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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Udienza Generale del Mercoledì Anno 2021

Ultimo Aggiornamento: 20/12/2021 18:32
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24/03/2021 17:00
 
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UDIENZA GENERALE

Biblioteca del Palazzo Apostolico
Mercoledì, 17 marzo 2021

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Catechesi sulla preghiera: 26. La preghiera e la Trinità. 2

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi completiamo la catechesi sulla preghiera come relazione con la Santissima Trinità, in particolare con lo Spirito Santo.

Il primo dono di ogni esistenza cristiana è lo Spirito Santo. Non è uno dei tanti doni, ma il Dono fondamentale. Lo Spirito è il dono che Gesù aveva promesso di inviarci. Senza lo Spirito non c’è relazione con Cristo e con il Padre. Perché lo Spirito apre il nostro cuore alla presenza di Dio e lo attira in quel “vortice” di amore che è il cuore stesso di Dio. Noi non siamo solo ospiti e pellegrini nel cammino su questa terra, siamo anche ospiti e pellegrini nel mistero della Trinità. Siamo come Abramo, che un giorno, accogliendo nella propria tenda tre viandanti, incontrò Dio. Se possiamo in verità invocare Dio chiamandolo “Abbà - Papà”, è perché in noi abita lo Spirito Santo; è Lui che ci trasforma nel profondo e ci fa sperimentare la gioia commovente di essere amati da Dio come veri figli. Tutto il lavoro spirituale dentro di noi verso Dio lo fa lo Spirito Santo, questo dono. Lavora in noi per portare avanti la nostra vita cristiana verso il Padre, con Gesù.

Il Catechismo, al riguardo, dice: «Ogni volta che incominciamo a pregare Gesù, è lo Spirito Santo che, con la sua grazia preveniente, ci attira sul cammino della preghiera. Poiché Egli ci insegna a pregare ricordandoci Cristo, come non pregare Lui stesso? Ecco perché la Chiesa ci invita a implorare ogni giorno lo Spirito Santo, soprattutto all’inizio e al termine di qualsiasi azione importante» (n. 2670). Ecco qual è l’opera dello Spirito in noi. Egli ci “ricorda” Gesù e lo rende presente a noi – possiamo dire che è la nostra memoria trinitaria, è la memoria di Dio in noi - e lo fa presente a Gesù, perché non si riduca a personaggio del passato: cioè lo Spirito porta al presente Gesù nella nostra coscienza. Se Cristo fosse solo lontano nel tempo, noi saremmo soli e smarriti nel mondo. Sì, ricorderemmo Gesù, lì, lontano ma è lo Spirito che lo porta oggi, adesso, in questo momento nel nostro cuore. Ma nello Spirito tutto è vivificato: ai cristiani di ogni tempo e luogo è aperta la possibilità di incontrare Cristo. È aperta la possibilità di incontrare Cristo non soltanto come un personaggio storico. No: Lui attira Cristo nei nostri cuori, è lo Spirito che ci fa incontrare con Cristo. Lui non è distante, lo Spirito è con noi: ancora Gesù educa i suoi discepoli trasformando il loro cuore, come fece con Pietro, con Paolo, con Maria di Magdala, con tutti gli apostoli. Ma perché è presente Gesù? Perché è lo Spirito a portarlo in noi.

È l’esperienza che hanno vissuto tanti oranti: uomini e donne che lo Spirito Santo ha formato secondo la “misura” di Cristo, nella misericordia, nel servizio, nella preghiera, nella catechesi… È una grazia poter incontrare persone così: ci si accorge che in loro pulsa una vita diversa, il loro sguardo vede “oltre”. Non pensiamo solo ai monaci, agli eremiti; si trovano anche tra la gente comune, gente che ha intessuto una lunga storia di dialogo con Dio, a volte di lotta interiore, che purifica la fede. Questi testimoni umili hanno cercato Dio nel Vangelo, nell’Eucaristia ricevuta e adorata, nel volto del fratello in difficoltà, e custodiscono la sua presenza come un fuoco segreto.

