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Udienza Generale del Mercoledì Anno 2021

Ultimo Aggiornamento: 20/12/2021 18:32
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26/09/2021 10:31
 
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UDIENZA GENERALE


Mercoledì, 22 settembre 2021


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Catechesi: Il Viaggio apostolico a Budapest e in Slovacchia


Fratelli e sorelle, buongiorno!


Oggi vorrei parlarvi del Viaggio Apostolico che ho compiuto a Budapest e in Slovacchia, e che si è concluso proprio una settimana fa, mercoledì scorso. Lo riassumerei così: è stato un pellegrinaggio di preghiera, un pellegrinaggio alle radici, un pellegrinaggio di speranza. Preghiera, radici e speranza.


1. La prima tappa è stata a Budapest, per la Santa Messa conclusiva del Congresso Eucaristico Internazionale, rinviata di un anno esatto a causa della pandemia. Grande è stata la partecipazione a questa celebrazione. Il popolo santo di Dio, nel giorno del Signore, si è riunito davanti al mistero dell’Eucaristia, dal quale continuamente è generato e rigenerato. Era abbracciato dalla Croce che campeggiava sopra l’altare, a mostrare la stessa direzione indicata dall’Eucaristia, cioè la via dell’amore umile e disinteressato, dell’amore generoso e rispettoso verso tutti, della via della fede che purifica dalla mondanità e conduce all’essenzialità. Questa fede ci purifica sempre e ci allontana dalla mondanità che ci rovina tutti: è un tarlo che ci rovina da dentro.


E il pellegrinaggio di preghiera si è concluso in Slovacchia nella Festa di Maria Addolorata. Anche là, a Šaštín, presso il Santuario della Vergine dei Sette Dolori, un grande popolo di figli è accorso per la festa della Madre, che è anche la festa religiosa nazionale. Il mio è stato così un pellegrinaggio di preghiera nel cuore dell’Europa, cominciato con l’adorazione e concluso con la pietà popolare. Pregare, perché a questo è chiamato anzitutto il Popolo di Dio: adorare, pregare, camminare, peregrinare, fare penitenza, e in tutto questo sentire la pace e la gioia che ci dà il Signore. La nostra vita dev’essere così: adorare, pregare, camminare, peregrinare, fare penitenza. E ciò ha una particolare importanza nel continente europeo, dove la presenza di Dio viene annacquata – lo vediamo tutti i giorni: la presenza di Dio viene annacquata - dal consumismo e dai “vapori” di un pensiero unico – una cosa strana ma reale – frutto del miscuglio di vecchie e nuove ideologie. E questo ci allontana dalla familiarità con il Signore, dalla familiarità con Dio. Anche in tale contesto, la risposta che risana viene dalla preghiera, dalla testimonianza e dall’amore umile. L’amore umile che serve. Riprendiamo questa idea: il cristiano è per servire.


È quello che ho visto nell’incontro con il popolo santo di Dio. Cosa ho visto? Un popolo fedele, che ha sofferto la persecuzione ateista. L’ho visto anche nei volti dei nostri fratelli e sorelle ebrei, con i quali abbiamo ricordato la Shoah. Perché non c’è preghiera senza memoria. Non c’è preghiera senza memoria. Cosa vuol dire, questo? Che noi, quando preghiamo, dobbiamo fare memoria della nostra vita, della vita del nostro popolo, della vita di tanta gente che ci accompagna nella città, tenendo conto di qual è stata la loro storia. Uno dei Vescovi slovacchi, già anziano, nel salutarmi mi ha detto: “Io ho fatto il conduttore di tram per nascondermi dai comunisti”. È bravo, questo Vescovo: nella dittatura, nella persecuzione lui era un conduttore di tram, poi di nascosto faceva il suo “mestiere” di Vescovo e nessuno lo sapeva. Così è nella persecuzione. Non c’è preghiera senza memoria. La preghiera, la memoria della propria vita, della vita del proprio popolo, della propria storia: fare memoria e ricordare. Questo fa bene e aiuta a pregare.


