volendo la vita della grazia; e nelle temporali, sì e per sifattomodo, che neuno v'offenderà.

Meglio vi è dunque di stare in pace e in unione, eziandio non tanto col capo vostro, ma con tutte le creature. Però che noi non siamo Giudei né Saracini, ma Cristiani, bagnati e ricomperati nel sangue di Cristo. Stolti noi, che ci andiamo ravvollendo per appetito di grandezza; e per timore di non perdere stato pigliamo e facciamo l'officio delle dimonia, andando invitando l'altre creature a fare quello male medesimo che fate voi. Così fecero le dimonia; che quand'essi erano angioli, quelli che caddero, si legaro insieme, e ribellaro a Dio e volendo essere alti, diventarono bassi. Non voglio, e così vi prego, che voi non facciate il simile; volendo fare contra la sposa di Cristo, v'andiate legando insieme. Facendo così, quando credeste d'esser legati e inalzati, e voi sareste più sciolti e abbassati che mai. Non più così, fratelli carissimi. Ma legatevi nel legame dell'ardentissima carità; e dimandate di tornare a pace ed unione col capo vostro, acciò che non siate membri tagliati. Voi avete un padre tanto benigno che volendo tornare all'ammenda non tanto che egli vi perdoni, ma egli v'invita a pace, nonostante la ingiuria che ha ricevuta da voi; benché forse non vi pare aver fatta ingiuria, ma ricevuta. Se questo è, è per poco lume ch'è in voi. E questo è il gran pericolo, e la cagione che l'uomo non si corregge né torna all'ammenda, perché non vede la colpa sua; non vedendola, non la grava per odio e dispiacimento. Adunque ci conviene vedere, acciocché cognosciamo i difetti nostri, sì che, cognoscendoli, li correggiamo. Noi non dobbiamo amare i vizii che noi vedessimo nelle creature; ma dobbiamo amare ed avere in reverenzia la creatura, e l'autorità che Dio ha posta ne' ministri suoi; e de' peccati loro,lassargli punire e gastigare a Dio; però che egli è quello sommo giudice che drittamente dà e' giudici suoi, e a ognuno rende il debito suo giustamente, secondo che ha meritato, e con drittura. Troppo sarebbe sconvenevole, che volessimo giudicare noi, che siam caduti in quello medesimo bando. Pregovi dunque, che non vi lassiate più guidare a tanta simplicità; ma con cuore virile e virtuoso vi legate col vostro capo: sicché, venendo il punto della morte, dove l'uomo non si può scusare, rioi possiamo participare e ricevere il frutto del sangue di Cristo.

Pregovi, Niccolò, per quello amore ineffabile col quale Dio v'ha creato e ricomperato sìi dolcemente, che voi vi studiate giusta al vostro potere (ché senza misterio grande Dio v'ha posto costì), di fare che la pace e l'unione tra voi e la Santa Chiesa si faccia, acciò che non siatepericolati voi, e tutta la Toscana. Non mi pare che la guerra sia sì dolce cosa, che tanto la dovessimo seguitare, potendola levare. Or ècci più dolce cosa che la pace? Certo no. Questo fu quel dolce testamento e lezione che Gesù Cristo lassò a' discepoli suoi. Così disse egli: «Voi non sarete cognosciuti che siate miei discepoli per fare miracoli, né per sapere le cose future, né per mostrare grande santità in atti di fuore; ma se averete carità e paceed amore insieme». Voglio adunque che pigliate l'officio degli angeli, che sono mezzo, ingegnandosi di pacificarci con Dio. Fatene ciò che potete: e non mirate per veruna cosa né per piacere né per dispiacere; attendete solo all'onore di Dio e alla salute vostra. Eziandio se la vita non dovesse andare, non vi ritragga mai di dire la verità, senza veruno timore che il dimonio o le creature vi volessino fare, o mettere. Ma ponetevi per scudo, e difesa il timore di Dio, vedendo che l'occhio suo è sopra di noi, e ragguarda sempre la intenzione e la volontà dell'uomo, come ell'è drizzata a lui Facendo così, adempirete il desiderio mio in voi; siccome io vi dissi che io desideravo che fuste membro unito a legato nel legame della carità; e non tanto in voi, ma cagione di legar tuttigli altri. Fate lor vedere, quanto potete, nel pericolo e malo stato che sono: ché io vi prometto che, se voi non vi argomentate in ricevere la pace, e dimandarla benignamente, voi caderete nella maggior ruina che cadeste mai. Temo che non si potesse quella parola dire, che Cristo disse quando andava all'obrobriosa morte della croce per voi miserabili cognoscenti di tanto beneficio, quando si volse dicendo: «Figliuole di Gerusalemme, non piangete sopra me, ma sopra voi, e sopra gli figliuoli vostri». E lo dì della domenica dell'oliva, quando scendeva dal monte, disse: «Gerusalem, Gerusalem, tu godi, però ch'egli è oggi il dì tuo; ma tempo verrà che tu piangerai». Or non vogliate, per amore di Dio, aspettare questo tempo; ma ponete in voi la vera letizia, cioè della pace e della unione. A questo modo sarete veri figliuoli, participerete ed avrete la eredità del Padre eterno.

