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La mistica citta' di Dio di suor Maria d'Agreda (1) (27 messaggi, agg.: 18/02/2021 20:11)
 
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La mistica citta' di Dio di suor Maria d'Agreda (2)

Ultimo Aggiornamento: 03/07/2021 22:37
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14/03/2021 11:21
 
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CAPITOLO 7



La virtù della speranza e il suo esercizio nella vergine nostra Signora.



503. La virtù della fede è seguita dalla speranza, a cui quella viene ordinata. Infatti, se l'altissimo Dio ci infonde la luce della fede, con la quale tutti senza differenza giungiamo alla conoscenza infallibile di lui, dei suoi misteri e delle sue promesse, lo fa affinché noi, conoscendolo come nostro ultimo fine e nostra felicità, e conoscendo inoltre i mezzi per raggiungerlo, ci solleviamo ad un intenso desiderio di conseguirlo. Questo desiderio, al quale segue come effetto l'impegno per arrivare al sommo Bene, si chiama speranza; tale virtù viene data col battesimo alla nostra volontà. Questa deve bramare l'eterna beatitudine come suo ultimo e sublime bene e deve sforzarsi, con l'aiuto della grazia divina, di conseguirla, superando le difficoltà che in questa contesa si presentano.

504. Quanto sia eccellente la virtù della speranza si conosce dal fatto che essa ha per oggetto Dio come ultimo e sommo nostro bene, benché lo contempli e lo cerchi come cosa lontana, anche se possibile da acquisire per mezzo dei meriti di Cristo e delle opere compiute da colui che spera. Gli atti di questa virtù si regolano con la luce della fede divina e della prudenza, con cui applichiamo a noi stessi le promesse infallibili del Signore. Con questa regola opera la speranza infusa, mantenendosi nel mezzo ragionevole tra gli estremi dei vizi contrari, cioè tra la disperazione e la presunzione, affinché l'uomo non presuma vanamente di conseguire la gloria eterna con le sue forze o senza fare opere per meritarla, né, se vorrà faile, tema o diffidi di conseguifla, come il Signore gli promette e assicura. L'uomo che spera, con prudenza e nella giusta opinione di sé, applica a se stesso questa sicurezza fondata sulla fede, cosicché non viene meno né cade in disperazione.

505. Da qui si conosce che la disperazione può venire dal non credere ciò che la fede ci promette o, in caso che si creda, dal non applicare a se stessi la sicurezza delle promesse divine, giudicando erroneamente impossibile conseguirle. Tra questi due pericoli procede sicura la speranza, che muove a credere che Dio non negherà a me ciò che ha promesso a tutti e, allo stesso tempo, che la promessa fu fatta a condizione che io da parte mia mi impegnassi e la meritassi col favore della grazia divina. Perciò, se Dio fece l'uomo capace di giungere alla sua visione e alla gloria eterna, non era conveniente che arrivasse a tanta felicità per mezzo del cattivo uso delle stesse facoltà con cui lo avrebbe goduto, ossia con i peccati; egli volle che vi giungesse usando queste facoltà in modo adeguato al fine al quale tendere, cioè con il buon uso delle virtù. Con esse l'uomo si dispone ad arrivare a godere il sommo Bene, potendolo subito cercare in questa vita con la conoscenza e con l'amore divino.

506. La virtù della speranza ebbe in Maria santissima il sommo grado di perfezione possibile anche negli effetti e nelle condizioni; il desiderio e lo sforzo di conseguire la

visione di Dio fu in lei maggiore che in tutte le creature. Sua Altezza non ebbe solamente la fede infusa nelle promesse del Signore, alla quale, essendo la maggiore, corrispondeva in proporzione la maggiore speranza; ebbe anche la visione beatifica, nella quale per esperienza conobbe l'infinità, verità e fedeltà dell'Altissimo. Sebbene non usasse della speranza mentre godeva della visione e del possesso della Divinità, in sua assenza, quando ritornava allo stato ordinario, la memoria del sommo Bene, l'aiutava a sperarlo e a desiderarlo con maggior forza e intensità. Questo desiderio era come una nuova e singolare speranza, propria della Regina delle virtù.