2. Secondo aspetto: questo viaggio è stato un pellegrinaggio alle radiciIncontrando i fratelli Vescovi, sia a Budapest sia a Bratislava, ho potuto toccare con mano il ricordo grato di queste radici di fede e di vita cristiana, vivide nell’esempio luminoso di testimoni della fede, come il Cardinal Mindszenty e il Cardinal Korec, come il Beato Vescovo Pavel Peter Gojdič. Radici che scendono in profondità fino al nono secolo, fino all’opera evangelizzatrice dei santi fratelli Cirillo e Metodio, che hanno accompagnato questo viaggio come una presenza costante. Ho percepito la forza di queste radici nella celebrazione della Divina Liturgia in rito bizantino, a Prešov, nella festa della Santa Croce. Nei canti ho sentito vibrare il cuore del santo popolo fedele, forgiato da tante sofferenze patite per la fede.


Più volte ho insistito sul fatto che queste radici sono sempre vive, piene della linfa vitale che è lo Spirito Santo, e che come tali devono essere custodite: non come reperti da museo, non ideologizzate e strumentalizzate per interessi di prestigio e di potere, per consolidare un’identità chiusa. No. Questo vorrebbe dire tradirle e sterilizzarle! Cirillo e Metodio non sono per noi personaggi da commemorare, ma modelli da imitare, maestri da cui sempre imparare lo spirito e il metodo dell’evangelizzazione, come pure dell’impegno civile – durante questo viaggio nel cuore dell’Europa ho pensato spesso ai padri dell’Unione europea, come l’hanno sognata non come un’agenzia per distribuire le colonizzazioni ideologiche della moda, no, come l’hanno sognata loro –. Così intese e vissute, le radici sono garanzia di futuro: da esse germogliano folti rami di speranza. Anche noi abbiamo radici: ognuno di noi ha le proprie radici. Ricordiamo le nostre radici? Dei padri, dei nonni? E siamo collegati ai nonni che sono un tesoro? “Ma, sono vecchi …”. No, no: loro ti danno la linfa, tu devi andare da loro e prendere per crescere e portare avanti. Noi non diciamo: “Va’, e rifugiati nelle radici”: no, no. “Va’ alle radici, prendi da lì la linfa e vai avanti. Vai al tuo posto”. Non dimenticatevi di questo. E vi ripeto quello che ho detto tante volte, quel verso tanto bello: “Tutto quello che l’albero ha di fiorito gli viene da quello che ha di sotterrato”. Tu puoi crescere nella misura in cui sei unito alle radici: ti viene la forza da lì. Se tu tagli le radici, tutto nuovo, ideologie nuove, non ti porta a nulla questo, non ti fa crescere: finirai male.


3. Il terzo aspetto di questo Viaggio è stato un pellegrinaggio di speranza. Preghiera, radici e speranza, i tre tratti. Ho visto tanta speranza negli occhi dei giovani, nell’indimenticabile incontro allo stadio di Košice. Questo anche mi ha dato speranza, vedere tante, tante coppie giovani e tanti bambini. E ho pensato all’inverno demografico che noi stiamo vivendo, e quei Paesi fioriscono di coppie giovani e di bambini: un segno di speranza. Specialmente in tempo di pandemia, questo momento di festa è stato un segno forte e incoraggiante, anche grazie alla presenza di numerose coppie giovani, coi loro bambini. Come forte e profetica è la testimonianza della Beata Anna Kolesárová, ragazza slovacca che a costo della vita difese la propria dignità contro la violenza: una testimonianza più che mai attuale, purtroppo, perché la violenza sulle donne è una piaga aperta dappertutto.