Il primo compito dei cristiani è proprio mantenere vivo questo fuoco, che Gesù ha portato sulla terra (cfr Lc 12,49), e qual è questo fuoco? È l’amore, l’Amore di Dio, lo Spirito Santo. Senza il fuoco dello Spirito le profezie si spengono, la tristezza soppianta la gioia, l’abitudine sostituisce l’amore, il servizio si trasforma in schiavitù. Viene in mente l’immagine della lampada accesa accanto al tabernacolo, dove si conserva l’Eucaristia. Anche quando la chiesa si svuota e scende la sera, anche quando la chiesa è chiusa, quella lampada rimane accesa, continua ad ardere: non la vede nessuno, eppure arde davanti al Signore. Così lo Spirito nel nostro cuore, è sempre presente come quella lampada.

Troviamo ancora scritto nel Catechismo: «Lo Spirito Santo, la cui Unzione impregna tutto il nostro essere, è il Maestro interiore della preghiera cristiana. È l’artefice della tradizione vivente della preghiera. Indubbiamente, ci sono tanti cammini di preghiera quanti sono coloro che pregano, ma è lo stesso Spirito che agisce in tutti e con tutti. È nella comunione dello Spirito Santo che la preghiera cristiana è preghiera nella Chiesa» (n. 2672). Tante volte succede che noi non preghiamo, non abbiamo voglia di pregare o tante volte preghiamo come pappagalli con la bocca ma il cuore è lontano. Questo è il momento di dire allo Spirito: “Vieni, vieni Spirito Santo, riscalda il mio cuore. Vieni e insegnami a pregare, insegnami a guardare il Padre, a guardare il Figlio. Insegnami com’è la strada della fede. Insegnami come amare e soprattutto insegnami ad avere un atteggiamento di speranza”. Si tratta di chiamare lo Spirito continuamente perché sia presente nelle nostre vite.

È dunque lo Spirito a scrivere la storia della Chiesa e del mondo. Noi siamo pagine aperte, disponibili a ricevere la sua calligrafia. E in ciascuno di noi lo Spirito compone opere originali, perché non c’è mai un cristiano del tutto identico a un altro. Nel campo sterminato della santità, l’unico Dio, Trinità d’Amore, fa fiorire la varietà dei testimoni: tutti uguali per dignità, ma anche unici nella bellezza che lo Spirito ha voluto si sprigionasse in ciascuno di coloro che la misericordia di Dio ha reso suoi figli. Non dimentichiamo, lo Spirito è presente, è presente in noi. Ascoltiamo lo Spirito, chiamiamo lo Spirito - è il dono, il regalo che Dio ci ha fatto - e diciamogli: “Spirito Santo, io non so com’è la tua faccia – non lo conosciamo – ma so che tu sei la forza, che tu sei la luce, che tu sei capace di farmi andare avanti e di insegnarmi come pregare. Vieni Spirito Santo”. Una bella preghiera questa: “Vieni, Spirito Santo”.

*

APPELLO

Durante esta semana me han preocupado las noticias que llegan desde Paraguay.

Por intercesión de Nuestra Señora de los Milagros de Caacupé, pido al Señor Jesús, Príncipe de la Paz, que se pueda encontrar un camino de diálogo sincero para hallar soluciones adecuadas a las actuales dificultades, y así construir juntos la paz tan añorada. Recordemos que la violencia siempre es autodestructiva. Con ella no se gana nada, sino que se pierde mucho y a veces todo.

Ancora una volta e con tanta tristezza sento l’urgenza di evocare la drammatica situazione in Myanmar, dove tante persone, soprattutto giovani, stanno perdendo la vita per offrire speranza al loro Paese. Anch’io mi inginocchio sulle strade del Myanmar e dico: cessi la violenza! Anch’io stendo le mie braccia e dico: prevalga il dialogo! Il sangue non risolve niente. Prevalga il dialogo.