507. La speranza di Maria santissima ebbe anche un'altra causa per superare quella di tutti i fedeli, perché il premio di questa sovrana Regina, che è il principale oggetto della speranza, fu superiore a quello di tutti gli angeli e i santi. Per questo, proporzionatamente alla conoscenza che l'Altissimo le diede di tanta gloria, ella ebbe la somma speranza e il sommo desiderio di conseguirla. Affinché poi arrivasse al grado più sublime di questa virtù, sperando degnamente tutto ciò che il braccio onnipotente di Dio voleva operare in lei, fu prevenuta con la luce della fede suprema, con aiuti e doni adeguati e con una speciale mozione dello Spirito Santo. Ciò che diciamo della somma speranza che ella ebbe riguardo all'oggetto principale di questa virtù, si deve intendere anche riguardo agli altri oggetti, detti secondari; infatti, i benefici, i doni e i misteri, che si operarono nella Regina del cielo, furono così grandi che il braccio onnipotente di Dio non poté stendersi oltre. Poiché questa grande Signora doveva divenire capace di accoglierli mediante la fede e la speranza delle promesse divine, era necessario che in lei queste virtù fossero le maggiori possibili in una creatura umana.

508. Come si è già riferito, la Regina del cielo ebbe conoscenza e fede esplicita di tutte le verità rivelate, nonché di tutti i misteri e di tutte le opere dell'Altissimo, e inoltre in lei agli atti della fede corrispondevano quelli della speranza; chi potrà allora conoscere, tranne lo stesso Dio, quanti e quali siano stati gli atti di speranza che emise questa Signora delle virtù, avendo conosciuto tutti i misteri della stessa sua gloria ed eterna felicità, insieme a quelli che in lei e nella Chiesa si dovevano operare per i meriti del suo Figlio santissimo? Soltanto per Maria sua madre, solo per darla a lei, Dio avrebbe formato questa virtù, come anche la fede.

509. Per questa ragione lo Spirito Santo la chiamò madre del bell'amore e della santa speranza, perché come il dare carne al Verbo la rese Madre di Cristo, così lo Spirito Santo la fece madre della speranza per aver concepito e partorito, con il suo concorso e la sua opera speciale, questa virtù per i fedeli della Chiesa. L'essere madre della santa speranza fu conseguente all'essere Madre di Gesù Cristo nostro Signore, poiché conobbe che in suo Figlio ci dava tutta la nostra sicura speranza. Per questi concepimenti e parti, la Regina santissima acquistò una specie di dominio e d'autorità sopra la grazia e le promesse dell'Altissimo, che con la morte di Cristo nostro redentore, figlio di Maria, si dovevano adempiere; perciò tutte queste cose ci furono date da questa Signora, quando, mediante la sua libera volontà, concepì e partorì il Verbo incarnato e con lui tutte le nostre speranze. In questo si adempì legittimamente quello che disse lo sposo nel Cantico dei Cantici: I tuoi germogli sono un giardino; tutto ciò che uscì da questa Madre di grazia fu per noi felicità, paradiso e speranza certa di conseguirlo.

510. La Chiesa aveva in Gesù Cristo un padre celeste e vero, che la generò e fondò e l'arricchì di grazie, di esempi e di insegnamenti, mediante i suoi meriti e le sue sofferenze, come conviene a un tale padre, autore di quest'opera ammirabile; con questa perfezione era perciò opportuno avere anche una madre amorosa e benigna, la quale, con carezze e con materno affetto, allevasse al suo petto i figli e con tenero e dolce nutrimento li alimentasse, quando, essendo ancora piccoli, non potessero sopportare il pane dei robusti e dei forti. Questa dolce madre fu Maria santissima che al tempo della Chiesa primitiva, quando nasceva nei teneri figli la legge di grazia, incominciò a dar loro dolce latte di luce e dottrina, come pietosa madre; fino alla fine del mondo continuerà a farlo con le sue intercessioni a favore dei nuovi figli, generati ogni giorno da Cristo nostro Signore con i meriti del suo sangue e per le preghiere della Madre di misericordia. Per lei nascono; ella li alleva ed alimenta ed è dolce madre, vita e speranza nostra, origine della nostra speranza, esempio da imitare nella speranza di conseguire con la sua intercessione l'eterna felicità, quella che il suo santissimo Figlio ci meritò, nonché gli aiuti che per mezzo di lei ci comunica per poterla raggiungere.



Insegnamento della santa vergine Maria



511. Figlia mia, con la fede e la speranza, come con due forti ali, il mio spirito si sollevava, cercando l'infinito e sommo Bene, fino a riposare nell'unione del suo intimo e perfetto amore. Molte volte godevo della sua visione, della sua intuizione; ma se questo beneficio non era continuo, per lo stato di viatrice, tale invece era in me l'esercizio della fede e della speranza. Esse rimanevano escluse dalla visione, ma subito le ritrovavo nella mia mente, senza alcun ritardo nei metterle in pratica. Quanto poi all'ardente desiderio che esse causavano nel mio spirito di giungere al godimento eterno di Dio, tutto ciò non può essere adeguatamente inteso dall'intelletto umano, che è limitato, ma lo conoscerà in Dio con eterna lode colui che meriterà la sua visione in cielo.