Non dico più. Però che tanta è la pena e il duolo che io ne porto per lo danno dell'anime e dei corpi vostri, che, acciò che questo non fosse, io sosterrei con grande desiderio di dare mille volte la vita, se tanto potessi. Prego la divina Provvidenzia che a voi, figliuolo, e a tutti glialtri, dia lume e cognoscimento, e timore ed amore santo di Dio; e che vi tolla ogni tenebra e amor proprio, e timore servile, che è quella cagione onde viene e procede ogni male.

Mando a voi il portatore di questa lettera, predicatore unguanno costà dell'Ordine de' Minori, vero e buono servo di Dio, il quale v'aitarà a consigliare e dirizzare nella via della verità, e in tutte quelle cose che avete a fare per voi medesimi in particolare, e per tutta la città incomune. Pregovi che pigliate e atteniate a' consigli suoi; e non sia veruna cosa si segreta né occulta nella mente vostra, che voi non la partecipiate e manifestiate a lui. Spero per la divina grazia, che per amore e per affetto ch'egli ha alla salute vostra e d'ogni creatura, che riceverà lume da Dio, sì che drittamente vi consiglierà. Di costui fate ragione che sia un altro io. Benedicete e confortate Monna Costanza, e e tutta la famiglia. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



CLXXII - A frate Niccolo de' frati di Monteoliveto nel monasterio di Fiorenza

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissimo e carissimo padre in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo, eraccomandomivi nel prezioso sangue del Figliuolo suo; con desiderio di vedervi levato il cuore, l'affetto e il desiderio vostro a questo dolce capo, Cristo Gesù, con quella brigata tratti dal Limbo, che lungo tempo in grandissima tenebra avevano aspettata la redenzione loro. Leviamo su dunque i cuori a lui, e ragguardiamo l'affettuoso e consumato amore, il quale Dio ha dimostrato in tutte le sue operazioni all'uomo; poi ragguardiamo il dolce desiderio che ebbero quelli santi e venerabili Padri, solamente aspettando l'avvenimento del Figliuolo di Dio. Confondasi dunque, e spengasi in noi la nostra ignoranzia e freddezza e negligenzia; noi, dico, che abbiamo gustato e veduto e sentito il fuoco della divina Carità. Oh che ammirabile cosa è questa! Che solo del pensiero godevamo; e ora vediamo Dio innestato nella carne nostra, e fatto una cosa coll'uomo; e non ci risentiamo. Oh dolce e vero innesto! perocché l'uomo infruttifero, che non participava l'acqua della grazia, hai fattofruttifero, purché elli distenda l'ale del santo desiderio,e appongasi in su l'arbore della santissima croce, dove egli troverà questo santo e dolce innesto del Verbo incarnato del Figliuolo di Dio. Ine troveremo i frutti delle virtù maturati sopra il corpo dell'Agnello svenato e consumato per noi. Adunque levinsi i cuori e i desiderii nostri, e con perfetta e vera sollicitudine riceviamo questi graziosi frutti; e perché noi non aspettiamo con quelli desiderii de' nostri Padri antichi, confondasi la nostra negligenzia.