Ho visto speranza in tante persone che, silenziosamente, si occupano e si preoccupano del prossimo. Penso alle Suore Missionarie della Carità del Centro Betlemme a Bratislava, brave suorine, che ricevono gli scartati della società: pregano e servono, pregano e aiutano. E pregano tanto e aiutano tanto, senza pretese. Sono gli eroi di questa civilizzazione. Io vorrei che tutti noi facessimo una riconoscenza a Madre Teresa e a queste suore: tutti insieme un applauso a queste suore brave! Queste suore accolgono le persone senzatetto. Penso alla comunità Rom e a quanti si impegnano con loro per un cammino di fraternità e di inclusione. È stato commovente condividere la festa della comunità Rom: una festa semplice, che sapeva di Vangelo. I Rom sono dei fratelli nostri: dobbiamo accoglierli, dobbiamo essere vicini come fanno i Padri salesiani lì a Bratislava, vicinissimi ai Rom.


Cari fratelli e sorelle, questa speranza, questa speranza di Vangelo che ho potuto vedere nel viaggio, si realizza, si fa concreta solo se declinata con un’altra parola: insieme. La speranza mai delude, la speranza non va mai da sola, ma insieme. A Budapest e in Slovacchia ci siamo trovati insieme con i diversi riti della Chiesa Cattolica, insieme con i fratelli di altre Confessioni cristiane, insieme con i fratelli Ebrei, insieme con i credenti di altre religioni, insieme con i più deboli. Questa è la strada, perché il futuro sarà di speranza se sarà insieme, non da soli: questo è importante.


E dopo questo viaggio, nel mio cuore c’è un grande “grazie”. Grazie ai Vescovi, grazie alle Autorità civili, grazie al Presidente dell’Ungheria e alla Presidente della Slovacchia; grazie a tutti i collaboratori nell’organizzazione; grazie ai tanti volontari; grazie a ciascuno di quanti hanno pregato. Per favore, aggiungete ancora una preghiera, perché i semi sparsi durante il Viaggio portino buoni frutti. Preghiamo per questo.


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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli di Torrita di Siena con il Vescovo Mons. Stefano Manetti; le Suore di Sant’Anna che celebrano il loro Capitolo generale; i migranti ospiti del Centro Mondo Migliore, di Rocca di Papa. A ciascuno il mio incoraggiamento e l’assicurazione della mia preghiera. E’ anche bella quella scritta lì: grazie, grazie tante. E’ molto bello: per un mondo migliore. Avanti!

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, agli ammalati, ai giovani e agli sposi novelli. La festa dell’evangelista San Matteo, che abbiamo celebrato ieri, mi offre lo spunto per invitarvi a mettervi alla scuola del Vangelo, la guida sicura per affrontare il cammino della vita.

A tutti voi la mia Benedizione.





UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 29 settembre 2021

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Catechesi sulla Lettera ai Galati: 9. La vita nella fede 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel nostro percorso per comprendere meglio l’insegnamento di San Paolo, ci incontriamo oggi con un tema difficile ma importante, quello della giustificazione. Cos’è, la giustificazione? Noi, da peccatori, siamo diventati giusti. Chi ci ha fatto giusti? Questo processo di cambiamento è la giustificazione. Noi, davanti a Dio, siamo giusti. È vero, abbiamo i nostri peccati personali, ma alla base siamo giusti. Questa è la giustificazione. Si è tanto discusso su questo argomento, per trovare l’interpretazione più coerente con il pensiero dell’Apostolo e, come spesso accade, si è giunti anche a contrapporre le posizioni. Nella Lettera ai Galati, come pure in quella ai Romani, Paolo insiste sul fatto che la giustificazione viene dalla fede in Cristo. “Ma, io sono giusto perché compio tutti i comandamenti!”. Sì, ma da lì non ti viene la giustificazione, ti viene prima: qualcuno ti ha giustificato, qualcuno ti ha fatto giusto davanti a Dio. “Sì, ma sono peccatore!”. Sì sei giusto, ma peccatore, ma alla base sei giusto. Chi ti ha fatto giusto? Gesù Cristo. Questa è la giustificazione.