512. E tu, carissima, che già hai ricevuto tanta luce sull'eccellenza di questa virtù e sulle opere che io esercitavo con essa, adoperati per imitarmi incessantemente secondo le forze della grazia divina. Medita continuamente le promesse dell'Altissimo e, con la certezza che ti viene dalla fede, solleva il tuo cuore con ardente desiderio, anelando a conseguirle. Con questa ferma speranza, per i meriti del mio santissimo Figlio, giungerai ad abitare la celeste patria in compagnia di tutti coloro che nella gloria immortale contemplano il volto dell'Altissimo. Se con questo aiuto distacchi il tuo cuore dalle cose terrene, fissando tutta la tua mente nel bene immutabile a cui aneli, tutto ciò che è visibile ti diventerà pesante e molesto, lo giudicherai vile e disprezzabile e nient'altro bramerai fuorché l'amabilissimo oggetto dei tuoi desideri. Nell'anima mia questo ardore della speranza fu quello che conveniva a chi con la fede lo aveva creduto e con l'esperienza l'aveva gustato: ardore che nessuna parola può spiegare.

513. Inoltre, considera e piangi con intimo dolore l'infelicità di tante anime le quali, essendo immagini di Dio e capaci della sua gloria, per le loro colpe restano prive della speranza vera di goderlo. Se i figli della santa Chiesa facessero sosta nei loro vani pensieri e si trattenessero un po' a valutare il beneficio concesso loro da Dio, che con il dono della fede e della speranza li ha separati, senza loro merito, dalle tenebre, senza dubbio avrebbero vergogna della loro ingrata dimenticanza. Ma non s'inganmno, perché li aspettano maggiori e più terribili tormenti. Pensino che a Dio ed ai santi sono tanto più ripugnanti quanto maggiore è il loro disprezzo del sangue di Cristo, in virtù del quale vennero loro fatti questi benefici. E come se tali verità fossero favole, questi ingrati disprezzano il frutto della verità senza trattenersi un solo giorno -, e molti neanche un'ora sola - a considerare i loro obblighi e il pericolo che li sovrasta. Piangi, anima, questo danno e secondo le tue forze impegnati e domanda a mio Figlio il rimedio; credi che qualunque sollecitudine e sforzo metterai nel fare questo, ti sarà premiato da sua Maestà.

CAPITOLO 8



La virtù della carità di Maria santissima nostra signora.



514. La virtù sovraeccellentissima della carità è la signora, la regina, la madre, l'anima, la vita e la bellezza di tutte le altre virtù. La carità è quella che le governa tutte, le muove e le guida al loro vero ed ultimo fine. Essa le genera nel loro essere perfetto, le sviluppa e conserva, le illumina e adorna, e dà loro vita ed efficacia. E se tutte le altre procurano alla creatura qualche perfezione e ornamento, la carità è quella che origina l'uno e l'altra in esse e che le perfeziona, perché senza la carità sono tutte deformi, oscure, languide, morte e senza profitto, e in esse il dinamismo della vita non è perfetto. La carità è benigna, paziente, mansuetissima, senza emulazione, senza invidia, senza risentimento. Essa di niente si appropria, tutto distribuisce, origina tutti i beni e non acconsente ad alcuno dei mali per quanto dipende da lei, perché è la maggiore partecipazione del vero e sommo Bene. O virtù delle virtù e somma dei tesori del cielo! Tu sola tieni la chiave del paradiso, tu sei l'aurora dell'eterna luce, il sole del giorno dell'eternità, il fuoco che purifica, il vino che inebria dando un nuovo sentimento, il nettare che letifica, la dolcezza che sazia senza fastidio, il talamo in cui riposa l'anima. Sei vincolo così stretto che ci fai uno col medesimo Dio, nella maniera in cui lo sono l'eterno Padre col Figlio ed entrambi con lo Spirito Santo.