* * *

Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua italiana. Dopo domani celebreremo la Solennità di San Giuseppe. Mi è particolarmente gradito indicarvi l’esempio di questo grande Santo ed affidare a Lui la vostra esistenza. Siate saggi come Lui, pronti a comprendere e mettere in pratica il Vangelo.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani e ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Nella vita, nel lavoro, nella famiglia, nei momenti di gioia e di dolore San Giuseppe ha costantemente cercato e amato il Signore, meritando l’elogio della Scrittura come uomo giusto e saggio. Invocatelo sempre, specialmente nei momenti difficili che potrete incontrare. A tutti la mia benedizione!





UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 24 marzo 2021

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Catechesi sulla preghiera - 27. Pregare in comunione con Maria

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi la catechesi è dedicata alla preghiera in comunione con Maria, e ricorre proprio alla vigilia della solennità dell’Annunciazione. Sappiamo che la via maestra della preghiera cristiana è l’umanità di Gesù. Infatti, la confidenza tipica dell’orazione cristiana sarebbe priva di significato se il Verbo non si fosse incarnato, donandoci nello Spirito la sua relazione filiale con il Padre. Abbiamo sentito, nella lettura, di quel raduno dei discepoli, le pie donne e Maria, pregando, dopo l’Assunzione di Gesù: è la prima comunità cristiana che aspettava il dono di Gesù, la promessa di Gesù.

Cristo è il Mediatore, il ponte che attraversiamo per rivolgerci al Padre (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 2674). È l’unico Redentore: non ci sono co-redentori con Cristo. È il Mediatore per eccellenza, è il Mediatore. Ogni preghiera che eleviamo a Dio è per Cristo, con Cristo e in Cristo e si realizza grazie alla sua intercessione. Lo Spirito Santo estende la mediazione di Cristo ad ogni tempo e ogni luogo: non c’è altro nome nel quale possiamo essere salvati (cfr At 4,12). Gesù Cristo: l’unico Mediatore tra Dio e gli uomini.

Dall’unica mediazione di Cristo prendono senso e valore gli altri riferimenti che il cristiano trova per la sua preghiera e la sua devozione, primo tra tutti quello alla Vergine Maria, la Madre di Gesù.

Ella occupa nella vita e, quindi, anche nella preghiera del cristiano un posto privilegiato, perché è la Madre di Gesù. Le Chiese d’Oriente l’hanno spesso raffigurata come l’Odigitria, colei che “indica la via”, cioè il Figlio Gesù Cristo. Mi viene in mente quel bel dipinto antico dell’Odigitria nella cattedrale di Bari, semplice: la Madonna che mostra Gesù, nudo. Poi gli hanno messo la camicia per coprire quella nudità, ma la verità è che Gesù è ritratto nudo, ad indicare che lui, uomo nato da Maria, è il Mediatore. E lei segnala il Mediatore: lei è la Odigitria. Nell’iconografia cristiana la sua presenza è ovunque, a volte anche in grande risalto, ma sempre in relazione al Figlio e in funzione di Lui. Le sue mani, i suoi occhi, il suo atteggiamento sono un “catechismo” vivente e sempre segnalano il cardine, il centro: Gesù. Maria è totalmente rivolta a Lui (cfr CCC, 2674). A tal punto, che possiamo dire che è più discepola che Madre. Quella segnalazione, alle nozze di Cana: Maria dice “Fate quello che Lui vi dirà”. Sempre segnala Cristo; ne è la prima discepola.

Questo è il ruolo che Maria ha occupato per tutta la sua vita terrena e che conserva per sempre: essere l’umile ancella del Signore, niente di più. A un certo punto, nei Vangeli, ella sembra quasi scomparire; ma ritorna nei momenti cruciali, come a Cana, quando il Figlio, grazie al suo intervento premuroso, fece il primo “segno” (cfr Gv 2,1-12), e poi sul Golgota, ai piedi della croce.