Che frutti dolci sono questi, i quali ci conviene cogliere? dico, che conviene per necessità l'uomo abbia il frutto della vera pazienzia; perocché fu tanto maturo in lui questo frutto, che mai non si mosse per impazienzia né per ingratitudine né per ignoranzia nostra; ma, come innamorato, sostenne e portò le nostre iniquitadi in sul legno della santissima croce. Ine dunque troverete questo frutto, che dà vita a coloro che sono morti, lume a coloro che fussero ciechi, e sanità a coloro che sono infermi. Questo è il frutto della santissima Carità, che fu quello legame che tenne Dio in croce; perocché né chiodi né croce sarebbero stati sufficienti a tenerlo confitto in croce, ma solo il legame della Carità il tenne. Adunque ben sono maturi questi frutti. Non si tengano più i cuori vostri, ma con sollecitudine si levino a ragguardare questo ineffabile amore che Dio ha avuto all'uomo. E dicovi, che se noi il faremo, che non sarà né dimonia né creatura che ci possa impedire il vero e santo desiderio; perocché le dimonia fuggono dal cuore e desiderio arso nel fuoco della divina Carità; siccome la mosca fugge, e non s'appone in sul pignatto che bolle, perocché vede apparecchiata la morte sua per lo caldo e il calore del fuoco. Ma quando il pignatto è tiepido, elle vi corrono dentro come in casa loro; e ine si pascono. Non tiepidezza, per l'amore di Dio ! ma corriamo verso il calore della divina Carità, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso; ed entriamo nelle piaghe sue, acciocché siamo animati a portare ogni cosa per lui e fare sacrificio de' corpi nostri. Non dico più. Fornite la navicella vostra, perocché il tempo è breve. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CLXXIII - A un frate che usci dell'ordine

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi alluminato della verità, acciocché, cognoscendola, la potiate amare. perocché, amandola, ve ne vestirete; a odierete quello che è contra la verità, e che ribella a essa; e amerete quello che è nella verità e che la verità ama. O carissimo figliuolo, quanto c'è necessario questo lume! perocché in esso si contiene la salute nostra. O carissimo figliuolo io non veggo che noi potiamo avere il detto lume dell'intelletto senza la pupilla della santissima Fede, la quale sta dentro nell'occhio. E se questo lume è offuscato, o intenebrito dall'amore proprio di noi medesimi l'occhio non ha lume e però non vede: onde, non vedendo, non cognosce la verità. Convienci dunque levare questa nebula, acciocché 'l vedere rimanga chiaro. Ma con che si dissolve, e leva questa nebula? con l'odio santo di noi medesimi, cognoscendo le colpe nostre, e cognoscendo la larghezza della divina Bontà, come adopera verso di noi.