515. Per l'incomparabile nobiltà di questa signora delle virtù, cioè della carità, lo stesso Dio e Signore volle - a nostro modo d'intendere - onorare se stesso col nome di lei, chiamandosi egli stesso Amore, come disse san Giovanni. A ben donde la Chiesa cattolica, delle perfezioni divine, attribuisce al Padre l'onnipotenza, al Figlio la sapienza e allo Spirito Santo l'amore, perché il Padre è principio senza principio, il Figlio è generato dal Padre attraverso l'intelletto e lo Spirito Santo da entrambi procede attraverso la volontà. Nondimeno, lo stesso Signore applica a se stesso il nome di carità nella sua pienezza e perfezione senza differenza di Persone, poiché di tutte e tre senza distinzione l'Evangelista disse: Dio è amore. Tale virtù, nel Signore, ha questa peculiarità: è il termine, lo scopo di tutte le operazioni ad intra e ad extra, perché tutte le divine processioni, che sono le attività di Dio dentro di sé, vanno a terminare nell'unione dell'amore e della carità reciproca delle tre Persone divine, per cui tra loro hanno un altro vincolo indissolubile, oltre all'unità della natura indivisa nella quale sono un solo e medesimo Dio. Tutte le opere ad extra, ovvero le creature, hanno avuto origine dalla carità divina e ad essa sono ordinate, in modo che, uscendo dal mare immenso di quella bontà infinita, facciano poi ritorno, mediante la carità e l'amore, all'origine da cui provengono. Questo è pregio singolare della virtù della carità tra tutte le altre virtù e gli altri doni ed è perfetta partecipazione della carità divina, ha origine dallo stesso principio, mira al medesimo fine ed è inoltre proporzionata ad essa più delle altre virtù. Infatti, se chiamiamo Dio nostra speranza, nostra pazienza e sapienza, è solo perché riceviamo dalla sua mano queste virtù e non perché siano presenti in Dio come in noi. Tuttavia, non solamente riceviamo la carità dal Signore, né egli si chiama Amore solo perché ce la comunica, ma anche perché la possiede in se stesso nella sua essenza. Perciò la nostra carità scaturisce da tale perfezione divina, che noi c'immaginiamo come forma e attributo della sua natura, con più proporzione e perfezione di qualsiasi altra virtù.

516. La carità di Dio possiede a nostro vantaggio altre qualità ammirabili. Difatti, essendo essa il principio che ci comunicò tutto il bene del nostro essere ed essendo anche il sommo bene che è lo stesso Dio, viene ad essere lo stimolo e l'esempio della nostra carità e del nostro amore verso lo stesso Signore. Infatti, se per amarlo non ci desta e non ci muove il sapere che in se stesso è infinito e sommo Bene, almeno ci attirerà e ci obbligherà ad amarlo il sapere che egli è il nostro sommo bene. E se forse non potevamo né sapevamo amarlo prima che ci desse il suo Figlio unigenito, ora però, dopo che ce l'ha donato, come potremmo osare non amarlo? O con quale giustificazione? Poiché, se abbiamo una discolpa nel non saperci guadagnare tale beneficio, nessuna però ne avremo se, dopo averlo ricevuto senza meritarlo, non ce ne mostreremo riconoscenti ricambiando amore con amore.

517. L'esempio, che la nostra carità ha in quella divina, dimostra molto più l'eccellenza di tale virtù, benché con difficoltà io possa esprimere in questo il mio pensiero. In verità, quando Cristo Signore nostro fondava la sua perfettissima legge di amore e di grazia, c'insegnò ad essere perfetti a imitazione del nostro Padre celeste, il quale fa sorgere il sole, che è cosa sua, sopra i giusti e gli ingiusti senza differenza. Solamente il Figlio dell'eterno Padre poteva dare agli uomini tale insegnamento e tale esempio, perché, tra tutte le creature visibili, nessuna come il sole ci manifesta la carità divina e ce la propone per imitarla. Difatti questo nobilissimo pianeta, per sua medesima natura e senz'altra deliberazione fuorché la sua sola inclinazione innata, comunica la sua luce a tutte le parti e a tutti quelli che sono capaci di riceverla, senza differenza: per quanto dipende da lui non la nega mai e non la toglie a nessuno. Inoltre fa questo senza che vi sia obbligato da alcuno, senza riceverne beneficio né contraccambio di cui abbia necessità e senza trovare nelle cose, che illumina e riscalda, bontà alcuna antecedente che valga a muoverlo o ad attirarlo; anzi fa questo senza avere altro interesse fuorché quello di spargere la stessa virtù che contiene in sé, affinché tutti ne partecipino e la comunichino.