Gesù ha esteso la maternità di Maria a tutta la Chiesa quando le ha affidato il discepolo amato, poco prima di morire in croce. Da quel momento, noi siamo collocati tutti sotto il suo manto, come si vede in certi affreschi o quadri medievali. Anche la prima antifona latina – Sub tuum praesidium confugimus, sancta Dei Genitrix: la Madonna che, come Madre alla quale Gesù ci ha affidati, avvolge tutti noi; ma come Madre, non come dea, non come corredentrice: come Madre. È vero che la pietà cristiana sempre le dà dei titoli belli, come un figlio alla mamma: quante cose belle dice un figlio alla mamma alla quale vuole bene! Ma stiamo attenti: le cose belle che la Chiesa e i Santi dicono di Maria nulla tolgono all’unicità redentrice di Cristo. Lui è l’unico Redentore. Sono espressioni d’amore come un figlio alla mamma – alcune volte esagerate. Ma l’amore, noi sappiamo, sempre ci fa fare cose esagerate, ma con amore.

E così abbiamo cominciato a pregarla con alcune espressioni a lei dirette, presenti nei Vangeli: “piena di grazia”, “benedetta fra le donne” (cfr CCC, 2676s.). Nella preghiera dell’Ave Maria sarebbe presto approdato anche il titolo “Theotokos”, “Madre di Dio”, sancito dal Concilio di Efeso. E, analogamente a come avviene nel Padre Nostro, dopo la lode aggiungiamo la supplica: chiediamo alla Madre di pregare per noi peccatori, perché interceda con la sua tenerezza, “adesso e nell’ora della nostra morte”. Adesso, nelle concrete situazioni della vita, e nel momento finale, perché ci accompagni – come Madre, come prima discepola – nel passaggio alla vita eterna.

Maria è sempre presente al capezzale dei suoi figli che partono da questo mondo. Se qualcuno si ritrova solo e abbandonato, ella è Madre, è lì vicino, come era accanto al suo Figlio quando tutti l’avevano abbandonato.

Maria è stata ed è presente nei giorni di pandemia, vicino alle persone che purtroppo hanno concluso il loro cammino terreno in una condizione di isolamento, senza il conforto della vicinanza dei loro cari. Maria è sempre lì, accanto a noi, con la sua tenerezza materna.

Le preghiere rivolte a lei non sono vane. Donna del “sì”, che ha accolto con prontezza l’invito dell’Angelo, risponde pure alle nostre suppliche, ascolta le nostre voci, anche quelle che rimangono chiuse nel cuore, che non hanno la forza di uscire ma che Dio conosce meglio di noi stessi. Le ascolta come Madre. Come e più di ogni buona madre, Maria ci difende nei pericoli, si preoccupa per noi, anche quando noi siamo presi dalle nostre cose e perdiamo il senso del cammino, e mettiamo in pericolo non solo la nostra salute ma la nostra salvezza. Maria è lì, a pregare per noi, a pregare per chi non prega. A pregare con noi. Perché? Perché lei è la nostra Madre.


 

 

APPELLI

Ho appreso con dolore la notizia dei recenti attacchi terroristici in Niger, che hanno provocato la morte di 137 persone. Preghiamo per le vittime, per le loro famiglie e per l’intera popolazione, affinché la violenza subita non faccia smarrire la fiducia nel cammino della democrazia, della giustizia e della pace.

In questi giorni, grandi inondazioni hanno causato gravi danni nello Stato del Nuovo Galles del Sud, in Australia. Sono vicino alle persone e alle famiglie colpite ancora da questa calamità, specialmente a quanti hanno visto distrutte le loro case, e incoraggio coloro che si stanno prodigando per cercare i dispersi e portare soccorso.

Oggi è la Giornata Mondiale per la lotta contro la Tubercolosi. Possa questa ricorrenza favorire un rinnovato impulso nella cura di tale malattia e una accresciuta solidarietà nei confronti di quanti ne soffrono. Su di loro e sulle loro famiglie invoco il conforto del Signore.


Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua italiana. Vi incoraggio ad essere sempre fervorosi e generosi nella vita cristiana, specialmente nella testimonianza della carità verso gli ultimi.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Domani si celebra la solennità dell’Annunciazione del Signore, nella quale ricorderemo la Vergine che accoglie con il suo Sì il disegno salvifico dell’Altissimo. Siate anche voi sempre così disponibili e docili alla volontà di Dio! Amate e pregate Maria Santissima, affinché illumini e conforti la vostra vita.