In questo cognoscimento s'acquista la virtù della pazienzia. Perocché colui che cognosce il suo difetto, e la legge sensitiva che impugna contra allo spirito, s'odia; ed è contento che non tanto le creature che hanno in loro ragione, ma gli animali ne facciano vendetta. Questi dell'ingiurie, scherni, villanie e rimproverii ingrassa, e delle molte persecuzioni e pene si diletta, e tienlo per suo refrigerio. Questo cognoscimento che l'uomo ha di sé, germina umilità profonda. E non leva il capo per superbia, ma sempre più s'umilia. E per lo cognoscimento della bontà di Dio in sé, si notrica e cresce nell'affettuosa carità; la quale carità notricata dalla umilità, ha il figliuolo della vera discrezione. Onde discretamente rende il debito suo a Dio, rendendo, laude e gloria al nome suo; e a sé rende odio e dispiacimento della propria sensualità e al prossimo rende la benivolenzia, amandolo come si debbe amare, con carità fraterna, libera, ed ordinata, e non finta né senza ordine. Perocché la virtù della discrezione ha la radice sua nella carità; e non è altro che un vero cognoscimento che l'anima ha di sé a di Dio. Onde a mano a mano rende a ciascuno il debito suo. Ma non senza il lume: perocché, se non avesse il lume, ogni suo principio e operazione sarebbe imperfetta. E il lume non può avere senza 'l vero cognoscimento di sé onde trae l'odio; e della bontà di Dio in sé onde trae l'amore. Ma quando la si trova allora è servo fedele al suo Creatore. E stando nella notte di questa tenebrosa vita, va col lume; ed essendo nel mare tempestoso gusta e riceve in sé pace. E sempre corre alla perfezione con costanzia e perseveranzia infino alla morte; e con fortezza passa l'assedio delle dimonia; e non viene meno nella battaglia, in qualunque stato sia. Onde s'egli è secolare, egli è buono secolare; e s'egli è religioso, è perfetto religioso, e navica nella navicella della vera obedienzia, e non se ne stolle mai. Il suo specchio, dove si specchia, è l'Ordine, e i costumi e le osservanzie sue, le quali sempre s'ingegna di compirle in sé. E non dà luogo al dimonio, quando col timore servile gli volesse dare battaglie, dicendogli: «Tu non potrai portare le pene dell'Ordine, e le persecuzioni de' tuoi fratelli, né le penitenzie che tisaranno imposte, e le obedienzie gravi». Ma questi, che ha il lume, di tutte si fa beffe, rispondendo, come morto alla propria volontà, e come alluminato dal lume della Santissima Fede: «ogni cosa potrò per Cristo Crocifisso; perocché so veramente, ch'Egli non pone maggiore peso alle sue creature, che possono portare. Onde io le voglio lassar misurare a lui, e vogliole portare con vera pazienzia; perocché in verità conosco la verità, e che, ciò che mi permette e dà, Egli 'l fa per mio bene, acciocché io sia santificato in Lui».

O quanto è beata quest'anima, che per lo dolce cognoscirnento della verità è venuta a tanto lume e perfezione, che vede a si dà a cognoscere, che ciò che Dio permette, Egli 'l fa per singolare amore. Perocché Colui che è esso Amore, non può fare che non ami la sua Creatura, che ha in sé ragione. Il quale ci amò prima che noi fussimo, perché voleva che partecipassimo del sommo ed Eterno Bene. E però ciò che Egli ci dà, cel dà per questo fine. Ma i miseri che sono privati di questo lume della fede santa, non cognoscono la Verità. E perché non la cognosce il misero questa verità? perché non ha levata la nuvila dell'amor proprio: onde non cognosce sé, e però non s'odia; e non cognosce la divina bontà, e però non l'ama. E s'egli ama alcuna cosa, l'amor suo è imperfetto; perocché tanto ama quanto si vede trarre diletto o consolazione da Dio, e utilità dal prossimo. E però non è forte né perseverante nel bene ch'egli ha cominciato; perocché a mano a mano che il latte della grande consolazione se gli leva di bocca, egli viene meno, e volle il capo indietro a mirare l'arato. Ma se in verità avesse cognosciuta la Verità, non gli addiverrebbe così.