518. Considerando dunque le qualità di una così generosa creatura, chi è colui che non scorga in essa un'immagine della Carità increata, che si deve imitare? E chi vi sarà che non si curi di imitarla? Chi potrà immaginare di se stesso che abbia vera carità se non la imita? La nostra carità e il nostro amore non possono produrre bontà alcuna nell'oggetto amato, come fa la carità increata del Signore. Tuttavia, se non possiamo migliorare quelli che amiamo, possiamo almeno amare tutti senza interesse e senza scegliere chi amare e a chi fare del bene con la speranza del contraccambio. Non dico che la carità non sia libera, né che Dio abbia fatto qualche opera fuori di sé per naturale necessità, né mira a questo l'esempio, perché tutte le opere ad extra, che sono quelle della creazione, sono libere in Dio. Tuttavia la volontà libera non deve deviare né violentare l'inclinazione e l'impulso della carità, anzi deve assecondarla ad imitazione del sommo Bene. Egli, poiché la sua natura domanda di comunicarsi, non trovò a tal fine alcun ostacolo nella sua volontà divina, ma si lasciò trasportare e muovere dalla sua stessa inclinazione per comunicare i raggi della luce inaccessibile a tutte le creature, secondo la capacità insita in ciascuna di riceverla, senza che da parte nostra vi fossero prima bontà alcuna, servizio o beneficio, e senza che egli sperasse d'avere tale contraccambio dopo. Infatti, non ha bisogno di nessuno.

519. Avendo già conosciuto in parte la condizione della carità nel suo principio, che è Dio, dove mai al di fuori dello stesso Signore la ritroveremo noi in tutta la sua perfezione possibile a una semplice creatura se non in Maria santissima, dalla quale più immediatamente possiamo imitare come dev'essere la nostra carità? È chiaro che, uscendo i raggi di questa luce e carità dal Sole increato, dove sta senza termine e fine, essa si va comunicando a tutte le creature, fino alla più remota, con ordine, con misura ed esclusivamente secondo il grado di ciascuna, a seconda che si trovi più vicina o più distante dal suo principio. Quest'ordine mostra la pienezza e la perfezione della Provvidenza divina, poiché senza di essa sarebbe difettosa, confusa e incompleta l'armonia delle creature, che Dio ha creato per farle partecipi della sua bontà e del suo amore. Il primo posto in quest'ordine doveva essere occupato, dopo il medesimo Dio, da quell'anima e da quella persona che allo stesso tempo fosse Dio increato e uomo creato, affinché alla somma e suprema unione di natura seguisse la somma grazia e partecipazione d'amore, come si trovò e si trova in Cristo Signore nostro.

520. Il secondo posto spetta alla sua madre Maria santissima, nella quale in modo singolare riposò la carità e l'amore divino. Infatti, a nostro modo d'intendere, la Carità increata non sarebbe stata affatto quieta e soddisfatta se non si fosse riversata in una creatura semplicemente tale, e con tale abbondanza che in lei venisse ad essere nepilogato l'amore e raccolta la carità di tutto il genere umano, in modo che ella sola potesse supplire per le altre semplici creature, dando così il contraccambio possibile alla Carità increata e partecipando della stessa senza le mancanze e i difetti che vi mescolano tutti gli altri mortali corrotti dal peccato. Solo Maria fra tutte le creature fu eletta, come il Sole di giustizia, affinché lo emulasse nella carità e imitasse lui in questa sua virtù con la massima conformità all'originale. Ella sola seppe amare più, e meglio, di tutte le altre insieme, amando Dio puramente, perfettamente, intimamente e sommamente per Dio stesso e le creature per suo amore, nel modo in cui egli stesso le ama. Ella sola assecondò adeguatamente l'impulso della carità e la sua inclinazione generosa, amando il sommo Bene come sommo bene senza alcun altro scopo, amando le creature per la partecipazione che hanno di Dio e non per il contraccambio, né per la speranza di una retribuzione. Di conseguenza, imitando in tutto la Carità increata, solo Maria poté e seppe amare in modo da migliorare chi amava. In verità, col suo amore operò in maniera tale che migliorò il cielo e la terra in tutto ciò che esiste, eccetto Dio.

521. Quindi, se la carità di questa gran Signora si ponesse su una bilancia e quella di tutti gli uomini e gli angeli su un'altra, peserebbe più quella di Maria purissima che quella di tutte le altre creature, poiché queste fra tutte non giunsero a saper tanto, come ella sola, della natura e qualità della carità di Dio. Conseguentemente, solo Maria seppe imitarla con adeguata perfezione in modo superiore all'intera natura delle creature intelligenti. Con questo eccesso d'amore e di carità soddisfece il debito che le creature avevano di corrispondere all'amore infinito del Signore verso di esse, cioè di corrispondervi per quanto si poteva richiedere da loro, non dovendo il loro amore equivalere a quello infinito di Dio, perché ciò non era possibile. E come l'amore e la carità dell'anima santissima di Gesù Cristo furono in qualche misura proporzionate all'unione ipostatica, nel grado possibile, così la carità di Maria fu in altro modo proporzionata al beneficio di averle l'eterno Padre dato il suo Figlio santissimo, affinché fosse unitamente madre di lui e lo concepisse e partorisse per rimedio del mondo.