Cosa si nasconde dietro la parola “giustificazione”, che è così decisiva per la fede? Non è facile arrivare a una definizione esaustiva, però nell’insieme del pensiero di San Paolo si può dire semplicemente che la giustificazione è la conseguenza della «misericordia di Dio che offre il perdono» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1990). E questo è il nostro Dio, così tanto buono, misericordioso, paziente, pieno di misericordia, che continuamente dà il perdono, continuamente. Lui perdona, e la giustificazione è Dio che perdona dall’inizio ognuno, in Cristo. La misericordia di Dio che dà il perdono. Dio, infatti, attraverso la morte di Gesù - e questo dobbiamo sottolinearlo: attraverso la morte di Gesù – ha distrutto il peccato e ci ha donato in maniera definitiva il perdono e la salvezza. Così giustificati, i peccatori sono accolti da Dio e riconciliati con Lui. È come un ritorno al rapporto originario tra il Creatore e la creatura, prima che intervenisse la disobbedienza del peccato. La giustificazione che Dio opera, pertanto, ci permette di recuperare l’innocenza perduta con il peccato. Come avviene la giustificazione? Rispondere a questo interrogativo equivale a scoprire un’altra novità dell’insegnamento di San Paolo: che la giustificazione avviene per grazia. Solo per grazia: noi siamo stati giustificati per pura grazia. “Ma io non posso, come fa qualcuno, andare dal giudice e pagare perché mi dia giustizia?”. No, in questo non si può pagare, ha pagato uno per tutti noi: Cristo. E da Cristo che è morto per noi viene quella grazia che il Padre dà a tutti: la giustificazione avviene per grazia.

L’Apostolo ha sempre presente l’esperienza che ha cambiato la sua vita: l’incontro con Gesù risorto sulla via di Damasco. Paolo era stato un uomo fiero, religioso, zelante, convinto che nella scrupolosa osservanza dei precetti consistesse la giustizia. Adesso, però, è stato conquistato da Cristo, e la fede in Lui lo ha trasformato nel profondo, permettendogli di scoprire una verità fino ad allora nascosta: non siamo noi con i nostri sforzi che diventiamo giusti, no: non siamo noi; ma è Cristo con la sua grazia a renderci giusti. Allora Paolo, per avere una piena conoscenza del mistero di Gesù, è disposto a rinunciare a tutto ciò di cui prima era ricco (cfr Fil 3,7), perché ha scoperto che solo la grazia di Dio lo ha salvato. Noi siamo stati giustificati, siamo stati salvati per pura grazia, non per i nostri meriti. E questo ci dà una fiducia grande. Siamo peccatori, sì; ma andiamo sulla strada della vita con questa grazia di Dio che ci giustifica ogni volta che noi chiediamo perdono. Ma non in quel momento, giustifica: siamo già giustificati, ma viene a perdonarci un’altra volta.

La fede ha per l’Apostolo un valore onnicomprensivo. Tocca ogni momento e ogni aspetto della vita del credente: dal battesimo fino alla partenza da questo mondo, tutto è impregnato dalla fede nella morte e risurrezione di Gesù, che dona la salvezza. La giustificazione per fede sottolinea la priorità della grazia, che Dio offre a quanti credono nel Figlio suo senza distinzione alcuna.

Perciò non dobbiamo concludere, comunque, che per Paolo la Legge mosaica non abbia più valore; essa, anzi, resta un dono irrevocabile di Dio, è – scrive l’Apostolo – «santa» (Rm 7,12). Pure per la nostra vita spirituale è essenziale osservare i comandamenti, ma anche in questo non possiamo contare sulle nostre forze: è fondamentale la grazia di Dio che riceviamo in Cristo, quella grazia che ci viene dalla giustificazione che ci ha dato Cristo, che ha già pagato per noi. Da Lui riceviamo quell’amore gratuito che ci permette, a nostra volta, di amare in modo concreto.