A tutti la mia benedizione!


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UDIENZA GENERALE

Biblioteca del Palazzo Apostolico
Mercoledì, 7 aprile 2021

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Catechesi sulla preghiera - 28. Pregare in comunione con i santi

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi vorrei soffermarmi sul legame tra la preghiera e la comunione dei santi. In effetti, quando preghiamo, non lo facciamo mai da soli: anche se non ci pensiamo, siamo immersi in un fiume maestoso di invocazioni che ci precede e che prosegue dopo di noi.

Nelle preghiere che troviamo nella Bibbia, e che spesso risuonano nella liturgia, c’è la traccia di antiche storie, di prodigiose liberazioni, di deportazioni e tristi esili, di commossi ritorni, di lodi sgorgate davanti alle meraviglie del creato... E così queste voci si tramandano di generazione in generazione, in un continuo intreccio tra l’esperienza personale e quella del popolo e dell’umanità a cui apparteniamo. Nessuno può staccarsi dalla propria storia, dalla storia del proprio popolo, sempre nelle abitudini portiamo questa eredità e anche nella preghiera. Nella preghiera di lode, specialmente in quella che sboccia nel cuore dei piccoli e degli umili, riecheggia qualcosa del canto del Magnificat che Maria innalzò a Dio davanti alla sua parente Elisabetta; o dell’esclamazione del vecchio Simeone che, prendendo in braccio il Bambino Gesù, disse così: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola» (Lc 2,29).

Le preghiere – quelle buone – sono “diffusive”, si propagano in continuazione, con o senza messaggi sui “social”: dalle corsie di ospedale, dai momenti di ritrovo festoso come da quelli in cui si soffre in silenzio… Il dolore di ciascuno è il dolore di tutti, e la felicità di qualcuno si travasa nell’animo di altri. Il dolore e la felicità, fanno parte dell’unica storia: sono storie che si fanno storia nella propria vita. Si rivive la storia con le proprie parole, ma l’esperienza è la stessa.

Le preghiere rinascono sempre: ogni volta che congiungiamo le mani e apriamo il cuore a Dio, ci ritroviamo in una compagnia di santi anonimi e di santi riconosciuti che con noi pregano, e che per noi intercedono, come fratelli e sorelle maggiori transitati per la nostra stessa avventura umana. Nella Chiesa non c’è un lutto che resti solitario, non c’è lacrima che sia versata nell’oblio, perché tutto respira e partecipa di una grazia comune. Non è un caso che nelle antiche chiese le sepolture fossero proprio nel giardino intorno all’edificio sacro, come a dire che ad ogni Eucaristia partecipa in qualche modo la schiera di chi ci ha preceduto. Ci sono i nostri genitori e i nostri nonni, ci sono i padrini e le madrine, ci sono i catechisti e gli altri educatori… Quella fede tramandata, trasmessa, che noi abbiamo ricevuto: con la fede è stato trasmesso anche il modo di pregare, la preghiera.

I santi sono ancora qui, non lontani da noi; e le loro raffigurazioni nelle chiese evocano quella “nube di testimoni” che sempre ci circonda (cfr Eb 12,1). Abbiamo sentito all’inizio la lettura del brano della Lettera agli Ebrei. Sono testimoni che non adoriamo – beninteso, non adoriamo questi santi –, ma che veneriamo e che in mille modi diversi ci rimandano a Gesù Cristo, unico Signore e Mediatore tra Dio e l’uomo. Un Santo che non ti rimanda a Gesù Cristo non è un santo, neppure cristiano. Il Santo ti fa ricordare Gesù Cristo perché ha percorso il cammino della vita come cristiano. I Santi ci ricordano che anche nella nostra vita, pur debole e segnata dal peccato, può sbocciare la santità. Nei Vangeli leggiamo che il primo santo “canonizzato” è stato un ladro e “canonizzato” non da un Papa, ma dallo stesso Gesù. La santità è un percorso di vita, di incontro con Gesù, sia lungo sia breve, sia in un istante, ma sempre è una testimonianza. Un Santo è la testimonianza di un uomo o una donna che ha incontrato Gesù e che ha seguito Gesù. Non è mai troppo tardi per convertirsi al Signore, che è buono e grande nell’amore (cfr Sal 102,8).