522. Da ciò intenderemo che tutto il bene e la felicità delle creature si viene a risolvere in qualche maniera nella carità e nell'amore che Maria santissima ebbe per Dio. Ella fece sì che queste virtù e questa partecipazione dell'amore divino si trovassero fra le creature nella loro ultima e somma perfezione. Ella pagò interamente per tutti questo debito, mentre tutti gli altri insieme non avrebbero potuto dare a Dio la ricompensa dovuta né tantomeno giungevano a conoscerla. Con questa perfettissima carità ella obbligò, per quanto era possibile, l'eterno Padre a donarle, per sé e per tutto il genere umano, il suo Figlio santissimo. Infatti, se Maria purissima avesse amato meno e se nella sua carità si fosse trovata qualche mancanza, non vi sarebbe stata disposizione nella natura creata perché il Verbo s'incarnasse, mentre invece, trovandosi fra le creature qualcuna che giungesse ad imitare la carità divina in grado tanto sublime, ne veniva di conseguenza che in lei sarebbe sceso il medesimo Dio, come fece.

523. Tutto questo si trova racchiuso in quella frase con cui lo Spirito Santo la chiamò Madre del bell'amore, attribuendo pure a lei queste parole - come si è riferito della santa speranza. In verità Maria è madre di colui che è nostro dolcissimo amore, Gesù Signore e redentore nostro, il più bello tra i figli dell'uomo, sia per la divinità che è d'infinita ed increata bellezza, sia per l'umanità che non ebbe colpa né inganno e alla quale non mancò grazia alcuna di quelle che la divinità poté comunicarle. Inoltre è Madre del bell'amore, perché ella sola generò nella sua mente l'amore, la carità perfetta e la bellissima dilezione, che tutte le altre creature non seppero generare in tutta la sua bellezza, e senza difetto alcuno, in modo che potesse chiamarsi un amore assolutamente bello. Madre è del nostro amore, perché ella lo portò al mondo, ella ce lo guadagnò ed ella c'insegnò a conoscerlo e a praticarlo. Infatti, esclusa Maria santissima, non si poteva trovare né in cielo né in terra un'altra semplice creatura che gli uomini e gli angeli potessero seguire come maestra del bell'amore. Così, tutti i santi sono come raggi di questo sole, come condotti escono da questo mare e, tanto più sanno amare, quanto più partecipano dell'amore e della carità di Maria santissima, imitandola e perciò rendendosi conformi a lei.

524. Cause di tale carità e amore nella nostra principessa Maria furono la profondità della sua altissima conoscenza e sapienza, per la fede e la speranza infuse come per i doni dello Spirito Santo, di scienza, intelletto e sapienza, e soprattutto per le visioni intuitive, nonché per quelle astrattive della Divinità. Mediante tutti questi mezzi conobbe in sommo grado la Carità increata e la bevve alla sua medesima fonte. Avendo conosciuto che Dio doveva essere amato per se stesso e la creatura per Dio, così fece e praticò con intensissimo e ferventissimo amore. D'altronde il potere divino, non trovando impedimento, né ostacolo di colpa, né di inavvertenza, ignoranza, imperfezione o indugio nella volontà di questa Regina, poté operare in lei tutto ciò che volle e tutto ciò che non fece con le altre creature, perché nessun'altra ebbe la disposizione di Maria santissima.

525. Quindi la carità di Maria fu un vero prodigio del potere divino; fu il maggior saggio e la maggior testimonianza della carità increata di Dio in una creatura puramente tale e fu il disimpegno di quel gran precetto naturale e divino: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze, perché solo Maria disobbligò tutte le creature da questo impegno e da questo debito, che in questa vita, prima di vedere Dio, non sapevano né potevano pagare interamente. Questa Signora l'adempì, quando era ancora viatrice, meglio dei medesimi serafini, che già erano comprensori. Ella in un certo senso disimpegnò anche Dio, poiché lo tolse dall'obbligo di far sì che questo precetto non restasse vano e come frustrato da parte dei viatori. Infatti Maria purissima, ed ella sola, lo osservò con tutta santità e perfezione per tutti loro, supplendo abbondantemente a quanto loro mancava. E se, quando Dio volle stabilire questo precetto di tanto amore e di così perfetta carità ai mortali, egli non avesse avuto presente Maria santissima, nostra regina, forse non lo avrebbe dato in tale forma, ma in vista di questa Signora ben si compiacque di fissarlo in questi termini; quindi noi le siamo debitori sia dell'avere ricevuto questo precetto della perfetta carità sia dell'averlo adeguatamente adempiuto.