In questo contesto, è bene ricordare anche l’insegnamento che proviene dall’apostolo Giacomo, il quale scrive: «L’uomo è giustificato per le opere e non soltanto per la fede – sembrerebbe il contrario, ma non è il contrario –. […] Infatti come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta» (Gc 2,24.26). La giustificazione, se non fiorisce con le nostre opere, sarà lì, sotto terra, come morta. C’è, ma noi dobbiamo attuarla con il nostro operato. Così le parole di Giacomo integrano l’insegnamento di Paolo. Per entrambi, quindi, la risposta della fede esige di essere attivi nell’amore per Dio e nell’amore per il prossimo. Perché “attivi in quell’amore”? Perché quell’amore ci ha salvato tutti, ci ha giustificati gratuitamente, gratis!

La giustificazione ci inserisce nella lunga storia della salvezza, che mostra la giustizia di Dio: di fronte alle nostre continue cadute e alle nostre insufficienze, Egli non si è rassegnato, ma ha voluto renderci giusti e lo ha fatto per grazia, attraverso il dono di Gesù Cristo, della sua morte e risurrezione. Alcune volte ho detto com’è il modo di agire di Dio, qual è lo stile di Dio, e l’ho detto con tre parole: lo stile di Dio è vicinanza, compassione e tenerezza. Sempre è vicino a noi, è compassionevole e tenero. E la giustificazione è proprio la vicinanza più grande di Dio con noi, uomini e donne, la compassione più grande di Dio verso di noi, uomini e donne, la tenerezza più grande del Padre. La giustificazione è questo dono di Cristo, della morte e risurrezione di Cristo che ci fa liberi. “Ma, Padre, io sono peccatore, ho rubato…”. Sì, ma alla base sei un giusto. Lascia che Cristo attui quella giustificazione. Noi non siamo condannati, alla base, no: siamo giusti. Permettetemi la parola: siamo santi, alla base. Ma poi, con il nostro operato diventiamo peccatori. Ma, alla base, si è santi: lasciamo che la grazia di Cristo venga su e quella giustizia, quella giustificazione ci dia la forza di andare avanti. Così, la luce della fede ci permette di riconoscere quanto sia infinita la misericordia di Dio, la grazia che opera per il nostro bene. Ma la stessa luce ci fa anche vedere la responsabilità che ci è affidata per collaborare con Dio nella sua opera di salvezza. La forza della grazia ha bisogno di coniugarsi con le nostre opere di misericordia, che siamo chiamati a vivere per testimoniare quanto è grande l’amore di Dio. Andiamo avanti con questa fiducia: tutti siamo stati giustificati, siamo giusti in Cristo. Dobbiamo attuare questa giustizia con il nostro operato.

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Apostole del Sacro Cuore e l’Arciconfraternita dell’Addolorata di Casolla. Esorto ciascuno a saper riconoscere e seguire la voce del Maestro interiore, che parla nel segreto della coscienza.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, agli ammalati, ai giovani e agli sposi novelli, che oggi sono tanti. L’odierna festa degli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele, insieme con quella imminente dei santi Angeli Custodi, costituisce un invito ad essere sempre attenti ai disegni divini ed alla loro manifestazione. Non esitate a percorrere con fiducia le vie che la divina Provvidenza ogni giorno vi indica. E anche non dimentichiamo la prossima festa di Santa Teresa di Gesù Bambino: lei, con la sua semplicità, con la sua strada breve, quella piccola strada, ci aiuti ad andare avanti nella via della santità e ci benedica.

A tutti la mia benedizione.



UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 6 ottobre 2021

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Catechesi sulla Lettera ai Galati: 10. Cristo ci ha liberati

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Riprendiamo oggi la nostra riflessione sulla Lettera ai Galati. In essa, San Paolo ha scritto parole immortali sulla libertà cristiana. Cosa è la libertà cristiana? Oggi ci soffermeremo su questo tema: la libertà cristiana.

La libertà è un tesoro che si apprezza realmente solo quando la si perde. Per molti di noi, abituati a vivere nella libertà, spesso appare più come un diritto acquisito che come un dono e un’eredità da custodire. Quanti fraintendimenti intorno al tema della libertà, e quante visioni differenti si sono scontrate nel corso dei secoli!