Ma, essendo imperfetto, se pur gli addivenisse di voltarsi indietro, quello che non ha fatto, cioè d'avere ordinato sé col lume della fede, egli ha materia di farlo dopo 'l cadimento. E debbelo fare; perocché più è spiacevole a Dio, e danno a lui la lunga perseveranzia nel peccato, che 'l proprio peccato. Perocché umana cosa è il peccare; ma la perseveranzia nel peccato è cosa di dimonio. Onde non si debbe gittare tra' morti, mentre che egli ha il tempo; né sostenere lo stimolo della coscienzia che' l chiama, rodendolo continuamente. né debbe dire: «Io aspetto. Forse, che non è anco matura questa pera acerba». Oh quanto è matto e stolto colui che aspetta 'l tempo che egli non ha, e non risponde in quello ch'egli ha; e fa né più né meno come s'egli fusse sicuro d'avere' l tempo! Oh quanta pena e ghiado è, quando e' sono veduti così matti a' servi di Dio! O quanto male fa costui! Egli offende Dio, che è somma ed eterna Verità; e offende l'anima sua facendosi male di colpa; e contrista i servidi Dio, i quali stanno come affamati dell'onore del loro Creatore e della salute dell'anime.

O figliuolo carissimo, tornivi un poco la memoria in capo: e aprite l'occhio dell'intelletto a cognoscere le colpe vostre, con speranza di misericordia. Vediate, vediate questa verità: e tornate al vostro Ovile; perocché in altromodo non la potreste cognoscere: ché verità, con colpa, cognoscere non potreste. Onde perché di fuore dall'Ovile non state senza colpa di peccato mortale, e con la gravezza della scomunicazione; non potreste cognoscere questa verità; ma ritornando voi all'Ovile la cognoscerete, perocché sarete privato della colpa. Distendete dunque la volontà vostra ad amare e desiderare 'l vostro Creatore, e l'arca vostra della santa religione. E non considerate voi, che tra gli altri che si debbono più dolere, a cui è intervenuto questo caso, sì sete voi? Perocché nell'aspetto mostravate d'aver grande sentimento e cognoscimento di Dio, e pareva che sommamente vi dilettasse di gustare 'l latte dell'orazione, e offerire dolcie amorosi desiderii: ma in effetto e in verità, non pare che foste fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù, cioè, d'amare lui senza rispetto della propria vostra consolazione, né netto di piacere e parere umano. Perocché se in verità fusse stato fatto il fondamento in Cristo crocifisso e nel cognoscimento di voi, come detto è; non sareste mai caduto, né venuto in tanta inconvenienza. Solamente cadiamo quando il fondamento non è bene cavato nella valle dell'umiltà, e fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù, volendo seguitare le vestigie sue, non eleggendo né tempo né luogo a suo modo, ma solo come piace alla Verità eterna.

O Figliuolo carissimo, quello che non è fatto, io voglio che si faccia senza alcuna confusione di mente, e senza disperazione; ma con vera speranza, e con lume della santissima fede. Col quale lume in verità cognoscerete la sua misericordia, e con questa misericordia mitigherete la grande confusione, la quale vi pare ricevere, vedendovi caduto dall'altezza del cielo nella profonda e somma miseria. Levatevi dunque con uno odio santo, reputandovi degno della vergogna e del vituperio, e indegno del frutto e della grazia: nascondetevi sotto l'ale della misericordia di Dio, perocché, Egli è più atto a perdonare, che voi a peccare. Annegatevi nel sangue di Cristo, dove ingrasserà l'anima vostra per speranza. E non aspetterete poi il tempo, perocché il tempo non aspetta voi. Ma fate forza e violenzia a voi medesimo, e dite: «Anima mia, ricognosci il tuo Creatore, e la grande misericordia sua; il quale t'ha conservato e prestato il tempo, aspettandoti per misericordia che tu ritorni al tuo Ovile». Oh dolcissimo amore, quanto t'è propria questa misericordia! Perocché, se voi ragguardate bene, chi l'ha tenuto che nel primo nostro cadere egli non comandò alla terra che c'inghiottisse, e agli animali che ci divorasseno? Anco, ci ha prestato il tempo, e ha aspettato con pazienzia. Chi n'è cagione d'avere ricevuto tanto di grazia? le nostre virtù, che non ci sono? No: ma solo la sua infinita rnisericordia. Poi, dunque, che nel tempo che noi giaciamo nella tenebra del peccato mortale, egli ci fa tanta misericordia; molto maggiormente dobbiamo sperare con fede viva, che ce la farà, ricognoscendo le colpe nostre, e tornando nell'arca al giogo dell'obedienzia. E ine uccidere e conculcare la nostra propria volontà; e non dormire più.