526. O dolcissima Madre del bell'amore, tutte le nazioni ti conoscano, tutte le generazioni ti benedicano, tutte le creature ti esaltino e ti lodino! Tu sola sei la perfetta, tu sola la diletta, tu sola la prescelta per tua madre che è la carità increata. Ella ti formò unica e fulgida come il sole, per risplendere col tuo bellissimo e perfettissimo amore. Avviciniamoci dunque tutti, noi miseri figli di Eva, a questo sole, affinché ci illumini ed accenda. Andiamo a questa Madre, affinché ci rigeneri nell'amore. Avviciniamoci a questa maestra, affinché c'insegni ad esercitare l'amore, la dilezione e la carità bella e senza difetti. L'amore è un affetto col quale chi ama si compiace e riposa nell'amato. La dilezione inoltre fa una certa scelta e separazione della cosa che si ama da tutto il resto. Ma la carità, oltre a tutto ciò, significa un'intima preziosità dell'oggetto amato, per cui si stima e brama. Tutto questo ci verrà insegnato dalla Madre di questo bell'amore, il quale, appunto perché ha in lei tutte queste qualità, viene ad esser tale. Da lei apprenderemo ad amare Dio per Dio, riposando in lui tutto il nostro cuore e tutti i nostri affetti. Apprenderemo a separare questo cuore da tutto ciò che non è lo stesso sommo Bene, poiché lo ama meno chi con lui vuole amare altre cose. Apprenderemo ad apprezzarlo e stimarlo più dell'oro e più di ogni altra cosa preziosa, poiché, al suo confronto, ogni cosa preziosa è vile, ogni bellezza è bruttezza e ogni cosa grande e stimabile agli occhi carnali viene ad essere spregevole e senza valore alcuno. Quanto agli effetti della carità di Maria santissima, io ne parlo in tutta quest'Opera e di essi sono pieni il cielo e la terra. Quindi non mi trattengo a raccontare in particolare quello che non si può spiegare con la lingua né con parole umane o angeliche.



Insegnamento della Regina del cielo



527. Figlia mia, se con affetto di madre desidero che tu mi segua e mi imiti in tutte le altre virtù, in questa poi della carità, che è il fine e la corona di tutte, ti ordino espressamente come mia volontà che tu dilati oltremisura tutte le tue forze per copiare nell'anima tua con maggiore perfezione tutto ciò che ti fu fatto conoscere nella mia. Accendi la lucerna della fede e della ragione per ritrovare questa dramma d'infinito valore e, avendola poi ritrovata, dimentica e disprezza tutto ciò che è terreno e corruttibile. Molte volte medita, considera e pondera le infinite ragioni e cause che vi sono in Dio perché egli debba essere amato sopra tutte le cose. E affinché tu sappia come devi fare per amarlo con la perfezione che desideri, questi saranno i segni e gli effetti dell'amore dai quali conoscerai se il tuo è perfetto e vero. Osserva cioè se mediti e pensi a Dio continuamente; se adempi i suoi precetti e consigli senza tedio né disgusto; se temi di offenderlo; se, offeso, procuri subito di placarlo; se ti dispiace che sia offeso; se ti rallegri che tutte le creature lo servano; se desideri e gusti il parlare continuamente del suo amore; se ti consoli nel ricordarlo e averlo presente; se ti rattristi della sua dimenticanza e lontananza; se ami ciò che egli ama e aborrisci ciò che egli aborrisce; se procuri di attirare tutti alla sua amicizia e grazia; se gli domandi con confidenza; se ricevi con riconoscenza i suoi benefici; se procuri di non perderli e se li converti ad onore e gloria sua; se desideri e ti sforzi di estinguere in te stessa i moti delle passioni, che ti ritardano ed impediscono l'affetto amoroso e l'opera delle virtù.