Nel caso dei Galati, l’Apostolo non poteva sopportare che quei cristiani, dopo avere conosciuto e accolto la verità di Cristo, si lasciassero attirare da proposte ingannevoli, passando dalla libertà alle schiavitù: dalla presenza liberante di Gesù alla schiavitù del peccato, del legalismo e così via. Anche oggi il legalismo è un problema nostro, di tanti cristiani che si rifugiano nel legalismo, nella casistica. Paolo invita quindi i cristiani a rimanere saldi nella libertà che hanno ricevuto col battesimo, senza lasciarsi mettere di nuovo sotto il «giogo della schiavitù» (Gal 5,1). Egli è giustamente geloso della libertà. È consapevole che alcuni «falsi fratelli» - così li chiama – si sono insinuati nella comunità per «spiare – così scrive –la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesù, allo scopo di renderci schiavi» (Gal 2,4), tornare indietro, e Paolo questo non può tollerarlo. Una predicazione che dovesse precludere la libertà in Cristo non sarebbe mai evangelica: sarebbe forse pelagiana o giansenista o cosa del genere, ma non evangelica. Non si può mai forzare nel nome di Gesù, non si può rendere nessuno schiavo in nome di Gesù che ci rende liberi. La libertà è un dono che ci è dato nel battesimo.

Ma l’insegnamento di San Paolo sulla libertà è soprattutto positivo. L’Apostolo propone l’insegnamento di Gesù, che troviamo anche nel Vangelo di Giovanni: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (8,31-32). Il richiamo, dunque, è anzitutto quello di rimanere in Gesù, fonte della verità che ci fa liberi. La libertà cristiana, quindi, si fonda su due pilastri fondamentali: primo, la grazia del Signore Gesù; secondo, la verità che Cristo ci svela e che è Lui stesso.

Anzitutto è dono del Signore. La libertà che i Galati hanno ricevuto – e noi come loro con il battesimo – è frutto della morte e risurrezione di Gesù. L’Apostolo concentra tutta la sua predicazione su Cristo, che lo ha liberato dai legami con la sua vita passata: solo da Lui scaturiscono i frutti della vita nuova secondo lo Spirito. Infatti, la libertà più vera, quella dalla schiavitù del peccato, è scaturita dalla Croce di Cristo. Siamo liberi dalla schiavitù del peccato per la croce di Cristo. Proprio lì dove Gesù si è lasciato inchiodare, si è fatto schiavo, Dio ha posto la sorgente della liberazione dell’uomo. Questo non cessa di stupirci: che il luogo dove siamo spogliati di ogni libertà, cioè la morte, possa diventare fonte della libertà. Ma questo è il mistero dell’amore di Dio: non lo si capisce facilmente, lo si vive. Gesù stesso lo aveva annunciato quando disse: «Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo» (Gv 10,17-18). Gesù attua la sua piena libertà nel consegnarsi alla morte; Egli sa che solo in questo modo può ottenere la vita per tutti.

Paolo, lo sappiamo, aveva sperimentato in prima persona questo mistero d’amore. Per questo dice ai Galati, con un’espressione estremamente audace: «Sono stato crocifisso con Cristo» (Gal 2,19). In quell’atto di suprema unione con il Signore egli sa di avere ricevuto il dono più grande della sua vita: la libertà. Sulla Croce, infatti, ha inchiodato «la carne con le sue passioni e i suoi desideri» (5,24). Comprendiamo quanta fede animava l’Apostolo, quanto grande fosse la sua intimità con Gesù e mentre, da un lato, sentiamo che a noi questo manca, dall’altro, la testimonianza dell’Apostolo ci incoraggia ad andare avanti in questa vita libera. Il cristiano è libero, deve essere libero ed è chiamato a non tornare a essere schiavo di precetti, di cose strane.