Oimé, oimé, io credo che li miei peccati siano cagione delle colpe. Non vogliate, pregovi, più stare, né fare danno a voi e vituperio a Dio, né più contristare i fratelli vostri; ma ripigliate il giogo dell'obedienzia, e la chiavedel sangue di Cristo, la quale chiave gittaste nel profondo pozzo; e non la potete avere né usare senza colpa, perché vi partiste dal Giardino della Santa religione, nella quale fuste piantato per essere fiore odorifero, forte, e con vera perseveranzia infino alla morte. Or le ripigliate con la contrizione del cuore, e con dispiacimento della colpa commessa, e con odio della sensualità, e con viva fede, speculandovi nella somma ed eterna Verità, e pigliando ferma speranza che Dio e l'ordine vi riceverà a misericordia, e perdoneravvi la colpa commessa; e faravvisi a rincontra il Padre eterno con la plenitudine e abondanzia della grazia sua. Or questa sia quella vera Gerusalern la quale voi seguitiate e vogliate andare, cioè nella religione santa; e troverete Gerusalem visione di pace, perocché ine si pacificherà la coscienzia vostra. Ed entrate nel sepolcro del cognoscimento di voi, e con Maddalena dimanderete: «Chi mi rivolgerebbe la pietra del monumento? perocché la gravezza della pietra (cioè, la colpa del peccato) è sì grave, che io non la posso muovere». E subito allora confesserà e vederà la nostra imperfezione e gravezza. Vedrete due angeli, che rivolgeranno questa pietra; cioè, l'auditorio divino, il quale vi manderà l'angelo del Santo amore e timore di Dio (il quale amore non è solo, ma accompagna l'anima della carità del prossimo); e l'angelo dell'odio, che Dio manda per rivoltare questa pietra, ha seco la vera umilità e pazienzia. Onde con vera speranza, e viva fede, non si parte dal sepolcro del cognoscimento di sé; ma con perseveranzia sta, infino a tanto che trova Cristo resuscitato nell'anima sua per grazia. E poiché l'ha trovato, egli il vaad annunciare a' fratelli suoi; e i suoi fratelli sono le vere, reali e dolci virtù, con le quali vuole fare e fa mansione insieme con loro. Allora apparendo Cristo nell'anima per sentimento, si lassa toccare con umile e continua orazione. Or questa è la via; altra via non ci è.

Son certa, se averete il lume della santissima fede, e che in verità cognosciate la verità per lo modo che detto è, voi terrete queste vie senza negligenzia, e senza mettere intervallo di tempo, ma con sollecitudine piglierete il punto del tempo che voi avete. Per altro modo stareste sempre in tenebre, perocché sete dilungato dalla luce; e stareste in tristizia, perché il gaudio della grazia non sarebbe in voi; ma sareste membro tagliato dal corpo mistico della santa Chiesa. E però vi dissi, poiché altra vianon ci era, che io desideravo di vedervi alluminato dalla verità col lume della santissima fede, la quale è la pupilladell'occhio dell'intelletto, con che si cognosce la verità. Onde io vi prego per amore di Cristo crocifisso, e per salute vostra, che adempiate il desiderio mio.

Altro non vi dico. Permanete nella Santa e dolce dilezione di Dio. Se io vi fusse appresso, saprei qual dimonio ha involata la mia pecorella, e quale è quello legame che la tiene legata, che ella non torna alla greggia con l'altre. Ma ingegnerommi di vederlo con la continua orazione, e con questo coltello tagliare il legame che la tiene; e allora sarà beata anima mia. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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