528. Questi ed altri effetti sono altrettanti indizi che la carità si trova nell'anima con più o meno perfezione. E soprattutto quando è forte e ardente, non lascia inattive le facoltà, né tollera errori nella volontà, perché subito le purifica e perfeziona tutte e non riposa se non quando gusta la dolcezza del sommo Bene che ama; senza di lui viene meno ed è come ferita, inferma e assetata di quel vino che inebria il cuore, provocando la dimenticanza di tutto ciò che è terreno, corruttibile e momentaneo. Inoltre, siccome la carità è la madre e la radice di tutte le altre virtù, subito si sente la sua fecondità in quell'anima in cui essa è permanente e viva, perché la riempie e adorna con gli abiti delle altre virtù, che con ripetuti atti va generando, come spiegò l'Apostolo. Non solamente l'anima che vive nella carità possiede gli effetti di questa virtù, con la quale ama il Signore, ma, stando nella carità, è vicendevolmente amata dal medesimo Dio. Di conseguenza riceve dall'amore divino quel reciproco effetto per cui Dio rimane in colui che ama, cosicché il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo pongono in lui il tempio della loro dimora. Questo beneficio è talmente grande ed eccelso che con nessun termine né esempio si può far conoscere nella vita mortale.

529. L'ordine di questa virtù sta nell'amare prima Dio, il quale è sopra la creatura, subito dopo amare se stesso e dopo di sé amare ciò che è più vicino a sé, cioè il proprio prossimo. Dio si deve amare con tutto l'intelletto senza errore, con tutta la volontà senza frode né divisione, con tutta la mente senza dimenticanza, con tutte le forze senza lentezza, tiepidezza o negligenza. Il motivo che la carità ha di amare Dio e tutto il resto a cui si estende, è il medesimo Dio, perché egli, che è sommo bene infinitamente perfetto e santo, deve essere amato per se stesso. Amando Dio per questo motivo, ne segue che la creatura ama se stessa, perché essa ed il suo prossimo non sono suoi tanto quanto sono del Signore dal quale ricevono l'essere, la vita e il movimento. E chi con verità ama Dio perché egli è ciò che è, ama anche tutto quello che è di Dio ed ha qualche partecipazione della sua bontà. Per questo la carità, considerando il prossimo come opera e partecipazione di Dio, non fa differenza tra amico e nemico, perché considera solamente ciò che hanno di Dio e che sono cosa sua. Inoltre questa virtù non fa caso se la creatura che deve amare è un amico piuttosto che un nemico, un benefattore piuttosto che un offensore, ma solamente fa caso se partecipa più o meno della bontà dell'Altissimo e così, col dovuto ordine, ama tutti in Dio e per Dio.

530. Tutto il resto che le creature amano per altri fini e motivi sperandone qualche interesse, comodità o ricambio, lo amano con amore di concupiscenza disordinata o con amore umano e naturale e, quand'anche fosse amore virtuoso e ben ordinato, non apparterrebbe alla carità infusa. Di conseguenza, muovendosi gli uomini ordinariamente in vista di questi beni particolari e con fini interessati e terreni, risulta che sono molto pochi quelli che considerano, abbracciano e conoscono la nobiltà di questa generosa virtù, esercitandola con la dovuta perfezione, poiché cercano ed invocano per i beni temporali o per il beneficio e il gusto spirituale persino lo stesso Dio. Da tutto questo sregolato amore voglio, figlia mia, che allontani il tuo cuore e che viva in, esso solo la carità ben ordinata, alla quale l'Altissimo ha inclinato i tuoi desideri. E se tante volte ripeti che questa virtù è la più bella, la più gentile, e che è degna di essere amata e stimata da tutte le creature, impegnati molto per conoscerla e, avendola conosciuta, compra una così preziosa gemma dimenticando ed estinguendo nel tuo cuore ogni amore che non sia di carità perfettissima. D'ora innanzi, non devi più amare nessuna creatura se non per Dio, per quegli attributi divini che in essa vedi rappresentati e come cosa sua, nel modo in cui la sposa ama tutti i servi e i familiari della casa dello sposo, perché sono suoi. E se, amando qualche creatura, ti dimentichi che devi vedere Dio in essa e così non la ami solo per questo Signore, sappi che tu non la ami con amore di carità, né come da te voglio, né come l'Altissimo ti ha ordinato. Conoscerai se la ami con carità anche dalla differenza che farai tra amico e nemico, gradevole e sgradevole, tra più o meno cortese, tra chi ha e chi non ha grazie naturali. Tutte queste differenze non le fa la carità vera, ma piuttosto l'inclinazione naturale e le passioni degli appetiti, che tu devi governare con questa virtù, estinguendoli ed eliminandoli.

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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