Il Catechismo spiega che i santi «contemplano Dio, lo lodano e non cessano di prendersi cura di coloro che hanno lasciato sulla terra. […] La loro intercessione è il più alto servizio che rendono al disegno di Dio. Possiamo e dobbiamo pregarli di intercedere per noi e per il mondo intero» (CCC, 2683). In Cristo c’è una misteriosa solidarietà tra quanti sono passati all’altra vita e noi pellegrini in questa: i nostri cari defunti, dal Cielo continuano a prendersi cura di noi. Loro pregano per noi e noi preghiamo per loro, e noi preghiamo con loro.

Questo legame di preghiera fra noi e i Santi, cioè fra noi e la gente che è arrivata alla pienezza della vita, questo legame di preghiera lo sperimentiamo già qui, nella vita terrena: preghiamo gli uni per gli altri, domandiamo e offriamo preghiere... Il primo modo di pregare per qualcuno è parlare a Dio di lui o di lei. Se facciamo questo frequentemente, ogni giorno, il nostro cuore non si chiude, rimane aperto ai fratelli. Pregare per gli altri è il primo modo di amarli e ci spinge alla vicinanza concreta. Anche nei momenti di conflitti, un modo di sciogliere il conflitto, di ammorbidirlo, è pregare per la persona con la quale io sono in conflitto. E qualcosa cambia con la preghiera. La prima cosa che cambia è il mio cuore, è il mio atteggiamento. Il Signore lo cambia per rendere possibile un incontro, un nuovo incontro ed evitare che il conflitto divenga una guerra senza fine.

Il primo modo per affrontare un tempo di angustia è quello di chiedere ai fratelli, ai santi soprattutto, che preghino per noi. Il nome che ci è stato dato nel Battesimo non è un’etichetta o una decorazione! È di solito il nome della Vergine, di un Santo o di una Santa, i quali non aspettano altro che di “darci una mano” nella vita, di darci una mano per ottenere da Dio le grazie di cui abbiamo più bisogno. Se nella nostra vita le prove non hanno superato il colmo, se ancora siamo capaci di perseveranza, se malgrado tutto andiamo avanti con fiducia, forse tutto questo, più che ai nostri meriti, lo dobbiamo all’intercessione di tanti santi, alcuni in Cielo, altri pellegrini come noi sulla terra, che ci hanno protetto e accompagnato perché tutti sappiamo che qui sulla terra c’è gente santa, uomini e donne santi che vivono in santità. Loro non lo sanno, neppure noi lo sappiamo, ma ci sono dei santi, dei santi di tutti i giorni, dei santi nascosti o come mi piace dire i “santi della porta accanto”, quelli che convivono nella vita con noi, che lavorano con noi, e conducono una vita di santità.

Sia dunque benedetto Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo, insieme a questa immensa fioritura di santi e sante, che popolano la terra e che hanno fatto della propria vita una lode a Dio. Perché – come affermava San Basilio – «per lo Spirito il santo è una dimora particolarmente adatta, poiché si offre ad abitare con Dio ed è chiamato suo tempio» (Liber de Spiritu Sancto, 26, 62: PG 32, 184A; cfr CCC, 2684).

 

* * *

Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli di lingua italiana. Il messaggio che scaturisce dalla Risurrezione di Cristo, sia per voi un impegno di testimonianza: riconoscete che nell’evento di Cristo risorto è annunciata la più profonda verità sull’uomo.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La gioia e la pace, doni del Risorto, siano per ciascuno di voi motivo di consolazione e di sicura speranza.

A tutti la mia benedizione!


[Modificato da Caterina63 08/04/2021 23:42]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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