Il secondo pilastro della libertà è la verità. Anche in questo caso è necessario ricordare che la verità della fede non è una teoria astratta, ma la realtà di Cristo vivo, che tocca direttamente il senso quotidiano e complessivo della vita personale. Quanta gente che non ha studiato, neppure sa leggere e scrivere ma ha capito bene il messaggio di Cristo, ha questa saggezza che li fa liberi. È la saggezza di Cristo che è entrata tramite lo Spirito Santo con il battesimo. Quanta gente troviamo che vive la vita di Cristo più dei grandi teologi per esempio, offrendo una testimonianza grande della libertà del Vangelo. La libertà rende liberi nella misura in cui trasforma la vita di una persona e la orienta verso il bene. Per essere davvero liberi abbiamo bisogno non solo di conoscere noi stessi, a livello psicologico, ma soprattutto di fare verità in noi stessi, a un livello più profondo. E lì, nel cuore, aprirci alla grazia di Cristo. La verità ci deve inquietare – torniamo a questa parola tanto cristiana: l’inquietudine. Noi sappiamo che ci sono cristiani che mai si inquietano: vivono sempre uguali, non c’è movimento nel loro cuore, manca l’inquietudine. Perché? Perché l’inquietudine è il segnale che sta lavorando lo Spirito Santo dentro di noi e la libertà è una libertà attiva, suscitata dalla grazia dello Spirito Santo. Per questo dico che la libertà ci deve inquietare, ci deve porre continuamente delle domande, affinché possiamo andare sempre più al fondo di ciò che realmente siamo. Scopriamo in questo modo che quello della verità e della libertà è un cammino faticoso che dura tutta la vita. È faticoso rimanere libero, è faticoso; ma non è impossibile. Coraggio, andiamo avanti su questo, ci farà bene. È un cammino in cui ci guida e ci sostiene l’Amore che viene dalla Croce: l’Amore che ci rivela la verità e ci dona la libertà. E questo è il cammino della felicità. La libertà ci fa liberi, ci fa gioiosi, ci fa felici.

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APPELLO

Sorelle e fratelli,

Ieri la Conferenza episcopale e la Conferenza dei religiosi e delle religiose francesi hanno ricevuto il rapporto della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa, incaricata di valutare l’ampiezza del fenomeno delle aggressioni e delle violenze sessuali compiute sui minori dal 1950 in poi. Ne risultano, purtroppo, numeri considerevoli. Desidero esprimere alle vittime la mia tristezza e il mio dolore per i traumi che hanno subito e la mia vergogna, la nostra vergogna, la mia vergogna, per la troppo lunga incapacità della Chiesa di metterle al centro delle sue preoccupazioni, assicurando loro la mia preghiera. E prego e preghiamo insieme tutti: “A te Signore la gloria, a noi la vergogna”: questo è il momento della vergogna. Incoraggio i vescovi e voi, cari fratelli che siete venuti qui a condividere questo momento, incoraggio i vescovi e i superiori religiosi a continuare a compiere tutti gli sforzi affinché drammi simili non si ripetano. Esprimo ai sacerdoti di Francia vicinanza e paterno sostegno davanti a questa prova, che è dura ma è salutare, e invito i cattolici francesi ad assumere le loro responsabilità per garantire che la Chiesa sia una casa sicura per tutti. Grazie.

Rivolgo il mio affettuoso benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli delle parrocchie della Madonna dell’Olmo, in Olmobello di Cisterna di Latina, e di Sant’Anna, in Foggia, il secondo Reggimento Aviazione dell’Esercito “Sirio”, da Lamezia Terme, e la Rappresentanza di dipendenti Atac, Cotral, Ferrovie dello Stato, Ama e Alitalia.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Domani la Chiesa celebrerà la festa della Madonna del Rosario. Vi invito a valorizzare questa preghiera così cara alla tradizione del popolo cristiano.

A tutti la mia Benedizione.







[Modificato da Caterina63 07/10/2021 07:55]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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